Piante officinali

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Piante officinali

Allium sativum L.
(aglio; garlic, softneck garlic, hardneck garlic, rocambole) (fam: Amaryllidaceae)
Fonte: farmacovigilanza.org. 2001

 

Allium sativum L. è il nome latino dell'aglio, il bulbo utilizzato così diffusamente in gastronomia. La pianta dell'aglio è perenne ed è oggi coltivata in tutto il mondo, ma si crede sia originaria delle zone centrali dell'Asia. Esistono differenti specie di aglio (Allium vineale, Allium ursinum, Allium fragrans, Allium oreaceum tra queste) e tutte sembrano avere qualità medicinali. Tuttavia, l'aglio comunemente usato anche in cucina è quello che ha ricevuto le maggiori attenzioni dalla comunità scientifica ed è usualmente utilizzato per le sue proprietà medicinali (1).
Nonostante sia stato impiegato nella medicina tradizionale come rimedio per vari disturbi (come antispasmodico, antisettico, etc.), attualmente l'aglio viene utilizzato per ridurre la pressione arteriosa e l'ipercolesterolemia (2). Sono inoltre oggetto di studio l'attività antitrombotica e quella antineoplastica (3).
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità ".... può essere usato come adiuvante della dieta nel trattamento dell'iperlipidemia e nella prevenzione dell'aterosclerosi vascolare (età-dipendente) e può essere utile nel trattamento dell'ipertensione di tipo lieve" (4).
La riduzione della pressione arteriosa prodotta dall'aglio è un effetto di breve durata e per ottenere un effetto duraturo bisogna ingerire diversi spicchi al giorno (5). L'azione antiipertensiva dell'aglio sembra essere dovuta ad una azione modulatrice nitrossido-dipendente sui fattori sia vasodilatatanti che vasocostrittori (6).
Una metanalisi dei dati provenienti da studi clinici condotti su soggetti affetti da ipercolesterolemia dimostra che il trattamento con aglio riduce i livelli di colesterolo totale in misura maggiore rispetto al trattamento con placebo. Tuttavia gli autori traggono la conclusione che, poiché l'effetto è modesto, l'uso dell'aglio nell'ipercolesterolemia, soprattutto in presenza di livelli di colesterolo molto alti, è discutibile (7).
Un'altra metanalisi pubblicata di recente riguarda gli studi clinici condotti su soggetti affetti da aterosclerosi agli arti inferiori (soggetti affetti da arteriopatia obliterante periferica). Le conclusioni dello studio sono che in questa patologia l'aglio non produce alcun effetto benefico (8).
Oltre agli effetti ipotensivi e ipocolesterolemizzanti, all'aglio vengono riconosciute attività antibatteriche e antimicotiche. Inoltre inibisce l'aggregazione piastrinica, incrementa la fibrinolisi e aumenta il tempo di sanguinamento.
L'aglio contiene il principio attivo allicina in misura non inferiore allo 0.45% (9). Altri composti contenuti nell'aglio sono l'alliina (circa l'1%) (10), S-metil-L-cisteina sulfossido, gamma-L-glutamil peptidi, S-allil-cisteina, aminoacidi, steroidi e adenosina (11).
