Lezioni di acquacoltura

Lezioni di acquacoltura

 

 

 

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Lezioni di acquacoltura

L'acquacoltura è ormai diventata un settore industriale in molte parti del mondo. Tuttavia essa rimane un'arte!
Un obiettivo implicito di ogni insegnamento è quello di fornire conoscenze che permettano anche ai non artisti di praticare un'arte.
Molto lavoro rimane ancora da fare per mettere a punto un corpus di conoscenze veramente approfondito nel settore dell'ingegneria per l'acquacoltura. I modelli matematici che sono stati messi a punto per questo settore, infatti, sono ben lungi dal presentarsi in forma di teoria generale (come è, ad esempio, per molti fenomeni fisici). Tuttavia esistono ormai molte informazioni di base, anche se in molti casi frammentarie, che possono essere applicate nelle fasi sia di progettazione, sia di gestione di un allevamento.
Come in tutti i settori dell'ingegneria che vengono a contatto con problematiche biologiche, anche per l'acquacoltura notevoli sono le difficoltà per definire precisamente quali siano le informazioni che debbono entrare a far parte del corpus fondamentale della materia. In genere si verifica che gli operatori del settore con preparazione di base di tipo biologico siano portati a non apprezzare sufficientemente gli aspetti tecnologici dei problemi, mentre, al contrario, gli ingegneri puri tendono ad avere una visione eccessivamente schematica degli aspetti biologici. Purtroppo, inoltre, ambedue queste categorie di operatori in genere non hanno una profonda preparazione nel campo economico ed è invece rispetto a questi ultimi aspetti che, in molti casi, si tratta poi di andare decidere della bontà o meno di una certa soluzione.
Un altro equivoco che si deve sgombrare dal campo è quello che intende l'ingegnere come lo specialista che ha a che vedere con "i muri e/o con le macchine ". Lungi dal volere svalutare l'importanza di muri e macchine, il problema dell'ingegnere è tuttavia quello di ragionare per funzioni. Lo specialista di una qualsiasi branca dell'ingegneria, e quindi anche per l'acquacoltura, deve cercare di conoscere quali sono i comportamenti dei diversi sottosistemi che costituiscono il mondo reale. Una volta modellizzate queste funzioni egli deve proporre all'imprenditore quel compromesso che - rispetto ai vincoli dati - possa realizzare le migliori condizioni in quel dato ambiente in quel momento. Rispetto a ciò l'imprenditore deve poi compiere le sue scelte. Muri e macchine saranno realizzati e scelti con l'ausilio di un ingegnere civile e di un ingegnere meccanico, che sono i veri specialisti di muri e macchine (Fig. 1.1; Tab. 1.1).
In questo contesto, l'impiego delle diverse metodologie di analisi, il livello di approfondimento delle stesse, il loro grado di integrazione reciproca, oltre che dalla personale sensibilità del decisore, sono dettati anche dall'importanza e dal tipo di intervento che deve essere valutato. A questo proposito si può ritenere che, in un'azienda che pratica l'acquacoltura, come del resto nell'ambito di qualsiasi entità produttiva, si possono verificare tre livelli crescenti di intervento: 1) gestione; 2) controllo; 3) progettazione.
Questi tre livelli ricalcano il formalismo proposto da Anthony  nel descrivere le attività che caratterizzano i processi decisionali in un'istituzione organizzata gerarchicamente, livelli così ben espressi dal triangolo che dallo stesso  Autore  deriva il suo nome (Fig.1.2).
Nei tre ambiti individuati, la capacità decisionale è soggetta a limitazioni di diversa natura (Tab.1.2).
Al livello più alto (progettazione o pianificazione strategica) il decisore opera con ampi margini di scelta, in quanto egli si propone di modificare - in toto o in parte - la realtà esistente.
A livello intermedio (controllo direttivo) l'intervento risulta limitato alla selezione di alternative nell'ambito di una prefissata situazione. In questo caso, infatti, risultano già determinati alcuni vincoli legati a una strategia di scelta prestabilita al livello decisionale superiore.
Gli interventi relativi alla gestione operativa, infine, sono strettamente delimitati da linee di azione predefinite.
Questo schema logico di intervento è in linea di principio applicabile,  alle attività e ai processi tipici delle aziende che praticano l'allevamento ittico. Così, a esempio una decisione di pianificazione  strategica dovrà considerare gli aspetti relativi alle specie da allevare nel medio-lungo termine comparando tra loro le diverse tecniche possibili (a esempio adozione o meno di mangimi pellettati o dell'ossigenazione) in ordine a: redditività degli investimenti, liquidità aziendale, richiesta di manodopera, affidabilità degli impianti, importanza attribuita alla qualità finale dei prodotti, ecc.
Una maggiore capacità di  controllo direttivo  invece, richiede l'adozione di strumenti di valutazione  che - una volta fissate le tecniche da  utilizzare -  forniscano indicazioni, a livello stagionale, relative - con riferimento agli esempi precedenti - ai tipi e le quantità di mangime da conservare, in base alle necessità aziendali, ai prezzi di mercato, ecc.. Rispetto all'ossigenazione, si tratterà di decidere se impiegare o meno le densità di allevamento di progetto massime ricorrendo ad impiego un intensivo degli ossigenatori. Ciò  in base al prezzo dell'energia elettrica o, qualora si impieghi ossigeno puro, in base anche al prezzo di quest'ultimo.
Infine, a livello di  gestione operativa  sono necessari interventi decisionali relativi all'organizzazione giornaliera di un cantiere di alimentazione  sulla base degli addetti e delle macchine disponibili. Rispetto all'impiego degli ossigenatori si tratterà di decidere - in base alla temperatura o, meglio, ai dati provenienti da un'apposita centralina di misura della concentrazione di gas nell'acqua -  se avviare o meno l'impianto.
Dall'esempio risulta chiaro che i vincoli al potere d'intervento sono diversificati ai tre livelli. La pianificazione strategica trova solamente vincoli di carattere generale nelle risorse complessive che l'azienda può mettere in gioco, mentre il controllo direttivo deve tener conto delle risorse tecnologiche già esistenti in azienda. Al secondo livello, infatti, l'intervento decisionale non indaga la possibilità o meno di acquistare nuove macchine o impianti: esso deve limitarsi unicamente a formulare indicazioni circa il loro impiego, al limite verificando la possibilità di ricorrere per l'intera stagione a servizi esterni. Il terzo ambito, infine, opera con i vincoli più spinti, in quanto non si pone più il problema di quale operazione svolgere, bensì di come coordinare l'attività contingente, anche qui, ad esempio, con l'opzione di ricorrere a servizi esterni per superare punte di lavoro impreviste.
Il tutto, quindi, avviene considerando orizzonti temporali molto differenziati. L'ambito strategico si occupa di attività che hanno una prospettiva temporale raramente inferiore ai 5 anni. Il controllo direttivo, dal canto suo, proietta generalmente la propria attività a periodi inferiori l'anno (solitamente settimane o mesi). A livello di gestione operativa, infine, ci si muove con una prospettiva temporale del giorno per giorno, con compiti essenzialmente esecutivi.
Le diverse finalità tra ambiti decisionali richiedono, quindi, l'impiego di strumenti di valutazione differenziati non solo e non tanto nella loro  struttura, ma anche e soprattutto nel tipo di  informazioni e dati che essi devono elaborare.
La pianificazione strategica, infatti, utilizza per lo più informazioni di origine esterna all'azienda agricola e dati medi di sintesi, il cui dettaglio non deve essere necessariamente molto elevato. In merito, vale ancora l'esempio dell'ossigenazione. In questo ambito   le esigenze delle specie da allevare saranno identificate sulla base delle informazioni bibliografiche. In definitiva, i risultati finali sono ottenuti impiegando per lo più dati di provenienza esterna all'azienda.
Al contrario, il controllo direttivo e la gestione operativa utilizzano ed elaborano informazioni "interne" e in gran parte di natura storica.
A proposito del livello direttivo e sempre prendendo a esempio la problematica della gestione l'ossigeno disciolto, si tratterà ad inizio di un ciclo di ingrasso, di valutare i dati di provenienza aziendale in modo da decidere che densità di allevamento adottare in base alle prestazioni produttive dei cicli precedenti associate all'andamento nel tempo del tenore di ossigeno rilevato. Ciò richiede, tuttavia, la disponibilità di archivi aziendali che offrano la possibilità di avere informazioni sufficienti per valutare della dipendenza della produttività dal tenore di ossigeno. Ad oggi, nella pratica difficile è ritrovare situazioni di questo genere.
Infine, a livello operativo il dato di concentrazione di ossigeno che interessa è quello giornaliero o, nelle situazioni in cui l'intensità di allevamento è massima, addirittura istantaneo. Infatti è rispetto a questo tipo di informazione che si decide o meno se avviare l'impianto.
Riassumendo, la concentrazione di ossigeno disciolto utilizzata in questi diversi processi decisionali è sempre misurata in mg/l, ma molto diverse sono le fonti dei dati impiegati e la precisione che deve essere associata ai medesimi. Ovviamente, tuttavia, le settorizzazioni descritte per i vari ambiti decisionali vanno interpretate con la dovuta elasticità.
Una delle difficoltà più evidenti che si verificano nell'applicare lo schema interpretativo descritto resta tuttavia legata alla generale mancanza di strutturazione organizzativa rigida all'interno delle aziende che praticano l'ittiocoltura, dove l'allevatore può occupare contemporaneamente più livelli decisionali. Così, come è spiegato in economia agraria, l'imprenditore capitalista si trova spesso ad operare a livello sia di pianificazione strategica, sia di controllo direttivo, mentre il piccolo allevatore gestisce sempre in prima persona tutti e tre i livelli.
Tale peculiarità non costituisce di per se uno svantaggio, in quanto può favorire, piuttosto che limitare, la presa di decisioni con una visione globale dei problemi ed evita i problemi di sclerotizzazione per eccessiva burocratizzazione che interessano le strutture produttive (e non) organizzate in gerarchie rigide. Tuttavia, proprio per il fatto di essere impegnato costantemente in problemi più o meno contingenti, l'acquacoltore può non percepire l'importanza del distinguere tra i diversi livelli decisionali. Egli, quindi, può essere portato a prendere le sue decisioni utilizzando anche al livello superiore (strategico) le strade a lui più conosciute - in quanto utilizzate con maggiore frequenza - dei due livelli decisionali inferiori. In una tale prospettiva, quindi, appare evidente il ruolo dell'esperto formato dalla Scuola di Specializzazione il quale dovrebbe possedere una preparazione specifica per operare proprio al livello decisionale più alto. Utilizzando un'ottica di sistema, naturalmente, avendo cioè l'umiltà di voler conoscere e quindi poter apprezzare strategie, itinerari tecnici e pratiche che sottostanno alla visione dell'imprenditore e al suo modo di interpretare la realtà.
Fatte queste brevi premesse, nel seguito di questa dispensa si tenterà di fornire un approccio unitario alla materia con un'ottica il più possibile di tipo sistemico che, sola, può permettere di affrontare le problematiche di una materia così complessa.

