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Le cefalee.
Definizione: dolore, di qualsiasi genesi, localizzato al capo.
Le cefalee possono essere considerate innanzitutto un sintomo (quindi richiedono un importante percorso semeiologico e diagnostico, I parte della lezione) e d’altro canto esistono alcune forme di cefalea che sono di per se stesse delle malattie (quelle che in genere vengono definite cefalee primarie, II parte della lezione). Nel complesso si tratta sicuramente del disturbo neurologico più frequente che voi potete incontrare nella popolazione generale, anche se nella maggior parte dei casi non è il più grave, in quanto nella maggior parte dei casi si tratta di una patologia primitiva, sostanzialmente “benigna” quoad vitam; invece può essere più o meno disabilitante quoad valetudinem, a seconda della gravità e dell’intensità del disturbo stesso.
Anche se nella maggioranza dei casi questa è una patologia primitiva, esiste una fetta importante rappresentata dalle cefalee secondarie e il primo compito semeiologico e diagnostico è quello di distinguere le une dalle altre e in particolare di identificare il più rapidamente possibile quelle secondarie.
La classificazione che va ancora oggi per la maggiore è quella proposta ormai 15 anni fa dalla International Headache Society (IHS, 1988). Questa è una classificazione che presuppone criteri diagnostici abbastanza precisi e specifici che si basano sul profilo sintomatologico delle cefalee
e che propone 13 categorie diagnostiche principali. La classificazione presenta 4 livelli per ogni
categoria diagnostica. L’utilità di una classificazione riconosciuta è quella di dare uniformità nella terminologia ed è quindi utilizzabile da medici di base, specialisti e ricercatori.
Le prime 3 categorie delle 13 proposte dall’IHS sono destinate alle cefalee primarie, le altre 8 alle cefalee secondarie e l’ultima alle cefalee non classificabili in alcuna categoria.
LE CEFALEE SECONDARIE.
Nella prima parte ci dedicheremo alle cefalee secondarie perché il processo diagnostico parte dal sintomo e quindi deve per ragioni di tipo logistico-clinico andare a verificare se il soggetto non abbia una cefalea secondaria perché le cefalee secondarie hanno un preciso meccanismo etiopatogenetico che talvolta può essere di estrema gravità. Sul piano clinico determina una vera e propria urgenza.
CATEGORIE DIAGNOSTICHE PRINCIPALI DELLE CEFALEE SECONDARIE RICONOSCIUTE DALL’ IHS :
1.Cefalee non associate a lesioni strutturali.Sono quelle meno significative,quelle da patologie benigne come ad es. quelle da freddo o quelle legate all’attività sessuale.Ricordate che questa classe di cefalee pone spesso problemi di tipo diagnostico quindi si giunge a diagnosi solo dopo aver escluso le altre cause di cefalea secondaria.
2.Cefalee post-traumatiche (associate a trauma cranico)
3.Cefalea associata a patologie vascolari
4.Cefalea associata a patologia endocranica non vascolare
5.Cefalea da assunzione o da sospensione di sostanze esogene
6.Cefalea associata a infezioni o a disturbi metabolici
7.Cefalee o dolori facciali associati a patologie del cranio, collo, occhio, orecchio, naso e seni paranasali, denti, bocca e di altre strutture facciali o craniche
8.Nevralgie craniche, nevriti e dolori da deafferentazione
9.Cefalee non classificabili
Possiamo ora andare a vedere alcune sottoclassi delle cefalee secondarie.
Tra le cefalee associate a patologie vascolari si devono tener presenti le cefalee da emorragia subaracnoidea oppure la forma arteritica a cellule giganti, la cosiddetta arterite temporale (tipica dell’anziano).
Nell’ambito delle cefalee associate a patologie intracraniche ma di natura non vascolare troviamo le forme su base infettiva (es. da meningoencefalite ) e le forme su base neoplastica o comunque da masse intracraniche. Come dicevamo prima, la diagnosi di queste forme viene fatta per esclusione di una patologia su base strutturale attraverso un’indagine di neuroimaging.
Le forme associate a malattie intracraniche di natura non vascolare sono generalmente dovute a tumori, cisti aracnoidee, anormalità della circolazione del liquor (ostruzione delle vie liquorali, riduzione della P liquorale e pseudo tumor cerebri) e processi infettivi cranici e intracranici (meningiti, meningoencefaliti, sinusiti, mastoiditi, ascessi epidurali e osteomieliti).
