Malattia di Creutzfeldt-Jakob

Malattia di Creutzfeldt-Jakob

 

 

 

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Malattia di Creutzfeldt-Jakob

Malattia di Creutzfeldt-Jakob in Italia: norme per l'assistenza dei pazienti e per il controllo dell'infezione in ambiente ospedaliero
(Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome del 22 novembre 2001- Supplemento ordinario n. 14 alla G.U. n. 19 del 23 gennaio 2002)

1.         Introduzione.
La malattia di Creutzfeldt-Jakob (MCJ) è una rara patologia degenerativa del sistema nervoso centrale ad esito fatale, caratterizzata da demenza rapidamente ingravescente e segni neurologici focali. Oltre alla MCJ appartengono alle Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili (EST) la sindrome di Gerstmann-Sträussler-Scheinker (GSS), l'insonnia fatale familiare (FFI) e il kuru, una forma un tempo epidemica tra gli indigeni di lingua Fore dell'isola di Papua-Nuova Guinea ed oggi quasi scomparsa. Anche gli animali possono essere colpiti dalle EST: le forme più conosciute sono la scrapie che colpisce pecore e capre, e l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE).
Nel 1996 è stata descritta una variante della MCJ (vMCJ) nel Regno Unito e in Francia causata dall'esposizione dell'uomo all'agente della BSE.
Le EST dell'uomo e degli animali sono trasmissibili, mediante inoculazione di tessuto infetto, ad una grande varietà di animali di laboratorio (primati, felini, ruminanti, roditori) dopo un lungo periodo di incubazione che può durare da alcuni mesi a diversi anni.
L'evento patogenetico fondamentale delle EST è costituito dalla formazione e accumulo, a livello cerebrale, di una proteina amiloidea caratteristica denominata PrPsc (sc da scrapie, dove è stata per la prima volta isolata). Questa proteina deriva da un precursore fisiologico, chiamato PrPc (c da cellulare), che è identico per sequenza amminoacidica e modificazioni post-traduzionali alla PrPsc, ma che ne differisce per struttura secondaria. I meccanismi della conversione patologica della PrP ma, soprattutto, la natura stessa dell'agente infettivo responsabile dell'evento patologico rimangono sconosciuti.
Le EST dell'uomo sono ubiquitarie e i dati disponibili non sembrano suggerire l'ipotesi di clusters spazio-temporali ad eccezione di aggregazioni di casi familiari. Fa eccezione la vMCJ che, ad oggi, è stata riscontrata solo in Gran Bretagna, Francia, ed Irlanda.
L'aggiornamento sul numero di decessi per MCJ con diagnosi certa o probabile in Italia è disponibile sul sito Internet dell'Istituto Superiore di Sanità (www.iss.it).

La MCJ può presentarsi in forma sporadica, familiare o come conseguenza di trasmissione accidentale (forma iatrogena) da uomo a uomo in seguito a procedure di carattere medico.

2.         La MCJ sporadica
La forma sporadica della MCJ può essere preceduta da una fase prodomica con sintomi aspecifici quali, ad esempio, astenia e perdita di peso. Il quadro clinico d'esordio è rappresentato in circa la metà dei casi da deterioramento mentale, nel 40% dei casi da segni neurologici a focolaio e, nel restante dei casi, da entrambe le manifestazioni cliniche.
Il deterioramento mentale può manifestarsi con disturbi cognitivi, soprattutto deficit mnesici, o con modificazioni comportamentali.
I segni neurologici d'esordio più frequenti sono di natura cerebellare, quali per esempio l'atassia della marcia ed i disturbi dell'equilibrio, o visivi, come il nistagmo, la diplopia e le allucinazioni visive. Nel 5% dei casi l'esordio è improvviso o rapidamente progressivo tanto da simulare un disturbo vascolare cerebrale o un tumore cerebrale. Nella fase di stato si associano ad un deterioramento mentale rapidamente progressivo, mioclonie, tremori ed altri movimenti involontari, segni cerebellari, piramidali, extrapiramidali o visivi. Nella fase terminale della malattia si assiste ad un peggioramento dei sintomi descritti, alla comparsa di crisi epilettiche, stato di mutismo acinetico, rigidità decorticata e coma, con un decesso che usualmente sopraggiunge per infezioni respiratorie o sistemiche.
La sopravvivenza media è di circa 4-5 mesi, ma alcuni pazienti possono rimanere in vita in uno stato semi-vegetativo per più di un anno. L'assenza di conoscenze relative alle modalità di trasmissione naturale della malattia assieme alla mancanza di test diagnostici hanno impedito di determinare il tempo di incubazione della MCJ sporadica. L'analisi dei fattori che influenzano la probabilità di sviluppare la MCJ sporadica non può prescindere dalla valutazione della componente genetica. Tra i fattori genetici coinvolti, un ruolo fondamentale è svolto dal gene della PrP (chiamato PRNP nell'uomo). Il polimorfismo al codone 129 del gene PRNP regola la suscettibilità alla malattia. Nella popolazione generale questo codone è polimorfico e produce due varianti alleliche, che codificano per gli amminoacidi metionina e valina nella posizione 129 della PrP. La distribuzione del genotipo al codone 129 nelle popolazioni caucasiche dimostra che circa il 40% degli individui è omozigote per la metionina, il 50% è eterozigote (metionina/valina) ed il restante 10% circa è omozigote per la valina. Questi valori differiscono significativamente da quelli che si ritrovano tra i pazienti affetti da MCJ sporadica, nei quali il 70-80% dei casi è omozigote (in alcuni studi è riportato solo un eccesso per metionina mentre in altri sia per metionina che valina).