Una volta che l'aglio è schiacciato o triturato si forma allicina a partire dalla alliina attraverso una reazione chimica catalizzata dell'enzima allinasi. Il composto allicina possiede attività antiossidante (12) e antimicrobica (13). E' attiva contro un ampio spettro di germi di tipo Gram-negativo e Gram-positivo, e contro ceppi resistenti di Escherichia coli (14). Possiede anche attività antimicotica (15) e antiparassitaria contro l'Entamoeba histolytica e la Giardia lamblia (16) e antivirale (17). L'effetto antimicrobico è dovuto all'azione dell'allicina su vari enzimi coinvolti nel metabolismo dei microorganismi (18).
Sono molte le evidenze scientifiche che indicano che l'aglio oltre a ridurre i livelli di colesterolo e dei trigliceridi plasmatici può inibire lo sviluppo di processi aterosclerotici (19). Gli estratti di aglio e diversi suoi costituenti mostrano di possedere attività antitrombotica (20, 21). Questa attività è stata dimostrata sia in vitro che in vivo. Le sostanze che hanno mostrato la maggiore attività in vitro sono l'allicina e l'adenosina, ma poiché entrambe sono rapidamente metabolizzate una volta introdotte in un organismo vivente, il loro contributo alla attività antitrombotica dell'aglio è dubbio. Anche un altro principio attivo, l'ajoene, sembra possedere attività antitrombotica ed è stato sviluppato come farmaco per il trattamento dei disturbi tromboembolici (22).
Uno studio clinico controllato, pubblicato nel 1999, ha dimostrato che l'aglio è in grado di ridurre in una certa percentuale di soggetti (6-13%) la formazione di placche aterosclerotiche che si verifica con l'avanzare dell'età (23).
Le proprietà terapeutiche dell'aglio sul sistema cardiovascolare sembrano essere dovute alla attivazione della forma costitutiva dell'enzima nitrossido sintasi (24).
Studi epidemiologici hanno suggerito che l'aglio potrebbe avere un ruolo significativo nella riduzione dei decessi causati da neoplasie maligne. Questa osservazione ha portato molti studiosi ad investigare l'aglio e suoi costituenti per la loro attività antitumorale (25). Dell'attività antitumorale dell'aglio sarebbe responsabile una serie di composti tra cui il più importante è l'S-allil-cisteina (26).
L'aglio può essere assunto per via orale sotto forma di pillole, capsule, sciroppi, tinture oppure per via topica. L'allicina, il più importante costituente dell'aglio, è instabile e quindi facilmente deteriorabile durante la manufattura dei prodotti. Dal punto di vista della resa in termini terapeutici è preferibile assumere aglio fresco. Dal punto di vista tossicologico le preparazioni più sicure sembrano essere quelle a base di aglio invecchiato (27).
Viene raccomandata la seguente posologia: estratti titolati ad almeno il 13% di allicina alla dose di 300 mg per 2-3 volte al giorno (28); oppure 4 grammi di aglio fresco (approssimativamente 1 spicchio) tritato; come infuso, 4 g in 150 ml di acqua; 4 ml di estratto fluido 1:1 (g/ml); come tintura 20 ml di una soluzione 1:1 (g/ml) (29). Nella tabella I sono elencati alcuni prodotti contenenti aglio presenti in commercio in Italia.

