Ortopedia e traumatologia

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Ortopedia e traumatologia

 

Patologie ortopediche nel bambino

Chi mi sa dire cosa vuol dire “ortopedia”?
Vuol dire: arte di assicurare la sviluppo del bambino in modo normale. Questo termine è stato coniato nel 1742 da Nicola Sandrini.
In Italia ci sono state le migliori scuole ortopediche del mondo, perché in Italia si è avuta la possibilità di istituzione di una struttura molto importante, gli Istituti Ortopedici Rizzoli, a Bologna che ha fatto scuola in tutto il mondo per tutte le patologie di tipo ortopedico. Proprio in Italia l’ortopedia si è sganciata per prima dalla chirurgia generale, perché in tutta Europa il chirurgo generale gestisce anche la traumatologia. In Italia, invece, c’è una separazione precisa. Questo è un fatto molto importante perché l’osso ha delle caratteristiche particolari di tipo fisiologico, anatomico, di metabolismo, e quando viene trattato chirurgicamente deve essere trattato con un estremo rigore per quando riguarda la sepsi e il chirurgo generale è un po’ meno preciso in queste problematiche rispetto all’ortopedico. L’infezione dell’osso è un fatto molto grave; nella frattura esposta l’interno dell’osso è a contatto con l’ambiente esterno, già di per sé il termine frattura esposta vuol dire frattura inquinata; da frattura inquinata ad osso infetto il passo è molto breve, poi l’infezione che avviene nell’osso è veramente difficile da estirpare. Questo è un concetto importante che deve essere preso in considerazione anche per la gestione delle sale operatorie ortopediche perché ci deve essere la rigorosa assenza di inquinanti  e di inquinamento.

Ora cominciamo a vedere alcuni argomenti che sono di più frequente riscontro nella pratica ortopedica, uno di questi è sicuramente come visitare un bambino che viene portato dallo specialista ortopedico per un problema di deambulazione, un problema di deviazione del rachide…

 

Patologie ortopediche          

alla nascita:                     -acute   

  • torcicollo miogeno
  • infezioni neonatali ad interessamento articolare
  • lesione da parto

                                         -congenite  *piede torto
*displasia dell’anca-lussazione congenita dell’anca
* metatarso varo o addotto
                                                             *anomalie embrionali di formazione (ectromelia, focomelia,
sindattilia, sinostosi, polidattilie, scapola alta congenita)

Quando si visita un neonato bisogna discernere tra situazioni acute e patologie congenite.
Tra le situazioni acute bisogna tenere in considerazione le lesioni da parto, che ci sono ancora oggi e sono piuttosto frequenti: ogni volta che c’è una situazione di parto distocico si può avere una lesione traumatica, per esempio la frattura della clavicola, che a volte è provocata da chi espleta il parto, per permettere una più rapida uscita del bambino dal canale del parto; le paralisi neurologiche dell’arto superiore; oppure il neonato ha la posizione del capo in un certo modo e quindi si sospetta un torcicollo miogeno o una  malformazione del rachide cervicale. Altro problema enorme nel neonato sono le infezioni, che ora sono molto meno frequenti, perché c’è un’attenta profilassi.
Poi ci sono altre cose che sono più “normali” e che sono più semplici da diagnosticare, perché basta guardare per rendersi conto se, per esempio, il piede del bambino è un piede normale o è un piede torto; oppure se c’è una possibile situazione articolare di un anca che è instabile o francamente lussata. Altre anomalie sono rappresentate da un errato numero delle dita, collegato ad un mancato sviluppo di un arto oppure alla malformazione dell’arto. Sono tutte cose discretamente frequenti, insieme alla sindattilia:
Sindattilia vera:le dita hanno un’unione anche per quanto riguarda la componente scheletrica.
Sindattilia falsa: il problema è solo cutaneo.
Sono esempi per farvi capire che quando si vede un neonato ci vuole un occhio di riguardo per cercare di capire se ci sono dei problemi.