2.1       Le modalità diagnostiche
La diagnosi clinica di MCJ si può effettuare con un livello di affidabilità piuttosto elevato in pazienti di età compresa tra i 50 ed i 70 anni affetti da demenza rapidamente ingravescente con segni neurologici a focolaio. La diagnostica differenziale della MCJ si deve porre con una serie di altre patologie neurologiche a diversa etiopatogenesi, tra cui  la malattia di Alzheimer, la Paralisi Sopranucleare Progressiva (PSP), le sindromi cerebellari paraneoplastiche, alcune forme di encefaliti e di encefalopatie tossico-metaboliche (per esempio, l'encefalopatia da intossicazione da sali di litio).
I seguenti esami sono di grande utilità per porre una corretta diagnosi in vita:
2.1.1.   EEG
Le anomalie EEG caratteristiche della MCJ sono i complessi periodici trifasici punta-onda (1-2 cicli al secondo) che però non sono costanti durante l'intera fase clinica. Infatti, nella fase iniziale della malattia, le anomalie presenti possono essere onde delta angolari o puntute di 1,5-2,5 cicli al secondo, mentre i complessi periodici precoci sono discontinui, diffusi o lateralizzati associati a brevi sequenze theta-delta. Nella fase di stato della malattia, in genere entro la dodicesima settimana dall'inizio dei segni clinici, compaiono i complessi periodici tipici diffusi, più stabili, spontanei o evocati da stimoli. Nella fase terminale sia i complessi periodici che l'attività di fondo si riducono in ampiezza e rallentano Di solito l’ECG è tipico in tutti gli stadi della malattia, alterazioni simili a quelle riscontrate nella MCJ possono essere comunque presenti anche in altre condizioni morbose.
Appare dunque importante, per un corretto uso diagnostico dell'EEG, eseguire registrazioni seriali durante il corso della malattia e con opportune stimolazioni.

2.1.2.   Liquido cefalorachidiano (LCR)
Il LCR di pazienti con MCJ non contiene di norma cellule infiammatorie. In un terzo dei casi si nota un lieve aumento delle proteine (0.5-1g/l). Non si notano bande oligoclonali. La proteina prionica di tipo patologico non è rilevabile con i metodi disponibili.
L'identificazione mediante western blot della proteina 14-3-3 (una proteina citoplasmatica neuronale non correlata alla PrP) è di grande aiuto per confermare il sospetto clinico di MCJ. Questo test può essere eseguito facilmente a partire da volumi ridotti di liquido cefalorachidiano, ma è importante che il campione non sia ematico.
E' importante ricordare che vi sono alcune patologie neurologiche, oltre alla MCJ, che possono occasionalmente dare una risposta positiva al test della 14-3-3, tra cui le encefaliti virali, l'infarto cerebrale acuto, alcune encefalopatie metaboliche, tumori cerebrali e l'encefalopatia paraneoplastica.
Pertanto, questo test non dovrebbe essere eseguito di routine per escludere la MCJ, ma solo in quei casi in cui vi sia una ragionevole possibilità di MCJ. In questi pazienti la presenza della 14-3-3 nel liquido cefalorachidiano ha un alto valore predittivo positivo (97%).
Altri marker liquorali di danno cerebrale (enolasi neuronale-specifica, S100b, proteina tau) sono presenti nei pazienti con MCJ, ma la loro utilità a fini diagnostici deve essere ancora validata.

2.1.3.   Indagini neuroradiologiche
La risonanza magnetica (RM) del cranio può mostrare segni di atrofia. Nella maggior parte dei casi non si notano alterazioni focali. Tuttavia, recenti studi hanno evidenziato in circa il 70% dei casi delle modificazioni simmetriche dell'intensità del segnale a livello del putamen e del nucleo caudato nelle immagini T2 pesate. La tecnica FLAIR facilita l'identificazione di queste alterazioni.
La tomografia assiale computerizzata (TAC) è di solito normale; a volte si notano segni di atrofia, specie in pazienti con un decorso prolungato della malattia.
La PET e la SPECT sono state eseguite solo in un numero limitato di casi e pertanto l'utilità diagnostica di queste procedure non è ancora chiara.

