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Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
Il disturbo della memoria che accompagna l’invecchiamento è senza dubbio il deficit neuro-psicologico più noto e diffuso.
Un numero sempre maggiore di persone vive con angoscia la percezione del calo del proprio rendimento cognitivo, lamenta improvvisi vuoti di memoria, prova un senso di inadeguatezza nei confronti di un mondo dove è aumentato enormemente il numero di informazioni che ci vengono fornite, ad un ritmo sempre più veloce.
Più della metà delle persone sopra i 65 anni lamentano una memoria meno efficiente.
Nell’anziano la sensazione di una ridotta efficienza cognitiva e di calo della memoria deriva sia da fattori strettamente neuro-biologici sia da fattori psicologici e sociali che si intersecano e si rinforzano tra loro: il risultato più negativo è l’abbandono di ogni attività che richieda un anche minimo impegno cognitivo con conseguente isolamento e ritiro sociale.
Alcune domande si pongono:
Quali sono le principali modificazioni del cervello che invecchia?
Come funziona la memoria?
Da cosa dipende il calo della memoria che si osserva con l’invecchiamento ?
Invecchiare comporta inesorabilmente un progressivo deterioramento del funzionamento del cervello fino alla demenza oppure la demenza è semplicemente una malattia come le altre che nel prossimo futuro sarà possibile prevenire e curare?
Come mantenere giovane la propria memoria?
Le cellule nervose (neuroni) sono le unità elementari del cervello.
Con l’invecchiamento si perdono progressivamente (muoiono) neuroni, ma grazie all’elevato numero di cellule nervose (ridondanza) ed alla capacità delle cellule residue di aumentare le connessioni tra di loro (plasticità cerebrale) il nostro cervello è capace di mantenersi funzionalmente integro fino a tarda età.
A qualsiasi età l'esercizio, come una vera ginnastica, può mantenere l'eccitabilità dei neuroni e cambiarne l'architettura.
“I neuroni si perdono ma le connessioni tra di loro aumentano” (Prof.Umberto Senin)
La memoria può essere definita come la capacita’ di conservare le informazioni e di recuperarle.
In altri termini, è quell'insieme di funzioni localizzate nel cervello che ci consentono di registrare messaggi o informazioni grazie alla collaborazione degli organi di senso (udito, vista, tatto..), di organizzarli e conservarli, di rievocarli allorquando lo desideriamo.
La memoria sta a fondamento delle nostre capacità cognitive: come diceva già Cicerone: “sapere e’ ricordare ”.
Ogni aspetto della vita e del comportamento è strettamente associato e guidato dalla memoria delle esperienze passate: la memoria rappresenta lo strumento che consente di conservare nel tempo traccia delle conoscenze apprese e quindi di adattarsi continuamente all’ambiente: “ricordare e’ sapersi adattare “.
Tradizionalmente si distingue :
Notevoli progressi nella comprensione dei meccanismi della memoria sono stati compiuti grazie a studi neuropsicologici, neuroanatomici, esperimenti su animali, recenti tecniche di indagine neurofisiologica e di imaging funzionale (potenziali evocati, PET, RNM funzionale)
Esiste accordo unanime che la nostra memoria, comunemente concepita come una funzione unitaria, è in realtà articolata in varie sottocomponenti e coinvolge più sistemi ed aree del cervello, in certa misura separabili e distinguibili, anche se connesse ed integrate tra loro.
Aree cerebrali diverse sono deputate a diversi compiti mnesici e questa interpretazione è anche dimostrata dal fatto che lesioni localizzate di alcune aree cerebrali determinano deficit isolati di una sola attività della memoria con risparmio pressoché totale delle altre.
I sistemi di memoria clinicamente rilevanti sono: memoria episodica, memoria semantica, memoria procedurale, memoria di lavoro.
Ricorda avvenimenti ed esperienze personali inquadrate in uno specifico contesto cronologico e spaziale (una breve storia, ciò che ho mangiato la sera prima, dove e come ho festeggiato l’ultimo compleanno...)
