I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
Rinite allergica
La rinite allergica è una malattia sintomatica indotta dalla infiammazione IgE-mediata della mucosa nasale in seguito ad esposizione ad allergeni.
Le riniti si classificano in: - allergica
La diagnosi differenziale va posta con tutte quelle patologie che alterano la morfologia dell’epitelio nasale (come una poliposi nasale o la granulomatosi di Wegener) o la normale struttura anatomica delle fosse nasali (deviazioni del setto, ipertrofia dei turbinati o presenza di corpi estranei) o entrambe (presenza di tumori nasali).
Le sostanze che scatenano le reazioni IgE-mediate vengono dette allergeni e si distinguono in:
Le riniti allergiche possono essere classificate in base alla durata in:
In base alla gravità, a loro volta, possono essere:
La vecchia classificazione che voleva distinte le riniti in stagionali e perenni, ormai è in disuso perché si è visto che alcune riniti stagionali sono persistenti perché il periodo di impollinazione copre un periodo maggiore di 4 mesi all’anno (come p.es. la parietaria).
Questa prima distinzione, ci può già indirizzare verso un allergene probabile visto che una rinite persistente può essere scatenata solo da uno stimolo continuo (come può essere quello all’acaro della polvere) o una rinite allergica professionale si manifesterà soltanto nei giorni lavorativi e il paziente ci riferirà un miglioramento nel fine settimana, cioè quando non lavora.
I sintomi tipici della rinite allergica sono:
Le prime indagini da eseguire sono:
Indagini aggiuntive possono essere:
Patologie che si possono associare alla rinite sono:
Inoltre, l’ipertrofia della mucosa può causare l’occlusione degli osti; in caso di occlusione dell’ostio faringeo della tuba di Eustachio, l’orecchio medio non sarà più drenato e ciò può portare ad una otite media; nel caso in cui si ha occlusione di uno qualsiasi degli osti nasali dei seni, la rinite è accompagnata da una sinusite.
E molto spesso le due patologie si presentano insieme all’osservazione, tanto da parlare di rinosinusite. Questa è cronica se persiste per più di 12 settimane ed alla base può nascondere una poliposi nasale (i sintomi che ci possono indirizzare verso questa diagnosi sono l’ostruzione nasale che è FISSA e l’anosmia).
Il trattamento: il primo step dovrebbe essere quello di allontanare, quando possibile l’allergene ed educare il paziente a non entrare in contatto con esso o almeno a ridurre l’esposizione. Se ciò non è possibile, si ricorre alla farmacoterapia che è sintomatica e prevede l’utilizzo di antistaminici antagonisti dei recettori H1 con o meno associato uno steroide.
In particolare, il solo antistaminico dovrebbe essere usato per il trattamento delle riniti intermittenti lievi; mentre le intermittenti gravi e le persistenti dovrebbero essere trattate con l’antistaminico e lo steroide orale o inalatorio. Nel caso in cui si associ anche un asma allergico, a questi farmaci bisogna aggiungere anche un inibitore dei leucotrieni, il montelukast.
È preferibile, quando possibile e indicato, optare per la terapia desensibilizzante o immunoterapia specifica (ITS) che prevede la somministrazione in dosi crescenti dell’allergene in modo da scatenare non risposte TH2 ma TH1 che inducono tolleranza e sopprimono future risposte TH2 dopo una nuova riesposizione.
L’uso dei decongestionanti dovrebbe essere evitato e soprattutto non devono essere utilizzati per più di 10 giorni. Questo perché il decongestionante causa, sì, una riduzione dell’edema e quindi un sollievo immediato, ma la vasocostrizione persiste e a lungo andare ciò causa alterazioni nella mucosa nasale che la rendono ancora più suscettibile all’esposizione all’allergene. Inoltre, il decongestionante non elimina l’infiammazione, toglie il sintomo ma non la causa.
Asma bronchiale
Angioedema
Entità cliniche che si manifestano con edema del derma superficiale (orticaria) o del derma profondo e del tessuto sottocutaneo (angioedema) a carattere transitorio e ricorrente. Molto spesso le due patologie si presentano insieme all’osservazione; in questo caso si parla di sindrome orticaria-angioedema (SOA).
La patogenesi è legata alla liberazione di molecole vasoattive (vasodilatazione e vasopermeabilizzazione) quali l’istamina, i cisteinil-leucotrieni, (LTC4, LTD4, LTE4) ed il Platelet-Activating Factor (PAF) dai mastociti cutanei od all’accumulo di bradichinina e fattori del complemento.
L’angioedema può essere classificato in:
L’angioedema allergico che, nel suo insieme, rappresenta circa il 92% di tutti i casi, è legato a reazioni IgE – mediate scatenate da farmaci, alimenti, punture di insetti (per lo più imenotteri), polveri e pollini. Quindi, vista la patogenesi di questa manifestazione clinica, un soggetto che arriva alla nostra osservazione con angioedema ha in atto una reazione anafilattica che può sfociare in uno shock anafilattico. Il paziente va, infatti, tenuto in osservazione perché all’angioedema e all’orticaria (stadio 1 di anafilassi) possono essere segni e sintomi cardio-respiratori tipici dello shock anafilattico.
L’angioedema da cause fisiche, che rappresenta circa il 4% di tutti i casi, può essere scatenato dal freddo, dal caldo eccessivo, dalle radiazioni solari o dalle vibrazioni.
L’angioedema complemento – mediato rappresenta il restante 4% di tutti i casi. Di questi:
L’angioedema ereditario si trasmette con modalità autosomica dominante e si manifesta nell’80% dei casi prima dei 20 anni di età. È caratterizzato da attacchi ricorrenti di edema non pruriginoso, non infiammatorio, innescati anche da lievi microtraumi (caratteristica è la mano dello scrittore) o da tutte quelle manovre che vanno ad incidere sulla cute. Si sviluppa entro le 24 ore dal trauma e dura 5 giorni o più.
