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La cefalea a grappolo, una ' forma assai tipica di cefalea primaria, e' caratterizzata da ripetuti attacchi di dolore unilaterale di breve durata e di elevata intensita', cui si associano importanti sintomi vegetativi.
I meccanismi sottesi a questo disordine consistono verosimilmente in una disfunzione ipotalamica, e piu' precisamente in un'alterazione a carico del generatore dei ritmi circadiani, e nella conseguente attivazione del sistema trigemino-vascolare.
In questa rassegna, dedicata principalmente ai pazienti e ai loro medici curanti, vengono trattati concisamente gli aspetti clinici, epidemiologici e terapeutici della cefalea a grappolo.
La cefalea a grappolo (cluster headache, CH), la più disabilitante tra le forme di cefalea primaria, è stata descritta compiutamente nel 1939 da Horton e coll. come "sindrome cefalalgica vascolare" strettamente legata all'istamina. Nel 1952, questa forma venne infatti denominata "cefalea di Horton" o "cefalea istaminica". Considerata inizialmente come una variante di emicrania, la CH è stata invece classificata nel 1988 dall'International Headache Society (IHS) come patologia autonoma.
I criteri lIHS per la diagnosi di CH sono i seguenti:
almeno 5 attacchi che soddisfino i criteri B-D;
dolore d'intensità severa, unilaterale, in regione orbitaria/sovraorbitaria e/o temporale, che dura da 15 a 180 minuti senza assumere terapia;
alla cefalea si associano almeno uno dei seguenti segni: iniezione congiuntivale, lacrimazione, rinorrea, iperidrosi del viso e della fronte, miosi, ptosi palpebrale, edema delle palpebre;
frequenza degli attacchi: da 1 a giorni alterni a8 8 al giorno.
Un singolo attacco dura mediamente 60-90 minuti; il periodo durante il quale si presentano gli attacchi, solitamente della durata di 4-8 settimane, ma a volte anche mesi o anni, è chiamato "grappolo", o a volte, specialmente dai pazienti, semplicemente "grappolo".
Alla fine del grappolo inizia una fase di remissione, cioe' libera da attacchi, la cui durata varia da pochi giorni a molti anni.
La forma episodica di CH è caratterizzata da periodi di remissione duraturi. I criteri IHS definiscono come CH episodica la forma in cui gli attacchi, che si manifestano per periodi della durata di 7 giorni -1 anno, sono separati da periodi liberi di almeno 14 giorni. Circa l'85% dei pazienti presenta una forma episodica.
La forma cronica è invece caratterizzata da attacchi che si ripetono per più di un anno senza remissione, o con periodi di remissione inferiori ai 14 giorni. La forma cronica può rappresentare l'evoluzione di una CH episodica (CH secondariamente cronica) o si può manifestare come tale sin dall'inizio (CH primariamente cronica).
Una variante assai più rara è la forma secondariamente episodica, che inizia come cronica e successivamente diventa episodica. Circa il 15% dei pazienti presenta una forma cronica, il 10% primariamente e il 5% secondariamente cronica.
Nella sua forma più comune, la crisi dolorosa si presenta almeno una volta nelle 24 ore per alcune settimane. Segue un periodo di benessere (remissione) che può durare settimane o anni. Una manifestazione comune, specialmente nei primi anni di malattia, è l'esacerbazione che avviene con scadenze stagionali, come ad esempio in primavera o in autunno. Generalmente la periodicità diviene meno evidente dopo alcuni anni, e i periodi di riaccensione della sintomatologia diventano molto meno prevedibili, potendosi manifestare in qualsiasi stagione. Alcuni autori hanno studiato la periodicità della CH in numero elevato di pazienti, ed hanno osservato che il momento più favorevole per l'inizio di un grappolo è legato al numero giornaliero di ore di luce; sono infatti presenti più esacerbazioni nelle due settimane che seguono il solstizio d'estate e d'inverno, e meno nelle due settimane dopo la fine del periodo di ora legale. Anche la diversa latitudine in entrambi gli emisferi della terra, gioca un ruolo sulle manifestazioni della malattia. In genere, un grappolo dura da 6 a 12 settimane, mentre la remissione circa 12 mesi.
Un aspetto caratteristico della CH è la notevole variabilità interindividuale e intraindividuale dell'andamento della malattia, specialmente alcuni anni dopo l'esordio. Nonostante tale eterogeneità, molti pazienti continuano a presentare l'esordio dei grappoli nello stesso periodo dell'anno; in alcuni casi, pertanto, possono essere piacevolmente sorpresi dalla mancata comparsa del grappolo, mentre in altri sono colti in modo inaspettato dal sopraggiungere delle crisi. Quando le fasi di attività aumentano di durata, e le fasi di remissione si accorciano, la malattia può passare dalla forma episodica a quella cronica. Una volta che la forma cronica si sia sviluppata, sia essa primaria o secondaria, tende comunque a persistere per molti anni, spesso fino a tarda età. Ripetuti controlli dei pazienti per lunghi periodi hanno dimostrato che almeno il 50% dei soggetti può ritornare ad essere affetto da una forma episodica.
Durante il grappolo, o nella forma cronica, i singoli attacchi di cefalea si presentano con frequenza quotidiana o quasi quotidiana. Quando vi è un singolo attacco nelle 24 ore, non è infrequente che si manifesti alla stessa ora, sia del giorno che della notte, fino alla fine del grappolo. Le crisi notturne sono più frequenti di quelle diurne, diversamente da quanto accade nell'emicrania e nella nevralgia trigeminale.
Il primo attacco spesso si presenta circa 90 minuti dopo l'addormentamento, ed è correlato all'inizio della fase del sonno REM. La privazione di sonno, che può essere una conseguenza dei frequenti attacchi notturni, spesso favorisce un più rapido inizio della fase REM, fenomeno che a sua volta può scatenare ulteriori attacchi. Se questo circolo vizioso persiste, anche un sonnellino durante il giorno può indurre una fase REM e quindi far insorgere altri attacchi.
L'attacco di CH dura in media 45-90 minuti (attacchi di durata maggiore e minore sono piuttosto rari). Le crisi sono unilaterali, quasi senza eccezione, nell'ambito di un periodo, e possono rimanere sempre nello stesso lato per tutta la durata della cefalea. Meno frequentemente, il dolore può interessare il lato opposto del capo in un grappolo successivo (15% dei casi), e, assai di rado, il dolore può cambiare lato da un attacco all'altro.
L'attacco di CH esordisce senza preavviso. Alcuni soggetti notano una vaga sensazione di fastidio prima dell'attacco, ma l'inizio è di solito improvviso e rapidamente ingravescente.
Fino a poco tempo fa si riteneva che la CH non presentasse sintomi tipo aura (come l'emicrania), ma in realta' sono stati recentemente descritti rari casi di CH con un'aura ben definita prima della crisi dolorosa (sintomi visivi in 5 pazienti su 6).
I sintomi gastrointestinali non sono tipici della CH; il vomito è raro, e la nausea si ritrova nel 40% dei pazienti. In alcuni casi la nausea è secondaria all'assunzione di farmaci. La frequenza della fotofobia nei pazienti con CH varia dal 5 al 72%, mentre la fonofobia si presenta solo occasionalmente (nel 12-39% dei casi). Dati recenti suggeriscono che i pazienti con CH sono più sensibili alla luce e ai rumori rispetto ai pazienti emicranici (che sono peraltro più sensibili rispetto ai soggetti di controllo). Questi sintomi sono riferiti soprattutto da pazienti di sesso maschile; le donne con CH presentano sintomi associati di tipo differente (vedi sotto).
