Letteratura Romanza origini

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Letteratura Romanza origini

LE ORIGINI DELLA LETTERATURA ROMANZA

 

Fino all’anno Mille nei territori dell’ex impero romano il latino era l’unica lingua scritta.
Il latino parlato si era imbastardito per gli apporti delle lingue dei “barbari” invasori e il riaffiorare del substrato linguistico preesistente alla conquista romana
La mancanza di scambi commerciali dell’Alto Medioevo aveva approfondito sempre più le differenze tra le lingue parlate nei vari territori dell’ex impero.
La differenza tra lingua scritta e lingua parlata era sempre più rilevante.
In tutto l’occidente si profila una situazione di sostanziale bilinguismo:

  • una lingua scritta, conosciuta solo dalle elite intellettuali
  • una lingua parlata dal popolo, diversa dal latino e in alcune zone, come nell’area germanica, ad esso non assimilabile

I volgari
Le lingue parlate vengono chiamate “volgari”, in quanto lingue del popolo = vulgus
Fino all’anno mille i volgari esistono solo in forma orale. Anche dopo, comunque, la lingua della cultura ufficiale (filosofia, teologia, scienza)  rimarrà a lungo il latino

Lingue romanze
Le lingue volgari vengono anche chiamate romanze dall’espressione latina “romanice loqui” = parlare al modo dei cittadini che prima erano romani ovvero degli abitanti della Romània (ex impero romano).
Romanico o romanzo è sinonimo di lingua derivata dal latino, ovvero neolatina
Il termine romanzo indicherà presto il genere letterario più diffuso in lingua romanza, cioè la narrativa cavalleresca.

 

Tra le principali lingue neolatine ricordiamo (da est a ovest) il rumeno, il ladino (Grigioni Svizzeri, Tirolo, Friuli) l’italiano, il sardo, Il provenzale (lingua d’Oc), il francese (lingua d’Oil), il catalano e il castigliano, il portoghese

Il ruolo culturale della Chiesa e del cristianesimo
Dopo il crollo dell’impero romano d’occidente, l’Europa si frantuma e si assiste ad una crescente mescolanza di popoli e culture.
Per vari secoli l’unico “cemento” ideale è il cristianesimo e l’unica organizzazione culturale unitaria è rappresentata dalla Chiesa:

  • Le uniche scuole sono quelle episcopali, presso le cattedrali o nelle dimore dei vescovi;
  • Nei monasteri gli amanuensi copiano e tramandano gli scritti dell’antichità latina e della cristianità
  • Il ceto intellettuale coincide con il clero

Il ruolo del giullare
Fino al XII secolo la cultura prevalente è quella orale e scarse sono le possibilità di scambio, limitate a feste religiose e a fiere commerciali.
In queste occasioni, la folla si riunisce intorno alla figura del giullare.
I giullari (da ioculares; iocus = gioco) erano dapprima buffoni, saltimbanchi, mimi, giocolieri, attori, suonatori che intrattenevano il pubblico nelle piazze, andando di paese in paese. Il loro modo di fare, talora volgare, era malvisto dalla Chiesa.
Nel Basso Medioevo, la figura del giullare diventa più colta e raffinata e si stabilisce nei castelli = giullare di corte.
I giullari si specializzano nel cantare e recitare i testi poetici
Diventano figure laiche di intellettuali

I clerici vagantes
Figure laiche di intellettuali erano anche i clerici vagantes o goliardi.
Erano studenti che passavano da una sede universitaria a un’altra e improvvisavano e talora scrivevano i loro canti profani.
I giullari e i clerici vagantes avevano un ruolo particolare soprattutto a carnevale, quando incoraggiavano il popolo ad esprimere, attraverso la parodia, il rovesciamento dei valori istituzionali, religiosi e politici
I carmina burana
Sono i testi più noti della poesia goliardica medievale, pervenuti fino a noi anche grazie  alla celebre orchestrazione di Carl Orff, che risale al 1935 -36
La struttura dell’opera si basa sul motivo della ruota della fortuna, che cambia continuamente il destino degli uomini, dispensando ora la buona ora la cattiva sorte
Il vino, la donna, il gioco, i piaceri della tavola sono esaltati in modo spregiudicato, utilizzando in modo parodistico il linguaggio ecclesiastico.
Uno dei canti più famosi è il Carmen potatorium o canto dei bevitori

