Gastroenteriti infettive

Gastroenteriti infettive

 

 

 

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Gastroenteriti infettive

Sindrome caratterizzata da diarrea, vomito, nausea, febbre

Causata da un coinvolgimento del tenue

Virali (rotavirus, adenovirus, calicivirus, astrovirus, virus Norwalk)

Batteriche (salmonelle, coli enteropageni etc

Protozoarie (parassitosi intestinali: giardiasi,)

Dissenteria

Sindrome caratterizzata da diarrea ricca di muco (e spesso sangue), talvolta febbre

Causata dal coinvolgimento della mucosa dell’intestino crasso

Batteriche (shighellosi)

Protozoarie (amebiasi)

 

Il contagio avviene per via orale ed il periodo di incubazione è dato dall'intervallo che intercorre tra l'ingestione dei batteri o dei virus e la comparsa della sintomatologia.

I microrganismi nel lume intestinale si moltiplicano più o meno rapidamente fino ad essere in quantità tale da potere esplicare attività patogena (carica patogena).

Per provocare enterite è sufficiente una piccola carica di Shigelle o di Campylobacter jejuni, mentre occorre un gran numero di salmonelle.

 

 

Sono importanti le capacità "difensive anti-infettive" dell'ospite costituite sia dalle cosiddette "barriere" (pH del succo gastrico, bile, flora intestinale, peristalsi intestinale, etc.) sia dai meccanismi effettori dell’immunità specifica ed aspecifica (fagocitosi, anticorpi etc.).

Le "barriere" e le difese immunitarie sono carenti nei neonati, e nei bambini del primo biennio di vita e diventano poco efficienti negli anziani e nei pazienti defedati per malattie debilitanti ed in quelli trattati con farmaci immunodepressivi.

 

 

Piccole quantità di microrganismi enteritogeni pervenuti nel lume intestinale dei suddetti soggetti riescono ad attecchire ed a moltiplicarsi in modo da raggiungere nel volgere di qualche giorno (2-4) la carica critica per svolgere attività patogena.

 

Nei bambini dell’età scolare, nei giovani e negli adulti immunocompetenti, i microrganismi  enteritogeni trovano molti ostacoli sia nel superamento della barriera gastrica sia nella replicazione a livello del lume intestinale per cui difficilmente raggiungono la carica patogena e provocano enterite.

In questi soggetti però l'ingestione di una massiva quantità di batteri enteritogeni provoca, rapidamente, con un brevissimo tempo di incubazione (6-10 ore), manifestazioni cliniche (vedi tossinfezioni alimentari).

 

I batteri ed i rotavirus, esplicano la loro attività provocando, con modalità varie, alterazioni funzionali e/o morfologiche degli enterociti che comportano compromissione dell'attività digestiva ed assorbitiva, con conseguente malassorbimento di nutrienti ed abnorme eliminazione di acqua e di elettroliti (diarrea). I meccanismi di azione più noti sono quattro:

 

meccanismi di azione

Elaborazione di enterotossine, che non danneggiano l'enterocita, ma attivando mediatori cellulari  determinano inibizione dell'assorbimento di acqua e di Na ed incremento del passaggio dalla cellula al lume intestinale di cloro e di acqua.

Invasione della mucosa con proliferazione intraepiteliale o nella lamina propria e conseguente distruzione diretta o indiretta dell'enterocita.

Produzione di tossine citotossiche che provocano lesioni degenerative e necrosi dell'enterocita.

Spiccata aderenza all'enterocita, con o senza lesioni dell'orletto a spazzola.

 

 

ENTERITI da E. coli

Sono batteri gram-negativi, mobili (peritrichi), unica specie del genere Escherichia (famiglia Enterobacteriaceae).

Hanno scarse esigenze colturali; a differenza degli altri batteri enteritogeni fermentano il lattosio, ed acidificano marcatamente i terreni di coltura. Sono dotati di antigeni O, H, K, ed in base alla struttura antigenica sono stati identificati numerosi sierotipi, la maggior parte dei quali colonizzano il colon e non sono patogeni; soltanto alcuni sierotipi sono enteritogeni e provocano sindromi diarroiche (enteriti e gastroenteriti acute), prevalentemente nei bambini del primo  biennio di vita, specie nei lattanti.

In rapporto alle modalità di azione i sierotipi che provocano enteriti vengono suddivisi in 5 gruppi.

In rapporto alle modalità di azione i sierotipi che provocano enteriti vengono suddivisi in 5 gruppi.

EPEC Entero Pathogenic E. coli

ETEC Entero Tossigenic E. coli

EIEC  Entero  Invasive E. coli

EHEC Entero  Haemorragic E. coli

EAEC  Entero Adherent E. coli

Enteriti da EPEC.

I ceppi EPEC corrispondono ai sierotipi enteropatogeni, in passato classicamente associati ad enterite; dei quali alcuni (O55, O111, O26, O119, etc.) fino agli anni 60 venivano considerati i patogeni più  importanti delle diarree infantili.

Non producono tossine; non hanno potere invasivo; ma determinano diarrea in quanto aderendo strettamente all'orletto a spazzola degli enterociti del tenue provocano alterazioni morfologiche e funzionali dei microvilli ed in particolare ne alterano le capacità digestive con accumulo di disaccaridi nel lume intestinale e conseguente diarrea osmotica.

Colpiscono prevalentemente bambini del primo biennio di vita; circa il 60% dei soggetti di età superiore  ai due anni possiede anticorpi specifici anti-EPEC.

La sintomatologia è caratterizzata da assenza di febbre o da modesti rialzi termici, da diarrea acquosa talvolta con scarso muco e da vomito.

Enteriti da ETEC

Sono provocate da ceppi di E. coli enterotossigeni, che colonizzano l'epitelio del piccolo intestino aderendo agli enterociti prevalentemente a livello del digiuno, mediante fattori di adesività costituiti da strutture fimbriali, ed elaborano una o due enterotossine; una termolabile (LT) e l'altra termostabile (ST).  La loro elaborazione è controllata da plasmidi  (plasmide ENT).

Le enterotossine non provocano lesioni degenerative ma sono "citotoniche" , in quanto esaltano funzioni enzimatiche delle cellule intestinali, infatti legandosi ai recettori degli enterociti attivano: la LT l’adenilciclasi e la ST la guanilciclasi, provocando rispettivamente incremento dell'AMP-ciclico e del GMP-ciclico, incremento che determina abbondante passaggio dalla cellula al lume intestinale di cloro e acqua ed inibisce l'assorbimento di sodio e di acqua.

 

La sintomatologia è costituita da numerose scariche di diarrea acquosa, con conseguente  deplezione idrosalina e spesso spiccato stato di disidratazione;

si ha assenza di febbre o talvolta febbre modica.

I ceppi enterotossigeni costituiscono la principale causa di diarrea infantile nei paesi in via di sviluppo, ma circolano anche nei paesi industrializzati, specie nelle aree mediterranee a clima più caldo e sono in parte responsabili delle sindromi diarroiche dei viaggiatori.

 

Enterocolite da EIEC

Sono ceppi enteroinvasivi e vengono chiamati "Shigella-Like" in quanto provocano malattia con meccanismo simile a quello delle shigelle  e come queste sono spesso immobili, lattosio non fermentanti e lisina-decarbossilasi negativi.

Possiedono un fattore d'invasività (INV), correlato ad un plasmide ad alto peso molecolare;

invadono le cellule della mucosa del colon nelle quali proliferano e provocando lesioni degenerative e necrosi associate a risposta infiammatoria.

Il quadro clinico è caratterizzato da crampi addominali, tenesmo e diarrea con feci dapprima acquose e dopo con muco e sangue, ricche di polinucleati.

Enterocolite da EHEC

Sono provocate da ceppi enteroemorragici, chiamati anche "VTEC" per la loro capacità di produrre verotossine; aderiscono agli enterociti mediante un "fattore" di adesività, correlato ad un tipo peculiare di fimbrie (rilevabile in vitro su colture di cellule epiteliali intestinali della linea "Henle 407") .