Qualità e intensità del dolore
Il dolore è spesso descritto come estremamente fastidioso, urente, insopportabile, "come un attizzatoio rovente dentro l'occhio" e "come se l'occhio fosse spinto in fuori".
La CH è, tra tutte le forme di cefalea primaria, quella che presenta la massima intensità del dolore, paragonabile solo a quella della nevralgia trigeminale e a quella della sindrome caratterizzata da dolore nevralgico unilaterale di breve durata con iniezione congiuntivale e lacrimazione (SUNCT).
A differenza degli emicranici, i pazienti con CH non riescono a stare a riposo, e occasionalmente possono manifestare accessi di violenza durante un attacco. Molti preferiscono non mettersi a letto, ma piuttosto camminare, oppure stare seduti e dondolarsi avanti e indietro. Alcuni esercitano una pressione con le mani sulla zona dolente o mettono del ghiaccio o un panno caldo sulle regioni orbitaria e temporale.
Durante l'attacco, molti pazienti si isolano, ed escono di casa per prendere una boccata d'aria; raramente possono presentare comportamenti violenti e distruttivi; molti arrivano a contemplare il suicidio, mentre altri scongiurano i familiari di porre fine alle loro sofferenze in qualsiasi modo.
Dal momento che gli attacchi sembrano essere scatenati dalla fase del sonno REM, alcuni pazienti cercano di rimanere svegli il più a lungo possibile. La privazione di sonno che ne risulta finisce col ridurre la latenza di insorgenza della fase REM, cosicchè quando inevitabilmente essi si addormentano, la crisi compare assai rapidamente. Il circolo vizioso del dolore e della privazione di sonno demoralizza frequentemente i soggetti e può causare depressione dell'umore e ideazione suicidiaria.
Il dolore è localizzato intorno all'occhio e all'orbita del lato interessato; esso tuttavia si può irradiare alla regione temporale, a quella frontale, alla guancia e alla mandibola dello stesso lato. Sono state descritte una sindrome superiore e una inferiore, in base all' irradiazione del dolore. Nella sindrome superiore, il dolore è localizzato principalmente intorno all'occhio e si irradia alle regioni frontale, temporale e parietale in tutte le combinazioni possibili. Nella sindrome inferiore il dolore si irradia invece omolateralmente, all'arcata dentaria superiore e inferiore, alla mandibola e talora anche in sede cervicale.
La sintomatologia dell'attacco inizia senza preavviso (o spesso come dolore di media intensità alla regione temporale) e rapidamente peggiora, raggiungendo il picco d'intensità in 5-10 minuti. Il dolore può restare alla massima intensità per 45-90 minuti, ma può anche fluttuare leggermente, prima di diminuire in modo graduale. In alcuni pazienti il profilo temporale dell'attacco è caratterizzato da picchi d'intensità elevata, separati da fasi di dolore più sopportabile. La fine dell'attacco solitamente interviene in modo piuttosto brusco, per cui il dolore si riduce rapidamente di intensità e poi scompare.
La tabella 1 riporta i sintomi e i segni che possono accompagnare l'attacco. Tutte queste manifestazioni sono temporanee e durano solo durante attacco, ad eccezione di una sindrome di Horner parziale (che si presenta nel 57-69% dei pazienti), con ptosi palpebrale o miosi o entrambi, che raramente persistono oltre l'attacco.
I segni di interessamento vegetativo locale sono rappresentati dalla lacrimazione e dall'iniezione congiuntivale,ciascuno dei quali è presente in più dell'80% dei casi.
Durante l'attacco la congestione nasale e la rinorrea si presentano dal 68 al 76% dei casi e solitamente sono omolaterali al dolore, ma possono anche essere bilaterali. Sono invece rari la sudorazione frontale, l'arrossamento del viso e l'edema palpebrale. Possono presentarsi inoltre fluttuazioni della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e alterazioni del ritmo cardiaco (tra cui battiti ventricolari prematuri, episodi di fibrillazione atriale, blocchi seno-atriali e atrioventricolari di primo grado). Solo il 3% dei pazienti con CH non presenta sintomi o segni autonomici durante l'attacco.
Graham ha descritto le caratteristiche del viso di molti pazienti con CH. La presenza di pelle a buccia d'arancia, telangectasie e solchi naso-labiali profondi permette di definire l'aspetto del viso dei pazienti come "facies leonina". Secondo Kudrow, inoltre, le donne con CH hanno spesso un aspetto mascolino. Si è a lungo ritenuto che queste caratteristiche fossero tipiche di questa patologia, ma in realtà molto probabilmente esse sono legate all'uso frequente di alcol e tabacco, spesso presente in questi soggetti. E' stato osservato che circa i 2/3 di questi soggetti ha gli occhi castani e che molti di essi sono di vari centimetri più alti della media. Queste caratteristiche possono anche essere frequenti, ma di certo non sono di alcuna utilità per la diagnosi o per la scelta del trattamento. Altre caratteristiche frequenti sono l'aumentata produzione di acidi a livello gastrico e la maggior incidenza di ulcera peptica, fenomeni che peraltro potrebbero essere legati all'abuso di alcol.
Una volta instauratosi il periodo del grappolo, in molti pazienti i singoli attacchi possono essere scatenati dall'ingestione di alcol o da vasodilatatori quali la nitroglicerina o l'istamina. L'alcol raramente è in grado di precipitare un attacco durante un periodo di remissione, per cui molti pazienti evitano di bere alcoloci fino alla fine del grappolo. Non si conosce il meccanismo per cui l'alcol riesce ad indurre un attacco; la nitroglicerina, invece, è un donatore di ossido nitrico, e può quindi attivare il sistema vascolare trigeminale attraverso la liberazione di questo mediatore.
Allergeni, modificazioni ormonali e stress non sembrano giocare un ruolo importante nella fisiopatologia della CH. I pazienti con CH sono tipicamente forti bevitori e fumatori incalliti: queste abitudini potrebbero essere in causa nell'innescare il primo attacco. In più dell'85% dei pazienti e' stato riportato un passato di fumatore, mentre il consumo di alcol è più elevato nei pazienti con CH che nei controlli.
Nella sua forma tipica, la CH non può essere confusa con altre patologie; tuttavia, quando essa presenta caratteristiche atipiche, sono numerose le condizioni che entrano in diagnosi differenziale.
L'emicrania, ad esempio, può presentarsi con attacchi unilaterali ricorrenti e con sintomatologia vegetativa omolaterale al dolore, specialmente durante gli attacchi più intensi. Tuttavia, la frequenza e la durata degli attacchi di emicrania sono diverse; nella cefalea a grappolo sono brevi (di solito 45-90 minuti), mentre l'emicrania può durare da 4 a 72 ore. Inoltre, gli attacchi di CH sono quasi sempre unilaterali, frequentemente notturni, possono presentarsi più volte al giorno e si associano a nausea e vomito con minore frequenza dell'emicrania. L'alcol può scatenare un attacco di CH nell'arco di circa 20-30 minuti, mentre negli emicranici spesso l'insorgenza della crisi si manifesta con una latenza molto piu' lunga
Nell' arterite temporale il dolore è solitamente continuo (sebbene possa avere un andamento in crescendo-decrescendo), e si associa spesso a segni sistemici, come la febbre, la polimialgia, la perdita di peso.
