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Conoscere il funzionamento del nostro organismo, oltre ad essere stimolante e piacevole, può essere considerato un contributo in più per saperlo padroneggiare e ottenerne maggiori risultati. È per questo motivo che riteniamo importante illustrarti alcuni meccanismi che lo regolano e lo rendono capace di grandi prestazioni.
Il bambino impiega circa 10 anni per arrivare ad avere un'immagine e una conoscenza sufficientemente articolata del proprio corpo; questa scoperta è progressiva ed è facilitata dalle esperienze motorie effettuate.
Naturalmente lo schema corporeo (questo è il termine scientifico con il quale si indica l'immagine che ciascun individuo ha del proprio corpo) può essere più o meno preciso nei vari individui, ed è per questo che troviamo ragazzi in grado di padroneggiare in modo perfetto il proprio corpo e altri che sono impacciati e non sanno esattamente cosa possono fare e cosa non sono in grado di fare.
Ti sarà certamente capitato di vedere tuoi compagni tentare imprese per loro impossibili al punto di meritarsi il termine di «incoscienti» (delle proprie possibilità) e altri “timorosi” di fronte ad esercizi che dopo numerosi incitamenti sono comunque stati in grado di superare facilmente: questi sono tipici esempi di scarsa conoscenza di sé e delle proprie capacità.
L'approfondimento della conoscenza e il perfezionamento della padronanza del tuo corpo ti porteranno ad avere sempre più fiducia in te stesso, ma, nello stesso tempo, ad accettarti per quello che vali così da evitare rinunce sciocche e insuccessi inutili, che a volte possono essere seguiti da traumi sia fisici che psicologici.
Cercheremo di presentarti ora alcuni concetti neurofisiologici nel modo più semplice possibile; se qualche cosa comunque non ti risulterà chiara, chiedi delucidazioni ai tuoi insegnanti che saranno ben lieti di aiutarti a scoprire sempre più approfonditamente quella meravigliosa macchina che è il tuo corpo.
Iniziamo dalla “centrale elettrica” del corpo che governa e decide il movimento, impegnando per ogni singolo gesto miliardi di cellule.
Le cellule che compongono il cervello sono capaci di produrre una specie di corrente elettrica che, trasmessa ai nervi motori, è capace di provocare la contrazione dei muscoli.
Questa corrente, detta stimolo nervoso può naturalmente essere dosata così da ottenere il grado di forza desiderato. Il muscolo infatti è composto da tante unità motorie a differente «voltaggio» o soglia di eccitazione, per cui più lo stimolo è alto e più unità motorie entrano in funzione.
Le cellule che compongono il muscolo dette miofibrille o fibre muscolari hanno la caratteristica di sapersi accorciare quando sono sollecitate da uno stimolo nervoso, ed è perciò che grazie alla loro «eccitabilità», sono in grado di produrre una certa “tensione”. Ma sono anche in grado di rilasciarsi attraverso il meccanismo contrario di “detensione” quando lo stimolo nervoso “spegne” l’interruttore del movimento.
Il muscolo, comunque, anche a riposo, ha sempre un certo grado di tensione, che è variabile. Questa caratteristica legata al tipo di tensione è chiamata tono muscolare; se ne distinguono tre tipi:
1) Tono basale: è il grado minimo di tensione sempre presente nel muscolo anche quando è a riposo. La funzione principale del tono di base è quella di far sì che il muscolo sia sempre pronto ad entrare immediatamente in funzione.
2) Tono posturale: è così definito il grado di tensione necessario ad alcuni muscoli per mantenere le posizioni volute. Naturalmente per ogni posizione sono interessati muscoli diversi ed il loro grado di tensione dovrà essere tale da saper “controbilanciare” il peso e quindi la forza di gravità dei vari segmenti corporei. Per questo motivo i muscoli fissatori dei segmenti corporei vengono anche detti antigravitari.
3) Tono funzionale: è il grado di tensione necessario per muovere i segmenti corporei e realizzare i movimenti voluti.
Per poterci muovere abbiamo bisogno di alcuni attriti e nello stesso tempo ne dobbiamo contrastare altri.