Elaborano due potenti citotossine, spesso associate, ma antigenicamente differenti attive in vitro su cellule "Hela" e su cellule "Vero": Shigella Like-tossina 1 o Verotossina 1, Shigella Like -tossina 2 o verotossina 2, che inibiscono la sintesi proteica e provocano la lisi dell'enterocita.

La sintomatologia è caratterizzata da assenza di febbre, da diarrea dapprima acquosa e dopo qualche giorno emorragica (colite emorragica); nelle feci non si riscontrano polimorfonucleati.

Enteriti da EAEC

Sono provocate da E. coli che agiscono con le stesse modalità degli EPEC; adesione con "attacco serrato" all'enterocita e dissoluzione dell'orletto a spazzola. Anche la sintomatologia è sovrapponibile a quella delle enteriti da EPEC.

Dia enteriti da E. coli

 

 

ENTERITE  DA SALMONELLA

Le salmonelle "non tifoidee" in passato coprivano il ruolo di agenti etiologici di tossinfezioni alimentari, in quanto, adattate atavicamente agli animali, mostravano scarsa aggressività per l'uomo immunocompetente. Pervenute nel lume intestinale, anche in buona quantità (cariche di contaminazione di 104 -   106 ) non riuscivano a provocare malattia, che si manifestava soltanto in seguito all'ingestione di massive quantità di microrganismi (tossinfezione).

Alla fine degli anni ‘60, il largo uso di mangimi, provenienti prevalentemente da paesi in via di sviluppo, e preparati con sfarinati di carcasse e di carni di animali, fortemente contaminati, ha comportato una massiva circolazione di diverse salmonelle in tutti i paesi industrializzati compresa l'Italia.

Si è evidenziato che alcuni sierotipi (S. typhimurium, S. wien, S. enteritidis, S. choleraesuis,  etc.) con cariche paucibacillari,  riuscivano a provocare sindromi diarroiche nei lattanti, nei piccoli bambini ed in adulti defedati o in precarie condizioni immunitarie.

 

Le salmonelle hanno così acquistato, accanto al ruolo di agenti sporadici ed occasionali episodi di tossinfezioni alimentari quello di agenti etiologici di enteriti a trasmissione fecale-orale, alla pari di altri enterobatteri quali shigelle ed E. coli enteritogeni.

E' divenuto relativamente frequente il loro isolamento sia in occasione di epidemie di enteriti in comunità chiuse (asili nido, nursery) sia in enteriti sporadiche della prima infanzia.

In Italia si stima che dal 10% al 20% delle enteriti in pazienti del primo biennio  siano sostenute da salmonelle.

 

 

Pervenute nel lume intestinale replicano e, raggiunta la carica patogena, aderiscono agli enterociti ed invadono la mucosa. Penetrano nella cellula, ed inglobati in fagosomi, senza subire alcuna alterazione, vanno a localizzarsi a livello della lamina propria, che può essere raggiunta anche attraverso gli spazi intercellulari.

 

Proprio a livello di questa struttura replicano rapidamente e provocano un processo infiammatorio, costituito da congestione, edema ed afflusso di polimorfonucleati e monocito-macrofagi.

In questa prima fase la liberazione di lipopolisaccaride batterico provoca  febbre e disturbi neurovegetativi (nausea e vomito).

In un secondo tempo a distanza di 10-20 h insorge la diarrea determinata sia dalla degenerazione e distacco degli enterociti che dalla loro sofferenza funzionale.

Questa evoluzione bifasica della sintomatologia si riscontra nella maggior parte dei pazienti con enterite da salmonella. Le feci inizialmente molli e acquose, presentano in 2a-3a giornata di malattia tracce di muco misto a sangue.

 

 

E' da sottolineare che alcuni  sierotipi di salmonella, inglobate dai monocito-macrofagi e dai granulociti resistono al killing fagocitario, per cui trasportati da fagociti possono passare ai linfonodi mesenterici e quindi in circolo, dando luogo a semplici batteriemia sintomatiche o a manifestazioni  settiche con o senza localizzazioni metastatiche.

Il passaggio in circolo delle salmonelle è condizionato da fattori intrinseci del microrganismo e dalle capacità difensive dell'ospite. Tale capacità sono poco efficienti nel neonato e nel piccolo lattante, nei quali, come è noto, sono compromesse sia la opsonizzazione (specie per i gram-negativi) che l'attività funzionale dei monociti e dei granulociti neutrofili  per spiccata alterazione della fagocitosi e del killing fagocitario. Stati settici con o senza apprezzabili localizzazioni di organo sono appannaggio dei neonati e dei lattanti dei primi mesi di vita.

 

 

ENTERITE DA SHIGELLE

Le shigelle hanno un elevato potere patogeno; è sufficiente una piccola carica di contaminazione (qualche centinaio di batteri) per provocare infezione e malattia.

Le enteriti da shigelle si manifestano in tutte le età, ma colpiscono prevalentemente i bambini e circa il 70% dei casi si verificano in soggetti di età inferiore a 10 anni.

Nei paesi industrializzati sono sostenute da S. sonnei e S. flexneri, piuttosto rare sono le enteriti da S. boydii, ed eccezionali, almeno nel nostro Paese quelle sostenute da S. dysenteriae, abbastanza frequenti nei paesi in via di sviluppo delle aree tropicali e subtropicali.

Superata la barriera gastrica si localizzano a livello del colon e dell'ultimo tratto dell'ileo, dove replicano, raggiungendo rapidamente livelli molto alti, 107-109  microrganismi per ml di contenuto intestinale.

 

Svolgono la loro attività patogena per invasione della mucosa.

Aderiscono e penetrano negli enterociti, all'interno dei quali  replicano ed elaborano una tossina citotossica che provoca rapida degenerazione e necrosi degli elementi cellulari. L'aderenza e la penetrazione negli enterociti e la replicazione al loro interno sono mediate da un fattore di virulenza (plasmide della enteroinvasività), costituito da una proteina ad alto peso molecolare. Gli stipiti nei quali manca tale plasmide, non hanno la capacità di invadere la mucosa.

 

Le shigelle superano lo strato epiteliale e si localizzano nella lamina propria dando luogo ad un processo infiammatorio caratterizzato dalla presenza di numerosi polimorfonucleati e spesso provocano anche infiltrati leuco-plasmacellulari a livello della sottomucosa con formazione di piccoli ascessi con conseguenti zone di necrosi e piccole ulcerazioni sanguinanti, a contorni irregolari. Il processo invasivo a carico dell'epitelio, della lamina e della sottomucosa è rapido e si esplica contemporaneamente.

 

Il periodo di incubazione è breve e la sintomatologia insorge bruscamente ed è caratterizzata da febbre (talvolta alta), crampi addominali, tenesmo e diarrea, le feci sono semiliquide e fin dalle prime emissioni commiste a muco e striate di sangue e, frequentemente, dopo 24 h sono costituite soltanto da muco e sangue.

 

ENTERITE DA CAMPYLOBACTER JEJUNI

Campylobacter jejuni è una delle poche specie del genere Campylobacter patogene per l'uomo.

È  un batterio a forma di bastoncello ricurvo, sottile, gram-negativo, ospite del tratto intestinale di molti animali domestici e selvatici.

Gli animali da fattoria, (galline, tacchini, mucche, etc.) infetti rappresentano la maggiore fonte di contagio per l'uomo, infatti eliminano una grande quantità di microrganismi che contaminano l'ambiente e la trasmissione all'uomo avviene per ingestione di carni, di latte non pastorizzato  o di altri alimenti accidentalmente contaminati.