La nevralgia trigeminale è caratterizzata da un dolore parossistico, tipo scossa elettrica, a sede unilaterale, comunemente confinato alla seconda e/o terza branca trigeminale. Nell'attacco acuto il paziente si agita in modo caratteristico, mentre il paziente emicranico tende a stare a riposo in un ambiente buio e silenzioso. Il dolore può essere scatenato dalla stimolazione di determinate aree (trigger points) della cute del viso o della mucosa orale. Sinusiti, glaucoma, aneurismi intracranici, tumori, malformazioni artero-venose, dissecazioni dei vasi carotidei o vertebrali, e infine lesioni neoplastiche (meningiomi) o vascolari (infarti) possono mimare le caratteristiche della CH.
In molti casi, comunque, l'anamnesi e l'esame obiettivo evidenziano particolari che suggeriscono l'origine secondaria della cefalea, e d'altra parte la cefalea non presenta la periodicità stereotipata e le tipiche fasi di remissione della CH.
Molte sindromi cefalalgiche primarie, come l'emicrania cronica parossistica, la SUNCT e l'emicrania continua, possono presentare caratteristiche cliniche simili a quelle della CH. Queste forme sono denominate "cefalee trigeminali autonomiche" per la distribuzione del dolore in sede trigeminale e per la presenza di disturbi neurovegetativi. Esse sono inoltre caratterizzate da brevi attacchi di cefalea unilaterale, a sede temporo-orbitaria, di elevata intensità, cui si associano importanti segni autonomici omolaterali. Possono anche essere presenti attacchi notturni e una notevole sensibilità all'alcol. La sindrome SUNCT (dolore nevralgiforme unilaterale, di breve durata, con iniezione congiuntivale e lacrimazione) è l'unica altra forma di cefalea primaria dell'uomo.
Rispetto alla CH, queste patologie presentano una frequenza maggiore e una minor durata dell'attacco. La CH si differenzia inoltre dalle altre forme croniche parossistiche per la sua risposta alla terapia. L'emicrania cronica parossistica e l'emicrania continua rispondono in modo eclatante all'indometacina, mentre i pazienti con la sindrome SUNCT non ottengono alcun beneficio con l'indometacina o con farmaci solitamente utilizzati nella CH.
La CH è una patologia rara, e la sua prevalenza non è ancora ben definita a causa del numero esiguo di studi epidemiologici disponibili in letteratura. Un' ampia indagine su 9803 pazienti, condotto su reclute militari in Svezia (ragazzi di 18 anni), ha evidenziato una prevalenza di 92/100000 mentre in un altro studio sulla popolazione di San Marino la prevalenza era di 69/100000. Dal momento che la CH è assai più frequente nel sesso maschile, la differente prevalenza nei due studi si può spiegare col fatto che, contrariamente al primo studio, nel secondo è stata considerata anche la popolazione femminile. Un terzo studio, svolto a Rochester (Minnesota) e basato su un'indagine retrospettiva, ha rivelato una prevalenza più elevata, pari a 401/100000; nello stesso studio, l'incidenza della CH corretta per età era di 15.6/100000 per i maschi e 4/100000 per le femmine. La diagnosi era basata sulla valutazione di cartelle cliniche di pazienti visitati da medici differenti: e' probabile che un valore così elevato rifletta una scarsa accuratezza diagnostica.
È noto da tempo che la CH e' più frequente nel sesso maschile. Le casistiche più estese (1176 pazienti e 425 pazienti) hanno rivelato un rapporto maschi:femmine di 6.7:1 e 5:1, rispettivamente. Rilievi recenti suggeriscono invece una progressiva diminuzione della prevalenza nel maschio o un aumento dell'incidenza nelle femmine.In uno studio su 482 pazienti effettuato a Parma, e' stato osservato un rapporto maschi:femmine di 3.5:1. In base all'anno d'esordio, il rapporto tendeva a diminuire (da 6.2:1 nel 1960 a 2.1:1 nel 1990). Non è chiaro se cio' rifletta un reale aumento dell'incidenza della CH nelle donne, oppure sia il frutto di una sovrastima legata alla maggior frequenza della diagnosi. Come possibili fattori scatenanti, sono stati chiamati in causa specifici comportamenti e costumi sociali: ad esempio, gli uomini conducevano una vita più stressante rispetto alle donne e spesso erano forti bevitori e fumatori. Il cambiamento del ruolo della donna nella società e nelle attività lavorative, specialmente dopo gli anni '70, può essere almeno in parte responsabile dell'aumento della CH nel sesso femminile.
A differenza dell'emicrania, la CH non è mai stata considerata una condizione trasmissibile per via ereditaria. Secondo vecchi studi, vi e' una familiarità nel 4% dei pazienti; ricerche più recenti parlano invece del 7%, con un rischio di sviluppare CH di 14 volte più elevato nei parenti di primo grado e di 2 volte nei parenti di secondo grado. E' stata inoltre dimostrata una concordanza del 100% in cinque coppie di gemelli monozigoti. Analisi di segregazione suggeriscono la presenza, in alcune famiglie, di un gene autosomico dominante, che potrebbe rivestire un ruolo nell'ereditarietà della CH.
Le caratteristiche cliniche della CH nelle donne non sono ben definite. I pochi studi che hanno preso in esame questo aspetto dimostrano che le donne hanno il loro primo attacco ad un'età più precoce rispetto ai maschi, e presentano due picchi d'esordio (2° e 6° decade), mentre gli uomini ne hanno uno solo (3° decade). La maggior parte delle donne che sviluppano la CH sono di razza caucasica, ma anche nella popolazione afroamericana soffrono di questa forma di cefalea più le femmine che i maschi. Come negli uomini, la forma episodica è quella dominante; la forma cronica, che nella vecchia letteratura non veniva segnalata nelle donne, può presentare la stessa incidenza nei due sessi. Sebbene il numero medio di attacchi al giorno sia uguale nei due sessi, nelle donne la durata delle crisi è minore, e i sintomi vegetativi sono meno frequenti. E' stato inoltre segnalato che durante l'attacco le donne presentano meno spesso la miosi e la ptosi, ma con analoga frequenza la lacrimazione, la congestione nasale e la rinorrea. Questi dati suggeriscono che le donne possono presentare una disfunzione del sistema simpatico di minore entità e un'attivazione del sistema parasimpatico sovrapponibile a quella degli uomini. I sintomi "emicranici" nell'ambito del grappolo sono molto rilevanti nelle donne, anche se molte pazienti non hanno una concomitante storia di emicrania. Nausea e vomito sono molto più comuni nelle donne, mentre fotofobia e fonofobia sono di uguale frequenza nei due sessi, avvicinandosi alla prevalenza che presentano nell'emicrania. Le donne, inoltre, rispondono alla terapia in modo diverso rispetto agli uomini: esse presentano meno spesso un beneficio con l'assunzione di ossigeno e una remissione della sintomatologia con la terapia preventiva.