La scrittura nell’Alto medioevo
Era praticata quasi esclusivamente dal clero negli scriptoria dei monasteri, ad opera degli amanuensi
Il libro (codice) era un oggetto raro e prezioso, considerato un tesoro
La lettura veniva fatta ad alta voce (anche quando era solitaria); solo nel XII secolo comincia a diffondersi quella silenziosa

Il tempo e lo spazio
La mentalità medioevale è simbolica e prescientifica
Tutto è approssimativo: tempo e spazio non sono misurabili
La scarsità di traffici e commerci, la mancanza di vie di comunicazione rendevano difficile il controllo sullo spazio e sul tempo.
Il tempo è quello della chiesa, scandito dal suono delle campane = servono ai contadini nei campi per riconoscere le ore
Nel basso medioevo si passerà dal tempo della chiesa al tempo del mercante, con la consapevolezza del valore economico del tempo (il tempo è denaro)

L’interpretazione simbolica della natura
L’interpretazione medioevale della natura non è scientifica, ma simbolica
In essa si vede la presenza di Dio e di forze magiche e misteriose tra loro contrapposte
Tutto diventa simbolo, richiama qualcosa di trascendente: la mela è il simbolo del peccato, i numeri richiamano Dio o spiegano l’universo…

I bestiari medioevali
I trattati dedicati agli animali non studiano affatto le loro caratteristiche reali. Ne danno invece un’interpretazione simbolica in senso religioso o morale. Non distinguono animali esistenti o immaginari (i draghi, gli unicorni, la fenice, il basilisco, i centauri)

Le influenze delle altre culture
Nell’Alto medioevo la conoscenza dell’ebraico e del greco fu scarsa se non assente
I popoli germanici si imposero sul piano politico e sociale, introducendo il sistema feudale, ma dal punto di vista culturale si integrarono perfettamente nel mondo latino, usando la lingua latina per documenti politici e religiosi
L’influenza araba
La civiltà islamica rappresentava un modello culturale di grande prestigio.
Essa premeva ai confini della cristianità e in Spagna e in Sicilia si mescolava a quella cristiana.
Durante la dominazione araba la Sicilia conobbe un periodo di prosperità economica e rigoglio culturale senza confronti
Grazie alla mediazione araba, l’Occidente mantenne un contatto con la filosofia greca e riscoprì Aristotele.
Gli Arabi ebbero un ruolo di primo piano nella trasmissione del sapere scientifico: medicina, geografia, matematica (numeri arabi)
La superiorità araba in campo scientifico è dovuta al fatto che il Corano non si occupa di scienza. La scienza subì minori interferenze e limitazioni rispetto al mondo occidentale e cristiano
Influenza araba sulla letteratura
La cultura araba influenzò la narrativa europea e in particolare il genere della novella
Dal mondo arabo viene l’uso di una cornice, che raccorda e unisce le varie novelle di una raccolta
“Le mille e una notte” si diffondono nella cultura occidentale nel XIII secolo

Le mille e una notte
È una raccolta di novelle, collegate da una cornice:
Il re persiano Shāhrīyār, essendo stato tradito da una delle sue mogli, ha deciso di uccidere sistematicamente le sue spose al termine della prima notte di nozze. La bella Sharāzād escogita un trucco per salvarsi: ogni sera racconta al re una storia, rimandando il finale al giorno dopo. Va avanti così per mille e una notte; e alla fine il re, innamoratosi, le rende salva la vita.


