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E’ una malattia infettiva zoonotica; sistemica, a decorso acuto, subacuto o cronico; a sintomatologia talvolta polimorfa, ma di solito costituita da febbre, sudorazione, epatosplenomegalia e artromialgie.
E’ provocata da shizomiceti del genere Brucella; sono piccoli bacilli (coccobacilli), Gram negativi, immobili, asporigeni, aerobi obbligati.
Brucelle
In condizioni naturali sono abbastanza resistenti all’essiccamento e possono sopravvivere diverse settimane nell’ambiente esterno, nella polvere, nel concime e nel terreno poco soleggiato; rimangono vitali più a lungo (2-3 mesi) nei latticini (burro, formaggi etc.); vengono inattivate dalla acidificazione del latte, dalla pastorizzazione e dai comuni disinfettanti; acido fenico all’1%, formaldeide, composti quaternari dell’ammonio, etc.
Hanno particolari esigenze naturali ed anche in terreni arricchiti di particolari peptoni (trypticase-soy) si sviluppano lentamente.
Pur avendo tutti gli stipiti del genere Brucella una spiccata analogia del DNA, ed un rapporto guanina/citosina compreso tra 55 e 59,5 sufficiente per includerli in una singola specie, vengono tuttora unanimemente suddivisi, in base ai caratteri biochimici, metabolici ed antigenici in specie e biovar o biotipi
Tab. 1 Specie e biotipi del genere Brucella e patogenicità per l’uomo
Specie (n° biotipi) |
Biotipi |
Prevalenza in alcune aree geografiche |
Ospite naturale |
Patogenicità per l’uomo |
B. melitensis |
1 |
Malta |
ovini e caprini |
alta |
(3) |
2 |
Italia |
“ |
“ |
|
3 |
Francia e Africa |
“ |
“ |
B. abortus |
1 |
Nord Europa, Africa, India, |
bovini e bovidi* |
moderata** |
|
3 |
Italia, Africa, Medio Oriente |
“ |
“ |
|
4-6 |
Italia |
“ |
“ |
B. suis |
1 |
Nord e Sud America |
suini |
alta |
(5) |
2 |
Nord Europa |
“ |
bassa |
|
3 |
Nord America, Cina |
“ |
alta |
|
4 |
Alaska, Siberia |
renne |
moderata |
|
5 |
Russia |
roditori |
alta |
B. canis |
|
Nord America |
cane |
bassa |
B. ovis |
|
California, Sud Africa, Nuova Zelanda |
pecora |
assente |
B. neotomae |
|
Nord America |
roditori |
assente |
* Cammelli, bufali, lama
** tendenza alla cronicità
Le brucelle, diffuse in tutto il mondo, sono ospiti di diversi mammiferi selvatici e domestici nei quali causano infezioni, spesso a decorso inapparente, o malattie, ed occasionalmente provocano infezione nell’uomo.
Delle sei specie note soltanto 3 sono patogene anche per il genere umano: B. melitensis, B. abortus, B. suis, rispettivamente ospiti naturali di ovicaprini, bovini e suini. E’ da sottolineare che il rapporto ospite-parassita, non è assolutamente “specifico” per cui i suddetti mammiferi sono sensibili a tutte e tre le specie così come l’uomo.
Delle altre tre specie note B. canis, B. neotomae e B. ovis soltanto la prima, che provoca aborto ed epididimiti nei cani, sebbene raramente, può causare malattia anche nell’uomo, di solito negli addetti ai canili o nei proprietari di cani infetti.
Mappa dei bovini
Contagio
ingestione di latte o latticini o più raramente di verdure irrorate liquami di stalle inquinate.
contagio professionale a cui vanno incontro per inalazione di brucelle sospese nella polvere o più frequentemente attraverso microlesioni, cutanee o mucose, tutti coloro che per ragioni di lavoro hanno diretti contatti con gli animali (veterinari, pastori, macellai etc.).