Cefalee su base vascolare. Passiamo ora a parlare delle cefalee nell’ambito dell’emorragia subaracnoidea che rappresenta una delle cefalee per le quali si pone il problema dell’urgenza diagnostica così come per le cefalee da meningoencefaliti. Nel caso dell’emorragia subaracnoidea si è in presenza di una cefalea ad esordio improvviso che nel giro di pochissimi secondi se non immediatamente raggiunge il massimo dell’intensità, “quindi una cefalea che dà subito in testa”. L’intensità si mantiene tale per un periodo variabile di tempo che comunque non è mai inferiore a 30 minuti. Nella maggior parte dei casi è una cefalea molto intensa che il soggetto vi riferisce, se è in grado di farlo, come la più intensa che abbia mai provato. Spesso e volentieri è localizzata in regione occipito-nucale (ma non necessariamente perché talvolta si localizza in regione frontale!), quasi sempre bilateralmente e associata a una rigidità che si apprezza alla mobilizzazione del capo.
Un’altra forma di cefalea su base vascolare è quella dovuta a dissecazione dell’arteria carotide o dell’arteria vertebrale, evenienze che rappresentano urgenze diagnostiche. In questo caso il dolore è spesso e volentieri localizzato di lato, in corrispondenza della porzione laterale del collo e del viso, al davanti dell’orecchio e da qui si irradia all’emicranio corrispondente. Nella maggior parte dei casi al sintomo cefalgico si associano segni e sintomi neurologici focali che rappresentano la spia del fatto che non ci si trova davanti a una cefalea di origine funzionale (ad es. di tipo emicranico). Oltre a questo esaminando il soggetto troverete una sindrome di Horner ipsilaterale, cioè associazione di miosi, enoftalmo e ptosi palpebrale.
Ci sono poi tutta una serie di farmaci che possono provocare cefalea, in genere di tipo cronico e iatrogeno. Queste cefalee si collocano all’interno di un quadro di dipendenza o di abuso di questi farmaci. Spesso queste cefalee le trovate embricate con altri tipi di cefalea primaria, in particolare di tipo tensivo o anche emicranico cronico, per cui il soggetto assume farmaci per queste forme di tipo primario cronico e li assume abusandone, così che gli stessi farmaci ergotaminici possono a loro volta determinare la comparsa di cefalee iatrogene da abuso. Oltre alle cefalee da abuso ricordate quelle determinate dalla sospensione troppo rapida di cortisonici (in ambito internistico) o ancora le cefalee da uso di nitrati.
Nell’ambito della categoria delle cefalee secondarie da patologie del distretto craniocefalico ricordatevi le forme da patologia dentaria e quelle da alterazione dell’articolazione temporo-mandibolare, mentre più rare sono quelle su base cervico-artrosica o su base sinusitica. In particolare ricordate che la sinusite cronica non è ritenuta essere possibile causa di cefalea cronica, mentre la sinusite acuta può essere responsabile di cefalea frontale, ma in questo caso si avranno tutti i segni e i sintomi del processo acuto in atto. Quindi in corso di sinusite cronica la cefalea è da attribuire ad altre cause.
A questo punto quando ci si trova di fronte ad un soggetto con cefalea, soprattutto se di nuova insorgenza, si devono escludere le cause secondarie. COME FACCIAMO?
Per escludere le cause secondarie si segue un procedimento clinico che ha alla sua base i dati di tipo anamnestico, i dati derivati dalla obbiettività medico-generale e da quella neurologica e, terzo elemento, il profilo sintomatologico del disturbo cefalalgico (se è tipico per una cefalea primaria o se contiene delle caratteristiche atipiche che possono essere la spia di una forma secondaria: si va quindi alla ricerca di elementi di allarme).
ANAMNESI: importante perché come tutte le situazioni dolorose le lesioni non si vedono. Vi dovrete basare su quel che dice il soggetto (il soggetto va indagato per tutti gli elementi che possono essere utili):
Ricordate che il paziente tenderà a dare maggior peso all’intensità del dolore perché è la cosa che più lo preoccupa, ma, dal punto di vista clinico, non è importante per la diagnosi ma solo per quanto riguarda la terapia.
Importante è valutare la modalità di insorgenza in rapporto alla curva intensità dolore/tempo, infatti un’insorgenza rapida con crescita rapida del dolore può essere indicativa di malignità della cefalea (es. emorragia subaracnoidea) mentre se la cefalea raggiunge il massimo del dolore in alcuni minuti può essere indicativo di cefalea a grappolo; ancora, se la cefalea raggiunge l’acme del dolore in alcune di decine di minuti o addirittura alcune ore ci troviamo nell’ambito delle forme emicraniche.