Il gene del C1INH è mappato sul cromosoma 11q12. La proteina codifica appartiene alla famiglia degli inibitori delle serin proteasi. Le mutazioni possono essere missenso (non c’è la proteina) oppure possono alterare il sito catalitico riducendo l’attività della proteina (basta che l’attività scenda al di sotto del 50% perché si manifesti la patologia).
Il C1INH interviene sia sulla cascata di attivazione del complemento, ma anche su quella coagulativa, fibrinolitica e delle chinine.
In particolare, sappiamo che il FXIIa va ad attivare la precallicreina in callicreina; questa a sua volta taglia i chininogeni ad alto peso molecolare, HMWK, in peptidi più piccoli, la bradichinina. Questa molecola lega i recettori B2 sulle cellule endoteliali e induce vasodilatazione. I freni di questo meccanismo sono dati proprio dal C1INH che blocca sia l’attivazione della precallicreina sia il taglio dei HMWK da parte della callicreina. Quindi, in assenza o in carenza del C1INH, questi freni vengono a mancare e si ha vasodilatazione ed edema anche quando non si dovrebbe avere.
Il recettore B2 è costitutivo, mentre il B1 è indotto dall’infiammazione e forse media il dolore cronico. Ad oggi esiste un antagonista recettoriale anti B2, ovvero l’ICATIBANT.
Un attacco di angioedema è caratterizzato da:
L’ostruzione laringea da angioedema può entrare in diagnosi differenziale con un attacco asmatico, ma in quest’ultimo:
L’angioedema acquisito nelle malattie autoimmuni può essere un sintomo precoce ed è causato dalla produzione di autoAb anti C1INH che ne favoriscono la degradazione. Nelle malattie linfoproliferative è secondario all’iperconsumo, visto che le cellule dei linfomi e dei mielomi tendono ad aumentarne la degradazione.
La terapia con ACE-inibitori è responsabile di casi di angioedema da ospedalizzare che si osserva in 2-10 pazienti su 10.000. L’angioedema può associarsi a tosse stizzosa e in genere si verifica durante le prime 3 settimane di terapia con ACE inibitori.
Il meccanismo è mediato dalla inibizione enzimatica del catabolismo della bradichinina.
Diagnosi differenziale
|
Allergico |
Complemento – Mediato |
Orticaria |
+ |
- |
Insorgenza |
Rapida (min) |
Lenta (ore) |
Durata |
12 - 24 h |
48 - 72 h |
Edema Laringeo |
+/- |
+ |
Broncospasmo |
Frequente |
Assente |
Dolore Addominale |
Raro |
Frequente |
Ipotensione |
+ |
- |
Terapia |
Adrenalina |
C1 inibitore |
L’ecallantide è un inibitore della callicreina.
L’Icatibant è l’unico presidio per i pazienti in cura con ACE-inibitori.
La profilassi a lungo termine prevede l’utilizzo di danazolo e anti-fibrinolitici quali l’acido tranexamico o l’acido e-aminocapronico.
Orticaria
Manifestazione clinica caratterizzata da vasodilatazione ed edema del derma superficiale, intensamente pruriginosa, a carattere transitorio e ricorrente con lesione caratteristica costituita dal pomfo, non infiltrata, solida, con periferia eritematosa e regione centrale biancastra. È fugace, infatti scompare rapidamente. Per evidenziare questa caratteristica, si possono disegnare i bordi del pomfo.
La patogenesi è legata alla liberazione di molecole vasoattive di derivazione cellulare (istamina, leucotrieni, prostaglandine, PAF) o generate nel siero/plasma (bradichinina, fattori del complemento).
Si distingue in:
L’orticaria scatenata da reazioni IgE – mediate si distingue in:
Gli alimenti più frequenti sono latte e uova (soprattutto nei bambini), frutta, legumi, crostacei e pesci; ma anche additivi alimentari come il salicilato di Na
Oritcaria da Immunoreazioni di tipo II (anticorpo-mediate):
Orticaria da Immunoreazioni di tipo III (da immunocomplessi):
Orticaria da Immunoreazioni di tipo IV (da ipersensibilità ritardata):
Orticaria da Infezioni:
Orticaria associata a neoplasie: Linfomi, Leucemie, Ca tiroideo, pancreatico e gastrointestinale
Orticaria a patogenesi extra-immunologica sono:
- da stimolazione meccanica: - Dermografismo, è il più frequente (circa il 9% di tutti i casi). Le lesioni eritemato-pomfoidi lineari che compaiono in seguito a grattamento o in sede di frizione con abiti, etc. entro 120 secondi e scompaiono in meno di un’ora. Viene messo in evidenza con una penna dermografica che, premuta sulla cute, scatena la reazione.
Orticaria-angioedema da pressione, insorge dopo 4-6 ore da uno stimolo intenso e persiste anche per più di un giorno. Si può manifestare in zone soggette a frizione con indumenti (bretelle e cinture) o a microtraumi (mani, piedi, glutei,…)
Angioedema vibratorio
Orticaria da decompressione
- da freddo: forma familiare, forma rara
forma acquisita, si può manifestare anche con angioedema; insorge da mezz’ora a 4 ore dopo esposizione allo stimolo termico: riduzione della temperatura, acqua o aria fredda, alimenti o bevande freddi, etc. Viene evidenziata con la prova del cubetto, ovvero si poggia sulla cute un cubetto di ghiaccio per circa 5 minuti.
- da caldo: localizzata
colinergica (generalizzata), rappresenta il 5-7% di tutti i casi; è caratterizzata da pomfi piccoli e diffusi soprattutto alla parte superiore del tronco e alla radice degli arti. Si manifesta in occasione di un aumento della temperatura corporea (esercizio fisico, bagno caldo, febbre, stress emotivo improvviso, cibi piccanti, spezie, alcool). Viene evidenziata con un test da sforzo fisico.
Anafilassi indotta da sforzo fisico
- da contatto: acqua genica, contatto con acqua a 36° C per 30 - 40 minuti
- da radiazioni : solare o radiazioni elettromagnetiche
Infine si ricordano: orticaria da sostanze istamino-liberatrici dirette quali alimenti e/o addittivi e/o farmaci; orticaria psicogena; Orticaria Pigmentosa (Mastocitosi); Orticaria idiopatica.