Puoi capire facilmente la necessità degli attriti, se pensi all'importanza che ha mantenere delle prese salde quando sei in sospensione (per esempio: attaccato e penzolante da un ramo) o quando ti arrampichi sulle pertiche (i ginnasti usano il magnesio per rendere più sicure le prese), ma anche quando corri su una pavimentazione che non ha un buon “grip” o peggio ancora sul ghiaccio (gli atleti usano scarpe chiodate per aumentare la presa al suolo). Ma avrai anche scoperto quanto sia difficile strisciare su un pavimento ruvido, trascinare un attrezzo pesante o correre contro vento.
Cerchiamo allora di analizzare meglio questo argomento cominciando distinguere tra attriti esterni e attriti interni.
1) Attriti esterni
a) Attrito radente: è quello che si produce quando due corpi solidi a contatto scorrono l'uno sull'altro. La grandezza dell'attrito dipende dall'ampiezza della superficie a contatto, ma soprattutto dalla caratteristica (liscio o ruvido) della superficie stessa.
b) Attrito volvente: è quello che si determina quando un corpo “rotola” su di un altro.
e) Resistenza del mezzo: è quella che rende difficile la penetrazione nei fluidi (aria) o nei liquidi (acqua). È molto evidente in acqua (hai provato a correre in acqua o a "spanciare" in un tuffo?); nell'aria diventa consistente quando si raggiungono velocità sostenute (bicicletta, moto, sci). Questa resistenza-attrito ha importanza anche quando si lanciano attrezzi (peso, disco, giavellotto) e aumenta quando alla nostra velocità espressa in una direzione si somma quella del vento contrario nella direzione opposta o laterale. La resistenza del mezzo viene ridotta nello sport correndo assumendo posizioni particolari (ciclismo) o dando forme aerodinamiche o idrodinamiche alle attrezzature e persino ai vestiti dell'atleta.
2) Attriti interni
Anche all'interno del nostro corpo si producono attriti durante il movimento; i più importanti da conoscere e considerare sono:
a) gli attriti articolari: le articolazioni, veri e propri «snodi», sono soggette ad attrito prodotto dallo scorrimento dei capi articolari; se la condizione dell'articolazione non sarà ottimale il movimento risulterà poco fluido, di minore ampiezza e, nei casi più gravi, provocherà dolore. Un particolare importante è quello del liquido sinoviale, che viene prodotto durante il movimento e che è da considerarsi un vero e proprio «lubrificante» delle articolazioni.
b) gli attriti muscolari: anche le fibre muscolari, durante il loro accorciamento e stiramento, incontrano attrito. Questo è determinato dalla densità del liquido che le circonda (viscosità). Se la viscosità sarà alta il movimento risulterà lento e difficoltoso e saranno possibili rotture delle fibre muscolari.
In particolare gli attriti interni risultano più elevati dopo periodi di inattività (sonno notturno, immobilizzazione per traumi) oppure a temperature basse; infatti, un buon “riscaldamento” ossia un buon avviamento motorio per aumentare la temperatura del corpo al lavoro (è bene tenere la tuta durante il riscaldamento) li riducono.
La riduzione degli attriti oltre a facilitare il movimento e ad aumentarne il rendimento è importante per prevenire guai come gli stiramenti e gli strappi muscolari.
II nostro corpo è dotato dì parecchi organi informatori (recettori sensoriali che hanno il compito di “aggiornarci” su quanto sta accadendo attorno a noi e dentro di noi. Le informazioni inviate dagli organi di senso sono indispensabili per ideare e organizzare il movimento ma anche per controllarlo durante l'esecuzione.
Gli organi di senso si dividono in:
- esterocettori: sono quelli che ci informano su quanto avviene attorno a noi; i più importanti per il movimento sono quelli della vista,dell’udito e del tatto;
- propriocettori: sono quelli che ci informano «dal di dentro» sulla posizione del corpo e si trovano nei muscoli, nelle articolazioni e nell’orecchio interno. In particolare i recettori muscolari-articolari ci danno la possibilità di “analizzare” la posizione dei vari segmenti corporei (vedere il movimento ad occhi chiusi) mentre l'orecchio interno, con gli organi vestibolari, ci informa della posizione del corpo in rapporto al suolo e ci aiuta a gestire l’equilibrio.
