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Il termine picaresco deriva dallo spagnolo picaro, corrispondente all'italiano «pitocco», parola dall'etimologia incerta con cui nella Spagna del Cinquecento venivano chiamati i vagabondi, i servi più vili e miseri e certi soldati che disertavano e vivevano di espedienti. Pare che il termine si possa far risalire o al verbo spagnolo picar = pungere, beccare, o al francese picard = abitante della Piccardia, la regione francese da dove provenivano molti soldati di ventura che, rimasti senza ingaggio, vivevano ai margini della società vagabondando da una città all'altra.
Protagonista del romanzo picaresco è dunque il picaro, un simpatico vagabondo che non ha famiglia né casa, né un mestiere o un ruolo nella società e per sopravvivere può contare solo sulle proprie forze, in particolare sull'astuzia, sull'inganno, su stratagemmi di ogni genere che costituiscono l'unico modo attraverso il quale egli entra in rapporto con la società. Fondamentale diventa dunque in questo genere di romanzo lo spostamento sia nello spazio sia attraverso i vari strati sociali: il personaggio compie infatti un lungo viaggio muovendosi orizzontalmente da un luogo all'altro e verticalmente da un ambiente all'altro al servizio di molti padroni.
Il romanzo picaresco ha solitamente un taglio autobiografico: si configura infatti come una successione lineare di episodi raccontati in prima persona dal protagonista che, ormai vecchio, narra le sue avventure in una rigorosa sequenza cronologica. La sua presenza costituisce il filo conduttore che unisce i diversi episodi, ciascuno dei quali è autonomo e in sé concluso.
Il taglio autobiografico comporta alcune conseguenze sul piano delle strutture narrative: verbi al passato remoto e all'imperfetto e intreccio di almeno due punti di vista, quello del picaro vecchio e quello del picaro al momento dell'azione. La narrazione inoltre è «aperta», potrebbe cioè continuare al di là della conclusione del romanzo che è sempre provvisoria, dato che il personaggio sta ancora vivendo la propria avventura esistenziale e talora, alla fine del romanzo, si trova in una condizione peggiore di quella iniziale.
Come si può facilmente dedurre dalla breve descrizione fin qui condotta, il romanzo picaresco è un antigenere, una specie di capovolgimento parodico del romanzo cavalleresco. Infatti, mentre l'eroe cavalleresco è un personaggio di nobili origini, agisce ispirandosi agli ideali della cavalleria, affronta ogni genere di prova in difesa dei deboli o per conquistare la donna amata, e si sposta da un castello all'altro in cerca di avventure sempre più straordinarie, il picaro proviene da un ambiente basso e furfantesco, è guidato nel suo agire esclusivamente dall'esigenza di soddisfare i propri bisogni materiali, entra in contatto con personaggi del suo stesso livello sociale e si sposta da una locanda all'altra per compiere beffe e raggirare il prossimo nel tentativo, spesso fallito, di innalzarsi dalla sua condizione. Considerato sotto questo aspetto, pertanto, il romanzo picaresco rivela, sia pure sotto il velo dell'invenzione fantastica, la realtà della Spagna che alla fine del Cinquecento fu investita da una grave crisi economica in conseguenza della quale una gran massa di contadini, artigiani, soldati di ventura, perduto il lavoro, si riversò nelle città che potevano ancora offrire qualche possibilità di sopravvivenza.
Il primo romanzo picaresco è la Vita di Lazarillo de Tormes e delle sue fortune e avversità, composto da un autore anonimo nel 152526 e pubblicato nel 1554. Ai primi del Seicento grandissimo successo ottenne il Guzmàn de Alfarache di Mateo Alemàn, un ebreo convertito che condusse una vita avventurosa tra la Spagna e il Messico. Il romanzo narra la storia di un ragazzo che lascia la casa del padre e se ne va in giro per il mondo affrontando varie vicissitudini e venendo a contatto con diversi strati sociali nei quali trova solo corruzione e inganni. Se nel Lazarillo le vicende seguono uno sviluppo logico e conducono il personaggio a migliorare la condizione di partenza, nel Guzmàn le avventure del protagonista sono dominate esclusivamente dal caso e si concludono con la sconfitta. Il genere picaresco fu ripreso in Spagna da molti scrittori durante il Seicento. Ad esso si ispirarono anche autori europei del Settecento. Ricordiamo in Germania L'avventuroso Simplicissimus di Christoph von Grimmelshausen, in Francia Gil Blas di Alain René Lesage, in Inghilterra Moll Flanders di Daniel Defoe, che ha per protagonista una donna.
È stato detto che la scoperta operata grazie al romanzo picaresco «di un nuovo e decisivo elemento sociale non è meno importante di quelle che nel frattempo operavano i navigatori» nel Nuovo Continente. Non solo infatti venivano portati alla luce individui e ambienti fino a quel momento esclusi dal mondo dell'arte e della letteratura, ma emergeva una nuova dimensione della vita affidata all'istinto, all'allegria e priva di schemi e categorie ideali.
Agguati, scontri con pirati, banditi o selvaggi, viaggi alla ricerca di qualcuno o di qualcosa, naufragi: sono questi gli ingredienti del romanzo d'avventura, uno dei generi narrativi più appassionanti e diffusi soprattutto fra gli adolescenti. Proviamo a delinearne un rapido profilo, mettendo in evidenza le componenti contenutistiche e strutturali.
Solitamente un romanzo d'avventura si apre su una situazione di equilibrio che viene improvvisamente turbata da qualcosa di imprevisto: ilritrovamento della mappa di un'isola nella quale è nascosto un tesoro, una scommessa, una tempesta che fa naufragare la nave sulla quale si trova il protagonista, la scomparsa o il mancato ritorno di una persona cara e così via.
Scatta a questo punto il meccanismo della ricerca che spinge il personaggio a compiere un viaggio per terra, per mare, o per aria. Non sempre però il viaggio è determinato dalla ricerca di qualcosa; a volte può capitare che il protagonista viaggi per mestiere: può essere un marinaio, un medico di bordo, un mercante e così via.
Il viaggio segna solitamente l'inizio dell'avventura principale cheracchiude al suo interno una serie di avventure minori in sé concluse, le quali per un verso portano avanti l'azione, per l'altro, con il loro susseguirsi, ne ritardano la conclusione e contribuiscono a far crescere la tensione.
