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ARTRITE REUMATOIDE (Codice di esenzione 006)
L’artrite reumatoide (AR) è una malattia autoimmune caratterizzata da infiammazione intra e periarticolare ad andamento cronico. Viene considerata una patologia poliarticolare, in quanto colpisce tre o più articolazioni, e simmetrica poiché interessa i segmenti articolari di entrambi i lati del corpo. Le sedi più colpite sono: mani, polsi, gomiti, ginocchia, caviglie e piedi.
L’artrite reumatoide (AR) ha eziologia ancora sconosciuta sebbene fattori genetici e ambientali possano contribuire al suo sviluppo.
I principali segni e sintomi, legati alla natura infiammatoria, sono caratterizzati da tumefazione e gonfiore articolare, difficoltà nei movimenti e dolore; possono comparire febbre, astenia e anemia.
I nuovi criteri di classificazione dell’AR frutto della collaborazione tra American College of Rheumatology (ACR) ed European League Against Rheumatism (EULAR), ridefiniscono il paradigma dell’artrite reumatoide focalizzando l’attenzione sugli stadi precoci della patologia. Questa nuova classificazione richiama la necessità di una diagnosi precoce e di una tempestiva ed efficace terapia soppressiva per prevenire o minimizzare l’insorgenza di una evoluzione clinica disabilitante.
L’artrite reumatoide colpisce nel mondo secondo dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità circa 165 milioni di persone, l’1% della popolazione mondiale. L’insorgenza è in età adulta ma non raramente colpisce la fascia pediatrica e i giovani adulti. È da due a quattro volte più frequente nel sesso femminile.
Se non trattata adeguatamente l’artrite reumatoide può evolvere in gravi deformità articolari e verso pesanti forme di disabilità che possono arrivare ad impedire al soggetto di svolgere le normali attività quotidiane e lavorative.
Una diagnosi e un trattamento precoci dell’artrite reumatoide sono di importanza fondamentale. Quadro sintomatologico, anamnesi clinica, visita clinica, radiografie ed esami di laboratorio (compreso il test del fattore reumatoide e gli Ab anti peptidi citrullinati) sono gli strumenti che il reumatologo ha a disposizione per formulare la diagnosi.
Obiettivo dei trattamenti farmacologici è ridurre il dolore articolare, ridurre l’infiammazione che ne è causa, rallentare la progressione dei danni strutturali prevenendo le deformità articolari e quindi migliorare la qualità di vita dei pazienti.
Corticosteroidi e farmaci antinfiammatori non steroidei, o FANS, consentono di attenuare segni e sintomi associati all’infiammazione: dolore, gonfiore, rigidità articolare.
I Disease-Modifying Anti-Rheumatic Drugs, DMARDs, sono farmaci antireumatici che, come il metotressato, modificano l’evoluzione della malattia e sono prescritti per tenere sotto controllo i sintomi e i danni strutturali a carico delle articolazioni e dei tessuti.
I farmaci biologici sono la classe più innovativa di farmaci utilizzati nel trattamento dell’artrite reumatoide. Tali farmaci interferiscono con molecole (come le citochine Tumor Necrosis Factor,
IL-1, IL-6, etc) e le cellule che regolano il processo infiammatorio alla base della artrite reumatoide.
I trattamenti riabilitativi a basso impatto sono consigliati per preservare la forza muscolare e la mobilità articolare.
LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO (Codice di esenzione 028)
Il Lupus Eritematoso Sistemico, o LES, è una malattia cronica, autoimmune e sistemica dal momento che colpisce diversi organi e tessuti del corpo.
Il sistema immunitario produce autoanticorpi che attaccano le varie componenti dell’organismo stesso causando infezioni e danni tessutali. Il LES colpisce la pelle, le articolazioni, il cuore, i polmoni, i reni, il fegato, il sistema nervoso e l’endotelio vascolare.