Il trattamento adeguato della CH prevede l'istruzione del paziente, la terapia sintomatica e quella di profilassi.
Istruzioni generali per i pazienti
Ai pazienti va spiegato che gli attacchi possono essere prevenuti con misure di profilassi, e che le crisi possono essere rapidamente estinte con farmaci sintomatici. In ogni caso, il grappolo non può essere né abbreviato né prevenuto. È buona norma consigliare ai pazienti di evitare i sonnellini pomeridiani o l'assunzione di bevande alcoliche, incluso il vino e la birra, dal momento che l'alcool può indurre gli attacchi durante il periodo del grappolo. Nella fase attiva di malattia i pazienti dovrebbero inoltre usare cautela nell'esporsi in modo prolungato a sostanze volatili, come solventi, vernici a base di olio e benzina. Il ruolo della dieta, con l'eccezione dell'alcool, sembra essere di scarsa importanza. L'ipossiemia causata da un'altitudine superiore ai 1500 metri, può scatenare un attacco durante la fase di grappolo. Questi attacchi possono essere prevenuti dalla somministrazione orale di acetazolamide, 250 mg 2 volte/die per 4 giorni, cominciando 2 giorni dopo l'arrivo ad altitudini elevate. Infine, i pazienti devono essere informati sul fatto che l'inizio del grappolo può essere preceduto da un lungo periodo di alterazioni del ciclo sonno-veglia, come avviene spesso dopo viaggi di lavoro, periodi di vacanza o cambi di occupazione. Benchè siano molte le variabili che si associano a modificazioni dello stile di vita, l'alterazione del ciclo sonno-veglia sembra essere quella più importante.
Terapia Sintomatica
A causa del rapido esordio e del breve periodo necessario a raggiungere il picco di intensità, è indicato il ricorso ad una terapia sintomatica a pronta azione. L'ossigeno, la somministrazione di sumatriptan per via sottocutanea e quella di diidroergotamina per via intramuscolare sono quelle che consentono il sollievo più rapido e sicuro della sintomatologia.
Ossigeno
L'inalazione di ossigeno ha rappresentato la terapia standard per la CH fin dai tempi in cui fu introdotta da Horton. Se l'ossigeno è somministrato a mezzo di una mascherina all'inizio dell'attacco, con un flusso di 7-10 litri al minuto per 15 minuti, circa il 70% dei pazienti ottiene beneficio entro 15 minuti. In alcuni pazienti, invece, l'ossigeno è efficace solo se assunto quando il dolore è al massimo di intensità; in altri, infine, il dolore non viene completamente stroncato, ma l'acme viene differita di minuti-ore. Un piccolo studio controllato con ossigeno iperbarico (2 atmosfere) somministrato per 30 minuti, ha dimostrato l'efficacia di questo trattamento in 6 dei 7 pazienti entro 5-13 minuti, con estinzione completa o attenuazione significativa del dolore. Questa terapia incontra ovviamente una limitazione nella pratica clinica, dal momento che non è sempre rapidamente disponibile, e benchè esistano contenitori di dimensioni relativamente piccole, alcuni pazienti li trovano ingombranti e scomodi da utilizzare al di fuori del loro domicilio.
Sumatriptan
Il sumatriptan per via sottocutanea è attualmente il farmaco più efficace di cui si avvale la terapia sintomatica della CH. In uno studio controllato, 6 mg di sumatriptan per via sottocutanea si sono dimostrati significativamente più efficaci del placebo: il 74% dei pazienti hanno ottenuto una completa regressione della sintomatologia in 15 minuti, contro il 26% di quelli trattati con placebo. In uno studio a lungo termine, il sumatriptan si è dimostrato efficace dal 76 al 100% degli attacchi entro 15 minuti senza evidenza di tachifilassi o recidiva ("rebound"), anche dopo uso quotidiano per molti mesi. In ogni caso, il farmaco non agisce se assunto prima di un attacco (nel tentativo di prevenirlo), né è utile come farmaco profilattico. E' stato riportato che nei pazienti con CH cronica il sumatriptan ha un'efficacia inferiore dell'8% rispetto a quelli con la forma episodica. Benchè sia generalmente ben tollerato, il sumatriptan è controindicato nei pazienti con cardiopatia ischemica o ipertensione non controllata. Occorrre quindi essere cauti nell'uso di questo farmaco, dal momento che la CH è molto frequente negli uomini di mezza età che spesso presentano fattori di rischio per malattie cardiovascolari (in particolare il fumo di sigaretta, abitudine presente in più dell'88% dei pazienti). Somministrato per via nasale (20 mg), il sumatriptan è invece meno efficace; in uno studio randomizzato in cui si confrontava l'efficacia del sumatriptan per via sottocutanea (6 mg) con quella del sumatriptan spray nasale (20 mg), 49 dei 52 attacchi trattati con la prima modalità hanno mostrato una remissione completa entro 15 minuti, con una latenza media di 9.6 minuti. I rimanenti 3 attacchi sono stati comunque ridotti di intensità (dell'87%) nell'arco di 15 minuti. Solo 7 dei 52 attacchi trattati con sumatriptan spray nasale (somministrato nella narice omolaterale al dolore) hanno mostrato una risoluzione nell'arco di 15 minuti, con una latenza media di 13 minuti; in 27, invece, non si è osservato alcun beneficio.
Diidroergotamina
Questo farmaco è disponibile in varie formulazioni; se somministrato per via endovenosa consente una risoluzione del dolore in modo rapido ed efficace in circa 15 minuti, mentre per via intramuscolare e sottocutanea è efficace in tempi più lunghi, a causa del periodo necessario per raggiungere la massima concentrazione. Dal momento che il picco di intensità del dolore viene raggiunto rapidamente, e l'attacco è di durata relativamente breve, la diidroergotamina somministrata per via endovenosa non è un trattamento facilmente eseguibile, perché il paziente dovrebbe recarsi al Pronto Soccorso o dal proprio medico per farselo praticare. Inoltre, il farmaco non può essere assunto a lungo termine, ed e' noto che gli attacchi di CH sono spesso quotidiani e pluriquotidiani nell'ambito di un grappolo, e quest'ultimo può durare mesi, se la terapia preventiva non è efficace. Tuttavia, la diidroergotamina può anche essere autosomministrata, e rappresenta quindi una possibile scelta terapeutica. Uno studio controllato ha confrontato la diidroergotamina per via intranasale (1 mg) col placebo, non rilevando alcun effetto sulla durata e sulla frequenza della cefalea mentre l'intensità del dolore risultava diminuita, ma non in modo eclatante. E' stato suggerito che il dosaggio utilizzato nello studio (1 mg) era inferiore a quello raccomandato nell'emicrania (2 mg) e anche a quello che comunemente è disponibile in commercio per uso intranasale (4 mg). La diidroergotamina alla dose di 2 mg potrebbe quindi essere più efficace, ma questa possibilita' non è mai stata verificata in uno studio controllato.