Tabella I. Elenco di alcuni prodotti contenenti aglio presenti in commercio in Italia.

Prodotto

Ditta fornitrice

Aglio ABO estratto e opercoli

ABOCA

Aglio cps

ARKOFARMA

Aglio inodore capsule

BIOVITA

Aglio prezzemolo pastiglie

BODY SPRING

Fior d'Aglio perle

BOOTS H.M. VITI

Aglio cpr

CARLO ERBA OTC

Aglio bulbo cps

DOCTEUR NATURE

Aglio perle

EMME ZETA

Aglio ERB opercoli

ERBEX

Aglio cpr

FITOSALUTE

Aglio inodore perle

GRICAR CHEMICAL

Aglio inodore tavolette

LA FARMOSANITARIA

Aglio estratto tavolette

MOLDES

Aglio estratto pianta fresca

NATUR PHARMA GROUP

Aglio cpr

OTTOLENGHI

Aglio tavolette

PEGASO

Aglio estratto secco capsule

PHARBENIA

Aglio perle gelatinose

PHYTOTERAPICO VENEZIANO

Aglio polvere micronizzata opercoli

PLANTA MEDICA

Aglio perle

PRONAT

Aglio bulbi macerato

PRONAT

Aglio perle bulbo

RAO ERBE

Agliosan confetti

SAN VALLE

Aglio inodore perle

SAVALON

Aglio inodore capsule

SOLGAR ITALIA

KWAI integratore concentrato di aglio confetti

SOLVAY PHARMA

Aglio perle gelatinose

SPECCHIASOL

Aglio cpr

VITA-FO

Aglio perle

VITASALUS

Aglio plus confetti, tavolette

WASSEN ITALIA

Effetti collaterali e reazioni avverse Tra i possibili effetti collaterali più comuni vi sono: alito sgradevole; ulcera gastrica e anemia; diarrea (27).
L'aglio, anche se non frequentemente, può causare reazioni allergiche quali asma e dermatiti da contatto. Sono stati descritti diversi casi di asma e rinite da aglio insorti in soggetti esposti alla pianta per motivi professionali (30). E' stata ipotizzata l'esistenza di una reattività crociata tra pollini allergenici e cibi vegetali come l'aglio (31).
E' stato segnalato un caso riguardante una donna di 23 anni che ha sviluppato una reazione anafilattica in seguito ad assunzione di aglio e che in precedenza aveva sofferto di episodi allergici collegati a pollini e ad alimenti. E' stato ipotizzato che tale cross-reattività potrebbe essere la causa di una maggiore esposizione al rischio di reazioni da parte di soggetti allergici a vari tipi di polline (32).
Dati sperimentali che dimostrano che la somministrazione cronica di aglio nel ratto produce inibizione della spermatogenesi, indicano che terapie prolungate con aglio potrebbero influenzare la fertilità maschile (33).
Un caso di ematoma spinale epidurale spontaneo con conseguente paraplegia si è verificato in un uomo di 87 anni, causato alterazione della normale aggregazione piastrinica attribuita ad eccessiva ingestione di aglio (l'uomo consumava quotidianamente 4 spicchi al giorno corrispondenti a circa 2 grammi) (34). Un altro caso è stato descritto in una uomo di 72 anni, consumatore di tavolette a base di aglio, che in seguito a resezione transuretrale della prostata ha manifestato una riduzione dell'emostasi con emorragia postoperatoria della durata di alcune ore (35).
Tra gli eventi avversi provocati dall'aglio bisogna anche annoverare la dermatite da contatto descritta da diversi autori (36, 37). Recentemente è stato descritto il caso di un cuoco che ha sviluppato a causa della sua professione una lesione cutanea di tipo zosteriforme in seguito a contatto con l'aglio (38). Le lesioni cutanee provocate dall'aglio possono essere anche gravi. Lesioni di tipo vescicante insieme ad ustioni di secondo grado sono stare descritte in un lattante di 3 mesi a cui era stata applicata sulla cute una preparazione a base di aglio (39).
Interazioni Nonostante non sia stato segnalato alcun caso di interazione tra aglio e farmaci, il suo uso è stato associato a riduzione dell'aggregazione piastrinica. In uno studio, pubblicato parecchi anni fa (nel 1978) e condotto su pochissimi soggetti (6 pazienti), veniva osservato come questo effetto si può presentare anche dopo solo alcuni giorni dall'inizio dell'assunzione (40). Alla luce di queste osservazioni si ritiene che l'associazione di aglio con farmaci come il warfarin, anticoagulante, può causare disturbi della coagulazione con aumento del tempo di emorragia (41).


Tabella II Possibili effetti collaterali e reazioni avverse causate dall'aglio.

Effetto collaterale-ADR

Referenza bibliografica

Alito sgradevole, ulcera gastrica, anemia.

Sumiyoshi H Nippon Yakurigaku Zasshi 1997; 110 Suppl 1: 93P-97P.

Asma e rinite

Seuri M, Taivanen A, Ruoppi P, Tukiainen H. Clin Exp Allergy 1993; 23: 1011-1014.

Reazione anafilattica

Perez-Pimiento AJ, Moneo I, Santaolalla M, de Paz S, Fernandez-Parra B, Dominguez-Lazaro AR. Allergy 1999; 54: 626-629.

Possibile riduzione della fertilità maschile

Dixit VP, Joshi S. Indian J Exp Biol 1982; 20: 534-536.