 2 - LINEE GUIDA PER LA  PROGETTAZIONE DI MASSIMA

 

2.1 -  Il processo decisionale

Come chiarito nel precedente capitolo, questa attività si riferisce all'ambito decisionale più elevato in cui sono maggiori le possibilità di intervento e quindi .... di errore! Nell'accingersi ad applicare le conoscenze tecnico-scientifiche nella realtà operativa, un presupposto fondamentale è sempre quello di tenere in debito conto che la visione che è sottesa alle stesse non esaurisce la complessità del mondo reale. Nell'intraprendere un'iniziativa, dunque, è necessario tener conto che obiettivi, gestione delle risorse e progettazione devono essere considerati unitariamente nel processo di  messa in essere di una qualsiasi iniziativa e, ancor più, dunque, in una situazione di notevole complessità come può essere quella della messa in essere di  un allevamento acquacolturale.
La progettazione di un'unità fisica, come una canaletta, un bacino o un centro aziendale, deve essere l'ultimo passo nel processo di pianificazione di un allevamento.
Un altro punto fondamentale è che in funzione delle specifiche prospettive, dei vincoli e degli obiettivi del singolo allevatore l'operazione di pianificazione può essere vista di volta in volta sia come un processo in cui la disponibilità delle risorse è vincolante per la realizzazione o, contrario come se sia proprio tale disponibilità a consentire l'esplicarsi degli obiettivi. È un poco come il problema del vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Ovviamente adottando il secondo modo di procedere si opera con maggiore entusiasmo il che non guasta!

In ogni caso, vi sono poche o nulle possibilità di successo se le risorse (siano esse umane, finanziarie o altro) non sono commisurate agli obiettivi (Fig. 2.1).

2.2 - DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI

Di seguito si riporta un semplice esempio per chiarire quanto sopra.


Esempio 2.1

 

 

 

 

 

OBIETTIVI

GESTIONE

PROGETTAZIONE

Ottenere un’entrata
di 45 ML/anno

Investire in un'attività
finanziaria al 10% annuo

Non necessaria

Ottenere un’entrata
di 45 ML/anno
dall’acquacoltura

Comprare e vendere pesce
d'allevamento

Non necessaria

Ottenere un’entrata
di 45 ML/anno
dall’acquacoltura

Comprare, stoccare
brevemente e
vendere pesce d'allevamento

Strutture di stoccaggio e attrezzature   di
trasporto

Ottenere un’entrata
di 45 ML/anno
dalla trasformazione
di trote

Comprare, trasformare in filetti,
vendere

Strutture ed
attrezzature per la
trasformazione

Ottenere un’entrata
di 45 ML/anno
vendendo uova di
trota

Comprare e vendere

Non necessaria

Ottenere un’entrata
di 45 ML/anno
producendo e vendendo
uova di trota

Mantenere uno stock
di riproduttori, incubare le uova,
vendere

Bacini d'allevamento,
attrezzature di
alimentazione,
canalette, incubatoio

Produrre 15 t/anno
di trote

Dipende da obiettivi
più specifici (numero,
dimensioni ecc.)

Alimentatori, canalette, bacini

L'obiettivo generale di partenza (guadagnarsi da vivere) è identico in tutti i casi meno che l'ultimo, ma non è sufficientemente specifico per indicare azioni. Guadagnarsi da vivere nel settore dell'acquacoltura comprando e vendendo pesce può comportare scelte gestionali differenti che hanno riflesso sulla fase progettuale (casi 2 e 3) e così via. L'ultimo caso è una provocazione, in quanto ha a che fare con un aspetto solamente tecnico, quello che in genere si attende sia spiegato in lezioni di ingegneria applicata all'acquacoltura. È evidente che non si può dare risposta a domande del tipo "come deve essere progettato un impianto per l'allevamento delle trote" se questa domanda non viene inserita in un contesto più generale di obiettivi.
In Fig. 2.2 è riportato lo schema procedurale che deve essere seguito per evitare spiacevoli sorprese. L'ambiente completo (fisico, economico, legale e politico sociale) deve essere considerato con un approccio globale.
Inoltre il processo di progettazione non deve essere considerato risolvibile attraverso una procedura lineare, ma attraverso continui feedback in modo quasi circolare. Infatti, anche una volta che si è realizzato un certo tipo di impianto interverranno sempre nuove situazioni che modificheranno l'equilibrio che esiste fra i diversi sottosistemi dell'impresa che necessiteranno di interventi adattativi. Così la sfida è quella di mettere a punto soluzioni che, da un lato, siano specializzate, cioè che si riferiscano alla frontiera tecnologica tipica di quel determinato ambiente dato, dall'altro, conservino caratteristiche di flessibilità' che, sole, permetteranno con l'andare del tempo di reagire competitivamente rispetto all'ambiente esterno all'impresa.
Ovviamente all'inizio della fase di progettazione è improbabile avere un singolo obiettivo ben definito. La messa in scala delle differenti priorità può aiutare ad impostare la soluzione del problema. È questa una fase molto delicata in quanto, purtroppo, l'eventuale scoperta solo in fase avanzata di progetto di un obiettivo che non era stato considerato inizialmente può portare ad innalzare enormemente le risorse che necessitano per portare a compimento l'impresa.
Un semplice esempio di come vanno le cose in realtà' quando si pensa di affrontare il problema di dedicarsi ad un'iniziativa produttiva in acquacoltura è illustrato di seguito.