E’ la conoscenza della storia personale e per questo è anche detta memoria autobiografica.
Dipende dall’integrità della parte mediale dei lobi temporali (ippocampo, corteccia entorinale e peririnale) con il contributo dei lobi frontali.
I lobi frontali sono paragonabili alla scrivania mentale (dove le informazioni arrivano, vengono smistate, organizzate e catalogate). I lobi temporali mediali sono il magazzino della memoria recente. Altre regioni corticali sono il magazzino della memoria remota.
La disfunzione della memoria episodica segue un modello conosciuto come legge di Ribot : la capacità di acquisire nuove informazioni è persa (amnesia anterograda), non si ricordano le informazioni acquisite più di recente (amnesia retrograda). Sono solitamente risparmiate le informazioni acquisite da più lungo tempo.
Riguarda il ricordo del significato delle parole, degli avvenimenti e dei fatti storici, dei dati geografici, del sapere sul mondo che ci circonda,delle nozioni scientifiche, letterarie e professionali (ad esempio riconoscere un orologio e denominarlo correttamente, conoscere il nome di un fiore, di un colore, la capitale della Francia…).
Ha sede nel lobo temporale (aree del linguaggio, riconoscimento e denominazione oggetti) e in diverse altre aree della corteccia cerebrale correlate ai vari tipi di conoscenza.
Memorizza prestazioni motorie, operative, sequenziali come imparare un comportamento o eseguire un compito: è anche detta la conoscenza del “come fare le cose”.
L’acquisizione dell’informazione avviene in modo inconsapevole, non richiede solitamente particolare sforzo cosciente (memoria implicita).
Le regioni cerebrali interessate per la memoria procedurale sono l’area supplementare motoria, i gangli della base, il cervelletto.
Questo tipo di memoria sovente rimane intatto in soggetti che hanno compromissione di altri sistemi come ad esempio alterazioni della memoria episodica: è quanto succede ad esempio nelle fasi precoci della m. di Alzheimer in cui le aree della memoria procedurale sono risparmiate dalla malattia.
Interviene durante l'esecuzione di differenti compiti cognitivi, come la comprensione, l'apprendimento e il ragionamento” (Baddeley, 1986).
Usa una rete di strutture corticali e sottocorticali che variano a seconda del tipo e della complessità del compito richiesto, ma richiede sempre la partecipazione della corteccia prefrontale in connessione con aree corticali posteriori e sottocorticali.
Un disturbo della memoria di lavoro si manifesta con difficoltà di attenzione e concentrazione o nell’ incapacità di pianificare, iniziare, seguire le varie tappe e portare a termine un compito, come anche nella incapacità di adattarsi a nuovi stimoli e situazioni.
Le varie informazioni su cui lavora la memoria provengono da due magazzini: quello della memoria a breve termine (MBT) e quello della memoria a lungo termine. La memoria a breve termine riceve materiale “in entrata”: questo magazzino ha una capacità limitata e le informazioni vi sostano per breve tempo per venire elaborate ed inviate nel magazzino a lungo termine oppure vengono perse.
L’apprendimento richiede: attenzione focalizzata e mantenuta nel tempo; analisi, comprensione, selezione, organizzazione delle informazioni; motivazione.
La memoria lungo termine rappresenta il grande e articolato archivio di nozioni apprese e consolidate a cui accede la MBT per utilizzare “in uscita” le informazioni di cui, di volta in volta, ha bisogno. (Atkinson e Shiffrin,1971)
Nel corso dell'invecchiamento normale:
- la velocità nell’acquisire e nel richiamare nuove informazioni si riduce
- è rallentata l'esecuzione di compiti per i quali il soggetto ha a disposizione un tempo limitato
- la presenza di fattori distraenti, disturba molto la "ricezione" di informazioni.
In generale decade l’intelligenza “fluida”, cioè quella che consiste nell’adattarsi alle modificazioni ambientali, applicare nuovi metodi, adottare nuove strategie per la soluzione dei problemi (minore efficienza della memoria di lavoro).
