Letteratura Alessandro Manzoni Cinque maggio

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Letteratura Alessandro Manzoni Cinque maggio

ALESSANDRO MANZONI
CINQUE MAGGIO

 

L'ode il Cinque Maggio fu scritta, di getto, in soli tre o quattro giorni, dal Manzoni commosso dalla conversione cristiana di Napoleone avvenuta prima della sua morte (la notizia della morte di Napoleone avvenne il 16 luglio 1821 e fu pubblicata nella "Gazzetta di Milano"). Nonostante la censura austriaca , l'ode ebbe una larga diffusione europea grazie al Goethe che la fece pubblicare su una rivista tedesca "Ueber Kunst und Alterthum". La prima edizione avvenne nel 1823 a Torino presso il Marietti. L'ode scritta dal Manzoni, per alcune tematiche (tema del ricordo, evocazione della storia) ha delle analogie con il Coro di Ermengarda e con la Pentecoste e soprattutto ha in comune con essi, quello schema che parte da un inizio drammatico e si conclude con un moto di preghiera.

1

Ei fu. Siccome immobile,

2

dato il mortal sospiro,

3

stette la spoglia immemore

4

orba di tanto spiro,

5

così percossa, attonita

6

la terra al nunzio sta,

 

 

7

muta pensando all'ultima

8

ora dell'uom fatale;

9

né sa quando una simile

10

orma di pie' mortale

11

la sua cruenta polvere

12

a calpestar verrà.

 

 

13

Lui folgorante in solio

14

vide il mio genio e tacque;

15

quando, con vece assidua,

16

cadde, risorse e giacque,

17

di mille voci al sònito

18

mista la sua non ha:

 

 

19

vergin di servo encomio

20

e di codardo oltraggio,

21

sorge or commosso al sùbito

22

sparir di tanto raggio;

23

e scioglie all'urna un cantico

24

che forse non morrà.

 

 

25

Dall'Alpi alle Piramidi,

26

dal Manzanarre al Reno,

27

di quel securo il fulmine

28

tenea dietro al baleno;

29

scoppiò da Scilla al Tanai,

30

dall'uno all'altro mar.

 

 

31

Fu vera gloria? Ai posteri

32

l'ardua sentenza: nui

33

chiniam la fronte al Massimo

34

Fattor, che volle in lui

35

del creator suo spirito

36

più vasta orma stampar.

 

 

37

La procellosa e trepida

38

gioia d'un gran disegno,

39

l'ansia d'un cor che indocile

40

serve, pensando al regno;

41

e il giunge, e tiene un premio

42

ch'era follia sperar;

 

 

43

tutto ei provò: la gloria 

44

maggior dopo il periglio,

45

la fuga e la vittoria,

46

la reggia e il tristo esiglio;

47

due volte nella polvere,

48

due volte sull'altar.

 

 

49

Ei si nomò: due secoli,

50

l'un contro l'altro armato,

51

sommessi a lui si volsero,

52

come aspettando il fato;

53

ei fe' silenzio, ed arbitro

54

s'assise in mezzo a lor.

 

 

55

E sparve, e i dì nell'ozio

56

chiuse in sì breve sponda,

57

segno d'immensa invidia

58

e di pietà profonda,

59

d'inestinguibil odio

60

e d'indomato amor.

 

 

61

Come sul capo al naufrago

62

l'onda s'avvolve e pesa,

63

l'onda su cui del misero,

64

alta pur dianzi e tesa,

65

scorrea la vista a scernere

66

prode remote invan;

 

 

67

tal su quell'alma il cumulo

68

delle memorie scese.

69

Oh quante volte ai posteri

70

narrar se stesso imprese,

71

e sull'eterne pagine

72

cadde la stanca man!

 

 

73

Oh quante volte, al tacito

74

morir d'un giorno inerte,

75

chinati i rai fulminei,

76

le braccia al sen conserte,

77

stette, e dei dì che furono

78

l'assalse il sovvenir!

 

 

79

E ripensò le mobili

80

tende, e i percossi valli,

81

e il lampo de' manipoli,

82

e l'onda dei cavalli,

83

e il concitato imperio

84

e il celere ubbidir.

 

 

85

Ahi! forse a tanto strazio

86

cadde lo spirto anelo,

87

e disperò; ma valida

88

venne una man dal cielo,

89

e in più spirabil aere

90

pietosa il trasportò;

 

 

91

e l'avvïò, pei floridi

92

sentier della speranza,

93

ai campi eterni, al premio

94

che i desideri avanza,

95

dov'è silenzio e tenebre

96

la gloria che passò.

 

 

97

Bella Immortal! benefica

98

Fede ai trïonfi avvezza!

99

Scrivi ancor questo, allegrati;

100

ché più superba altezza

101

al disonor del Gòlgota

102

giammai non si chinò.