Zolmitriptan
Si tratta di un farmaco per il trattamento acuto dell'emicrania, somministrato per via orale o linguale. Recentemente, uno studio controllato in doppio cieco ha confrontato l'efficacia dello zolmitriptan alla dose di 5 e 10 mg verso placebo nel trattamento dell'attacco acuto di CH. Utilizzando un'indice per la modificazione della cefalea (riduzione dell'intensità del dolore di 2 punti su 5 in 30 minuti), le risposte al placebo ed allo zolmitriptan a (5 e 10 mg) sono state rispettivamente del 29, 40 e 47%. Si è osservata una differenza statisticamente significativa tra zolmitriptan 10 mg e placebo in relazione alla riduzione parziale o completa del dolore: nel 57-60% nel primo e nel nel 42% nel secondo caso, rispettivamente. Benchè questi risultati non siano analoghi a quelli ottenuti con l'ossigeno e con il sumatriptan per via sottocutanea, lo zolmitriptan è il primo triptano per via orale che si dimostri efficace nel trattamento della CH, e quindi resta un'alternativa terapeutica in quei pazienti che preferiscono un farmaco per via orale, o non tollerano l'ossigeno, il sumatriptan o la diidroergotamina per via sottocutanea. Non vi sono, invece, dati disponibili sull'efficacia dello zolmitriptan somministrato in forma di liofilizzato per via linguale.
Lidocaina e cocaina
Dal momento che la cocainizzazione del ganglio pterigopalatino si è dimostrata efficace nello stroncare gli attacchi, la lidocaina e la cocaina per via intranasale sono state utilizzate come terapia alternativa da alcuni autori: se somministrata sotto forma di spray o di gocce al 4% o con batuffoli di cotone, nella narice ipsilaterale al dolore o in entrambe le narici, la lidocaina produce una moderata riduzione del dolore in un certo numero di pazienti. Essa può quindi essere utilizzata come terapia aggiuntiva, ma non sembra essere al momento consigliabile come monoterapia per l'attacco di CH. La cocaina presenta inoltre il rischio di indurre abuso e dipendenza, per cui non può essere considerata un trattamento di prima scelta.
E' particolarmente importante instaurare una terapia preventiva efficace durante le fasi attive di malattia. Infatti, durante i grappoli, i singoli attacchi spesso si presentano ogni giorno per molte settimane o mesi; dal momento che molti pazienti hanno giornalmente numerosi attacchi (fino a 8) e che gli attacchi sono brevi e raggiungono rapidamente l'intensità massima del dolore, continuare solo con la terapia d'attacco è un procedura che finisce con lo spossare il paziente. I farmaci d'attacco, inoltre, possono presentare controindicazioni, essere inefficaci o non tollerati, o essere in grado soltanto di ritardare l'acme del dolore. Limitarsi a trattare quotidianamente gli attacchi può condurre, alla fine, ad un eccessiva assunzione di farmaci (tossicita', possibilita' di abuso ecc.) e prolungare inutilmente le sofferenze del paziente.
Lo scopo principale della terapia preventiva, invece, è quello di ottenere una rapida scomparsa degli attacchi e mantenere la remissione per un periodo più lungo di quello che ci si attenderebbe senza terapia. Obiettivi secondari di questo trattamento sono poi la riduzione della frequenza, della durata e dell'intensità degli attacchi.
Per raggiungere questi obiettivi si può distinguere la terapia preventiva in una profilassi di transizione e una profilassi di mantenimento.
Derivati dell'ergot
Sia l'ergotamina tartrato (2 mg), che la diidroergotamina (1 mg) sono efficaci nel sopprimere rapidamente gli attacchi, specialmente se somministrati quotidianamente per breve tempo. I pazienti spesso tollerano questi farmaci per un periodo di circa 2-3 settimane senza rischio di ricadute. L'ergotamina tartrato è più comoda, dal momento che può essere somministrata per via orale e che e' particolarmente utile nel controllare gli attacchi prevalentemente od esclusivamente notturni se assunta 2 ore prima di coricarsi. Per entrambi i farmaci, la dose può essere suddivisa in più somministrazioni giornaliere (senza superare i 4 mg per l'ergotamina tartrato e i 3 mg per la diidroergotamina) se gli attacchi sono frequenti e si presentano durante il giorno. Entrambi i farmaci sono controindicati in gravidanza, in caso di vasculopatia periferica, coronaropatia e ipertensione non controllata. Essi non devono essere usati per l'intera durata del grappolo e sono sconsigliati per una terapia preventiva a lungo termine; inoltre possono limitare le opzioni terapeutiche preventive e sintomatiche, dal momento che il loro uso è controindicato entro 24 ore dall'assunzione di sumatriptan. In alcuni casi gli egot-derivati vengono utilizzati in associazione con la metisergide.
Corticosteroidi
Tra i farmaci usati per la prevenzione, i corticosteroidi (prednisone e desametazone) sono quelli ad azione più rapida. Essi sono molto efficaci come terapia profilattica iniziale, in grado cioe' di controllare rapidamente gli attacchi nel periodo di tempo necessario affinché i farmaci di profilassi di mantenimento possano agire. Può essere necessario una soministrazione per un periodo di due settimane prima che la terapia preventiva standard possa aver effetto. Un grande studio non controllato ha riportato un netto miglioramento della CH nel 77% dei casi in forma episodica trattati con prednisone, e un parziale miglioramento in un altro 12%. Il prednisone sembra inoltre sortire un buon effetto nel 40% dei pazienti affetti da CH cronica, ed essere superiore alla metisergide. Il trattamento si inizia di solito con 60-80 mg di prednisone al giorno per 2-3 giorni; successivamente, la dose viene ridotta di 10 mg ogni 2-3 giorni. Anche il desametazone, al dosaggio di 4 mg, 2 volte al giorno per 2 settimane, seguito da 4 mg al giorno per una settimana, si è dimostrato efficace. Con tali farmaci, tuttavia, alla riduzione del dosaggio spesso gli attacchi si ripresentano. I corticosteroidi, in definitiva, sono soprattutto utili nell'indurre una rapida remissione nei pazienti affetti da CH episodica, e possono dare un miglioramento transitorio (specie se in fase di acuzie) nei pazienti con CH cronica. L'uso prolungato è, ovviamente, da evitarsi in quest'ultimo gruppo di pazienti.
Tale termine si riferisce all'uso di farmaci preventivi per l'intera durata del grappolo. Il trattamento viene istituito all'inizio degli attacchi, in associazione sia ai cortoscosteroidi che ai derivati dell'ergotamina, e viene mantenuto dopo la sospensione di questi farmaci.
Verapamil
Il verapamil è spesso usato come farmaco di prima scelta nella terapia preventiva della CH sia episodica che cronica. È generalmente ben tollerato e si può associare al sumatriptan, all'ergotamina, ai cortocosteroidi e ad altri farmaci preventivi. In uno studio in aperto condotto su 48 pazienti, il 69% dei pazienti ha mostrato una riduzione delle crisi di più del 75% durante il trattamento con verapamil. Un recente studio in doppio cieco contro placebo ha valutato l'efficacia del verapamil (360 mg al di', frazionati in 3 dosi) per un periodo di 14 giorni. Nel gruppo di pazienti trattato con verapamil e' stata riscontrata una riduzione statisticamente significativa della frequenza della cefalea e del consumo di analgesici con una riduzione maggiore nella seconda settimana di trattamento.