L’E.O. neurologico in soggetti con cefalea primaria è un E.O. neurologico normale (con l’unica eccezione che nella cefalea a grappolo potete trovare una ptosi ipsilaterale alla sede della cefalea, ma per il resto l’E.O. è normale). Quindi quando trovate un E.O. neurologico anormale c’è il sospetto che ci si trovi davanti a una cefalea non primaria e in particolare da causa neurologica.
Gli elementi più importanti da questo punto di vista sono:
Sulla base di questi elementi di tipo anamnestico e di tipo clinico ricavabili dall’E.O. generale e neurologico è possibile un primo inquadramento delle principali forme di cefalea.
Nel sospetto di trovarsi di fronte ad una cefalea di tipo secondario risulta in genere necessario l’ap-
profondimento diagnostico che sarà di volta in volta correlato al sospetto di secondarietà della cefalea. Nell’ambito delle forme secondarie a patologie neurologiche l’approfondimento classico è rappresentato dalla neuroimaging, quindi da un esame TAC o da una RM.
Ma ci possono essere altre occasioni di approfondimento diagnostico tramite neuroimaging, ad esempio escludere patologie concomitanti.
Un caso particolare che può verificarsi in ambulatorio è quando si presenta un soggetto con cefalea di nuova insorgenza o cronica che potete già inquadrare come una cefalea di tipo primario, ma può essere che venga chiesto un esame di neuroimaging per soddisfare le attese del paziente che si esplicano essenzialmente in ansia per l’idea di avere una patologie endocranica sottostante. C’è da dire a questo proposito che in un cefalea primaria di tipo cronico la possibilità di trovare alla
neuroimaging dei dati di alterazione strutturale sono talmente basse da sfiorare lo zero. Quindi se la cefalea è di tipo primario a carattere cronico il neuroimaging è inutile dal punto di vista diagnostico ma utile, forse, a sedare l’ansia del paziente. Su questo punto è in corso uno studio in doppio cieco per valutare l’efficacia sedativa sull’ansia del paziente di un’indagine di neuroimaging nei casi di cefalea cronica… per cui, che funzioni veramente non si è certi, però talvolta capita in ambulatorio di richiedere per questo motivo un immagine di neuroimaging.
CLINICO STRUMENTALE
Accertamenti specialistici Esami ematochimici
Psichiatrici (profilo immunologico, test di coagulazione)
Oculistici Test neurofisiologici (EEG, potenziali evocati)
ORL Esami neuroradiologici (RXcranio, TC, RMN)
Ortognatodontici Indagini vascolari
Neurologici (Ecocolordoppler, TSA, TCD)
E’ importante l’approfondimento di neuroimaging a livello diagnostico per i casi di cefalea a nuova insorgenza oppure per un attacco di cefalea in un cefalalgico cronico con caratteristiche che non sono quelle abituali al di là dell’intensità e ancora per cefalee che compaiono in seguito a manovre come la tosse, lo sforzo fisico, l’atto sessuale o la manovra di Valsalva. Altri casi in cui la neuroimaging è utile a far diagnosi sono le cefalee associate a segni o sintomi neurologici ma sicuramente anche le cefalee di nuova insorgenza in pazienti neoplastici o con storia di neoplasia intracranica maligna pregressa.
Anche le cefalee di nuova insorgenza in soggetti anziani o ancora, in ambito ambulatoriale, cefalee che non presentino il classico profilo delle cefalee di tipo primario necessitano d’indagini di neuroimaging. In realtà dovete tener presente che la maggior parte delle cefalee che si presentano in P.S. saranno di tipo primario, però l’elemento diagnostico differenziale, in questo caso, risulta essere più significativo: è stato calcolato che circa il 5-10% delle cefalee che si presentano in P.S. sono cefalee secondarie a patologia neurologica significativa.
Segni d’allarme sono la presenza di cefalea in soggetti HIV positivo (soprattutto se di insorgenza recente) o in un soggetto con recente trauma cranico soprattutto se anziano.