C. jejuni ha una diffusione ubiquitaria e le gastroenteriti provocate da questo microrganismo sono relativamente frequenti anche nei paesi industrializzati ma i tassi di morbosità variano nelle diverse aree geografiche. Le enteriti si manifestano prevalentemente nei primi anni di vita; nei bambini di età scolare, nei giovani e negli adulti, immunocompetenti, l'infezione ha spesso un decorso asintomatico

 

Nei lattanti e nei bimbi del primo biennio È sufficiente una carica di contaminazione modesta (pochi centinai di microrganismi ) per provocare infezione e malattia.

I batteri replicano abbondantemente nel colon e nel tratto terminale dell'ileo e raggiunta la carica critica invadono la mucosa. Aderiscono all'epitelio mediante un recettore proteico di superficie e, come le salmonelle, attraversando in fagosomi l'enterocita o lungo gli spazi intercellulari, pervengono alla lamina propria e provocano un processo infiammatorio  caratterizzato da congestione, edema ed infiltrati di polimorfonucleati, al quale si associano processi degenerativo-necrotici a carico degli enterociti con conseguente distacco e formazione di piccole ulcerazioni emorragiche più o meno diffuse. Spesso si evidenziano anche piccoli ascessi nel contesto della mucosa.

 

 

Sintomatologia. Il periodo di incubazione È di pochi giorni (2-5 giorni) e nella dinamica sintomatologica si distingue una prima fase caratterizzata da febbre, astenia, mialgie, artralgie e cefalea e dopo circa 24-48 h insorgono crampi e diarrea profusa, le feci sono grumose, acquose, spesso ricche di muco e striate di sangue vivo.

Nelle feci si osservano leucociti e numerosi germi, riconoscibili per la loro caratteristica morfologia.

La sintomatologia di solito regredisce nel volgere di alcuni giorni, ma non sono rare le recidive, dopo 2-3 giorni di apparente benessere.

Nel corso dell'enterite da C. jejuni È raro il passaggio in circolo del microrganismo; l’eventuale batteriemia dà luogo ad uno stato settico caratterizzato da brividi, febbre e sudorazione notturna, ma talvolta la batteriemia è transitoria ed asintomatica.

 

ENTERITE DA YERSINIA ENTEROCOLITICA

Yersinia enterocolitica è un coccobacillo gram-negativo, asporigeno, (famiglia Enterobacteriaceae).

Le yersinie  pur essendo poco resistenti agli agenti chimici restano a lungo vitali nel suolo, nell'acqua negli alimenti, anche nelle carni refrigerate. Sono ospiti di numerosi animali selvatici e domestici, dai quali vengono eliminate con le feci.

La trasmissione all'uomo avviene attraverso gli alimenti contaminati dalle deiezioni degli animali infetti, o per ingestione di carni crude o poco cotte.

Y. enterocolitica pur essendo ubiquitaria provoca epizoozie ed enteriti nell'uomo generalmente nelle aree geografiche a clima freddo.

In Italia le enteriti da Y. enterocolitica si riscontrano nelle regioni del Nord, mentre rare sono le osservazioni nel Sud e nelle Isole; si manifestano di solito nei mesi freddi; interessano tutte le età, ma sono di gran lunga più frequenti nei bambini

 

Superata la barriera gastrica, replicano abbondantemente a livello dell'ileo e del colon ed aderendo all'epitelio della mucosa svolgono la loro attività patogena con meccanismo invasivo e con produzione di citotossine termostabili. L'adesione, l'invasione e la produzione delle enterotossine sono correlate ad un plasmide di virulenza, in mancanza del quale Y. enterocolitica pur replicando nel lume intestinale non provocano enterite.

Come salmonelle e C. jejuni, attraversano l'epitelio in vacuoli o lungo gli spazi intercellulari, raggiungono la lamina propria e provocano un processo infiammatorio, con conseguente degenerazione e distacco degli enterociti e diarrea.

Dalla mucosa spesso si propagano ai linfonodi regionali (linfonodite mesenterica) e frequente è il passaggio nel circolo ematico.

 

Le batteriemie con stati settici e talvolta con localizzazioni di organo si riscontrano prevalentemente nei piccoli lattanti.

La sintomatologia è bifasica, la malattia in effetti inizia con nausea, febbre, astenia ed a distanza di 8-10 ore insorge diarrea, associata a coliche addominali e talvolta a vomito.

Le feci sono semiliquide, grumose, con muco e con strie di sangue; all'esame microscopico si evidenziano numerosi polimorfonucleati;

Generalmente non si ha disidratazione e nel sangue periferico è frequente il reperto di leucocitosi neutrofila. Talora la linfonodite mesenterica comporta dolori addominali alla fossa iliaca destra, che possono simulare un’appendicite acuta.

Le forme setticemiche, a volte associate a localizzazioni di organo (ascessi epatici e splenici) sono relativamente rare e si osservano di solito nei bambini immunocompromessi.

 

ENTERITE DA ROTAVIRUS

I rotavirus sono piccoli virus del diametro 75 nm, a genoma costituito da RNA a doppio filamento, privi di involucro pericapsidico; al microscopio elettronico appaiono come particelle rotonde simili ad una ruota da cui il termine dal latino "rota".

Sono resistenti agli agenti fisici e chimici; non vengono inattivati dal cloroformio e conservano la loro infettività anche nell'acqua potabilizzata con cloro. Vengono inattivati dalla formalina, dall'etanolo al 95% e dal lysolo.

 

 

 

Hanno una diffusione  ubiquitaria, ed sono i più importanti agenti virali di enterite, specie in bambini del primo biennio di vita (da 6 a 24 mesi). L'infezione nei neonati e nei primi mesi di vita è spesso asintomatico, ma può provocare una grave gastroenterite nei prematuri.

I bambini, con enterite o con infezione asintomatica, eliminano con le feci abbondante quantità di particelle virali e costituiscono una subdola fonte di contagio anche per gli adulti. Nella maggior parte degli adulti l'infezione ha un decorso  subclinico, soltanto il 40% circa accusa sintomi di lieve entità; negli immunodepressi la malattia può avere un decorso più serio.

Nei paesi a clima temperato, Sud Europa e bacino del Mediterraneo ed in particolare in Italia la circolazione dei Rotavirus e le infezioni sono più frequenti nei mesi invernali ed all'inizio della primavera.

 

 

Aspetti patogenetici e clinici. Pervenuti nell'intestino tenue svolgono la loro attività patogena prevalentemente con meccanismo invasivo; per mediazione di un recettore i rotavirus aderiscono e penetrano negli enterociti "maturi" degli apici dei villi e ne provocano la lisi ed il distacco con conseguente riduzione dell'area di assorbimento della mucosa. Inoltre le cellule sfaldate vengono sostituite dalle cellule delle cripte che risalgono fino all'apice dei villi più velocemente di quanto avvenga nel normale turn over, per cui le cellule "mature" vengono sostituite da cellule poco differenziate  e carenti di enzimi digestivi, in particolar modo di glucosidasi; conseguentemente, da parte dei carboidrati non digeriti si ha richiamo di liquidi dalla mucosa nell'intestino e quindi diarrea osmotica.

Il periodo di incubazione è generalmente di qualche giorno (1-3) e la sintomatologia è costituita da profusa diarrea acquosa spesso associata a vomito ed a modesti rialzi termici; nel 20% circa dei pazienti insorgono dolori addominali. Talora per l'abbondante perdita di liquidi i piccoli pazienti presentano spiccata disidratazione, che richiede l'ospedalizzazione.

 

 

 

 

 

Enteriti da patogeni tossinogenetici o (enteriti coleriformi)

·        assenza di febbre o da modesti rialzi termici,

·        emissione di numerose scariche di feci acquose, o talvolta soltanto di liquido giallastro con scarso o assente materiale fecale. Le feci sono di solito acide e determinano irritazione ed eritema delle regioni perianali,

·        alterazioni del bilancio idrosalino, turbe elettrolitiche e disidratazione  più o meno spiccata, che talvolta si instaura nel volgere di poche ore e comporta alcuni peculiari segni clinici quali, cute asciutta ed anelastica; secchezza delle congiuntive, della lingua e della mucosa orale; riduzione della salivazione con conseguente difficoltà nel deglutire.

