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L’argomento in questione è particolarmente ostico, sia per la patologia non neoplastica ma, forse ancor di più, per la patologia di tipo neoplastico.
Non è una patologia facilissima da diagnosticare: spesso, per arrivare ad una diagnosi istologica, sono necessarie indagini molto particolari, quindi è una patologia relativamente complicata anche da un punto di vista tecnico.
Ma soprattutto, negli anni si è ingenerata una grandissima confusione nella classificazione dei cosiddetti linfomi e delle malattie a screzio leucemico. Questo perché si sono venute a scontrare le idee degli europei e quelle degli autori anglosassoni di origine statunitense.
Le classificazioni europee, con una certa difficoltà, si possono integrare su quelle americane e viceversa.
Nell’ultimo periodo è stata presentata una classificazione che viene universalmente accettata da europei e americani. Il problema è che sui libri di testo questa cosa viene fuori in maniera abbastanza confusionaria.
Cercheremo qui di esaminare, grosso modo, com’è la questione e di darvi un’idea di quello che viene accettato adesso .
Uno dei motivi del grande contrasto tra europei e americani era in quale posizione mettere, nello studio evolutivo della maturazione del linfocita, il nucleo clivato, cioè se il nucleo clivato rappresentasse una fase pre- o una fase post- la grande cellula a nucleo non clivato.
Il passo in avanti, oggi, è stato di valutare l’andamento clinico in funzione della morfologia e non la morfologia di per se stessa. La classificazione attuale prevede ad es.: sopravvivenza di 10 anni – un’entità e un nome; sopravvivenza di 1 anno - altra entità, altro nome. Si è cercato di comprimere la morfologia entro questi schemi diagnostici.
Qualche cenno sulle linfoadeniti (vd. L1). Le linfoadeniti, come dice il nome, sono processi infiammatori che interessano le linfoghiandole. Ma quando la reazione ad un processo flogistico di un linfonodo esula dal fisiologico ed entra francamente nel patologico? Non è facile a dirlo perché i linfonodi sono proprio le strutture deputate a bloccare un’eventuale infezione. Quindi sono strutture perennemente in attività, perché in tutti i momenti: una piccola lesione, un piccolo trauma cutaneo, una piccola ferita, il passaggio di materiale infetto ® blocco dell’infezione da parte del sistema immune, che ha sede nel tessuto linfoide.
Classicamente le linfoadeniti vengono distinte in due grandi categorie: acute e croniche, specifiche ed aspecifiche.
Specifiche sono le linfoadeniti in cui il quadro morfologico è tale per cui, sulla base di esso, è possibile fare diagnosi eziologica. In altri termini: una linfoadenite tubercolare di tipo classico, ci dice che è in corso un’infezione da micobatteri.
Questo vale però a grandi linee, ci sono tanti dettagli che possono sfuggire. In altre parole: una reazione sarcoidosica o di tipo tubercolare può essere dovuta ad effetti che non hanno nulla a che fare né con la TBC né con la sarcoidosi. Infatti ci sono TBC che non hanno una marcata impronta necrotizzante, quindi che non danno origine a caseosi, e che possono essere scambiate, almeno a prima vista, per sarcoidosi; poi, in realtà, ci sono differenze tra la lesione granulomatosa tubercolare e quella sarcoide, ma sono differenze che possono essere apprezzate solo con esami più approfonditi.
Inoltre, la linfoadenopatia può essere localizzata o sistemica. Se vi fate una ferita ad un arto superiore, il processo linfoadenitico comparirà a livello ascellare. Se invece il processo è un processo di tipo sistemico, come un’infezione virale, tutte le stazioni linfonodali saranno interessate. Le stazioni linfonodali potranno essere apprezzate palpatoriamente. Di solito una reazione infiammatoria si accompagna ad un’iperplasia e quindi ad aumento, perciò anche stazioni difficilmente palpabili, pur se superficiali, in queste condizioni diventano apprezzabili.
Ancora, i linfonodi superficiali, che si possono apprezzare con la semeiologia classica, possono essere oggetto di agoaspirazione. Il materiale che si ottiene mediante agoaspirazione non è sempre di facilissima interpretazione.
È abbastanza logico che la presenza di una metastasi in un linfonodo dia, nel materiale che si raccoglie, la presenza di cellule epiteliali; la presenza di cellule epiteliali, in una sede dove non dovrebbero esserci, aiuta ad arrivare ad una conclusione. Avere invece uno striscio costituito in prevalenza da piccoli linfociti pone dei problemi di diagnosi differenziale. La presenza di linfociti, chiaramente monomorfi, piccoli, anche se apparentemente blandi, deve far pensare al peggio.
Il linfonodo è un parenchima costituito da più citotipi: ci sono cellule in varia fase maturativa, c’è una componente istiocitaria, che può essere più o meno marcata. Il polimorfismo in uno striscio può, in prima analisi, essere considerato come un indice di un processo reattivo, il monomorfismo, anche se blando, anche se con cellule apparentemente non troppo deviate, deve far pensare ad una localizzazione di linfoma. Naturalmente tutte queste cose sono lasciate un po’ all’abilità e all’immaginazione di chi vede il vetrino, non ci sono sempre delle regole generali.
Ancora sullo studio dei linfonodi: nella maggior parte dei casi il linfonodo viene studiato con sezioni di materiale fissato in paraffina e colorato. Colorazione: spesso ematossilina-eosina; molti, tutte le volte che hanno un minimo dubbio, chiedono una colorazione di tipo ematologico :il Giemsa un colorante che si usa per gli strisci di sangue. Altra colorazione molto utilizzata è il cosiddetto reticolo: sono impregnazioni argentiche che mettendo in evidenza la trama reticolinica del linfonodo e rendono più facile lo studio della sua architettura( per es. i follicoli, capsula, ecc.).
Per indagini particolari, ad es. per fare diagnosi di una malattia proliferativa delle plasmacellule, può essere necessario lo studio della clonalità. Questo significa che se si ha una popolazione costituita da elementi con un’espressione pleomorfa, cioè alcune plasmacellule IgG secernenti, altre IgM secernenti, altre IgA, è assai probabile anche qui che la proliferazione sia di tipo policlonale, reattiva e non neoplastica. Quando invece si ritrova monoclonalità dobbiamo sospettare una neoplasia.
Alcuni degli antigeni che vengono ricercati nei linfonodi per far diagnosi, sono assai sensibili alla fissazione formolica, più spesso utilizzata, allora è necessario lavorare su materiale fresco, congelato (come già accennato nelle prime lezioni, si lavora a freddo in maniera che il tessuto da tagliare assuma una certa consistenza e da esso possano essere tratte delle fettine trasparenti alla luce del microscopio).