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Esordio recente o dopo i 50 anni Neoplasia,Arterite temporale (in questo caso
non uso la neuroimaging, ma valuto la VES
che sarà aumentata. L’identificazione della
cefalea da arterite temporale è importante
perché questa può avere come complicanza
negativa la comparsa di una arterite a carico
anche dei rami dell’arteria carotide e in
particolare dei vasi retinici e quindi la
Improvvisa comparsa di cefalea acuta di forte Emorragia subaracnoidea, emorragia in una
intensità in paziente non cefalalgico lesione o malformazione vascolare
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Peggioramento di una cefalea persistente Neoplasia, ematoma subdurale, abuso di
(frequenza e gravità) o suo progressivo aumento farmaci; trombosi venose profonde
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Cefalea di recente insorgenza in paziente con HIV Metastasi, ascesso cerebrale, meningite o neoplasia
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Coesistenza di malessere generalizzato, febbre, Meningite, encefalite, infezioni sistemiche
nausea, vomito, disturbi di coscienza
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Presenza di segni neurologici focali motori e Neoplasia, stroke, malformazione
sensitivi artero-venosa
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Recente trauma cranico Ematoma subdurale, ematoma epidurale,
emorragia intracranica
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Le cefalee primarie sono divise principalmente in 3 gruppi:
1) EMICRANIA.
2) CEFALEA DI TIPO TENSIVO.
3) CEFALEE AUTONOMICHE in cui si riscontrano principalmente la CEFALEA A GRAPPOLO,
almeno per il sesso maschile e l’EMICRANIA CRONICA PAROSSISTICA tipica del sesso
femminile.
Le cefalee primarie sono benigne “quoad vitam” ma non lo sono “quoad valetudinem” perché implicano importanti costi sociali per assenza dal posto di lavoro e in termini di consumo di farmaci.
Nelle sottoclassificazioni dell’IHS per quanto riguarda l’emicrania troviamo due classi diagnostiche principali che sono caratterizzate dall’associazione all’emicrania di alcuni segni e sintomi peculiari che vanno sotto il nome di AURA EMICRANICA. Si definiscono due tipi di emicranie: quella senza aura (o emicrania comune) e quella con aura (o emicrania classica).
Vi invito a notare nella classificazione della voce complicanze dell’emicrania che sono: lo stato emicranico e l’infarto emicranico (infarto cerebrale emicranico).
· CEFALEA TENSIVA
La classificazione IHS distingue per le cefalee tensivedue classi: la cefalea tensiva episodica e quella cronica. La forma tensiva episodica è la più comune in termini di presenza nella popolazione generale,non in quella che accede ad ambulatori specialistici.
- La forma episodica si caratterizza per:
A) almeno 10 episodi con un numero di giorni di cefalea inferiore a 180 giorni all’anno;
B) cefalea che perduri da 3 min a 7 giorni;
C) almeno 2 delle seguenti caratteristiche del dolore:
1.gravativo, costrittivo, non pulsante
2.lieve o moderato;può ostacolare ma non impedire le normali attività
3.localizzazione bilaterale
4.non si aggrava con sforzi fisici
D)si devono verificare entrambe le seguenti condizioni: 1.assenza di nausea e vomito
2.assenza di fono- o fotofobia
Non necessariamente la cefalea tensiva si accompagna a una contrattura della muscolatura pericraniale o cervicale.
- La cefalea tensiva cronica si differenzia da quella episodica unicamente per il tempo in cui si devono verificare gli episodi cefalalgici e cioè questi episodi si devono verifica re per un totale superiore a 180 gg. all’anno.
I criteri diagnostici per la cefalea di tipo tensivo sono in negativo: qualcuno suggerisce che l’emicrania sia un’entità clinica effettiva e che invece la cefalea tensiva sia tutto quello che non è emicrania.
Il fatto che i criteri diagnostici per la cefalea di tipo censivo siano criteri in negativo può avere delle conseguenze pratiche di tipo clinico perchè a volte può capitare che vengano classificate come tensive delle cefalee che sono in realtà delle cefalee sintomatiche o secondarie a patologie anche gravi. Altro punto da tener presente è che sulla base di questa sostanziale indeterminatezza dei criteri diagnostici della cefalea tensiva e sulla base del fatto che, in realtà, nella pratica clinica i quadri sono molto più nebulosi di quanto possa apparire dai criteri dell’IHS, quello che si configura è un continuo tra i profili diagnostici nei singoli soggetti. Spesso i quadri che si presentano non corrispondono esattamente ai criteri diagnostici in positivo in modo totale per l’emicrania o a quelli in negativo per la cefalea. Infatti c’è chi sostiene che emicrania e cefalea siano i poli di un’unica entità sul piano eziopatogenetico. Tenete presente che le cose non sono così nettamente differenti come sembrerebbe dai criteri diagnostici dell’IHS.