Esempio 2.2
Intenzioni iniziali:
Vivere allevando e vendendo ostriche
Primi entusiasmi per il progetto:
Allevare 25 milioni di larve il mese in modo da garantirsi 1,5 milioni di ostriche l'anno
Valutazione dell'andamento stagionale:
Allevare 100 milioni di larve nei mesi di Giugno-Settembre per ottenere 1,5 milioni di ostriche l'anno
Dopo il primo incontro con il direttore della banca
Allevare con molta attenzione 40 milioni di larve nei mesi di Giugno-Settembre per ottenere, sperando, 1 milione di ostriche anno. Posticipare l'acquisto di una nuova auto e trovare un lavoro sicuro per il coniuge.


2.3 - Fattori legati alla scelta del sito

Localizzazione

In Tab. 2.1 sono indicati i principali parametri di allevamento che vengono influenzati dalla scelta di un determinato sito. Come si può notare si tratta di una lista tutt'altro che limitata.
L'imprenditore o il consulente in acquacoltura si trovano di fronte a numerosi scelte quando si tratta di localizzare il futuro impianto di allevamento. In primis, essi debbono scegliere se effettuare un allevamento in acque interne, sulla costa od in mare aperto (off-shore). Tuttavia, questa scelta può essere in un certo senso obbligata se a priori è già stato deciso quale specie allevare. Per esempio, se è stato scelto l'allevamento del branzino sarebbe un errore localizzare l'impianto a grande distanza dal mare anche se vi dovessero essere altre considerazioni che potrebbero far propendere per questo (vicinanza a impianti di trasformazione o al mercato di sbocco). Infatti, il costo per pompare acqua salmastra all'impianto risulterebbe sicuramente proibitivo. Allo stesso modo sarebbe poco sensato tentare di produrre pesce-gatto in mare aperto.
La scelta del sito si auto impone anche quando l'imprenditore già possiede un terreno ed è determinato a utilizzare lo stesso per la sua iniziativa e non vuole considerare alternative. È il caso ad esempio di imprenditori agricoli che vogliono differenziare la loro attività all'interno della propria azienda. Conversioni di questo hanno spesso successo anche se questo evidentemente limita la possibilità di scelta delle specie di possibile allevamento per tali iniziative. Ciò in quanto è in tutti i casi necessario rispettare le compatibilità biologiche delle specie che è possibile allevare in quel dato sito. Quello che deve tuttavia essere verificato in questi casi è che le parcelle di terreno disponibili siano di dimensioni e forma adatte all'allevamento che si ha in mente e che le stesse siano convenientemente rifornibili dell'acqua necessaria.
Acquistare terreno per un'iniziativa di acquacoltura richiede un consistente capitale iniziale. Ovviamente, una soluzione alternativa potrebbe essere quella di affittare il terreno necessario anche se ciò non è assolutamente semplice nel nostro Paese. Tipicamente i terreni marginali sono quelli che costano meno per un loro acquisto. Essi possono anche risultare adatti per un'iniziativa di questo genere. Ciò se le infrastrutture sono comunque presenti (strade, elettricità etc), altrimenti i costi per costruire in proprio le stesse debbono essere attentamente valutati.
Se si intende iniziare un'attività costiera od off-shore, l'impianto deve essere posizionato in un'area distante dalle rotte nautiche, siano esse commerciali o turistiche. Inoltre si deve verificare con le locali autorità che la zona non sia sottoposta a vincolo e che si possano ottenere i necessari permessi. Non da ultimo si deve verificare che la zona non sia oggetto di presenza di pescatori dilettanti. Si deve anche verificare che il sito non sia sulle rotte migratori di particolari specie di pesce, specie se di elevate dimensioni, che potrebbero provocare danni alle infrastrutture impiantistiche. Si deve infine posizionare questo tipo di iniziative in aree coperte da venti dominati in modo che il moto ondoso non interferisca più di tanto con le attività.
In tutti i casi, così come verrà approfonditamente discusso in seguito, si deve attentamente valutare la qualità dell'acqua che risulta disponibile in loco.
Si debbono poi fare i conti con le iniziative già presenti in zona. Se si decide di operare in aree ad alta presenza di insediamenti industriali ed agricoli intensivi si deve mettere in conto che le possibili fonti di inquinamento che interferiranno con l'iniziativa che si desidera sviluppare saranno molto numerose. Non è comunque assolutamente detto che cascami di processi industriali agricoli non siano utilizzabili con vantaggio per iniziative di acquacoltura. Ben noti nei nostri ambienti sono, infatti, i casi di impiego di acque reflue calde di impianti per la produzione di energia elettrica per l'allevamento di specie con elevate richieste termiche. In altri casi, specie in oriente, vengono utilizzati reflui agricoli con alto tenore di azoto per l'allevamento di carpe o gamberetti.
Come già accennato, l'iniziativa deve essere localizzata nelle vicinanze delle più importanti infrastrutture (trasporti ed elettricità). Non è detto tuttavia che queste ultime non possano risultare di impedimento (presenza ingombrante di gasdotti, linee elettriche etc.).

Topografia

Quando si deve selezionare un sito per un'iniziativa di allevamento acquicolo, le preferenza deve essere senz'altro assegnata a luoghi in cui sia presente una certa pendenza in modo da poter sfruttare la gravità per alimentare l'acqua  alle infrastrutture idrauliche (canalette, tank, bacini od altro). È vero che l'acqua può essere pompata, ma questo costa. Anche le opere di drenaggio debbono preferibilmente essere eseguite sfruttando la gravità. Si deve per questo verificare che il livello di falda sia sufficientemente alto da non richiedere pompaggi in nessun caso.
Per verificare l'andamento altimetrico dell'area oggetto di attenzione è necessario produrre carte su scala 1:5000, meglio 1:2500 o 1:500.
Per contro da evitare siti eccessivamente in pendenza dove le opere di escavazione potrebbero risultare eccessivamente costose. Per bacini di grandi dimensioni (> 1ha) è consigliabile non operare in aree con pendenza superiore al 2%. La presenza di cave o altre depressioni, se non direttamente sfruttabile, deve essere attentamente valutata perché anche il riempimento costa.
Attenzione deve essere anche posta alla presenza di vegetazione, specie se questa è di alto fusto, in quanto l'eliminazione della stessa può richiedere specifiche operazioni per l'asportazione dell'apparato radicale.
Forma e dimensione delle parcelle debbono essere considerate al fine di verificare che le stesse non risultino penalizzanti nella definizione del lay-out impiantistico. Un accorpamento non ben studiato delle diverse strutture aziendali può portare a iniziative con scarsa efficienza in fase operativa. In particolare deve essere posta molta attenzione alla sistemazione spaziale degli impianti che richiedono maggiore sorveglianza in modo che, durante il lavoro giornaliero, non debbano essere compiuti percorsi eccessivi per realizzare le singole operazioni successive. A esempio, nel caso di un'avannotteria, questa deve essere localizzata in prossimità della casa del custode per evitare continui spostamenti di quest'ultimo per verificare il corretto andamento dei processi di allevamento.

Tipo di suolo

Una ricognizione geologica del suolo sul quale dovrà insistere l'allevamento è necessaria a fini sia strutturali (per le costruzioni di ingegneria civile) sia di verifica della rispondenza delle caratteristiche chimico fisiche del terreno stesso in relazione alla tipologia di allevamento che si deve attuare. Limitando l'analisi a questi ultimi aspetti, per quanto riguarda i problemi fisici nel caso in cui ci si appresti a realizzare bacini non impermeabilizzati artificialmente, e necessario eseguire l'analisi della composizione del suolo sia in superficie, sia in profondità (attraverso carotaggi).
L’analisi deve prendere in considerazione i seguenti parametri: granulometria; presenza di sostanza organica, pH, indice di plasticità, velocità di percolazione, contenuto microbico; presenza di inquinanti (compresi metalli pesanti e pesticidi).
L'analisi granulometrica permette di distinguere tra differenti tipi di suolo con differenti prestazioni in termini di permeabilità. Innanzi tutto si distingue tra scheletro (F > 2mm) e terra fine (F < 2mm). Quest'ultima viene ulteriormente classificata in:

  • sabbia grossolana: particelle con 2> F >0,2 mm;
  • sabbia fine: particelle con 0,2 > F > 0,02 mm;
  • limo: particelle con 0,02 > F > 0,002 mm;
  • argille e colloidi: particelle con F < 0,002 mm.