Torniamo alle linfoadeniti. Allora linfoadeniti acute e croniche, sistemiche o generalizzate (tra le acute e croniche si possono inserire anche forme subacute, ci sono infatti delle malattie che hanno un decorso più lento e non sono né acute né croniche).
Immaginiamo di essere dei chirurghi e che l’internista ci abbia chiesto di asportare un linfonodo, perché il paziente è portatore di una linfoadenopatia che richiede una conferma di tipo istologico per la determinarne natura. Una cosa che il chirurgo apprezza immediatamente è se il linfonodo ingrandito, che è andato ad aggredire, è ancora ben isolabile dal tessuto circostante oppure gli è adeso. Ciò ha un significato poi dal punto di vista diagnostico: linfonodo scollabile, malattia entro il linfonodo, linfonodo non scollabile, la malattia è presente anche sulle superfici esterne. Ciò è importante in patologia infiammatoria ma anche in patologia neoplastica. Nel momento in cui l’anatomo patologo vede una metastasi, ad es.di neoplasia epiteliale, in un linfonodo, segnala sempre se la malattia è contenuta entro la capsula oppure se è estesa ai tessuti pericapsulari. Come potete immaginare, l’estensione ai tessuti pericapsulari ha un significato prognostico sfavorevole.
Quali sono i reperti che possiamo apprezzare all’esame macroscopico?
1. Ascessualizzazione o meno del lifonodo. 2. Fuoriuscita di materiale purulento all’apertura. 3. Fistolizzazione su piano cutaneo del linfonodo, con formazione di fistole. Esempio classico, che per fortuna non si vede più, era la cosiddetta scrofola, ossia la fistolizzazione dei linfonodi del capo e del collo sul piano cutaneo.
È molto importante per voi la macroscopica, più forse della microscopica, in quanto corrisponde a tutta una semeiologia clinica. Inoltre anche l’anatomo patologo difficilmente fa diagnosi al microscopio senza aver visto il pezzo macroscopico, perché il quadro microscopico deve corrispondere ad un’entità macroscopica, e per voi sarà un reperto semeiologico clinico che deve corrispondere ad una diagnosi istologica.
Come si possono classificare a grandi linee le linfoadeniti croniche? Quali sono i modi in cui un linfonodo reagisce?
Le modalità non sono mai isolate, ma c’è una certa tendenza alla sovrapposizione di più quadri nel contesto di una stessa entità patologica.
Riferendoci a L1, vediamo : iperplasia follicolare, iperplasia linfoide paracorticale, istiocitosi sinusale.
In modo approssimativo, si può dire che: se i follicoli, in uno stesso linfonodo sono di dimensione assai variabile, è da pensare ad un fatto reattivo, se i follicoli sono tutti più o meno delle stesse dimensioni è da pensare ad un linfoma a crescita follicolare.
Già distinguere tra iperplasia follicolare e iperplasia paracorticale, significa escludere alcune malattie e considerarne altre e quindi ridurre lo spettro delle possibilità.
Nei seni vengono ad accumularsi degli istiociti, che si presentano con citoplasma chiaro e sono molto più grandi dei linfociti. È abbastanza caratteristico, questo fenomeno, nei linfonodi che drenano da un territorio occupato da una neoplasia. Tenete però in conto che la diagnosi di istiocitosi sinusale non sempre si accompagna ad una neoplasia. Ci potrebbe, sì, essere una neoplasia ma l’istiocitosi sinusale di per se stessa non autorizza a pensare a una neoplasia. I linfonodi addominali hanno quasi sempre istiocitosi. Insomma ci si deve pensare!
Questo è quanto, molto in sintesi, per le linfoadeniti.
Passiamo ora alle neoplasie. Le neoplasie dei leucociti possono essere distinte in prima battuta in due grandi categorie, poi ce n’è una terza:
Neoplasie del sistema linfatico e neoplasie del sistema mieloide. Ormai da molto tempo è noto il fatto che esistono anche neoplasie che traggono origine nella proliferazione di elementi istiocitari: le mieloidi, le linfoidi e le istioidi.
Quando si parla di neoplasie del sistema leucocitario(vd. L2), è quasi automatico pensare a due grandi gruppi di entità: i cosiddetti linfomi- le neoplasie solide- e le leucemie – proliferazione di elementi mieloidi che possono o meno dare colonizzazione del sangue. Nella maggior parte dei casi c’è colonizzazione ematica, ma ci sono anche leucemie aleucemiche: nel circolante o non ci sono cellule immature o il loro numero è talmente basso che, con un’indagine standard, sfuggono (in questi casi si procede al cosiddetto arricchimento: mediante centrifugazione su un gradiente, vengono separati i rossi dalla componente bianca e si allestiscono strisci solo con componente bianca o in prevalenza con componente bianca; l’arricchimento fa sì che sia più facile e rapido ritrovare le eventuali forme di tipo immaturo)
LINFOMI. Vengono suddivisi in due grandi categorie, questa è una cosa accettata da tutti e da sempre:
Per ognuno di questi gruppi di entità vi è una corrispondenza precisa sull’andamento clinico, sul modo in cui si presenta la malattia, e su come evolve la malattia.
C’è una certa tendenza a tenere separate quelle neoplasie che originano da cellule B con un grado già elevato di differenziazione in senso plasmacellulare. Sono quelle neoplasie che non infrequentemente si accompagnano all’ipersecrezione di globuline o frammenti di globuline.
Prof. Leone
La patologia linfoproliferativa è molto, molto, molto complessa. Tenete conto però che questa patologia per noi patologi è particolarmente importante, particolarmente densa di contenuti, tanto che è propria degli anatomo patologi specialisti. Ci sono specialisti magari solo di un linfoma, di un particolare tipo di linfoma. C’è gente ad es.che sa tutto dei linfomi mantellari, gente che sa tutto dei linfomi monocitoidi, gente che sa tutto dei linfomi di Hodgkin e sa poco, e questo è un po’ grave di tutto il resto dell’anatomia patologica.
La patologia linfoproliferativa è affascinante perché è complessa, perché è diversa in qualsiasi manifestazione, perché le ricadute della diagnosi sulla clinica, a volte, sono decisive, molto più che per tutti gli altri aspetti dell’anatomia patologica. Magari il fatto che in immunoistochimica un linfoma risulti positivo per un dato CD (marker), vi fa cambiare la diagnosi. Poi, perché i linfomi sono una palestra per tutte le nuove tecnologie applicate all’anatomia patologica.
Quindi è un argomento affascinante.
Consideriamo ora l’ultima classificazione uscita e in corso, cioè la REAL (Revised European American Lymphoma Classification) che si applica soltanto ai linfomi.
