Letteratura leggere Leopardi

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Letteratura leggere Leopardi

…. Giacomo Leopardi

  1. Perché leggere Leopardi

Tra i poeti della letteratura italiana nessuno ha il potere di affascinare e coinvolgere noi lettori moderni come Leopardi. Nonostante la sua sia una lingua per i morti (così egli stesso si espresse), riesce a trasmettere messaggi attuali. Leopardi piace non solo per il valore artistico della sua poesia, ma anche per i contenuti che la sua riflessione trasmette. Chi legge Leopardi non può non interrogarsi sulle proprie certezze, sulle proprie idee, anche se non condivide le posizioni del poeta. Sebbene il suo mondo sia assai lontano e diverso dal nostro, nonostante il pessimismo che caratterizza la sua poesia, i problemi da lui posti riguardano anche noi: il rapporto con la natura, la condizione dell’uomo d’oggi, il bisogno di valori, la possibilità di nuovi rapporti tra gli uomini. La sua originalità consiste nel prendere atto della miseria dell’uomo, senza tuttavia rinunciare alla riconquista di significati nuovi: se la vita è un deserto deve essere tentata in ogni modo la ricostruzione di un sistema di valori.
La lezione di Leopardi costituisce pertanto un punto di riferimento importante, se non necessario per non cedere allo smarrimento o alla stupidità: “ascoltare la voce di Leopardi non ha soltanto un significato culturale: invita anche a prendere posizione, a uscire da certezze non abbastanza verificate e a farsi carico, ciascuno nella propria condizione, di questa responsabilità di essere moderni.”

  1. La vita

Giacomo Leopardi nasce a Recanati il 29 giugno 1798, da una famiglia appartenente alla nobiltà dello Stato pontificio. Il carattere duro, arcigno e distante della madre incise profondamente su Giacomo.
La sua formazione culturale fu affidata a precettori casalinghi. Più importante dell’insegnamento dei precettori è, però, sin dall’infanzia, fu il rapporto diretto di Giacomo con i volumi della ricchissima biblioteca paterna. Tra il 1809 e il 1816 si svolsero quei “sette anni di studio matto e disperatissimo” che gli forniranno una cultura vasta e straordinaria a danno, tuttavia, della sua struttura fisica. Gli studi, le letture, le conoscenze gli aprirono vasti orizzonti, che, tuttavia, gli fecero avvertire un senso di infelicità e il desiserio di qualcosa di più vasto dell’angusto e opprimente spazio familiare e recanatese.
Il 1817 fu un anno decisivo nella sua giovinezza: in quell’anno, infatti, prese inizio la corrispondenza con Pietro Giordani, un famoso letterato, la cui amicizia favorì la rottura con l’asfittico e reazionario ambiente famigliare.  Incoraggiato da Giordani, Leopardi tentò, invano, di fuggire dalla prigionia famigliare. Intanto le sue condizioni fisiche peggiorano in seguito ad una malattia agli occhi.
Tra il 1818 e il 1822 Giacomo visse a Recanati in tensione continua con la famiglia, che avrebbe voluto avviarlo alla carriera ecclesiastica. Finalmente nel 1822 potè  lasciare Recanati per recarsi a Roma, ospite degli zii; il soggiorno romano fu però per lui fonte di una nuova delusione: scarso entusiasmo suscitò in lui la visita dei monumenti antichi e l’ambiente letterario gli parve mediocre;  così fece ritorno a Recanati dove si dedicò di nuovo alla scrittura.
A partire dal 1825 visse a lungo lontano da Recanati: si recò a Milano, Bologna, Firenze e infine Pisa. Nel 1828, non potendo mantenersi,  ritornò per l’ultima volta a Recanati e vi rimase fino al 1830: furono  sedici mesi di depressione ma anche di intensa attività creativa, durante i  quali compose alcuni dei suoi canti più grandi. Intanto gli amici fiorentini misero a sua disposizione una somma sufficiente che gli avrebbe permesso di vivere a Firenze per una anno: Leopardi accettò e lasciò definitivamente Recanati.
A Firenze ritrovò i vecchi amici e si innamorò dell’affascinante Fanny Targioni Tozzetti, a cui dedicò alcune delle poesie più originali e alte.
Tra il 1831 e il 1832 visse a Roma con il conte Ranieri e nel 1833 i due si trasferirono a Napoli. Le condizioni di salute di Leopardi peggiorano e il 14 giugno 1837, mentre infuriava l’epidemia di colera, il poeta morì.