TERAPIA delle cefalee tensive.
Si prefigura la possibilità di una doppia terapia: una sintomatica e una preventiva. Si tratta di decidere se instaurare solouna terapia di tipo sintomatico o anche una di tipo profilattico.
Tp. sintomatica: FANS(Paracetamolo);IBUPROFENE e NAPROSSENE; BENZODIAZEPINE.
Tp. profilattica: ANTIDEPRESSIVI
(Triciclici: AMITRIPTILINA farmaco profilattico per eccellenza in questa pato
logia)
SULPIRIDI
BIOFEEDBACK, MANOVRE CHIROPRATICHE,
AGOPUNTURA, TRAINING AUTOGENO (queste ultime 4 terapie vengono
iniziate dal paziente autonomamente e molto spesso non sono risolutive).
· CEFALEA A GRAPPOLO ed EMICRANIA PAROSSISTICA.
La seconda cefalea primaria a cui dobbiamo prestare attenzione è la cosiddetta cefalea a grappolo. La caratteristica principale è quella di presentarsi con un dolore di intensità estremamente elevata che raggiunge l’acme nel giro di pochi minuti ed è localizzata classicamente in modo unilaterale in regione periorbitaria. Gli attacchi di cefalea durano un tempo variabile che però in genere non è particolarmente prolungato, cioè si va dai 15min alle 2 ore per ciascun attacco.
La caratteristica cefalea a grappolo è caratterizzata dal fatto che questi attacchi possono essere più di uno nell’arco della stessa giornata, quindi sono dei veri e propri grappoli di attacchi (da qui il nome).
Per la forma episodica caratteristico è il fatto che vi sono dei periodi ben precisi nel corso dell’anno in cui si verificano questi attacchi. Questi periodi possono avere lunghezza variabile da 1-2 settimane a 2-3 mesi e si intervallano a periodi di sostanziale benessere ai quali succedono con una certa regolarità attacchi cefalalgici (ad es. ci possono essere dei grappoli di attacchi nei periodi di primavera-estate e di autunno-inverno).
Questo andamento è del tutto particolare e ha permesso alcune speculazioni di tipo eziopatogenetico. L’altro elemento diagnostico tipico della cefalea a grappolo è rappresentato dalla presenza di uno o più sintomi di attivazione autonomica che devono essere dallo steso lato del dolore e che sono: iniezione congiuntivale, lacrimazione, congestione nasale, rinorrea, sudorazione della regione frontale e della faccia, miosi, ptosi (più da edema palpebrale che da lesione neurologica) ed edema palpebrale.
Abbiamo detto che la cefalea a grappolo è tipica nel sesso maschile; una altrettanto tipicità nel sesso femminile esiste per l’emicrania parossistica (non si sa per quale motivo ci sia questa correlazione sessuale).
Le caratteristiche dell’emicrania parossistica sono molto simili a quelle della cefalea a grappolo, però gli attacchi sono più brevi e più numerosi nel corso della giornata. Quindi se l’attacco di cefalea a grappolo dura mediamente dai 15 min alle 2 ore, qui il singolo attacco può durare da 2-3 a 45minuti. Il numero di attacchi nell’emicrania parossistica è di almeno 5 nella giornata. L’elemento diagnostico dell’emicrania parossistica, a differenza della cefalea a grappolo, è un elemento exjuvantibus, cioè una particolare spiccata sensibilità all’indometacina che non trovate per la cefalea a grappolo. Infatti l’indometacina è il farmaco elettivo per l’emicrania parossistica. Ci si deve ricordare poi che esistono dei quadri clinici molto simili all’emicrania parossistica, che pure sembrerebbe così peculiare, e che in realtà sono espressione di forme secondarie (vi ricordo appunto:vasculiti cerebrali, patologie cerebro-vascolari meningioma senocavernoso, tumore di Pancoast, tumore del lobo frontale, sindrome ipertensiva endocranica, gangliocitoma della sella turcica).
I farmaci elettivi per la cefalea a grappolo nella terapia sintomatica sono: i triplani, l’ossigeno al 100% (7 l/min per 15 min). Mentre nella terapia profilattica i farmaci, se non esistono controindicazioni, sono:il Verapamil (elettivo in questo caso), il carbonato di litio e i cortisonici.