Escludendo lo scheletro, sulla base delle percentuali di differenti tipi di particelle presenti nel suolo possiamo distinguere i seguenti tipi di terreni:

  • tipo sciolto (sabbiosi, sabbioso limosi) contengono più del 50 % di sabbia e sono caratterizzati da una scarsa presenza di argilla. Si presentano poco deformabili, incoerenti, dotati di notevole permeabilità;
  • tipo medio-impasto (limoso sabbioso, limoso, limoso-argilloso) caratterizzati da una presenza di sabbia sempre inferiore al 50% e di argilla compresa fra il 10 e 20%, sono di media deformabilità e permeabilità;
  • tipo pesante (argilloso, argilloso-limoso, argilloso-sabbioso) caratterizzati da una presenza di argilla sempre superiore al 20 % e da una presenza di sabbia inferiore al 30%, sono particolarmente sensibili alla presenza dell’acqua, sono impermeabili e facilmente deformabili.

I terreni sciolti, cioè a prevalenza di sabbia, non sono indicati per la costruzione di bacini in terra non impermeabilizzati. Quelli più adatti a questo scopo sono quelli di medio impasto tendenzialmente argillosi. Quelli più pesanti invece possono dar luogo a stagni con elevata turbidità. All’opposto, suoli con un'eccessiva presenza di rocce superficiali o poco profonde si prestano solamente alla costruzione di canalette o, comunque opere in muratura.
Oltre ad analizzare il suolo in superficie è necessario eseguire rilievi anche in profondità per sincerarsi che non siano presenze vene di sabbia sotto la superficie. Queste, infatti, durante l’allevamento darebbero luogo ad eccessive perdite di acqua di tipo localizzato (Fig. 2.4).
La presenza di un tenore eccessivo di sostanza organica può essere dannosa. Se essa è presente in un unico strato, la stessa può provocare perdite di acqua quando viene degradata dai batteri presenti nel bacino. In ogni caso, i terreni con sostanza organica mal si prestano al completamento delle opere di costruzione necessarie. Inoltre, degradandosi la sostanza organica può richiedere eccessive quantità di ossigeno che possono portare il sistema al collasso.
Dall’analisi chimica si deve in primo luogo evidenziare il valore di pH. Suoli con basso pH sono sconsigliabili  in quanto possono rendere l’acqua di allevamento troppo acida o con un tenore eccessivo di alcalinità. Idealmente il pH dovrebbe situarsi tra 6 e 9.
Infine la presenza di eventuali metalli pesanti o pesticidi deve essere attentamente valutata potendo dare gli inconvenienti che verranno descritti nei successivi capitoli.

Quantità e qualità dell’acqua

La presenza di acqua in quantità e di qualità sufficiente rappresenta forse il fattore di maggior peso per far scegliere tra differenti siti.
L’acqua può essere di origine marina, di laguna, d’estuario, di fiume, di torrente, di canale d’irrigazione, di bacino d’irrigazione, lago, sorgente o pozzo. Le acque di origine sotterranea sono in genere da preferirsi in quanto tendenzialmente prive di pesci, uova, avannotti indesiderabili. Inoltre le stesse sono tendenzialmente pure, senza inquinanti. Tuttavia può essere che le stesse si rivelino di impiego antieconomico, specie se debbono essere pompate da elevate profondità. Inoltre ci si deve assicurare che, durante le diverse stagioni, gli eventuali risorgive o pozzi mantengano portate congruenti con quelle che sono le esigenze dei cicli di allevamento. Alcune lezioni specifiche approfondiranno questi aspetti.
In Tab. 2.2 è riportata una lista di parametri che servono a definire analiticamente detta qualità dell'acqua ai fini dell'allevamento acquacolturale. Essi debbono essere attentamente valutati in relazione alle disponibilità presenti nel sito che si intende scegliere. Questi fattori non possono tuttavia essere esaminati indipendentemente, ma debbono essere considerati con riferimento all'intero sistema ecologico nel quale la specie scelta, che comunque sarà caratterizzata da esigenze specifiche, dovrà essere inserita. È molto probabile, inoltre, che se solo un parametro di quelli presi in considerazione è lontano dal suo valore ottimale, l'animale in allevamento possa ancora reagire e non essere sottoposto ad eccessivo stress. Al contrario quando una serie di aspetti sono distanti dalle condizioni ottimali, qualsiasi variazione o malattia che si verificano nel sistema può portare ad effetti catastrofici.
Queste ultime problematiche  sono in genere poco  considerate, limitandosi a valutare il problema della qualità dell'acqua solo riferendosi ai  valori soglia di tipo tabellare considerati singolarmente. Ciò può rivelarsi pericoloso in quanto allevamenti in ambienti ecologicamente di basso profilo può comportare condizioni di stress sui pesci tali da provocare nel lungo termine condizioni di sofferenza diffuse che non hanno sicuramente una buona influenza sulla produttività degli stessi.
La discussione dell'importanza che i parametri indicati hanno sull'allevamento verrà approfondita in un successivo capitolo.

Idrologia e meteorologia

Una completa analisi idrologica deve essere condotta per le acque direttamente utilizzate e per quelle dell'area immediatamente vicina al sito scelto. Ciò  seguendo le procedure che verranno successivamente descritte (tipo di bacino dal quale l'acqua deriva, portate, profondità di falda etc.).
Per quanto riguarda i dati meteorologici essi possono essere ottenuti dalla più vicina stazione climatologica. Le informazioni da assumere sono quelle relative a: temperature; intensità di pioggia; evaporazione; umidità; intensità solare; velocità e direzione del vento. Per intensità di pioggia, evaporazione e temperatura è importante rilevare informazioni oltre che per i valori medi anche riguardo a quelli di punta.
Questi dati vengono utilizzati:

  • quelli relativi alla pioggia e all'evaporazione per dimensionare i bacini a bassa portata e per stimare le quantità di acqua da reintegrare negli stessi durante i periodi caldi;
  • quelli di temperatura sono utili per scegliere la specie da allevare, progettare le strutture, pianificare l'alimentazione;
  • quelli relativi ai venti dominanti sono utili nel definire il reciproco posizionamento e l'orientamento dei differenti manufatti costituenti l'impianto.

Nelle aree soggette a fenomeni alluvionali è importante conoscere il periodo di ritorno di questi ultimi  nella loro forma di maggior intensità. Le strutture, specialmente quelle dei bacini di contenimento, debbono essere progettate in funzione di periodi di ritorno dei 25-50 anni, nel caso di piccoli impianti, e di 100 anni, per gli impianti maggior dimensione.

2.4 - Fattori biologici legati alla scelta della specie

Selezione della specie da allevare

Riguardo alla specie da allevare, la sola considerazione dell'andamento attuale del mercato può portare ad errori clamorosi. In merito si pensi al caso della vongola che negli anni '80 aveva un prezzo di mercato superiore alle 10.000 L/kg, mentre nei primi anni '90 non superava le 5.000 L/kg.
In genere, tuttavia,  quelle della specie è una soluzione pre-imposta in quanto già in fase molto preliminare si pensa ad un particolare organismo o, al più, a pochi.  In genere il rischio risulta minore se si scelgono specie che già altri allevatori hanno provato ad allevare con successo negli ambienti dove si va ad operare. Sulla base degli obiettivi si tratta poi di definire il ciclo produttivo che si intende adottare. Ciò considerando:

  • il numero totale di fasi di cui si compone il ciclo di allevamento in questione. In merito si può innanzi tutto distinguere tra allevamenti a ciclo aperto (che coprono tutte le fasi dalla riproduzione all'ingrasso) e allevamenti in cui si esegue solo una fase del ciclo di vita (generalmente quella di riproduzione o di ingrasso);
  • il numero totale di passi in cui è divisa ogni singola fase di allevamento. Verranno in tal modo a formarsi sezioni di allevamento in cui sarà necessario rispettare esigenze ambientali e nutritive differenti;
  • tempo totale per completare ogni passo del ciclo. Questo può essere notevolmente differente secondo le condizioni ambientali e nutritive che vengono adottate in ogni singola fase;
  • l'efficienza riproduttiva degli adulti, negli allevamenti che prevedono anche questa fase;
  • sopravvivenza dei soggetti ad ogni singolo stadio.