Confrontando REAL classification e classificazione WHO per i linfomi, ci si accorge che sono più o meno la stessa cosa. Quindi da questo punto di vista non si può fare confusione. Però è da tener presente che esiste questa classificazione WHO, perché è con essa che vi confronterete.
Nella storia ci sono state molte classificazioni dei linfomi ad es.:
Quindi durante questi anni è successo che i patologi si facevano le proprie classificazioni, i clinici dicevano:” Ma c.., un’altra classificazione per cui non riesco più a capire come devo trattare un paziente! Lo stesso linfoma che con Rappaport si chiamava: linfoma a grandi cellule nodulare, adesso nella Kiel si chiama: linfoma centroblastico nodulare con aree diffuse “.
Quindi una grande incertezza e rischio di distacco dai patologi che magari si studiano il CD espresso da una data malattia linfoproliferativa, gli danno un nome, e non si sa bene a cosa equivaleva nelle classificazioni precedenti.
Tutto lo sforzo quindi è stato quello di una uniformizzazione dei criteri in modo che tutti parlassero la stessa lingua. Se si guarda bene, la storia detta in soldoni è che la WF è stata utilizzata, era squisitamente americana e in America si parlava soltanto in WF, mentre in Europa si parlava ancora con la classificazione di Kiel. Ad un certo punto, soprattutto gli europei hanno fatto nascere la REAL. Però subito dopo, da ambienti più americani è nata la WHO, che cerca di sommare tutto.
Parleremo adesso dei linfomi e illustreremo la classificazione REAL che, come vi dicevo, per i linfomi è abbastanza simile alla WHO.
Riprendiamo il lucido L2, che dà qualche informazione generale.
8Definizioni
I linfomi si dividono in Hodgkin e non Hodgkin.
8Classificazione
La nuova classificazione divide:
Quindi la classificazione REAL divide queste 4 grandi categorie. Tenete conto che, soprattutto il punto 2, rende ragione di più dell’ 80% delle forme di linfomi. I linfomi dei precursori delle cellule B e i linfomi T sono relativamente rari e rendono conto del restante 20%.
8Caratteristiche generali della diagnostica emolinfopoietica in anatomia
patologica
Cioè per fare diagnosi di linfoma e per dare un nome al linfoma, nella stragrande maggioranza dei casi, si deve avere a disposizione il linfonodo, non il pezzettino di linfonodo, non la cellula proveniente dal linfonodo, né la biologia molecolare derivata dal frappé di linfonodo! Non siamo ancora arrivati a questo punto, magari ci si arriverà ma ancora non ci siamo. Quindi se farete i chirurghi, se asporterete linfonodi in sospetto di linfoma, sappiate che bisogna asportare un linfonodo, possibilmente intero, perché si possa arrivare ad una diagnosi abbastanza conclusiva e con buona possibilità di essere certa.
D: Quindi la biopsia linfonodale non è da fare?
R: Ma sai cos’è la biopsia linfonodale? Si tira via il linfonodo!
C’è da dire che gli anatomo patologi son molto bravi e quindi si arrangiano anche con cose piccole e quindi c’è gente che fa le agobiopsie, perché sono masse profonde, c’è gente che fa gli agoaspirati e lì bisogna essere molto bravi, bisogna essere dei linfomaniaci mirati. Però si cominciano a fare delle acrobazie che rendono la diagnosi spesso incompleta, spesso un pochino alla Rappaport (…linfoma a grandi cellule forse diffuso...) o poco più. In realtà bisogna cercare di avere il linfonodo o il tessuto interessato dalla patologia linfoproliferativa (che può anche non essere un linfonodo, abbiamo visto ad es i linfomi gastrici).
Una eccezione è ad esempio il gruppo 1: le neoplasie dei precursori delle cellule B, cioè le leucemie linfoblastiche del bambino. Generalmente si risparmia al bambino qualsiasi procedura chirurgica che non sia semplicemente un aspirato del midollo osseo. Queste sono neoplasie abbastanza ben caratterizzate dal punto di vista citologico e immunofenotipico da poter evitare di avere il tessuto. Si tratta di malattia linfoproliferativa a prevalente espressione sanguigna, quindi è inutile andare a cercare i linfonodi, saranno sì presi anche loro ma non servono alla diagnosi: è inutile andare a tagliare un bambino
Lo stesso discorso vale per i precursori delle cellule T.
Quindi nelle leucemie si lascia anche perdere, invece nei linfomi questo è importante.
Altra cosa che è opportuno dire per quanto riguarda la diagnosi anatomopatologica di linfoma è questa:
avrete sentito, alle esercitazioni, che di preferenza il linfonodo in sospetto di malattia linfoproliferativa, deve arrivare in anatomia patologica a fresco. Questo deriva fondamentalmente dal fatto che la necessità di fare colorazioni per evidenziare dei cluster differentiation, la necessità di utilizzare metodiche di diagnosi alternative, che coinvolgono magari anche la genetica, rende spesso indispensabile il tessuto non fissato.
Tenete conto però che il progredire della tecnologia applicata all’anatomia patologica, ha messo a disposizione una serie di anticorpi monoclonali che funzionano bene su tessuto incluso in paraffina. Quindi questo consiglio di mandare a fresco il linfonodo in anatomia patologica, vale se si è vicini ad una Anatomia patologica, se avete il dubbio che il linfonodo possa marcire nel tragitto, lo si mette in formalina. Non si farà la citogenetica, non si faranno molte altre cose, ma è verosimile che il patologo possa arrivare tranquillamente alla diagnosi.
Il numero di antigeni che adesso si rivelano con gli anticorpi monoclonali ora in commercio è elevatissimo ed è cambiato nel giro di pochi anni, e soprattutto dal momento in cui in anatomia patologica è comparsa una macchina meravigliosa ..il forno a microonde!
Siamo abituati a pensare che se si arriva a 60°C l’antigenicità si perde perché l’antigene si denatura, invece: prendete una sezione in paraffina, ci fate un marker T es. CD3, non vi viene, ci fate un marker B es. CD20, non vi viene, prendete la sezione la mettete in un tampone fosfato, lo fate bollire in microonde, cioè a ben più di 100°C, la prendete, mettete su l’anti -CD3 e vi viene. Non si sa perché, però funziona. L’ultima scoperta che farà invecchiare il forno a microonde è la pentola a pressione. Sembra che la pentola a pressione funzioni ancora meglio.
Verosimilmente, succede che se si mette una sezione congelata a fresco nel microonde, si cuoce, ma se si mette una sezione che è stata in formalina, si creano dei legami interproteici che stabilizzano la sezione e il calore non fa altro che aprirli, quindi se non si esagera e si sta entro ranges abbastanza codificati, si ripristina l’antigenicità del tessuto, rompendo i legami che ha creato la formalina. Quindi adesso, molti anticorpi monoclonali che dovevano per forza esser usati su sezioni criostatate (-20°C), adesso si fanno tranquillamente su sezioni archiviate da tre anni e questo è un notevole passo avanti.