Le infezioni umane promanano direttamente o indirettamente dagli animali, in genere dai mammiferi domestici, che infetti, anche se spesso apparentemente sani, eliminano per molto tempo una miriade di batteri con il latte, le urine, la placenta, le secrezioni vaginali gli scoli post-partum.
L’inquinamento ambientale e la contaminazione del latte e dei latticini costituiscono le più comuni fonti del contagio umano.
Nella maggior parte dei paesi industrializzati le migliorate condizioni igienico-sanitarie, l’attiva sorveglianza veterinaria ed in particolare il diffuso impiego della pastorizzazione del latte, hanno determinato a partire dagli anni ‘50 una spiccata flessione dei quozienti di morbosità.
Purtroppo anche in paesi a sviluppo socioeconomico ed igienicosanitario ottimali piccoli allevamenti sfuggono alla sorveglianza ed in alcune aree, il latte adoperato per il consumo diretto e per la preparazione di latticini non viene pastorizzato; ciò comporta la persistenza di livelli endemici poco soddisfacenti, anche se ridotti rispetto al passato.
In Italia vengono tuttora (anni 90) notificati da 1500 a 2000 casi per anno di brucellosi umana. Le regioni più colpite sono Sicilia, Puglia, Campania e Calabria.
La patogenicità delle brucelle è correlata, come per altri batteri Gram-negativi, al lipopolisaccaride della parete cellulare, la cui frazione esterna (polisaccaride) ha la proprietà di interferire, più o meno attivamente, con le difese dell’ospite ed in particolare sia con la fagocitosi che col killing fagocitario, rendendo possibile la sopravvivenza e la moltiplicazione delle brucelle all’interno dei fagociti.
La frazione interna, lipoidea, (lipide A) costituisce il principio tossico attivo del lipopolisaccaride (endotossina), la cui liberazione provoca diversi effetti biologici, su organi e sistemi dell’ospite, ad espressività clinica. Anche se la maturazione dell’immunità umorale agevola (opsonizzazione) la fagocitosi delle brucelle, gli stipiti più virulenti hanno la capacità di sopravvivere e replicare all’interno dei fagociti, sia per un maggiore contenuto di catalasi rispetto ai cloni meno virulenti, sia per la presenza nella parete cellulare di un enzima (superossido-desmutasi) che blocca i meccanismi antibatterici.
La maggiore o minore patogenicità è prevalentemente correlata all’entità della virulenza, variabile in rapporto a differenze quantitative e qualitative dei componenti del polisaccaride.
La virulenza nei confronti del genere umano è abbastanza alta per i tre biotipi di B. melitensis, è modesta per i vari biotipi di B. abortus e spiccata per i biotipi 1,3 e 5 di B. suis, bassa per il 2 e modesta per il 4.
E’ da rilevare che la virulenza di “base” può variare nello stesso biotipo in seguito a mutazioni o variazioni di fasi: liscia (S) o rugosa (R). Le brucelle in condizioni ottimali, nei tessuti degli ospiti naturali (specie in quelli dell’apparato genitale) sono dotate di un polisaccaride di superficie completo ed efficiente ed appaiono in fase “S”. Per adattarsi a situazioni ambientali sfavorevoli o poco consoni al loro normale metabolismo (terreni di coltura, latticini, concime, verdure etc.), perdono la capacità di sintetizzare il suddetto polisaccaride o operano sintesi difettiva, mutando nella fase “R”, caratterizzata da una più o meno evidente riduzione della resistenza al killing fagocitario e quindi dalla perdita o dalla attenuazione della virulenza.
Sembra che il passaggio da contagio ad infezione e da infezione a malattia sia condizionato più dalla virulenza che dall’entità della carica batterica. In effetti microrganismi in fase “S” presenti nel canale del parto o negli scoli post-partum spesso provocano infezione negli allevatori e nei veterinari, con una carica abbastanza modesta attraverso abrasioni o microlesioni cutanee.