ESAME CLINICO
E’ fondamentale, perché serve a darci una valutazione globale del paziente: riflessi, tono muscolare, sostegno del capo, come si posiziona il bambino se messo a pancia in giù…
-esame arti: lunghezza, volume, trofismo della cute;
-esame del collo: vedere se c’è un piccolo ematoma o qualcosa che ci giustifichi un atteggiamento scorretto del capo;
-esame del tronco: non è semplice nel neonato, bisogna vedere come si atteggia quando è supino o prono, oppure lo si prende per i piedi, lo si solleva e si controlla se c’è una curva scoliotica: se c’è una scoliosi congenita a quel punto salta fuori;
-esame arti inferiori: si intende soprattutto l’anca, l’articolazione coxo-femorale, che nel neonato deve ancora svilupparsi completamente e non c’è ancora il nucleo di accrescimento della testa del femore, il quale compare dal 5°- 6° mese in poi. Bisogna guardare bene l’anca, fare un confronto con l’altro lato, fare dei test e rendersi conto se l’anca è stabile oppure no, soprattutto se c’è una familiarità per displasia dell’anca.

L’importante nell’esame clinico è sviluppare un buon senso dell’osservazione: quando si guarda un paziente, non bisogna guardare solo sede della frattura o il motivo per cui è stato ricoverato, ma bisogna guardarlo in tutta la sua globalità.
Molte fratture di collo di femore non vengono diagnosticate, perché non viene fatto un attento esame clinico: non viene valutata la gamba, non si vede l’accorciamento, non si vede l’extra-rotazione dell’arto.
Quindi è fondamentale l’ OSSERVAZIONE.        

Ectromelie: trasversali o longitudinali.
Focomelia: problema della talidomide, farmaco teratogeno utilizzato negli anni 60.
Sindattilie: sono abbastanza frequenti, possono interessare soprattutto la mano, ma anche il piede; sono classificate in: cutanee (false sindattilie, che si possono correggere molto bene attraverso la chirurgia plastica) e vere con varie gradi di gravità, possono investire sia metacarpi che falangi prossimali della mano.
Sinostosi: due strutture anatomiche scheletriche, per esempio il radio e l’ulna, normalmente sono separate e hanno la funzione di prono-supinazione della mano, ma sono strettamente correlate, collegate da strutture articolari capsulari e legamentose sia a livello del gomito che a livello del polso. Se a livello prossimale o a livello distale, radio e ulna non sono strutturate con una articolazione tra di loro, ma sono unite da un ponte osseo o non c’è stata la separazione o la formazione dell’articolazione, diventa impossibile il meccanismo di prono-supinazione della mano, che è fondamentale per la presa degli oggetti. La riuscita della presa degli oggetti è dovuta al fatto che la mano è leggermente dorsiflessa, poi c’è la presa di forza, che si presenta quando dobbiamo prendere, per esempio, un badile o una vanga, o una presa minima, quando dobbiamo, per esempio impugnare una penna.

Malformazioni embrionali

Questa è una malformazione in cui c’è la presenza di una sola delle due ossa dell’avambraccio, l’ulna, manca il radio e il pollice ha un impianto anomalo nella mano (pollice flottante o ciondolante).  Il pollice è il dito più importante della mano perché si oppone rispetto alle altre dita della mano, si trova, infatti, in un piano diverso rispetto ad esse (diversamente dalla scimmia che ha il pollice sullo stesso piano delle altre dita).
Un’altra malformazione abbastanza interessante è la scapola alta congenita. La scapola deve essere considerata, come la rotula, un osso circondato da strutture muscolari, ma che non ha dei rapporti articolari complessi; la scapola è supportata da muscoli e serve in parte per dare l’attacco all’ arto superiore, all’omero, che articola con il tronco e clavicola davanti. La scapola nasce e si sviluppa a livello cervicale, poi man mano che si ha l’evoluzione dell’embrione e del feto c’è una discesa della scapola a livello dorsale e si arresta tra la 5°-8° vertebra dorsale. Se questa discesa non avviene in modo corretto, si ha il problema della scapola alta congenita o malattia di Sprengel.
Questa patologia potrebbe essere scambiata per una scoliosi, per via dell’atteggiamento posturale molto simile, quindi prima di formulare una diagnosi bisogna sempre fare qualche ulteriore accertamento. Spesso si associa ad altre malformazioni delle strutture muscolari che danno poi l’attacco all’arto superiore (muscolo brachio-pettorale, muscolo piccolo pettorale…;sindrome di Folland (?): assenza del muscolo pettorale), malformazioni delle vertebre o delle dita e dei carpi.
Esiste una malformazione grave delle mani, definite “a granchio”, dove la mano è duplicata, ma magari solo per la parte ulnare e manca la parte radiale della mano. In questi casi la chirurgia della mano può fare molto. Queste cose possono avvenire anche a livello del piede. Ci può essere un piede tozzo con un metatarso molto varo, un  tentativo di sindattilie vere o false, cioè cutanee o anche scheletriche. Un caso particolare di sindattilia può anche interessare i metacarpi e non le dita della mano.
Ci sono, inoltre, altre situazioni patologiche per cui si possono avere difetti strutturali dell’osso che è in via di formazione, in genere si parla di condroplasie o osteodisplasie.
Un’osteodisplasia un po’ particolare è l’osteopetrosi o malattia di Albers, patologia in cui il tessuto scheletrico è molto più mineralizzato di quanto dovrebbe essere e chi è affetto da tale patologia non ha lunga vita, perché gli manca quasi completamente la funzione midollare; è talmente pesante questo scheletro che se il soggetto cadesse in una piscina andrebbe a fondo.