Ematoma spinale epidurale

Rose KD, Croissant PD, Parliament CF, Levin MB. Neurosurgery 1990; 26: 880-882.

Aumento del tempo di sanguinamento

German K, Kumar U, Blackford HN. Br J Urol 1995; 75: 518.

Dermatite da contatto

Eming SA, Piontek JO, Hunzelmann N, Rasokat H, Scharffetter-Kachanek K. Br J Dermatol 1999; 141: 391-392.Fernandez-Vozmediano JM, Armario-Hita JC, Manrique-Plaza A. Contact Dermatitis 2000; 42: 108-109.Jappe U, Bonnekoh B, Hausen BM, Gollnick H. Am J Contact Dermat 1999; 10: 37-39.Rafaat M, Leung AK. Pediatr Dermatol 2000; 17: 475-476.

Avvertenze Il proprio medico dovrebbe essere sempre consultato prima di assumere aglio a dosi terapeutiche:

  • se si sono manifestati in passato fenomeni allergici di qualsiasi tipo (31);
  • se si è affetti da epatopatie (potenzialmente epatotossico) (42);
  • se si è affetti da insufficienza renale (non esistono studi sufficienti sui pazienti nefropatici) (43);
  • in gravidanza;
  • durante l'allattamento (44);
  • se si sta programmando di procreare.

Controindicazioni Il trattamento con aglio a dosi terapeutiche è controindicato: se si è in trattamento con farmaci che influenzano la coagulazione sanguigna (aspirina, warfarin, etc) o con farmaci antiinfiammatori non steroidei; prima di un intervento chirurgico (può prolungare il tempo di sanguinamento) (35, 45).

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Aloe vera (L.) Burm. f., Aloe ferox Mill.
(aloe delle Barbados, aloe vera; aloe del Capo, true aloe) (fam.: Liliaceae)
Fonte: Società Italiana di Fitoterapia

 

