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La malaria è un’infezione causata da protozoi del genere Plasmodium (P.), trasmessi all’uomo da zanzare femmine del genere Anopheles, caratterizzata da febbre intermittente accompagnata da brividi, splenomegalia e anemia.
È endemica durante tutto l’anno nei paesi tropicali, mentre nelle zone subtropicali e temperate si manifesta con epidemie nel corso dei mesi più caldi ed umidi.
Ancora oggi alle soglie del 2000, la rappresenta in tutto il mondo un problema non indifferente di sanità pubblica. Si calcola che circa la metà del nostro pianeta 2,7 miliardi di persone vivono in aree endemiche e buona parte dell’altra metà è indirettamente interessata in quanto sono sempre più elevati i flussi di lavoratori e turisti che si recano in tali aree.
Nonostante gli sforzi organizzativi ed operativi dell’OMS la malaria ha subito negli ultimi anni delle impreviste riaccensioni in vaste aree del mondo dove i programmi di eradicazione sembravano avviati al successo. E ciò per motivi climatici ed ambientali favorevoli all’anofelismo e difficilmente modificabili e per la forte espansione della resistenza insorta nei vettori verso gli insetticidi e nei plasmodi verso i chemioterapici
Anche se in Europa l’infezione autoctona è scomparsa definitivamente, la malaria è una patologia che deve essere ben conosciuta dal pediatra italiano ameno nei suoi tratti essenziali in quanto sono sempre più frequenti i casi in:
Le specie di plasmodi in grado di provocare malattia nell’uomo sono 4: P. vivax e P. ovale (malaria terzana benigna), P. falciparum (malaria terzana maligna), P. malariae (malaria quartana). La malaria da P. vivax si verifica in tutto il mondo, comprese alcune regioni temperate. L’infezione da P. falciparum si verifica solo nei tropici e nelle zone subtropicali. La malaria da P. malariae è presente anche se non molto frequente sia in zone tropicali che temperate. P. ovale è diffuso prevalentemente nell’Africa occidentale.
Come abbiamo detto l’infezione si acquisisce solitamente tramite la puntura dell’Anopheles infetta, ma la trasmissione può essere congenita, mediante trasfusioni o per l’uso di aghi contaminati.
La malattia si manifesta dopo un periodo di incubazione variabile, in genere dagli 8 ai 40 giorni, talvolta preceduta da sintomi prodromici non specifici (cefalea, fotofobia, mialgia, nausea e talvolta vomito), è caratterizzata dalla febbre che nei primi giorni irregolarmente intermittente, assume nella seconda settimana il tipico periodismo (ogni 2 giorni: malaria da P. vivax, P. ovale e P. falciparum; o 3 giorni: malaria da P. malariae) con brividi scuotenti durante il rialzo termico e sudorazione profusa durante la defervescenza, dalla progressiva anemizzazione e dalla modica epatosplenomegalia. Altri sintomi sono nausea, vomito, artralgie, dolori addominali e lombari.
L’infezione da P. falciparum, specialmente negli immigrati e nei bambini fra i 4 mesi e i 4 anni, può essere responsabile della malaria maligna (o perniciosa), la cui sintomatologia è caratterizzata da febbre continua, grave alterazione del sensorio fino al coma, agitazione psicomotoria, turbe del comportamento, convulsioni, segni di compromissione meningea; possono essere presenti pure segni di insufficienza renale, alterazioni della microcircolazione e coagulazione intravasale disseminata. Nella donna gravida l’infezione può provocare l’aborto o il parto prematuro specialmente nelle primipare e nel primo mese di gravidanza. Tali manifestazioni sono la conseguenza del sequestro delle emazie parassitate (dai trofozoiti più maturi e dagli schizonti) nei capillari dei parenchimi cui seguono rallentamento della microcircolazione, edemi, ipossia tissutale ecc. (VEDI FOTO a colori 1)
L’infezione da P. malariae è associata alle seguenti sindromi: splenomegalia tropicale: caratterizzata da splenomegalia, anemia emolitica e epatite cronica (infiltrazione linfocitaria della triade portale); sindrome nefrosica: dovuta alla deposizione di immunocomplessi a livello renale; malaria congenita: si può presentare come una sepsi neonatale con sintomi aspecifici, febbre, letargia, anoressia.
La diagnosi si basa sulla ricerca del parassita su strisci di sangue periferico eseguiti sia prima che dopo il rialzo termico colorati secondo Giemsa: nelle infezioni da P. vivax, P. ovale e P. malariae all’interno delle emazie possono riscontrarsi trofozoiti, schizonti o gametociti, nell’infezione da P. falciparum soltanto trofozoiti o gametociti. Si devono eseguire sia uno striscio a goccia spessa che uno sottile, il primo facilita la ricerca quando i parassiti sono presenti in basso numero, il secondo permette una precisa identificazione della specie (VEDI FOTO A CORI 2)
Le prove sierologiche sono utili soltanto ai fini epidemiologici o per fare una diagnosi retrospettiva.
Nella forma perniciosa si ha piastrinopenia, alterazioni della coagulazione, aumento delle transaminasi e della velocità di eritrosedimentazione.