- enterocettori: sono quelli che inviano sensazioni profonde di benessere o malessere, di fame, di sete ecc.
Come ben sappiamo, siamo capaci di ricordare avvenimenti, date, parole e così, allo stesso modo, siamo in grado di “memorizzare” i movimenti eseguiti. Pertanto, ciascuno di noi possiede un archivio più o meno vasto di movimenti e relative sensazioni.
A queste memorie, dette “prassie”, ricorriamo ogni volta che vogliamo ripetere un gesto già eseguito, ma anche quando vogliamo impararne di nuovi in quanto possiamo utilizzare parti di movimenti già acquisiti.
Una considerazione didattica: è molto importante per i giovani fare esperienze motorie diversificate e non specializzarsi troppo precocemente, così da costruire un grande bagaglio di gesti motori che, come abbiamo già visto, faciliteranno qualsiasi apprendimento. Sarà un po' come imparare tante parole per migliorare la capacità di esprimersi.
Ogni movimento, per essere realizzato, necessita di operazioni molto complesse delle quali non sempre siamo coscienti, perché molte delle regolazioni necessarie avvengono grazie a meccanismi automatici e a riflessi che non impegnano la volontà.
Per tutti i movimenti dunque dobbiamo formulare un progetto (schema ideomotorio] che preveda quali sono i muscoli da impegnare, la forza con la quale si devono contrarre, l'esatto tempo di entrata in funzione e lo spazio entro il quale ci si deve muovere.
La realizzazione del movimento prevede tre fasi, che descriviamo sinteticamente:
1) fase di informazione: è l'operazione iniziale di raccolta dei dati. È importante: a) vedere il movimento (se è nuovo) o rappresentarselo mentalmente (se è già conosciuto); b) ascoltare le spiegazioni; e) valutare il più precisamente possibile l'ambiente che ci circonda (spazio, distanza, situazione, posizione degli oggetti e delle persone).
2) fase di associazione: è questa la fase della costruzione dello schema ideomotorio. Oltre ai dati raccolti nella fase di informazione, si ricorre anche alla memoria chinestesica per richiamare gli schemi motori già conosciuti ritenuti utili per il gesto che si deve compiere.
3) fase effettrice: è la vera e propria esecuzione del movimento. Inizia con l'invio degli stimoli nervosi, avviene grazie alle contrazioni muscolari ed è guidata da informazioni di ritorno che ci dicono se ciò che stiamo eseguendo corrisponde a quello che vogliamo. In questa fase è possibile anche una operazione di adattamento o aggiustamento dell'esecuzione.
Sotto l'aspetto neurofisiologico possiamo distinguere tre forme di movimento:
1) Movimento volontario: si dicono volontari tutti quei movimenti che, oltre ad essere voluti per realizzare un fine che ci siamo proposti, necessitano di attenzione e controllo durante la loro esecuzione. Il movimento volontario risulta quindi impegnativo e dispendioso; quando poi è nuovo, potrebbe risultare ai primi tentativi persino lento, poco armonico e non sempre corretto.
2} Movimento automatizzato: grazie alla memoria chinestesica e al meccanismo di automatizzazione, quando un movimento viene ripetuto più volte, diventa sempre più familiare, facile da eseguire, economico, preciso e soprattutto non sarà più necessario controllarne tutte le fasi. Il grado automatizzazione del movimento sarà comunque proporzionale al numero di ripetizioni eseguite. Alcuni gesti comuni sono talmente automatizzati poter essere eseguiti «ad occhi chiusi», senza pensarci.
3) Movimento riflesso: si dicono riflessi quei movimenti che si compiono come risposta a uno stimolo prescindendo dalla volontà. Generalmente sono movimenti di difesa, quali il ritrarre le mani da un oggetto che scotta o il portare avanti le mani quando si cade.