 

CAPITOLO 2
LA NASCITA DELLE LETTERATURE ROMANZE E L’ EGEMONIA CULTURALE FRANCESE
Fra le letterature romanze, quella francese è la prima a svilupparsi alla fine dell’XI secolo.
La lingua d’Oil della Francia centro-settentrionale e la lingua d’Oc della Francia meridionale (Provenza o Occitania) danno vita a due letterature parallele
Tali letterature sviluppano la cultura cortese, che ha alla base l’ideale cavalleresco

L’IDEALE CAVALLERESCO

In un primo momento le virtù del cavaliere riguardano la sua abilità di guerriero:

  • Prodezza: valore nell’esercizio delle armi, coraggio, sprezzo del pericolo
  • Onore: da difendere a costo della vita
  • Lealtà: rispetto
    • dell’avversario,
    • delle norme di combattimento,
    • della parola data,
    • del nemico vinto
  • Fedeltà: al signore o al sovrano (contrario della fellonia)

 

Nella visione cavalleresca la vera nobiltà non è quella di sangue, ma quella intima, dell’animo
Una persona non nasce nobile; lo diventa grazie alle sue doti.
Nella società medievale, fortemente religiosa, gli ideali cavallereschi si fondono con quelli cristiani:
il cavaliere deve mettere la sua prodezza a servizio degli oppressi, in particolare in difesa delle donne
La guerra doveva essere indirizzata anche alla difesa della fede. Nasce il concetto di “guerra santa” contro gli infedeli, identificati nei musulmani che occupavano i luoghi santi in Palestina
Non a caso la visione cavalleresca si consolida soprattutto al tempo delle crociate
E’ in quel momento che in Francia nascono le prime opere letterarie in volgare: le canzoni di gesta

 

LE CHANSONS DE GESTE

  • Si diffondono in Francia tra XI e XIII secolo
  • Sono anonime
  • Sono espresse  in lingua d’oil

Il termine chansons = canzoni, allude al fatto che questi testi venivano cantati.
Il termine geste indica il fatto che la materia del racconto è costituita da imprese compiute da importanti cavalieri.
La base del racconto è storica: molto spesso si tratta di Carlo Magno e dei suoi paladini (si parla in tal caso di “ciclo carolingio”). La narrazione però non è sempre strettamente fedele alla storia:
si proiettano mentalità e usanze del presente sulla realtà dell’epoca passata
Le canzoni di gesta intendono esaltare la classe dei cavalieri, impegnata nelle crociate e per questo proiettano indietro nel tempo, in epoca carolingia, la guerra tra cristiani e “infedeli”.
La Chanson de Roland è la più famosa delle canzoni di gesta in lingua d’oil
Al di fuori della Francia si possono trovare componimenti epici affini. Trai più famosi:

  • Il Cantare del Cid sul territorio spagnolo
  • La Canzone dei Nibelunghi in area germanica

La Chanson de Roland o Canzone di Orlando narra le avventure di Orlando e degli altri undici paladini di Carlo Magno in guerra con i musulmani (mori) di Spagna.
Il poema è ispirato a un evento storico: la spedizione condotta nel 778 da Carlo Magno per liberare dai mori la città spagnola di Saragozza; l’impresa non riuscì e sulla via del ritorno la retroguardia e i cavalieri di Carlo furono attaccati, presso
Roncisvalle, nei Pirenei, da bande di montanari baschi. Nella versione di Turoldo, invece, sono i saraceni guidati da un traditore cristiano a tendere l’imboscata agli uomini del re dei franchi.
Gano, patrigno di Orlando, volendosi vendicare di un presunto torto, si trasforma in traditore
D’accordo con il re saraceno Marsilio, convince Carlo Magno a ritirarsi dalla Spagna e ad affidare ad Orlando la guida della retroguardia dell’esercito francese che sta rientrando in patria
A Roncisvalle, una gola dei Pirenei, Orlando e i compagni cadono in un’imboscata
Per orgoglio e per non mettere in pericolo la vita del re, Orlando non suona l’olifante se non  in punto di morte
Carlo Magno e l’esercito francese, sentito il suono del corno di Orlando, corrono in suo soccorso, ma arrivano troppo tardi.
Carlo vendica i suoi cavalieri, facendo strage di nemici, mentre il traditore Gano viene condannato a morte.

L’IDEALE CORTESE
Le canzoni di gesta riflettono forme di vita feudale ancora semplici
Nel corso del XII secolo si ha un ingentilimento dei costumi e compaiono forme letterarie più raffinate ed eleganti.
Tutta la vita di corte è caratterizzata da rituali che riconducono all’ideale cortese.