Il 30% dei pazienti presenta segni cutanei (eritema a farfalla, rash discoide), frequente la compromissione articolare con dolore; possono essere presenti debolezza, febbre, pleuriti, tendiniti, fotosensibilità, variazioni inspiegabili del peso, disturbi renali, anemia, mal di testa, aborti spontanei. Le cause della malattia non sono note. Il LES colpisce prevalentemente le donne tra i 15 e 35 anni. In Italia almeno 60.000 persone ne soffrono con 1.500-2.000 nuove diagnosi l’anno.
La forma più comune di LES interessa la pelle ma altrettanto frequenti sono la forma articolare e renale. La malattia alterna fasi di remissione a fasi di riacutizzazione.
La diagnosi si basa sull’esame clinico e su una ampia batteria di esami del sangue.
Le terapie utilizzate sono rappresentate da cortisonici, immunosoppressori. Recentemente anche un Ab monoclonale che inibisce lo stimolatore dei linfociti B è stato autorizzato nella terapia del LES.
MALATTIA DI SJOGREN (Codice di esenzione 030)
La malattia di Sjogren è una patologia infiammatoria, cronica su base autoimmune, caratterizzata da distruzione delle ghiandole esocrine mediata dai linfociti T ma anche da una eccessiva attivazione dei linfociti B con produzione di autoanticorpi, quali il fattore reumatoide (FR), anti SS-A/Ro e anti SS-B/La.
Questa malattia ha una frequenza dell’1% e colpisce soprattutto il sesso femminile dopo i 40 anni.
La malattia di Sjogren sembra essere associata ad una predisposizione genetica in parte legata ai geni HLA, anche infezioni virali possono essere fattori predisponenti di tale malattia.
I sintomi oltre alla secchezza delle mucose, sono rappresentati da poliartrite non erosiva, fenomeno di Raynaud, porpora o ulcere cutanee, per vasculite e interessamento polmonare.
La malattia di Sjogren aumenta di 40 volte il rischio di neoplasia linfatica. L’andamento è intermittente. La sindrome di Sjogren si può anche associare ad una altra malattia autoimmune come la artrite reumatoide e il LES.
La diagnosi si basa oltre che sulla visita clinica, sul test di Shirmer, sulla scialografia, sulla biopsia delle ghiandole salivari minori ed esami del sangue (in particolare Ab antinucleo e anti-SSA, anti-SSB). La terapia è prevalentemente sintomatica. Nei casi di compromissione articolare con dolore si utilizzano antinfiammatori non steroidei, o FANS, e cortisonici; impiegati anche gli immunosoppressori.
MALATTIA DI PAGET (Codice di esenzione 037)
La malattia di Paget, definita osteite deformante, è una malattia metabolica dell’osso.
La causa è sconosciuta, fattori infettivi sono studiati come possibili fattori causali. In tale malattia vi è una attivazione degli osteoclasti che aumenta il riassorbimento osseo e stimola la formazione di nuovo tessuto osseo con conseguenti deformità scheletriche dovute alla crescita anomala che rende le ossa più voluminose, morbide e fragili. La rapidità con cui la malattia di Paget aumenta il riassorbimento e la produzione di nuovo osso fa sì che i nuovi strati risultino disorganizzati e deformati. Possono essere colpiti ossa singole o interi distretti con complicanze importanti come l’ingrossamento del cranio, radicolopatia, artrosi, disturbi uditivi, compressione del midollo spinale o di strutture della fossa cranica posteriore, sarcomi.
La malattia di Paget colpisce di solito dopo i 40 anni, in particolare i maschi.
I sintomi possono essere subdoli ma spesso sono assenti, talvolta è presente dolore osseo e rigidità articolare importante.
La diagnosi oltre che su segni e sintomi, si basa su esami del sangue (fosfatasi alcalina), esami delle urine ed indagini radiografiche.
I bifosfonati rappresentano la terapia di prima scelta.
ARTROPATIA PSORIASICA (Codice di esenzione 045)
La psoriasi è una malattia della pelle con andamento cronico-recidivante che si manifesta con la comparsa di chiazze rossastre e tondeggianti a margini netti e ben delimitate.