Botanica: A. vera (sin.: Aloe barbadensis Mill.), originaria dell’Africa Meridionale, è una pianta succulenta erbacea perenne munita di foglie carnose a margine spinoso lunghe 30-50 cm e larghe alla base 10 cm; i fiori sono tubulari di colore giallastro, lunghi 25-35 e organizzati in spighe. A. ferox, originaria invece dell’Africa Settentrionale e successivamente introdotta nelle Antille, è una pianta perenne arborescente munita di un fusto di 2-3 metri di altezza coronato con una rosetta di foglie ovali-lanceolate di 40-60 cm di lunghezza; i fiori riunti a grappolo e di colore dal giallo al rosso sono portati da uno scapo che si eleva dal centro della rosetta.
Droga: A) Farmacopea Italiana X Ed.: succo condensato ed essiccato delle foglie di A. barbadensis Mill. contenente non meno del 28,0% di derivati idrossiantracenici, espressi come barbaloina e calcolati con riferimento alla droga essiccata, oppure succo condensato ed essiccato dele foglie di varie specie di aloe, principalmente di Aloe ferox Mill. e dei suoi ibridi, contenente non meno del 18% di derivati idrossiantracenici, espressi come barbaloina e calcolati con riferimento alla droga essiccata. B) Farmacopea Europea IV Ed.: come Farmacopea Italiana.
Costituzione chimica della droga: i principali costituenti biologicamente attivi sono dei 10-C-glicosidi di aloe-emodina antroni; di questi composti, l’aloina (barbaloina) è quello contenuto in maggiore quantità (si tratta di una miscela degli enantiomeri aloina A (10S) e aloina B (10R)); quantitativamente minoritaria è la 5-idrossialoina A. A. ferox contiene anche l’aloinoside A e l’aloinoside B, che sono dei 10-C- e O-glicosidi dell’aloe-emodina antrone.
Farmacologia: l’aloina A e B, la 5-idrossialoina e gli aloinosidi A e B presenti nella droga non vengono assorbiti nel tratto superiore dell’intestino, ma nel colon vengono idrolizzate dalla flora batterica in metaboliti attivi (il principale è l’aloe-emodina-9-antrone), che stimolano la motilità colonica accelerando il transito in questa parte dell’intestino; inoltre, attraverso meccanismi che probabilmente coinvolgono l’enzima Na+,K+-adenosina trifosfatasi e i canali del cloro, aumentano il contenuto di acqua dell’intestino crasso. 
Tossicologia: la droga e gli estratti della droga non sembrano essere tossici per somministrazione acuta e subcronica (fino a 50 mg/kg/die os di estratto per 12 settimane nel topo); altrettanto dicasi per l’aloina A (fino a 60 mg/kg/die os per 20 settimane nel topo). L’estratto (fino a 1.000 mg/kg os) e l’aloina A (fino a 200 mg/kg os) non  sono risultati embriotossici e teratogeni nel ratto; i risultati dei tests di teratogenicità in vitro e in vivo sono risultati negativi.   
Clinica: la prova dell’efficacia dell’aloe come lassativo deriva dalle esperienze della medicina empirica.
Indicazioni terapeutiche*: trattamento a breve termine della costipazione occasionale.
Effetti collaterali, controindicazioni, interazioni, precauzioni speciali*: possono verificarsi dolori e spasmi intestinali, soprattutto in presenza di colon irritabile. L’aloe è controindicato nella costipazione cronica, in caso di stenosi, ostruzione o atonia dell’intestino, nelle malattie infiammatorie intestinali (morbo di Chron), nella colite ulcerosa, nell’appendicite, in presenza di dolori addominali di origine sconosciuta, negli stati di grave disidratazione e nei bambini al di sotto dei 10 anni. Come nel caso di tutti i lassativi, l’aloe non deve esere usato per più di 2 settimane consecutive (salvo diversa prescrizione medica). L’impiego cronico può causare la pigmentazione del colon (melanosis coli), che peraltro scompare interrompendo il trattamento, e, come avviene per tutti i lassativi che contengono composti antrachinonici, può indurre ipopotassiemia, con conseguenti disfunzioni cardiache e neuromuscolari, albuminuria ed ematuria. L’ipopotassiemia risultante da un impiego cronico dell’aloe può potenziare l’azione dei glicosidi cardioattivi; l’aloe può interagire con i farmaci antiaritmici (per sempio, la chinidina) e il suo impiego assieme a quello di altri farmaci (per esempio, i diuretici tiazidici, gli adrenocorticoidi) e delle sostanze (per esempio, la liquirizia) che consumano potassio può aggravare lo squilibrio elettrolitico. In generale, l’efficacia di tutti i farmaci assunti concomitantemente può risultare ridotta a causa dell’accelerazione del transito intestinale. Poiché molti antranoidi sono genotossici (per esempio, l’aloe-emodina), l’uso dell’aloe nel corso del primo trimestre di gravidanza è sconsigliato; l’uso di questa pianta è da evitare anche durante l’allattamento, perché piccole quantità di metaboliti dei costituenti antrachinonici possono passare nel latte.
Dosaggi*: 10-30 mg/die di idrossiantrachinoni calcolati come barbaloina.
Monografie ESCOP, WHO monographs, vol. 1, 1999

 