In base ai livelli sierici del sodio, la disidratazione viene classificata in: ipotonica (Na < 130 mEq/l), isotonica (Na = 130-150 mEq/l) e ipertonica (Na > 150 mEq/l).

Nelle forme più gravi, appannaggio dei lattanti e definite "tossicosi", il quadro clinico è drammatico. Il piccolo paziente oltre a presentare la sintomatologia predetta, appare pallido con cianosi delle estremità, viso affilato ed occhi alonati ed infossati. Inoltre presenta irrequietezza o più spesso apatia, acidosi metabolica e compromissione degli apparati cardiovascolare (polso piccolo e filiforme, tachicardia) e polmonare (polipnea) e renale (iperazotemia ed ipercreatininemia).

 

 

 

Le enteriti sostenute da patogeni invasivi

si manifestano prevalentemente in età pediatrica ma hanno uno spettro più ampio; alcune (da salmonelle) sono più frequenti nel primo biennio di vita, altre  (da shigelle e da Campylobacter) prevalgono nell’età prescolare e scolare. Il quadro clinico è caratterizzato da:  

     

febbre, a volte elevata, nausea, cefalea, mialgie e artralgie;

emissione di feci semiliquide, grumose, con muco e striate di sangue;

tenesmo e dolori addominali talvolta crampiformi.

 

 

 

Sintomatologia caratterizzata da febbre modica o assente, diarrea acquosa con scarso muco è data da batteri che, pur non essendo invasivi, alterano la capacità di assorbimento  dell'enterocita, o per la loro spiccata  aderenza o distruzione dell'orletto a spazzola (coli enteropatogeni  e enteroaderenti). Sintomatologia simile è data anche dai Rotavirus, che provocano sfaldamento dell'enterocita maturo. A differenza delle enteriti da batteri tossinogenetici la disidratazione è di solito modesta e le feci hanno minore contenuto di acqua e di sodio.

Insorgenza di febbre modica o elevata e diarrea, con feci  ricche di muco e striate di sangue, accompagnata da crampi addominali e tenesmo caratterizzano le sindromi diarroiche sostenute da batteri che invadono direttamente l'enterocita provocandone la degenerazione e la necrosi sia per la loro replicazione, sia per la elaborazione di tossine citotoniche, con conseguente processo infiammatorio a livello della mucosa, spesso accompagnato da ulcerazioni (Shigelle, coli enteroinvasivi e coli enteroemorragici).

 

A differenza delle sindromi diarroiche da shigella, quelle da E. coli sono meno espressive: la febbre è modica o assente, l'evoluzione del processo degenerativo-necrotico è più lenta; le feci sono inizialmente acquose o grumose ed il muco ed il sangue compaiono dopo 24-36h; il tenesmo ed i dolori mancano nelle forme da coli enteroemorragici e di solito sono di modesta entità in quelle da coli enteroinvasivi.

Nelle forme da shigella, l'inizio è brusco con febbre spesso alta e contemporanea  insorgenza di diarrea con muco e sangue e spesso a distanza di 24 h dall'inizio della sintomatologia le feci sono  costituite soltanto da muco e sangue. Leucociti nelle feci si riscontrano nelle sindromi diarroiche da shigella e da coli  enteroinvasivi, mentre mancano in quelle da coli enteroemorragici.

 

 

Sintomatologia è ad andamento bifasico; inizialmente caratterizzata da febbre, nausea, meteorismo, astenia, cefalea, mialgia ed artralgie ed una seconda fase, a distanza di 12-48 h; da diarrea costituita da scariche di feci con muco e tracce di sangue. E' provocata da batteri invasivi che proliferano a livello della lamina propria, dando luogo ad un processo infiammatorio, a cui segue a distanza variabile di tempo (da 8 h a 48 h) la degenerazione e lo sfaldamento degli enterociti con conseguente inizio della diarrea.

Questa caratteristica evoluzione  bifasica, patogenetica e sintomatologica è data da: salmonelle (non tifoidee), C. jejuni ed Y. enterocolitica.

E' comunque spesso possibile, sotto il profilo clinico, distinguere le varie forme etiologiche.

* Campylobacter a differenza delle salmonelle e delle yersinie provoca, nella fase iniziale, oltre la febbre, cefalea, mialgie, artralgie e talvolta confusione mentale; inoltre la diarrea insorge, di solito, dopo un periodo più lungo (24-48 h).

* Crampi e dolori addominali si accompagnano costantemente, nella seconda fase, alla diarrea nelle forme da Campylobacter e da Yersinia, mentre mancano nelle forme da Salmonella. E' da rilevare che dalla lamina propria i suddetti batteri, talvolta resistenti al killing fagocitario, possono passare ai linfonodi mesenterici o nel circolo ematico dando luogo ad adenomesenteriti (Yersinia) o a colecistiti  e peritoniti (Campylobacter) o a sepsi, con o senza localizzazioni d'organo (Salmonelle, Campylobacter, Yersinia).

 

 

 

 

 

TOSSINFEZIONI ALIMENTARI

Sindrome  provocata dalla ingestione di alimenti contaminati da tossine microbiche o da una massiva carica di microrganismi, che elaborano tossine a livello intestinale, o che svolgono la loro azione patogena per invasione della mucosa.

Vengono classificate come intossicazioni alimentari le manifestazioni cliniche provocate da sostanze chimiche occasionalmente presenti nell’alimento o da componenti dell’alimento stesso ad attività tossica o che acquistano tale proprietà per azione microbica o per altre condizioni. Il quadro clinico è spesso simile a quello delle tossinfezioni alimentari (nausea, vomito, diarrea, etc.). Di solito è possibile cogliere un rapporto di causa ed effetto tra la ingestione del cibo e la insorgenza della sintomatologia.

 

 

Il tempo di incubazione è brevissimo, da pochi minuti a qualche ora nelle intossicazioni, da due a sei ore nelle tossinfezioni da tossine microbiche preformate e generalmente da 8 a 24 h. (talvolta fino a 72 ore) per l’ingestione di microrganismi enteritogeni;

Il periodo di incubazione, anche se in qualche caso più prolungato, è sempre inferiore rispetto a quello delle enteriti sostenute dagli stessi microrganismi che provocano tossinfezioni.

Nella patogenesi delle enteriti, i batteri che pervengono nel lume intestinale (carica di contaminazione) hanno bisogno di alcuni giorni per moltiplicarsi fino a raggiungere una quantità tale (carica patogena) da esplicare la loro azione patogena mentre nelle tossinfezioni la carica di contaminazione è spesso di gran lunga più alta della carica patogena dei singoli batteri, per cui viene eliminato o in ogni caso molto accorciato il periodo di incubazione.

 

I microrganismi più frequentemente responsabili di tossinfezioni alimentari in Europa e nel Bacino del Mediterraneo sono: stafilococchi enterotossici, salmonelle, colibacilli, clostridi, shigelle; rare sono le forme da Bacillo cereus, da yersinie e da vibrioni, relativamente frequenti in altre aree geografiche.

I suddetti batteri provocano tossinfezioni alimentari con quattro modalità:

Mediante la produzione di tossine nell’alimento (tossine preformate prima della ingestione): S. aureus; C. botulinum; B. cereus.

Mediante la elaborazione di tossine “in vivo” nel lume intestinale: E.coli enterotossinogenetici; V. cholerae; V. NAG; C. perfrigens.

Per invasione della mucosa intestinale: Shigelle; Salmonelle; E.coli enteroinvasivi.

Per invasione della mucosa e per produzione di tossine “in vivo”: V. parahaemoliticus; V. nimicus; Y.enterocolitica.

