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Ludovico Ariosto (1474/1533)
Ariosto rappresenta il tipico intellettuale cortigiano del Rinascimento anche se egli critica l’ambiente della corte. Il suo rapporto con la corte è quindi duplice: da un lato l’apprezza dall’altro la critica. Questo fatto avrà poi importanti riflessi sulle sue opere.
Primogenito di dieci fratelli apparteneva ad una famiglia nobile. Il padre Niccolò era al servizio dei duchi d’Este e comandante della guarnigione di Reggio Emilia.
Ludovico intraprese i primi studi a Ferrara studiando diritto sotto l’imposizione del padre. In seguito approfondì gli studi umanistici.
Ariosto fu amico di Pietro Bembo, amicizia che lo fece avvicinare alla poesia volgare.
Entrò a far parte degli intellettuali stipendiati della casa d’Este, e nel 1500, a causa della morte del padre, dovette occuparsi del patrimonio familiare, di diventare tutore dei fratelli minori e di trovare marito alle sorelle.
Per far fronte alle necessità familiari dovette intraprendere cariche ufficiali fu, infatti, capitano della rocca di Canossa (1501/1503).
Entrò poi al servizio del cardinale Ippolito d’Este, figlio del duca Ercole1°, svolgendo gli incarichi più svariati, alcuni dei quali giudicava disonorevoli per la sua dignità di letterato. Per aumentare le entrate prese gli ordini minori diventando chierico e ottenendo così i privilegi ecclesiastici.
Si occupò nel frattempo degli spettacoli di corte scrivendo due commedie la Cassaria e i Suppositi (1508/1509).
Fra il 1509 e il 1510 compì molti viaggi diplomatici a Roma a causa del rapporto conflittuale fra il nuovo duca di Ferrara, Alfonso 1°, e il papa Giulio 2°. Nello stesso periodo si avvicinò alla famiglia de’Medici e in particolar modo al cardinale Giovanni, figlio del Magnifico, preparandosi così uno sbocco alla carriera, pensando di potere un giorno trasferirsi a Roma dove già lavoravano i suoi amici Bembo e Bibbiena.
Quando Giovanni diventò papa col nome di Leone 10°, (1513) Ariosto rimase fortemente deluso nel vedere infranto il suo sogno, dato che il nuovo papa non lo chiamò a lavorare per lui.
Intanto a Firenze aveva stretto legami con una donna sposata, Alessandra Benucci. Nel 1515 il marito morì, ma Ariosto non poté mai convivere con lei a causa del voto di celibato; la sposò comunque in segreto anni più tardi.
Nel 1516 pubblicò la prima versione dell’Orlando furioso dedicandola al cardinale Ippolito al quale non fu molto gradita.
Nel 1517 si rifiutò di seguire il cardinale Ippolito in Ungheria e passo al servizio del duca Alfonso, che gli affidò il governo della provincia della Garfagnana, territorio turbolento e infestato dai banditi, dove riuscì a dare prova delle sue capacità politiche.
Tornato a Ferrara, riprese ad occuparsi degli spettacoli di corte completando una commedia iniziata nel 1520, intitolata il Negromante, e scrivendone una nuova intitolata la Lena.
Questi furono gli anni più tranquilli della vita del poeta che si trasferì in una casa modesta in contrada Mirasole, dove continuò la revisione dell’Orlando furioso. Ammalatosi morì nel 1533.
Tre il 1517 e il 1527 Ariosto scrive sette satire in forma di lettere indirizzate a parenti e amici, il titolo si rifà al modello della satira latina in altre parole delle opere in versi.
Il primo scrittore di satira è stato Ennio e dopo di lui gli esponenti del circolo degli scipioni, tra i quali troviamo Lucilio che scrisse trenta libri di satire.
La parola satira è usata come titolo di un genere letterario perché troviamo nell’opera diversi argomenti e diversi tipi di verso e di metrica.
Il più grande autore di satire fu Orazio vissuto nell’età di Augusto e poeta di Mecenate. La sua satira ha carattere personale ed è scritta con uno stile elaborato, raffinato ma all’apparenza colloquiale, conversevole; proprio per questo motivo Orazio, aveva dato alla sua opera il titolo di Sermones cioè discorsi, per la cui composizione ha utilizzato l’esametro, che permette appunto uno stile discorsivo.
La seconda caratteristica dell’opera di Orazio è l’esemplificazione dei problemi trattati tramite favole. In altre parole, tutti gli avvenimenti narrati sono introdotti, paragonati o spiegati tramite favole.
Le satire hanno anche un altro elemento importante che esprime uno stato d’animo, una regola di vita. La regola in cui si esprime è est modus rebus che assume il significato di avere misura in tutte le cose; in pratica l’uomo deve avere un metro di misura proprio in ogni comportamento.