Il dosaggio giornaliero iniziale è di 80 mg 3 volte/die o 240 mg della formulazione a rilascio prolungato; quindi, la terapia si prosegue con una dose che varia da 240 a 720 mg/die in dosi frazionate. Entrambe le formulazioni si sono dimostrate efficaci, ma non vi sono studi comparativi a riguardo. Il verapamil a rilascio prolungato, fino a 720 mg/die, può essere efficace nei casi di CH refrattaria ai trattamenti. A causa dell'apparente relazione dose-risposta è necessario l'impiego di un dosaggio giornaliero tra i 480 e i 720 mg prima di giudicare l'efficacia del farmaco. Alcuni autori arrivano ad utilizzare 1 g/die, se il farmaco e' ben tollerato. La stipsi è l'effetto collaterale più frequente, ma possono presentarsi anche vertigini, edemi, nausea, faticabilita', ipotensione e bradicardia.
Litio carbonato
L'efficacia della terapia con litio carbonato nella CH è stata valutata soprattutto da studi in aperto. Complessivamente, in più di 28 studi clinici coinvolgenti 468 pazienti, sono stati ottenuti risultati da buoni ad eccellenti nel 78% dei pazienti con CH cronica. L'efficacia sembra continuare fino a 4 anni dopo il trattamento; dopo interruzione o sospensione definitiva della terapia, in questo gruppo si e' osservata la trasformazione dalla forma cronica alla forma episodica di CH.
Durante terapia con litio sono state descritte remissioni anche in pazienti con CH episodica, sebbene meno frequenti che nella forma cronica (nel 63% dei casi). Uno studio in doppio cieco che confrontava il verapamil (360 mg/die) con il litio (900 mg/die) ha riscontrato uguale efficacia dei due farmaci. Uno studio controllato e in doppio cieco non e' invece riuscito a dimostrare l'efficacia del litio (880 mg/die, a rilascio prolungato) rispetto al placebo. Comunque, questo studio e' stato interrotto una settimana dopo l'inizio del trattamento, per cui il periodo di trattamento e' stato troppo breve per poter trarre conclusioni; va segnalato, inoltre, un tasso di efficacia inaspettatamente alto del placebo (31%).
Il dosaggio giornaliero iniziale è 300 mg 3 volte al giorno o 450 mg a rilascio prolungato. Non vi sono studi comparativi, ma la più lunga emivita permette una unica somministrazione giornaliera, con migliore compliance. Il litio è spesso efficace ad una concentrazione di 0.4-0.8 mEq/l, quindi inferiore a quella solitamente richiesta nel trattamento dei disturbi bipolari. Molti pazienti trovano beneficio ad una dose variabile tra 600 e 900 mg/die. Il litio ha importanti effetti collaterali e una finestra terapeutica piuttosto ristretta; la concentrazione plasmatica andrebbe misurata a 12 ore dall'ultima assunzione e non dovrebbe superare il livello di 1 mEq/l. Prima e durante il trattamento vanno valutate la funzionalità tiroidea e renale; devono inoltre essere monitorati eventuali effetti collaterali, quali tremore, diarrea e poliuria, e va utilizzata grande cautela nell'associare altri farmaci, quali diuretici e FANS.
Metisergide
La metisergide è un farmaco preventivo efficace, ma, viste le potenziali complicanze, non è solitamente impiegato per periodi lunghi (superiori ai 3 mesi). Nei pazienti con CH episodica si ottengono buoni o eccellenti risultati nel 70% dei casi, ma il farmaco sembra perdere la sua efficacia con l'uso prolungato (fino al 20% dei pazienti). La metisergide è il precursore della metil-ergometrina, e va utilizzato con cautela quando i pazienti assumono contemporaneamente anche derivati ergotaminici e vasocostrittori. Gli effetti collaterali a breve termine comprendono nausea, crampi muscolari, dolori addominali ed edemi declivi, mentre tra quelli a lungo termine vi sono la fibrosi retroperitonale e l'ispessimento della pleura e del pericardio. La dose giornaliera è solitamente di 2 mg, divisi in 3 somministrazioni, ma se il farmaco e' ben tollerato si può arrivare a 12 mg/die.
Acido valproico
Si tratta di un farmaco antiepilettico, utilizzato anche nella mania e nell'emicrania, che a dosaggi di 600 - 2000 mg si è dimostrato efficace nel 73% dei casi in pazienti con CH; in uno studio in aperto, 9 dei 15 pazienti hanno mostrato la completa scomparsa degli attacchi dopo un periodo di tempo variabile da 1 a 4 giorni. Il trattamento e' stato ben tollerato: e' stata riferita solo nausea, ma altri possibili effetti collaterali sono un aumento ponderale, la perdita di capelli, tremore e letargia. I pazienti che rispondono maggiormente all'acido valproico solo quelli in cui la CH si accompagna a sintomi tipici di emicrania, quali nausea, vomito, fotofobia e fotofobia.
La terapia con acido valproico (di solito in forma di sodio divalproato) si inizia alla dose di 250 mg due volte al giorno, e si aumenta di 250 mg fino alla dose minima efficace, così da minimizzare gli effetti collaterali. Sono state raramente descritte pancreatiti, alterazioni piastriniche, trombocitopenia e insufficienza epatica, per cui sono necessarie valutazioni dell'esame emocromocitometrico e della funzionalità epatica prima e dopo l'inizio del trattamento.
Topiramato
In un recente studio in aperto, la terapia con un farmaci antiepilettico, il topiramato, ha prodotto un rapido miglioramento in 10 pazienti con CH. La remissione si e' manifestata dopo 1-3 settimane in 9 pazienti, 2 dei quali affetti da CH cronica. Tutti i pazienti hanno risposto a dosaggi relativamente bassi (da 50 a 125 mg, in due somministrazioni quotidiane), solitamente ben tollerati. Cominciando la terapia a bassi dosaggi ed attuando piccoli incrementi successivi si può mantenere basso il dosaggio giornaliero e ridurre i potenziale effetti collaterali. Quelli più comunemente riportati sono sonnolenza, vertigini, atassia, e disturbi cognitivi. Il topiramato è un blando inibitore dell'anidrasi carbonica, per cui e' stata segnalata la comparsa di nefrolitiasi e parestesie. Lo studio preliminare sopra descritto necessita di conferma con indagini successive.
Melatonina
I livelli plasmatici di melatonina sono ridotti nei pazienti con CH, soprattutto nella fase attiva di malattia, inoltre il ritmo circadiano della CH e il ruolo dell'ipotalamo sembrano coinvolti nella patogenesi della malattia. Sulla scorta di questo dato, uno studio in doppio cieco, caso-controllo, ha valutato l'efficacia della melatonina somministrata oralmente al dosaggio di 10 mg. Sono state osservate remissioni entro 3-5 giorni in 5 dei 10 pazienti trattati con melatonina, mentre nessuna remissione e' stata riscontrata nel gruppo trattato con placebo.
Capsaicina
La capsaicina ha dimostrato un'efficacia superiore a quella del placebo nel ridurre la frequenza e la severita' degli attacchi di CH in uno studio in doppio cieco. La sostanza e' stata somministrata alla concentrazione dello 0.025 % mediante cerotto medicato, applicato alla narice omolaterale al dolore due volte al giorno per sette giorni. Poiche' esistono farmaci più efficaci e più facili da assumere, e dato che puo' causare intense reazioni locali, l'uso della capsaicina non è molto diffuso .