 

 

103

Tu dalle stanche ceneri

104

sperdi ogni ria parola:

105

il Dio che atterra e suscita,

106

che affanna e che consola,

107

sulla deserta coltrice

108

accanto a lui posò.


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ANALISI

Metro: ode di diciotto strofe, composte da sei settenari sdrucciolo (1°,3°,5) piani (2° e 4°, fra loro rimanti) e tronco l'ultimo che rima con l'ultimo della strofa successivo.
Schema: ABCBDE

L'Ode può essere divisa in due parti, la prima che va dal prologo fino alla nona strofa, di tono epico, in cui emerge la figura storica di Napoleone, dall'ascesa alla caduta La seconda dalla decima strofa in poi, di tono più contemplativo e lirico (si entra qui nell'animo dell'imperatore) il cui motivo conducente e la definitiva caduta di Napoleone come uomo e l'inizio del suo riscatto spirituale e religioso.

I Parte
L'ode si apre con un forte inciso "Ei fu" in cui pare sia isolata la grandezza "dell'uom fatale", mentre con attonito stupore la terra accoglie la notizia della morte del potente personaggio che ha tenuto in pugno per tanti anni i destini d'Europa (è da notare il doppio significato della parola terra, vale a dire di metafora del mondo umano da una parte, e dall'altra, come campo di battaglia insanguinato dai soldati che per lunghi anni si sono combattuti).
Nella seconda e terza strofa il Manzoni dà le ragioni del motivo per cui tratta l'argomento e mette in risalto il fatto che egli abbia composto l'ode senza nessun'ombra di piaggeria o di reverenza verso l'imperatore. In questa parte sono importanti il termine "genio" di chiara reminiscenza pariniana, ma dai forti connotati manzoniani e dal diverso significato, e "forse", che conclude la quarta strofa, in cui emerge chiara la visione cristiana e provvidenziale del poeta.

Con la quinta strofa si ha l'esaltazione della potenza di Napoleone che si concluderà nel verso 54. Qui la strofa si anima e con rapidi tratti è descritta l'immagine di condottiero di Napoleone (è da notare l'alternarsi in tutta l'ode di toni descrittivi ed epici a toni più riflessivi) che si contrappone a quella del corpo immemore presente nella prima strofa. Rapidamente però il tono rallenta e diventa nuovamente contemplativo con la domanda "Fu vera gloria?", in cui Manzoni rispondendo vuol mettere in risalto, più che le grandezze terrene del condottiero, la statura morale dell'uomo: con la propria conversione, infatti, Napoleone ha dato un'ulteriore prova della grandezza di Dio che servendosi di lui ha stampato "la più vasta orma sulla terra". Le ultime tre strofe, continuano con la descrizione del raggiungimento del disegno di gloria di Napoleone (settima e ottava strofa) e della sua grandezza umana (nona strofa). Particolare rilievo si deve dare ad alcuni termini in antitesi tra loro che rendono bene l'instabilità del potere e della gloria umana che caratterizzano l'ottava strofa: gloria-periglio; fuga-vittoria; reggia-esiglio; polvere-altar. Con "Ei si nomò" (v.49), cioè con l'enfatizzazione dell'uso antonomastico del pronome si conclude così la prima parte dell'ode.

II Parte
Il motivo conduttore di questa seconda parte dell'ode é il verbo "giacque", che ha il significato della caduta definitiva di Napoleone e l'inizio del suo riscatto spirituale.
Scompare il pronome antonomastico e la figura dell'imperatore viene espressa attraverso una terza persona più comune, "E sparve, e dì nell'ozio", "E ripensò..." La strofa centrale di questa parte è la similitudine espressa nei versi 61-68.Questa è la parte fondamentale in cui avviene il ripudio delle vane glorie terrene e il sollevarsi verso l'eterno. Napoleone è come un naufrago che prima a lungo ha nuotato nel mare tempestoso della vita cercando terre remote, cioè cercando un significato della vita che le desse un senso. Ma questo suo sforzo è risultato vano, poiché solo Dio può rendere concreta la sete d'eternità è d'infinito presente nell'uomo e non le effimere glorie terrene. Anche l'ultima speranza di lasciare ai posteri la memoria di sé risulta vana. "Il cumulo di memorie" invece di lasciare la memoria eterna della propria epopea, diventano per Napoleone, un peso insopportabile, "la stanca man" che cade "sull'eterne pagine" assume il significato dell'estrema sconfitta umana. La figura di questa sconfitta è magistralmente descritta dall'immagine di presente nel verso 75: "chinati i rai fulminei" (gli occhi, rai, una volta balenanti sono ora chini al suolo).
La strofa quattordicesima descrive le ultime immagini che scorrono nella mente di Napoleone prima di morire. Sono immagini nostalgiche di un passato di gloria e di battaglie, che non ritorneranno più. Questa strofa e caratterizzato dall'uso del polisindeto, cioè l'uso ripetitivo della e posta in capo al verso come il rintocco richiama costantemente gli asindeti epici (ei fu ...ei provò...ei fe' silenzio) e sembra costruire in tutta l'ode, una linea sintattica che si prolunga sino a e sparve, in cui si denota la caducità della vicenda umana di Napoleone, e si conclude con il verbo e l'avviò in cui avviene l'annullamento della volontà umana nella provvidenza divina.
Avviandoci verso la fine dell'ode c'imbattiamo nella penultima strofa in cui il poeta riprende la voce dell'oratore. Questa strofa dell'opera, dal tono biblico e profetico, è stata aspramente criticata per le sue reminiscenze di retorica ecclesiastica (ha quasi un tono da chiesa barocca).