Fonte: farmacovigilanza.org. 2000

L'Aloe è una grande pianta xerofita tropicale e subtropicale, originaria dell'Africa e appartenente alla famiglia delle Liliacee. Oggi sono conosciute più di 180 specie diverse. Può essere utilizzata come gel (ottenuto tagliando le foglie della pianta) da applicare topicamente o come estratto secco o in soluzione idroalcolica ottenuti sempre dalle foglie. I componenti principali dell'Aloe sono: antrachinonici in parte liberi (aloemodine, acido crisofanico) (0,05-0,5 %) e in parte glicosilati (aloina o barbaloina) (5-25 %), l'acemannano, un olio essenziale (0,03 %), sostanze ormono-simili e una resina a carattere fenolico (16-63 %) (1).
L'uso moderno del gel di Aloe ha avuto inizio negli anni 30, quando sono stati riportati i positivi effetti sulle ustioni da radioterapia (2). Si ritiene che la pianta abbia attività antiinfiammatoria (3) e antiossidante grazie alla presenza di isoenzimi della superossidodismutasi (4), nonché immunostimolante, grazie alla presenza dell'acemannano (5, 6).
L'Aloe è stata usata in passato come lassativo (7) e viene usata ancora oggi come topico per ridurre il dolore e favorire la guarigione di ustioni, ferite ed eritemi solari (8). Nella medicina tradizionale è stata anche utilizzata come amaro-tonico, eupeptico, colagogo (9).
Nella medicina popolare è consigliata per: allergie alimentari, malattie del sistema immunitario, ulcere gastro-duodenali, malattie infiammatorie croniche. Viene anche usata per la prevenzione degli effetti iatrogeni radio-chemioterapici e nelle malattie infettive (10, 11, 12). Alcuni studi effettuati negli ultimi anni, in vitro o su animali di laboratorio, suggeriscono che sostanze contenute nella pianta potrebbero avere effetti antineoplastici. (13, 14). Ciò ha portato al suo utilizzo clinico nelle malattie neoplastiche. Tuttavia non esistono al momento trial clinici che supportano l'uso dell'aloe in tutte le patologie sopra descritte.
La posologia consigliata è di 0,050 g al giorno (50 mg al giorno di tintura o estratto) in due somministrazioni durante i pasti per non più di due settimane. Per uso topico si consiglia l'applicazione 3 volte al giorno. L'uso in gravidanza è sconsigliato. Un elenco delle preparazioni disponibili in Italia è riportato in Tabella I.
Il medico dovrebbe essere consultato prima di assumere l'Aloe per via orale in ognuna di queste condizioni:

  • mestruazioni (possibile stimolazione dell'endometrio);
  • malattia di Crohn;
  • colite ulcerosa;
  • appendicite o altre malattie infiammatorie intestinali;
  • dolore addominale (da causa non nota);
  • assunzione di glicosidi digitalici (possibile perdita di potassio);
  • assunzione di antiaritmici (possibile perdita di potassio);
  • assunzione di diuretici tiazidici, liquirizia, corticosteroidi (la perdita di potassio può essere aggravata da questi farmaci);
  • gravidanza;
  • allattamento;
  • età pediatrica.

La tossicità dell'Aloe sembra avere come bersaglio la cute (Tabella II). Nel 1980 è stato segnalato un caso di dermatite papulare ed eczematosa presumibilmente da contatto in una donna di 47 anni che da 4 faceva uso sia per via orale che per via cutanea di Aloe vera e che è risultata positiva ai tests allergologici all'Aloe (15).
Nel 1991 sono stati segnalati quattro casi (3 donne e un uomo di età tra 40 e 65 anni) di ustione seguita da dermatite grave, con in uno dei casi successiva ospedalizzazione, dopo applicazione di una preparazione per uso esterno a base Aloe vera e vitamina E su zone cutanee che erano state soggette a depilazione chimica o dermoabrasione. La dermatite in tutti i casi è guarita molto lentamente dopo tre mesi (16) (Tabella II).
Studi recenti effettuati sul gel ottenuto dalla pianta e usato per via topica in preparati di tipo cosmetico hanno evidenziato la presenza di una frazione a basso peso molecolare di cui è stata dimostrata la citotossicità (17).

Tabella I. Elenco di prodotti erboristici contenenti Aloe in vendita in Italia.

Prodotto

Ditta produttrice

Aloedyn opercoli

BIOMEDICINE

Aloe plus cps

BIOS LINE

Aloe vera cps

BODY SPRING

Aloe vera succo

ESI

Aloe del capo polvere

FADEM

Aloe vera succo

IRIS INTERNATIONAL

Aloe BURST cps

LA FARMOSANITARIA

Aloe ALIM. 750 ml

LA NATURA SAS

Aloe MED-Aloe vera

RAGGIO DI LUCE

Aloe vera MSO cps

SOLGAR ITALIA

Aloe plus 100 ml

SPAZIO VERDE

Aloe TUSS sciroppo

TALAMONTI

Aloevital cps

WINTER

Tabella II. Segnalazioni di reazioni avverse in soggetti in trattamento con Aloe vera.