Nel corso della vicenda il personaggio si sposta nello spazio coprendo lunghe distanze e giunge a luoghi esotici, misteriosi e selvaggi. Pertanto la narrazione si arricchisce di digressioni sulle caratteristiche geografiche di tali zone e sugli usi e costumi delle popolazioni che vi abitano.
Una delle situazioni che più frequentemente ricorrono nei romanzi d'avventura è il naufragio in un’isola deserta o abitata da popoli selvaggi e aggressivi. Nel primo caso il protagonista deve aguzzare l'ingegno per poter sopravvivere e in certo qual modo ripercorre le tappe della civilizzazione della società, come fa Robinson Crusoe nell'omonimo romanzo di Daniel Defoe; nel secondo deve fronteggiare nuovi pericoli e utilizzare ogni risorsa per sfuggire all'aggressività degli indigeni.
Alla fine l'eroe, superate le difficoltà, rientra nel suo mondo, più ricco di beni materiali e di esperienze e spiritualmente più maturo.
Sul piano delle strutture narrative il romanzo d'avventura presenta una sostanziale coincidenza tra fabula e intreccio. Il narratore infatti segue la vicenda nel suo sviluppo cronologico poiché l'interesse e la curiosità del lettore, stimolati dal susseguirsi di sempre nuove avventure, si proiettano verso il futuro piuttosto che verso il passato.
La narrazione si svolge secondo una duplice struttura: a cornice e a gradini, che la possiamo cosí schematizzare.
Avventura principale
Avventure secondarie
Le avventure minori presentano tutte lo stesso schema che è poi quello che si ritrova anche nella vicenda principale, ovvero: evento che mette in moto l'azione, peripezie, Spannung, scioglimento. Conclusa un'avventura ne inizia un'altra e così via fino allo scioglimento finale.
I ruoli dei personaggi sono chiaramente definiti e riconoscibili: il protagonista deve vedersela con un antagonista pericoloso e ostinato, che vuole ad ogni costo ostacolarlo nel raggiungimento del suo obiettivo, e con diversi oppositori. Egli dal canto suo è sostenuto dall'appoggio di uno o più aiutanti.
I fatti possono essere raccontati da un narratore onnisciente o dallo stesso protagonista che, una volta tornato a casa, sente il bisogno di lasciare una testimonianza della sua avventura. In questo caso la narrazione è condotta in prima persona e viene adottata la focalizzazione interna.
Le componenti contenutistiche e strutturali del romanzo d'avventura hanno origini antiche: molte di esse si ritrovano già nei poemi epici, nel romanzo greco e latino e nei romanzi cortesi di età medievale. Nell'Odissea, per esempio, sono presenti il viaggio per mare, il naufragio, l'incontro con popolazioni selvagge e ostili, l'arrivo in terre sconosciute e misteriose; pirati, agguati, tranelli, viaggi abbondano nel romanzo greco e latino; gli eroi medievali lasciano la raffinata corte di re Artù per andare alla ricerca di una dama rapita, di una spada fatata, del Santo Graal e così via e si avventurano in boschi paurosi dove si scontrano con maghi, mostri e incantesimi. Nel Settecento il motivo dell'avventura viene invece usato come pretesto per rappresentare 1'uomo borghese che, superato ogni genere di ostacoli grazie alla sua intelligenza, pone le basi della nuova società. È questo il caso di romanzi come Robinson Crusoe di Daniel Defoe o I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, che riuniscono in sé i caratteri del romanzo d'avventura e di quello realista. È nell'Ottocento che nasce il romanzo d'avventura come noi oggi lo intendiamo, grazie alle opere di Stevenson e di Verne e successivamente di Emilio Salgari. Il genere continua nel Novecento, assumendo però caratteri diversi: questa volta infatti l'avventura si carica di significati simbolici e viene utilizzata per raffigurare metaforicamente la lotta dell'uomo contro le forze misteriose che si annidano dentro e fuori di lui. Ne sono un esempio i romanzi di Joseph Conrad, Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway, Moby Dick di Herman Melville, La partita di Alberto Ongaro e cosí via.
Nato nella prima metà dell'Ottocento, in un'epoca particolarmente sensibile all'interesse per la storia, il romanzo storico è un testo narrativo in prosa nel quale si intrecciano componenti storiche e parti inventate. L'autore colloca una vicenda immaginaria in un momento storico preciso del quale ricostruisce fedelmente la situazione politicosociale, i costumi, le condizioni di vita.
I fatti sono ambientati nel passato, in un'epoca lontana dal tempo in cui l'autore vive. Nell'Ottocento, per esempio, veniva privilegiato il Medioevo, un periodo vastissimo e dai confini imprecisi, nel quale si rintracciavano le origini delle future realtà nazionali. Nel romanzo storico infatti il passato non è staccato dal presente e proiettato in una lontananza assoluta, né è un elemento decorativo, ma è considerato come la «preistoria oggettiva del presente» (G. Lukàcs), cioè il momento in cui si possono cogliere le radici del presente. La storia appare come uno sviluppo continuo di eventi concatenati gli uni agli altri da rapporti che si proiettano lontano nel tempo. Alla luce di questa visione gli avvenimenti contemporanei possono essere letti come conseguenza diretta o indiretta di eventi passati. Ecco perché lo scrittore inglese Walter Scott vede nell'esito della lotta tra Sassoni e Normanni, conclusasi con la fusione dei due popoli, le origini della nazione inglese, e Manzoni coglie nella situazione dell'Italia del Seicento sottoposta alla dominazione spagnola una condizione simile a quella dell'Italia del suo tempo assoggettata all'Austria.
Il contesto storico-sociale è ricostruito con precisione grazie all'utilizzazione di una vasta documentazione storica, di materiale folklorico (leggende, canti popolari) e di notizie relative a usi, costumi, oggetti, arredi del periodo prescelto che consentono di caratterizzare i personaggi e di inquadrare l'azione in un'ambientazione verosimile.
Le vicende individuali e private sono intrecciate con le grandi vicende collettive dei popoli e direttamente influenzate da esse. Personaggi storici si affiancano a personaggi inventati, popolando il romanzo di figure maggiori e minori ciascuna delle quali rappresenta una situazione e una classe sociale, sicché la vicenda particolare, pur essendo inventata, diviene lo strumento per interpretare la storia di un intero popolo.