Esempio 2.3
Si desidera  produrre una quantità pari a 100.000 soggetti adulti del peso di circa 1000 g di un determinato pesce. L'allevamento viene diviso in tre fasi: riproduzione, pre-ingrasso, ingrasso. Per ognuna di esse si prevede una percentuale di sopravvivenza pari a 20%, 70%, 80%, rispettivamente. Sapendo che ogni femmina depone 10.000 uova (di cui solo il 25% in realtà schiudono) e che è necessaria la presenza di un numero di maschi pari almeno ad 1/4 quella delle femmine si calcoli la consistenza di soggetti per ogni singola fase.
Ingrasso
N. alla raccolta: 100.000
N. all'inizio della fase di ingrasso: 100.000/0,8 = 125.000
Pre-Ingrasso
N. a fine ciclo: 125.000
N. a inizio ciclo: 125.000/0,7 = 180.000


Riproduzione
N. a fine ciclo: 180.000
N. uova fertili necessarie: 180.000/0,2 = 900.000
N. totale uova 900.000/0,25 = 3.600.000
N femmine: 3.600.000/10.000 = 360
N. maschi: 360/4 = 90

Nel caso di specie di nuovo allevamento la tendenza è quella di utilizzare in fase di progettazione i dati produttivi derivati dalla sperimentazione biologica. Purtroppo l'aumento di scala conseguente al passaggio dalle condizioni sperimentali a quelle di campo generalmente comporta l'insorgere di problemi che, in fase di ricerca, non erano stati completamente esplicitati. In questi casi è buona norma procedere alla realizzazione di impianti pilota prima di passare alla realizzazione di strutture su larga scala.
In base alle previsioni rispetto al ciclo da adottare si tratta poi di verificare se quantità necessarie di materiale da allevare, mangimi etc. siano effettivamente disponibili sul mercato locale.

Controllo dei predatori

Qualsiasi  sia la sua provenienza, l'acqua da impiegare per l'allevamento deve essere priva di specie di pesce indesiderabili siano esse sotto forma di soggetti adulti, avannotti o uova. Ciò vale anche per quanto riguarda insetti e altri possibili organismi dannosi.
Altro aspetto da verificare attentamente è che nell'area siano assenti o possano essere messi sotto controllo uccelli e mammiferi predatori. I primi possono diventare in molte aree un problema di primaria importanza. Per esempio un cormorano può ingerire anche 4 pesci/ora. Il controllo di questi animali è molto complesso anche perché, in genere, appartengono a specie protette, il che obbliga a adottare forme di difesa di tipo passivo.
In fase di progettazione debbono essere attentamente valutati i danni di questo tipo e i possibili extracosti che si dovranno sopportare per attuare forme di difesa. In particolare debbono essere scelte a priori quelle forme di allevamento che prevedono la possibilità di attuare queste ultime anche in un secondo tempo.

2.5 - Fattori legati al mercato e alla tecnologia 

Marketing

Uno studio di marketing dovrebbe essere effettuato prima di intraprendere qualsiasi iniziativa. In estrema sintesi possiamo distinguere tra 3 tipi di approcci di marketing:

  • Approccio di marketing vero e proprio: tende ad individuare i potenziali clienti e i loro bisogni. Si basa sulla raccolta di informazioni sul tipo di prodotto, sul suo prezzo, sulle forme di distribuzione. Queste informazioni vengono poi usate per mettere a punto una strategia di mercato. Uno delle pecche peggiori di questo approccio è quello che in molti casi individua esigenze di mercato per specie per le quali poi non vi sono sicure tecniche di allevamento.
  • Approccio di marketing orientato alla produzione: tende ad individuare se sia possibile o incrementare delle produzioni già in atto, oppure mutare il canale attraverso il quale possono le stesse possono essere vendute.
  • Approccio di marketing orientato all'ambiente o alla specie: tende ad individuare una o poche specie che in un dato ambiente sono già tipiche e a sviluppare ex-novo o a migliorare tecnologie per il suo allevamento nella prospettiva di essere più efficiente sul fronte dei costi di produzione

Tipologia impiantistica

Un'importante decisione è   quella relativa alla tipologia impiantistica che si andrà a adottare.
Da un punto di vista idraulico-impiantistico, numerosissime sono le possibilità di gestione della risorsa acqua per mantenersi all'interno dei dati vincoli di qualità dell'acqua.
Escludendo per il momento alcune forme di acquacoltura specifiche   - quali, a esempio, la molluschicoltura - che, come tali, richiedono una trattazione separata, l'allevamento  prevede sempre e comunque la creazione di ambienti confinati rispetto a quelli naturali.
La principale classificazione prevede che essi siano divisi in sistemi aperti o chiusi. Ambedue  possono poi essere condotti in modo estensivo od  intensivo.
In Fig. 2.5 è rappresentato il funzionamento schematico dei sistemi aperti. In quelli condotti in modo estensivo non si verifica nessuna forma di trattamento artificiale dell'acqua. Un esempio di questo tipo di soluzione è costituito dalle tradizionali canalette per l'allevamento delle trote a basso carico di animali, con elevati volumi di acqua in gioco, tipici  delle zone di risorgiva. Un altro esempio è rappresentato dalle gabbie galleggianti operanti in acque sia dolci, sia salate.
Qualora la risorsa acqua sia limitante, al fine di aumentare la capacità di carico, si ricorre all'impiego di tecnologie di trattamento dell'acqua al fine di aumentare  il carico di animali per ogni unità di volume di acqua entrante. In tal modo si passa da allevamenti aperti di tipo estensivo ad allevamenti aperti  di tipo intensivo. Così, una canaletta, ma non una gabbia galleggiante, può essere completata con un sistema di ossigenazione che consente di incrementare la massa presente nell'impianto.
Per quanto riguarda gli allevamenti di tipo chiuso, quelli classici di tipo estensivo sono rappresentati dagli stagni utilizzati per il pesce gatto o la carpa. In questi casi l'acqua in entrata nel sistema deve, in pratica, soltanto compensare quella che va perduta per evaporazione od infiltrazione, senza bisogno di ricambio. Quest'ultimo, infatti, può in molti casi provocare un indesiderato raffreddamento del bacino.
Pure per i sistemi chiusi le esigenze di aumento del carico possono essere superate passando a sistemi intensivi che prevedono il miglioramento della qualità dell'acqua con trattamenti più o meno spinti della medesima (Fig. 2.6). Anche in questo caso l'intervento impiantisticamente più semplice è quello che prevede l'inserimento di un ossigenatore. All'apice della scala dell'intensità per questo tipo di sistema sta la realizzazione di acquari completamente chiusi in cui la qualità dell'acqua viene mantenuta elevata in modo completamente artificiale con trattamenti chimici e biologici.
Questi ultimi, tuttavia, sono raramente interessanti per scopi di produzione salvo che, in alcuni casi, per le avannotterie.
In questo ambito, la necessità di mantenere determinati standard qualitativi dell'acqua condiziona la quantità di pesce che  si vuole sia allevata. In merito, per tutti i sistemi è  calcolabile:


In termini generali, nel caso in cui non vi siano limitazioni relativamente alla qualità dell'acqua (buone portate o presenza di sistemi di trattamento), i seguenti valori di densità di allevamento possono essere considerati accettabili:

  • ricerca: 0,15-1,5 kg/m3;
  • produzione: 15-30 kg/m3;
  • stoccaggio: 30-75 kg/m3.

Da notare che la densità di allevamento è l'unico parametro progettuale nel caso delle gabbie galleggianti.
Altro parametro che è utile per definire l’intensità di allevamento è la capacità di carico. La definizione di questo  parametro non è univoca in quanto varia secondo il tipo di sistema (aperto o chiuso) che è stato scelto.


Così, per i sistemi di tipo aperto ha senso definire Cs in funzione della portata come:

dove:

  • Cs è  la capacità di carico specifica;

 

  • Q è la portata in entrata all'allevamento in [m3/h] oppure in [l/min].

Così, a esempio, per l'ingrasso della trota senza ricorso all'ossigenazione si trovano valori di carico specifico di 1-3 kg/ l/min di portata d'acqua.