L’iter diagnostico segue i punti:
La terapia dovrebbe essere per lo più NON farmacologica, ovvero dovrebbe prevedere l’allontanamento del fattore scatenante e la riduzione dei fattori aggravanti (stress, riscaldamento eccessivo dell’ambiente, alcol, dieta,…). Nel caso in cui sia richiesto un supporto farmacologico, la terapia prevede l’utilizzo degli antistaminici anti H1 di prima e seconda generazione.
Anafilassi
L’Anafilassi è una reazione sistemica acuta determinata dalla secrezione massiva di mediatori da mastociti e basofili. Si presenta con manifestazioni cliniche diverse. Tra queste la compromissione respiratoria e cardiovascolare sono frequentemente fatali.
La Reazione anafilattoide si presenta con quadri clinici indistinguibili da quelli dell’anafilassi, ma avviene con meccanismi non IgE-mediati, spesso con formazione dei complessi Ag – IgG – FcγRII. O anche con attivazione diretta dei mastociti (forse per alterazione osmotica di membrana) o con attivazione dei recettori C5aR e C3aR. I mezzi di contrasto e gli anestetici possono agire sul mastocita per l’attivazione diretta. Gli Ab monoclonali possono formare immunocomplessi con le IgG e dare reazione anafilattoide.
Nella reazione anafilattica il legame con Ag – IgE – FcεRI sui mastociti scatena il rilascio dell’istamina; mentre nella reazione anafilattoide, l’attivazione del FcγRII su basofili e l’ FcγRIII sui macrofagi induce il rilascio del PAF.
Il tempo di insorgenza di queste reazioni è di solito “immediato” (minuti à 2 ore), ma può essere ritardato fino ad alcune ore.
Nell’uomo non c’è correlazione tra quantità di IgE specifiche e gravità della reazione.
Gli agenti che causano più frequentemente anafilassi sono: le punture di imenotteri, le arachidi, e in aumento gli antibiotici, gli anestetici e i mezzi di contrasto.
L’effetto dell’istamina e del PAF è la vasodilatazione.
Gli eventi che si susseguono in una reazione anafilattica sono:
Si può, così, distinguere in stadi la reazione anafilattica:
Ad un soggetto che viene alla nostra osservazione vanno rilevati: lo stato di coscienza, la FC e la PA, la FR e la saturazione di ossigeno, la temperatura e la diuresi.
Possono essere presenti: orticaria, angioedema, cute fredda e umida, sudorazione fredda, pallore e riempimento capillare ritardato; sintomi gastrici, raucedine, starnuti, stridore laringeo e voce bitonale per edema laringeo, disfagia.
In anestesia generale, gli unici parametri che possono essere monitorati sono la PA e la saO2: bruschi cali improvvisi della PA o della saO2 o la comparsa di aritmie, possono essere suggestivi di reazione anafilattica da anestetico.
La terapia d’urgenza consiste:
monitoraggio ECG. La tachicardia non costituisce MAI controindicazione alla somministrazione di adrenalina nello shock anafilattico. È il farmaco di prima scelta e blocca prima di tutto il broncospasmo e l’ipotensione; successivamente anche i mediatori molecolari.
L’anafilassi bifasica è una reazione caratterizzata dal ripetersi dell’episodio acuto (ipotensione, tachicardia, broncospasmo, sintomi cutanei e gastrointestinali) a distanza di 2-8 ore dal primo episodio ed indipendentemente dal trattamento. Può verificarsi nel 20% dei casi di anafilassi sistemica severa pertanto non è possibile prevedere quali pazienti con anafilassi sistemica manifesteranno una anafilassi bifasica. Di conseguenza, tutti i pazienti che hanno presentato un episodio di anafilassi sistemica devono essere ospedalizzati e monitorati per 24 ore.
L’anafilassi protratta è quella condizione caratterizzata dalla persistenza dei sintomi respiratori e cardiovascolari dopo un episodio acuto per più di un ora e fino ad un giorno nonostante un adeguato regime terapeutico. Si verifica soprattutto nell’anafilassi da alimenti perché l’assorbimento continua anche dopo l’evento acuto.
Fattori di rischio per l’anafilassi severa sono: l’asma bronchiale; l’assunzione di beta-bloccanti o di ACEinib. In particolare nei pazienti in trattamento con b-bloccanti: l’anafilassi ha un decorso più severo (marcata ipotensione e broncospasmo) spesso protratto o recidivante ed è più resistente alla terapia. Alcuni sintomi iniziali (tachicardia) possono essere assenti perché mascherati dall’effetto del farmaco: ciò causa un ritardo nell’inizio del trattamento.
Test per il monitoraggio allergologico sono:
Criteri Diagnostici dell’Anafilassi
2. Due o più dei seguenti sintomi che insorgono rapidamente (da pochi minuti fino ad alcune ore) dopo l’esposizione ad allergeni probabili per quel paziente, oppure
Mastocitosi
Sono un gruppo eterogeneo di patologie accomunate da un netto aumento dei mastociti, abbondanti nelle zone di frontiera (cute, polmone, fegato, apparato gastrointestinale, cuore, milza, linfonodi). Alla base vi è una mutazione somatica nei mastociti di c-Kit (mutazioni gain of function).
Il recettore c-Kit lega il fattore di crescita SCF (Stem Cell Factor), un dimero, che provoca la dimerizzazione e la autocatalisi dei siti tirosin-kinasici. L’attivazione dei recettori attiva almeno tre pathway: via PI3k-Akt per l’inibizione dell’apoptosi; via JaK-STAT nella regolazione della proliferazione; via RAS nella regolazione dello stato di attivazione del mastocita.
Nelle mastocitosi, la mutazione più frequente è la D816V che probabilmente favorisce il pathway di proliferazione; mentre nella MAS (Mastcell Activation Syndrome) e nella MMAS (Monoclonal Mastcell Activation Syndrome) la mutazione è in sito diverso che probabilmente favorisce il pathway di attivazione mastocitaria. Di conseguenza i sintomi dipendono o dall’iperattivazione e quindi dall’eccesso di mediatori in circolo, o dall’iperproliferazione e quindi da infiltrazione d’organo. L’iperplasia mastocitaria, dal momento che la proliferazione non è conseguenza di una mutazione nel recettore, è una condizione reversibile.