Per esempio, nei Promessi sposi, il più importante romanzo storico della letteratura italiana dell'Ottocento, Renzo e Lucia sono due personaggi inventati, ma ricostruiti con assoluta verosimiglianza storica. Non solo essi agiscono e parlano come avrebbero agito e parlato due persone della medesima condizione sociale realmente vissute nel Seicento, ma la loro storia (un matrimonio contrastato con relativo rapimento della fanciulla) avrebbe potuto effettivamente verificarsi in quell'epoca nella quale i signori spadroneggiavano, le leggi non venivano rispettate, la Chiesa non sempre si poneva al fianco dei diseredati e degli oppressi. La vicenda privata di Renzo e Lucia si intreccia con gli eventi storici del tempo e ne è direttamente influenzata. Renzo viene coinvolto nei tumulti di Milano, la sua casa e la vigna sono distrutte dall'invasione dei Lanzichenecchi, i due giovani vengono colpiti dalla peste. In conseguenza di ciò accade che i personaggi inventati entrino direttamente in contatto con alcuni personaggi storici: per esempio, Lucia viene rapita dall'Innominato e viene liberata dal cardinale Borromeo, entrambi realmente esistiti; durante i tumulti di Milano Renzo incontra Ferrer, il governatore spagnolo della città e così via. Nei Promessi sposi inoltre Renzo e Lucia sono espressione della nuova classe borghese che si va faticosamente facendo strada tra i soprusi e i privilegi dell'antica nobiltà feudale. Nei romanzi di Walter Scott, l'iniziatore del genere, tutti i personaggi rappresentano le posizioni e le reazioni delle varie classi sociali e delle parti in lotta. Il loro comportamento dunque non è casuale, ma dipende dalle caratteristiche storiche del tempo e della classe a cui appartengono.
Per quel che riguarda la struttura narrativa il romanzo storico solitamente prende l'avvio da una situazione iniziale di equilibrio nella quale interviene un ostacolo che impedisce la realizzazione di un progetto o desiderio. I protagonisti passano attraverso una serie di peripezie che ritardano lo scioglimento finale e la loro vicenda si incrocia con quelle di altri personaggi che svolgono il ruolo di aiutanti o di oppositori.
All'azione principale si intrecciano pertanto diversi filoni secondari e i personaggi si moltiplicano. La narrazione si arricchisce spesso di digressioni nel corso delle quali l'autore si sofferma sugli avvenimenti storici che interferiscono con la vicenda dei prota gonisti. Sono frequenti anche inserti narrativi nei quali viene ricostruita la storia di alcuni personaggi che svolgono nel romanzo un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell'azione. Si tratta di veri e propri romanzi nel romanzo, come per esempio quelli che nei Promessi sposi narrano le vicende della monaca di Monza e dell'Innominato. Lo scioglimento finale è legato al risolversi di una situazione storica: la fine di una guerra o di una pestilenza, la conclusione di un'alleanza, la morte di un personaggio potente ecc. La narrazione è affidata a un narratore onnisciente che conosce lo svolgimento dell'azione, analizza le motivazioni psicologiche e i sentimenti dei personaggi e interviene spesso a commentare i fatti o a esprimere giudizi. Talora, per avvalorare la veridicità di quanto sta raccontando, l'autore ricorre all'espediente del «manoscritto ritrovato»: finge cioè di non essere lui l'autore della storia, ma di averla trovata in un antico manoscritto risalente all'epoca in cui sono avvenuti i fatti e di essersi limitato a trascriverla in un linguaggio più moderno. A questa finzione hanno fatto ricorso sia Scott che Manzoni e in tempi più moderni Umberto Eco per il suo romanzo Il nome della rosa.
Gli immediati precedenti del romanzo storico vanno ricercati nel romanzo gotico o nero sviluppatosi in Inghilterra nella seconda metà del Settecento e così chiamato per le ambientazioni tenebrose e spettrali e per i personaggi misteriosi e diabolici.
Fanno parte di questo filone I misteri di Udolfo di Ann Radcliff, Il castello di Otranto di Horace Walpole, Il monaco di Matthew Lewis, tutti costruiti su una serie di luoghi comuni: fanciulle perseguitate, castelli cupi, vicende misteriose collocate su uno sfondo storico generico, solitamente medievale, la cui funzione è esclusivamente ornamentale. Dal romanzo gotico o nero ilromanzo storico riprende l'ambientazione nel passato che però non è un elemento decorativo, ma ha funzione conoscitiva, serve cioè a far comprendere la dinamica dello sviluppo storico. Rifiuta invece i toni truci e le complicazioni avventurose dell'intreccio che diviene più equilibrato.
Fondatore del romanzo storico si può considerare Walter Scott che nei suoi numerosissimi romanzi, Ivanhoe, Waverly, Kenilworth, ha rappresentato le diverse tappe della storia inglese, facendo emergere le leggi fondamentali che ne hanno determinato l'evoluzione. A Scott si ispirò in Italia Alessandro Manzoni che con I promessi sposi rinnovò il modello scottiano ponendo per la prima volta gli umili al centro della rappresentazione e conferendo maggior rigore alla ricostruzione del contesto storico che in Scott svolgeva spesso una funzione prevalentemente scenografica. Rientrano nel filone del romanzo storico molti grandi romanzi dell'Ottocento: La certosa di Parma di Stendhal, La figlia del capitano di Aleksàndr Puskin, I Viceré di Federico De Roberto, Les Chouans di Honoré de Balzac, Guerra e pace di Lev Tolstoj ecc. Verso la metà del secolo, venuta meno la tensione ideale che aveva portato il mondo borghese a riflette re sulla propria storia, l'attenzione degli scrittori si rivolse direttamente alla realtà borghese contemporanea, della quale il romanzo realista mise in luce vizi e virtú, eliminando ogni riferimento al passato. Il romanzo storico si trasformò allora in una narrazione avventurosa, ricca di intrighi e di colpi di scena, come nei Tre moschettieri di Alexandre Dumas padre.