Altre caratteristiche generali (L2), in particolare una caratteristica clinica è :
Per riconoscere se una proliferazione linfocitaria è monoclonale, si può ad esempio far riferimento alla restrizione delle Ig, prodotte da un linfocita B, in senso λ o κ. Una popolazione policlonale è un miscuglio di queste popolazioni, alcune λ, alcune κ. Se si trova una popolazione che esprime solo λ o κ, allora è monoclonale.
Per le Ig si può fare semplicemente un’immunoistochimica, per catene κ , per catene λ e si ha subito la risposta. Si potrebbe anche andare a livello genomico per vedere i geni delle catene pesanti o leggere delle Ig o, per i linfociti T, i geni del TCR (T cell receptor).
Allora, mentre è vero che un linfoma è una proliferazione monoclonale, come sembra siano quasi tutti i tumori, non è vero l’inverso, cioè ci sono delle espansioni monoclonali di linfociti che non sono dei linfomi: magari possono diventarlo o non lo diventeranno mai, possono originare soltanto per una questione di pressione selettiva favorente una certa popolazione di linfociti, ma non hanno alcun substrato clinico di patologia linfatica linfoproliferativa.
Altra cosa da sottolineare: non esistono linfomi benigni. Tutti i linfomi sono neoplasie maligne.
8 Clinica dei linfomi
La stragrande maggioranza dei linfomi si manifesta, a volte, solo con una tumefazione linfonodale, che si deve andare ad esaminare. Avete visto le linfoadeniti, molto spesso la diagnosi di linfoma è una diagnosi differenziale con una linfoadenite, per cui si prende in considerazione se il linfonodo è dolente o non dolente, arrossato o non arrossato, il fatto che sia molle o duro, il fatto che ci sia una ragione per averlo ingrossato oppure no, e poi la presenza di sintomi, che molto spesso sono abbastanza sfuggenti e aspecifici.
D: Qual è la dimensione di un linfonodo per dire che è ingrossato?
R: Dipende dalla stazione, però un linfonodo patologico viene dato sui 2 cm. Ciò non vuol dire che un linfonodo più piccolo non sia linfomatoso o che un linfonodo più grosso lo sia.
I 2 cm sono comunque il limite che una diagnostica per immagini descrive come: possibile metastasi ecc. Insomma linfonodo da controllare.
Quando c’è un linfonodo con caratteristiche sospette, in associazione a sintomi che possono far pensare ad un linfoma, bisogna andarlo ad asportare. Si può provare magari ad agoaspirarlo, ma è una diagnosi che diventa un po’ aleatoria e alla fine, tutto sommato, si procrastina solo un po’ il fatto che qualcun altro, se non voi, asporterà il linfonodo.
I linfomi generalmente, se lasciati a se stessi, progrediscono.
La storia naturale dei linfomi è che questi vadano avanti piano piano e, appunto perché sono delle patologie proprie di cellule circolanti, che vanno in giro per il sangue, tornano indietro per i vasi linfatici, prendono altre stazioni ecc., il loro destino è quello di prendere sempre più altre zone corporee. Quindi si hanno dei linfomi che insorgono in una sede, piano piano concquistano un’altra sede vicina e pian piano si diffondono. Alla fine, il destino di questi linfomi è di andare nel midollo osseo, di colonizzare possibilmente altri organi, di cui i primi sono gli ex organi dell’emopoiesi, cioè per es. il fegato e la milza, e alla fine di portare a morte il paziente a causa di una sostituzione midollare con conseguenti anemia, granulocitopenia, piastrinopenia. Quindi un pz può morire per la sepsi, perché non ha più granulociti, può morire per emorragie, dovute alla piastrinopenia (di anemia è difficile morire), se non muore prima per le complicanze della terapia, questa in realtà è la causa di morte più frequente nei pz con linfoma (non è una battuta, solo che il gioco vale la candela nei linfomi, perché con la terapia anche si guarisce, da alcuni linfomi).
D: E invece per l’insufficienza d’organo, quale il fegato?
R: Quella è più difficile, la trovi nelle neoplasie solide che ti sostituiscono il fegato, ma i linfociti in un organo parenchimatoso non sono così destruenti come il resto.
D: Quando un linfoma colonizza il midollo osseo, si parla già di leucemizzazione?
R: Si parla di leucemizzazione secondaria quando dal midollo osseo va in circolo, però di solito nella maggior parte dei linfomi è tardiva. Cioè per intenderci, avete una certa percentuale di linfomi che alla diagnosi sono già al midollo osseo, ma non ci sono cellule leucemiche in circolo.
8Stadiazione dei linfomi
Questa progressione del linfoma, sta alla base della stadiazione dei linfomi. Quella corrente è la classificazione di Ann Arbor, dovete saperla, prende in considerazione il numero di stazioni coinvolte sopra, sotto il diaframma e l’interessamento linfonodale. Questa spiega la progressione del linfoma, come tutte le stadiazioni.
Tenete presente una cosa però, esistono linfomi a bassa e malignità ad alta malignità.
I linfomi a bassa malignità generalmente si presentano alla diagnosi in IV stadio, cioè con interessamento del midollo osseo. Un es. per tutti, il linfoma linfocitico, a volte chiamato, poiché ha una sua espressione nel sangue periferico, leucemia linfatica cronica, che è il prototipo dei linfomi a bassa malignità, praticamente si presenta sempre in IV stadio (se è leucemia linfatica cronica è già scritto che è un IV stadio: è passato dal midollo osseo).
Questo linfoma, non curato, permette delle sopravvivenze di 10 anni, senza terapia. Se lo curate, vi permette sopravvivenze di 10 anni con la terapia, quindi è uguale, a meno che non ammazziate il pz per la terapia. I linfomi a bassa malignità che proliferano poco, che vanno avanti poco per volta, si modificano poco con la terapia, non ci sono i bersagli ( i farmaci sono degli anti-mitotici perciò poco utili su cellule che proliferano poco). Magari si fa della terapia di supporto se necessario, trasfusioni ad es. così i pz vanno avanti.
I linfomi ad alta malignità, quelli che, se non trattati, danno la morte in pochi mesi, invece si presentano spesso di grado basso. Il linfoma ad alta malignità improvvisamente dà tumefazione importante in una stazione linfonodale, che cresce a vista d’occhio, che se va in un organo extralinfatico, es. fegato, dà la massa. Questi vanno un po’ tardivamente, per modo di dire, se lasciati a sé, negli organi extralinfatici, cioè nel midollo osseo, fegato ecc. quando ci vanno danno masse vere e proprie che crescono. Però per questi qua, se trattati in modo aggressivo, ci sono buone probabilità di guarire i pz, perché c’è un bersaglio veramente diverso dal tessuto sano. Quindi qui effettivamente la terapia è decisiva. Ad es. la leucemia linfoblastica acuta dei piccoli pz, va in remissione completa nel 90% dei casi e guarisce in più di 2/3 dei casi, giusto per la terapia, senza terapia, questi pz muoiono in pochi mesi.