  1. Il pensiero leopardiano.

Uno dei nodi problematici che affronta Leopardi nelle sue opere è quello dell’infelicità umana. In un primo tempo egli ritiene che l’infelicità non dipende dalla natura, che anzi regala all’uomo illusioni che abbelliscono la vita e lo rendono capace di virtù. L’infelicità è frutto della civiltà umana e dunque della storia che ha distrutto le illusioni.
Successivamente Leopardi consolida un punto di vista materialistico. Alla luce di tale visione della vita, che rifiuta qualsiasi elemento spirituale, la causa dell’infelicità umana nasce nel rapporto tra la ricerca della felicità e l’impossibilità di raggiungerla. Secondo Leopardi ogni uomo desidera essere felice; tuttavia la felicità che egli desidera supera sempre quella che effettivamente si può conseguire. Deluso dalla realtà, l’uomo si rifugia nelle illusioni. In base a queste riflessioni, la natura, che in passato era stata da lui considerata una madre benevola, ora è vista come responsabile dell’infelicità umana, perché essa infonde negli uomini il bisogno di felicità, ma poi non mantiene le sue promesse, facendo così della vita un carico di delusioni, sofferenze e noia.
Possibile antidoto a ciò è la dimensione sociale, che lo porta a rifiutare e condannare il suicidio, che secondo Leopardi è un gesto di viltà e un errore perché provoca dolore in chi sopravvive, rendendo loro più insopportabile la vita. Gli uomini, invece, devono sforzarsi di soccorrersi vicendevolmente, secondo una nuova morale fondata sulla fraternità.

  1. La poetica

Secondo Leopardi la poesia deve provocare nel lettore un effetto forte; essa infatti ha il compito di garantire un estremo appiglio al bisogno di illudersi, immaginare, fantasticare. In tal senso la poesia sul piano dell’espressione deve servirsi di specifiche tecniche, che tendono all’indeterminatezza e al vago, e deve ricorrere al ricordo, che è una forma di soddisfacimento del piacere.
Per lui, inoltre, la poesia svolge anche una funzione sociale: essa deve tener vivi quei modi di sentire caratteristici dell’uomo e ben sviluppati nel mondo antico (l’immaginazione, le virtù, la nobiltà d’animo, i valori), che rischiano invece di atrofizzarsi nel mondo moderno.

  1. Le opere
  1. A diciannove anni Leopardi inizia a sviluppare le proprie riflessioni in un quaderno che lui stesso avrebbe chiamato Zibaldone di pensieri. Il titolo fa riferimento alla varietà disordinata e frammentaria dei temi affrontati. Esso, infatti, non fu concepito come opera destinata alla pubblicazione, ma come diario intellettuale. La sua lettura consente di conoscere il pensiero leopardiano nella sua evoluzione.
  2. Nel 1824 Leopardi scrive le  Operette morali: si tratta di 24 testi in prosa satirica sotto forma di narrazioni o di dialoghi. In esse si ritrovano i temi della riflessione leopardiana: il pessimismo, il materialismo e altri ancora.
  3. Tra il 183 e il 1835 Leopardi compose i Paralipomeni della Batracomiomachia, un breve poema eroicomico: l’argomento è lo scontro tra i topi e i granchi invasori. Nella vicenda fiabesca sono rappresentati in tono sarcastico gli avvenimenti storici tra il 1815 e il 1821: i granchi sono gli austriaci mentre i topi sono gli italiani.

 

  1. I Canti

La produzione poetica di Leopardi è raccolta nei Canti, libro che conta quarantuno testi di varia lunghezza. Il titolo, “del tutto inedito nella nostra tradizione letteraria per una raccolta di liriche” fa riferimento all’intonazione musicale dei testi e sottolinea come essi siano la manifestazione diretta dell’io e della sua interiorità.
Il testo comprende due gruppi di poesie: i Piccoli Idilli e i Grandi Idilli.
Nella poesia antica con il termine idillio si definiva un breve componimento poetico ambientato nella quiete e dolcezza  della natura. Leopardi chiama idilli alcune poesie (in endecasillabi sciolti), che, pur partendo da un elemento del paesaggio, danno voce a sensazioni, ricordi, sentimenti, meditazioni interiori.

 

 

Fonte: https://piattaformadidattica.files.wordpress.com/2010/10/giacomo-leopardi.doc

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