Alcuni studiosi ritengono che la memoria inizi a diminuire poiché una persona cessa di usare i metodi utilizzati in passato per ricordare meglio. L'abilità non sfruttata viene perduta (use it or lose it).
Il buon funzionamento dell’apprendimento e della memoria dipende dall’integrità degli organi di senso, dal grado di attenzione che il soggetto rivolge ad un dato evento e dalla risonanza affettiva che quest'ultimo esercita, nonché dalle circostanze in cui l'evento deve essere richiamato.
Una persona può, per esempio, avere a disposizione un tempo adeguato per richiamare un'informazione o essere forzato a rispondere molto rapidamente; può essere rilassato oppure trovarsi in uno stato di apprensione o ansia, che influenzano negativamente la memoria; e ancora può trovarsi in un ambiente accogliente e distensivo oppure affollato, caotico e ricco di distrazioni.
Un terzo elemento di grande rilevanza per ottenere un adeguato apprendimento e più in generale un efficiente funzionamento della memoria è rappresentato dalla motivazione.
Nell’anziano si osserva sovente un ritiro dalla vita sociale e di relazione, una rarefazione dei contatti amicali, una perdita di motivazioni ed interessi; talora si è in presenza di una chiara malattia depressiva: tutti fattori che certamente danneggiano le prestazioni mnesiche.
Già nel 1266 S.Tommaso d’Acquino dettava queste quattro regole per una buona memoria:
1)Disporre le cose da ricordare in un certo ordine
2)Aderire ad esse con passione
3)Riportarle a similitudini insolite
4)Richiamarle con frequente meditazione
Esistono aspetti della memoria che nell'anziano non mostrano alcun deficit o addirittura presentano una prestazione migliore col passare degli anni.
I ricordi strettamente connessi al vissuto del soggetto, i dati che sono stati codificati bene nelle prime decadi di vita perché legati a forti emozioni, a stati d’animo insoliti, a situazioni speciali, il materiale che è stato ripetutamente elaborato e rievocato, resta impresso nella memoria degli anziani come nei giovani.
È opportuno sottolineare che in alcuni soggetti anziani si può manifestare un disturbo isolato della memoria senza altri disturbi cognitivi (linguaggio, orientamento, riconoscimento di figure, oggetti, persone, ragionamento astratto): questa situazione clinica ha attirato l’attenzione degli studiosi poiché potrebbe rappresentare secondo alcuni una fase molto precoce della demenza.
Viene definita deterioramento cognitivo lieve o Mild Cognitive Impairment) ed interesserebbe circa il 10% dei soggetti con più di 65 anni (con percentuali variabili tra i vari studi).
Il deterioramento cognitivo lieve viene portato come esempio classico della sottile linea di confine che in geriatria divide la normalità dalla malattia. Questa sarebbe la cosiddetta zona grigia che sta il bianco dell’invecchiamento normale ed il nero della demenza.
In conclusione occorre insistere sul concetto che nei vecchi sono sostanzialmente conservate le principali funzioni cognitive, compresa la memoria, e che non sono vani gli sforzi che mirano a far sì che un numero sempre maggiore di anziani mantenga una buona efficienza cerebrale attraverso opportune strategie preventive o terapeutiche.
La demenza non è una inevitabile conseguenza dell’invecchiamento: la demenza è una malattia.
L'efficacia dell'esercizio è nota fin dai tempi di Cicerone: "memoria minuitur, credo, nisi eam exerceas".
In generale è utile aumentare interessi ed attività in modo da esercitare indirettamente e spontaneamente anche la memoria.
Se non ci si fida della memoria, è possibile aiutarla ricorrendo ad alcuni ausili.
Si possono usare pro-memoria quali calendari, bloc-notes o agende dove segnare appuntamenti, programmi giornalieri, elenchi di articoli da acquistare. Il nodo al fazzoletto è ancora valido, ma può essere sostituito con strumenti più "moderni", quali piccole svegliette oppure "timer" che ci offre la tecnologia di oggi.