Fratture da parto

Chiaramente i genitori del bambino non sono molto contenti!!!
Fortunatamente nell’arco di pochissimi giorni si forma un callo fibroso, che poi diventa un callo osseo in circa 7-10 giorni: queste fratture riparano in maniera eccezionale, hanno un processo di guarigione talmente alto che anche se rimane un accavallamento dei tessuti scheletrici giustapposti il rimodellamento successivo provoca una correzione quasi anatomica, perfetta del segmento scheletrico interessato.

Torcicollo miogeno

Non ci sono cause certe o meglio ci sono alcune forme di torcicollo miogeno strettamente correlate al momento della nascita, quindi che si manifesta pochi giorni dopo la nascita, ma ci sono altre forme che si manifestano dopo qualche mese senza motivo particolare dopo 1, 2, 3 mesi dalla nascita. Succede che all’interno dello sternocleidomastoideo si ha la formazione di un ematoma, per cui dopo si ha lo sviluppo di fibrosi e il capo del soggetto rimane inclinato dalla parte della lesione, mentre con lo sguardo sfugge la lesione. Se non si corregge con il graduale uso delle manipolazioni e movimenti particolari fatti dal fisioterapista, si può formare quasi una scoliosi facciale, c’è un disassamento delle rime palpebrali e della bocca, con risultato estetico sgradevole.
La diagnosi è clinica: manovre cliniche, ecografia, rotazione del capo con manipolazioni per fuorviare al disturbo.

Piede torto congenito

Nell’embrione la mano si forma alla 4°-5° settimana, mentre il piede un momento dopo. Se capita qualcosa di patologico in quel momento si può avere la situazione di piede torto congenito. Normalmente il piede ha un rapporto particolare con le ossa della gamba, per cui si forma quasi un angolo retto a 90° tra tibia, perone e ossa del piede in modo da avere un appoggio del piede al suolo normale. Se, invece, questo non avviene, ma si forma un angolo superiore ai 90°, si parla di piede equino, piede flesso a livello plantare. Se l’angolo è inferiore a 90° si parla di piede varo, con piede dorsiflesso. La forma più frequente è quella del piede equino-varo supinato.
In questa patologia si ha un arresto dello sviluppo del piede durante la vita embrionale, cioè dalla 6° settimana, quando il piede è del tutto formato; però, normalmente, in quel momento il piede è in posizione di equinismo, varismo e supinazione e tra la 6° e la 14° settimana comincia un certo grado di rotazione sia degli arti superiori che degli arti inferiori, perché l’embrione deve predisporsi per l’uscita. In questo lasso di tempo, 6°-14° settimana, si possono avere diversi gradi di gravità di piede torto. Tutte le strutture del piede sono coinvolte, non solo quelle scheletriche, ma anche capsule, legamenti, muscoli del piede (m. quadrato della pianta del piede, m. pedidio…), muscoli della gamba deputati all’attivazione del piede (m.gastrocnemio…): tutte queste strutture partecipano alla patologia del piede torto. Naturalmente anche il tendine d’Achille (uno dei più grossi del corpo umano) che discende dal tricipite della sura e si inserisce nel calcagno: se il tendine d’Achille è retratto, facilmente il piede sarà in posizione equina.
Esistono diversi gradi di gravità del piede torto:

  • I GRADO: deformità modica, correggibile con una manovra manuale, una manipolazione esterna;
  • II GRADO: quando questa manovra diventa un po’ più complicata e il piede, un po’ più rigido, si corregge poco;
  • III GRADO: quando con la manipolazione non si può correggere.