Quindi se trovate il grosso linfonodo, di recente insorgenza, sappiate che verosimilmente sarà un linfoma ad alta malignità, che avete poco tempo, che la terapia sarà decisiva, che il pz o vive o muore.
Se invece avete un pz con tanti piccoli linfonodi, in varie stazioni, la leucemia ecc. sappiate che quello è un pz che ha un lifoma a bassa malignità, che sarà in IV stadio, che qualunque cosa si faccia, seguirà il suo corso.
8Classificazione real dei linfomi non hodgkin
Questa classificazione è da sapere (vd. L4).
Tumori dei precursori dei linfociti B e T
Della leucemia linfoblastica acuta, dei precursori B, si è già accennato. Per maggior dettaglio, possiamo vedere rapidamente un lucido (L3). Le leucemie linfoblastiche B vengono divise in:
Nella tabella, si vede tutta l’espressione di una serie di antigeni, di cui ha una certa importanza, ed è bene ricordare, la terminal denucleotidil transferasi (Tdt) che è un marker di leucemia linfoblastica acuta. Poi si vede che, man mano che i precursori maturano, acquisiscono sempre più degli antigeni di differenziazione B, ad es. CD10 e le Ig. Naturalmente, nella serie T, si trovano invece positivi markers tipo CD3, CD2, CD1a, cioè marker T, essenzialmente insieme senza la Tdt.
Generalmente la prognosi è molto migliore nelle leucemie linfoblastiche B, rispetto alle T. In queste forme, che fortunatamente sono le più frequenti, la prognosi è decisamente buona e in genere il bambino guarisce.
Tumori dei lifonciti B maturi
Linfoma linfocitico a piccole cellule, chiamato anche leucemia linfatica cronica (LLC). È una neoplasia che insorge in 6°- 7° decade, quindi i pz sono anziani. La diagnosi è generalmente di un pz che è vagamente stanco, come spesso lo sono gli anziani, fa un emocromo e trova una linfocitosi. Si trova magari che ha 20000 bianchi, costituiti per l’80% da linfociti, dall’aspetto maturo. Questo generalmente è già sufficiente per fare diagnosi. Però per avvalorare questo risultato è meglio o asportare un linfonodo oppure fare la biopsia o l’aspirato midollare. L’immunofenotipo è CD5+, CD23+ , c’è sempre interessamento midollare, spesso è presente anche quello linfonodale e splenico, quindi esteso a tutto l’organismo.
A noi è capitato di far diagnosi di LLC in corso di esame di prostatectomia. I chirurghi, e gli urologi come prototipo, non sono in genere dei grandi clinici e quindi il fatto che uno abbia 50000 linfociti per loro non è niente, quindi trovavamo dei cancri della prostata vicino a dei linfonodi grandissimi con un tappeto di piccoli linfociti e dicevamo : non è che questo ha un linfoma ? Chiamavamo, e chiedevamo: come ha l’emocromo? Ah, sì ha un po’ di linfocitosi!
Linfoma a cellule mantellari. Questo è un linfoma da linfomaniaco (ce ne sono tre specializzati solo in questo). È un linfoma nuovo, di recente descrizione. È fatto di cellule piccole, poco più grandi di quelle della LLC. Generalmente la taglia dei linfociti è direttamente proporzionale all’aggressività del linfoma stesso: più è piccolo il linfocita, più è blanda e a lenta crescita la lesione; più è grande il linfocita, più va avanti rapidamente, con eccezioni e questa è un’eccezione.
Questo è un linfoma a piccoli linfociti, a volte diagnosticato come linfoma linfocitico, a volte come linfoma centrocitico (vd dopo). Era un linfoma che aveva tutte le caratteristiche istologiche per andare bene e invece andava malissimo: i pz invariabilmente morivano, avevano sempre un esteso interessamento midollare alla diagnosi e la terapia non serviva a niente. È il linfoma mantellare che ha aspetti differenziativi analoghi a quelle cellule che stanno intorno al centro germinativo (cellule del mantello o cellule memoria) e sono cattivissimi.
Il linfoma colpisce persone di mezza età o anziane ed ha una prognosi che porta a morte nel giro di 2 anni, qualunque cosa si faccia.
In questi linfomi si ritrova un riarrangiamento del gene BCL-1, quindi in questo caso la citogenetica o la biologia molecolare che tenda al riconoscimento di questo riarrangiamento è a volte un ausilio importante alla diagnosi.
Linfomi follicolari. Sono forse i più frequenti. Sono quelli con un tipo di differenziazione che li fa assomigliare alle cellule del centro germinativo, i cosiddetti centrociti e centroblasti della classificazione di Kiel. I centrociti sono i linfociti piccoli e angolati, i centroblasti sono quelli grandi e con i nucleoli.
È una neoplasia delle cellule B, acquisisce l’antigene CD10, colpisce la mezza età o gli anziani. È associata con un riarrangiamento di un gene antiapoptosico, il BCL-2. Colpisce i linfonodi generalmente.
Andamento: sul lucido dice indolente, ma in realtà viene ricoperto abbastanza lo spettro, da quelli indolenti centrocitici a quelli un po’ più aggressivi che sono i centroblastici.
La terapia può guarire.
Il linfoma follicolare è abbastanza importante perché molto spesso ha un atteggiamento che ricapitola le cellule da cui deriva, quindi è fatto a follicoli, a moduli e questo lo fa entrare in diagnosi differenziale con l’iperplasia follicolare reattiva. Per distinguere una iperplasia follicolare reattiva da un linfoma follicolare, ci si può basare sulla eterogeneità o meno delle dimensioni dei follicoli (vd sopra), sull’attività mitotica ecc., ma soprattutto si fa una immunoistochimica per la proteina codificata dal gene BCL-2, che è espressa da questi tumori e non dai centri germinativi normali.
Di recente alcuni autori hanno sostenuto l’esistenza di un linfoma follicolare in situ. Questi autori hanno preso dei linfonodi con iperplasia follicolare, hanno fatto a tappeto il BCL-2 e visto che alcuni esprimevano il BCL-2. Quindi hanno ipotizzato che questa potrebbe essere la lesione precorritrice del linfoma follicolare.
Linfoma di Burkitt. Associato al virus di Epstein Barr (EBV), soprattutto nella sua forma endemica in Africa. Colpisce giovani adulti o anche adolescenti, dà delle grosse masse laterocervicali.