Un problema frequente, soprattutto fra gli anziani, è costituito dalla perdita degli oggetti: chiavi, penne, forbici, utensili. E’ bene assegnare a ciascun oggetto una collocazione stabile; è utile rendere più visibili i piccoli oggetti che si nascondono facilmente: un nastro rosso legato alle forbici, il cordoncino per assicurare gli occhiali al collo.
Un altro consiglio importante consiste nel portare a termine le azioni cominciate per non rischiare di lasciarle in sospeso: dimenticare il gas oppure le luci accesi.
Alcuni suggerimenti :
- concedersi più tempo, rispetto al passato, per imparare cose nuove; apprendere può richiedere più tempo ed una maggiore concentrazione
- predisporre un ambiente adatto per l'apprendimento; la luce deve essere viva; devono essere eventualmente usati occhiali o apparecchi acustici. Se si è incerti circa le informazioni ricevute, è necessario richiedere che queste vengano ripetute
- non aspettarsi di ricordare fatti o nomi velocemente come nella giovinezza
- proporsi di esercitare la memoria facendo mentalmente o ad alta voce brevi riassunti di letture o di trasmissioni televisive, almeno una volta al giorno
- le amnesie talvolta "nascondono" quello che non si vuol ricordare o che non interessa
- non esiste alcun "farmaco miracoloso" per la memoria.
E’ possibile prevenire il deterioramento cognitivo ?
Ritardare il deterioramento cognitivo è ritardare anche la vecchiaia: sarebbe deleterio allungare la vita senza un funzionamento cerebrale adeguato.
Le strategie per raggiungere questo obiettivo partono da alcune considerazioni:
- esistono forme di demenza secondarie (tossiche, carenziali, metaboliche)
- è accertata l’importanza di una adeguata stimolazione per mantenere attive le funzioni cognitive e per favorire il compenso ed il recupero ai danni neuronali
- sono accertate le correlazioni tra depressione e deterioramento mentale sia perché forse condividono medesimi meccanismi patogenetici, sia perché una prolungata ridotta stimolazione può tradursi in un danno cognitivo.
Vari studi epidemiologici concordano sul fatto che la demenza abbia una lunga fase preclinica, nella quale possono essere efficaci interventi volti a prevenire lo sviluppo della malattia.
Un modo razionale di prevenzione del declino della memoria inteso come primo segno di possibile involuzione cognitiva è quello di agire sui fattori acquisiti, esterni, ambientali che possono farci giungere più rapidamente alla soglia del deterioramento mentale:
a) fattori di rischio somatici: vascolari (ipertensione, dislipidemia, diabete, fumo, aritmie cardiache come la fibrillazione atriale)
b) fattori carenziali (deficit Vit B12, acido folico, ipotiroidismo)
c) fattori tossici:alcolismo
d) riconoscimento e cura della depressione: la depressione in età senile è molto frequente, è considerata un fattore di rischio per lo sviluppo di demenza
e) prevenzione del deficit di stimolazione: un basso livello di istruzione e la riduzione dell’attività intellettuale in età avanzata possono contribuire alla diminuzione delle riserve sinaptiche. Un’ adeguata stimolazione ambientale agisce sulle riserve di plasticità neuronale (incremento delle arborizzazioni delle cellule normali e di quelle superstiti dopo un danno neuronale): l’uso del corpo e della mente (attività psicomotoria, ergoterapia, stimolazione psicosensoriale, chinesiterapia) costituisce l’antidoto più fisiologico e più efficace ai danni prodotti dall’invecchiamento.
Concludendo è bello citare quanto osservava La Rochefoucauld : “Tutti si lamentano di avere poca memoria, nessuno si lamenta di avere poco giudizio”
Fonte: http://www.docvadis.it/pieroni/document/pieroni/la_memoria_nell_anziano/fr/metadata/files/0/file/La%20Memoria%20nell'anziano.doc
Sito web da visitare: http://www.docvadis.it/pieroni
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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