Cosa vuol dire MANIPOLAZIONE? È una cosa molto semplice: se ho un piede equino varo e supinato devo cercare di correggere, seguendo un certo ordine, le varie deformità, quindi partirò magari, visto che il piede è spinato, cercando di pronarlo, poi se è varo di valgizzarlo, se è equino di portarlo in talo.
La manipolazione deve essere insegnata alla mamma del bambino, che la deve fare molte volte al giorno e in modo continuativo perché è il sistema per mantenere mobile il piede, non farlo diventare rigido e, se c’è il sistema, per evitare l’intervento chirurgico.
Naturalmente le manipolazioni non sono sufficienti, sono un buon punto di partenza, bisogna poi mantenere il risultato migliore, che abbiamo ottenuto con la manipolazione, con un tutore gessato, con un apparecchio gessato o con un tutore di tipo ortopedico.
Allora la terapia incruenta del piede torto è quella appunto di alternare manipolazione, tutore o apparecchio gessato ecc in modo corretto per far sviluppare al meglio questo tipo di struttura anatomica. Se tutto questo non fa arrivare ad una situazione soddisfacente dovremo ricorrere all’intervento chirurgico, che viene fatto il più precocemente possibile perché agiamo solo sulle parti molli e non tocchiamo lo scheletro. Se invece noi passiamo ad una situazione per cui il soggetto è già cresciuto, magari ha già iniziato a camminare con questo tipo di malformazione, sicuramente dovremo andare anche a fare un intervento correttivo sullo scheletro del piede e quindi provocando un ulteriore accorciamento delle ossa del piede ecc ecc… Dobbiamo fare delle osteotomie di correzione. Con uno dei tanti modi possiamo allungare il tendine d’Achille, se c’è una retrazione, aprire la capsula posteriore della tibiotarsica, la capsula quindi tra tibia, perone e astragalo e al limite tra astragalo e calcagno (che è l’osso sotto l’astragalo) e magari allungare le strutture che sono retratte e accorciare quelle che sono allungate  per cercare di dare una correzione ottimale alla posizione del piede.
Vedete che chiaramente alla nascita il piede normale con tibia, perone, calcagno, astragalo, nucleo di ossificazione di … del medio piede, lo scafoide, poi c’è il cuboide, il cuneiforme, i metatarsi e le dita del piede. Invece un piede torto ha una  sua diversa  evidenza radiografica: vediamo l’esempio del piede torto, equino, varo, spinato, il soggetto se dovesse camminare con il piede in questa posizione camminerebbe sul malleolo interno; possiamo fare un allungamento del tendine d’Achille per esempio per guadagnare quella che è la pressione plantare. Il piccolo con piede torto bilaterale viene munito di un apparecchio gessato che deve per forza comprendere il femore, il ginocchio e la gamba perché se noi facciamo solo lo stivaletto gessato ad un bambino con il piede torto, troveremo lo stivaletto gessato in fondo al lettino del bambino esattamente un’ora dopo che l’abbiamo fatto perché sguscia fuori dal gesso. Poi flettere il ginocchio è il sistema migliore per rilasciare la muscolatura che agisce sul piede per mantenerne la migliore correzione possibile. Poi gradualmente si ottiene una certa correzione. Con il passare del tempo si può arrivare ad una quasi normalità.
Non è difficile fare la diagnosi di piede torto, bisogna guardare però!
Naturalmente quando questo soggetto cresce deve essere seguito nel tempo e un sistema molto comodo è quello di metterlo sul podografo per vedere com’è l’appoggio del piede. C’è anche la possibilità di fare dei podogrammi dinamici, oltre che statici, ma anche quello statico ha la sua importanza. Si vede come appoggia il piede: l’appoggio del piede dovrebbe essere normalmente solo sul tallone, sul bordo esterno del piede e sulla regione delle teste metatarsali e tutte le dita dovrebbero appoggiare al suolo. Se questo non avviene siamo in diverse situazioni patologiche: si può avere un piede cavo o un piede piatto.