Esiste anche in maniera sporadica, non associato a all’infezione da EBV, nelle nostre contrade e molto spesso ha delle localizzazioni strane, ad es. intraddominale o nelle ovaie. A volte dà delle localizzazioni quasi sierose, ma soprattutto è un linfoma che, nella sua rarità, è relativamente frequente nelle ovaie.
È un linfoma ad alta malignità, si cura bene con la chemioterapia.
Linfoma B diffuso a grandi cellule. È la neoplasia aggressiva per eccellenza. Di solito si manifesta negli adulti, di solito è intralinfonodale, però può anche venire a livello faringeo, nelle tonsille, nell’anello del Waldeyer. È molto eterogeneo, molto spesso vi rientrano dei linfomi follicolari centroblastici ad alta malignità, c’è poca differenza tra l’uno e l’altro. Sono relativamente frequenti.
D: Cioè va messo in diagnosi differenziale con i linfomi follicolari?
R: Esatto. E molto spesso è il riarrangiamento del gene BCL-2 che vi fa decidere se metterlo tra i linfomi follicolari oppure tra i linfomi a grandi cellule. Intendiamoci, la terapia è abbastanza la stessa. Però, dal punto di vista patogenetico ci sono delle differenze.
Nei linfomi a grandi cellule è implicato il riarrangiamento per il BCL-6, che è un altro oncogene con azione antiapoptosica, ed è la neoplasia più frequente nei pz immunodepressi, nei pz sottoposti a trapianto, c’entra anche qui l’EBV, ed è relativamente frequente, come tipologia di linfoma anche nei pz HIV positivi.
Una sua variante è il linfoma a grandi cellule B delle sierose, cioè è un linfoma che si manifesta con un’ascite, non si trovano masse linfonodali, si va a drenare il liquido ascitico e si trovano dentro i linfociti neoplastici grandi. Perché vada nel liquido ascitico, non si sa, però anche qui è implicato un virus che è l’ Herpes virus 8 (HHV-8).
Leucemia a cellule capellute (hairy cell leukemia). È una neoplasia propria degli anziani, in sede midollare, splenica, cioè di solito l’interessamento dà delle splenomegalie abbastanza importanti. Si chiama “hairy cell” perché i linfociti hanno delle estroflessioni villari particolarmente lunghe; è una diagnosi che si può fare in microscopia elettronica. Di norma ha una buona prognosi. Si tratta ad es. con degli immunomodulatori (l’interferone).
Linfomi linfoplasmocitoidi. Sono linfomi a bassa malignità con tendenza alla differenziazione in senso plasmacellulare. Localizzazioni midollari, linfonodali, spleniche. Sono associati a iperviscosità del plasma. Questo è dovuto alla produzione di IgM (le Ig si fanno per prime quando il linfocita sta per diventare plasmacellula), che sono pentameri grandi, si incastrano nel microcircolo ecc.
Mieloma. Può anche presentarsi come plasmocitoma solitario, cioè con massa in qualche zona inusuale dell’organismo (di solito il naso, l’osso frontale, ecc) dove può rimanere localizzato per molto tempo.
Il mieloma multiplo è una neoplasia delle cellule B mature, le cellule effettrici. È un linfoma in senso lato, perché deriva da un linfocita alla fine, però è strano che derivi sempre nel midollo osseo e non nasca nel linfonodo ed è strano perechè spesso può esprimere antigeni mieloidi. Sta quindi un po’ a se stante.
Tumori delle cellule T
Questi ve li studiate, perché sono due cose e non sono molto importanti.
8Linfoma di Hodgkin
Considereremo qui solo una classificazione del linfoma di Hodgkin, quella nuova che si trova sulla WHO.
La classificazione viene fatta in base alla quantità di cellule non neoplastiche interposta alla proliferazione delle cellule neoplastiche (cellule di Reed-Sternberg, RS). La cellula di RS è una cellula diagnostica, necessaria ma non sufficiente per fare diagnosi, esistono delle varianti di questa cellula che sono: la cellula di Hodgkin, mononucleata (mentre la RS è binucleata), le cellule lacunari ed altre.
Per molto tempo si è dibattuto sulla provenienza di queste cellule, se derivassero da cellule istiocitarie, piuttosto che dalle reticolari dendritiche ecc. Sembra invece che provengano dalle cellule B.
La classificazione è un po’ cambiata perché la maggior parte dei linfomi di Hodgkin a prevalenza linfocitaria, cioè che hanno tanti linfociti normali e poche cellule di RS, si è scoperto che erano qualcosa a parte, cioè dei linfomi B a tutti gli effetti.
Adesso si parla quindi di:
Qui si ritrovano le cellule di RS e queste non esprimono il CD20, ma altri antigeni che sono CD15+ e CD30+, però si ritiene che anche queste derivino da linfociti B.
Questa è la nuova classificazione della WHO. Quindi due cose distinte: un linfoma a cellule B a bassa malignità e l’Hodgkin come l’avete studiato finora.
Tenete conto che la categoria a prevalenza linfocitaria dell HD, una volta che si è scorporato il linfoma a prevalenza linfocitaria nodulare, è diventata veramente molto rara, non si trova quasi più.
Sono più comuni la sclerosi nodulare, la cellularità mista e la deplezione linfocitaria.
D: Nel linfoma a prevalenza linfocitaria modulare, ci sono poche cellule di RS?
R: No, non sono più cellule di RS, non ce n’è di RS. Sono cellule L&H che ci assomigliano.
La clinica del linfoma di Hodgkin è quella di un linfoma a bassa malignità, che va avanti piano piano e dà molto spesso sintomi B e che in generale ha una prognosi migliore, nel complesso, rispetto ai linfomi non Hodgkin. È proprio dei giovani.
LINFOADENITI ACUTE ASPECIFICHE
• Localizzate. Danno microbiologico diretto. Linfonodi laterocervicali in seguito ad infezioni odontogene o tonsillari.
• Sistemiche. Infezioni virali e setticemia.
MORFOLOGIA
Linfonodi ingranditi, di colorito grigio-rossastro e congesti. Istologicamente centri germinativi iperplastici. Infiltrati di granulociti neutrofili.
QUADRI CLINICI
Linfonodi di consistenza diminuita e fluttuanti alla palpazione se ascessualizzati. Cute sovrastante arrossata. Possibili fistole drenanti I'ascesso tra i linfonodi e la cute sovrastante.
LINFOADENITI CRONICHE ASPECIFICHE
Quadri istologici:
• Iperplasia follicolare.
Artrite reumatoide, toxoplasmosi e infezione da HIV in fase iniziale. Può essere confusa con il linfoma follicolare.