Per quanto riguarda i meccanismi patogenetici, i due dati interessanti per la cefalea a grappolo sono rappresentati dall’aspetto crono-patologico, cioè da questa ripetizione nell’ambito della giornata e questo affollarsi di grappoli in determinati periodi dell’anno, e dall’associazione con i sintomi autonomici per cui è stato chiamato in causa l’ipotalamo sia nella sua porzione anteriore che in quella posteriore. Sono state chiamate in causa le due porzioni dell’ipotalamo perché in quella posteriore si trova il nucleo soprachiasmatico che è essenziale per la regolazione regolazione dei ritmi circadiani e nella porzione anteriore si trovano le strutture deputate alla regolazione delle funzioni autonomiche. Quindi l’ipotalamo potrebbe essere una struttura trigger, importante nel meccanismo della cefalea a grappolo. Tra l’altro il nucleo soprachiasmatico è raggiunto da fibre serotoninergiche che provengono dal tronco dell’encefalo e soprattutto dai nuclei del rafe che sono strutture coinvolte nel meccanismo dell’emicrania, per cui l’ipotalamo può essere considerata una struttura cruciale per questo tipo di cefalee.
Oltre alle cefalee a grappolo episodiche ci sono quelle croniche in cui gli intervalli di refrattarietà dalla malattia sono molto ridotti o del tutto assenti, si tratta di condizioni estremamente debilitanti per l’intensità del dolore. In questi soggetti la terapia profilattica può dimostrarsi inefficace.
Da un anno circa è disponibile per soggetti affetti da questa patologia una metodica che è di tipo neurochirurgico-funzionale che si esplica con l’impianto di elettrodi nella porzione posteriore del bulbo ipotalamico.
· EMICRANIA SENZA AURA o emicrania comune.
Criteri diagnostici: -attacchi emicranici della durata di 4-72 ore.
-attacchi con queste caratteristiche (almeno 2 delle 4):
1.dolore pulsante
2.dolore unilaterale
3.dolore esacerbato dall’attività fisica
4.dolore intenso al punto tale da ridurre o impedire le attività quotidiane
Una forma particolare di emicrania senza aura è quella perimestruale: ciclo mestruale e contraccettivi orali sono in grado di peggiorare la situazione; mentre la gravidanza e la menopausa rappresentano in genere periodi di benessere. Dell’emicrania senza aura soffrono prevalentemente le donne.
· EMICRANIA CON AURA
Questa forma presenta, oltre alle caratteristiche tipiche dell’emicrania, anche dei segni e dei sintomi neurologici che precedono o accompagnano l’attacco emicranico e che hanno la caratteristica di essere completamente reversibili. Questi segni e sintomi si sviluppano gradualmente nel giro di pochi minuti, questo li differenzia da segni e sintomi neurologici focali delle patologie cerebro-vascolari in cui si presentano all’improvviso e durano alcune decine di minuti. Ricordatevi che a seconda che si presentino uno o più segni e sintomi l’aura può essere più o meno ampia.
DOM.: ”Cos’è l’aura?”
RISP.: ”Aura= presenza di segni e sintomi che precedono la cefalea”
La progressione di questi segni e sintomi non rispetta l’anatomia vascolare dell’encefalo per cui non è possibile affermare che possano essere ascritti all’interessamento di un unico ramo arterioso cerebrale perché la loro progressione spesso coinvolge più rami arteriosi e questo permette diagnosi differenziale con un eventuale danno vascolare.
I segni e i sintomi iniziano posteriormente, sono cioè ascrivibili ai lobi occipitali. Si tratta quindi di disturbi visivi che assumono un aspetto vario e che classicamente si presentano come scotomi scintillanti, a cui fa seguito la possibile comparsa di un disturbo visivo focale di tipo ipnotico o quadrantopsico. A questo possono poi seguire disturbi di tipo sensitivo parestesico, quindi formicolii con distribuzione cosiddetta cheirorale, cioè a carico della mano e della zona periorale dal lato corrispondente. A questo punto possono eventualmente seguire segni e sintomi di tipo motorio focale, ad es. una ipostenia a carico della mano o una asimmetria facciale per arrivare anche a disturbi linguistici (tipo afasia di Broca). Questi sintomi possono non essere necessariamente tutti presenti.
