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Musica e letteratura: quale legame? Come è cambiato nel tempo? Esiste da sempre un rapporto dialettico tra letteratura e musica, alla ricerca della musicalità dei versi e dell’interazione tra espressione letteraria e musicale. Una interazione che interessa la poesia, il teatro, ma anche, soprattutto tra Ottocento e Novecento, la narrativa. Perché un romanzo si legge, ma si deve anche ascoltare. La ‘liason’ tra queste due forme d’arte è sempre esistita, fin dall’antica Grecia. Oggi forse è più forte che mai.
Scheda storica. Per i Greci era la ‘mousiké’, la poesia cantata. Nel Trecento fu la ‘poesia per musica’ a costituire un genere specifico e caratteristico che, pensato in vista della sua intonazione, con una precisa struttura metrica: articolazione in strofe, versi regolari, simmetrie richieste dalla periodicità degli accenti musicali. Anche nella scelta dei vocaboli e nella disposizione dei suoni prestava attenzione alle esigenze tecniche della voce. Non meno significativa era stata, quattro secoli prima, la vicenda dell'Ars nova, con le sue forme poetico-musicali, il madrigale e la ballata. Lo stesso Dante Alighieri si “dilettò in suoni e canti”. Già nel “Convivium” il poeta fiorentino elevava la canzone a forma poetica per eccellenza, ricca di sentimenti e pensieri. Nel “De vulgari eloquentia” non inorridisce davanti alla recitazione cantata. Dante conosceva la musica come una delle arti liberali e la poneva tra le scienze matematiche del Quadrivio.
Ma se nella ‘poesia per musica’ era la seconda a orientare le scelte della prima, non mancano casi di influenza della poesia sulla musica. Esemplare il caso di Petrarca in cui una poesia pura, affidata ai compositori, creava una forma musicale “ad hoc”. Ma nella meravigliosa fioritura della polifonia madrigalistica covava il germe di un conflitto per il primato. Tra Cinquecento e Seicento letterati e musicisti, a partire dall’insofferenza per le complicazioni contrappuntistiche, inventarono il melodramma e con esso la monodia accompagnata, il canto a una sola voce, nel quale “l'oratione sia padrona dell'armonia e non serva”, come scriveva Monteverdi. Ma i virtuosi del belcanto non tardarono a far valere le loro esigenze. La storia dell'opera nel Seicento e Settecento ruota tutta attorno alla forza della musica rispetto al testo, e al continuo tentativo di ricondurla alla disciplina di questo. Alla ricerca dell'unità perduta mossero con decisione i Romantici. ll ‘musicale’, misterioso e incontrollabile elemento disgregatore, si insinuò nella poesia. La musica era sentita come il grembo da cui erano sorte tutte le arti e al quale sarebbero tornate. I poeti furono i primi a insistere sull'inadeguatezza della parola; solo la musica poteva attingere la verità suprema e immediata. Lo scrittore e compositore tedesco Hoffmann proclamava che “la musica è la più romantica di tutte le arti, anzi si potrebbe quasi dire che è la sola arte perfettamente romantica”, capace di dire l'ineffabile, il magico, l'inconscio, l'universo del sentimento e dell'inquietudine spirituale. Anche il poeta cercava di creare una nuova musica verbale. Da questo sfondo emersero la teorizzazione e la pratica poetica, drammatica e musicale di Wagner. Il ritorno all'unità originaria è stato da lui espresso con la forza di un'immagine carnale: “La musica, intesa come donna, deve necessariamente essere fecondata dal poeta, inteso come uomo”. Wagner e la sua discendenza musicale rimasero un punto di riferimento per gli scrittori al volgere tra Ottocento e Novecento.
Di tanta narrativa italiana e straniera è possibile realizzare una ‘lettura sonora’, ricostruire cioè il paesaggio acustico di musiche, voci, suoni, rumori che è spesso, più che sfondo, sostanza del racconto.