Displasia dell’anca o lussazione congenita dell’anca
È un problema importante che però comincia, almeno qui nel nord, a diventare un po’ meno grave.
Voi sapete che ci sono delle zone in questo circondario, in Brianza soprattutto, dove c’è un’alta incidenza di displasia dell’anca, è molto frequente anche nella cosiddetta “middle europa” cioè in Austria, Carinzia…. quei posti lì… Ci sono zone in cui la displasia dell’anca ha un’incidenza decisamente alta e la Brianza è una di queste.
Cosa vuol dire displasia congenita o meglio usare il termine “displasia evolutiva dell’anca”? è un complesso di anomalie di sviluppo e di conformazione dell’articolazione coxo-femorale per cui c’è un cotile o acetabolo malformato, piccolo, molto stringente, poco continente; la testa femorale può essere anche in forte ritardo di presentazione come nucleo di ossificazione e una capsula e dei legamenti della capsula articolare dell’anca piuttosto lassi. Per cui in poche parole si ha un’anca un po’ instabile, con una testa femorale non perfettamente centrata nell’acetabolo e questo può provocare dei guai se lo sviluppo prosegue in una situazione di questo tipo.
Quindi dalla situazione più favorevole che è quella della cosiddetta anca instabile, se il soggetto poi si pone in carico e comincia a camminare, ci troviamo in una situazione in cui l’anca o diventa decisamente instabile o francamente si lussa, quindi si hanno delle situazioni piuttosto gravi e serie.
Sapete cosa significa quando un’articolazione si lussa per un fatto traumatico o si ha una distorsione? C’è una differenza: in poche parole distorsione e lussazione sono quasi la stessa cosa, solo che nella distorsione non si ha la perdita dei rapporti articolari o se ne ha una perdita solo istantanea, momentanea, poi si ha un ripristino della situazione articolare; la lussazione, traumatica soprattutto, c’è quando si ha la perdita permanente dei rapporti articolari.
Un conto è la lussazione traumatica, un conto è quella congenita, sono due cose piuttosto diverse tra di loro. Nella seconda il cotile o acetabolo è malformato o comunque dismorfico, poco profondo soprattutto, non accoglie bene la testa femorale, il tetto del cotile è molto sfuggente. A livello femorale: la testa del femore può avere un nucleo di ossificazione che non compare affatto nei tempi previsti. Il primo nucleo di ossificazione dovrebbe comparire verso il 4° o 5° mese dalla nascita: Un altro nucleo di ossificazione molto importante che deve essere presente alla nascita a livello del femore è il nucleo di accrescimento distale del femore, che è il  nucleo di …(?). Se manca questo si può fare una diagnosi quasi sicura di ipotiroidismo. Quindi questo deve esserci a livello distale; a livello prossimale, dell’anca la comparsa del nucleo della testa del femore è verso il 4°-5° mese, nella displasia congenita dell’anca questo può essere molto ritardato o magari non comparire affatto. Il collo del femore è eccessivamente valgo, se fosse varo sarebbe più vicino ai 90°, valgo vuol dire che invece di essere 120°-130°-140° normalmente, è addirittura 160°- 170°: Inoltre la capsula articolare è molto lassa.
Anche qui, come per il piede torto, bisogna fare una diagnosi precocissima perché dobbiamo renderci conto che ci troviamo di fronte ad una situazione di anca instabile e se facciamo tutto quello che dobbiamo fare evitiamo sicuramente dei grossi guai a quel soggetto, che di solito è di sesso femminile, con un rapporto femmine: maschi di 4 o 5:1 addirittura, oltre 3:1 comunque. Evitiamo per esempio un’artrosi precoce dell’anca e un sacco problemi.
SEGNI CLINICI
Il soggetto presenta un rischio se c’è un’anamnesi positiva per questo tipo di situazione a livello familiare; poi vedete se ci sono segni o sintomi clinici che possono essere di presunzione, di probabilità o di certezza.
Quelli di presunzione sono in un determinato soggetto vedere il comportamento  delle pliche cutanee della rima bulbare per esempio, quindi rendersi conto, esaminando davanti e di dietro, se c’è una asimmetria di queste pliche cutanee; una tendenza alla extrarotazione e abduzione e flessione dell’anca perché l’ileopsoas tira di più; l’ileopsoas è quel muscolo che parte dalle apofisi traverse delle vertebre lombari, la parte iliaca, l’ileopsoas invece parte dal bacino e finisce sul piccolo trocantere. Poi magari ci può essere un arto che apparentemente è un po’ più corto. Se si testa l’articolazione si vede che è un po’ più rigida. Magari ci possono essere altre malformazioni che sono la spia del fatto che magari ci può essere un’anca displasia: magari c’è un piede torto.
