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Gli scrittori veristi italiani prendono le mosse dal Naturalismo che si afferma in Francia negli anni ’70. Il retroterra culturale e filosofico del Naturalismo è il Positivismo, un movimento di pensiero che si diffonde a partire dalla metà dell’Ottocento, ed è l’espressione ideologica della nuova organizzazione industriale della società borghese e del conseguente sviluppo della ricerca scientifica e delle applicazioni tecnologiche.
Il Positivismo è caratterizzato dalla convinzione che tutto il reale sia un gioco di forze materiali, fisiche, chimiche, biologiche, regolate da ferree leggi meccaniche; il positivista quindi crede solo nei fatti “positivi”, dimostrabili scientificamente e sperimentalmente, e vede nella scienza moderna l’unico strumento capace di spiegare la realtà e di dominarla. Di qui deriva anche la fede nel “progresso”, garantito dalle conquiste scientifiche, che assicureranno all’umanità la liberazione dai mali fisici e dai mali sociali e le concederanno un futuro di benessere e felicità. Il sorgere del Naturalismo fu dunque dovuto a ragioni scientifiche, alle nuove dottrine biologiche ed evoluzionistiche di Darwin, secondo cui gli esseri viventi, compreso l’uomo, sono determinati, nella loro evoluzione, da fattori biologici, ereditari, ambientali e storici. Perciò l’uomo viene ritenuto una creatura come tutte le altre, condizionata nel suo comportamento da fattori interni ed esterni alla sua natura.
Su questa base ideologica, nella seconda metà dell’Ottocento, specialmente in Francia, il terreno in cui la letteratura si impegna più compitamente nella rappresentazione della realtà è la narrativa, che si accosta in modo diretto alla realtà, alla vita quotidiana e opera un’attenta ricostruzione di ambienti, personaggi, situazioni e conflitti, così da offrire un’immagine efficace del mondo contemporaneo.
La narrativa realista non guarda alla realtà sociale in modi generici, ma elabora un metodo rigoroso che si basa sui fatti, su un’analisi delle condizioni ambientali e psicologiche che agiscono sui personaggi e rifiuta ogni interferenza del narratore nelle vicende narrate. Si vuole una narrazione oggettiva, che riproduca in modo esatto le circostanze reali, così come esse si presentano ad un’osservazione attenta, quasi scientifica.
Fu Emile Zola, per primo, ad usare il termine Naturalismo. La scrittura “naturalistica” si basa sulla convinzione che un linguaggio diretto, privo di particolari artifici stilistici, sia in grado di offrire un’immagine credibile della realtà. Essa mira quindi a concentrare l’interesse del lettore sulla materia della narrazione, più che sulle sue forme.
Negli anni ’60 dell’Ottocento si inizia ad usare in Italia il termine Verismo, per designare una letteratura che si accosta al “vero” nella sua nuda e semplice evidenza. Dal confronto con il naturalismo francese e dall’interesse per le realtà regionali derivano i maggiori risultati del verismo italiano, che trova la sua massima spinta intorno al 1880.
Il metodo verista viene elaborato nel modo più coerente e con i più alti risultati da alcuni scrittori siciliani (tutti originari dell’area geografica di Catania), come Capuana e Verga, particolarmente sensibili alle contraddizioni tra la nuova realtà dello Stato unitario italiano e il fondo arcaico della vita della Sicilia, arretrata e resistente ad ogni integrazione nazionale.
Fonte: http://www.itctorrente.it/public/uploadfabiano/[5%20C]%20-%20Dal%20Naturalismo%20al%20Verismo.doc
Sito web da visitare: http://www.itctorrente.it
Autore del testo: F.Giuseppe
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