La mastocitosi è una malattia quasi esclusivamente cutanea e pediatrica (85% dei casi); il rimanente 15% comprende le mastocitosi sistemiche di cui il 10% è rappresentato dalle mastocitosi sistemiche indolenti a prognosi benigna, e il 5% da mastocitosi sistemiche aggressive metastatizzanti.
Delle cutanee, la forma più frequente è l’orticaria pigmentosa, caratterizzata da lesioni cutanee stabili, pigmentate dal rosso al marroncino (per l’iperproduzione di melanina sotto lo stimolo dell’MSH. Il flushing (simile ad una vampata di calore diffusa a tutto il corpo) si manifesta soprattutto dopo ingestione di alimenti. Tra i sintomi neurologici abbiamo cefalea e depressione, per il rilascio di serotonina. Tra i sintomi gastrointestinali diarrea e gastrite/ulcera. Altri sintomi sono: dolori osteo-articolari, osteoporosi/osteosclerosi; bronco costrizione, ipotensione, alterazione della coagulazione (per rilascio di eparina), cachessia (da rilascio di IL-6 e TNFα). Molto spesso c’è ipereosinofilia per rilascio di GM-CSF e IL-5.
Frequentemente le anafilassi ricorrenti idiopatiche nascondono una mastocitosi sistemica.
All’esame obiettivo si può evocare il SEGNO DI DARIER, ovvero si gratta la lesione, senza provocare escoriazione; la stimolazione meccanica causa la degranulazione dei mastociti e come conseguenza si può osservare la formazione del pomfo. Questo segno è patognomonico di mastocitosi cutanea.
Nel 95% dei casi in età pediatrica, la patologia si risolve spontaneamente entro i 18-20 anni di età senza esiti. Nell’adulto, invece, la condizione si mantiene e persistono gli esiti pigmentari cutanei.
Una variante diffusa nei bambini è la forma bolloso, dove al posto delle lesioni purpuriche si possono osservare vescico-bolle sierose. In questo caso è importante evitare la rottura delle bolle in modo che non si abbiano sovrainfezioni delle lesioni (impetiginizzazione).
Altre forme di mastocitosi cutanea sono la forma esfoliativa o la mastocitosi solitaria o mastocitoma dove si può rilevare un’unica lesione, infiltrata e rilevata.
Nell’adulto la mastocitosi è quasi sempre sistemica, quindi un soggetto con età >18 anni con segni clinici di mastocitosi cutanea deve affrontare sempre un ulteriore percorso diagnostico per escludere o confermare una m. sistemica.
L’esame di primo livello è il dosaggio della TRIPTASI sierica.
È una serina proteasi accumulata nei granuli dei mastociti (in piccole quantità nelle cellule staminali e nei basofili) di p.m. 134 kDa e presente in due isoforme:
- α triptasi, che viene secreta continuamente dal mastocita ed è espressione di crescita
- β triptasi, contenuta nei granuli e rilasciato solo in seguito alla degranulazione, è quindi espressione di attivazione mastocitaria.
Nella m. sistemica i livelli di triptasi sono, infatti, elevati raggiungendo anche i 600 μg/L.
Ma bastano livelli superiori ai 20 ng/mL per porre il sospetto diagnostico di m. sistemica.
Livelli al di sopra dei 100 ng/mL possono indirizzare già verso una m. sistemica anche in soggetti con meno di 18 anni di età.
Una diagnosi definitiva di m. sistemica deve soddisfare dei criteri diagnostici, ovvero:
Basta che sia soddisfatto il criterio maggiore ed uno minore, oppure 3 minori per fare diagnosi certa di mastocitosi sistemica.
La ricerca delle mutazioni di c-Kit e dei marcatori di clonalità va eseguita su biopsia midollare o tessutale con immunoistochimica.
La mastocitosi sistemica può essere infine stadiata in:
N.B.: nelle m. sistemiche le IgE totali sono INDOSABILI perché vengono catturate dai mastociti.
I sintomi iniziali più frequenti di m. sistemica sono: flushing (80%), orticaria (70%), anafilassi e ipotensione (40%), cefalea (30%), vomito e diarrea (35%).
Le cause più frequenti di anafilassi nella mastocitosi sono le punture di imenotteri e l’assunzione di acido acetilsalicilico e FANS che bloccano la sintesi di PGE2, un freno per i mastociti.
Non è necessaria terapia nella mastocitosi cutanea pediatrica o nell’adulto e nella mastocitosi sistemica indolente; in questi casi si attua il wait and watch.
Nei casi di mastocitosi sistemica grave la terapia prevede antistaminici anti H1 o anti H2, anti cysLT4, corticosteroidi, adrenalina per gli shock anafilattici, …
Nei casi di mastocitosi sistemica aggressiva si deve ricorrere alla chemioterapia citotossica.
Risposta avversa a farmaci
È una risposta nociva e indesiderata ad una molecola farmacologica che si verifica alle dosi generalmente utilizzate nell’uomo per la profilassi, la diagnosi o la terapia di una malattia, o per modificare una funzione fisiologica.
Si distinguono in:
Le reazioni di tipo B si differenziano a loro volta in:
I farmaci possono comportarsi anche come allergeni completi legando direttamente gli anticorpi oppure reagire come apteni legandosi a proteine plasmatiche o cellulari come avviene per i FANS, gli anticoagulanti, i chemioterapici (soprattutto i platani e i taxani) e alcuni antibiotici.
Risalire dalla sola anamnesi a una reazione avversa a farmaco manifesta o pregressa, è molto difficile visto che lo stesso principio attivo viene commercializzato sotto vari nomi.
Le reazioni immunologiche IgE-mediate immediate comprendono soprattutto l’orticaria, l’angioedema e l’anafilassi. Fattori di rischio sono:
Le reazioni immunologiche di tipo II anticorpo-mediate causano soprattutto anemie emolitiche, piastrinopenia, leucopenie, glomerulo nefriti o necrosi tubulare.