Nel mondo le persone affette da psoriasi sono circa 125 milioni, in Italia quasi 2,5 milioni, nei paesi industrializzati almeno il 3-4% della popolazione presenta lesioni psoriasiche.
Numerosi studi confermano una stretta correlazione tra psoriasi e artrite psoriasica che colpisce il 36% dei pazienti con psoriasi cutanea.
L’artropatia psoriasica non è certo una patologia più lieve dell’artrite reumatoide, infatti almeno il 40% dei pazienti è colpito da una forma erosiva e deformante con gradi di severità radiologica simili a quelli dell’artrite reumatoide. Il 47% dei pazienti con artropatia psoriasica precoce (malattia della durata <2 anni) evidenzia danno radiologico a 2 anni nonostante il miglioramento clinico determinato dall’utilizzo di terapie di fondo tradizionali (metotressato, sulfasalazina, ciclosporina). Queste terapie controllano i sintomi ma non sono in grado di bloccare il danno articolare. Di recente sono stati introdotti gli agenti biotecnologici anche in tale condizione. I più utilizzati sono gli Ab monoclonali che bloccano il TNF-alfa. Tali farmaci migliorano lo stato funzionale e la qualità di vita dei pazienti oltre che a inibire la progressione del danno articolare.
Come per l’artrite reumatoide, anche nell’artropatia psoriasica un trattamento precoce e aggressivo permette di prevenire il danno articolare.
SCLEROSI SISTEMICA (Codice di esenzione 047)
La sclerosi sistemica progressiva (SSP), o sclerodermia (dal greco: pelle dura) è una malattia cronica, autoimmune, ad andamento progressivo caratterizzata dall’indurimento della pelle che può colpire molti altri organi e strutture del corpo.
In Italia sono circa 20.000 le persone affette da questa malattia e ogni anno le nuove diagnosi sono circa 300.
Le donne sono più colpite rispetto agli uomini con un rapporto di 3:1, sebbene questa differenza aumenti in età fertile quando il rapporto si avvicina o supera 8:1; le fasce d’età di maggiore insorgenza sono tra i 30 e i 50 anni.
La sclerosi sistemica progressiva si differenzia in due forme: localizzata e sistemica; tra le connettiviti è la patologia più frequente.
Non si conoscono le cause precise che danno il via allo sviluppo della malattia. Tale malattia coinvolge molti organi/apparati: la cute che diventa indurita, tesa e aderente ai piani sottostanti; le ulcere cutanee; l’apparato scheletrico con artrite e tenosinovite; l’apparato cardiaco con fibrosi del tessuto di conduzione del cuore, alterazioni del ritmo cardiaco, scompenso destro, alterazioni del rilasciamento diastolico precoce; l’apparato respiratorio con fibrosi polmonare interstiziale e ipertensione polmonare; l’apparato gastroenterico con ipomobilità esofagea e dell’intestino tenue, reflusso gastro-esofageo e sindrome di malassorbimento; e, infine, l’apparato urinario con crisi renale sclerodermica.
La diagnosi si basa anche sulla ricerca di autoanticorpi specifici quali gli anticorpi antinucleo ANA, tra i quali l’anti-topoisomerasi 1 (anti-Scl70).
La terapia è rivolta alle singole manifestazioni d’organo, come la terapia immunodepressiva nella interstiziopatia polmonare. Sono in studio farmaci ad azione antifibrotica.
SPONDILITE ANCHILOSANTE (Codice di esenzione 054)
La spondilite anchilosante è una patologia reumatica infiammatoria che colpisce lo scheletro assiale (colonna vertebrale e articolazioni sacro-iliache), le articolazioni ed entesi periferiche, gli occhi, e più raramente i polmoni e le valvole cardiache. Nella spondilite anchilosante la colonna vertebrale si fonde (colonna a canna di bambù) causando grave rigidità e perdita della mobilità con deformità. Questa patologia che rientra tra le cosiddette spondiloartropatie, può associarsi talvolta a psoriasi o a malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI).