Conclusasi la grande stagione ottocentesca, non si può dire che il romanzo storico sia del tutto tramontato. Il genere è stato ripreso anche da scrittori contemporanei che hanno ancora una volta scavato nel passato per riflettere sui problemi del presente. Non si può tuttavia parlare di un ritorno alle forme ottocentesche: l'esigenza della documentazione storica si affianca oggi a un sempre più vivo interesse per l'indagine psicologica dei personaggi che sono diventati il vero centro del racconto con il conseguente spostamento del punto di vista dall'esterno all'interno. Pensiamo a opere come Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi diLampedusa, La Storia di Elsa Morante, le Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, La lunga vita di Marianna Ucria di Dacia Maraini, I fuochi del Basento di Raffaele Nigro, La chimera di Sebastiano Vassalli ecc. Le strutture narrative sono diventate più complesse, grazie all'introduzione di tecniche proprie del romanzo sperimentale: è il caso, per esempio, del Sorriso dell'ignoto marinaio di Vincenzo Consolo. È mutato soprattutto l'atteggiamento nei confronti della storia: se nelle opere ottocentesche essa poteva ancora apparire come uno sviluppo organico e positivo, frutto dell'agire degli uomini, dopo le violenze e gli orrori a cui ci hanno purtroppo abituati gli avvenimenti del Novecento, la storia, per usare le parole della scrittrice Elsa Morante, si configura come «uno scandalo che dura da diecimila anni», come un succedersi di eventi che stritolano uomini e cose, lasciandosi dietro una scia di sangue e di violenza, senza che nulla cambi. Il romanzo storico del Novecento, se è possibile usare ancora questa formula, è dunque un prodotto complesso che innesta sulle componenti tipiche del genere elementi provenienti da altre forme narrative sia «alte» (romanzo d'analisi, romanzo sperimentale) sia «popolari» (il romanzo giallo utilizzato da Umberto Eco nel famosissimo Il nome della rosa), risultando pertanto difficilmente classificabile.
Adoperiamo l'espressione romanzo realista per indicare quel tipo di romanzo che prende a prestito personaggi e situazioni del mondo reale ed è solitamente ambientato in un'epoca vicina o addirittura contemporanea all'autore. Si tratta di una categoria molto vasta che attraversa un po' tutte le epoche, dall'antichità fino ai giorni nostri, comprendendo opere assai diverse tra loro, ma accomunate dalla specifica attenzione al reale. Due sembrano essere, secondo una famosa definizione del critico tedesco Erich Auerbach, i caratteri del realismo moderno:
Abbiamo parlato di realismo moderno per distinguerlo dal realismo antico. Infatti gli autori antichi, da quelli latini e greci fino agli scrittori europei del Seicento, quando si rivolgevano al mondo basso e quotidiano, lo rappresentavano sempre comicamente e con un atteggiamento di distacco e non inquadravano personaggi e situazioni in una precisa realtà storicosociale.
La nascita del romanzo realista si può collocare nell'Inghilterra del Settecento, all'epoca della prima rivoluzione industriale e del conseguente affermarsi della nuova classe borghese, che investe il suo denaro nella nascente industria, nel commercio, nella finanza, nell'agricoltura e coinvolge in queste dinamiche e redditizie attività anche l'aristocrazia. La trasformazione economica determina l'allargamento del pubblico e un nuovo status sociale dello scrittore: si forma infatti una cerchia relativamente ampia di lettori che regolarmente acquistano e leggono libri, assicurando così a un certo numero di autori l'indipendenza economica. Essi infatti possono vivere dei proventi diretti della loro attività che si avvia a diventare una professione indipendente e regolare. La mentalità borghese, fatta di spirito di iniziativa, culto del lavoro, brama di successo e di guadagno, trova espressione, da questo momento, in un nuovo tipo di romanzo non più imperniato su vicende avventurose e complicate, tipiche del romance seicentesco, ma volto a rappresentare l'uomo nuovo della classe media.
Per la prima volta dunque il mondo quotidiano assurge a dignità letteraria e viene raffigurato seriamente e non più in chiave comica. Papà Grandet, 1'impiegatuccio del Cappotto di Nikolay Gogol', Emma Bovary sono personaggi qualunque, non si atteggiano a eroi, né si elevano al di sopra del livello medio del pubblico che legge la loro storia.
Gli autori non si limitano a raccontarne le vicende o a seguirne l'itinerario psicologico, ma li collocano in un preciso contesto, facendone l'espressione di una realtà economica e sociale che viene minuziosamente descritta e analizzata nella complessità delle sue componenti. L'ambiente in cui i personaggi si muovono non è più uno scenario che serve solo per dare risalto alle azioni dell'eroe, ma è esso stesso oggetto di analisi e di descrizione.
1 fatti non sono collocati in epoche lontane dal presente, come avviene nel romanzo storico, ma si svolgono nella realtà contemporanea all'autore, poiché l'interesse degli scrittori è rivolto ai fenomeni sociali, culturali, politici del loro tempo.
Il narratore onnisciente interviene a commentare i fatti e a giudicare i personaggi.
Sono questi i tratti distintivi che accomunano le opere appartenenti al filone realista, anche se il genere, data la sua lunga persistenza nel corso dei secoli, si è andato via via modificando e ha assunto caratteristiche differenti in relazione alla diversità dei luoghi e dei tempi in cui si è affermato.
Il romanzo realista inglese Nell'Inghilterra del Settecento l'analisi della realtà quotidiana e della problematica borghese viene affrontata ora direttamente, in romanzi come Tom Jones di Henry Fielding e Pamela di Samuel Richardson, che narrano l'ascesa sociale di personaggi umili, ora indirettamente, come nel Robinson Crusoe di Daniel Defoe o nei Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift che, attraverso la struttura del romanzo di viaggi e di avventure, alludono alla nuova realtà sociale. Per esempio, Robinson, il naufrago che con le sole sue forze riesce a creare le basi di una società civile là dove esisteva solo un mondo selvaggio e ostile, è i1 classico esponente del ceto medio.
Swift, invece, servendosi del medesimo schema del viaggio in paesi sconosciuti, presenta l’altra faccia della medaglia e delinea un quadro satirico della nuova società europea. .
Nell’Ottocento il romanzo realista inglese si colora di toni umanitari con Charles Dickens, il quale mette in luce le condizioni inumane nelle prigioni e nelle fabbriche, il crudele trattamento dei bambini, ma non va oltre il grido di allarme e propone come soluzioni la beneficenza privata e la bontà dei ricchi.