2.1.4.   Esame neuropatologico
La certezza diagnostica per la MCJ, tuttavia, può essere raggiunta solo in seguito a riscontro autoptico con l'esame istologico del cervello o con l'identificazione della PrPsc nel tessuto cerebrale congelato mediante western blot.
Le lesioni istologiche della MCJ sono limitate al SNC e sono di natura degenerativa. La lesione istologica più caratteristica è la spongiosi del neuropilo. Questa si apprezza soprattutto nelle sezioni colorate all'ematossilina-eosina e si caratterizza per la presenza di vacuoli di piccole dimensioni, raramente confluenti, non pericellulari e diffusi nel neuropilo a livello delle strutture grigie corticali e sottocorticali, nello strato molecolare del cervelletto e, nella forma "panencefalopatica" della malattia, anche nella sostanza bianca. La perdita neuronale è molto variabile, ma in genere tende ad essere più severa nei casi di lunga durata. L'attivazione e proliferazione della glia (astrociti e microglia) è un reperto costante ed è presente sia nella corteccia cerebrale che nelle strutture sottocorticali, soprattutto nel talamo e nel cervelletto. In circa il 10% dei casi di MCJ sporadica si osservano depositi di proteina PrPsc sotto forma di placche di amiloide.  Le placche possono assumere varie forme, tipo kuru con centro pallido e margine stellato oppure essere piccole e irregolari. Sono localizzate più frequentemente nella corteccia cerebellare, ma anche presenti in quella cerebrale, nei nuclei della base, nel tronco e nel midollo spinale.
La diagnosi di certezza può ottenersi anche con la biopsia cerebrale, ma tale esame, se effettuato solamente per confermare la diagnosi di MCJ e non per escludere altre patologie eventualmente aggredibili terapeuticamente, viene sconsigliato, in quanto spesso provoca un rapido peggioramento clinico e non aggiunge nulla ad un esame che potrebbe essere comunque svolto post-mortem.

3.         Le forme familiari
Le forme familiari rappresentano il 10-15% dei casi di EST dell'uomo e, in genere, sono più difficilmente trasmissibili agli animali di laboratorio delle forme sporadiche. La MCJ familiare è legata a mutazioni puntiformi del gene PRNP. Le mutazioni più frequenti in Italia sono quelle al codone 200 e 210. La mutazione al codone 200 si presenta con una sintomatologia simile a quella della forma di MCJ sporadica ma con un esordio più precoce. Questa forma è stata legata a vari clusters temporo-spaziali in Cile, Slovacchia, Italia e tra gli ebrei libici in Israele. Anche la mutazione al codone 210 si presenta con un quadro di MCJ classico. Questa forma è stata finora descritta in oltre 30 famiglie italiane apparentemente non correlate.
Nella forma familiare di MCJ in cui la mutazione al codone 178 è associata con la valina in posizione 129, si osserva una sintomatologia tipica di MCJ, ma con un esordio più precoce (intorno ai 45 anni), una maggiore durata della malattia e l'assenza in quasi tutti i casi di attività periodica EEGrafica. Quando la stessa mutazione segrega con la metionina al codone 129 la malattia si manifesta come FFI, ed è caratterizzata da insonnia, disturbi  del sistema nervoso autonomo, disturbi motori e cognitivi.  In Italia sono state descritte le prime famiglie affette da FFI, ma, fino ad oggi, non sono stati identificati casi di MCJ legati alla mutazione 178.
La GSS si manifesta solo in forma familiare ed è sempre legata a mutazioni del gene PRNP. La mutazione più frequente, e l'unica identificata in Italia, è quella al codone 102. Nei soggetti portatori di questa mutazione la malattia compare intorno ai 50 anni con una atassia cerebellare cronica cui si associano altri segni clinici quali la demenza, il mioclono e disturbi di tipo pseudobulbare. La durata media della malattia è intorno ai 5 anni. L'esame EEGrafico non mostra di solito la caratteristica periodicità che si osserva nei casi di MCJ. Le caratteristiche cliniche sono tuttavia molto variabili anche tra i soggetti affetti della stessa famiglia.
Oltre alle mutazioni puntiformi, sono state anche descritte delle inserzioni di differente lunghezza (da 2 a 9 octapeptidi) del gene PRNP che sono associate sia alla MCJ che alla GSS. In questi pazienti la malattia ha un esordio precoce, una lunga durata, e una grande eterogeneità clinica anche tra i soggetti affetti di una stessa famiglia.