Abbiamo detto ciò perché nell’opera di Ariosto sono presenti tutte queste caratteristiche:
Dalla satira scaturisce il desiderio di Ariosto di condurre una vita serena, tranquilla, modesta, ma indipendente da qualsiasi tipo di servitù. Questo pensiero contrastava con la condizione dell’intellettuale dell’Italia rinascimentale perché vivendo nella corte non poteva essere né completamente libero né completamente rinchiuso.
Da ciò nasce la posizione di critica nei confronti della corte che scaturisce da tutte le satire di Ariosto.
Le satire di Ariosto hanno struttura dialogica perché il poeta dialoga, al loro interno, sia con se stesso sia con i destinatari delle satire che sono suoi parenti o amici.
A volte può capitare che l’interlocutore sia immaginario; questa caratteristica insieme al racconto mitologico è usata nell’Orlando furioso che è la sua opera più grande.
Tematiche delle varie satire di Ariosto:
Rispetto a questa follia l’Ariosto è ironico e polemico e sottolinea che nella vita di corte, tutti questi valori fittizi si sostituiscono ai veri valori e impediscono di raggiungere la serenità interiore.
Le satire sono importanti per capire l’Orlando furioso perché è sempre presente un atteggiamento di riflessione e di conoscenza del reale.
Nell’Orlando furioso quest’aspetto è meno appariscente perché è velato dal fiabesco, dal meraviglioso che è descritto attraverso le avventure cavalleresche.
La prima edizione formata in 40 canti e scritta nel 1515/1516 è stata revisionata nel 1521, revisione di carattere linguistico poiché l’opera conteneva troppe strutture. Una seconda edizione è del 1521 ed è formata da 46 canti. Infine c’è una terza versione del 1532, corretta e revisionata secondo i canoni della lingua che ha prevalso, cioè quella di Pietro Bembo che ha pubblicato le vulgari lingue nel 1532.
Questa terza edizione contiene novità nei contenuti perché Ariosto ha introdotto molti avvenimenti della storia contemporanea.
Ariosto non aveva mai inserito questi cinque canti a causa delle tematiche pessimistiche che essi contengono e dello stile. Soprattutto le tematiche erano negative e riflettevano il progredire della crisi politica e storica accentuatasi negli ultimi anni della sua vita.
Tasso è vissuto nella seconda metà del 1500.
La Gerusalemme liberata era la prima idea di poema epico, idea avuta da Tasso quando aveva 15 anni e aveva composto nel 1559/1561 ben 116 ottave di un poema: il Gierusalemme.
Nel 1565 Tasso arriva a Ferrara alla corte d’Alfonso 1° d’Este, qui rimane affascinato dal fatto che a corte erano graditi i poemi. Nel 1566 Tasso riprende a scrivere sei canti di un poema il Gotifredo ripreso poi nel 1570 e concluso nel 1575. Tasso non fece mai pubblicare il poema ma, esso fu pubblicato ugualmente in 14 copie dalle copie manoscritte senza la sua autorizzazione nel 1580 con il titolo di Gotifredo. Tasso sconfessa quest’edizione e ripubblica l’opera in 20 canti col titolo di: Gerusalemme liberata.
Nel 1584, Tasso revisiona l’opera, trasportato da problemi religiosi e psicologici. Pone, infatti, delle censure soprattutto sulle parti che gli sembrava non rispondessero ai canoni voluti dalla chiesa.
Alla fine della sua vita aveva dato all’opera un altro titolo: Gerusalemme conquistata.
Il terzo filone narrativo ha carattere encomiastico perché dai due personaggi sopra citati l’Ariosto farà discendere la casa d’Este. La storia di Ruggero e Bradomante si svolge affrontando continui contrasti perché Ruggero, essendo pagano, non poteva sposare Bradomante che era cristiana per questo alla fine Ruggero si convertirà al cristianesimo.
Oltre a questi tre filoni sono portate avanti, in parallelo, tantissime altre storie della stessa importanza di quelle dei filoni principali con una tecnica particolare che era già stata utilizzata in minor misura dal Boiardo nell’Orlando innamorato.
Questa tecnica ha nome francese entrelacement e consiste nel portare avanti una storia fino al punto culminante, interromperla per creare nel lettore la suspance e per continuare un’altra storia che era stata interrotta al suo momento culminante per poi interromperla nuovamente e continuarne un’altra.
Oltre a questa tecnica molte volte il racconto è introdotto per inserire altre parti che non hanno continuità con la storia e la spezzano es. novelle a carattere mitologico o comico che hanno lo stesso rapporto all’interno dell’opera delle novelle con la cornice del Decameron di Boccaccio.
Inoltre abbiamo allusioni ad avvenimenti storici contemporanei e ancora delle parti in cui l’autore interviene in prima persona (io narrante indipendente dai personaggi).Questi interventi in generale hanno carattere morale rispetto al comportamento dei personaggi, in genere assumono anche carattere universale perché sono riferiti (prendendo spunto dal comportamento del personaggio) a tutto il genere umano (processo di universalizzazione dei concetti).
Fonte: http://www.luigisaito.it/appunti/ariosto_a.doc
Sito web da visitare: http://www.luigisaito.it/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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