Queste manifestazioni sono legate alla formazione di Ab – farmaco-dipendenti; in particolare:
Nelle reazioni di tipo III da immunocomplessi, il farmaco legato agli anticorpi attiva i mastociti e le cellule infiammatorie che rilasciano fattori che provocano la vasodilatazione dell’endotelio dei vasi (istamina e PAF). In questo modo si espone la membrana basale agli immunocomplessi che qui si vanno a fissare scatenando l’attivazione del complemento. Le anafilotossine (C3a e C5a) che si formano richiamano le cellule infiammatorie e la reazione che ne consegue causa prima distruzione dell’endotelio e quindi rigenerazione in senso fibrotico. Finale: il vaso diventa stenotico per fibrosi.
Queste reazioni si verificano molto spesso nelle regioni più declivi perché qui la pressione è più alta e la forza idrostatica permette un più facile stravaso degli immunocomplessi. Queste zone sono caratterizzate da aree di necrosi cutanee ulcerate.
Nelle reazioni di tipo IV si hanno manifestazioni simil-LES (tipico degli antiepilettici). Gli antineoplastici possono dare una dermatite desquamata e infiltrata da linfociti.
Le reazioni di tipo IV sono le più gravi perché sono difficili da gestire. Tra queste ricordiamo:
Varianti delle reazioni immunologiche di tipo IV sono le reazioni granulomatose. Tra i farmaci che possono dare queste reazioni vi è soprattutto il metotrexano (immunosoppressore) e i granulomi si registrano in particolare nel tessuto polmonare e in quello epatico.
Lo scopo della diagnosi è quello di individuare il farmaco che ha scatenato la reazione (se c’è stata davvero) e individuare, quindi, un farmaco alternativo.
Se i sintomi sono in atto, sospendere l’assunzione e attenderne la risoluzione. Di poi, si possono eseguire:
Il BAT consiste nel mescolare in provetta i basofili del paziente con il farmaco sospetto e mettere in evidenza la degranulazione con la ricerca dei marcatori CD63 e CD203.
CD63 è presente nel granulo, quindi non si trova in provetta se il basofilo non ha de granulato; CD203 viene upregolato nella degranulazione ma viene comunque espresso a basse concentrazioni in membrane, quindi non è un marcatore specifico di attivazione.
Test di scatenamento, si effettua SOLO quando la reazione è stata lieve-moderata e di ipersensibilità di tipo I (cioè il paziente riferisce solo orticaria, flushing e prurito) e va eseguito SOLO quando il farmaco è insostituibile (è il caso degli antineoplastici e degli antiaggreganti). Si effettua per somministrazione per os partendo da 1/1000 di dose, proseguendo con 1/100 e quindi 1/10 e così via, fino a quando non evidenzia la dose che dà reazione.
Test di tolleranza a farmaco alternativo: si effettua quando il paziente ha avuto reazioni di ipersensibilità di tipo II o addirittura anafilassi, e quando il farmaco può essere sostituito con altre molecole (è il caso degli antibiotici). Il paziente va monitorato e tenuto in accesso venoso.
Allergie alimentari
Ipereosinofilie
La concentrazione di eosinofili nel sangue normalmente è inferiore alle 500 unità/mm3 ; con concentrazioni comprese tra 500-1000 unità/mm3 si parla di HES lieve; tra 1000-1500 unità/mm3 di HES moderata e oltre le 1500 unità/mm3 di HES severa. Da ricordare che per ogni eosinofilo nel sangue, ce ne sono almeno 20 nei tessuti di frontiera dove arrivano dopo 24 ore e permangono per circa 5-8 giorni.
L’HES è una condizione che si associa a molte patologie e quindi, in prima istanza, il sospetto diagnostico deve essere volto a ricercare una patologia di base che provoca l’aumento degli eosinofili in circolo. La diagnosi di HES primitiva è una diagnosi per esclusione.
Vanno escluse:
La cellula responsabile di queste sindromi è l’eosinofilo. Quest’ultimo può modificare la sua morfologia in base allo stato di attivazione: attivato diventa ipodenso, ovvero più grande, si svuota di molti dei suoi granuli e si arricchisce di RER e i prodotti di secrezione sono per lo più citochine pro infiammatorie quali TNFα, IL6, IL16, IL4 che indirizzano verso una risposta TH2; IL5 e GM-CSF che a feedback positivo mantengono e inducono la sopravvivenza dell’eosinofilo in loco; RANTES e IL8 per il reclutamento delle cellule infiammatorie.
L’eosinofilo normodenso si è visto, invece, che tende a secernere per lo più citochine che spengono la risposta infiammatoria quali il TGF-β e IL12; l’INF-γ e IL12 che indirizzano verso una risposta di tipo TH1.
Nelle HES si osservano, per lo più, eosinofili ipodensi.
Le manifestazioni che si possono osservare sono: la DRESS (vedi reazione avversa a farmaco); una nefrite interstiziale con HE da reazione a farmaco, soprattutto FANS e antibiotici; la mastocitosi sistemica; la sindrome Iper IgE legata a mutazioni di STAT5 che causa infezioni recidivanti eczematose che possono impetiginizzarsi (sovrainfettarsi).
Si parla di HES quando, una volta escluse altre patologie di base, la condizione di ipereosinofilia si mantiene per più di 6 mesi, in quanto alcune condizioni temporanee possono lasciare come coda un aumento della concentrazione degli eosinofili anche per alcuni mesi.
Le HES si dividono in sistemiche e d’organo.
Le sistemiche comprendono:
Le manifestazioni sono legate sia all’infiltrazione d’organo sia al rilascio di mediatori. Si possono osservare a livello di:
La polmonite eosinofila, in particolare, è caratterizzata da tosse secca, dispnea, febbre, dolore toracico, aumento di VES e PCR, può mancare l’ipereosinofilia periferica. Risultano overespressi le molecole di adesione ICAM1 e VCAM1 sulle cellule endoteliali.