Le forme familiari sono diagnosticabili in vita mediante l'identificazione delle mutazioni del gene PRNP (enzimi di restrizione, sequenza diretta del gene) eseguito sul DNA estratto da un semplice prelievo di sangue del paziente. In considerazione della scarsa penetranza di alcune mutazioni, si consiglia l'esecuzione del test genetico anche in quei soggetti con anamnesi familiare negativa. Il test genetico deve essere eseguito solo dopo aver ottenuto dal paziente o da chi ne fa le veci il consenso informato scritto.

4.         La MCJ iatrogena
Questa forma è dovuta a trasmissione accidentale della malattia da uomo a uomo attraverso procedure mediche: terapia con ormone della crescita di origine estrattiva, impianto di dura mater in corso di interventi neurochirurgici, trapianto di cornea (rarissimo), interventi neurochirurgici con ferri non correttamente sterilizzati. Il tempo di incubazione nella MCJ iatrogena varia da un minimo di 1 anno (casi dovuti ad infezione tramite strumenti neurochirurgici) ad un massimo di 30 anni (in seguito a terapia con ormone della crescita).
Nella forma di MCJ iatrogena l'esordio clinico è generalmente caratterizzato da segni cerebellari e, in misura minore, da disturbi visivi, mentre il deterioramento mentale e le mioclonie compaiono solo nei mesi successivi. Il tipico periodismo EEGrafico è raramente presente. Nei casi iatrogeni dovuti ad inoculazione accidentale dell'agente infettivo direttamente nel sistema nervoso centrale (attraverso strumenti neurochirurgici o elettrodi per le registrazioni EEGrafiche stereotassiche non correttamente sterilizzati) la sintomatologia clinica è simile a quella della MCJ sporadica e pertanto il deterioramento mentale predomina sulla sintomatologia cerebellare.
In Italia sono stati osservati solo casi di MCJ iatrogena in seguito ad impianto di dura mater (ad oggi, 4 casi).

5.         La variante della Malattia di Creutzfeldt-Jakob (vMCJ)
Nella primavera del 1996 sono stati descritti dieci soggetti affetti da una variante di MCJ nel Regno Unito. Al 05/07/01 questa variante è stata riscontrata in 102 soggetti nel Regno Unito, 3 casi in Francia, ed un caso in Irlanda. La vMCJ si discosta dalla forma classica di MCJ per la durata della malattia superiore ai sei mesi, e le caratteristiche cliniche di esordio di tipo psichiatrico (depressione, ansietà, apatia, illusioni). La sintomatologia evolve nei mesi successivi con una atassia della marcia, disturbi sensoriali di tipo dolorifico (che non si osservano nella forma sporadica), movimenti involontari (mioclono, corea, distonie), progressivo deterioramento intellettivo, e mutismo acinetico con un quadro neurologico franco sostanzialmente non dissimile dalla forma sporadica della malattia. Fondamentale per la diagnosi clinica di vMCJ è l'esecuzione della risonanza magnetica del cranio che mostra nelle immagini T2 pesate una iperintensità bilaterale di segnale a livello del pulvinar, il tracciato EEGrafico che non evidenzia il caratteristico periodismo della forma sporadica, e la presenza della PrPsc nel tessuto tonsillare bioptico. Quest'ultimo esame, tuttavia, non deve essere eseguito di routine, ma solo in quei pazienti che hanno caratteristiche cliniche ed EEG compatibili con la vMCJ, ma nei quali la risonanza magnetica non mostra l'iperintensità bilaterale del pulvinar. La presenza della proteina liquorale 14-3-3 è incostante. L'analisi del gene PRNP non ha identificato alcuna mutazione nè altre alterazioni di rilievo (inserzioni, delezioni) mentre tutti i casi sono risultati omozigoti per metionina al codone polimorfico 129 del gene PRNP.
La maggior parte dei casi di vMCJ sono stati descritti in pazienti giovani (tra i 15 ed i 30 anni) senza distinzione di sesso. Tuttavia la malattia può colpire a qualsiasi età (il paziente più anziano aveva 74 anni).
Anche nel caso della vMCJ la diagnosi viene confermata esclusivamente dall'esame neuropatologico che dimostra numerose e diffuse placche amiloidee tipo kuru circondate da vacuoli (placche floride), spongiosi del neuropilo soprattutto nei gangli della base e nel talamo e una forte positività immunocitochimica alla PrPsc, specialmente a livello cerebellare. In aggiunta alla neuropatologia, l'analisi molecolare è in grado di differenziare il pattern di glicosilazione della PrPsc della vMCJ da quello delle forme sporadiche.