 

dove:

  • Css è il carico specifico superficiale;
  • A è l'area di allevamento in [ m2] oppure in [ha].

Ciò si verifica in quanto, specie nei sistemi più tradizionali (stagni condotti senza l'aggiunta di alimenti artificiali), le modalità di gestione prevedono che venga sfruttata la biomassa fotosintetica che, all'interno dei limiti di profondità impiegati, risulta dipendente solo dall'entità dell'energia incidente per unità di superficie.

Così, a esempio, negli stagni di accrescimento di carpe e pesci gatto  nella fase finale di accrescimento si raggiungono densità dell'ordine di:

  • 400-600 kg/ha nei sistemi non alimentati;
  • 1000-2000 kg/ha nel caso di alimentazione inorganica;
  • 2000-4000 kg/ha nel caso di aggiunta di ulteriore mangime a base organica.

Altri valori di densità e capacità di carico sono riportati nelle Tabb. 2.3 e 2.4. Essi sono solamente esemplificativi e possono servire, quindi, solamente nel caso di un primo approccio di massima, in quanto non tengono conto della qualità dell'acqua.
Nel prossimo capitolo tratteremo più specificatamente di questo aspetto e dell'influenza che esso ha sulla progettazione e gestione degli impianti acquacolturali.

Definiti i livelli di densità questi servono ad organizzare la gestione delle diverse fasi di allevamento, permettendo di stabilire i tempi di occupazione delle diverse vasche o strutture.

Fattori legali e sociali 

Fattori legali

Diversi e molto complessi sono i problemi legali che debbono essere affrontati qualora si intenda intraprendere un'iniziativa imprenditoriale nel settore dell'acquacoltura. In linea generale possiamo prevedere di dover affrontare, in sede di progettazione di massima, uno screening relativo ai seguenti aspetti:

  • problemi legali in fase di costruzione;
  • problemi legali in fase di gestione;
  • problemi legali per la commercializzazione.

Per quanto riguarda i primi, che sono quelli che più da vicino interessano queste note, nel seguito, al solo fine di esemplificare la complessità della tematica in oggetto, si fornisce una lista dei principali documenti che debbono essere consegnati al Comune di appartenenza per  ottenere la Concessione edilizia:

  • progetto architettonico di massima completo di elaborati che costituiscono il corpus (planimetria di lotto, planimetria degli edifici di servizio, uffici ed eventuali laboratori e magazzini ecc.);
  • relazione tecnica illustrativa delle caratteristiche costruttive dei fabbricati e loro destinazione d'uso;
  • planimetrie con indicazione dell'acquedotto e della rete fognaria pubblica, con eventuali punti di allacciamento;
  • copia della domanda presentata all'Ufficio Agricoltura;
  • copia della domanda presentata all'ufficio forestale (vincolo idrogeologico);
  • copia della domanda di autorizzazione alla A.S.L. locale (verifica rispondenza progetto a leggi igieniche e sanitarie);
  • copia presentazione progetto all'Ufficio Ambiente Provinciale e regionale (parere ai sensi delle L.N. 431).

Durante la fase di realizzazione dell'impianto si deve ricordare che il committente è il diretto responsabile della sicurezza sul cantiere. Buona norma è quindi quella di affidare i lavori ad un'impresa con buone capacità organizzative in grado di assicurare il controllo di tutte le normative sulla sicurezza che regolano il lavoro edile.
Da porre in risalto come - durante la progettazione prima e la costruzione dell'impianto poi - sia importantissimo verificare che tutti i componenti impiegati rispondano alle Norme di Sicurezza. Questo perché con l'entrata in vigore della recente normativa sulla sicurezza del lavoro è l'imprenditore il responsabile della sicurezza e lo stesso risponde civilmente e penalmente nel caso in cui dovessero occorrere incidenti che si sarebbero potuti, anche solo in teoria, essere evitati con una corretta progettazione e costruzione.
In fase di gestione dell'impresa, poi, si debbono anche qui rispettare tutte le norme dello Statuto dei lavoratori, Amministrative e non da ultimo, legate agli scarichi di acque dall'impianto (legge Merli). Attenzione dovrà poi essere posta a non mettere in essere processi che possano provocare altri tipi di inquinamento quali odori o rumori che potrebbero essere fonte di contestazione da parte della popolazione locale.
In fase di commercializzazione debbono essere rispettate tutte le leggi sanitarie in argomento. In merito l’esempio di quanto debba essere considerato nel caso dei molluschi è illuminante. Da rilevare che nel prossimo futuro, aseguito del recepimento anche nel nostro Paese di una normativa UE, tutte le imprese del settore saranno obbligate ad adottare sistemi di controllo del tipo HACCP al fine di garantire la salubrità dei prodotti.
Quanto sopra rappresenta una lista non esaustiva di quanto si deve tenere in considerazione in fase di progettazione di massima. Approfondimenti in argomento in sedi più competenti di questa dovranno essere ricercati prima di passare alla realizzazione di qualsiasi iniziativa.

Fattori sociali

Un allevamento acquicolo, come qualsiasi altra impresa, deve inserirsi nel tessuto sociale circostante. Per evitare che l'iniziativa venga sottoposta a contestazioni di qualsiasi genere è bene che vengano instaurati rapporti di buon vicinato con i soggetti che sono presenti sul territorio dove si deve andare ad operare. È così importante che a partire dalle fasi di progettazione vengano coinvolti primari professionisti ed imprese che operano localmente per coprire tutti quelle attività la cui competenza non è di primaria importanza per l'impresa che sta avviando l'iniziativa. Così deve essere anche previsto che l'eventuale manodopera da impiegare nell'impianto provenga preferibilmente dalla località in cui si opera.
Non da ultimo si deve attentamente verificare che le locali autorità di sicurezza siano in grado di garantire la protezione degli impianti contro forme di criminalità comune. In caso di mancanza di conoscenza dell'andamento di questi fenomeni è bene approfondire l'argomento con le autorità locali. Ciò consentirà: in fase di progettazione di verificare la necessita di realizzare opere per migliorare la sicurezza degli impianti (recinzioni, sistemi di allarme); durante la gestione di prevedere ed attuare le opportune attività di vigilanza.

2.7 -  Considerazioni finali

Uno degli errori più frequenti in fase di progettazione di massima è quello di individuare le necessità generali di progetto, ma di non seguire lo stesso affidandolo a "esperti del settore" di cui ci si fida ciecamente. Chi deve prendere le decisioni strategiche e, ancor più, quelle direttive relative a un'iniziativa, deve seguire passo passo l'evolversi della progettazione, specie quando questa riguardi ambienti dove opere analoghe non sono mai state messe in essere. In caso contrario è probabile che durante  l'operazione di avviamento si verifichino   inconvenienti tali da far procedere ad una necessaria revisione al ribasso delle prestazioni progettuali dell'impianto, ribasso che, il più delle volte, si rivela molto oneroso dal punto di vista economico-finanziario. È quindi consigliabile che il personale che dovrà condurre l'impresa sia formato con periodi di lavoro presso impianti con caratteristiche analoghe a quello che si intende realizzare, in modo che il personale  stresso, una volta acquisita una certa esperienza, sia in grado di controllare l'effettiva necessità delle scelte progettuali che man mano vengono prima definite e poi messe in essere. In altri termini, oltre ad esperti esterni, si deve prevedere la presenza di uno o più responsabili interni che siano in grado di CAPIRE e SEGUIRE il processo progettuale. È quindi essenziale che questi responsabili siano molto motivati, cioè si sentano coinvolti in prima persona nella buona riuscita dell'iniziativa.
La costruzione di un impianto comporta investimenti che debbono essere ammortizzati nel medio lungo termine. Da qui la necessità di prevedere una certa elasticità di funzionamento in modo da diminuire i rischi. Ad esempio, in genere è consigliabile scegliere un lay out che offra la possibilità di future espansioni dell'impresa senza dover rivoluzionare gli impianti.
Analogamente è bene sia previsto  che le medesime infrastrutture possano essere impiegate anche  per l'allevamento di specie al momento di minore reddito rispetto a quella scelta, ma che nel futuro potrebbero risultare più redditizie.
In proposito, la scelta di un sistema molto specializzato offre il vantaggio di una minore incidenza dell'ammortamento sull'unità prodotta, ma ha anche lo svantaggio di sottostare ad un più rapido processo di obsolescenza tecnica.
Ovviamente la migliore soluzione da un punto di vista tecnico sarebbe sempre quella di conservare, rispetto ai parametri progettuali sopra considerati, una posizione molto prudenziale privilegiando un'elevata qualità dell'acqua e bassi carichi. Tuttavia, molte difficoltà si frappongono a un tale tipo di approccio. Ad esempio, la qualità dell'acqua in entrata può presentare dei limiti e necessitare di alcuni pretrattamenti. È' il caso delle acque di risorgiva che, in molti casi, debbono essere degasate per consentirne un loro corretto impiego. Tutti gli interventi addizionali comportano,  tuttavia, un costo economico che deve essere attentamente valutato. Questo costo è proporzionale all'entità della portate in gioco, del trattamento richiesto ed ai rischi associati a malfunzionamento del sistema addizionale che deve essere installato. Il problema può essere affrontato stimando il costo d'opportunità che l'aggiunta dell'ulteriore sottosistema comporta. In pratica è necessario rispondere alla domanda: a quanto ammonterebbe il valore delle perdite di prodotto a cui si andrebbe incontro se non si adottasse la nuova soluzione impiantistica?
Si deve sempre ricordare che da un punto di vista economico minori sono i tipi di trattamento che vengono effettuati nell'impianto e maggiore è la densità di carico più elevate sono i benefici che si possono ottenere. In quest'ottica debbono sempre essere valutati tutti i "consigli" di cui sono prodighe le ditte che costruiscono impianti per l'acquacoltura. Affrontare rischi maggiori, volumi di affari in incremento, maggiore necessità di lavoro solo per pagarsi l'impianto che è l'ultima moda in fatto di tecnologia senza che si realizzi un ritorno in termini economici potrà essere emozionante, ma poco ha che fare con un approccio economicamente valido. 