I fenomeni tromboembolici sono scatenati, invece, dal rilascio da parte dell’eosinofilo dell’ECP che lega l’eparina inattivandola e della MBF che lega la trombomodulina. In più la perossidasi eosinofila genera un prodotto di ossidazione che induce il tissue factor.
Flow chart diagnostica
Eosinofilia à se asintomatico o se i sintomi sono lievi-moderati applicare il wait and watch e far ripetere le indagini dopo 2-3 settimane à se confermata procedere ad escludere patologie associate, quindi effettuare:
se vengono escluse tutte queste cause, allora si fa diagnosi di HES che va trattata solo i sintomi sono gravi, ricorrenti e/o invalidanti. Nella FIP1L1 si ricorre all’imatinib e bisogna monitorare la cardiotossicità.
Nelle altre HES si ricorre ai corticosteroidi. La strategia terapeutica prevede un primo periodo di attacco con alte dosi di farmaco, quindi una riduzione graduale fino a trovare una dose ideale che non permette la ricomparsa della malattia ma che al di sotto della quale si può rimanifestare, ovvero si deve indurre una remissione della malattia e se, necessario, continuare con dosi di mantenimento o se il paziente risponde alla terapia, sospendere del tutto il farmaco.
Se nonostante la dose di mantenimento, il paziente tende ad avere ricadute, allora al corticosteroide si aggiunge anche un immunosoppressore quale la ciclosporina o l’azatioprina.
Farmaci di seconda linea sono gli anticorpi monoclonali anti-IL5 o anti-CD52.
Vasculiti
Le vasculiti costituiscono un gruppo di condizioni morbose, eterogenee dal punto di vista clinico e patogenetico, caratterizzate da infiammazione e necrosi a tutto spessore delle pareti vasali. Ne conseguono riduzione fino all’occlusione del lume vasale ed ischemia dei tessuti irrorati dai vasi coinvolti nel processo vasculitico. Sono malattie da immunocomplessi. Gli effetti vanno dall’infiammazione; alla necrosi fibrinoide così chiamata perché assume l’affinità tintoriale per la fibrina ma il materiale contiene anche molti elementi del sistema immunitario come Ig e complemento; alla generazione di cicatrici o alla formazione di trombi o ancora all’indebolimento della parete con formazione di aneurismi.
Il trombo può formarsi anche come risposta all’infiammazione, ma non è mai un evento primario. In più, visto che i processi sono lenti, tendono a formarsi circuiti anastomotici che riducono la sintomatologia circolatoria.
Le vasculiti vengono divise in:
È il prototipo delle vasculiti ANCA positive.
Gli ANCA o Anti-Neutrophil Cytoplasmic Antibodies sono anticorpi diretti:
c-ANCA o citoplasmatici verso la proteinasi 3
p-ANCA o perinucleari verso la MPO, l’elastasi e la lattoferrina
x-ANCA sono gli atipici
La differenza tra p- e c-ANCA è data dal fatto che le varie proteine quando vengono fissate con etanolo, precipitano in maniera diversa: quelle che non precipitano permangono nel citoplasma (c-ANCA) e all’immunofluorescenza danno un contorno definito della cellula; mentre altre precipitano intorno al nucleo (p-ANCA) e all’immunofluorescenza danno contorni esterni sfumati della cellula ma evidenziano invece un netto contorno della membrana nucleare.
Nella granulomatosi di Wegener, nel 60% dei casi, si ritrovano gli c-ANCA; mentre nella PAM i p-ANCA.
La cute è l’organo più interessato, con lesioni tipiche:
Le strategie terapeutiche prevedono l’utilizzo di corticosteroidi in associazione a immunosoppressori quali la ciclofosfamide per indurre la remissione della malattia che va mantenuta con dosi di sostegno per almeno 2-3 anni.
Malattia Reumatica
La Malattia Reumatica o Reumatismo Articolare Acuto è una malattia autoimmune il cui agente etiologico è la Streptococco b-emolitico di gruppo A e la cui patogenesi è in gran parte sconosciuta.
L’incidenza si è costantemente ridotta negli ultimi decenni nei paesi industrializzati mentre rappresenta un serio problema nei paesi del terzo mondo dove si ha una prevalenza di 2,2 casi/1000 adolescenti in quanto si trascura la profilassi antibiotica nella faringite streptococcica.
La storia naturale della malattia prevede 4 fasi:
Alcuni ceppi di streptococchi possono dare la scarlattina e l’erisipela (m. infiammatoria cutanea) che non lasciano mai lo strascico della m. reumatica. Altri ceppi possono dare glomerulo nefrite post-streptococcica, eritema nodoso e porpora di Schonlein-Henoch.
In casi sospetti, si dovrebbe eseguire il tampone orofaringeo prima dell’inizio della somministrazione antibiotica. Il tampone può essere messo in coltura su piastre di agar sangue, ma il tempo di risposta è di circa 2 giorni; oppure si può ricorrere al test rapido immunoenzimatico che dà una risposta in circa 2 ore. È possibile la presenza di streptococchi b-emolitici allo stato saprofitico nel cavo orofaringeo (carrier); queste persone diventano fonti di infezione per i soggetti con malattia reumatica.
Lo streptococco presenta antigeni extracellulari tipici, quali:
Gli antigeni cellulari dosati sono la proteina M tramite lo STREPTO-M test e il polisaccaride A.
Il TAS, però, non è specifico di infezione e non è predittivo di malattia reumatica. Il titolo può, inoltre, restare elevato anche per molti mesi dopo l’evento primario. Elevati livelli di TAS sono rilevabili nel 25-30% dei bambini in età scolare in assenza di patologia streptococcica in atto e rappresentano esclusivamente un meccanismo di difesa. Maggiormente predittivi sono lo Streptozyme e lo Strepto-M test perché i loro livelli si alzano dopo 4-6 settimane dall’infezione acuta, raggiungono l’acme in 2-3 mesi e ritornano normali entro 5-6 mesi. Quindi è possibile seguire l’andamento della malattia.