Indometacina
Benche' altri tipi di cefalea autonomico-trigeminale, come ad esempio l'emicrania cefalea cronica parossistica, rispondano in maniera completa all'indometacina, questo farmaco non è stato valutato in modo sistematico come misura preventiva nella CH. L'aneddotica suggerisce che alcuni pazienti rispondono all'indometacina, ma l'efficacia sembra essere inferiore a quella osservata nelle altre forme di cefalea.
Altri
Studi in aperto di modeste dimensioni e case-reports hanno suggerito l'efficacia del metilfenidato, di farmaci antispastici (tizanidina e baclofen), di clonidina, diltiazem, flunarizina, istamina, somatostatina e pizotifene. Sono comunque necessari ulteriori studi prima di inserire questi farmaci tra quelli consigliati nella pratica clinica. Essi vanno comunque tenuti in considerazione soprattutto nei pazienti con forme farmaco-resistenti di CH, prima di ricorrere a terapie chirurgiche di tipo ablativo.
Circa il 10% dei pazienti sviluppa una forma cronica di CH, che non risponde alla monoterapia. Anche i pazienti con CH episodica, ma con grappoli ad elevata frequenza, possono sviluppare una forma di resistenza alla terapia, o manifestare effetti collaterali o intolleranza ai farmaci preventivi o sintomatici; in questi casi, puo' essere necessario ricorrere alla terapia chirurgica per controllare il dolore. Prima di prendere in considerazione il trattamento chirurgico e' opportuno effettuare un tentativo con la politerapia. Il litio, la metisergide, il valproato e il topiramato possono essere associati al verapamil. La melatonina puo' rappresentare un'utile opzione aggiuntiva, dal momento che ha pochi effetti collaterali e che la somministrazione a lungo termine sembra essere gravata da minimi eventi avversi. E' possibile anche utilizzare un'associazione di 3 farmaci, come ad esempio ergotamina, verapamil e litio, anche se questo regime di politerapia non e' praticabile a lungo per i seri effetti collaterali e per gli effetti tossici cumulativi. Peraltro, l'ergotamina di per se' non è consigliabile per lunghi trattamenti, e l'associazione di litio, ergotamina e metisergide può limitare l'uso del sumatriptan come farmaco d'attacco. La somministrazione e.v. ripetuta di diidroergotamina per un periodo di 3 giorni può essere molto utile in pazienti affetti sia da CH episodica che cronica. In uno studio su 54 pazienti farmaco-resistenti (di cui 31 con CH cronica), con una degenza ospedaliera media di 6 giorni, si e' ottenuta una remissione nella totalita' dei casi dopo infusione ripetuta e.v. di diidroergotamina; nel follow up successivo, a distanza di 12 mesi la remissione era ancora presente nell'83% delle forme episodiche e nel 39% di quelle croniche.
La "desensibilizzazione" istaminica è stata utilizzata nei pazienti con CH intrattabile con risultati variabili. Questo tipo di trattamento di solito richiede un'estensione di almeno una settimana del periodo di ospedalizzazione, per effettuare somministrazioni ripetute di istamina per via endovenosa. Si tratta di un approccio terapeutico oggi assai poco diffuso e comunque non validato scientificamente.
Nelle forme intrattabili di CH e/o in quei pazienti con importanti limitazioni nell'assunzione della terapia medica (per intolleranza o controindicazioni), la terapia chirurgica rimane l'unica soluzione proponibile. Possono essere considerati candidati all'intervento chirurgico solo i pazienti con cefalea esclusivamente unilaterale, dal momento che i pazienti con attacchi a sede bilaterale rischiano dopo l'intervento una recidiva degli attacchi dolorosi a sede controlaterale. Inoltre, devono essere selezionati per la terapia chirurgica solo pazienti con profilo di personalità stabile .
Sono molte le procedure chirurgiche utilizzate: quelle mirate alla componente sensitiva del nervo trigemino si sono rivelate le più efficaci. La tecnica consiste in una termocoagulazione con radiofrequenze del ganglio trigeminale; si preferisce ricorrere a questa tecnica piuttosto che alla gangliorizolisi perche' si può controllare con maggior precisione l'estensione della lesione e ridurre il rischio di meningite asettica o emorragia subaracnoidea. I risultati della rizotomia con radiofrequenza sono incoraggianti: circa il 75% dei pazienti ottengono buoni risultati. Anche la durata della remissione è soddisfacente, con ricadute a lungo termine solo nel 20% dei pazienti e con pazienti che rimangono in remissione per oltre 20 anni. I migliori risultati si ottengono a fronte di una completa anestesia o di una marcata ipoesteasia. Se la localizzazione del dolore è principalmente in regione orbitaria, sembra essere piu' indicata la lesione di V1 e V2, mentre e' interessata anche la regione temporo-auricolare è opportuno intervenire anche a livello di V3. I pazienti con localizzazione del dolore principalmente a livello peri-auricolare, della regione temporale e della guancia sembrano non ottenere buoni risultati.
Complicanze transitorie dell'intervento sono diplopia, iperacusia, dolori "a fitta" e deviazione della mandibola; le complicanze a lungo termine includono l'anestesia corneale e, in meno del 4% dei casi, l'anestesia dolorosa. Sono necessari accurati controlli a distanza in ambito oftalmologico.
In letteratura è riportata l'efficacia della radiochirurgia con gamma knife in 6 pazienti con CH refrattari alla terapia medica. La scompasa degli attacchi si verifica immediatamente, o dopo un lasso di tempo variabile fino ad una settimana. Al follow-up, 4 pazienti mostravano una remissione dei sintomi dopo più di 8 mesi. Questo studio rimane ancora l'unico sull'argomento, per cui l'efficacia complessiva, la sicurezza e i risultati a lungo termine dell'approccio chirurgico non sono ancora sufficientemente note. Si tratta comunque di una procedura non invasiva, con minori effetti collaterali rispetto alla terapia chirurgica ablativa, che in alcuni pazienti può rappresentare una valida alternativa.
E' stata di recente segnalata l'efficacia dell'intervento di decompressione microvascolare del nervo trigemino (con o senza decompressione microvascolare o sezione del nervo intermedio) nella CH cronica. In uno studio, 28 pazienti (2 dei quali con CH bilaterale) sono stati sottoposti a 39 tra interventi e reinterventi di decompressione microvascolare del trigemino, con o senza coinvogimento del nervo intermedio. Ventidue dei primi 30 interventi hanno prodotto un miglioramento pari o superiore al 50%, ma un fcontrollo a lunga distanza (media di 5.3 anni) ha mostrato una flessione significativa dei risultati ovvero una recidiva sintomatologica. Nuovi interventi chirurgici, inoltre, sono risultati inefficaci. In tre pazienti che avevano ottenuto una riduzione del dolore di piu' del 50% con la decompressione microvascolare del trigemino si e' verificato un miglioramento superiore al 90% con l'intervento di decompressione microvascolare o sezione del nervo intermedio. Questi interventi sono a a cielo aperto e richiedono una equipe di chirurghi di notevole esperienza, anche se e' necessaria l'acquisizione di una pratica assai maggiore in questo tipo di tecnica.