A questo punto avete gli elementi diagnostici differenziali dell’IHS tra cefalea tensiva ed emicrania. Un recente studio di neurologia sottolinea che nella pratica clinica e in termini di inquadramento diagnostico le cose non sono sempre così semplici. In pratica viene ricordato come la diagnosi di emicrania sia tutt’oggi una diagnosi differenziale perché spesso viene data eccessiva importanza alla presenza di cefalee concomitanti o secondarie. Per cui si parla dell’emicrania come del “lupo travestito da agnello nel gregge”. Tra le patologie concomitanti vengono ricordate le patologie di carattere funzionale-psichiatrico, tra le cefalee concomitanti vengono ricordate le sinusiti e le cefalee tensive. Ricordate quindi che un’aderenza eccessiva ai criteri diagnostici dell’IHS porta spesso a classificare come tensive delle condizioni che in realtà sono delle condizioni miste, in cui concorrono alla sintomatologia sia attacchi di tipo tensivo che emicranico atipico. In particolare viene ricordato come la cefalee di tipo tensivo disabilitanti, cioè quelle in cui il dolore è molto intenso, siano effettivamente rare e ancora come la diagnosi di fronte ad attacchi di cefalea debilitante sia diagnosi di emicrania. Lo studio ha trovato difficoltoso riconoscere pazienti che fossero portatori di cefalea tensiva disabilitante. Fino a 1/3 dei pazienti che erano stati inquadrati dal neurologo come portatori di cefalea tensiva disabilitante, in realtà alla fine dello studio erano stati riconosciuti come emicranici, mentre fino al 90% dei soggetti con diagnosi di cefalea tensiva disabilitante hanno in realtà una emicrania. Quindi l’elemento di disabilità può essere un elemento di diagnosi importante.
Ritorniamo un attimo sull’aura ricordando che il suo aspetto primitivo è quello dello scotoma scintillante che è un’area scotomatosa che si localizza in regione centrale circondata sul bordo da una componente positiva allucinatoria. Lo scotoma ha una caratteristica progressione temporale all’interno dell’aura per cui tende col passare dei minuti ad ampliarsi e a portarsi in verso la zona periferica del campo visivo e la porzione positiva tende a delimitarsi sull’estremità esterna dello scotoma stesso fino a scomparire quando raggiunge l’estrema periferia del campo visivo. La porzione allucinatoria è spesso anche vivida, cioè colorata, il soggetto ha l’impressione di uno scintillio colorato, talvolta molto intenso, fastidioso. In altre occasioni questa componente allucinatoria assume un aspetto del tutto caratteristico che va sotto il nome di spettro di Bocus. Gli scotomi hanno l’aspetto di fortificazioni perché ricordano le fortificazioni delle città medievali, altre volte gli scotomi assumono un aspetto cosiddetto a mezzaluna o a fagiolo o ancora altri aspetti di fortificazioni un po’ meno stilizzati. La regione scotomatosa poi tende a portarsi verso la periferia e a diventare una regione di emianopsia.
Dal punto di vista storico ricordate la monaca Ildegarda da Binghen (XI secolo) che ha lasciato dei libri dettagliati sulle sue visioni estatiche che sembrano in qualche modo essere riconducibili a delle vere e proprie aure emicraniche.
Passiamo ora a parlare di una forma particolare di emicrania
· EMICRANIA BASILARE
Per fare diagnosi di emicrania basilare devono essere soddisfatti i criteri diagnostici dell’emicrania con aura e in più devono essere presenti almeno due dei seguenti sintomi dell’aura:
1. Sintomi visivi sia nel settore nasale che temporale del campo visivo di entrambi gli occhi;
2. Disartria;
3. Vertigini;
4. Acufeni;
5. Ipoacusia;
6. Diplopia;
7. Atassia;
8. Parestesie bilaterali;
9. Paresi bilaterali;
10. Abbassamento del livello di coscienza.
· STATO EMICRANICO
Criteri diagnostici:
1. Devono essere soddisfatti i criteri diagnostici per l’emicrania con o senza aura;
2. L’attacco soddisfa le caratteristiche di una delle forme di emicrania ma dura più di 72 ore anche
se trattato;
3. L’emicrania è continua o al massimo interrotta da intervalli liberi inferiori a 4 ore.
· INFARTO EMICRANICO
Criteri diagnostici:
1. Il paziente ha già sofferto di disturbi che soddisfano i criteri diagnostici per l’emicrania con aura;
2. L’attacco in corso ha le caratteristiche degli attacchi precedenti ma i deficit neurologici non si risolvono completamente entro 7 giorni e gli esami neurologici dimostrano lesioni in aree concordanti con il deficit neurologico.