I muscoli, per contrarsi, oltre allo stimolo nervoso necessitano di energia. Questa energia è prodotta dalla scissione di una sostanza detta ATP (adenosintrifosfato), che è presente nel muscolo in piccola quantità e che esaurisce in pochi secondi di lavoro intenso. L'ATP «usato» diventa ADP (adenosindifosfato) e per poter produrre di nuovo energia deve essere “ri generato”.
I processi di produzione di energia possono essere di tre tipi:
E’ il processo principale di produzione e gestione dell’energia che serve ai muscoli per la contrazione ed è il risultato di un complesso meccanismo migliorabile con una nutrizione adeguata e l’allenamento al fine di utilizzare fonti energetiche ed ossigeno nel modo migliore.
1) utilizzo degli accumulatori di energia. Il principale accumulatore è la fosfocreatina (CP) che «sciogliendosi» fornisce all'ADP il gruppo fosforico (p) per riformare ATP. Anche la disponibilità di CP è però limitata.
2) degradazione degli zuccheri (glucosio e glicogeno) e degli acidi grassi. La disponibilità di questi «combustibili» è molto grande ed è proprio a questo processo che ricorriamo per sostenere un lavoro di resistenza.
La produzione di energia può avvenire secondo altre due modalità che sono utilizzate in situazioni, per così dire di “emergenza”:
b) con l’utilizzo dell’ossigeno. Questo meccanismo è in grado di demolire gli zuccheri e gli acidi grassi producendo energia e avanzando come scarti anidride carbonica e acqua (facilmente eliminabili con la respirazione e la sudorazione). È questo il meccanismo aerobico, che permette di sostenere un lavoro molto a lungo nel tempo, ma a condizione che lo sforzo richiesto sia di moderata intensità. La capacità cardio-respiratoria condiziona molto questo meccanismo, perché determina la capacità di rifornirsi di ossigeno. Può considerarsi un meccanismo di “riserva” quando, per esempio un atleta che sta correndo i 5.000 metri con un certo ritmo dopo aver dato fondo a tutte le sue energie, attinge ancora qualche energia nelle riserve accumulate nell’organismo, ma ciò può durare per un tempo limitato, perché si comincia a produrre l’acido lattico e subentra il terzo tipo di meccanismo energetico
A differenza del meccanismo anaerobico lattacido questo processo che non è conveniente utilizzare si verifica:
a) senza l'utilizzo dell'ossigeno (O2)
b) con produzione di acido piruvico e acido lattico.
E’ questo un meccanismo capace di sostenere sforzi intensi, ma di durata molto limitata. Per esempio si ricorre a questo meccanismoin situazioni dove occorre un ultimo sforzo per determinare il risultato di un movimento. Infatti se l'acido lattico raggiunge un alto livello di concentrazione riduce l'efficienza del muscolo fino ad arrivare a bloccarlo.
2 - II corpo umano come si modifica (effetti del movimento)
II movimento, soprattutto quando è svolto in modo sistematico e secondo metodi di allenamento specifici, produce nel nostro organismo una serie di adattamenti e trasformazioni che lo rendono capace di prestazioni sempre più elevate.
E importante comunque sottolineare che, perché si possano ottenere risultati positivi, l'attività motoria deve essere scelta oculatamente e soprattutto ben dosata. Purtroppo se la qualità o la quantità del movimento non sarà adatta al soggetto si potranno manifestare effetti dannosi e spiacevoli. Per facilitarti la lettura e la comprensione, descriveremo separatamente gli effetti sui vari apparati e sistemi, ma tieni presente che nella realtà l'esercitazione motoria produce sempre più effetti contemporaneamente.
L'effetto generale che si può ottenere è quello di evidenziare e modellare la muscolatura, migliorando così l'estetica di tutto il corpo. Elenchiamo ora una per una le trasformazioni muscolari che concorrono al miglioramento estetico e funzionale di tutto il corpo.
1 - Aumento del volume del muscolo.
II muscolo, se fatto lavorare intensamente per sollevare pesi o per vincere resistenze, diventa più grosso (ipertrofia) e aumenta la sua forza. Se invece, viene poco utilizzato o rimane inattivo il muscolo diventa più piccolo (ipotrofia), lasciando spazio al grasso o evidenziando le ossa, e allo stesso tempo perde forza.