 

Tossinfezione da S. aureus

Gli stafilococchi sono molto diffusi in natura, ma sono in grado di provocare tossinfezioni soltanto i ceppi che elaborano enterotossine, proprietà riscontrata in circa il 40% degli S. aureus coagulasi positivi, isolati dall’uomo, e legata ad un fenomeno di conversione fagica; sono lisati prevalentemente dal gruppo fagico III e dal gruppo I e III o più raramente dal I soltanto.

Le enterotossine, di natura proteica (polipeptidi), a peso molecolare compreso tra 28.000 e 30.000 Daltons, sono resistenti al calore ed a molti enzimi proteolitici, tra i quali tripsina e chimotripsina. Sono noti cinque tipi antigenicamente distinti di enterotossine (A, B, C, D, E), evidenziabili sierologicamente con la tecnica della immunodiffusione in gel o con il saggio della emoagglutino-inibizione.

La maggior parte delle tossinfezioni sono sostenute da ceppi produttori di enterotossina A, ma una buona quota (compresa tra il 20 ed il 40% sono provocate da ceppi produttori di enterotossina D, o di enterotossina A e D, soltanto circa il 10% è determinata da stipiti che elaborano altre enterotossine (B, C, E).

 

Il meccanismo di azione delle enterotossine non è ancora ben noto; un loro stimolo, a livello intestinale, sulle terminazioni nervose, raggiungerebbe per via simpatica e vagale il centro emetico provocando nausea, e vomito, mentre la diarrea è legata alla loro azione inibente l’assorbimento dell’acqua e del sodio a livello della mucosa del tenue.

Responsabili di tossinfezioni stafilococciche  sono gli alimenti ad alto contenuto proteico, che costituiscono un substrato adatto alla replicazione batterica: latte, latticini, creme prosciutto, pollame, etc.

 Perchè si abbia sufficiente quantità di tossina nell’alimento il microrganismo deve moltiplicarsi abbondantemente, fino a raggiungere concentrazioni di 500.000 - 1.000.000 di cellule batteriche per grammo; la tossina resiste a lungo all’invecchiamento e per circa 20 minuti alla temperatura di ebollizione.

La contaminazione degli alimenti può avvenire direttamente come per esempio dei gelati, della panna o della crema, preparati con latte proveniente da bovine affette da mastite stafilococcica, ma di solito si verifica durante le fasi di manipolazione dei cibi da parte di soggetti, portatori nasali o cutanei o affetti da piodermite.

 

La frequenza di portatori nasali o faringei di S. aureus oscilla tra il 30 ed il 50%.

Le tossinfezioni da stafilococco sono frequenti in tutte le aree geografiche specialmente durante i mesi estivi ma non sono rari gli episodi epidemici che si verificano in ogni stagione in occasione di pasti consumati in mense collettive (industrie, scuole, etc.) o di banchetti festivi per ingestione di torte  ripiene di crema di latte o con panna e conservate a lungo a temperatura superiore agli 8°C.

Sintomatologia. La sintomatologia, che insorge precocemente, da 1 a 6 h dall’assunzione del cibo contaminato, in quanto provocata dall’azione della tossina preformata nell’alimento; è costituita abitualmente da nausea, sudorazione fredda, pallore, vomito e diarrea, meno frequente è la febbre che si riscontra in circa il 25% dei casi. Le forme più gravi sono caratterizzate da grave stato di prostrazione, ipotensione, oliguria  tachicardia; il vomito commisto a sangue, sangue compare anche nelle feci. La sintomatologia si attenua e regredisce nel volgere di 8-24 h, ma talvolta residua per alcuni giorni spiccata astenia, la prognosi è generalmente buona negli adulti e nei bambini più grandi, mentre è riservata nei lattanti.

 

Tossinfezione da C. botulinum (o Botulismo)

E’ una grave tossinfezione ad espressività  neurologica, spesso ad evoluzione letale, provocata dalla ingestione di alimenti non cotti, nei quali forme vegetative di C. botulinum, sviluppatesi da spore occasionalmente contaminanti, hanno elaborato la neurotossina.

Il C. botulinum è un batterio, a forma di bastoncino, privo di capsula, gram-positivo, anaerobio obbligato, mobile con flagelli peritrichi, sporigeno.

Le forme vegetative elaborano le tossine; sono in effetti conosciute ben sette tipi antigenicamente diverse di tossine (A, B, C, D, E, F, G), ma ad attività farmacologiche e patogenetiche simili. In rapporto alla produzione delle singole tossine i ceppi di C. botulinum vengono distinti in sette tipi (A, B, C, D, E, F, G).

Il botulismo umano è provocato prevalentemente dai tipi A, B, ed E, rari sono i casi attribuiti al tipo F (limitati al Giappone, Danimarca e California); i tipi C e D provocano il botulismo animale ed il tipo G, isolato dal suolo, non è stato sino ad ora riscontrato in tossinfezioni umane o animali.

 

 

I vari tipi di C. botulinum hanno una diffusione ubiquitaria e le loro spore si riscontrano sulla superficie del suolo e sia nelle acque dolci che in quelle di mare, per cui pesci di laghi, di fiumi e di mare, crostacei e molluschi ed alimenti vari di origine animale o vegetale possono essere contaminati. le spore sono abbastanza resistenti sia alle basse temperature che al calore, resistono a 100°C, ma sono distrutte a 120°C per 30 minuti in autoclave e perdono la capacità di germinare a pH inferiore a 4,5.

L’anaerobiosi ed il pH leggermente acido (> 4,5) o alcalino, di alcune conserve alimentari, agevolano la germinazione delle spore e la moltiplicazione delle forme vegetative con conseguente produzione di neurotossine.

 

Nei paesi del Mediterraneo compresa l’Italia i casi di botulismo (prevalentemente di tipo B) sono da riportare quasi esclusivamente al consumo di conserve alimentari, spesso vegetali ed a preparazione casalinga, che non vengono quindi autoclavate. In Giappone nel Nord-America ed in Russia prevale l’intossicazione botulinica da pesce (tipo A e B) e nelle regioni del Nord-Europa quella da carne insaccata (il termine botulismo deriva da Botulus = salsiccia).

La germinazione delle spore e la conseguente produzione di neurotossine è agevolata oltre che dal pH alcalino e dalle condizioni di anaerobiosi, dalla temperatura intorno a 30°C, ma le neurotossine, una volta formatesi, resistono alle basse temperature ed al congelamento. Al contrario delle spore le tossine botuliniche sono termolabili, vengono completamente inattivate a 100°C per 10 minuti e ad 80°C per 15-20 minuti; sono resistenti al pH acido e a diversi enzimi proteolitici, ma vengono denaturate dagli alcali.

 

Da quanto suddetto si deduce che:

a) La cottura prima del consumo di vegetali o di altri alimenti contaminati ne elimina la tossicità.

b) Le tossine, ingerite con gli alimenti attraversano lo stomaco e vengono assorbite a livello intestinale in quanto non sono inattivate nè dal pH acido nè dagli enzimi proteolitici dello stomaco e dell’intestino.

 

Patogenesi. Quella botulinica è una delle più potenti tossine biologiche note, 1/10 di microgrammo è letale per l’uomo; è un polipeptide a peso molecolare (PM) di circa 150.000 daltons, viene dagli enzimi proteolitici scissa in due catene; una detta pesante, dal PM di 100.000 e l’altra leggera dal PM di 50.000, unite da un ponte disolfuro. La catena pesante è costituita da due frammenti di cui uno terminale (detto carbossiterminale) ed uno legato alla catena leggera (detto aminoterminale).

Assorbita a livello gastrointestinale, (prevalentemente nella prima parte del tenue e nello stomaco), e passata in circolo, la tossina perviene alle giunzioni neuromuscolari e con la frazione carbossiterminale della catena pesante si lega a specifici recettori esterni (gangliosidi) della membrana delle cellule nervose. Mediante un processo di endocitosi, agevolato dalla formazione di un canale nella membrana cellulare, ad opera del frammento aminoterminale, penetra nella cellula nella quale la catena leggera svolge l’attività tossica impedendo l’esocitosi dell’acetilcolina e quindi provocando il blocco delle terminazioni colinergiche con conseguenti paralisi neuromuscolari e secretorie che caratterizzano la malattia.