Ma qual è oggi il terreno comune in cui le parole e la musica si fondono dando vita a un’esperienza emozionale che nulla ha da invidiare alla tradizione della musica leggera? Quand’è che l’artista, il musicista diventa anche autore e interprete delle parole che canta? La canzone d’autore ha faticato ad imporsi, ha dovuto dimostrare l’infondatezza di non pochi pregiudizi che la costringevano all’interno di una ristretta nicchia di “precursori” del successo che l’avrebbe travolta. Fu Domenico Modugno ad aprire la strada della nuova esperienza cantautorale, con quello che sarebbe diventato il celebre successo internazionale "Nel blu, dipinto di blu”, vincitore a Sanremo. Modugno rompeva così lo schema della tradizione melodrammatica, sostituendo alla retorica del sentimentalismo enfatizzato la semplicità dell’ esperienza reale e personale. Una ventata di novità tanto nelle tematiche dei testi, quanto nello stile musicale è quanto ha portato Adriano Celentano, autore e grande interprete della maggior parte dei testi delle sue canzoni. Proprio nel momento in cui, all’inizio degli anni Sessanta, stava arrivando la musica urlata d’oltreoceano, Gino Paoli, uno dei capofila della scuola genovese, portò nelle canzoni la quotidianità della vita, facendo uso di un tono dimesso. Un contributo notevole a rinnovare lo stile e i temi della canzone italiana venne da Mogol e Battisti, la celebre coppia di autore e compositore-interprete, quest’ultimo capace di creare un mix di rock, musica nera e melodia italiana, senza mettere mai in secondo piano il testo.
Indimenticati e indimenticabili l’ironia e il sarcasmo di Giorgio Gaber che è forse colui che ha meglio interpretato la fusione tra musica e parole nella forma del teatro-canzone.
Impossibile non citare grandi nomi come Luigi Tenco, Enzo Jannacci, Fabrizio De Andrè, Roberto Vecchioni, Ivano Fossati, Franco Battiato. E ancora Francesco Guccini, il prototipo del cantautore impegnato, Lucio Dalla, un grande musicista e interprete che usa la voce anche come uno strumento musicale. Con Francesco De Gregori il testo delle canzoni si riempie di metafore e di forme di difficile comprensione. "Le canzoni che scrivo sono per loro natura ambigue, non si prestano a una lettura semplice. Mi piace che una canzone possa essere letta in due modi, possa voler dire due cose insieme", ha detto De Gregori. Musica e parole significative e significanti. Insieme.
Parole in musica: il mondo cantautorale. Paolo Conte lo ha definito “un autentico pionere della critica e della saggistica nel mondo cantautorale”. Enrico De Angelis, giornalista e critico musicale di lunga esperienza, con la sua penna brillante ha raccontato in un volume edito da Zona 40 anni di giornalismo intorno alla canzone, in particolare quella d’autore. Quarant’anni di giornalismo dedicati alla sua più grande passione. Sua è l'espressione "canzone d'autore", poi entrata nell'uso corrente per definire quel modo d'intendere il rapporto tra testi e musica alla ricerca di soluzioni sostanzialmente alternativerispetto alle mode correnti.
Quando comincia a scrivere, nel 1969, quello cantautorale è ancora un fenomeno marginale. E’ il genere della musica leggera che scala le hit-parade e rappresenta la “bella musica italiana”, di cui pure si colgono i segnali di crisi. Una crisi che De Angelis tocca con mano.
“Ho avuto la fortuna di poter sempre scegliere ciò di cui scrivere”, ha dichiarato De Angelis.
Numerose le carriere musicali che il critico ha seguito e raccontato. Quelle dei grandi e storici cantautori, come Gaber, Paolo, Conte, Dalla, Jannacci, Guccini e De Gregori. Ancora Conte ha detto di lui: “Per quanto mi riguarda mi sono sentito per tanti anni sostenuto, illustrato e spiegato dalla sua penna quasi con l’aggiunta sensazione di avere in lui un critico a mia personale disposizione”.
Fonte: https://www.univr.it/documenti/Documento/allegati/allegati379233.doc
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