• Iperplasia linfoide paracorticale. Caratterizzata da modificazioni reattive nelle aree T-dipendenti del linfonodo. Infezioni virali, vaccinazioni, reazioni indotte da farmaci.
• Istiocitosi dei seni. Dilatazione dei seni linfatici che appaiono ripieni di istiociti. Stazioni linfonodali che drenano organi dove è presente una neoplasia.
NEOPLASIE DEI LEUCOCITI
Questi tumori sono classificati in tre grandi gruppi:
1. Linfomi maligni che comprendono vari tumori originati da cellule B, T o natural killer (NK). Sono tumori solidi, composti soprattutto di linfociti neoplastici, che originano dal tessuto linfoide.
2. Neoplasie mieloidi originate da cellule staminali emopoietiche (es. eritroidi, granulocitarie, megacariocitarie).
3. Istiocitosi proliferazioni delle cellule istiocitarie, cellule di Langerhans incluse.
DEFINIZIONI
Due vocaboli descrittivi sono spesso utilizzati per Ie neoplasie linfoidi:
Esistono due principali gruppi di linfomi maligni:
E' inoltre riconosciuto un gruppo di neoplasie con i caratteri morfologici delle neoplasie delle plasmacellule; trattasi di neoplasie da cellule B nella fase terminale della loro differenziazione.
CLASSIFICAZIONI
Attualmente preferita è la Revised European-American Classification of Lymphoid Neoplasm (REAL) che individua distinte entità definite dal quadro clinico, morfologico, immunofenotipico e genotipico.
L3
Markers B |
Markers T |
Frequenza % |
Istotipo |
Tdt |
CD19 |
CD10 |
Cm |
Sig |
CD7 |
CD3 |
CD2 |
|
Fase pre-B assai precoce |
+ |
+ |
|
|
|
|
|
|
5-10% |
Fase B- precoce + |
+ |
+ |
+ |
|
|
|
|
|
50-60 |
Fase pre-B |
+ |
+ |
+ |
+ |
- |
- |
- |
- |
2 |
Serie T |
+ |
- |
- |
" |
- |
+ |
+* |
+ |
15 |
Tdt: terminal deoxytransferase. Cm: catene pesanti di IgM citoplasmatiche. Sig: immunoglobuline di superficie.
*CD3 citoplasmatico o di membrana..
L4 1/3
Leucemia/linfoma linfoblastica acuta (precursori B) |
Neoplasia aggressiva dei linfociti B TdT+, la più frequente nell'infanzia; a regola si manifesta con massivo interessamento midollare e colonizzazione del periferico.) |
Tumori dei precursori dei Linfociti T
Leucemia/linfoma linfoblastico acuto (precursori T) |
Neoplasia aggressiva dei linfociti T TdT+, la più frequente negli adolescenti; spesso in forma di massa mediastinica. Geneticamente eterogenea |
Linfoma linfocitico a piccole cellule/leucemia |
Neoplasia indolente degli anziani CD5+/CD23+; interessamento midollare e periferico, spesso |
Linfoma a cellule mantellari |
Neoplasia moderatamente aggressiva CD5+/CD23-. Manifestasi nell'anziano in sede linfonodale od extra-. |
Linfoma follicolare |
Neoplasia delle cellule B CD10+, dell'anziano, associata |
Linfoma di Burkitt |
Neoplasia a cellule B, aggressiva, degli adolescenti e dei giovani adulti. Spesso in sede extranodale. |
Linfoma B diffuse a grandi cellule |
Neoplasia B aggressiva; presente in ogni età seppur più frequentemente negli adulti. |
Leucemia a cellule capellute (Hairy cell |
CD5-/CD10-. Neoplasia degli anziani in sede midollare e splenica. Linfonodi risparmiati. |
Linfoma linfoplasrnocitoide |
CD5-/CD10-. Neoplasia B di cellule che differenziano in senso plasmacellulare; localizzazioni midollari, linfonodali, spleniche. Nei pazienti piu anziani associata a iperviscosità del plasma. |
Mieloma multiplo / plasmocitoma solitario |
Neoplasia B da cellule mature (plasmacellule). Tumore delle cellule B differenziate (plasmacellule); compare negli adulti/anziani in forma di lesione osteolitica: Le cellule neoplastiche secernono immunoglobuline in toto o frammenti delle stesse. Prognosi sfavorevole. |
Tumori delle cellule T mature e delle cellule NK
Linfoma delle cellule T periferiche |
Neoplasia morfologicamente e geneticamente eterogenea, da cellule T mature. Adulti, sede linfonodale; a regola a decorso aggressivo. |
Leucemia / linfoma delle cellule T adulte |
Neoplasia CD4+, localizzata in sede midollare, cutanea e linfonodale. Associata ad infezione da HTLV-1. Prognosi severa. |
Micosi fungoide/ Sindrome di Sézary |
Neoplasia delle cellule T mature. Adulti; decorso indolente |
Leucemia linfocitica a grandi cellule granulose
|
Neoplasia indolente da cellule T mature o (meno |
Linfoma angiocentrico |
Nell'adulto in forma di masse voluminose, spesso in sede sinusale. La neoplasia spesso esprime markers NK e contiene il genoma dell' Epstein-Barr: |
REAL: Revised European-American classification of lymphoid neoplasms. TdT: terminal
deoxytransferase. NK: natural killer cell. HTLV: human T-cell lymphotropic virus.