 

3 - VALUTAZIONE DELLE RISORSE PER L'ACQUACOLTURA SECONDO CRITERI AMBIENTALI

La produzione di pesci ed invertebrati è influenzata e strettamene delimitata dalle caratteristiche idrobiologiche dell’ambiente in cui sono (o debbono essere) svolte e dai vari microrganismi e sostanze tossiche che possono essere trovati in detto ambiente. 
Come accennato in precedenza, i parametri fisici, chimici e biologici che caratterizzano l’acqua di allevamento sono tra loro interrelati in una complicata serie di reazioni fisico-chimiche che influenzano ogni aspetto dell’allevamento (sopravvivenza, crescita e riproduzione). Ovviamente l’allevamento stesso ha un effetto inverso molto pronunciato sulle caratteristiche dell’ambiente in cui è condotto. Per esempio, i pesci consumano ossigeno e producono cataboliti come ammoniaca e anidride carbonica che reagiscono con gli elementi già presenti e modificano l’equilibrio delle reazioni in modo continuo (cicli di retroazione all’equilibrio). Così, alcuni Autori  arrivano a parlare dell’acqua di allevamento come di una “zuppa chimica” in cui i pesci debbono vivere. Nel seguito si cercherà di porre dei paletti alle caratteristiche di questa zuppa chimica, avendo l’avvertenza di mettere in evidenza che - trattandosi di zuppa e, quindi, di messa a punto di ricette - siamo come già detto nel campo dell’arte (culinaria) applicata (e non in quello della meccanica razionale) in cui azioni e reazioni del sistema possono essere precisamente programmate e previste.
Gli standard di qualità delle acque da impiegare in acquacoltura che sono riportati nel seguito sono derivati da osservazioni e misure condotte in anni e anni d'esperienze pratiche nel comparto acquicolo da numerosi ricercatori, ma nonostante ciò, essi rappresentano solo valori guida sia per i motivi cui si è accennato poco sopra, sia per il fatto che detti valori possono variare profondamente da specie a specie

3.1 - Variabili fisiche

Temperatura

La temperatura dell’acqua è il parametro ambientale che presenta la maggiore influenza sulla crescita dei pesci, rappresentando, con ciò, il parametro decisivo che condiziona la fattibilità economica di un allevamento. È in sostanza impossibile controllare la temperatura di un bacino d'allevamento, specie per le fasi d'ingrasso. È perciò giocoforza condurre le fasi d'allevamento vere e proprie in aree geografiche in cui le condizioni di temperatura ambientale siano vicine a quelle ottimali di crescita. Ciò in modo di condurre cicli d'allevamento che si concludano in tempi ragionevoli.
La temperatura influenza i processi fisiologici quali la respirazione dei pesci, l’assunzione degli alimenti, la crescita, il comportamento e la riproduzione. Un incremento di temperatura di 10 °C determina un incremento della velocità dei processi chimici e biologici dell’ordine delle due-tre volte. A causa di ciò, a fronte d'incrementi di temperatura di tale ordine di grandezza, il consumo d'alimento e d'ossigeno risulta pure raddoppiato o triplicato. Di conseguenza, e anche a causa del fatto che la solubilità dell’ossigeno in acqua è inferiore alle alte temperature, è molto più probabile che si verifichino condizioni critiche d'allevamento in acque calde che non in acque fredde.
Ai nostri fini, le specie piscicole possono essere classificati in tre grossi gruppi:

  • specie psicrofile con temperature ottimali di crescita < 15 °C;
  • specie mesofile con temperature ottimali di crescita comprese fra 15 e 20 °C;
  • specie termofile con temperature ottimali di crescita > 20 °C.

Alcuni Autori propongono anche di aggiungere una quarta categoria, quella dei pesci tropicali, dove includere quegli organismi che hanno richieste di temperatura ancora maggiore e superiori ai 25 °C.
La classificazione proposta ha fini puramente orientativi in quanto non è infrequente che nello stesso ambiente si ritrovino pesci appartenenti a gruppi differenti.
Ciò è anche dovuto al fatto che i pesci sono animali a sangue freddo, la cui temperatura corporea assume valori uguali a quelli che caratterizzano il mezzo in cui vivono. Ogni specie presenta una propria caratteristica curva di accrescimento e dei limiti ottimali di temperatura all’interno dei quali questo si verifica. Questi limiti, ovviamente, variano al variare delle dimensioni del pesce stesso, risultando più stringenti nelle fasi iniziali di vita dell’organismo scelto. In aggiunta a ciò, ogni specie presenta limiti critici di temperatura, uno inferiore e uno superiore, oltre i quali non può sopravvivere (Tab. 3.1).
È inoltre da sottolineare come, nell’intervallo di temperature tollerabili, la velocità di crescita sia ottimale solo in corrispondenza di un valore anch’esso ottimale, in definitiva quello che il pesce sceglierebbe se avesse la possibilità di farlo.  In corrispondenza di questo valore, non solo si verificano i migliori indici di crescita e di trasformazione degli alimenti, ma anche risulta massimo il benessere complessivo dell’animale,  condizione quest’ultima essenziale per ridurre al minimo i rischi sanitari (Fig. 3.1).
Detto ciò, i pesci possono essere acclimatati a vivere in condizioni di temperatura e, in genere, ambientali, diversi da quelli propriamente ottimali. Tuttavia ciò può essere ottenuto solo variando in modo graduale i parametri di temperatura (fenomeno di acclimatamento). È infatti pericoloso l’alterare in modo repentino i valori dei parametri ambientali (specialmente quelli di temperatura) in quanto pesci ed invertebrati presentano una bassa tolleranza a ciò. Differenze di temperatura anche inferiori ai 5 °C possono essere dannose se si verificano senza la necessaria gradualità (dT > 0,9 °C/min) e provocare uno shock termico letale.
Una volta acclimatati ad una determinata temperatura, esistono limiti critici inferiori e superiori propri, cioè condizionati, di tale tipo d'acclimatazione. Nei casi in cui le variazioni di temperatura dell’acqua avvengano lentamente la temperatura d'acclimatazione diventa meno importante e i limiti critici più elastici.
Inoltre, come meglio sarà evidenziato in un apposito capitolo, la temperatura ha diretta influenza sulla solubilità dell’ossigeno nell’acqua e quindi i fenomeni di acclimatamento debbono essere considerati congiuntamente per i due parametri. 
La temperatura dell’acqua è anche responsabile di un altro fenomeno, quello di stratificazione nei bacini, che può comportare effetti ambientali dannosi per i pesci. Detta stratificazione  la separazione dell’acqua in tre strati distinti. Lo strato superficiale (epilimnion) assume densità e una temperatura superiore rispetto allo strato profondo del bacino (hypolimnion). Un sottile strato intermedio tra i due precedenti (termoclino) è costituito da acqua in cui la temperatura varia in modo molto veloce al variare della profondità (Fig. 3.2)
Il termoclino funziona come una specie di barriera contro la miscelazione dell’acqua presente negli strati superficiale e profondi. Nelle regioni temperato-calde, un bacino chiuso può stratificare in primavera e restare stratificato fino al successivo autunno anche se in genere si possono verificare eventi d'inversione del fenomeno durante le ore notturne quando lo strato superficiale si raffredda.
In particolare, la stratificazione, a causa della presenza dello strato termoclino, comporta un'inibizione del passaggio dell’ossigeno disciolto dallo strato superficiale a quelli più profondi. In conseguenza di ciò i pesci si concentrano nello strato superficiale e l’intera colonna d’acqua non è sfruttata. Come vedremo anche gli altri gas possono andare incontro allo stesso tipo di comportamento.
Miscelatori ed aeratori eliminano quest'inconveniente della stratificazione.