Infine, molti autori hanno riportato un miglioramento in pazienti affetti da CH cronica dopo la sezione delle fibre sensitive trigeminali a livello dell'emergenza della radice del nervo. La rizotomia trigeminale con approccio attraverso la fossa posteriore e' stata praticata in 10 pazienti, ed in 6 di questi ha portato a buoni risultati. Una remissione completa o quasi, della durata media di 5.6 anni, e' stata segnalata da altri autori in 12 di 14 pazienti sottoposti alla stessa tecnica. Un paziente ha sviluppato una forma di CH a sede controlaterale, mentre 7 pazienti con sezione parziale della radice hanno richiesto un secondo intervento di sezione completa; una sezione completa della radice sensitiva apparentemente ottiene risultati migliori rispetto alla sezione parziale, ma l'anestesia totale delle tre branche del trigemino non è in grado di garantire la remissione completa degli attacchi.
Le informazioni sulla storia naturale della malattia sono relativamente scarse. Da uno studio italiano su 189 pazienti con CH seguiti per più di 10 anni si evince che in circa il 13% dei pazienti la forma episodica si trasforma in cronica, e nel 6% in una forma intermedia. Il restante 80% continua a presentare una CH episodica. Invece, i pazienti con CH cronica ab inizio passano a una forma episodica nel 33% dei casi e ad una forma intermedia (alternanza di fasi episodiche e croniche0 nel 14% dei casi. La prognosi della CH cronica sembra quindi essere favorevole, con una trasformazione in una forma episodica in circa un terzo dei casi; non è chiaro se la terapia farmacologica influenzi questo processo di trasformazione, ma alcuni autori ritengono che a questo proposito il litio possa giocare un ruolo importante.
E' stato riportato che circa un terzo dei pazienti con CH da 20 anni o piu' ottiene una remissione completa; in un altro terzo gli attacchi si riducono di intensità, rendendo non indispensabile una terapia medica; in un altro terzo, infine, gli attacchi rimangono immodificati. Uno studio condotto su 68 pazienti con CH, con una durata media di malattia di 18.9 anni, seguiti per un periodo di 18 anni, non ha mostrato alcuna variazione significativa nell'intensita', nella frequenza e nella durata degli attacchi, ne' nei sintomi associati, nè nell'esordio e nella durata delle fasi attive di malattia. In quasi tutti i pazienti il periodo di remissione presentava una durata media compresa fra 1.1 e 3.3 anni; questo fenomeno sembra essere piu' frequente intorno ai 42 anni di eta'.
La CH è un disordine che dura per tutta la vita nella maggior parte dei pazienti. In una proporzione considerevole dei pazienti si puo' osservare una remissione completa o un'aumento della durata dei periodi di remissione, mentre in un terzo dei pazienti la forma cronica può assumere un pattern di tipo episodico.
Tenere sotto controllo la CH e' un aspetto importante nella gestione individuale di questa patologia. Per aumentare le possibilita' di successo del protocollo di lavoro concordato con lo specialista, vi sono alcuni fattori da tenere in considerazione, semplici ma importanti.
Almeno tre sono gli aspetti che il paziente con CH deve prendere in considerazione ancor prima di parlare con lo specialista:
Raccogliere informazioni utili prima di fissare un appuntamento per il mal di testa. La storia ("biografia") del mal di testa, l'anamnesi familiare e notizie su eventuali patologie coesistenti sono fattori assai importanti, la cui valutazione occupa la maggior parte del tempo della visita dello specialista.
Annotare le crisi di cefalea. Una "carta oraria" del mal di testa puo' aiutare sensibilmente lo specialista nel ricostruire la frequenza, la durata e l'intensita' della cefalea, gli eventuali sintomi a questa associati e il consumo di analgesici. Il diario della cefalea e' anche importante per stabilire i fattori che scatenano gli attacchi (come ad esempio alcool, farmaci vasodilatatori, variazioni geoclimatiche, turni di lavoro, viaggi)
Annotare i trattamenti (farmacologici e non) eseguiti in precedenza. La valutazione delle malattie intercorrenti e dei farmaci assunti in precedenza aiuta lo specialista nella scelta della terapia. Anche l'elenco dei farmaci che non sono risultati efficaci e' di ausilio nel processo decisionale.
Una volta discussa tutta una serie di aspetti con lo specialista (impatto della cefalea sul lavoro e sulla vita familiare e sociale; possibilita' di trattamento; modalita' del trattamento, necessita' di eventuali accertamenti), e'opportuno che il paziente con CH sia attenga ad una serie di buone regole:
Programmare le visite di controllo: controlli regolari, anche in fase non attiva di malattia, sono importanti per la gestione di questo tipo di cefalea.
Utilizzare i farmaci secondo la prescrizione del medico. Assumerne dosi maggiori non necessariamente comporta un risultato migliore; anzi, puo' portare ad un aumento della frequenza delle crisi.
Anticipare gli eventi. I pazienti con cefalea in generale, e con CH in particolare, dovrebbero avere i farmaci sempre a portata di mano.
Tenere il diario della cefalea. Questo aiuta lo specialista a personalizzare il trattamento necessario e ad avere informazioni su cosa e' utile e cosa e' dannoso.
Monitorare lo stile di vita. L'alimentazione, l'esercizio, il riposo, i ritmi lavorativi e il controllo dello stress sono importanti per aumentare l'efficacia di un trattamento.
Contattare immediatamente il proprio specialista quando si verifichi una qualsiasi modificazione delle caratteristiche della CH, sia nel corso di una fase attiva di malattia (grappolo) sia quando, in fase quiescente, si manifesti una nuova ripresa dei sintomi.
Come si parla di CH sulla rete?
I siti dedicati all'argomento non mancano, ma occorre selezionare quelli curati da Centri Cefalee o direttamente da specialisti esperti in questo campo, perche' risultano essere quelli piu' aggiornati ed affidabili. Visitando questi siti e' possible ottenere una serie di utili informazioni sulla CH e sulle altre forme di cefalea, sulla diagnosi, sui Centri che si occupano del problema, sulle terapie di attacco e di profilassi disponibili. Analogamente, alcuni siti di consultazione medica forniscono consulenze a titolo gratuito agli utenti che ne fanno richiesta. In questi casi e' bene non riporre eccessive aspettative nel servizio: la consulenza telematica non puo' mai sostituire la visita specialistica e quindi il contatto diretto con il medico, onde ovviare a problemi di natura deontologica e medico-legale.
Un elenco dei principali siti disponibili sulla rete per informazioni e consulenze sulla CH e' di seguito riportato.
International Headache Society (IHS)
www.i-h-s.org
European Headache Federation (EHF)
www.euhefe.homestead.com
Societa' Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC)
www.sameint.it
Associazione Mondiale dei Pazienti con CH (OUCH)
www.clusterheadaches.org
Altri siti:
www.neuronet.homestead.com
www.neurolink.homestead.com
www.neurologia.net
www.e-neurologia.it
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Fonte: http://www.docvadis.it/leliomarcheseragona/document/leliomarcheseragona/cefalea_a_grappolo/fr/metadata/files/0/file/La%20cefalea%20a%20grappolo.doc
Sito web da visitare: http://www.docvadis.it/leliomarcheseragona/
Autore del testo: Fabio Antonaci & Alfredo Costa
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