Sulla deserta coltrice/accanto a lui posò, è un'immagine piena di significato con cui si conclude l'ode. Il letto deserto qui giace Napoleone, abbandonato dagli uomini è visitato da Dio, che ha conosciuto anch'egli la morte e il dolore e perciò non abbandona mai l'uomo nei suoi attimi finali di vita. E' un'immagine che esprime una visione profondamente cristiana del destino dell'uomo.

Sintassi:
- predominanza proposizioni coordinate (periodi paratattici)

  • uso di inversioni e prolessi


La sintassi dell'ode è una sintassi tipicamente poetica che riprende una forma antica. All'interno di essa vi sono infatti molte inversioni e prolessi (il complemento di specificazione e oggetto, apposizione sono posti all'inizio del verso. Questo è un tipico artificio retorico, usato in poesia, che scoordina il normale enunciato soggetto-verbo-complemento, per mettere il risalto le parole d'inizio verso es: di mille voci al sonito ecc.). Questa forma però e rivitalizzata dal Manzoni perché inserita in un contesto stilistico diverso e per questo motivo alcune inversioni prolettiche che coinvolgono il complemento oggetto passano del tutto inosservate essenzialmente per due motivi che Terracini spiega nella sua analisi del Cinque Maggio:

1) "irraggia su di esse il riflesso del comune andamento discorsivo e piano che predomina nell'Ode e anzi spicca nelle parti riflessive (e scioglie all'urna un cantico...sperdi ogni ria parola...);
2) nell'ode "entra in gioco una sorta di equilibro, metrico a un tempo sintattico, che interviene direi col suo peso a neutralizzare la forza dell'inversione prolettica. Un esempio evidente lo abbiamo visto nelle due strofe la procellosa e trepida ....tutto ei provò: la gloria... che fanno l'uno da contrappeso all'altra. Un altro caso si deve scorgere in e i dì nell'ozio chiuse... dove l'inversione è tutta contenuta nella porzione a intonazione sospensiva della frase, che riversa tutto il suo peso sulla parte conclusiva prolungantesi per ben quattro versi, fino al finale della strofa".
Terracini conclude: "Possiamo dunque affermare che in linea generale si deve soprattutto al potere irraggiante della piana sintassi discorsiva su cui corre l'ode, se in essa trovano posto adeguato tutti quei tratti della forma poetica tradizionale che il Manzoni, per le note ragioni prospettiche, conserva, ma ad un tempo rinnova sì da appaiarle alle forme e agli atteggiamenti nuovi che assorbe dal romanticismo: come sarebbero il procedere per antitesi e affidarsi all'espressività di un lessico spoglio di paludamento letterario".

Lessico:
- uso corrispondenze che ricalcano l'opposizione iniziale ( ei... la terra). Infatti, tutta l'ode è costruita su queste opposizioni che contrappongono l'attività dell'eroe e la caducità della sua opera, oppure "il prepotente incalzare della sua brama di potere con le reazioni discordi del mondo" (Terracini) Es: immensa invidia... pietà profonda.

- uso frequente dell'aggettivo (soprattutto l'equiparazione aggettivo-participio passato (s'assise ...alta scorrea ...valida).
- lessico ripreso dalla tradizione letteraria ( spirto, polve, rio, aere, alma, periglio, sonito, solio, urna, cruenta) e riferimenti biblici (disonor del Golgota ).

Il lessico Manzoniano, a ogni modo, nonostante attinga dal repertorio aulico della tradizione poetica italiana, è sempre dominato dall'idea antiretorica che il poeta aveva della lingua ed infatti ogni termine è proteso verso le parole fraterne e comuni (chiaramente comuni a chi aveva conoscenza del linguaggio poetico). In questa ricerca del termine comprensibile ai più, della limatura delle parole, dell'eliminazione di ciò che risulta poeticamente superfluo e della ricerca del termine calzante, esiste una certa analogia con "I Promessi Sposi" e con gli sviluppi successivi del linguaggio manzoniano.

 

Fonte: http://www.calamandrei2013.altervista.org/MANZONI_cinque%20maggio.doc

Sito web da visitare: http://www.calamandrei2013.altervista.org

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