I criteri diagnostici si dividono in maggiori e minori. I criteri maggiori sono:
Tra i criteri minori ricordiamo:
Per porre diagnosi di m. reumatica sono necessari 2 criteri maggiori oppure 1 criterio maggiore più alcuni minori.
Il primo obiettivo è la prevenzione primaria, quindi in teoria tutti i pazienti con faringite dovrebbero eseguire il test per la ricerca dello streptococco β-emolitico. Nel caso di positività al test, il batterio va eradicato completamente con terapia antibiotica; dopo 10 giorni dal termine della terapia si rieffettua il tampone. Si può dire che la malattia è stata superata solo se il tampone è negativo. Dovrebbero essere testati anche i familiari già alla prima infezione, ma anche nelle recidive per escludere lo stato di carrier.
La terapia si basa sull’utilizzo della penicillina in dose unica i.m. oppure si somministra ampicillina o amoxicillina per os per 6 giorni. I macrolidi dovrebbero essere riservati ai soggetti allergici alle penicilline.
La prevenzione secondaria è riservata ai soggetti che hanno superato la malattia acuta e devono evitare le recidive. In questi casi va eseguita una profilassi continua con amoxicillina continua oppure con penicillina i.m. ogni 3 settimane. Questo ciclo di terapia va continuato fino al 21° anno di età oppure fino al 5° anno dall’ultimo episodio.
Tutti i pazienti che hanno avuto una cardite reumatica o che hanno vizi valvolari congeniti, devono eseguire una profilassi antibiotica prima di qualsiasi intervento anche odontoiatrico.
Lupus Eritematoso Sistemico
Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) è una malattia ad etiologia sconosciuta caratterizzata da una grave compromissione del sistema immunitario con sviluppo di cloni autoreattivi ed un interessamento diffuso del connettivo. Nel LES possono osservarsi lesioni a carico di tutti gli organi ed apparati, da sole od in associazione, con andamento caratterizzato da remissioni e riacutizzazioni, spesso ad esito infausto. Il Lupus Eritematoso Discoide (LED) è una patologia cutanea caratterizzata prevalentemente da lesioni eritematose, vescisolari o nodulari con esiti cicatriziali atrofici o rilevati.
L’esordio della malattia si ha soprattutto nella seconda decade di vita ed è più frequente nel sesso femminile dopo la pubertà.
Fattori predisponenti sono:
La manifestazione classica è il rush a farfalla, così detto perché interessa le zone malari e il dorso del naso, ma qualsiasi altra sede cutanea fotoesposta può presentare un rush eritematoso evanescente. Può essere presente vasculite cutanea con atrofia delle cicatrici o evoluzione delle lesioni in ulcere. È presente Raynaud con possibile necrosi periungueale. La manifestazione più grave è la nefrite lupica.
Alcuni farmaci possono scatenare una sindrome simil-LES; quelli accertati sono la procainamide e la idralazina, mentre per la metildopa e alcuni anticonvulsivanti il rapporto non è ancora così ben definito.
Per porre diagnosi di LES devono essere presenti ALMENO 4 dei seguenti criteri:
Il fenomeno LE è stato il primo test per il LES. In questo test soluzioni di globuli rossi del paziente affetto più leucociti causavano la fagocitosi dei globuli rossi per la presenza di autoAb sulla loro membrana.
Gli ANA sono una grande famiglia di anticorpi e la dicitura ANA+ non è predittiva di alcuna patologia. È necessario, infatti, ricercare le sottoclassi. Tra queste abbiamo gli Ab anti-DNAnativo, gli Ab anti-DNAdenaturato, gli Ab anti-istoni, e anche Ab anti-cellule ematiche che causano citotossicità anticorpo-mediata con conseguente anemia emolitica o piastrinopenia o leucopenia a seconda delle cellule interessate.
Gli Ab anti-DNAnativo sono utili per il follow-up, mentre gli Ab anti-Sm (una riboproteina contenuta nello spliceosoma) sono specifici per il LES.
Il Reuma-Test è frequentemente positivo.
Gli Ab anti-N-metil-aspartato sono presenti soprattutto nei soggetti con coinvolgimento del SNC.
Altre manifestazioni che si possono osservare in corso di LES sono:
In base ai sintomi il LES può essere:
Nei casi di LES lieve si consiglia di evitare l’esposizione alla luce solare anche con l’utilizzo di creme protettive contenenti acido paraminobenzoico (PABA). Per rimettere i sintomi si può utilizzare l’idrossiclorochina supportata da prednisone.
Nei casi di LES moderato/severo la terapia va eseguita con cortisonici e ciclofosfamide fino alla remissione che va mantenuta a basse dosi.
Sindrome da Ab anti-fosfolipi (APS)
La APS è una entità clinica eterogenea caratterizzata dallo sviluppo di trombosi arteriose e/o venose, da aborti ricorrenti, piastrinopenia e dalla presenza di una famiglia di autoanticorpi che riconoscono diverse proteine interagenti con i fosfolipidi. Sono Ab anti-cardiolipina, anti-fosfatidilcolina, anti-fosfatidilserina,… ma in realtà sono Ab che riconoscono le proteine che legano i fosfolipidi come la β2-glicoproteina I e l’anti-protrombina. Altre proteine coinvolte sono proteina C, proteina S, annessina V, chininogeno, LDL ossidate, attivatore del plasminogeno tissutale, fattore XII, C4, fattore VII.
L’APS può anche essere secondaria a LES o altre malattie autoimmuni, a malattie infettive come la sifilide e la TBC, tumori, farmaci o emodialisi.
Un test per la ricerca degli anticorpi è il Lupus Anticoagulante o LAC.
Questo test utilizza Ab che reagiscono con la β2-glicoproteina I e in più si verifica il siero del paziente per i tempi di coagulazione.
In particolare: in vivo gli Ab anti- β2-glicoproteina I aumentano il rischio di trombosi, mentre in vitro allungano il PT e l’aPTT. Questi dati vanno confermati da altri test sulla coagulazione quali il diluited prothrombin time, il kaolin clotting time, il diluited russell’s viper time, ecc…
Nei soggetti sani è possibile rilevare bassi livelli di Ab anti-fosfolipidi che possono aumentare fisiologicamente durante le normali risposte immunitarie. Quindi la presenza di valori border-line di anticorpi non hanno alcun significato diagnostico, anche perché si possono rilevare anche in pazienti trombotici non APS.