I ceppi più virulenti hanno la capacità di resistere agli enzimi litici e di sopravvivere e replicare, quali parassiti endocellulari, all’interno sia dei polimorfonucleati che dei monociti-macrofagi. In effetti le brucelle, dopo la prima replicazione nella sede di impianto, veicolati dai monociti e dai polimorfonucleati raggiungono dapprima i linfonodi regionali e quindi per via ematica i vari organi, localizzandosi nei macrofagi del SRE; sono prevalentemente invasi i tessuti a larga componente istiocitaria (milza, fegato, midollo, linfonodi).
Patogenesi
La spiccata replicazione delle brucelle all’interno delle cellule ospiti comporta la liberazione di “lipide A” che diffondendo in circolo come endotossina libera, accompagnato o no da gittate batteriche, provoca fenomeni generali che caratterizzano la sintomatologia della brucellosi (ipertermia, brividi, sudorazione etc.).
L’azione locale dell’endotossina a livello dei tessuti maggiormente interessati dalla replicazione batterica, provoca iperemia, infiltrazione emorragica e lesioni degenerativo-necrotiche che si associano alla iperplasia del SRE e alla formazione di granulomi costituiti da cellule parassitate circondate da infiltrazione linfocitaria.
Granulomi
Costituiti da cellule parassitate circondate da infiltrazione linfocitaria
E’ da sottolineare il loro ruolo dei nella dinamica patogenetica della malattia, in quanto spesso la guarigione clinica non si accompagna alla clearance dei batteri che, sopravvivendo nel loro interno, possono a distanza quanto mai variabile di tempo replicare e dar luogo alle ricadute o alle eventuali localizzazioni d’organo
Cultured human monocyte-derived macrophage infected with Brucella melitensis. The bacteria, which replicate in phagolysosomes, have a coccobacillary appearance (eosin Y–methylene blue–azure A, original magnification x 1,000).
Brucellosi acuta
L’insorgenza della malattia è di solito subdola ed insidiosa, con rialzi termici alquanto irregolari, febbricola o febbre intermittente; più raramente l’esordio è brusco e caratterizzato da brividi e febbre alta.
Al rialzo termico si accompagnano costantemente profuse sudorazioni, con odore sgradevole “di paglia putrefatta”; artromialgie, localizzate prevalentemente alla regione dorso-lombare e agli arti.
All’esame obiettivo, si evidenzia aumento di volume del fegato e della milza (per iperplasia del SRE). La milza di consistenza parenchimatosa, leggermente aumentata, generalmente deborda dall’arco costale alcuni centimetri.
Le condizioni generali si mantengono buone e lo stato di sofferenza è spesso limitato alle ore pomeridiane, durante il rialzo termico; anche se un certo grado di astenia è presente in alcuni pazienti.
All’esame emocromocitometrico si evidenzia leucopenia con linfocitosi relativa. La velocità di eritrosedimentazione è aumentata.
Brucellosi sub acuta
Alla risoluzione della malattia acuta, sia spontanea che in seguito a terapia, spesso subentrano ricadute a distanza quanto mai varia di tempo.
La sintomatologia è caratterizzata prevalentemente da spiccata astenia, di solito pomeridiana, alla quale si accompagnano dolori dorsali e discontinuamente febbricola serotina o puntate febbrili alte, intervallate da qualche giorno di apiressia.
In diversi pazienti la malattia acquista un aspetto ricorrente e protratto, caratterizzato da episodi febbrili ad andamento “ondulante” da sudorazione e mialgie.
In alcuni casi l’aspetto clinico ricalca quello della fase acuta.
E’ da sottolineare che questa forma subacuta, spesso ad evoluzione protratta, può avere un esordio primario e manifestarsi quale ricaduta di una pregressa infezione brucellare a decorso asintomatico e quindi “inapparente”.
Brucellosi cronica
In soggetti spesso non adeguatamente trattati, a distanza varia da una forma acuta o subacuta possono insorgere manifestazioni cliniche che si protraggono a lungo, acquistando l’aspetto di una malattia cronica, della quale si distinguono due forme:
Una caratterizzata da sintomatologia attenuata, ma persistente costituita da stanchezza, da modesti rialzi termici, spesso serotini e da dolenzia dorsale . All’esame obiettivo, nella maggior parte dei pazienti si riscontra epato e splenomegalia.