6.         Materiali biologici a rischio per la trasmissione dell'agente della MCJ (allegato 1)
•   Cervello, midollo spinale,  occhio e tonsille contengono i più alti livelli di infettività;
•   Liquido cefalorachidiano, polmone, fegato, rene, milza, linfonodi e, probabilmente la placenta, contengono bassi livelli di infettività;
•   Cuore, muscolo scheletrico, nervo periferico, tessuto adiposo, tessuto gengivale, intestino, surrene, tiroide, prostata, testicolo, saliva, secrezioni ed escrezioni, non contengono livelli di infettività misurabili.
•   Per quanto riguarda il rischio legato al sangue non è stato dimostrato che le trasfusioni di sangue intero o l'uso di emoderivati trasmettano la MCJ sporadica. Gli studi epidemiologici non hanno individuato un singolo evento in cui la MCJ sia stata trasmessa in seguito a trasfusione di sangue o emoderivati e non hanno evidenziato, tra i pazienti affetti da MCJ, un numero maggiore di trasfusioni o di somministrazioni di emoderivati rispetto alla popolazione di controllo. Inoltre, tra gli emofiliaci (popolazione ad alto rischio di infezioni trasmesse attraverso emoderivati) non è mai stata diagnosticata la MCJ. Tuttavia, poichè gli studi epidemiologici finora effettuati non sono così estesi da poter statisticamente concludere che il rischio di trasmissione della MCJ attraverso il sangue e i suoi derivati sia nullo, e poichè vi sono evidenze sperimentali (trasmissione intracerebrale nei roditori) che il sangue, o alcuni componenti di esso, siano in grado di trasmettere l'agente della MCJ, non si può completamente escludere il rischio di trasmissione da uomo a uomo attraverso il sangue o i suoi derivati.

Nei casi di vMCJ è possibile che i tessuti a rischio siano più numerosi in funzione di un maggiore coinvolgimento del tessuto linforeticolare. E' attualmente in corso di valutazione il rischio di trasmissione di vMCJ attraverso le trasfusioni di sangue o l'uso di emoderivati. A livello precauzionale, in Italia come in altri paesi europei ed extra-europei, sono esclusi dalla donazione di sangue coloro che abbiano soggiornato nel Regno Unito dal 1980 al 1996 per più di 6 mesi, anche non consecutivi.

7.         Rischio occupazionale
Attualmente non vi sono evidenze epidemiologiche di contrarre una malattia occupazionale legata alla MCJ. Un recente studio caso-controllo svolto in Europa non ha messo in evidenza un rischio relativo significativamente diverso per il personale sanitario di sviluppare la MCJ rispetto alla popolazione di controllo. Tuttavia, alcuni casi di MCJ sono stati descritti in medici, infermieri e tecnici di laboratorio per i quali è stato ipotizzato un'esposizione professionale all'infezione.
Nella maggioranza dei casi non sono necessarie precauzioni e procedure diverse da quelle abitualmente adottate nei confronti di altri pazienti per prevenire eventuali rischi di infezione (Titolo VIII, Allegati XI e XII D.L.vo 626/94). Tuttavia le categorie di lavoratori a rischio di contatto con tessuti potenzialmente infetti provenienti da pazienti con sospetto clinico di MCJ o da soggetti a rischio di sviluppare la MCJ dovrebbero essere adeguatamente formati ed informati allo scopo di adottare apposite misure di protezione e prevenzione di tipo collettivo e/o individuale.
Per soggetti a rischio si intendono individui apparentemente sani ( o con altra patologia non neurologica) che siano stati trattati con ormoni di crescita  ipofisari umani di tipo estrattivo o abbiano subito un impianto di dura madre di origine umana o bovina. Sono da considerare a rischio anche coloro che presentino all’anamnesi una familiarità per MCJ, GSS o FFI (genitori/fratelli/nonni/zii).

8.         Rischi nosocomiali
In ambito clinico le procedure per ridurre il potenziale rischio di infezione vengono riferite ad atti da compiere su tutti i pazienti in cui vi sia anche solo il sospetto clinico di MCJ o sindromi correlate ed in soggetti a rischio di sviluppare la malattia (vedi al capitolo "Rischio occupazionale" per la definizione di soggetti a rischio); tali procedure comprendono anche appropriate misure di decontaminazione dei dispostivi utilizzati per procedure invasive o per esami autoptici. Si propone il diagramma di flusso allegato 2 quale strumento  utile nel percorso decisionale riguardo il trattamento di dispositivi e strumentario.
Una accurata anamnesi per identificare i soggetti a rischio deve essere condotta prima di ogni procedura invasiva interessante gli organi a rischio (cervello, midollo spinale, occhi e tonsille).