2- Cambiamento della lunghezza.
Il muscolo cambia la sua lunghezza sua forma in conseguenza del lavoro abituale cui è sottoposto. Se lavora accorciandosi ed allungandosi al massimo, manterrà la sua forma naturale, ma il suo «ventre» si allungherà, realizzando una forma affusolata elegante. Se invece l'accorciamento e l'allungamento saranno incompleti diventerà più corto e tozzo.
3 - Aumento dei capillari.
Il muscolo, impegnato in un lavoro di blanda intensità ma di lunga durata, aumenta la sua capillarizzazione, ossia il numero dei “canaletti” (capillari) che fanno arrivare l'ossigeno, portato dal sangue alle fibre del muscolo. Ne consegue una migliorata capacità di rifornire il muscolo di ossigeno, condizione che gli permette di resistere più a lungo nel lavoro.
4 - Aumento delle sostanze energetiche.
L'esercizio fisico fa sì che il deposito di sostanze energetiche (glicogeno) necessario per la contrazione muscolare venga aumentato.
Miglioramento della trasmissione degli stimoli nervosi. L'allenamento rende più veloce e precisa la trasmissione degli stimoli nervosi dal cervello ai muscoli, migliorando la velocità e la coordinazione dei movimenti.
La pratica motoria produce sulle ossa alcuni importanti effetti:
1 - Miglior nutrizione.
L'aumentata circolazione sanguigna, dovuta all'esercizio fisico, nutre maggiormente il tessuto osseo rifornendolo di calcio.
2 - Sviluppo in lunghezza.
Il movimento favorisce la produzione di nuove cellule ossee (osteoblasti), che determina nell’età dello sviluppo la crescita in lunghezza dell'osso medesimo e la sostituzione delle cellule vecchie (osteoclasti). Si può quindi affermare che il movimento contribuisce alla crescita d statura. Naturalmente tale crescita è condizionata da molti altri fattori, i quali l'ereditarietà (discendenza da genitori di alta statura), l'alimentazione, le condizioni di salute e l'attività delle ghiandole a secrezione interna.
3 - Sviluppo in larghezza e spessore.
Le trazioni sulle ossa, esercitate muscoli durante il movimento, favoriscono lo sviluppo delle stesse in spessore e in larghezza.
Ne consegue come risultato un aumento della resistenza e della robustezza. È dimostrato che le ossa di chi compie intensa attività motoria presentano linee e protuberanze molto più marcate rispetto a quelle di soggetti sedentari.
In particolare l'attività di movimento produce sulle articolazioni gli effetti che elenchiamo qui di seguito:
1 - Mantenimento della mobilità fisiologica.
L'articolazione, per mantenere la sua mobilità normale, deve essere utilizzata al massimo delle sue possibilità di movimento. Se per il movimento abituale si utilizza solo in parte tale sua possibilità, il risultato sicuro sarà la perdita di parte della mobilità. Se poi un'articolazione rimane immobile per lungo tempo, perde completamente la sua capacità di muoversi e si blocca. L'esempio più evidente è dato da quello che succede quando, a causa di una frattura, si è obbligati ad ingessare e quindi immobilizzare un'articolazione: tolto il gesso, l'arto rimane nella posizione in cui era stato fissato e solo dopo sforzi spesso dolorosi è possibile recuperare la mobilità.
2 - Aumento e recupero della mobilità.
Perché sia possibile recuperare la mobilità persa e aumentare quella posseduta, è necessario utilizzare forme particolari di movimento.
3 - Irrobustimento delle capsule articolari.
Il movimento, agendo sui muscoli e sui legamenti, irrobustisce le articolazioni, tanto da renderle meno soggette a lussazioni e distorsioni.
La respirazione risente moltissimo l'influenza del movimento. Chissà quante volte ti è capitato di constatare di persona questa verità: impegnato in una attività intensa, ti sei fatto venire il cosiddetto «fiatone», che altro non è se non un'aumentata ventilazione polmonare. Infatti quando si fa un esercizio fisico si consuma molto ossigeno, perciò è necessario respirare di più. Con l'allenamento si possono ottenere a livello respiratorio i vantaggi sotto elencati.