L’altra provocata da una condizione cronica di ipersensibilità e definita neuropsicoastenica, nella quale mancano i segni obiettivi di infezione e la sintomatologia è prevalentemente costituita da turbe psichiche a carattere depressivo, malessere generale, astenia, insonnia, dimagrimento e tachicardia.
LOCALIZZAZIONI DI ORGANO
Nel corso della brucellosi costantemente si instaurano lesioni flogistico-degenerative granulomatose a carico di vari organi, ma di solito essendo circoscritte e limitate, la loro presenza non comporta alcuna sintomatologia, ma in una discreta percentuale di pazienti tali lesioni acquistano espressività clinica.
Le manifestazioni d’organo possono evidenziarsi nel contesto della stessa malattia brucellare o insorgere in modo apparentemente primitivo, con sintomatologia soltanto o prevalentemente, a carico dell’organo compromesso.
Oltre le artromialgie migranti su base tossico allergica, costante appannaggio del quadro clinico della brucellosi, abbastanza frequenti sono le localizzazioni ematogene osteoarticolari a lenta evoluzione.
Sono di solito colpite l’articolazione coxofemorale e la sacroiliaca. Il processo flogistico con conseguente versamento sieroso o talvolta sieropurulento comporta dolore ed impotenza funzionale.
Altra localizzazione frequente è quella intervertebrale che si accompagna spesso a spondilite (spondiloartrite); la lesione inizia con la formazione di tessuto di granulazione al di sotto dei piatti intervertebrali cartilaginei, con estensione del processo infiammatorio ai margini dei corpi vertebrali (epifisite).
Le lesioni necrotico distruttive sono di solito modeste, ma possono talvolta dar luogo alla formazione di ascessi ossifluenti (pseudo Pott brucellare), in ogni caso si accompagnano a restringimento dello spazio discale.
A differenza della spondilite tubercolare le aree di decalcificazione sono meno evidenti e nelle zone di erosione, per spiccata reazione osteoblastica si ha la formazione di ponti lamellari ossei. Sotto il profilo clinico la sintomatologia, che generalmente compare tardivamente, è costituita da spiccato dolore dorso lombare invalidante.
All’esame radiografico l’immagine del processo osteomielitico appare, a differenza della forma tubercolare, meno decalcificata e vacuolizzata per la formazione dei ponti ossei.
Brucella Prosthetic Joint Infection: A Report of 3 Cases and a Review of the Literature
We report 3 cases of Brucella melitensis infection of prosthetic hips and knees, and we summarize data about 4 cases reported in the literature. Six of the 7 affected patients were men. The median duration from prosthesis implantation to the onset of symptoms was 38.7 months. Five patients had only local symptoms. Preoperative joint aspirates yielded negative culture results for 3 patients, and blood culture results were negative for 6 patients. Excisional arthroplasty was the initial intervention for 3 patients. Three others responded well to medical therapy alone. One patient had relapse while receiving tetracycline and underwent total hip replacement.
All patients were treated with combined antibiotic therapy for 6 weeks to 19 months. All had favorable long-term responses. The 3 patients we treated underwent a 2-staged resection arthroplasty. Antibiotics alone can be used to treat Brucella prosthetic joint infection, but loosening of the joint and clinical or microbiological failure must be treated with a 2-staged excisional arthroplasty and 3 months of treatment with doxycycline and rifampicin.
Radiograph of the hip of patient 1 disclosing loosening of the femoral component and a clear radiolucent line around the femoral implant.
Meningite
Ha un esordio subdolo.
Si tratta di una meningite a liquor limpido o sieroso nella quale i classici segni di flogosi meningea si accompagnano spesso a precoce compromissione di alcuni nervi cranici (VI e VII).
Il reperto liquorale è simile a quello della meningite tubercolare e caratterizzato da ipercitosi piuttosto modesta, da 50 a 500 elementi per mmc, (costituiti prevalentemente da linfociti), da evidente aumento della proteinorrachia e da modesta riduzione della glicorrachia.