8.1.      Gestione dei pazienti nei reparti di degenza
•    I normali contatti con un paziente con MCJ non rappresentano un rischio per il personale medico e paramedico, i parenti e per la comunità. Non è necessario porre i pazienti con MCJ in un reparto di isolamento; essi possono essere assistiti presso un normale reparto di degenza senza particolari precauzioni oltre a quelle abitualmente adottate nei confronti di altri pazienti per prevenire eventuali rischi di infezione. La gravità della malattia e la comparsa di eventuali disturbi comportamentali rendono tuttavia opportuno il ricovero di questi pazienti in camere singole e la costante presenza dei familiari. Inoltre, data la crescente attenzione dell'opinione pubblica a questa malattia, è necessario adottare speciali misure per garantire la "privacy" del paziente e dei suoi familiari.
L’assistenza di questi pazienti non richiede l’adozione di particolari procedure di prevenzione, se non quelle previste nelle precauzioni standard.

•   Le lenzuola usate o contaminate con escrezioni sono rimosse dal letto, lavate ed asciugate in accordo con le correnti norme ospedaliere.
•   Per la somministrazione di farmaci per via parenterale e per i prelievi di sangue vengono adottate le normali precauzioni standard.
•   Sangue e liquidi biologici accidentalmente versati in reparto sono rimossi con materiale assorbente, la superficie disinfettata (vedi "Procedure di decontaminazione") e qualsiasi rifiuto eliminato per incenerimento.
•   In caso di pazienti con piaghe da decubito le medicazioni sono eseguite seguendo le abituali precauzioni standard.
•   In caso di incidenti con aghi o contaminazione di ferite cutanee con sangue o liquidi corporei si dovrebbe provocare il sanguinamento della parte esposta, seguito da pulizia con acqua calda saponata (evitando abrasioni), risciacquo, asciugatura e copertura della parte con bendaggio impermeabile o ulteriore eventuale trattamento appropriato al tipo di ferita. In caso di schizzi negli occhi o sulla bocca, questi dovrebbero essere irrigati abbondantemente. L'incidente deve essere segnalato in accordo a quanto indicato nell'art. 84, commi 2,3, D. L.vo 626/94.
•   Nessuna precauzione particolare è raccomandata per la gestione nei reparti di degenza dei soggetti a rischio di sviluppare la MCJ.

8.2       Raccolta ed identificazione dei campioni
•    I campioni bioptici e liquorali di pazienti con sospetto clinico di MCJ o di soggetti a rischio sono prelevati da personale competente ed informato del rischio connesso a tali operazioni.
•    Il personale deve indossare l'abbigliamento protettivo: camice o tuta impermeabile, doppi guanti, maschera, e occhiali di protezione monouso.
•    I campioni devono essere identificati con l'etichetta "Rischio Biologico".
•    Le provette non devono essere contaminate all'esterno e devono essere inviate nell'apposito imballaggio di protezione previsto dalla normativa vigente [Circolare n. 16 del 20 luglio 1994 del Ministero della Sanità "Spedizione di materiali biologici deperibili e potenzialmente infetti"].

8.3       Diagnostica di laboratorio
•    Particolare cura deve essere posta nell'evitare inoculazioni accidentali o ferite nella preparazione dei campioni.
•    Ove possibile, dovrebbe essere utilizzata attrezzatura manuale monouso; gli strumenti o loro parti contaminati da campioni ad alto o basso livello di infettività dovrebbero essere eliminati tramite incenerimento o opportunamente decontaminati (vedi "Procedure di decontaminazione").
•    Sangue, urine, feci, espettorato di soggetti a rischio giunti per le indagini cliniche di routine e che non sono stati contaminati da tessuto nervoso, possono essere trattati con procedure standard. Qualora fosse necessario ricorrere ad apparecchiature automatiche, deve essere tenuto presente il potenziale rischio di contaminazione residua che deve essere affrontato in maniera adeguata prima della manutenzione dello strumento.
•    In caso di inapplicabilità delle procedure standard di decontaminazione, ad es. microscopi, l'apparecchiatura deve essere regolarmente pulita al fine di evitare l'accumulo di materiale potenzialmente contaminato.
•    Per i campioni destinati all'esame neuropatologico, le procedure di sicurezza per gli operatori e le corrette modalità tecniche di esecuzione del prelievo, del trattamento e della conservazione dell’encefalo per le diverse tecniche di indagine diagnostica morfologica e molecolare sono stati compiutamente illustrati nel Documento del Consiglio Superiore della Sanità del 25 settembre 1996 e successive, eventuali modifiche e integrazioni, a cui si rimanda.
•    Gli Istituti Universitari non dovrebbero utilizzare a scopo didattico materiale proveniente da pazienti con sospetto di MCJ.

8.4 Procedure in soggetti deceduti per MCJ

Non è previsto alcun trattamento particolare per le persone decedute a seguito di MCJ.