Summary of the WHO classification of tumours of
haematopoietic and lymphoid tissues
Chronic myelogenous leukaemia 9875/3*
Chronic neutrophilic leukaemia 9963/3 Chronic eosinophilic leukaemia/
hypereosinophilic syndrome 9964/3
Polycythaemia vera 9950/3
Chronic idiopathic myelofibrosis 9961/3
Essential thrombocythaemia 9962/3
Chronic myeloproliferative disease
unclassifiable 9975/3
MYELODYSPLASTIC / MYELOPROLIFERATIVE
DISEASES
Chronic myelomonocytic leukaemia 9945/3
Atypical chronic myeloid leukaemia 9876/3
Juvenile myelomonocytic leukaemia 9946/3
Myelodysplastic myeloproliferative diseases
Unclassifiable 9975/3
MYELODYSPLASTIC SYNDROMES
Refractory anaemia 9980/3 Refractory anaemia with ringed sideroblasts 9982/3
Refractory cytopenia with multilineage dysplasia 9985/3
Refractory anaemia with excess blasts 9983/3
Myelodysplastic syndrome associated with
isolated del(5q) chromosome abnormality 9986/3
Myelodysplastic syndrome, unclassifiable 9989/3
Acute myeloid leukaemias with recurrent
cytogenetic abnormalities
AML with t(8;21 )(q22;q22), (AML1/ETO) 9896/3
AML with inv(16)(p13q22) or t(16;16)(p13q22),
(CBFβ/MYH11) 9871/3
Acute promyelocytic leukaemia
(AML with t(15;17)(q22;q12),(PML/RARa)
and variants) 9866/3
AML with 11q23 (MLL) abnormalities 9897/3
Acute myeloid leukaemia with
multilineage dysplasia 9895/3
with prior myelodysplastic syndrome
without prior myelodysplastic syndrome
Acute myeloid leukaemia and myelo-
dysplastic syndrome, therapy related 9920/3
Alkylating agent related
Topoisomerase II inhibitor-related
Acute myeloid leukaemia not otherwise categorised
Acute myeloid leukaemia,
minimally differentiated 9872/3
Acute myeloid leukaemia without maturation 9873/3
Acute myeloid leukaemia with maturation 9874/3
Acute myelomonocytic leukaemia 9867/3
Acute monoblastic and monocytic leukaemia 9891/3
Acute erythroid leukaemia 9840/3
Acute megakaryoblastic leukaemia 9910/3
Acute basophilic leukaemia 9870/3
Acute panmyelosis with myelofibrosis 9931/3
Myeloid sarcoma 9930/3
Acute leukaemia of ambiguous lineage 9805/3
B-CELL NEOPLASMS
Precursor B lymphoblastic leukaemia1 / 9835/31
lymphoma2 9728/32
Chronic lymphocytic leukaemia1 / 9823/31
small lymphocytic lymphoma2 9670/32
B-cell prolymphocytic leukaemia 9833/3
Lymphoplasmacytic lymphoma 9671/3
Splenic marginal zone lymphoma 9689/3
Hairy cell leukaemia 9940/3
Plasma cell myeloma 9732/3
Solitary plasmacytoma of bone 9731/3
Extraosseous plasmacytoma 9734/3
Extranodal marginal zone B-cell lymphoma
of mucosa-associated lymphoid tissue
(MALT-lymphoma) 9699/3
Nodal marginal zone B-cell lymphoma 9699/3
Follicular lymphoma 9693/3
Mantle cell lymphoma 9673/3
Diffuse large B-cell lymphoma 9680/3
Mediastinal (thymic) large B-cell
lymphoma 9679/3
Intravascular large B-cell lymphoma 9680/3
Primary effusion lymphoma 9678/3
Burkitt lymphoma1 / leukaemia2 9687/31
9826/32
B-cell proliferations of uncertain malignant
potential
Lymphomatoid granulomatosis 9766/1
Post-transplant lymphoproliferative disorder,
polymorphic 9970/1
T-CELL AND NK-CELL NEOPLASMS
Precursor T-cell neoplasms
Precursor T lymphoblastic leukaemia1 / 9837/31
lymphoma2 9729/32
Blastic NK cell lymphoma** 9727/3
Mature T-cell and NK-cell neoplasms
T-cell prolymphocytic leukaemia 9834/3
T-cell large granular lymphocytic
leukaemia 9831/3
Aggressive NK cell leukaemia 9948/3
Adult T-cell leukaemia/lymphoma 9827/3
Extranodal NK/T cell lymphoma,
nasal type 9719/3
Enteropathy-type T-cell lymphoma 9717/3
Hepatosplenic T-cell lymphoma 9716/3
Subcutaneous panniculitis-like
T-cell lymphoma 9708/3
Mycosis fungoides 9700/3
Sézary syndrome 9701/3
Primary cutaneous anaplastic
large cell lymphoma 9718/3
Peripheral T-cell lymphoma, unspecified 9702/3
Angioimmunoblastic T-cell lymphoma 9705/3
Anaplastic large cell lymphoma 9714/3
T-cell proliferation of uncertain malignant
potential
Lymphomatoid papulosis 9718/1
HODGKIN LYMPHOMA
Nodular lymphocyte predominant
Hodgkin lymphoma 9659/3
Classical Hodgkin lymphoma 9650/3
Nodular sclerosis classical Hodgkin lymphoma 9663/3
Lymphocyte-rich classical Hodgkin lymphoma 9651/3
Mixed cellularity classical Hodgkin lymphoma 9652/3
Lymphocyte-depleted classical
Hodgkin lymphoma 9653/3
HISTIOCYTIC AND DENDRITIC-CELL NEOPLASMS
Macrophage/histiocytic neoplasm
Histiocytic sarcoma 9755/3
Dendritic cell neoplasms
Langerhans cell histiocytosis 9751/1
Langerhans cell sarcoma 9756/3
Interdigitating dendritic cell sarcoma1/tumour2 9757/31
9757/12
Follicular dendritic cell sarcoma1/tumour2 9758/31
9758/12
Dendritic cell sarcoma, not otherwise specified 9757/3
MASTOCYTOSIS
Cutaneous mastocytosis
Indolent systemic mastocytosis 9741/1
Systemic mastocytosis with associated
clonal, haematological
non-mast cell lineage disease 9741/3
Aggressive systemic mastocytosis 9741/3
Mast cell leukaemia 9742/3
Mast cell sarcoma 9740/3
Extracutaneous mastocytoma 9740/1
* Morphology code of the International Classification of
Diseases (ICD-0), third edition. Behaviour is coded /3 for
malignant tumours and /1 for lesions of low or uncertain
malignant potential.
* * Neoplasm of uncertain lineage and stage of differentiation
Anche sul Robbins piccolo c’è ancora la classificazione americana e un piccolo cenno a quella europea di Kiel
Questa è una domanda che il prof. Buffa pone con una certa frequenza agli esami: perché Hodgkin e perché non Hodgkin?
Si raccomanda di fare attenzione a quanto svolto in questa lezione perché non è molto chiaro sui testi.
Per chi fosse interessato in modo particolare all’argomento, è uscito nel 2000 il libro : “Tumors of haematopoietic and lymphoid tissues” della WHO (costo 100$). Questo libro è una pietra miliare per il futuro dello studio della patologia emolinfopoietica. Vi sono esaminati l’aspetto radiologico- clinico, la macroscopica, la microscopica – l’ istologia -, la citologia, la citogenetica e la biologia molecolare. Nel libro si è tentato di fare una sintesi di tutto ciò che ad oggi è noto, è possibile utilizzare per arrivare a fare diagnosi di malattia linfo- o mieloproliferativa.
Nel testo suggerito è contenuta la classificazione WHO* delle patologie emolinfopoietiche, che è l’ultima classificazione uscita in assoluto, ma per ora non è ancora entrata in uso.
* NB: Riportata in appendice alla sbobinatura. Tenetela come bagaglio culturale personale.
Fonte: http://matt7692.altervista.org/Archivio%20Sbobinature%2002-04/sbobinatureVIII/anatomiapatologica/22.AP24-05.doc
Sito web da visitare: http://matt7692.altervista.org
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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