Il romanzo realista francese Il romanzo realista vive sicuramente la sua stagione più sfolgorante in Francia tra il 1830 e il 1870, allorché con Stendhal, Balzac, Maupassant, Flaubert compie un ulteriore passo in avanti in direzione dell'approfondimento e della complessità della rappresentazione. Le opere di Stendhal, in particolare Il rosso e il nero, sono cronache politiche nelle quali l’autore rappresenta la degradazione della società francese nell'età della Restaurazione, attraverso le vicende individuali di giovani ambiziosi che non arretrano di fronte a nulla, pur di avere nella società una parte adeguata alle loro capacità e alle loro aspirazioni. I romanzi di Balzac sono invece delle cronache sociali. Il personaggio non ha importanza di per sé, ma solo in quanto rappresenta un gruppo sociale ed è esponente di un conflitto di classe.
Balzac dà una rappresentazione negativa della moderna società borghese che ha sacrificato al denaro i valori più sacri, la famiglia, l'amore, i principi morali, ma al tempo stesso ne coglie la forza innovatrice e progressiva, ammira l’industria moderna ed è affascinato dalle gigantesche metropoli.
Il romanzo naturalista francese – Rientra nel filone del realismo ottocentesco anche il romanzo naturalista, sviluppatosi in Francia nella seconda metà dell’Ottocento. Esso assume alcuni caratteri specifici che lo distinguono dalla produzione precedente e ne fanno un prodotto chiaramente riconoscibile. Proviamo a definirli brevemente:
I maggiori esponenti del romanzo naturalista francese sono Emile Zola (I Rougon-Macquart, un
ciclo di venti romanzi) e i fratelli Edmond e Jules de Goncourt (Suor Filomena, Germinie Lacerteux), ai quali si ispirarono gli scrittori italiani Giovani Verga e Luigi Capuana.
Il romanzo verista italiano La narrativa verista, sviluppatasi in Italia nella seconda metà dell'Ottocento, si collega a quella naturalista della quale riprende i caratteri essenziali, ma se ne distacca per due aspetti:
Il romanzo realista russo Ha avuto la sua massima fioritura nella seconda metà dell'Ottocento con Ivan Gončarov (Oblomov), Ivan Turgenev (Padri e fìgli), Lev Tolstoj (Anna Karenina, Resurrezione), Nikolay Gogol' (Il cappotto), Fedor Dostoevskij (Delitto e castigo, Umiliati e offesi, Il sosia, L'idiota). La narrativa russa presenta tre caratteristiche fondamentali:
Nel Novecento la narrativa realistica assume nuovi caratteri in relazione al mutato clima culturale, politico e sociale. L'attenzione degli scrittori si rivolge alla crisi dell'uomo che viene analizzata in tutte le sue componenti e messa in rapporto con il contesto sociale che la determina: la famiglia, la città, i nuovi processi industriali, la situazione politica ecc. Se il romanzo ottocentesco aveva messo in primo piano l'ambiente e le leggi economiche che governano la società, il realismo del Novecento privilegia il personaggio, pur non trascurando il mondo che lo circonda.
Il romanzo americano Verso il realismo si orienta, a partire dai primi anni del Novecento, la narrativa statunitense «che segue con occhio critico la nascita e lo sviluppo grandiosamente caotico di una società caratterizzata da enormi squilibri» (A. Marchese). Oggetto di questi romanzi è solitamente la società americana fra le due guerre, contrassegnata dalla crisi economica del 1929. Gli autori amano raccontare la vita vuota e monotona della provincia, le grandi fortune dei nuovi ricchi, la miseria dei contadini e degli operai, la mediocrità della piccola borghesia, il desiderio di evasione del personaggio emarginato, sradicato, alla ricerca di emozioni e di avventure, 1'impossibilità di creare rapporti autentici con gli altri. Il linguaggio è volutamente semplice, ricco di elementi gergali e dialettali; la sintassi, breve e poco articolata, vuol dare l'impressione del parlato. Gli autori più rappresentativi sono: Ernest Hemingway (Addio alle armi, Per chi suona la campana, Il vecchio e il mare), Francis Scott Fitzgerald (Il grande Gatsby, Tenera è la notte), William Faulkner (L'urlo e il furore), John Steinbeck (Uomini e topi, Pian della Tortilla), John Dos Passos (42° parallelo). Le loro opere hanno costituito un significativo punto di riferimento per gli scrittori italiani degli anni trenta.
Il romanzo italiano Nell'Italia del Novecento la narrativa realistica ha una ripresa a partire dagli anni trenta, quando nasce un romanzo che, ispirandosi al contemporaneo modello americano, esplora ora l'esistenza opaca e indifferente della borghesia cittadina, ora la realtà del meridione. Una particolare attenzione viene rivolta ai conflitti interiori dei personaggi e al loro rapporto con il mondo esterno, che non si pone più come qualcosa di immobile e oggettivo, ma come una realtà in movimento, difficile da afferrare e da comprendere. Intorno a queste tematiche si incontrano scrittori appartenenti a generazioni diverse e lontani tra loro per provenienza e formazione: Vittorini, Pavese, Moravia, Alvaro, Silone, Jovine, per non citarne che alcuni. Sul piano stilistico si privilegia un linguaggio realistico che però si piega a esprimere anche momenti lirici, sensazioni impalpabili e tensioni polemiche. Negli anni del dopoguerra e della ricostruzione, l'attenzione degli scrittori si sposta sulle problematiche legate alla guerra e alla Resistenza, mentre man mano che ci si avvicina ai giorni nostri il romanzo si avvia a esplorare le contraddizioni e i mali della moderna società borghese. Il panorama della narrativa del Novecento di ispirazione realistica è dunque tutt'altro che compatto e uniforme; al suo interno è possibile distinguere filoni diversi per tematica e scelte espressive. Ecco un sintetico quadro di riferimento.
Sviluppatasi tra gli anni trenta e quaranta, la narrativa meridionalistica ha i suoi significativi rappresentanti in Ignazio Silone (Fontamara), Corrado Alvaro (Gente d’Aspromonte), Carlo Bernari (Tre operai), Carlo Levi (Cristo si è fermato a Eboli).