Densità

L’acqua pura raggiunge il massimo di densità a 4 °C (1kg/dm3). Al disotto di questa temperatura essa diventa via via meno “pesante” fino a diventare ghiaccio a 0 °C con una valore inferiore ad 1kg/dm3 : è per questo che il ghiaccio galleggia sull’acqua.
L’aggiunta d'impurità e sali comporta un aumento della densità. Quest’ultima raggiunge il suo valore massimo ad una salinità di 24,7 g/l (24,7 ppm) e ad una temperatura di –1,4 °C (temperatura di solidificazione dell’acqua marina). Potrebbe così apparire realistico che il ghiaccio formatosi da acqua marina, visto che ciò avviene nel momento di maggior densità dell’acqua, vada ad accumularsi in fondo ai mari. Così non è a causa del fatto che durante il processo di solidificazione avviene una separazione di sali dall’H2O in modo da diminuire la densità dell’acqua che diventa ghiaccio. Inoltre, a causa di ciò la densità dell’acqua immediatamente circostante il ghiaccio stesso assume valori di densità molto elevata, favorendone il  galleggiamento  .
Resta in ogni modo da rilevare che in ogni caso il ghiaccio galleggerebbe in quanto durante il processo di solidificazione, a causa della ben nota polarità delle molecole di H2O, si crea una struttura cristallina che fa aumentare di volume, e quindi diminuire di densità, l’H2O stessa. È per questa ragione che i bacini ghiacciano in genere solo in superficie.

Salinità

La salinità è la misura [g/l] dell’entità degli ioni dissolti in acque espressa. Gli ioni maggiormente presenti sono quelli del sodio e del cloro. Ioni magnesio, calcio, potassio, solfato e bicarbonato sono pure presenti in quantità significative. Nel caso delle acque interne, il livello di salinità riflette l'origine geologica del sito e le condizioni idrogeologiche legate alla loro provenienza. Per le acque interne superficiali, condizioni d'elevata piovosità fanno corrispondere una presenza d'acque poco saline, mentre al contrario aridità e alta salinità sono legate tra loro. In media le acque dei bacini interni presentano valori di salinità dell’ordine dei 2-3 g/l.
Le acque marine presentano una salinità che mediamente varia tra 33 e 37 g/l con i valori maggiori che si verificano nei mari chiusi. Negli estuari e lagune la salinità può risultare estremamente variabile.
La salinità si determina in base alla presenza degli ioni cloro, bromo e iodio che, assieme costituiscono circa il 55% del totale degli ioni presenti.
La composizione e la concentrazione dei sali disciolti nei fluidi circolanti nel corpo di pesci ed invertebrati deve essere mantenuta entro limiti tali da evitare la distruzione delle pareti cellulari dei differenti organi interni attraverso la regolazione osmotica. Le specie dette euraline sono in grado di sopportare larghe variazioni di salinità. Per contro le specie stenoaline possono vivere solo in condizioni di salinità costanti. Non esiste una chiare delimitazione tra i due gruppi. Ogni specie presenta un limite inferiore e superiore di salinità all’interno dei quali la sua crescita è ottimale. Per crescere al di fuori di questi limiti, gli animali debbono incrementare le spese metaboliche per il mantenimento dell’omeostasi. Al di là dei limiti critici, l’omeostasi è non mantenibile e l’animale muore.
Per gli animali di acqua dolce la pressione osmotica del sangue corrisponde a quella di una soluzione salina di NaCl di circa 7 g/l. Molti di questi pesci possono sopravvivere anche in acque con salinità superiore. Tuttavia il valore consigliato per una crescita ottimale è pari a 2 g/l. Specie euraline di acqua dolce, come la trota, possono crescere in un vasto range di condizioni di salinità. Tuttavia la stessa trota sopra i 20 g/l può presentare problemi di crescita.
Come per la temperatura, anche per la salinità esiste il fenomeno dell’acclimatamento.
Il cloruro di sodio può essere usato per correggere la salinità in condizioni di allevamento di laboratorio nei sistemi ad alto grado di ricircolo. Al di fuori di questi ultimi casi, la correzione artificiale della salinità rappresenta una pratica non accettabile dal punto di vista economico.
La salinità può anche essere misurata in termini di conduttanza elettrica. Più elevata è la presenza di ioni nell’acqua, maggiore è la conducibilità elettrica. L’unità di misura della conducibilità e micomho/cm. L’acqua distillata presenta un valore di conducibilità di 1 mmho/cm. Le acque non pure hanno valori di conducibilità che variano tra 20 e 1550 mmho/cm.

Turbidità

La turbidità rappresenta la misura della penetrazione della luce nell’acqua. Essa è prodotta dalla presenza nell’acqua stessa di solidi sospesi o disciolti quali: particelle inerti, sostanze umiche, sabbie, plankton, composti colorati, etc.
Una eccessiva turbidità può essere un problema in bacini chiusi o canalette, ma lo è sicuramente nei sistemi a ricircolo.
La turbidità provocata dal fitoplancton è generalmente desiderabile nei bacini chiusi in quanto innalza la produzione di pesce. Essa inoltre, limita anche la penetrazione della luce negli strati più profondi prevenendo la crescita delle macro-alghe che sono indesiderabili in questi sistemi di allevamento.
La turbidità causata da argille e altri materiali colloidali è invece indesiderabile. La turbidità che causa una limitazione della visibilità sotto i 30 cm può inibire la crescita corretta della biomassa planktonica. Saltuari eccessi di portata in entrata nei bacini possono provocare l’incremento del carico dei materiali colloidali fino a valori superiori a 20.000 mg/l. Questi materiali possono causare l’occlusione delle branchie dei soggetti più piccolo, il ricoprimento delle uova non ancora schiuse e/o dei materiali alimentari, l’intasamento dei diversi dispositivi impiantistici.
La turbidità causata dai solidi sospesi sembra essere ancor più nociva per i pesci. Valori di 5.000-10.000 mg/l di solidi sospesi possono anche essere letali. Valori di 25-80 mg/l sono raccomandati come massimi.
Non tutti i pesci sono però così sensibili. Pesci gatto e carpe possono sopportare anche valori superiori.
La turbidità è misurata attraversi i dischi di Secchi

Colore

l colore è il risultato dell’interazione tra la luce incidente e le impurità presenti nell’acqua. L’acqua pura appare blu in presenza di luce bianca in quanto i colori blu dello spettro viaggiano più distanti nel mezzo acqua e si distribuiscono maggiormente. L’aggiunte si sostanze umiche fanno assumere all’acqua un colore marroncino. Se in queste acque risulta presente anche lo ione ferro esse assumono un colore giallognolo. Certe alghe possono impartire all’acqua un colore caratteristico. Nel caso di bacini con un alto carico di pesce, il colore può dipendere dal tipo di fitoplancton che si è selezionato. Le acqua improduttive sono molto trasparenti e presentano in genere un colore blu cupo.

 

Fonte: http://users2.unimi.it/lzzmsm/ACQ-01.doc

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Autore del testo: MASSIMO LAZZARI

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