1 - Riduzione del tempo di recupero.
Il soggetto allenato impiega minor tempo per tornare alla respirazione normale dopo lo sforzo.
2 - Minor aumento della frequenza respiratoria.
Il soggetto allenato, a parità di lavoro, ha una frequenza respiratoria più bassa rispetto al sedentario (il numero degli atti respiratori al minuto, a riposo, è in media 12-16).
3 - Aumento della capacità vitale.
La capacità vitale è la quantità d'aria, misurata in litri con lo spirometro, che si riesce a soffiare con una espirazione forzata, dopo una massima inspirazione. Lo sportivo ha una capacità vitale superiore a quella del sedentario; ciò è dimostrato dalle statistiche e dipende principalmente da una migliorata mobilità della gabbia toracica e da un sistema muscolare respiratorio divenuto più potente grazie all'esercizio fisico; i valori della capacità vitale per i ragazzi della scuola media oscillano dai 2 ai 3,5 litri.
4 - Aumento del tempo di apnea.
Anche il tempo di apnea o sospensione volontaria della respirazione (importante per il nuoto subacqueo e le immersioni) aumenta nel soggetto allenato. È da considerarsi un buon tempo di apnea quello vicino al minuto (misurato a secco).
5 - Potenziamento della meccanica respiratoria.
I muscoli respiratori particolar modo il diaframma, con l'esercizio motorio aumentano le potenza e l'efficienza dei loro movimenti. La stessa struttura del poli si modifica in meglio come risultato dell'allenamento.
L'attività fisica produce evidenti effetti sul sistema cardio-circolatorio elenchiamo i più significativi.
1 - La forma del cuore cambia
il cuore di un atleta diventa quasi rotondo a causa dell’ispessimento delle pareti muscolari del cuore. (ipertrofia del miocardio).
2 - Il cuore diventa più grosso
Aumentano di volume le cavità degli atrii e dei ventricoli (ipercardiovolume)
3 - Aumenta la gittata sistolica
Aumenta la quantità di sangue espulsa ad ogni contrazione del cuore, perché aumentando il volume delle cavità interne e quindi la forza muscolare, il cuore può pompare una maggiore quantità di sangue ad ogni sistole.
4 - Aumenta la portata cardiaca
Aumenta la quantità di sangue messa in circolo minuto.
5 - Aumenta la frequenza cardiaca
Durante il lavoro muscolare generale aumenta il numero delle contrazioni al minuto. È però da ricordare che, a parità di lavoro, il soggetto allenato avrà un numero di pulsazioni minore, grazie alla capacità del suo cuore di pompare una maggiore quantità di sangue.
6 - Riduzione delle pulsazioni a riposo (bradicardia).
È questo uno degli effetti più semplicemente controllabili, ma che si ottiene solo grazie al costante e prolungato allenamento. Grandi atleti, soprattutto quelli impegnati in gare di resistenza prolungata, possono raggiungere anche una frequenza cardiaca 40 al minuto!
7 - Riduzione dei tempi di recupero dopo sforzo.
Il soggetto allenato “recupera” più velocemente del sedentario il ritmo cardiaco che normalmente ha in condizione di riposo. E’ questo un effetto simbolo della qualità dell’allenamento.
8 - Aumento dei capillari del cuore
Il cuore di chi si allena aumenta il numero dei suoi capillari 8così come avviene per tutti i tipi di muscolo) per garantirsi una migliore irrorazione e nutrizione
9 - Aumento della capacità di dirottamento del sangue.
Quando si è impegnati in un lavoro fisico intenso, il sangue viene convogliato verso i muscoli impegnati e viene perciò “dirottato” da altri settori. Sono principalmente l'intestino, lo stomaco e la milza a cedere sangue per il lavoro muscolare. È per questo motivo che, chi è poco allenato accusa dolori al fianco destro o sinistro.
10 - Aumento della facilitazione del ritorno del sangue al cuore.
Durante il movimento i muscoli con la loro contrazione «massaggiano» e «spremono» le vene, le quali grazie alle valvole a nido di rondine, convogliano il sangue in direzione del cuore.