Segni di probabilità: allora qui c’è la famosa manovra dello scatto di Ortolani. Premesso che Ortolani era un pediatra e non un ortopedico, lui ha messo a punto questo test utilissimo che in Inghilterra viene conosciuto come test di Barlow. Più o meno i due test si equivalgono. La manovra di Ortolani consiste nel fatto che l’anca sollecitata in un certo modo, chi fa questa manovra avverte con il tatto o proprio con l’udito il rumore di qualche cosa che fa sospettare che l’anca è instabile. Questo viene fatto normalmente in sala parto, appena il bimbo è nato, è uno dei test che si fanno per vedere se tutto è normale: si mette il pollice dove c’è la regione del piccolo trocantere, il medio dove c’è la regione del grande trocantere , l’anca viene flessa ed extraruotata e, se c’è una situazione di instabilità, si avverte come uno scatto, c’è una discussione per capire se sia lo scatto di entrata o lo scatto di uscita, però si mette in evidenza una situazione di instabilità dell’articolazione dell’anca; se questo avviene subito all’atto della nascita e se permane dopo uno o due giorni, questa positività dello scatto di Ortolani, allora è chiaro che si mettono in opera immediatamente tutte le cose utili: si mette il cuscino divaricatore, poi si fa fare rapidamente un’ecografia all’anca del soggetto; poi ci sono altre manovre un po’ più scarse dal punto di vista diagnostico, quella dello stantuffo e altre che possiamo tralasciare.
Naturalmente poi ci sono i segni di certezza e allora è chiaro che qui entra anche la diagnostica di tipo strumentale, ora soprattutto l’ecografia, poi anche la radiografia. Chiaramente la radiografia con tutto quello che può implicare farla in un bambino molto piccolo. Ormai le ecografie fatte per il controllo dell’articolazione dell’anca sono abbastanza frequenti, può capitare che anche il medico di base abbia in visione questo tipo di esame, quindi qualcosa bisogna conoscerlo della normale anatomia ecografica dell’anca e di quello che induce la patologia. Comunque noi non abbiamo una visione così bella di questa immagine nell’ecografia, anzi non si capisce assolutamente nulla nell’ecografia, se non delle tonalità diverse di grigio e di nero e qui bisogna interpretare un po’  delle ombre. Però si sa che ci sono delle linee un po’ particolari: la linea 1, la linea 2 e la linea 3, che delimitano degli angoli alfa e beta, che sono quelli che, se stanno entro certi range, ci dicono se un’anca è normale, lievemente anormale o francamente anormale. Comunque magari in reparto ridiscuteremo questo fatto dell’ecografia.
La certezza assoluta comunque l’abbiamo con la radiografia. La radiografia è utile non in fase iniziale, non a 15-20 giorni dalla nascita a meno che ci sia una necessità particolarissima o altre motivazioni per cui bisogna farla così precocemente; è utile verso il 3°-4° mese o già dal 2° mese e mezzo-3° in poi e comunque quello che è importante considerare è che se noi consideriamo alcune linee teoriche, che dobbiamo avere bene in mente quando vediamo una radiografia di un neonato, che deve però essere fatta correttamente per evitare false diagnosi, bisogna avere l’accortezza che le due strutture iliache e per esempio i forami otturatori siano simmetrici non che se ne vedano di più uno e meno l’altro, se no vuol dire che il paziente è posto male.
Nell’anca normale il nucleo della testa femorale è centrato nell’acetabolo, che è la struttura che si forma dalla confluenza di ileo, ischio e pube, che si fondono in quella struttura che è la cosiddetta immagine della cartilagine triradiata o ipsilonica che è quella dell’acetabolo. La testa del femore deve essere ben contenuta, quindi non deve fuoriuscire. In caso contrario l’acetabolo è più sfuggente, il nucleo è più piccolo e spostato esternamente e il profilo mediale del collo del femore invece di proseguire con quello del forame otturatorio, non è certo congruente con questo. Questi sono i punti fondamentali, salienti per dire se l’anca è patologica.