Nelle biopsie cutanee LES-associate si evidenzia una vasculite leucocitoclastica, mentre nelle APS non c’è quasi mai infiammazione ma si evidenziano coaguli e micro coaguli.
Nell’APS non c’è MAI innalzamento di VES, PCR e fibrinogeno.
L’APS catastrofica è una rara e grave patologia perché ha un decorso di poche settimane con interessamento renale, polmonare, neurologico e cardiaco con trombosi massive e ripetute a stretto legame con le microangiopatie (sono patologie con alterazioni delle cellule endoteliali soprattutto nel microcircolo). Le forme più gravi evolvono in CID.
I criteri diagnostici di Sapporo comprendono:
Trombosi: arteriosa, e/o venosa, e/o dei piccoli vasi
Una o più morti fetali dopo la decima settimana di gestazione oppure tre o più aborti inspiegati consecutivi prima della decima settimana di gestazione oppure una o più nascite premature di bambino sano prima della 34 settimana di gestazione a causa di preeclampsia severa, o eclampsia, o insufficienza placentale severa
Anticorpi Anticardiolipina (IgG o IgM), titolo moderato-alto, in due determinazioni a distanza di 6 settimane oppure positività dell’anticoagulante lupico in due determinazioni a distanza di 6 settimane
Tra i sintomi più frequenti abbiamo:
La prevenzione si effettua: valutando gli altri fattori di rischio trombofilico quali: l’omocisteinemia, l’ipertensione arteriosa, il fumo, il diabete e l’ipercolesterolemia.
Il trattamento è identico a quello di pazienti senza APL con Eparina non frazionata o a basso p.m. e anticoagulanti orali in modo da mantenere un INR target > 3.
Il trattamento deve essere continuato per tutta la vita anche se gli APL non sono più rilevabili.
Sarcoidosi
È una malattia granulomatosa ad eziologia non nota e patogenesi immunologica. Può avere decorso acuto, subacuto (i sintomi variano d’intensità ma non si risolvono) o cronico.
La storia naturale per stadi istologici prevede:
Il test di Kvaim per la sarcoidosi è ormai inutilizzato perchè si effettuava una intradermoreazione con un estratto filtrato di granuloma di un paziente con accertata sarcoidosi.
L’antigene che scatena la reazione granulomatosa è forse di origine batterica e forse hanno un qualche ruolo o il micobatterio della tubercolosi o il Propionibacterium acnes. In più si sviluppa una risposta TH1 con comparsa delle cellule effettrici.
La diagnosi differenziale va posta con le malattie infettive polmonari, le granulomatosi da miceti o quelle professionali, le polmoniti da ipersensibilità di tipo IV come la polmonite degli uccelli o degli acari dei silos, granulomi di tipo neoplastico come può essere un linfoma a localizzazione polmonare, cirrosi biliare polmonare e altre malattie di tipo immunologico.
Nella sarcoidosi i sintomi sistemici sono molto marcati : c’è astenia, facile stancabilità, anoressia, calo ponderale, febbre e debolezza ingravescente.
I sintomi più frequenti sono legati a :
1° stadio = linfadenopatia ilare bilaterale con linfonodi calcifici, può apparire rinforzo della trama bronchiale
3° stadio = coalescenza dei granulomi mai cavitati con infiltrati polmonari
4° stadio = scomparsa della linfadenopatia, ma si può evidenziare una diffusa fibrosi interstiziale
Nel lavaggio broncoalveolare (BAL) si effettua la conta numerica delle cellule e si procede alla tipizzazione. In caso di sarcoidosi le cellule infiammatorie superano il milione/mL con un aumento della percentuale dei linfociti T CD4+ e con rapporto CD4/CD8 a favore dei linfociti T CD4+.
Inoltre, non solo i linfonodi ilari, ma qualsiasi stazione linfonodale può essere colpita. I linfonodi appaiono ingranditi, mobili sui piani sottostanti, non confluenti e non dolenti.
La sindrome di Lofgren è la massima espressione di sarcoidosi acuta caratterizzata da linfadenopatia, eritema nodoso e artralgia.
Iter diagnostico prevede: anamnesi e l’esame obiettivo; biopsia; RX torace; test di funzionalità respiratoria; ECG e un esame oftalmologico.
Per decidere se eseguire o meno la terapia è necessario capire se la malattia è in una fase attiva e se sì, stadiarla, in quanto la somministrazione di glucocorticoidi può aggravare una patologia renale o cardiaca in associazione.
Per questo motivo si ricorre alla scintigrafia con Gallio 67. Nello stadio attivo le sedi del MALT sono ipercaptanti e a livello della testa si può evidenziare il cosiddetto “segno del panda”.
Ovvero le ghiandole lacrimali, le parotidi, le sottomandibolari e l’anello orofaringeo del Waldayer disegnano questo quadro caratteristico che ricorda la faccia di un panda.
Inoltre, VES e PCR sono aumentate; c’è ipogammaglobulinemia policlonale; anemia, leucopenia, piastrinopenia forse per splenomegalia; aumento dei livelli di ACE, sIL-2R, neopterina e lisozima; ipercalcemia e/o ipercalciuria.
La terapia consiste essenzialmente nel wait and watch.
Nei casi gravi e ingravescenti si utilizzano i corticosteroidi ad alti dosaggi: infatti fino a 0,5 mg/Kg di peso corporeo i corticosteroidi hanno effetto antinfiammatorio; mentre tra 0,5-1 mg/Kg di peso corporeo gli effetti sono immunosoppressivi. Gli effetti collaterali sono evidenti anche a dosaggi bassi e dipendono dalla durata del trattamento.
Nella fase di mantenimento si possono associare immunosoppressori quali la ciclosporina, il metotrexano e l’azatioprina.
Fonte: http://www.mediciunisa.it/Allergologia.doc
Sito web da visitare: http://www.mediciunisa.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.
I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve