Rickettsiosi

Rickettsiosi

 

 

 

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Rickettsiosi

Sono malattie infettive a decorso acuto, a diffusione epidemica o endemica  in diverse parti del mondo, caratterizzate da febbre e da  esantema (maculo-papuloso o vescicoloso o petecchiale) provocate da  schizomiceti  del genere Rickettsia (tribù Rickettsiae, famiglia Rickettsiaceae). In passato sono state inserite tra le rickettsiosi  anche malattie  provocate da  microrganismi  appartenenti  agli altri due generi  della stessa tribù: Coxiella e Rochalimaea. Ma di recente è stato individuato un altro genere: Orientia che comprende una sola specie (O. tsutsugamushi, prima nota come R tsutsugamushi). Inoltre il genere Rochalimaea è stato incluso nella famiglia Bartonellaceae.
Eziologia. Le rickettsie, sono piccoli coccobacilli dal diametro da 0,2 a 0,6 micron, sprovvisti di flagelli e di capsula, gram-negativi, si colorano con il Giemsa o con i metodi di Machiavello e di Castaneda. Al microscopio ottico sono visibili sotto forma di piccoli bastoncini o di granuli, spesso accoppiati o uniti da un filamento, a manubrio. Al microscopio  elettronico appaiono costituiti da una parete a struttura  pluristratificata, da una membrana citoplasmatica e da un citoplasma granulare con ammassi filamentosi (nucleotidi). Contengono DNA e RNA. Hanno attività enzimatiche e metaboliche proprie.
Lerickettsie  dei generi Rickettsia e Coxiella sono microrganismi endocellulari obbligati, si moltiplicano per scissione binaria a livello del citoplasma o del nucleo; possono essere coltivate nel sacco vitellino di embrione di pollo o in colture cellulari primarie o in  linea continua.                               .
Le coxiellesi sviluppano all’interno di vacuoli citoplasmatici e a differenza delle altre  rickettsie danno luogo a minute strutture sporo-like, molto resistenti agli agenti fisici e chimici.
La struttura antigenica delle rickettsieè abbastanza complessa. Sono stati evidenziati  diversi antigeni  e tra questi due utili per la tipizzazione: uno somatico (o profondo),  solubile, termolabile,  gruppo specifico ed uno, molto probabilmente  antigene di membrana, insolubile,  termostabile e specie-specifico.
Patogenesi. Le rickettsiehanno uno spiccato  tropismo per le cellule endoteliali ed in particolare per quelle dei piccoli  vasi, nelle quali  penetrano e replicano abbondantemente, dando luogo ad una endotelite  proliferativa, con formazione di trombi murali o obliteranti e diapedesi di globuli rossi; spesso la endotelite è accompagnata da lesioni degenerative dell’intima e della media e da processi reattivi perivascolari caratterizzati da infiltrati a manicotto costituiti da macrofagi, linfociti, polinucleati e da cellule avventiziali.
Le suddette lesioni  vasali e perivasali sono appannaggio  di tutte le infezioni umane da Rickettsia, ma le tre componenti, endotelite, lesioni degenerative ed infiltrati, possono variare per estensione e per espressività nelle diverse forme di Rickettsiosi.
Ad eccezione della febbre Q nelle rickettsiosi è costante la comparsa di esantemi spesso emorragici la cui patogenesi è legata alle vasculiti.
La diagnostica differenziale di laboratorio tra le diverse forme di rickettsiosi si basa prevalentemente sulla ricerca degli anticorpi verso le varie specie di rickettsieutilizzando antigeni gruppo specifici e specie-specifici. I test più comunemente  usati sono:  immunofluorescenza  indiretta (IFI), fissazione del complemento e microagglutinazione.
In passato è stata adoperata la reazione di Weil-Felix dovuta alla fortuita somiglianza tra fraazioni antigeniche  di diverserickettsiee carboidrati, apteni di varianti “O immobili” di Proteus vulgaris o P. mirabilis. In molte rickettsiosi il siero dei pazienti agglutina particolari ceppi di Proteus (OX19 - OX2 - OXK) e tale agglutinazione  verso l’uno o l’altro ceppo è più o meno marcata  o assente nelle diverse forme. Data l’aspecificità  e le frequenti false  positività,  la reazione di Weil-Felix  in questi ultimi anni  è stata abbandonata.
Epidemiologia. La trasmissione delle  rickettsiedipende da un ciclo che coinvolge un vertebrato ed un artropode vettore. Le rickettsiesono generalmente ospiti di molti animali selvatici e domestici, nei quali provocano malattie o più frequentemente infezioni a decorso inapparente, con conseguenti rickettsiemie, specie in roditori ed altri vertebrati (canidi), che come serbatoi, anche se transitori, rivestono un ruolo non indifferente nella catena  epidemiologica. L’altro anello è rappresentato dagli artropodi; la trasmissione tra gli animali e da questi casualmente all’uomo avviene ad opera di artropodi ematofagi: insetti (pidocchi e pulci) e aracnidi (acari e zecche).
È da sottolineare che acari e zecche sono da considerare sia  vettori che importanti e duraturi  serbatoi, in quanto le rickettsie si sviluppano, senza  provocare  alcun danno apparente, nei loro tessuti, comprese  le ovaie, e vengono trasmesse  alla progenie. Zecche ed acari infetti oltre a trasmettere, per tutto l’arco della loro vita, le rickettsie, agli animali che infestano ed occasionalmente  all’uomo, spesso, trasferendo i microrganismi alla progenie, perpetuano le fonti di contagio.
Sono patogene per l’uomo numerose specie del genere Rickettsia e l’unica  specie del genere Coxiella. In base alle manifestazioni cliniche, alle caratteristiche biologiche ed antigeniche degli agenti eziologici, alle modalità di trasmissione, al tipo di vettore e agli aspetti epidemiologici le rickettsiosi vengono suddivise in gruppi.
Nella Tab.1 vengono riportate sinteticamente le varie specie di rickettsie, la loro distribuzione geografica, i loro vettori e le malattie umane correlate.


Tab. 1   Rickettsiosi umane


Tribù

Genere

Gruppo

Specie

Malattia

Distribuzione geografica

Vettore

Ospite vertebrato

 

Rickettsia

Tifo

R. prowazekii

Tifo epidemico

Ubiquitaria

Pidocchio umano

Uomo, G. volans (scoiattolo volante)

 

 

 

R. typhi
(R. moseri)

Tifo murino

 

Pulce

Ratto urbano

 

 

Febbri eruttive
(Spotted fever)
(SF)

R. rickettsii

Rocky Mountain Spotted Fever

America settentrionale e centrale

Zecca

Roditori
Piccoli mammiferi
Cani

 

 

 

R. sibirica

Febbre eruttiva dell’Asia settentrionale

Siberia, Mongolia

Zecca

Roditori
Piccoli mammiferi
Cani

Rickettsiae

 

 

R. japonica

Oriental SF

Giappone, Isole Awaji

Zecca

Roditori
Piccoli mammiferi
Cani

 

 

 

R. conorii

Febbre bottonosa del Mediterraneo

Bacino del Mediterraneo

Zecca

Roditori
Piccoli mammiferi
Cani

 

 

 

R. israeli

Israelian SF

Israele

Zecca

 

 

 

R. africae

African tick-bite fever

Africa meridionale

Zecca

 

 

 

R. australis

Australian SF

Australia

 

Marsupiali e roditori

 

 

 

R. akari

Rickettsiosi varicelliforme (rickettsialpox)

America, Africa, CIS

Acaro

Roditori
Topo di città

 

Orientia

 

O. tsutsugamushi

Tifo fluviale

Corea, Malesia, Indocina, Nuova Guinea

Acaro

Piccoli roditori e topo campagnolo

 

Coxiella

 

C. burnetii

Febbre Q

Ubiquitaria

Zecca
(non necessario)

Ovini e bovini


 

Il tifo fluviale, riportato nella trattatistica come gruppo a se, per gli aspetti clinici ed epidemiologici è da inserire nel gruppo delle febbri  eruttive maculose.
Le rickettsiosi sono ubiquitarie, ma  purtroppo i dati ufficiali sulla morbosità e sulla mortalità delle diverse forme sono  molto carenti ed imprecisi non solo nei paesi in via di sviluppo, ma anche in quelli industrializzati; comunque è possibile cogliere alcuni aspetti del loro profilo epidemiologico.
Negli ultimi decenni le migliorate condizioni socio-economiche ed igienico sanitarie hanno dato la possibilità di eradicare in diverse aree il tifo esantematico ed il tifo murino o di ridurre notevolmente la loro incidenza. Contemporaneamente, a partire dagli anni ‘70, in varie aree geografiche è stato notato un netto incremento  di alcune rickettsiosi  del gruppo delle febbri eruttive, quali la Febbre maculosa delle Montagne Rocciose e la  Febbre Bottonosa del Mediterraneo.

TIFO EPIDEMICO O ESANTEMATICO

E’ una malattia infettiva, a decorso acuto, caratterizzata da febbre, eruzione esantematica  a tipo petecchiale e da stato stuporoso, provocata dalla R. prowazekii.
Eziologia ed epidemiologia.  La R. prowazekii ha forma coccoide (diametro 0,3-o,4 micron) o bacillare (1-2 micron x 0,25), si dispone frequentemente ad ammassi appaiati. E’ poco resistente all’ambiente esterno e viene rapidamente inattivata dai comuni antisettici.
L’uomo costituisce il serbatoio primario della R. prowazekii ed il vettore è il pidocchio (Pediculus humanus corporis);  è stato osservato anche un ciclo naturale che coinvolge uno scoiattolo dell’America del nord (Glaucomis volans) ed i suoi ectoparassiti; comunque si ritiene esclusivo il ruolo dell’uomo e quello del pidocchio  nel mantenere la catena epidemiologica del tifo esantematico.
Il pidocchio abbandona i vestiti e raggiunge per nutrirsi, 5-6 volte al dì, la cute del paziente spesso in fase rickettsiemica, ed ingerisce assieme al sangue numerosi microrganismi, che replicano nelle cellule intestinali dell’ectoparassita e vengono abbondantemente eliminate sulla cute di eventuali altri soggetti, che si contagiano attraverso le abrasioni provocate dal grattamento.
E’ da sottolineare che il pidocchio comincia ad eliminare le rickettsie  da 3 a 5 giorni dopo il pasto infettante e che a causa dell’infezione viene a morte nel volgere di 8-10 giorni. Raramente il contagio avviene per via respiratoria, mediante inalazione di pulviscolo contenente escrementi  di pidocchio, essiccati e ricche di rickettsie. Il tifo esantematico in passato epidemico, per le carenti condizioni  igieniche, in diverse aree  dei vari continenti (Africa, Asia, Sud-America, Europa Centrale ed Orientale) ha afflitto per millenni  l’umanità, specie in occasione di carestie e di eventi bellici, con estese epidemie  che hanno provocato decine  di milioni di morti. Dopo il secondo conflitto mondiale, le migliorate condizioni socio-economiche di molti paesi industrializzati e di alcuni in via di sviluppo hanno consentito l’applicazione di misure terapeutiche ed igienico-profilattiche tali da ridurre nettamente l’incidenza della malattia. In aree dove in passato erano frequenti  severe epidemie di tifo esantematico nell’ultimo ventennio si sono registrati soltanto casi sporadici o qualche modesta recrudescenza endemica limitatamente ad alcune sacche di popolazione della Mongolia e degli altopiani dell’Africa e del Sud-America.
Patogenesi e sintomatologia.  Le rickettsiepenetrate, attraverso microlesioni cutanee o più raramente  attraverso le mucose respiratorie o congiuntivali, esplicano la loro attività replicativa e patogena in modo elettivo a livello delle cellule endoteliali dei piccoli vasi, dove replicano  abbondantemente e si diffondono per via ematica. Tali lesioni interessano prevalentemente le arteriole precapillari  ed i capillari e sono caratterizzate da un processo di endotelite proliferativa con fenomeni  degenerativi (ialinosi) e necrotici della parete vasale e formazione di trombi murali e infiltrati a manicotto perivascolari costituiti da mononucleati di origine avventiziale, da polimorfonucleati e da linfociti (noduli di  Franckel).   Le suddette lesioni vascolari, disseminate nei vari tessuti, sono alla base delle alterazioni anatomiche e funzionali  di vari organi ed apparati; sono prevalentemente interessati la cute, il sitema nervoso centrale ed il miocardio. Nella cute compaiono i caratteristici  elementi  papulo-petecchiali; a carico del miocardio le lesioni vasali si accompagnano ad alterazioni degenerative e talvolta necrotiche delle fibre muscolari; nel sistema nervoso alla vasculite ed agli infiltrati perivasali, a cui partecipano elementi cellulari della nevroglia, si accompagnano lesioni degenerative dei neuroni e delle guaine mieliniche.
Sintomatologia. Il periodo di incubazione è di circa 10 giorni.  La  malattia inizia bruscamente con brividi, tremori, febbre e mialgie. La febbre persistye alta 39-40°C, continua, lievemente remittente, per 2 settimane circa, indi cade, in genere, per lisi. In quarta -quinta giornata di malattia, in corrispondenza del torace e degli avambracci, compare un esantema roseoliforme, che nel volgere di 48 ore, si estende a tutto il corpo, risparmiando il palmo delle mani e la pianta dei piedi.
Le roseole si trasformano dapprima in maculo-papule e quindi in petecchie. L’ammalato appare profondamente prostrato, ed anoressico, il sensorio è obnubilato. Nei casi più gravi allo stato stuporoso subentra il coma. La lingua si ricopre di un induito bruniccio fuligginoso e dalla bocca emana uno spiccato “foetor”. La pressione arteriosa è bassa; il polso è piccolo e frequente; spesso si ha oliguria. In alcuni casi si apprezza un modesto aumento di volume della milza e del fegato.
Nel sangue periferico si osserva  leucopenia  con linfomonocitosi, durante la prima settimana  di malattia e leucocitosi, sempre con linfomonocitosi, nella seconda settimana. La velocità di eritrosedimentazione è aumentata.
Dopo circa due settimane di malattia l’esantema, contemporaneamente alla caduta della febbre, e alla regressione della sintomatologia  neurologica, progressivamente si attenua e, nel volgere di qualche giorno, scompare e residua una desquamazione furfuracea  che si nota strofinando leggermente  la cute (segno di Brauer).
Nei casi più gravi l’evoluzione è sfavorevole, la compromissione nervosa si accentua e si ha l’exitus in coma.
Diagnosi. La diagnosi clinica di tifo  esantematico è spesso agevole. La febbre, lo stato stuporoso ed il caratteristico esantema, ad evoluzione petecchiale, rendono il giudizio diagnostico piuttosto facile, specie nei periodi di epidemia. La diagnosi differenziale va  comunque posta con il tifo  addominale e con le altre rickettsiosi. Nel giudizio diagnostico saranno di aiuto gli esami di laboratorio.
R. prowazekii può essere  isolata dal sangue e dai tessuti in colture cellulari.
Le indagini sierologiche usualmente impiegate nella diagnostica  differenziale con  le altre rickettsiosi  vengono eseguite  con antigeni specie-specifici e sono: il test  di immunofluorescenza  indiretta, la fissazione del complemento e la  microagglutinazione.
Prognosi. Riservata in era  preantibiotica e nei pazienti non trattati, con un indice di letalità  compreso tra il 10% e il 50% dei casi, è oggi relativamente favorevole e la letalità si è ridotta a percentuali molto modeste (< 5%) nei soggetti sottoposti a precoce  terapia antibiotica di supporto.
Terapia. R. prowazekii è sensibile al cloramfenicolo ed alle tetracicline, che vanno somministrate  il più precocemente possibile. Negli ultimi anni  è prevalso l’uso delle  tetracicline a lunga emivita, sia per i ridotti effetti collaterali  sia per la loro spiccata liposolubilità che ne agevola la penetrazione intracellulare; minociclina  e doxiciclina vanno somministrate a dosi di 100 mg, due volte al dì, per almeno 7 giorni.
Nei casi gravi è utile associare agli antibiotici la terapia sintomatica.

                                               MALATTIA DI BRILL

Una forma, particolarmente benigna, del tifo esantematico è quella  sporadica o morbo di Brill, che si manifesta in soggetti parzialmente  immunizzati da precedenti infezioni, spesso inapparenti, da R. prowazekii.
Si riscontra, comunemente in soggetti che hanno soggiornato a lungo in zone endemiche per il tifo esantematico o che hanno in passato  sofferto di una lieve forma di tifo esantematico.
Il decorso di questa  forma sporadica è benigno. La sintomatologia, rispetto al tifo esantematico epidemico, è molto attenuata. Manca il periodo prodromico, la febbre è modica, l’esantema resta di tipo  maculo-papuloso, la compromissione del sistema nervoso è di lieve entità e spesso limitata a cefalea e ad un discreto grado di sonnolenza.

                                               TIFO MURINO
E’ una malattia infettiva, a decorso acuto, ad evoluzione relativamente benigna, provocata dalla R. typhi (precedentemente denominata R. mooseri) e caratterizzata da febbre e da esantema maculo-papuloso.
Il tifo murino è diffuso in tutto il mondo ed è endemico  in diversi paesi tropicali e sub-tropicali; in Europa è presente nelle zone costiere  del bacino del Mediterraneo ed è stato segnalato anche in Italia, specie nelle regioni meridionali ed insulari (Sicilia).
L’agente eziologico è la R. typhi, il cui serbatoio  naturale è il  ratto; viene trasmessa, da ratto a ratto e dal ratto all’uomo, dalla pulce del ratto (Xenopsilla cheopis).
La pulce del ratto, che occasionalmente infesta l’uomo elimina con le feci  una miriade dirickettsie, che attraverso le mucose e le escoriazioni  della cute  provocano il contagio.  Un gran numero  di rickettsievengono eliminate  anche dai ratti infetti con gli escrementi , per cui il contagio umano può verificarsi pure attraverso la mucosa orofaringea per ingestione di alimenti contaminati.
Sintomatologia. Il periodo di incubazione oscilla da 7 a 20 giorni. La malattia inizia  con vago senso di malessere generale, mialgie, artralgie, brividi, cefalea, febbre e manifestazioni  catarrali a carico delle prime vie aeree. La febbre persiste alta, continua, lievemente remittente, per due settimane circa, indi cade per lisi o per crisi. Tra la 4 e la 7 giornata di malattia insorge l’esantema. La eruzione, costituita da maculo-papule, inizia al tronco e si diffonde a tutto il corpo risparmiando di solito il palmo delle mani, la pianta dei piedi e il viso;  gli elementi si trasformano in petecchie. Durante il periodo esantematico la cefalea si accentua e talvolta si accompagna a segni di irritazione meningea. Compaiono spesso epistassi e turbe a carico dell’apparato digerente (nausea, vomito, etc.); la milza ed il fegato  aumentano modicamente di volume.  Nel  quadro ematico periferico si ha frequentemente  leucocitosi  con linfomonocitosi.
La diagnosi clinica può essere confermata dalla prova biologica sulla cavia e dalle reazioni sierologiche. La inoculazione di sangue di paziente sospetto in peritoneo di cavia maschio provoca l’insorgenza di orchite.
Le indagini sierologiche  più comunemente usate sono l’immunofluorescenza indiretta e la fissazione del complemento.
Prognosi. La prognosi generalmente è buona; alla caduta della febbre la sintomatologia regredisce  piuttosto rapidamente e l’esantema si attenua e scompare senza lasciare desquamazione. L’exitus si ha soltanto nell’1-2% dei casi e riguarda spesso soggetti particolarmente defedati.
Terapia. Nella terapia vengono adoperati con ottimi risultati il cloramfenicolo e le tetracicline. Le misure profilattiche si basano sulla disinfestazione delle pulci, mediante DDT e sulla derattizzazione.

GRUPPO DELLE FEBBRI ERUTTIVE  (Spotted fever)

Sono comprese in questo Gruppo numerose rickettsiosi che, oltre a presentare quadri clinici simili (febbre, artromialgie, esantema maculoso) sono sostenute da rickettsie a caratteri antigenici, biochimici e colturali affini, ospiti di un gran numero di vertebrati selvatici e domestici e trasmesse all’uomo da aracnidi (zecche e acari).
Sotto il profilo clinico si differenziano per il decorso più grave di qualche forma o per alcuni aspetti sintomatologici peculiari e costanti, quale l’evoluzione vescicolosa dell’esantema nella rickettsialpox, o talvolta riscontrabili in un numero limitato di casi come le lesioni necrotiche o gangrenose nella Febbre Maculosa delle Montagne Rocciose.
Ogni forma di febbre eruttiva occupa un’area geografica ben delimitata, ed è suggestivo che nella stessa area geografica salvo qualche rara eccezione, non è mai presente un’altra forma eruttiva. (

Lerickettsie, che le provocano sono ospiti naturali  di un gran numero di vertebrati selvatici e domestici e la loro trasmissione all’uomo avviene mediante la puntura delle zecche; soltanto gli agenti del tifo fluviale e della Rickettsialpox vengono trasmessi da acari. Comunque sia acari che zecche rimangono contagianti a lungo, anche dopo l’ibernazione e sono da considerare vettori e serbatoi duraturi e perenni, in quanto trasmettono le rickettsie alla progenie.
Il grande numero di animali selvatici e domestici, che ospitano transitoriamente le rickettsie, la miriade di vettori-serbatoi, difficilmente raggiungibili e la loro resistenza ai disinfestanti, hanno creato difficoltà, non indifferenti nella lotta per arginare la diffusione delle rickettsiosi di questo gruppo. Ed in effetti dopo il secondo conflitto mondiale, contemporaneamente alla notevole riduzione della incidenza delle rickettsiosi del gruppo del tifo, si è verificato in diverse aree geografiche uno spiccato incremento delle rickettsiosi eruttive, molto probabilmente per fattori che hanno agevolato lo spiccato sviluppo dei vettori.

FEBBRE BOTTONOSA DEL MEDITERRANEO (FBM)

E’ una malattia a decorso acuto ed evoluzione benigna caratterizzata da esantema maculo-papulo-nodulare e causata da R. conorii. E’ presente nei paesi del bacino del Mediterraneo, nelle coste del Mar Nero e in diverse regioni del continente Africano e dell’Asia Minore.

 

E’ l’unica malattia provocata da microrganismi  del genere rickettsia, endemica nel nostro  Paese, nel quale l’incidenza in passato era piuttosto modesta, ma a partire dagli anni 70 è stato notato un suo netto incremento

 

Viene segnalata con maggiore frequenza nelle regioni centro meridionali (Sicilia, Lazio, Sardegna), dove condizioni climatiche favoriscono la proliferazione delle zecche. R. conorii è ospite di molti animali selvatici e domestici nei quali provoca malattia, o più spesso infezioni inapparenti. La trasmissione tra gli animali o occasionalmente all’uomo è mediata dalle zecche. La zecca in effetti, oltre ad essere il vettore, è il più importante serbatoio del microrganismo; la rickettsiemia negli animali, compreso il cane, dura 7-8 giorni e quindi sono da considerare serbatoi transitori e quindi non indispensabili per la trasmissione dell’infezione all’uomo. Molte ixodine dei vari generi (Rhipicephalus, Dermacentor, Haemophisalis, etc.) possono ospitare la R. conorii ed essere quindi potenziali trasmettitori. Ma nei paesi Europei del Mediterraneo, ruolo predominante nel contagio umano e quindi nell’epidemiologia della FBM viene attribuito a R. sanguineus, che è la zecca abituale del cane (sempre vicino all’uomo) e che oltre ad avere la capacità di proliferare nell’habitat dell’uomo, ha uno spiccato tropismo per l’uomo. Contrariamente a quanto si credeva in passato anche le larve e le ninfe attaccano i grandi mammiferi e l’uomo, per il quale avrebbero una maggiore affinità delle forme adulte. E’ da sottolineare che le rickettsie che replicano nei vari tessuti delle zecche vanno incontro a modificazioni biostrutturali con conseguente perdita del potere patogeno, e durante il pasto ematico a contatto del sangue fresco riprendono lentamente la loro primitiva struttura e virulenza; questo processo di riattivazione ha una durata non inferiore a 10 ore; tempo minimo della durata del pasto, per aver luogo l’infezione.  Sotto il profilo epidemiologico è da sottolineare che le zecche vanno in letargo durante i mesi freddi,  nelle regioni del Sud  e nelle Isole da ottobre a marzo; alla ripresa della loro attività  vitale  cominciano a verificarsi  i primi casi di F.B. ma la  maggiore incidenza  della malattia si registra da luglio a settembre. (Fig. 4).

 

In Sicilia qualche raro caso  viene segnalato in novrembre e dicembre, molto probabilmente provocate da zecche che, per il clima mite  ritardano l’inizio dell’ibernazione.

PATOGENESI
R. conorii, come tutte le altre rickettsie, ha un particolare tropismo vasale; dopo una prima replicazione nella zona di inoculazione passa in circolo (rickettsiemia); e si localizza e si moltiplica per scissione binaria nelle cellule endoteliali dei piccoli vasi provocando una endotelite proliferativa, talvolta con formazione di trombi murali obliteranti che si accompagna a fenomeni degenerativi dell’intima e della media ed a processi perivascolari con conseguente sofferenza tessutale (ischemia, aumento della permeabilità vasale, edema, etc.). Possono essere interessati oltre la cute, vari distretti vasali, ma in normali condizioni ed in soggetti immuno-competenti, le alterazioni anatomiche e funzionali conseguenti, di solito ad espressività clinica limitata, regrediscono quasi costantemente, nel volgere di pochi giorni. È da sottolineare che in organi ed apparati  compromessi per patologie già preesistenti (epatopatie, insufficienza cardiaca, insufficienza renale), o per malattie croniche debilitanti (diabete, etilismo, etc.) o per deficienze immunitarie (immunodepressioni da farmaci o da malattie o per anzianità), la vasculite può comportare evidenti danni poliviscerali con conseguenti gravi manifestazioni cliniche, talvolta ad evoluzione letale; in circa l’1-2% degli adulti.

SINTOMATOLOGIA
Il periodo di incubazione è di circa 6 -7 giorni; febbre, malessere generale e cefalea segnano l’inizio della malattia.  
La febbre accompagnata spesso da artralgie, mialgie e cefalea, persiste alta per alcuni giorni indi tende progressivamente ad abbassarsi fino alla defervescenza che si ha per lisi, dopo 8-12 giorni; talvolta si rendono evidenti anche epistassi, fotofobia ed iniezione congiuntivale. Tra la seconda e la quarta giornata di malattia compare l’esantema, costituito da maculo-papule di dimensioni variabili da una testa di chiodo ad una grossa lenticchia di colore rosso vivo. L’eruzione inizia agli arti inferiori e si estende a gittate successive al tronco ed al capo ed interessa anche la pianta dei piedi ed il palmo delle mani. (VEDI FOTO A COLORI) Gli elementi rilevati spesso a carattere nodulare, talvolta acquistano aspetto emorragico, di solito regrediscono nel volgere di 8-10 giorni e residuano delle piccole zone brunastre.
Esaminando attentamente l’ammalato si reperta, nel 70-80% dei casi, al cuoio capelluto, in regione retroauricolare, negli arti, ma talvolta al tronco o al collo, una escara cutanea (tache noire) (VEDI FOTO A COLORI) tale lesione è espressione della ischemia e della necrosi conseguente all’endotelite con trombosi dei piccoli vasi della zona di inoculazione, provocata dalla replicazione della R. conorii.
Non si notano sostanziali differenze tra le varie fasce di età per quanto riguarda la frequenza della febbre, dell’esantema e della tache noire. La malattia comunque è di gran lunga meno impegnativa nei bambini rispetto agli adulti, che anche nelle forme non complicate presentano, quasi costantemente, intensa cefalea, che si riscontra invece in una percentuale molto ridotta dei casi pediatrici; anche la polimialgia e le artralgie sono meno frequenti nei bambini, nei quali di contro si nota rispetto agli adulti una evidente prevalenza della epatomegalia e della splenomegalia (in circa il 30% dei piccoli pazienti). (VEDI TAB. 2)

Tab. 2  Segni e sintomi in 604 casi di febbre bottonosa del mediterraneo

 

Bambini
(501) %

 

Adulti
(103) %

Esantema

 

95,7

 

Febbre

 

96

 

Tache noire

 

72

 

Cefalea modesta

8

 

7

Cefalea intensa

0

 

93

Artralgie

21

 

36

Mialgie

19

 

55

Splenomegalia

32

 

10

Epatomegalia

38

 

16

Nei bambini adeguatamente trattati l’evoluzione è piuttosto rapida con regressione della sintomatologia nel volgere di 6-7 giorni. Negli adulti la sintomatologia si attenua più lentamente e la convalescenza spesso si prolunga diversi giorni. E’ da sottolineare che l’infezione da R. conorii  può decorrere con sintomatologia  atipica: quadri clinici  anesantematici e caratterizzati soltanto da febbre  e tache noire, da  febbre e linfonodite, o da tache noire  e linfonodite in apiressia.  Inoltre, anche se rare, si hanno  osservazioni  di febbre bottonosa con esantemi atipici, maculari o vescicolari.

DIAGNOSI
La diagnosi clinica non offre particolare difficoltà; si differenzia dalle altre rickettsiosi per la presenza dell’escara e per i caratteri e l’evoluzione dell’esantema. Nel tifo epidemico gli elementi acquistano precocemente aspetto emorragico e risparmiano la pianta dei piedi, il palmo delle mani ed il volto; le suddette zone sono risparmiate anche nel tifo murino. Inoltre nella FBM manca la spiccata prostrazione e l’obnubilamento del sensorio, frequentemente  presenti nel tifo epidemico.
La diagnosi clinica può essere confermata dalle indagini di laboratorio. L’emocromo non è per nulla orientativo in quanto nella F.B.M. la leucopenia non è costante.  Sono di grande utilità le prove sierologiche, delle quali poco affidabile per la scarsa specificità è la  Weil-Felix, mentre abbastanza attendibili sono la fissazione del complemento con antigeni purificati di R. conorii e la immunofluorescenza indiretta (IFI),  test che viene routinariamente  adoperato in quanto abbastanza sensibile  e specifico e di facile e rapida esecuzione.

 

PROGNOSI
La prognosi è costantemente buona in età pediatrica ed anche nella maggior parte degli adulti la malattia ha un decorso favorevole; il giudizio prognostico è riservato soltanto in pazienti particolarmente defedati.

TERAPIA
Le rickettsie sono sensibili a diversi antibiotici; di solito vengono adoperate le tetracicline a lunga emivita (doxiciclina e minociclina) o il cloramfenicolo. 

 

FEBBRE PURPURICADELLE MONTAGNE ROCCIOSE (Rocky Mountain Spotted Fever)

E’ una rickettsiosi a decorso acuto caratterizzata da febbre e da esantema maculo-papulo-nodulare e spesso da grave compromissione del sistema nervoso centrale, provocata da R. rickettsii.
E’ endemica in diverse aree geografiche del continente americano quali USA, Canadà, Messico, Brasile Colombia, Venezuela; il maggior numero di osservazioni si nota nelle zone prossime alle Montagne Rocciose.
R. rickettsii ha affinità morfologiche, colturali ed antigeniche con le altre rickettsie  del gruppo delle febbri eruttive; provoca infezioni di solito a decorso inapparente, nel cane ed in numerosi piccoli mammiferi selvatici: scoiattoli, lepri, conigli, marmotte, etc. La occasionale trasmissione all’uomo avviene ad opera di diverse specie di zecche che agiscono  da vettori e da serbatoi; Dermacentor andersoni è il vettore prevalente nell’area delle Montagne Rocciose, mentre nelle regioni della costa atlantica sono più frequentemente in causa D.variabilis e R.sanguineus.
La malattia ha un’incidenza prevalente nei mesi caldi quando maggiore è l’attività delle zecche, che vanno in ibernazione nei mesi autunnali ed invernali.
Sotto il profilo patogenetico come nelle altre rickettsiosi la localizzazione a livello dei piccoli vasi provoca una endotelite proliferativa che si accompagna a infiltrati perivascolari  ed a lesioni della parete vasale, ma è peculiare della R. rickettsii la spiccata compromissione degenerativa e necrotica dell’intima e della tunica media con conseguenti emorragie e microinfarti  sia a livello cutaneo che a carico del sistema nervoso centrale.

SINTOMATOLOGIA
Il periodo di incubazione è compreso tra 4 e 8 giorni. La malattia inizia bruscamente con brividi, febbre, cefalea intensa ed artromialgie. In quarta-quinta giornata si rende evidente l’eruzione esantematica, che inizia alle parti distali degli arti e si estende al tronco e spesso al viso ed al cuoio capelluto; sono interessati anche il palmo delle mani e le piante dei piedi. Gli elementi maculo-papulosi spesso acquistano impronta emorragica. La febbre continuo-remittente con punte di 40°-41°C, o talvolta intermittente, dura circa due settimane; in circa la metà dei pazienti si nota splenomegalia. A causa della spiccata compromissione vasale è frequente il reperto di zone di necrosi cutanea, localizzata di solito ai lobi dell’orecchio, allo scroto e alle dita delle mani e dei piedi; anche a carico del sistema nervoso centrale, di solito a livello della sostanza bianca sono abbastanza frequenti manifestazioni emorragiche e microinfarti con conseguente espressività clinica, caratterizzata  da offuscamenti del sensorio, con delirio o stati di agitazione. Talvolta la compromissione encefalica è grave e precoce e rapidamente l’obnubilamento del sensorio si accentua e subentrano coma ed exitus. La diagnosi è di solito agevole; l’nizio brusco con febbre alta e cefalea e l’insorgenza dopo alcuni giorni dall’esantema, spesso ad evoluzione emorragica o emorragico necrotica, orientano il giudizio diagnostico, che sarà confermato dagli esami di laboratorio. Al riguardo specifici ed abbastanza  sensibili sono il test di immunofluorescenza e le reazioni di fissazione del complemento con antigeni di R. rickettsii.

PROGNOSI

Nelle forme lievi o anche di media gravità una adeguata e precoce terapia antibiotica comporta la caduta della febbre per lisi, la graduale attenuazione dell’esantema e la guarigione nel volgere di alcuni giorni.

Nelle forme più serie con precoce compromissione encefalica o con grave interessamento cardiovascolare (miocardite, collasso cardiocircolatorio etc.) il giudizio prognostico è riservato, specie negli anziani e nei pazienti defedati; comunque l’indice di letalità abbastanza alto (circa il 20%) in passato, in era preantibiotica, si è ora notevolmente ridotto.

 

TERAPIA
La terapia antibiotica si basa sull’uso di tetracicline o di cloramfenicolo, che sono abbastanza efficaci, specie se somministrati precocemente.

 

FEBBRE MACULO-PAPULOSA DELL’ASIA
E
TIFO DELLE ZECCHE DEL QUEESLAND.                

Sono due affezioni a decorso acuto e ad evoluzione benigna. La prima endemica in Siberia ed in alcuni paesi asiatici (Mongolia, Armenia, Pakistan), provocata da R. sibirica, ospite di piccoli animali selvatici e domestici ed occasionalmente trasmessa all’uomo da alcune specie di zecche.
La seconda, tifo da zecche del Queesland, è endemica in Australia specie nel Nord e Sud Queesland. L’agente etiologico è R.australis che provoca infezioni inapparenti nei roditori e nei marsupiali e viene trasmessa all’uomo dalle zecche.
La sintomatologia di queste due rickettsiosi eruttive è sovrapponibile a quella della Febbre Bottonosa del Mediterraneo, è caratterizzata da febbre, cefalea, mialgie, tache-noire ed esantema maculopapulare, che interessa il palmo delle mani e la pianta dei piedi.
Il tipo di esantema , la sua estensione alle mani ed ai piedi  ed il costante rilievo dell’escara  rendono la diagnosi clinica di queste due malattie  abbastanza agevole.
La prognosi è buona e le complicanze sono alquanto rare.

 

RICKETTSIOSI VARICELLIFORME (RICKETTSIALPOX)

Si differenzia dalle altre rickettsiosi, del gruppo delle febbri eruttive, per l’esantema di tipo vescicolare; è provocata da R. akari; ha una diffusione molto limitata; viene segnalata in USA  ed in alcuni centri urbani dell’URSS e dell’Africa centrale.
R. akari causa infezioni nel topo urbano (Mus musculus)  e la trasmissione tra i topi ed occasionalmente all’uomo avviene ad opera di un acaro (Allodermanyssus sanguineus).
L’acaro, come la zecca, è da considerare sia vettore che serbatoio, in quanto una volta infetto resta contagiante  per tutta la vita e trasmette l’infezione anche alla progenie.

SINTOMATOLOGIA
Il periodo di incubazione è compreso tra 8 e 15 giorni, la malattia inizia con la comparsa nella sede della puntura dell’acaro di una papula di colore rosso-vinoso, che rapidamente si trasforma in vescicola, circondata da un alone eritematoso. L’elemento vescicolare, di solito accompagnato da linfonodite satellite, nel volgere di qualche giorno, dà luogo ad una piccola ulcerazione con conseguente formazione di un’escara nerastra.
Dopo circa una settimana dalla comparsa della manifestazione cutanea, insorge, accompagnata da brividi, cefalea, mialgie e fotofobia, febbre che persiste a carattere continuo-remittente; in 3°-4° giornata si evidenzia una eruzione maculo-papulare che inizia agli arti e si estende al tronco e risparmia il palmo delle mani e la pianta dei piedi.  Gli elementi nel volgere di qualche giorno si trasformano, in modo sincrono, in vescicole, che, dopo circa una settimana, contemporaneamente alla regressione della febbre, passano alla fase crostosa.
La diagnosi clinica non offre particolari difficoltà, si differenzia facilmente dalla varicella, nella quale l’esantema compare a gittate successive e l’evoluzione degli
elementi non è sincrona; e nella quale manca la comparsa dell’escara, che costantemente segna l’inizio della sintomatologia della rickettsiosi varicelliforme.
La diagnosi può essere comunque confermata dalle indagini di laboratorio; di solito viene adoperata  la reazione di fissazione del complemento con antigene specifico.
La prognosi è benigna; la malattia ha generalmente una evoluzione favorevole anche senza alcuna specifica terapia.

TIFO FLUVIALE (SCRUB  TYPHUS)

Anche se nella trattatistica questa rickettsiosi  viene inquadrata come gruppo a se, per il profilo epidemiologico e per quello clinico (trasmissione ad opera di acari, vettori-serbatoi; esantema maculo-papulare; tache-noire) dovrebbe far parte del gruppo delle febbri eruttive.
E’ una malattia a decorso acuto, provocata da O. tsutsugamushi (unica specie del genere Orientia della tribù delle Rickettsiae), endemica in India ed in varie aree dell’estremo Oriente (Corea, Giappone, Australia etc.).
O. tsutsugamushi è ospite del topo campagnolo (microtus montebelloi) e di molti altri piccoli roditori e viene occasionalmente trasmessa all’uomo da diverse specie di acari della famiglia delle trombiculidae (Leptotrobidium akamushi, L .pallida, L .arenicola etc.). Soltanto le larve degli acari sono ematofaghe e trasmettono l’infezione tra i piccoli roditori ed all’uomo; le ninfe e gli adulti non giuocano alcun ruolo nella epidemiologia della malattia. Gli acari, come le zecche, sono da considerare, sia vettori che serbatoi in quanto contagiano per tutta la durata della loro vita e trasmettono  la rickettsiosi alla progenie.

SINTOMATOLOGIA       
Il periodo di incubazione è compreso tra 8 e 12 giorni. La malattia insorge con brividi, febbre, cefalea ed iniezione congiuntivale; nella zona di inoculazione compare una lesione eritemato-papulosa sormontata da una vescicola che si ulcera e si ricopre di una crosta nerastra (tache noire).
La febbre persiste a carattere continuo remittente e tra la 5° e 7° giornata di malattia si nota la comparsa di una eruzione maculo-papulare, che di solito comincia al tronco e si estende agli arti.
Sotto il profilo anatomo-patologico, rispetto alle altre rickettsiosi si ha una maggiore espressività delle lesioni parenchimali che si accompagnano alla vasculite, per cui nel corso della malattia sono relativamente frequenti le compromissioni a carico del sistema nervoso centrale e degli altri apparati.
La tache-noire e l’aspetto dell’esantema rendono alquanto agevole la diagnosi clinica, che comunque può essere confermata dagli accertamenti di laboratorio.
Esclusa la reazione di Weil-Felix per la sua aspecificità, le indagini sierologiche utili sono la fissazione del complemento e l’immunofluorescenza indiretta.
Nella maggior parte dei pazienti, l’evoluzione è favorevole anche se la convalescenza è spesso protratta, ma in alcuni casi la prognosi è riservata in quanto per complicanze pneumoniche o encefalitiche si può avere l’exitus.
La R. tsutsugamushi è sensibile sia al cloramfenicolo che alle tetracicline e questi due antibiotici sono abbastanza efficaci, specie se somministrati precocemente.  

 

FEBBRE Q

E’ una malattia infettiva sistemica, a decorso generalmente acuto, caratterizzata da febbre, cefalea, mialgie e da frequente impegno dell’apparato respiratorio; mancano le manifestazioni esantematiche, peculiari  delle comuni rickettsiosi. E’ provocata da Coxiella burnetii, la cui trasmissione all’uomo non è obbligatoriamente mediata da artropodi vettori.

ETIOLOGIA ED EPIDEMIOLOGIA

 

Le coxiellesono piccoli cocco-bacilli pleomorfi; dotati di una endospora polare di 0,2 micron; a differenza dei microrganismi del genere Rickettsia sono gram-positivi e nel loro DNA il rapporto G/C è circa il 43% mentre nelle rickettsie è compreso  tra 32% e 32,5%; non penetrano attivamente nelle cellule, ma vengono inglobate  passivamente nei fagolisosomi  dove resistono alle idrolasi e l’ambiente acido ne agevola il metabolismo e la replicazione. Inoltre, a differenza delle rickettsie, molto probabilmente per la presenza dell’endospore,  sono particolarmente resistenti agli agenti fisici e chimici: sopravvivono a temperature  di 60°C per circa 1 ora, restano vitali a temperatura ambiente per diversi mesi e nel latte per 1-2 anni.
In rapporto a variazioni dei costituenti della struttura  liposaccaridea di superficie, le coxielle vanno incontro a modificazioni antigeniche, dando luogo a due fasi : I e II, che corrispondono alla fase liscia S e rugosa R  dei gram-negativi. In condizioni ambientali ottimali, nei tessuti degli animali ospiti abituali ed in quelli di laboratorio, le coxielle sono in fase I  nella quale è presente nel polisaccaride di superficie un carboidrato, spiccatamente immunogeno, che determina la specifica  resistenza alla fagocitosi (virulenza) e la peculiare patogenicità. Nelle colture ed in ambiente extracellulare per la perdita del suddetto carboidrato  si ha il viraggio alla fase II, caratterizzata da spiccata riduzione della virulenza e del potere patogeno.
Lecoxielle si riproducono per scissione binaria, sono parassiti  endocellulari obbligati, per cui non sono coltivabili in terreni artificiali, ma si sviluppano soltanto in mezzi cellulari; vengono coltivate nel sacco vitellino  dell’uovo embrionato di gallina o in colture di tessuti.
Ad eccezione di poche regioni (Svezia, Norvegia, Islanda e Nuova Zelanda) la febbre Q è presente in tutto il mondo; si riscontra prevalentemente  nelle aree  geografiche a clima secco di solito in forma sporadica e talvolta in  modeste epidemie. Comunque la sua incidenza è strettamente correlata alle zoonosi provocate da C. burnetii. In effetti le coxielle sono ospiti di numerosi animali selvatici e domestici, non solo mammiferi, ma anche uccelli ed aracnidi (zecche). In particolare nella epidemiologia delle malattie nell’uomo giuocano un ruolo prevalente le infezioni di alcuni mammiferi domestici (bovini, capre, pecore), in quanto, anche se decorrono spesso in modo inapparente, provocano una abbondante eliminazione delle coxielle con il latte, le feci, le urine, la placenta e gli scoli post-partum. La disseminazione dei microrganismi nell’ambiente, da parte degli animali infetti, è cospicua specie in occasione di aborti o parti. Nella placenta spesso il numero  dei batteri supera il  miliardo per grammo di tessuto. Data la loro ben nota resistenza  all’ambiente esterno, le stalle e le fattorie contaminate costituiscono la più comune fonte di contagio per l’uomo per via inalatoria o per aerosol. E’ comunque da sottolineare che è frequente il contagio diretto professionale, degli addetti agli animali (pastori, macellai, veterinari etc.) e di tutti coloro che manipolano polli, lana e carni contaminate. La trasmissione dellecoxielle tra gli animali può avvenire ad opera delle zecche che una volta  infettate restano contagianti per tutta la loro vita e trasmettono i microrganismi alla progenie per via transovarica. Comunque il ruolo delle zecche nella trasmissione dell’infezione all’uomo è abbastanza modesto.
Patogenesi Dopo una prima replicazione nella zona di impianto, le coxiellepassano in circolo (fase batteriemica) ed a differenza delle rickettsie esplicano la loro azione, a carico del sistema reticoloendoteliale  provocando  la formazione di granulomi costituiti da macrofagi, cellule mononucleate, linfociti e plasmacellule,  a livello di vari organi: polmone, fegato e midollo osseo, etc.
Pur dando costantemente luogo ad un interessamento di vari apparati, nella maggior parte dei pazienti è più espressiva la localizzazione a carico dell’apparato respiratorio.  In effetti spesso si rende evidente una pneumopatia, prevalentemente  di tipo interstiziale, caratterizzata dalla formazione di infiltrati, costituiti da mononucleati  e macrofagi, in corrispondenza sia dei setti interalveolari che del connettivo peribronchiale. Spesso si associano lesioni necrotiche dei bronchioli con formazione di essudato alveolare contenente prevalentemente mononucleati ed una modesta quantità di globuli rossi e di granulociti.
Sintomatologia. Dopo un breve periodo di incubazione compreso tra due e tre settimane insorge bruscamente la malattia, con brividi, febbre alta, cefalea e mialgie; nella maggior parte dei casi (60-70%), nel volgere di qualche giorno si rende evidente la compromissione polmonare che dà alla febbre Q l’impronta di malattia respiratoria. Si tratta di una pneumopatia a tipo interstiziale, generalmente a sintomatologia poco espressiva, caratterizzata da tosse, dapprima stizzosa  e dopo produttiva, con scarso escreato muco-ematico accompagnato  talvolta da dolore toracico e da modesta dispnea; di solito manca la cianosi. Il reperto obiettivo è piuttosto scarso, comunque spesso si evidenziano modeste zone di ipofonesi e ciuffi di rantoli, a piccole bolle, o crepitanti. Di contro è abbastanza evidente il quadro radiologico, generalmente a carico dei lobi inferiori, costituito da infiltrati rotondeggianti omogenei che talvolta acquistano l’aspetto a “vetro smerigliato”. Spesso si associa reazione pleurica a tipo fibrinoso o sierofibrinoso. Frequente è l’interessamento degli altri organi ed apparati; quasi costantemente si apprezza una modesta splenomegalia, ed in circa un terzo dei pazienti si ha compromissione epatica, spesso di modesta entità e caratterizzata da epatomegalia e da un lieve aumento delle transaminasi. Talvolta il coinvolgimento epatico è ad espressività clinica più seria che si manifesta con il quadro di una epatite virale, costituito oltre che dall’aumento di volume del fegato, da spiccato incremento delle transaminasi, da ittero e da persistenza della  febbre; la biopsia epatica evidenzia la presenza di diffuse lesioni granulomatose. Non è rara l’osservazione di altre localizzazioni extrapolmonari  quali: flebiti di solito a carico degli arti inferiori; mucositi (orali e congiuntivali) e manifestazioni  genito-urinarie (nefrite, orchite, etc.). La malattia può decorrere  in forma febbrile pura, senza alcuna localizzazione di organo.
Nel sangue periferico si rileva inizialmente  leucopenia, con modesta prevalenza di linfomonociti ed in un secondo tempo leucocitosi neutrofila.
La prognosi è generalmente favorevole e nella maggior parte dei casi la sintomatologia regredisce nel volgere di alcune settimane, anche se spesso la convalescenza è protratta. È da sottolineare l’evenienza di una cronicizzazione, caratterizzata da malessere, da episodi febbrili ricorrenti, da trombocitopenia, dalla persistenza della compromissione epatica (epatite cronica) e frequentemente  dalla insorgenza di una endocardite verrucosa, anche a distanza di alcuni anni dall’episodio acuto.
Diagnosi. La diagnosi clinica spesso offre difficoltà; tuttavia nella forma polmonare (la più frequente) il giudizio diagnostico è agevolato dalla considerazione che a differenza delle altre pneumopatie di tipo interstiziale (virali o batteriche), in quella da coxielle la compromissione polmonare si accompagna a splenomegalia e ad altre manifestazioni sistemiche. Comunque in ogni caso  il giudizio diagnostico può essere confermato dalle indagini sierologiche (reazioni di fissazione del complemento  e di immunofluorescenza indiretta), ed eventualmente da quelle colturali.
Nella forma epatitica sono negativi i markers per le epatiti virali ed alla biopsia epatica si evidenziano  le caratteristiche lesioni granulomatose.
Nella endocardite verrucosa, a differenza dell’endocardite batterica subacuta, a sintomatologia simile, l’esame emocolturale è costantemente negativo.
Terapia. Vengono adoperati per via orale  sia la rifampicina alla dose di 20 mg/Kg/die che le tetracicline a lunga emivita, alle quali è di solito sensibile C. burnetii, alla dose di 4 mg/Kg/die nei bambini e di 200 mg/die negli adulti; per due settimane. Nelle forme cronicizzate (endocardite verrucosa, epatiti granulomatose, etc.) è consigliabile  associare alle tetracicline la rifampicina e protrarre  il trattamento per 2-3  mesi.

 

Fonte: http://www.ailmi-onlus.it/Appunti%20studenti/Rickettsiosi-appunti.doc

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