Classic signs of meningeal irritation. The classic signs of meningeal irritation are nuchal rigidity, Kernig´s sign, and Brudzinski´s sign.
A, Nuchal rigidity is present as resistance to passive flexion of the neck.
B, Kernig´s sign is elicited by flexing the thigh and knee while the patient is in the supine position; in the presence of meningeal inflammation, there is resistance to passive extension of the leg at the knee.
C, Brudzinski´s sign is positive when passive flexion of the neck causes flexion of the hips and knees.
Cranial nerve palsies. Cranial nerve palsies may develop during the course of bacterial meningitis due to the purulent exudate within the arachnoidal sheath enveloping the nerve or due to raised intracranial pressure. Typically, cranial nerves III, VI, VII, and VIII are involved. This drawing demonstrates a right cranial nerve VI palsy.
Epatite
l’interessamento epatico nel corso della brucellosi è costante e l’epatosplenomegalia, per iperplasia del SRE, è frequente appannaggio del quadro clinico della malattia.
Talvolta, sebbene raramente alla reticoloendotelite si accompagna la formazione di granulomi e di lesioni degenerativo-necrotiche a carico del parenchima epatico con espressività clinica di spiccata sofferenza epatica ed ittero.
Il decorso è acuto o subacuto e l’evoluzione nei casi adeguatamente trattati è generalmente favorevole.
Orchite
Interessa prevalentemente i giovani adulti. E’ spesso monolaterale e sotto il profilo clinico è caratterizzata da febbre, tumefazione del testicolo e dolore spontaneo alla palpazione.
La prognosi è buona, e di solito si ha una completa regressione della sintomatologia nel volgere di una decina di giorni; rare sono le osservazioni di atrofia fibrosa del testicolo.
Endocardite
È una complicanza rara, ma molto grave. Insorge più frequentemente in soggetti con una preesistente patologia valvolare.
Diagnosi di laboratorio
Emocoltura; le percentuali di positività sono più alte nelle forme acute ma si abbassano notevolmente nelle forme subacute e croniche.
Mielocoltura, è molto più sensibile dell’emocoltura
La sieroagglutinazione di Wright è il test di prima scelta routinariamente impiegato; evidenzia le agglutinine specifiche fin dalla fine della prima settimana di malattia. In presenza di sintomatologia sospetta è sufficiente un titolo maggiore o uguale a 1:80. Comunque nell’esecuzione del test, per evitare il “fenomeno di prozona” (reazione in eccesso di anticorpi) occorre spingere le diluizioni del siero a più di 1:1000.
Sieroagglutinazioni falsamente negative possono aversi anche per la presenza nel siero di “anticorpi bloccanti” (in genere di classe IgG e IgA) presenti in percentuali limitate (<4%) di pazienti in genere con forme croniche o con localizzazioni d’organo. Nei casi sospetti è utile far seguire l’agglutinazione di Wright dall’aggiunta del siero di Coombs (siero anti IgG umane) rendendo così possibile l’agglutinazione.
TERAPIA
Le brucelle sono sensibili in vitro a diversi antibiotici (tetracicline, aminoglicosidi, rifampicina, fluorchinolonici etc.), ma essendo patogeni intracellulari, l’antibiotico, per essere efficace in vivo, deve avere la capacità di penetrare all’interno delle cellule e dei granulomi, proprietà correlata alla liposolubilità.
Tra le tetracicicline è consigliabile adoperare quelle a lunga emivita (minociclina e doxiciclina), che rispetto alle tetracicline classiche (clortetraciclina, ossitetraciclina, metilclortetraciclina) hanno un’ottima liposolubilità e quindi un migliore gradiente di diffusione nelle membrane biologiche, provocano inoltre minori effetti collaterali in quanto attive a dosi 10 volte più basse.
Generalmente si pratica una terapia di associazione con rifampicina + doxiciclina per 6 settimane
Fonte: http://www.ailmi-onlus.it/Appunti%20studenti/Brucellosi-appunti.doc
Sito web da visitare: http://www.ailmi-onlus.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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