Non si conoscono le cause della spondilite anchilosante sebbene il 70-90% dei pazienti abbia in comune un marcatore genetico, l’antigene di istocompatibilità HLA-B27.
I sintomi, caratterizzati da dolore e rigidità della colonna vertebrale (in particolare lombalgia) che si attenuano con il movimento e peggiorano con il riposo (dolore notturno). Possono essere interessate anche le articolazioni periferiche con artriti che interessano prevalentemente gli arti inferiori e le entesi in particolare le calcaneari con tendinite Achillea e fascite plantare. Frequentemente tali pazienti presentano anche una infiammazione della camera anteriore dell’occhio (uveite anteriore).
La spondilite anchilosante colpisce dallo 0,1 allo 0,4% della popolazione mondiale. In Europa la prevalenza oscilla dallo 0,2 all’1% . È più diffusa tra i maschi che sono colpiti tre volte tanto rispetto alle femmine. L’insorgenza è in media attorno ai 25 anni di età.
Convivere con la spondilite anchilosante pone seri problemi di qualità di vita, in base alla gravità dei sintomi i pazienti sono costretti ad abbandonare in parte o del tutto l’attività lavorativa.
La diagnosi arriva tardi, in genere dopo alcuni anni. L’esame radiografico standard può essere nelle fase iniziale negativo, utile per una diagnosi precoce è la risonanza magnetica delle articolazioni sacro-iliache e della colonna vertebrale. e la determinazione dell’antigene-HLA-B27.
I pazienti con spondilite anchilosante vengono trattati spesso con farmaci antinfiammatori non steroidei, FANS e con gli anticorpi monoclonali o farmaci biologici che inibiscono l’azione del Fattore di Necrosi Tumorale (Tumor Necrosis Factor alfa, TNF-alfa), una proteina prodotta dal sistema immunitario che ha un ruolo centrale nel processo infiammatorio che accompagna la patologia. La riabilitazione fisica è una parte importante del trattamento terapeutico in quanto rinforza la muscolatura della schiena e dell’addome migliorando la postura e permettendo di migliorare la respirazione.
ARTRITE IDIOPATICA GIOVANILE (compresa nel Codice di esenzione 006 - specifica 714.3)
L’artrite idiopatica giovanile non è una malattia, ma un termine che riunisce tutte le forme di artrite cronica ad insorgenza in età pediatrica.
La forma di gran lunga più comune (circa il 50% dei casi) è una malattia che si osserva solo nel bambino e che presenta peculiari complicanze come l’interessamento infiammatorio dell’uvea (vascolarizzazione dell’occhio) anteriore. Questa complicanza, che può causare gravi danni fino alla perdita della vista, è inizialmente asintomatica. Siccome la terapia per essere efficace deve essere precoce è essenziale, per diagnosticare per tempo l’uveite, che i pazienti si sottopongano ogni tre mesi ad una visita oculistica con lampada a fessura.
Un altro aspetto peculiare a tutte le artriti croniche del bambino è che interessano un apparato muscolo-scheletrico in accrescimento. Le contratture muscolari antalgiche secondarie all’artrite esercitano trazioni anomale sui capi ossei che possono portare a deformità scheletriche; per interrompere questo circolo vizioso trova larga indicazione l’impiego di iniezioni intra-articolari di steroidi (triamcinolone esacetonide).
Una forma particolare di artrite idiopatica giovanile è la forma sistemica, caratterizzata da importanti sintomi sistemici come una febbre elevata. Rappresenta l’equivalente pediatrico della malattia di Still dell’adulto con la differenza che in età pediatrica è molto più frequente. Al contrario, la forma di artrite reumatoide FR dell’adulto, assai frequente nell’adulto, rappresenta poco più del 3% delle artriti del bambino.
Fonte: http://www.amrer.it/download_documenti/esenzioni-roma/12_Scheda_Patologie_Reumatiche.doc
Sito web da visitare: http://www.amrer.it/
Autore del testo: AMRER
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