L'esercizio fisico accelera tutti gli atti della digestione, da quelli meccanici a quelli chimici e secretivi; inoltre rinforza e rende più veloci i movimenti dello stomaco e dell'intestino (peristalsi). Infatti, se si compiono esercizi di moderata intensità un'ora dopo il pasto, il tempo di transito degli alimenti nello stomaco può essere ridotto della metà e quello in tutto l'intestino a un terzo.
Se però l'impegno muscolare e cardiocircolatorio, dopo il pasto, è intenso, il processo digestivo diventa lento e difficoltoso, per effetto del dirottamento del sangue verso i muscoli impegnati, con la conseguente riduzione di sangue negli organi addominali. E bene tener presente che temperature basse e immersioni in acqua fredda possono bloccare la digestione (congestione).
Tutto il sistema nervoso, dal cervello ai nervi motori e sensoriali, migliora la propria funzionalità grazie all'allenamento. In particolare il movimento:
1 - Migliora la nutrizione delle cellule nervose.
2 - Rende più rapida e precisa la conduzione degli stimoli sensoriali e ne affina le caratteristiche dei recettori sensoriali.
3 - Aumenta la velocità di conduzione degli stimoli nervosi motori soprattutto a livello della placca motrice.
4 - Automatizza il movimento rendendolo più economico e preciso.
5 - Migliora i tempi di reazione.
6 - Affina la coordinazione e l'equilibrio.
Esiste uno stretto rapporto tra attività motoria e attività mentale, soprattutto nel primo periodo della nostra vita (fino ai tre anni). Avrai avuto occasione di osservare un bambino di quell'età quando muovendosi carponi perché non sa ancora camminare sulle sue gambette, comunque «misura» l'ambiente, tocca ogni cosa, rigira gli oggetti fra le mani, magari li «assaggia» per avere un ulteriore contatto fisico, gioca indifferentemente con il giocattolo sofisticato o con la carta colorata della caramella che è riuscito a trovare sotto al tavolo.
Ma si muove e gioca soltanto? No: egli sta “apprendendo”, quindi conosce ed impara, ed intanto aumentano le sue “competenze” e cresce la sua mente, le sue potenzialità, le sue capacità logiche ed anche cresce il suo piccolo mondo interiore (meccanismo piacere/dispiacere).
L'attività motoria sviluppa, infatti, la capacità conoscitiva, immaginativa, pratica; migliora l'attenzione e la memoria. L'agilità e la prontezza che il movimento da al corpo si trasmettono anche all'intelligenza, che diventa più elastica, rendendo la persona più pronta all'azione.
Se ben rifletti, quando ti appresti a compiere un esercizio sportivo, di qualunque genere esso sia, ti comporti come quando metti in moto la tua intelligenza per capire un concetto, per cogliere una verità, per risolvere un problema di matematica: prima metti a fuoco i dati, valuti cioè quello di cui disponi e gli obiettivi da raggiungere; poi analizzi le difficoltà che devi superare, rifletti e passi all'azione; controlli infine i risultati e ne verifichi l'esattezza.
Facile capire anche come lo sport possa sollecitare i tuoi stati emotivi, le tue passioni: gioia, entusiasmo, soddisfazione, orgoglio ecc. A proposito di questo, ricordati di dare alla tua attività motoria una finalità sempre educativa, perché lo sport non si trasformi in uno strumento di violenza e di sopraffazione dei tuoi simili, in un mezzo per aggredirli moralmente, combatterli, umiliarli. Lo sport educa la tua volontà, rafforza la tua capacità di autocontrollo, la coscienza della responsabilità delle tue azioni, il rispetto dunque degli altri realizza pienamente quell’ esigenza tipicamente umana che è il bisogno di socializzare, collaborare, condividere e comunicare.
Infine l'attività sportiva aiuta chi ha problemi di timidezza e di insicurezza, poiché abitua al coraggio e da fiducia in se stessi.
Fonte: http://www.renatoatzeni.altervista.org/alterpages/files/comefunzionailcorpoumano.doc
Sito web da visitare: http://www.renatoatzeni.altervista.org
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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