8.5       Esami clinici ed interventi chirurgici
•    Per gli esami clinici non invasivi (ad es. esami RX) non è necessario seguire particolari precauzioni.

Sebbene il rischio di trasmissione dell'infezione nel corso di esami clinici invasivi ed interventi chirurgici sia generalmente considerato minimo, è bene adottare le seguenti precauzioni:
•    Il personale deve indossare l'abbigliamento protettivo: camice o tuta impermeabile, doppi guanti, maschera, e occhiali di protezione monouso.
•    Quando la procedura diagnostica (ad es. rachicentesi) è eseguita al letto del malato, deve essere assicurata una pronta disinfezione dell'ambiente in caso di contaminazione con liquido cefalorachidiano.
•    Quando possibile l'intervento chirurgico deve essere pianificato in tempo utile per rifornirsi della strumentazione necessaria che  potrebbe non essere quella utilizzata abitualmente. E' opportuno collocare il paziente per ultimo nella lista operatoria della giornata per permettere un'adeguata decontaminazione delle superfici della sala prima della successiva sessione. E' opportuno coinvolgere il minor numero di personale sanitario. Non dovrebbero essere esercitate altre discriminazioni. Si consiglia di evitare la contaminazione della sala operatoria, mediante l'uso di teli di plastica monouso. Le superfici che eventualmente venissero a contatto con materiale biologico dovranno essere adeguatamente decontaminate.
•   Le procedure odontoiatriche che prevedono contatto con terminazioni nervose (ad esempio, terapia endocanalare) devono essere eseguiti con strumenti monouso o, se non attuabile, è necessario decontaminarli adeguatamente.
•    In caso di gravidanza, il parto dovrebbero essere gestito adottando le abituali procedure standard per il controllo delle infezioni. La placenta deve essere trattata come materiale infetto ed eliminata per incenerimento.
•    Si raccomanda l'uso di strumenti monouso ogni qualvolta sia possibile. Nel caso di soggetti a rischio è invece raccomandato l'uso di materiale monouso soltanto se vi è contatto con tessuti ad alto rischio come il cervello, il midollo spinale, l'occhio o le tonsille.
•    Eliminare per incenerimento tutti gli strumenti e l'abbigliamento protettivo utilizzato. Gli strumenti che non possono essere interamente distrutti per incenerimento devono essere sottoposti ad un processo che garantisca la decontaminazione delle superfici prima di essere eliminati (vedi "Procedure di decontaminazione").
•    Si può evitare di contaminare parti della strumentazione che sarebbe costoso eliminare con una adeguata protezione con involucri di plastica. Le parti in contatto con tessuti ad alto rischio e gli involucri di protezione devono essere eliminati come sopra descritto.
•    Gli strumenti che sono stati utilizzati su un paziente sospetto di MCJ, per esempio, per prelevare materiale bioptico a fini diagnostici, possono essere messi in quarantena in contenitori sigillati. Solo nel caso in cui venga formulata una diagnosi definitiva diversa da MCJ, l'apparecchiatura potrà essere processata secondo le normali procedure di sterilizzazione, altrimenti deve essere eliminata.
•    Gli strumenti destinati ad essere riusati vanno posti in contenitori a tenuta e trasferiti alle unità adibite alle operazioni di sterilizzazione.
•    Gli strumenti destinati all'eliminazione per incenerimento devono essere posti in contenitori per rifiuti ospedalieri e trasportati alle unità adibite all'incenerimento appena possibile.

8.6.      Procedure di decontaminazione
I trattamenti standard di inattivazione e decontaminazione chimici e fisici non possono assicurare la completa inattivazione dell'agente della MCJ; ad esempio l'infettività persiste dopo trattamento con formalina o in autoclave con modalità standard (121°C per 15 minuti); l’agente responsabile della MCJ è anche estremamente resistente al trattamento ad alte dosi con raggi ionizzanti ed ultravioletti, pertanto il materiale potenzialmente contaminato deve essere correttamente conservato a parte fino al completamento delle procedure di decontaminazione.
Le procedure consigliate sono le seguenti:


8.6.1.   Strumenti chirurgici e odontoiatrici
•   La precauzione migliore è quella di eliminare gli strumenti chirurgici e distruggerli per incenerimento. Gli strumenti destinati all'eliminazione per incenerimento devono essere posti in contenitori per rifiuti ospedalieri e trasportati alle unità adibite all'incenerimento appena possibile.

•   Se questa precauzione non è applicabile, gli strumenti devono essere sottoposti ad una delle procedure di decontaminazione qui riportate in ordine decrescente di efficienza.