· ICTUS ISCHEMICO IN PAZIENTE EMICRANICO
Si possono avere 3 situazioni:
1.Infarto cerebrale d’altra origine che coesiste con l’emicrania;
2.Infarto cerebrale d’altra origine che si manifesta con una sintomatologia di tipo emicranico;
3.Infarto cerebrale che si verifica durante un attacco di emicrania.
Solo in questa terza situazione si dovrebbe parlare di infarto emicranico!
Di solito i soggetti sono di giovane età, di sesso femminile e presentano anamnesi positiva per emicrania con aura. Spesso l’emicrania peggiora considerevolmente prima dell’ictus e lascia esiti costituiti da una emorragia laterale omonima.
· EMICRANIA EMIPLEGICA FAMILIARE (FHM)
L’emicrania emiplegica familiare è una forma con aura che include l’emiparesi e in cui almeno uno dei parenti di primo grado ha attacchi identici.
Criteri diagnostici:
1. Soddisfa i criteri diagnostici per l’emicrania con aura;
2. L’aura include un qualche grado di emiparesi e può essere prolungata;
3. Almeno uno dei parenti di primo grado presenta attacchi identici.
Caratteristiche cliniche: - ETA’ d’esordio 10-15 anni (in genere comunque prima dei 30 anni);
- FREQUENZA degli attacchi variabile (in media 3/4 all’anno);
- in genere RIDUZIONE di frequenza intorno ai 20-25 anni;
- FATTORI SCATENANTI gli attacchi in 2\3 dei pz
(traumi cranici minori e stress).
Sintomi neurologici associati:
1. Nel 20% circa delle famiglie con FHM sono presenti SEGNI CEREBELLARI permanenti (nistagmo e atassia statocinetica);
2. NISTAGMO e ATASSIA possono precedere il primo attacco di emicrania emiplegica;
3. TAC o RMN evidenziano in alcuni pz ATROFIA CEREBELLARE.
Genetica dell’emicrania emiplegica familiare:
- la modalità di trasmissione è autosomica dominante;
- la penetranza è incompleta (non tutti i portatori della mutazione presentano la malattia);
- la penetranza incompleta comporta due principali implicazioni:
1. un individuo affetto può non avere parenti di primo o secondo grado affetti (difficoltà
di diagnosi clinica)
2. soggetti asintomatici possono avere figli affetti
Tra i loci genici coinvolti nella FHM quello più importante è il primo, mappato nel 1993.
1° locus genico
gene CACNA1A
cromosoma 19p13
subunità a1A del canale del calcio voltaggio-dipendente neuronale
50% delle famiglie FHM
Ricordate che esistono altri due loci genici coinvolti nella FHM ma che sono di minore importanza.
Alterazioni differenti lungo questo gene producono 3 patologie diverse: l’FHM (mutazioni puntiformi); l’atassia episodica tipo 2 (mutazioni trucanting); patologie neurologiche ereditarie come l’atassia spinocerebellare tipo 6(SCA6) (espansione di triplette CAG (Glutamina) nel gene CACNA1A).
Terapia sintomatica:
Se entro 30-60 min dalla prima somministrazione di un farmaco sintomatico si rende necessaria una seconda dose, perché i sintomi non regrediscono, questa dovrà essere aumentata rispetto alla prima. Durante le crisi emicraniche non dimenticate che l’assorbimento potrebbe essere rallentato o addirittura compromesso per una ridotta motilità gastrointestinale che si manifesta in assenza di nausea e vomito ed è strettamente correlato all’intensità dell’attacco. Quindi se i farmaci per os non funzionano utilizzeremo ergotamina per via rettale o sumatriptan per via sottocutanea o altri ancora, somministrati sempre per vie diverse da quella orale.
Fondamentalmente questo tipo di terapia ha due svantaggi: efficacia non assoluta e non immediata ma dopo alcuni mesi. I farmaci utilizzati a tale scopo sono: triciclici; Ca-antagonisti e b-bloccanti (soprattutto per l’emicrania); anticomiziali (gabapentina e valproato).
Dopo aver riscontrato un’efficacia del farmaco o dei farmaci utilizzati per un periodo di 3-6 mesi si può eventualmente iniziare la sospensione graduale del farmaco.
Fonte: http://matt7692.altervista.org/Archivio%20Sbobinature%2002-04/sbobinatureIX/neurologia/05.NEURO-11.10.02.doc
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