Un tale atteggiamento trova la sua logica spiegazione nel contesto storico di quegli anni attraversati da eventi che segnarono una svolta nella nostra storia: la caduta del regime fascista, la Resistenza, la riconquistata libertà, la ricostruzione postbellica. Ci ha lasciato una vivida descrizione dell'atmosfera in cui maturò la narrativa neorealista Italo Calvino nella prefazione al suo romanzo Il sentiero dei nidi di ragno, scritta nel 1964, quando il fenomeno era stato già superato.
L'essere usciti da un'esperienza - guerra, guerra civile - che non aveva risparmiato nessuno, stabiliva un'immediatezza di comunicazione tra lo scrittore e il suo pubblico: si era faccia a faccia, alla pari, carichi di storie da raccontare, ognuno aveva avuto la sua, ognuno aveva vissuto vite irregolari, drammatiche, avventurose, ci si strappava la parola di bocca. La rinata libertà di parlare fu per la gente al principio smania di raccontare: nei treni che riprendevano a funzionare, gremiti di persone e pacchi di farina e bidoni d'olio, ogni passeggero raccontava agli sconosciuti le vicissitudini che gli erano occorse e così ogni avventore ai tavoli delle «mense del popolo», ogni donna alle code dei negozi; il grigiore delle vite quotidiane sembrava cosa d'altre epoche; ci muovevamo in un multicolore universo di storie. (I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno,Einaudi, Torino, 1964)
Questa voglia di raccontare, di partecipare agli altri le proprie esperienze dà vita a una produzione narrativa i cui caratteri possono essere così sintetizzati:
I modelli a cui gli scrittori si ispirano, sempre secondo la testimonianza di Calvino, sono I Malavoglia di Verga, Paesi tuoi di Pavese e Conversazione in Sicilia, di Vittorini. Bisogna però sottolineare che il realismo di Vittorini e di Pavese si differenzia notevolmente da quello degli scrittori neorealisti: i primi privilegiano problematiche esistenziali e conferiscono alle loro opere un'impronta lirica e simbolica, i secondi guardano ai problemi economici, politici e sociali dell'Italia del secondo dopoguerra, caratterizzata dall'arretratezza e dagli squilibri, ma anche da una sincera volontà di ricostruzione e di progresso. Da Verga e dai veristi invece gli scrittori neorealisti si distinguono per una maggiore fiducia nelle possibilità di rinnovamento del paese e nel progresso dell'intera umanità.
Negli anni in cui il neorealismo sì affermava furono ricondotte a questo filone le esperienze letterarie pii diverse, purché accomunate dall'attenzione al reale e dall'impegno politico e morale dell'autore: dall'alta testimonianza di Se questo è un uomo di Primo Levi, al romanzo di Carlo Levi Cristo si è fermato a Eboli, fino alle opere di Cassola, Pratolini, Bassani ecc. Oggi, tenuto conto anche dell'evoluzione che ciascuno di questi scrittori ha avuto negli anni successivi, si tende a far rientrare nell'ambito del neorealismo solo quei romanzi che presentano in modo evidente le caratteristiche sopra riportate. Possono essere pertanto considerati romanzi neorealisti, pur con i limiti che comporta ogni tentativo di applicare a un'opera letteraria un'etichetta definita, Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino, L'Agnese va a morire di Renata Viganò, L'oro di Napoli di Giuseppe Marotta, Spaccanapoli di Domenico Rea, Metello di Vasco Pratolini che segna la fine di questa corrente.
A conclusione di questo quadro di riferimento, è bene precisare che esso non pretende dì esaurire l'immensa nebulosa della narrativa realistica del Novecento, ma si propone solo come uno schema generale al quale ricondurre le singole opere per darne una sommaria definizione, senza dimenticare che ciascuna di esse ha una sua originalità e complessità che sfugge a qualsiasi catalogazione.
Come si è già detto nell'introduzione a questa sezione, con il romanzo d'analisi l'attenzione dello scrittore si sposta dall'esterno all'interno. Al centro della narrazione non sta più il rapporto tra il personaggio e l'ambiente, ma lo scavo interiore che mette a nudo tutte le sfaccettature del sentimento e finanche le pulsioni dell'inconscio.
L'attenzione ai moti dell'animo naturalmente è presente anche nelle opere di taglio realistico: basti pensare alle finissime indagini psicologiche di Alessandro Manzoni, o all'acuta introspezione che Thomas Mann conduce sui suoi personaggi. Ma in questo tipo di narrativa essa è solo una delle componenti del romanzo, mentre nella narrativa di analisi diviene l'elemento fondamentale su cui poggia l'intero impianto dell'opera.
Romanzi d'analisi sono presenti nella letteratura europea e italiana del Settecento e dell’0ttocento (pensiamo a romanzi epistolari, quali le Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo, o a opere come Delitto e castigo di Fedor Dostoevskij, Malombra di Antonio Fogazzaro e così via), ma è solo a partire dai primi del Novecento che ci troviamo di fronte a una serie di radicali innovazioni nel modo di costruire il romanzo.
La nascita della moderna narrativa d'analisi va ricondotta a una serie di importanti trasformazioni che all'inizio del secolo hanno investito l'economia, la società, il pensiero scientifico e filosofico e hanno influenzato la posizione dell'uomo di cultura e il suo rapporto con la realtà. A Livello economico si assiste tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento all'affermarsi della seconda rivoluzione industriale contrassegnata dalla nascita di un capitalismo monopolistico che soffoca la libera concorrenza e influenza pesantemente le scelte politiche. L'aumento vertiginoso della produzione comporta infatti la ricerca di nuovi territori in cui esportare le merci e dai quali trarre le materie prime. Da qui il sorgere del colonialismo e dell'imperialismo.