  1. Immergere gli strumenti in una soluzione di idrossido di sodio (NaOH) 1N (40 grammi per litro) e quindi autoclavarli in presenza di NaOH  a temperatura > 121°C in autoclave a sostituzione di gravità   o ad immissione di vapore per un tempo >30 minuti. Lavare accuratamente gli strumenti in acqua e sottoporli quindi alla sterilizzazione di routine
  2. Immergere gli strumenti in 1N NaOH o ipoclorito di sodio (20.000 ppm di cloro libero) per >1h; rimuovere i ferri dalla soluzione, autoclavarli a 134°C per >30 min. Lavare gli strumenti in acua e sottoporli alla sterilizzazione di routine.
  3. Immergere gli strumenti in 1N NaOH e bollire per 5-10 minuti a pressione atmosferica. Lavare accuratamente gli strumenti in acqua e sottoporli quindi alla sterilizzazione di routine.
  4. Immergere gli strumenti in una soluzione 1N NaOH o di ipoclorito di sodio (20.000 ppm di cloro libero) per >1h. Lavare accuratamente gli strumenti in acqua e sottoporli quindi alla sterilizzazione di routine.

 

E' bene assicurarsi che gli strumenti siano in grado di tollerare tali trattamenti consultando le indicazioni fornite dalla ditta produttrice.
Queste indicazioni non vanno applicate nei confronti di strumenti e materiale destinati ad eliminazione per incenerimento.

8.6.2.   Decontaminazione delle superfici (tavolo operatorio, banconi di laboratorio, etc.)
Utilizzare soluzione di idrossido di sodio (NaOH) 2 N (80 grammi per litro) per un'ora o, in alternativa, una soluzione di ipoclorito di sodio con cloro libero 20.000 p.p.m. per un'ora.
E' tuttavia sempre consigliabile evitare di contaminare le superfici utlizzando materiale assorbente e impermeabile.

8.6.3.   Rifiuti ospedalieri
Tutti i residui solidi ed i rifiuti ospedalieri devono essere eliminati per incenerimento; i liquidi di lavaggio e i campioni di materiale biologico, p. es. liquor, devono essere decontaminati (con aggiunta di idrossido di sodio in polvere o autoclavati) prima di essere eliminati. Per un trasporto sicuro usare contenitori a tenuta ad es. a doppio imballagio. Evitare la contaminazione esterna del contenitore.

9.         Sorveglianza della Malattia di Creutzfeldt-Jakob e sindromi correlate
La sorveglianza di una malattia rara come la MCJ e sindromi correlate (circa 1-2 casi/milione di abitanti/anno) ha la finalità di definire le dimensioni del fenomeno e di cogliere tempestivamente la eventuale comparsa di varianti della malattia.
La sorveglianza della vMCJ, MCJ, e sindromi correlate (GSS, FFI) è basata sulla denuncia obbligatoria ed è regolata dall'ordinanza ministeriale 12 febbraio 2001 e dal D.M. 21 dicembre 2001.


La soluzione di 1 N NaOH a temperatura ambiente è caustica, ma agisce in maniera relativamente lenta e può essere rimossa dalla pelle o vestiti con acqua. La soluzione 1 N di NaOH calda è fortemente caustica e non deve essere maneggiata prima che si sia raffreddata. La soluzione 1 N di NaOH reagisce rapidamente con l'anidride carbonica rendendola inattiva. Pertanto deve essere preparata al momento dell'uso a partire o da NaOH solido o diluendo una soluzione di 10 N di NaOH (quest'ultima non viene inattivata dall'anidride carbonica ed è pertanto stabile).
Le soluzioni di NaOH a qualsiasi temperatura devono essere trattate come sostanze chimiche a rischio e trasportate solo in contenitori chiusi e resistenti alle perdite.

In queste autoclavi l'aria è sostituita dal vapore che proviene dalla base della camera. Queste autoclavi sono utilizzate per la decontaminazione e sterilizzazione di soluzioni e strumenti.

Queste autoclavi producono il vuoto prima dell'immisione del vapore. Non sono indicate per la sterilizzazione dei liquidi.

Ipoclorito di sodio (candeggina): l'efficienza dipende dalla concentrazione di cloro libero. In commercio sono usualmente disponibili soluzione al 5,25% di candeggina che devono essere diluite 2,5 volte (una parte di candeggina più 1,5 parti di acqua). La candeggina si inattiva facilmente all'aria ed è pertanto importante preparare le soluzioni solo al momento dell'uso e a partire da confezioni nuove o ermeticamente chiuse. La candeggina va tenuta al riparo della luce. E' consigliabile condurre le procedure di decontaminazione in un locale ben ventilato o isolato, perchè la quantità di cloro che si libera durante l'inattivazione può costituire un rischio per la salute.

 

Fonte: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_326_allegato.doc

Sito web da visitare: http://www.salute.gov.it

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