 

Sintomatologia. Il periodo di incubazione è di solito compreso tra 12 e 36 h, ma può essere più breve (di 3-4 ore) o durare più di 14-15 giorni; l’incubazione breve è indice di gravità.

Astenia, debolezza muscolare, vertigini, secchezza della bocca e della faringe sono i primi segni della malattia, che precedono la compromissione neurologica ed a questa si accompagnano accentuandosi. Si rendono evidenti inizialmente le paralisi dei nervi cranici (specie del III, IV e VI paio) con midriasi, perdita del riflesso fotomotore, difficoltà dell’accomodazione, ptosi palpebrale e strabismo.

La compromissione del glosso-faringeo e del vago comporta spesso disartria, disfonia e disfagia, accentuata dalla secchezza della faringe. Il paziente è apirettico, con sensorio libero, ma molto sofferente; per la paralisi secretoria presenta secchezza della lingua e della gola e scarsa secrezione lacrimale; la cute è asciutta per completa abolizione della sudorazione; la spiccata riduzione delle secrezioni gastriche ed enteriche associate all’atonia dei muscoli intestinali determinano frequentemente  ostinata stitichezza.

L’astenia e la debolezza muscolare progressivamente si accentuano, l’andatura diviene barcollante ed incerta, subentra la paralisi respiratoria  e l’exitus sopravviene spesso nel volgere di pochi giorni e talvolta di poche ore dall’insorgenza dei primi sintomi.

 

Diagnosi. L’esordio brusco, in apiressia, della paralisi a carico dei nervi cranici (ptosi palpebrale, strabismo e midriasi con costante perdita del riflesso fotomotore) ed i concomitanti disturbi secretori facilitano l’orientamento diagnostico che viene agevolato dalla comparsa della compromissione respiratoria.

Nelle intossicazioni gli antimuscarinici (atropina e derivati, ioscimina, scopolamina, etc.) la sintomatologia è caratterizzata come nel botulismo, da diminuizione delle secrezioni con secchezza delle fauci e disfagia, e frequentemente da confusione mentale e da fenomeni allucinatori, assenti nel botulismo; inoltre nelle intossicazioni da antimuscarinici mancano le paralisi dei nervi cranici che costantemente fanno parte del corteo sintomatologico della tossinfezione botulinica.

A conferma della diagnosi clinica o in ogni caso nel sospetto di botulismo sono utili le indagini di laboratorio. Vanno analizzati campioni di sangue, di feci, di contenuto gastrico e di alimenti sospetti allo scopo di di evidenziare  la presenza di tossina o del C. botulinum. Per la ricerca della tossina viene adoperato il test biologico su topolino bianco che si basa sulla inoculazione in cavità peritoneale di 1 ml di siero, di contenuto gastrico o di sospensione di feci di pazienti o di estratti acquosi dei cibi sospettati, opportunamente tamponati; i campioni di alimento verranno trattati con tripsina allo scopo di aumentare la tossicità della eventuale tossina botulinica presente. Per l’isolamento del C. botulinum, il contenuto gastrico, le feci delò paziente e gli alimenti sospetti vengono insemensati in terreni per anaerobi.

 

 

Terapia. La terapia si basa sull’uso dell’antitossina che va inoculata il più precocemente possibile per neutralizzare la tossina circolante e quella ancora non fissata alle cellule nervose. Viene adoperato un antisiero polivalente equino (A. B. E.), per via intramuscolare o endovenosa, alla dose singola di 500.000 IU, da ripetere nello stesso giorno ed eventualmente nei giorni successivi.

Anche nei casi sospetti il trattamento con antisiero polivalente deve essere iniziato senza indugio e non dopo i risultati dei test di laboratorio. E’ inoltre opportuno sottoporre a sieroprofilassi i soggetti alimentati con gli stessi cibi ingeriti da un paziente con sintomatologia manifesta.

La profilassi vaccinale mediante tossina botulinica detossificata con formolo và praticata ai soggetti esposti al rischio di infezione da C. botulinum.

 

Tossinfezione da Bacillus cereus

Assieme a B. antracis, B. cereus è una delle poche specie patogene per l’uomo del genere bacillus; è un bacillo mobile, aerobio, sporigeno, gram +; cresce in agar con colonie piccole, liscie, “a goccia di cera”; coltivato in agar sangue dà beta-emolisi.

Sotto il profilo antigenico si distinguono 23 sierotipi.

Le spore sono resistenti al calore; le forme vegetative nella loro crescita esponenziale producono due enterotossine: una termostabile del peso molecolare inferiore a 5.000 Daltons, ad azione emetica ed una termolabile, del peso molecolare di 50.000 Daltons, ad azione diarroica.

Dalla espressività nella elaborazione dell’una o dell’altra enterotossina, variabile nei diversi sierotipi, promanano due forme di tossinfezione alimentare: forma emetica e forma diarroica.

 

Forma emetica. Ha un periodo di incubazione  breve ed è provocata dalla tossina termostabile ad azione emetica, elaborata da alcuni ceppi di B. cereus

negli alimenti, prima della loro ingestione; la sintomatologia insorge entro poche ore  (da 1 a 6) ed è caratterizzata da nausea, vomito, crampi addominali e soltanto in un terzo circa dei casi anche da diarrea.

Forma diarroica. E’ a lunga incubazione, è sostenuta da stipiti del microrganismo che producono in “vivo”, nel lume intestinale, l’enterotossina termolabile, ad alto peso molecolare, che, similmente alla enterotossina da E.coli tossinogenetici, stimolando il sistema adenilatociclasi e l’AMP ciclico degli enterociti determina accumulo di liquidi nel lume intestinale e conseguente diarrea. Le manifestazioni cliniche insorgono a distanza compresa tra 8 e 16 ore dall’ingestione del cibo contaminato, e sono costituite da frequenti scariche di diarrea acquosa e da dolori addominali, soltanto in qualche caso si ha vomito e raramente si nota rialzo termico.

B. cereus è presente nel suolo, nella polvere e nei vegetali, ma occasionalmente può inquinare carni e latticini.

Gli alimenti di solito contaminati e responsabili di tossinfezione sono le carni (polpette), i latticini, i vegetali (insalate, fagioli verdi, etc.) ed i cereali, in particolare il riso fritto alimento di uso frequente nei paesi dell’Est e del Sud-Est Asiatico, dove il microrganismo è abbastanza diffuso.

La diagnosi differenziale con le altre tossinfezioni alimentari, a sintomatologia simile, può offrire qualche difficoltà, ma può essere agevolata dall’indagine di laboratorio, mediante l’isolamento del B. cereus, in quantità superiore a 100.000 bacilli per grammo, dai cibi sospetti o dalle feci dei pazienti.

La malattia ha una durata di poche ore e di solito non occorre alcuna terapia specifica. La somministrazione di liquidi anche per via parenterale va praticata nei soggetti con spiccata disidratazione e gli antiemetici nei soggetti con vomito insistente.

 

TOSSINFEZIONI DA TOSSINE ELABORATE “IN VIVO” NEL LUME INTESTINALE
Tossinfezione da E.coli tossinogenetici

Sono prevalentemente i coli tossinogenetici a provocare tossinfezioni alimentari, tra le quali sono da annoverare alcune forme di diarrea del viaggiatore.

L’ingestione di cibi o bevande massivamente contaminati (latticini, formaggi, creme, insalate, carni, etc.) è alla base della tossinfezione. I microrganismi, pervenuti nell’intestino tenue, aderendo mediante strutture fimbriali agli enterociti, colonizzano l’epitelio intestinale e svolgono la loro attività patogena mediante l’elaborazione di una o due enterotossine, una termolabile LT ed una termostabile ST.