La famosa triade di punti, uno è il punto ortopedico di Zoe, che è stato il più grande ortopedico italiano, quello che ha fondato il punto ortopedico di Zoe …(frase assolutamente incomprensibile… scusate) è sfuggenza del tetto del cotile, ipoplasia del nucleo di accrescimento della testa femorale e interruzione dell’arco di Shenton.
Cosa si deve fare? Si deve ricentrare la testa e il collo del femore nella corretta posizione rispetto all’acetabolo, quindi lo possiamo fare con un tutore, con una manovra incruenta e un apparecchio gessato o, se necessario, con un intervento chirurgico.
Sono stati studiati vari tipi di divaricatori per questo problema, il più antico è quello di Butti, se no quello di Milgram… e ce ne sono tantissimi altri. Queste, in poche parole, sono tutte quelle cose che ci permettono di porre l’articolazione ben centrata, la testa del femore ben centrata nel cotile.
L’anca in una certa posizione viene centrata, esistono test di centratura: quando mettiamo il divaricatore, facciamo fare poi una radiografia per vedere se l’anca è centrata e, in questo caso, si decide di mantenere quel divaricatore.
La cosa fondamentale, fatta la diagnosi, è ridurre la testa del femore nella cavità acetabolare, riduzione che può essere incruenta o cruenta, e la contenzione deve essere assicurata o dal gesso o dal tutore.
Se la testa è totalmente fuori dall’acetabolo, allora si fa un’osteotomia del bacino per coprire la testa del femore, è chiaro che se riusciamo ad evitare una forma di chirurgia di questo tipo, sicuramente è meglio. Ad un certo punto l’anca tende a riformarsi, anche se permane sempre una certa situazione di decentramento.
Controllate sempre anche il lato sano.
Per migliorare la situazione si può fare un’osteotomia del collo del femore. 
Se il soggetto passa misconosciuto dal punto di vista diagnostico in fase iniziale, poi si mette in piedi, cammina e ci troviamo in una situazione di questo tipo in cui la lussazione è bilaterale, alta iliaca, il soggetto cammina come una papera o un papero. Il soggetto di sesso femminile, con lieve displasia dell’anca può avere un’andatura molto particolare: Marilyn Monroe aveva un gran bel sedere, scusate il termine, ma aveva una  displasia bilaterale dell’anca e quella camminata un po’ particolare che faceva voltare tutti gli uomini.
Ci sono situazioni più gravi in cui il soggetto non cammina certo come Marilyn Monroe!!!
È una patologia abbastanza frequente.
Trovate tutto sul testo: è molto più frequente nel sesso femminile, non sappiamo con precisione, come per il piede torto, cosa possa capitare, cosa possa succedere ad un certo punto per cui qualcosa disturba la corretta formazione di un’articolazione molto importante e portante come l’anca che deve permettere poi la deambulazione e la stazione eretta. Sicuramente c’è un fattore familiare, genetico.
La displasia può essere sia mono che bilaterale, monolaterale è più frequente, bilaterale è abbastanza frequente. Attenzione perché poi una delle forme di artrosi dell’anca abbastanza frequente e che comunque coinvolge soggetti abbastanza giovani, per giovani intendo soggetti che  tra i 30 e i 40 anni possono sviluppare un’artrosi dell’anca, sono soggetti che hanno avuto una lieve o lievissima displasia dell’anca passata inosservata. Ma hanno poi una forma di artrosi su base displasica dell’anca quando si fanno una radiografia dell’anca si vede chiaramente che quella è un’artrosi displasica, cioè riconosce una genesi malformativa. Naturalmente non è solo la lussazione congenita dell’anca la patologia che ci interessa, ci sono anche situazioni particolari di osteocondrosi o di scivolamento della testa femorale ecc che possono interessare l’anca, le vedremo.
La displasia può essere associata con cardiopatie, con malformazioni di tipo renale o di tipo ortopedico, tipo il piede torto che allora a quel punto si dice piede torto sintomatico perché segnala la presenza di displasia dell’anca: ci sono situazioni di questo tipo; ecco perché quando si vede un piede torto è sempre utile fare anche un’ecografia dell’anca.

Fonte: http://matt7692.altervista.org/Archivio%20Sbobinature%2002-04/sbobinatureX/ortopedia/01.Ortopedia-13.03.03.doc

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Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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