Le nuove virtù dei cavalieri
Al cavaliere non vengono più richieste solo le virtù militari: prodezza, onore…
Egli deve dimostrare di possedere anche altre doti, per così dire “civili”:

  • Liberalità o larghezza:, generosità disinteressata nel donare
  • Magnanimità : capacità di compiere gesti di rinuncia e sacrificio
  • Misura: capacità di autocontrollo, di non cadere mai in eccessi
  • Culto della bellezza: capacità di scegliere solo cose “eleganti” e raffinate, “cortesi”

 

 

L’ideale della cortesia è  riservato a pochi eletti, a coloro che sono degni di vivere a corte
Tutti coloro che non sono considerati all’altezza vengono allontanati ed esclusi.
Essi vengono sprezzantemente chiamati “villani”, poiché la “villa”, cioè la campagna abitata da contadini che lavorano, viene ritenuta il luogo della rozzezza per eccellenza.

In questa concezione acquista un posto di primo piano la donna
Nell’Alto Medioevo la donna era stata considerata l’incarnazione del male, colei che conduce alla perdizione.
La donna diventa ora il simbolo stesso della “cortesia” e della gentilezza
La donna è fonte di cortesia, poiché ingentilisce tutti coloro che vengono in contatto con lei
Il culto della donna diventa il tema dominante della visione e della letteratura di questo periodo e dà luogo ad una nuova concezione dell’amore.

Caratteri dell’amore cortese
L’innamorato ripete nei confronti dell’amata l’atto di vassallaggio, cioè di sottomissione.
Chiede all’amata un beneficio, che può essere uno sguardo o un sorriso.
Offre in cambio un “servizio d’amore”, cioè lodi e devozione:
compare la figura del cavaliere-poeta
L’amore cortese è un amore impossibile, perché rivolto ad una donna già sposata, spesso la moglie del signore.
La richiesta d’amore ha un valore simbolico: la donna, piuttosto che concedere il proprio corpo, concederà onore, rispetto, protezione e promozione sociale al cavaliere-poeta

IL ROMANZO CORTESE CAVALLERESCO

  • Si diffonde in Francia nella seconda metà del XII secolo
  • E’ scritto in lingua d’oil
  • E’ scritto in forma narrativa

Racconta ancora imprese cavalleresche, ma l’amore, a differenza delle canzoni di gesta, diventa l’elemento più importante.
Non ci sono riferimenti a fatti storici, mentre sono presenti in larga misura  elementi fantastici (maghi, fate, incantesimi, mostri…)

 

 

La materia del romanzo   
Riprende soprattutto antiche leggende bretoni, incentrate sulla figura del mitico re Artù, che sarebbe vissuto nel VI sec. d. C.
Insieme al sovrano, intorno alla tavola rotonda, cioè in una posizione di parità, si ritrovano vari cavalieri: Lancillotto, Ivano, Galvano, Perceval.
Essi partono dalla corte arturiana alla ricerca di avventure e vi fanno ritorno periodicamente.
L’avventura serve al cavaliere per provare il suo valore: è una prova individuale, finalizzata al perfezionamento e alla scoperta della propria identità.
Talora l’avventura si presenta come ricerca di qualcosa: una donna o un oggetto, come il Santo Graal, la coppa, dotata di virtù miracolose, in cui secondo la leggenda era stato raccolto il sangue di Cristo.

 

Autori e opere famosi
L’autore più significativo è Chretien de Troyes, che compose una serie di romanzi dedicati ai cavalieri della tavola rotonda (in particolare Lancillotto, innamorato di Ginevra, e Perceval alla ricerca del Graal). Non legata ad Artù, è un’altra famosissima leggenda, quella di Tristano e Isotta

 

Fonte: http://www.marconigorgonzola.it/DrupalStorage/LE%20ORIGINI%20DELLA%20LETTERATURA%20ROMANZA%203ce.doc

Sito web da visitare: http://www.marconigorgonzola.it/

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