Le due enterotossine sono “citotoniche” in quanto sono capaci di esaltare una funzione enzimatica degli enterociti attivando rispettivamente: la LT l’adenilatociclasi e la ST la guanilciclasi, con aumento dell’AMP-ciclico e del GMP-ciclico, provocando il passaggio dalla cellula al lume intestinale di acqua ed elettroliti ed inibiscono l’assorbimento di sodio e di acqua con conseguente diarrea acquosa.

Il periodo di incubazione è in media di 10-12 ore e la sintomatologia è caratterizzata dall’emissione di numerose scariche di feci liquide, vomito, nausea e disidratazione; nei casi più gravi si hanno anche brividi, febbre e spiccato stato di prostrazione.

 

 Tossinfezione da V. cholerae e da V. NAG

Le tossinfezioni da V. cholerae sono relativamente rare si manifestano in limitate aree geografiche dove si hanno tuttora piccoli focolai endemici di colera. Comunque non è agevole distinguere la tossinfezione dal colera vero e proprio, in quanto la sintomatologia è uguale e soltanto la brevità del periodo di incubazione può orientare verso la tossinfezione.

L’agente etiologico è il Vibrio cholerae sierotipo 1 appartenente al genere Vibrio costituito da batteri gram-negativi aerobi, mobili, monotrichi. Della stessa specie fanno parte altri 5 sierotipi (da 2 a 6) detti “Vibrioni NAG”, in quanto non vengono agglutinati dagli antisieri 01.

 

I vibrioni ingeriti con l’acqua o con gli alimenti contaminati, superata la barriera gastrica, si moltiplicano nel tenue e nel volgere di 2-3 giorni raggiungono la quantità critica (carica patogena) di circa 10        microrganismi, atta a provocare la malattia; nelle tossinfezioni l’ingestione di massiva quantità di vibrioni, talvolta superiore alla carica patogena, comporta la riduzione del periodo di incubazione a poche ore (6-10 h). I vibrioni durante la fase di crescita esponenziale elaborano a livello dell’intestino tenue una tossina di natura proteica termolabile, simile a quella dell’E.coli tossinogenetici, (ETEC), costituita da due frazioni: A (Agent) e B (Binding).

La frazione B, composta da 5 sub-unità, è responsabile dell’aderenza e del legame della tossina al recettore specifico della membrana dell’enterocita, (acido sialico del ganglioside GM 1). La frazione A penetra negli enterociti ed attiva selettivamente l’adenilatociclasi che stimola l’enorme produzione di adenosina-monofosfato-ciclico (AMPc). Lo spiccato aumento del livello intracellulare, di questo nucleotide ciclico, altera i processi energetici di trasporto transmembrana degli enterociti e provoca un’intensa secrezione attiva di acqua e di elettroliti (Cl e K) e contemporaneamente inibisce l’assorbimento di acqua e di sodio.

 

 

La sintomatologia è caratterizzata da profusa diarrea acquosa con feci incolori, biancastre come  “acqua di riso”; da grave disidratazione, acidosi per perdita di elettroliti ed ipotensione e collasso cardiocircolatorio.

 

Spesso si hanno tachicardia, anuria e crampi muscolari. Mancano di solito la febbre ed i dolori addominali.

-Tossinfezione da Vibrio NAG. Sono di gran lunga più frequenti di quelle da Vibrio 1, e si verificano in forma sporadica o epidemica nelle regioni del Sud-Est-Asiatico e nel Medio-Oriente. Nelle suddette aree, i Vibrio NAG giuocano un ruolo non indifferente quali agenti di tossinfezioni, prevalentemente a carico di viaggiatori, spesso turisti, provenienti da paesi industrializzati. Si tratta di sindromi diarroiche coleriformi, ad incubazione compresa tra 8 e 24 h e caratterizzate da diarrea acquosa accompagnata  da vomito e talvolta da dolori addominali.

 

Tossinfezione da Clostridium perfrigens

C. perfrigens è un germe anaerobio obbligato, sporigeno, largamente diffuso in natura, le spore o le forme vegetative si repertano nel suolo, nelle acque e nel tubo digerente dell’uomo e di molti animali e le carni crude possono essere facilmente contaminate, per cui è frequentemente presente nelle carni, nel pollame ed anche nei pesci.

Le forme vegetative sono poco resistenti al calore e vengono distrutti dalla cottura degli alimenti, mentre le spore sopravvivono, talvolta anche per qualche ora alla temperatura di 100 °C.

I ceppi di C. perfrigens, in rapporto al tipo antigenico di tossina che producono: alfa, beta, delta, etc. vengono suddivisi in sei tipi, contrassegnati dalle lettere dall’A alla F. Le tossinfezioni alimentari sono provocate dai ceppi di tipo A che colonizzano l’intestino tenue, specie a livello del segmento ileale. L’enterotossina viene sintetizzata nel lume intestinale, durante la sporulazione delle forme vegetative; è un polipeptide, termolabile, dal peso molecolare di circa 25.000 daltons, che provoca un evidente escrezione di acqua e di elettroliti (Na) dall’enterocita nel lume intestinale ed inibizione dell’assorbimento del cloro e del glucosio. E’ comunque da sottolineare che per provocare la tossinfezione occorre la presenza nel lume intestinale sia della tossina che delle forme vegetative;

 

filtrati di colture di C. perfrigens o colture uccise al calore, somministrati a volontari umani, non provocano alcun disturbo.

Le tossinfezioni da C. perfrigens sono piuttosto rare, si manifestano di solito per ingestione di carni crude (carpacci) o più frequentemente di carni poco cotte, specie di un certo volume (quali roast beef o glassati), all’interno delle quali si instaurano le condizioni di anaerobiosi che agevolano sia la vegetazione delle spore rimaste vitali dopo la cottura, che l’abbondante replicazione delle forme batteriche, attivata da temperature ottimali, in tal senso, che si hanno nell’alimento prima del raffreddamento.

Il periodo di incubazione è di 8-16 ore. La sintomatologia è caratterizzata da dolori addominali, talora intensi fin dall’inizio, e da diarrea, più o meno profusa con eliminazione di feci liquide, sierose; spesso insorge nausea, mentre vomito e febbre si manifestano soltanto nel 10% dei pazienti.

La prognosi è di solito buona e la sintomatologia regredisce spontaneamente  nel volgere di poche ore o di qualche giorno.

La diagnosi etiologica può essere confermata dall’esame batteriologico dell’alimento sospetto e delle feci dei pazienti, nelle quali si repertano un grande numero di spore. Le colture si eseguono in anaerobiosi, e per quanto riguarda le feci è consigliabile, prima dell’inoculo la loro esposizione a temperatura tra 50 e 60° onde attivare le spore.

 

 

TOSSINFEZIONI DA PATOGENI ENTEROINVASIVI
Tossinfezione da Shigelle

-Le shigelle sono enterobatteri aerobi, gram negativi immobili che sebbene sensibili agli agenti fisici e chimici, in condizioni  ambientali favorevoli (temperatura e umidità) resistono diversi giorni e la loro sopravvivenza può essere abbastanza protratta nel latte, nell’acqua e negli alimenti.

Sotto il profilo sierologico si distinguono quattro specie:S. dysenteriae, S. boydii, S. flexneri, S. sonnei. Sono ubiquitarie, S. dysenteriae è più frequente nei paesi tropicali e subtropicali. Nei paesi industrializzati in Europa ed in Italia in particolare si ha la presenza di S. sonnei e di S. flexneri, ma la prima negli ultimi anni ha preso un netto sopravvento; raro il riscontro di S. boydii ed eccezionale quello di S. disenteriae.

Le Shigelle svolgono la loro azione patogena invasiva prevalentemente a livello del colon, aderiscono e penetrano negli enterociti determinandone direttamente la necrosi. Con modeste cariche di contagio provocano di solito enterocoliti, ma se ingerite in gran quantità possono causare tossinfezioni alimentari,

Carni e torte sono gli alimenti più frequentemente responsabili di tossinfezioni.