Contemporaneamente si va diffondendo una mentalità ispirata alla ricerca dell'utile personale, all'egoismo e al rifiuto di qualsiasi sentimento autentico e disinteressato, in particolare di quei valori (libertà, solidarietà, uguaglianza) che avevano guidato la borghesia del primo Ottocento. L'intellettuale non si sente più integrato in questa società, anzi ne rifiuta la logica dell'utile, il falso perbenismo, l'ipocrisia. A sua volta la società lo respinge perché lo ritiene inutile: l'artista infatti non è inserito nel ritmo produttivo e l'opera d'arte non crea guadagno. Ecco allora nascere la figura dell'inetto, incapace di integrarsi nella società borghese, ma al tempo stesso dotato di un'acuta capacità di penetrazione che gli consente di intuire le contraddizioni e i mali che si annidano sotto le sane apparenze borghesi. Intanto gli sviluppi della scienza mettono in crisi l'immagine tradizionale di un mondo in cui i fenomeni possono essere spiegati secondo un preciso e univoco rapporto di causa ed effetto. La ricerca scientifica mostra nuove relazioni che sfaldano le antiche sicurezze: si scopre che per ogni fenomeno esiste una pluralità di spiegazioni, mutano gli stessi concetti di spazio e di tempo. Su un altro versante gli studi di psicoanalisi portano alla scoperta dell'inconscio, ovvero di quella parte dell'io che si colloca al di sotto del piano della coscienza e, senza che l'individuo se ne renda conto, influenza in maniera decisiva il suo comportamento.
A questo punto la realtà sia esterna sia interiore non appare più unitaria e compatta, ma si frammenta e si sfaccetta, sfuggendo ai tradizionali metodi conoscitivi. Nasce allora l'esigenza di trovare nuovi strumenti espressivi che siano capaci di riflettere la molteplicità del reale, il continuo mutare della coscienza, il nuovo malessere esistenziale.
Caduta la fiducia nella possibilità di rappresentare dall'esterno il mondo secondo i moduli tipici del romanzo realista ottocentesco, si afferma una produzione letteraria del tutto nuova, che si sviluppa in tre aree geografiche e assume in ciascuna di esse connotazioni specifiche, pur mantenendo alcuni comuni caratteri di fondo. Le tre aree sono:
Poiché il romanzo d'analisi novecentesco segna un vero e proprio capovolgimento delle tradizionali strutture narrative, per definirne le caratteristiche faremo riferimento alle componenti tipiche del romanzo in modo da scoprire i mutamenti che ciascuna di esse ha subito nel passaggio dalla narrativa ottocentesca a quella del pruno Novecento.
Fabula - Assume una funzione molto marginale. L'attenzione si sposta dagli eventi ai personaggi; le vicende narrate sono grigie, quotidiane, senza storia. Si assiste a un indebolimento dell'intreccio, inteso come narrazione continua, portata avanti da un narratore che tiene in mano i fili della vicenda, muove i personaggi, organizza gli eventi. La materia del racconto tende sempre più a coagularsi in blocchi tematici che non si dispongono in successione logico-temporale, ma appaiono staccati l'uno dall'altro, dando così 1’impressione della frammentarietà del reale.
Personaggi - Si assiste alla dissoluzione dell'autonomia e dell'univocità del personaggio, che soleva trovare espressione nel ritratto diretto, attraverso il quale l'autore ne fissava i tratti fisici, morali, intellettuali, ponendolo in relazione con il contesto storico-sociale. Nel romanzo d'analisi il personaggio non viene presentato «dal di fuori», ma «dal di dentro». Non ne conosciamo quasi mai le fattezze fisiche, l'abbigliamento, l'estrazione sociale; lo scrittore preferisce penetrare nella mente delle sue creature, descriverne le sensazioni, i pensieri, le reazioni che vengono provocate dal rapporto con il mondo esterno, i tentativi compiuti per giungere alla conoscenza e alla comprensione della realtà. Il personaggio inoltre non è mai uguale a se stesso, ma muta a seconda del tempo, delle situazioni in cui si trova e soprattutto in relazione alla molteplicità dei punti di vista attraverso i quali viene presentato. Si passa dunque dalla caratterizzazione fisica, sociale, psicologica alla rappresentazione della dinamica della coscienza. Per esempio, nel romanzo proustiano Alla ricerca del tempo perduto, il personaggio di Swann è raffigurato prima attraverso le impressioni che il narratore ne aveva nella sua infanzia, poi attraverso quelle, ben diverse, che ne ha da adulto; Albertine, cangiante e sfuggente, viene colta in una molteplicità sincronica di atteggiamenti che corrisponde non tanto all'effettiva mutevolezza del suo essere, quanto al variare degli stati d'animo dell'io narrante che la osserva. Fa inoltre la sua comparsa in questi romanzi la figura dell'inetto, un individuo caratterizzato da una vera e propria sfasatura tra il piano della coscienza e quello dell'azione: egli elabora nella sua mente mille progetti, si propone di assumere determinati comportamenti, ma non riesce a tradurre in atto nessuno dei suoi propositi. Tipici inetti sono i protagonisti dei romanzi sveviani: dall'Alfonso Nitti di Una vita, all'Emilio Brentani di Senilità, fino a Zeno Cosini, protagonista della Coscienza di Zeno, che ne riassume tutti i più tipici connotati, arricchendoli con il filo sottile dell'autoironia. Rientra nell'ambito del romanzo d'analisi il Bildungsroman o romanzo di formazione che è il racconto di una crescita. Narra infatti il modo in cui il personaggio, solitamente un giovane o addirittura un adolescente, entra in contatto con la società e, attraverso un processo di maturazione spesso costellato di delusioni, prende coscienza di sé e del mondo che lo circonda. Tipici romanzi di formazione sono L'educazione sentimentale di Gustave Flaubert e Il giovane Holden di Jerome David Salinger.