Per la diagnosi differenziale fra le varie forme di malaria riteniamo utile la seguente tabella
|
P. falciparum |
P. vivax |
P. ovale |
P. malariae |
Dimensioni eritrocita |
Normale |
Aumentata |
Aumentata |
Diminuita |
Forma |
Normale |
Normale |
Ovale |
Normale |
Granulazioni |
Maurer (grossolane, rosa scuro) |
Schuffner (fini, rosa) |
James (porpora) |
Ziemann |
N° parassiti per eritrocita |
1-4 |
1 (raramente fino a 3) |
1, talvolta 2 |
1 |
Caratteristiche del trofozoita |
In genere piccolo, spesso binucleato (forma ad anello con castone) |
Anello in genere più voluminoso e più tozzo, oppure forma ameboide |
Anello con castone, talvolta ameboide |
Anello, oppure a banda trasversale |
N° di merozoiti per schizonte eritrocitario |
16 (8-32) |
16 (12-24) |
6-16 |
6-12 |
Gametociti |
A banana |
Sferici |
Sferici |
Sferici |
Ipnozoiti |
No |
Si |
Si |
No |
Percentuale di emazie parassitate |
|
|
|
|
Periodo di incubazione |
8-14 giorni |
Da 12 giorni a 12 mesi |
16 giorni o più |
18-40 o più |
Intervallo fra gli accessi febbrili |
2 giorni |
2 giorni |
2 giorni |
3 giorni |
Durata degli accessi febbrili |
16-40 ore |
8-12 ore |
8-12 ore |
8-10 ore |
Terapia
l trattamento delle infezioni da P. vivax, P. ovale e P. malariae non comporta in genere particolari difficoltà, e si avvale dell’uso della clorochina dosata a 10 mg/Kg di clorochina base al momento della diagnosi, 5 mg/Kg dopo 6 ore, 5 mg/Kg dopo 24 ore dalla diagnosi e 5 mg/Kg dopo 48 ore dalla diagnosi; nelle infezioni da P. vivax e P. ovale tale trattamento è seguito da un ciclo di primachina dosata a 0,25 mg/Kg in unica somministrazione per 15 giorni col fine di eliminare le forme epatiche latenti (ipnozoiti) responsabili di eventuali recidive.
Il trattamento delle infezioni da P. falciparum pone invece problemi terapeutici complessi legati alla farmacoresistenza che si è instaurata in molte aree endemiche, in tali aree la clorochina è in genere sostituita dalla meflochina dosata a 25 mg/Kg in unica somministrazione (nei bambini con peso compreso fra i 15 e i 45 Kg).
Nei casi gravi, in precoma o in coma, a parte la terapia di sostegno, deve essere utilizzato il chinino (in soluzione di destrosio al 10%) per endovena al dosaggio di 20 mg/kg in 500 ml nelle prime 8 ore e poi 10 mg/Kg nelle 24 ore seguenti, successivamente si deve proseguire con terapia orale aggiungendo la tetraciclina dosata a 20-25 mg/Kg die da proseguire per almeno altri 10 giorni.
Nei pazienti con parassitemia superiore al 10% può essere necessaria l’exanguinotrasfusione.
Le misure preventive sono fondamentalmente due: 1) Riduzione dei contatti con le zanzare mediante l'utilizzazione alla finestra ed intorno ai letti di zanzariere (possibilmente da impregnare con insetticidi), l’uso di repellenti per insetti (da applicare ogni 3 ore) e di vestiti che coprano la maggior parte del corpo. 2) La chemioprofilassi.
La chemioprofilassi è indicata per tutti i soggetti non immuni che si recano in aree di endemia anche per visite brevi. Nessun farmaco garantisce una sicurezza assoluta contro la malaria, i farmaci utilizzati nei vari schemi di profilassi infatti non possono prevenire l’infezione (non sono in grado di distruggere gli sporozoiti prima che abbiano invaso gli epatociti), ma fanno abortire le manifestazioni cliniche o le rendono più benigne. La scelta dei preparati dipende dalla intensità della trasmissione, dalla durata del soggiorno nelle zone di endemia e dalla eventuale presenza in queste zone di P. falciparum farmaco-resistenti; in genere viene utilizzata la clorochina 5 mg (di base)/Kg una volta la settimana da una settimana prima dell’arrivo a 4 settimane dopo il ritorno; nelle zone di colorochino-resistenza la meflochina con la seguente posologia: bambini di 15-19 Kg: 62,5 mg una volta la settimana, bambini di 20-30 Kg: 125 mg una volta la settimana, bambini di 31-45 Kg: 187,5 mg una volta la settimana, iniziando sempre 1 settimana prima dell’arrivo e proseguendo fino a 4 settimane dopo l’ultima esposizione. I bambini piccoli non dovrebbero essere portati in aree malariche, specie in quelle dove è descritta la presenza di P. falciparum clorochino-resistente.
Bibliografia
Fonte: http://www.ailmi-onlus.it/Appunti%20studenti/MALARIA1-appunti.doc
Sito web da visitare: http://www.ailmi-onlus.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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