Il periodo di incubazione è breve, di solito è compreso tra 8 e 12 ore e la sintomatologia ad insorgenza brusca è sovrapponibile a quella delle enterocoliti da Shigella (vedi Shigellosi), ed è caratterizzata da febbre, dolori addominali, tenesmo e diarrea con feci muco sanguinolenti; nelle foprme più gravi si ha anche collasso cardiocircolatorio.

La brusca e contemporanea insorgenza di febbre, dolori addominali, tenesmo e diarrea con emissione di feci ricche di muco e sangue rendono relativamente agevole la diagnosi clinica ed eziologica che va comunque confermata dall’esame coprocolturale, con conseguente antibioticogramma, utile per una eventuale corretta terapia antibiotica. In effetti oltre la terapia sintomatica, nei casi più gravi è opportuno somministrare antibiotici.

Le Shigelle hanno acquistato resistenza a diversi antibiotici, ma buona parte delle Shigelle isolate negli ultimi anni nel nostro Paese sono sensibili alla colistina, alla gentamicina, alle tetracicline e ai fluorchinoloni. 

 

 

Tossinfezioni da Salmonelle

Fanno parte assieme alle enteriti ed alle gastroenteriti del capitolo “salmonellosi minori” così classificate in quanto sono sindromi cliniche a sintomatologia di solito limitata prevalentemente all’apparato digerente e di minore gravità rispetto ad altre salmonellosi (tifo e paratifo) più gravi, più impegnative ad espressività sistemica, ed a carattere setticemico. In effetti S. typhi e S. paratyphi A essendo adattate soltanto all’uomo, sono più virulente nei riguardi del genere umano (vedi cap.Salmonellosi) mentre tutte le altre salmonelle atavicamente ospiti di diversi animali mostrano una scarsa aggressività e difficilmente cariche di contaminazione anche di diversi milioni di microrganismi non riescono a colonizzare l’intestino dei soggetti immunocompetenti ed a raggiungere la carica critica, adatta per provocare l’invasione della mucosa intestinale. Soltanto l’ingestione di una massiva quantità di salmonelle (107 – 108 ) con gli alimenti può determinare malattia (tossinfezione alimentare), e pertanto le suddette salmonelle erano considerate specifici agenti di tossinfezioni, fino a quando (anni 60) si è notato che anche con cariche modeste avevano la possibilità di provocare enteriti nei lattanti; nei bimbi del primo biennio di vita e nei pazienti, bambini ed adulti, defedati o immunodepressi.

La principale fonte di tossinfezione sono gli alimenti (carni, latte, uova) provenienti da animali ammalati o con infezione asintomatica; ma gli alimenti possono essere contaminati per contatto con  recipienti ed utensili infetti in quanto manipolate da portatori sani addetti alle cucine. E’ da sottolineare che le salmonelle, in particolari  condizioni ambientali, si sviluppano abbondantemente  nelle creme e nelle carni cucinate.

 

Pervenuti nel lume intestinale, invadono la mucosa, e replicano a livello della lamina propria provocando il distacco dell’enterocita, e possono passare in circolo dando luogo a replicazione batterica o a stati settici (vedi enteriti da salmonella). I sierotipi  che più frequentemente provocano tossinfezione nella nostra area geografica sono S. enteriditis, S. typhimurium e S. choleraesuis.

Il periodo di incubazione è compreso tra 10 e 24 h e la malattia inizia bruscamente con febbre, brividi, nausea, vomito e cefalea e nel volgere di 8-10 ore compare la diarrea talvolta associata a dolori addominali crampiformi. Le scariche di diarrea sono costituite da feci poltacee ricche di acqua. Talvolta commiste a muco e striate di sangue. Generalmente la malattia ha decorso benigno e la sintomatologia si attenua e regredisce nel volgere di pochi giorni.

La prognosi è benigna, nella maggior parte dei casi, ma può essere riservata nelle forme setticemiche   che di solito si manifestano nei soggetti immunocompromessi.

Terapia. Nelle forme autolimitantesi è sufficiente la terapia di supporto (dietetica e reidratante), mentre nelle forme setticemiche è indispensabile la terapia antibiotica, se possibile mirata. In attesa della risposta dell’esame colturale e dell’antibioticogramma è opportuno adoperare per via endovenosa, l’ampicillina 150-200 mg in 4 somministrazioni o il cefoperazone 100 mg/Kg/die o anche il cefotaxime in muscolo 50-100 mg/Kg/die in 2 somministrazioni.

 

 

TOSSINFEZIONI PER INVASIONE DELLA MUCOSA E PRODUZIONE DI TOSSINE
Tossinfezione da Vibrio parahemolyticus


V. parahemolyticus è un germe gram-negativo, a forma di bastoncino lievemente ricurvo, mobile, mono o peritrico, anaerobio facoltativo ed alofilo.

Sembra patogeno soltanto per l’uomo e vive nelle acque marine, è ubiquitario e le tossinfezioni sono provocate dalla ingestione di pesci o di frutti  di mare (granchi, gamberi, etc.) contaminati e consumati crudi o poco cotti.

Le sindromi tossinfettive sono abbastanza frequenti in Giappone ed in altri Paesi dell’Estremo Oriente, dove specie nel periodo estivo si fà largo uso di pesci e di molluschi crudi; casi sporadici o collettivi sono stati evidenziati negli Stati Uniti, specie lungo le coste atlantiche e durante le crociere ai Caraibi; ma non mancano, sebbene rare, le osservazioni in altre aree, compreso il bacino del mediterraneo.

V. parahemolyticus svolge la sua attività patogena con due modalità, sia per invasione della mucosa del colon, sia a livello del tenue, mediante la elaborazione di una enterotossina ad azione simile a quella del V. cholerae e dei coli tossinogenetici, che attivando l’AMPc provoca provoca il blocco dell’assorbimento del sodio e perdita imponente di acqua, potassio, cloro e bicarbonati. Dalla prevalenza dell’espressività dell’una o dell’altra modalità di azione degli stipiti di V. parahemolyticus in causa, la sindrome diarroica, nel corso della tossinfezione, può assumere aspetto similcolerico (diarrea acquosa) o dissenterico (feci con muco commisto a sangue).

 

Le forme a diarrea acquosa sono di gran lunga più frequenti (circa il 70% dei casi).

L’enteropatogenicità dei vari ceppi di V. parahemolyticus sembra correlata alla produzione di emolisina che si evidenzia con un alone di beta-emolisi attorno alle colonie dei batteri coltivati in terreno contenenti eritrociti umani (test di Kanagawa). Sono Kanagawa positivi quasi tutti i ceppi che si isolano dai pazienti diarroici, mentre sono negativi quelli isolati dall’ambiente.

Il periodo di incubazione è compreso tra 6 e 24 ore; la sintomatologia è caratterizzata oltre che dalle manifestazioni diarroiche (nelle due forme suddette ), da crampi addominali, ed, im media nel 50% dei casi anche da vomito; pochi pazienti presentano febbre, di solito modica.

La prognosi è generalmente buona e la sintomatologia regredisce nel volgere di 2-3 giorni.

 

Tossinfezione da V.  nimicus

V.  nimicus può dar luogo a tossinfezioni con duplice meccanismo patogenetico, sia per azione di una enterotossina termostabile, simile a quella dell’E. coli tossinogenetici,  sia per invasione della mucosa.

La sintomatologia è di solito meno severa di quella provocata da V. parahemolyticus, ed è caratterizzata da diarrea, di solito di tipo secretorio similcolerica; solo in pochi casi si registra la presenza di muco e sangue nelle feci e di modesta entità sono i crampi addominali.

 

Fonte: http://www.ailmi-onlus.it/Appunti%20studenti/Gastroenteriti-appunti.doc

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