Tempo - Il tempo non scorre più in un'unica direzione, in quanto i fatti non vengono narrati secondo il loro cronologico dipanarsi. Si assiste a un continuo trapassare dal presente al passato, da un ricordo all'altro; gli episodi rievocati inoltre non sono generalmente vicini nel tempo, ma sono separati da una distanza di anni. È quanto accade nella Coscienza di Zeno di Italo Svevo, il cui protagonista rievoca, nelle varie sezioni del romanzo, eventi, situazioni, sensazioni che, pur accomunati da uno stesso tema (il vizio del fumo, i rapporti con il padre, il matrimonio ecc.), risalgono a momenti diversi e spesso lontani tra loro. Anche nella monumentale opera di Marcel Proust il ricordo svolge una funzione predominante. Lo scrittore francese distingue tra la «memoria volontaria», che per mezzo di un processo logico e razionale consente di ricordare con una certa completezza eventi e persone, ma non può restituire l'atmosfera del passato, e la «memoria involontaria» che, suscitata improvvisamente da una sensazione (un profumo, un sapore) ci rituffa immediatamente nel passato e ci fa recuperare stati d'animo che si credevano perduti e che solo attraverso il ricordo vengono rivissuti in tutta la loro intensità. Deriva da tutto ciò un rapporto ambiguo e complesso tra presente e passato: i due piani temporali non si succedono l'uno all'altro, ma coesistono in una specie di «tempo interiore» o «tempo misto», cioè in una dimensione che non è esterna e oggettiva, ma soggettiva e tutta interna al personaggio. Si viene inoltre a creare una sfasatura fra tempo della storia e tempo del racconto: sensazioni, ricordi, pensieri, che in pochi attimi si accavallano nella mente del personaggio, vengono analizzati e descritti a rallentatore, con una forza analitica che arresta il flusso del tempo.
Spazio - Il mondo esterno, paesaggio o ambiente sociale, non ha più una sua autonomia, ma esiste in funzione del personaggio che lo guarda, perciò assume una luce diversa a seconda delle angolazioni psicologiche da cui l'io narrante lo contempla. È spesso uno spazio vuoto, privo di quegli oggetti e arredi che nel romanzo realista servivano a ricostruire l'ambiente.
Focalizzazione - Naturalmente in romanzi di questo tipo prevale la focalizzazione interna. I fatti narrati, cioè, sono filtrati attraverso le percezioni e i pensieri del protagonista grazie all'adozione della cosiddetta restrizione di campo: il lettore è informato soltanto di ciò che ricade nell'ottica del personaggio o che accade nella sua mente. Il punto di vista inoltre non è unico, ma si frantuma in una miriade di ottiche diverse se l'autore mette in campo più personaggi, o si modifica con il trascorrere del tempo.
Tecniche narrative - Il romanzo d'analisi è caratterizzato da profonde innovazioni che riguardano sia la struttura sia le scelte espressive, in particolare la maniera in cui viene data la parola ai personaggi. Alla frammentazione e alla disorganicità del mondo quale appare agli occhi dello scrittore, corrisponde una struttura compositiva volutamente disarticolata: si pensi alla Coscienza di Zeno, un romanzo costituito da blocchi staccati l'uno dall'altro, ognuno dei quali verte intorno a un tema centrale.
L'interesse per tutto ciò che accade sul piano della coscienza e nel labirinto dell'inconscio fa si che acquistino un ruolo predominante sia il monologo interiore sia il flusso di coscienza. Quest'ultima tecnica è sistematicamente adoperata da James Joyce nell'Ulisse, in cui l'autore segue nel corso di un'intera giornata i pensieri, le sensazioni, i ricordi che si succedono e si accavallano per libere associazioni nella mente di tre personaggi qualunque che sono i protagonisti del romanzo: Mr. Bloom, sua moglie Molly e il giovane Stephen Daedalus.
Le innovazioni che abbiamo sommariamente delineato non hanno investito soltanto il romanzo del primo Novecento, ma continuano a essere utilizzate anche dagli scrittori dei giorni nostri: costituiscono pertanto un patrimonio di tecniche ormai definitivamente acquisite dalla narrativa.
Sin dal suo nascere il romanzo è stato espressione letteraria della borghesia, che ha trovato in esso il genere più adatto a rappresentare se stessa, attraverso la finzione romanzesca, nella molteplicità dei suoi aspetti.
L'autore di un romanzo di solito si presenta come interprete del mondo a cui appartiene e ne dàun'immagine il più possibile organica e razionale, denunciandone e correggendone le presunte storture. Anche quando, come per esempio nelle opere di Jonathan Swift, prevalgono i toni satirici, la polemica è comunque interna al sistema, non intende cioè distruggere il mondo rappresentato, ma rafforzarlo attraverso quella che potremmo definire una critica costruttiva. Può però accadere che la realtà si presenti agli occhi dello scrittore non come una molteplicità di eventi, situazioni, sentimenti, ideali che, pur confusi e contraddittori, riescono a comporsi in forma organica, ma come un magma in continuo movimento, inconoscibile e stravolto, di cui l'artista è incapace dì fornire una razionale chiave di lettura. A questo punto le strutture del romanzo tradizionale si rivelano inadeguate a rispecchiare il disordine esterno e interno al soggetto. Bisogna allora ricorrere a strumenti espressivi diversi, capaci di raccontare una realtà mobile e inafferrabile, segnata da continue e imprevedibili trasformazioni. Nasce così il romanzo sperimentaleo antiromanzo, che può essere considerato un tipico prodotto del Novecento. Sono stati infatti proprio gli scrittori moderni più attenti e sensibili che, sconvolti dalla degenerazione della società borghese, privi di certezze e di punti fermi, non si sono più riconosciuti nelle rassicuranti strutture del romanzo tradizionale, espressione di un sistema da essi contestato, e hanno sentito il bisogno di esprimere il loro rifiuto della società attraverso la scomposizione e la deformazione delle consuete forme narrative. Padri del moderno romanzo sperimentale si possono considerare James Joyce, con Ulìsse,Italo Svevo con La coscienza di Zeno, Carlo Emilio Gadda con Quer pasticciaccio brutto de via Merulana e La cognizione del dolore. Non bisogna tuttavia dimenticare che il primo antiromanzo risale addirittura al Settecento: è stato Laurence Sterne con il suo Tristram Shandya mettere per la prima volta in discussione i codici della società borghese che in quegli stessi anni veniva raffigurata in chiave ora realistica ora satirica nei romanzi di Defoe (Robinson Crusoe), Richardson (Pamela) e Swift (I viaggi dì Gulliver).
Osserviamo adesso da vicino il romanzo sperimentalee proviamo a metterne in luce le caratteristiche più significative.
Naturalmente questi elementi non sono presenti contemporaneamente nella stessa opera e nello stesso autore. Ogni scrittore utilizza di volta in volta quelli che ritiene più conformi alle sue esigenze narrative e alla sua personale visione del mondo.
Fonte: http://www.istitutoeuropaunita.it/didattica/libanoro/Tipi_di_romanzo_(1).doc
Sito web da visitare: http://www.istitutoeuropaunita.it/
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