Reazione avversa

Referenza bibliografica

Dermatite papulare edeczematosa (1 caso)

Morrow DM, Rapaport MJ, Strick RA. Arch Dermatol 1980; 116: 1064-1065.

Ustione e dermatite grave (4 casi)

Hunter D, Frumkin A. Cutis 1991; 47: 193-196.


Referenze bibliografiche

  • Saito H. "Purification of Active Substances of Aloe arborescens Miller and their Biological and Pharmacological Activity.'' Phytotherapy Research 1993; 7: S14-S19.
  • Vazquez B, Avila G, Segura D, Escalante B. Antiinflammatory activity of extracts from Aloe vera gel. J Ethnopharmacol 1996; 55: 69-75.
  • Sabeh F, Wright T, Norton SJ. Isozymes of superoxide dismutase from Aloe vera. Enzyme Protein 1996; 49: 212-221.
  • Fogleman RW, Chapdelaine JM, Carpenter RH, McAnalley BH. Toxicologic evaluation of injectable acemannan in the mouse, rat and dog. Vet Hum Toxicol 1992; 34: 201-205.
  • Reynolds T, Dweck AC. Aloe vera leaf gel: a review update. J Ethnopharmacol 1999; 68: 3-37.
  • Odes HS, Madar Z. A double-blind trial of a celandin, aloevera and psyllium laxative preparation in adult patients with constipation. Digestion 1991; 49: 65-71.
  • Heggers JP, Pelley RP, Robson MC. ``Beneficial Effects of Aloe in Wound Healing.'' Phytotherapy Research 1993; 7: S48-S52.
  • Klein AD, Penneys NS. Aloe vera. J Am Acad Dermatol 1988; 18: 714-20.
  • Robinson M. Medical therapy of inflammatory bowel disease for the 21st century. Eur J Surg Suppl 1998; 90-98.
  • Atherton P. Aloe vera: magic or medicine? Nurs Stand 1998; 12: 49-52.
  • Shelton RM. Aloe vera. Its chemical and therapeutic properties. Int J Dermatol 1991; 30: 679-83.
  • Corsi MM, Bertelli AA, Gaja G, Fulgenzi A, Ferrero ME. The therapeutic potential of Aloe Vera in tumor-bearing rats. Int J Tissue React 1998; 20: 115-118.
  • Kim HS, Kacew S, Lee BM. In vitro chemopreventive effects of plant polysaccharides (Aloe barbadensis miller, Lentinus edodes, Ganoderma lucidum and Coriolus versicolor). Carcinogenesis 1999; 20: 1637-1640.
  • Morrow DM, Rapaport MJ, Strick RA. Hypersensitivity to aloe. Arch Dermatol 1980; 116: 1064-1065.
  • Hunter D, Frumkin A. Adverse reactions to vitamin E and aloe vera preparations after dermabrasion and chemical peel. Cutis 1991; 47: 193-196.
  • Avila H, Rivero J, Herrera F, Fraile G. Cytotoxicity of a low molecular weight fraction from Aloe vera (Aloe barbadensis Miller) gel. Toxicon 1997; 35: 1423-1430.

Hamamelis virginiana L.
(amamelide, witch-hazel) (fam.: Hamamelidaceae)
Fonte: Società Italiana di Fitoterapia

 

Botanica: l’amamelide è un piccolo albero che può raggiungere i 7 metri d’altezza; è originario della costa orientale dell’America del Nord. Sui rami contorti, le foglie sono ovali con base asimmetrica e con i bordi sinuosi e dentati; i fiori ascellari sono riuniti in mazzetti e hanno petali nastriformi di colore giallo.
Droga: A) Farmacopea Italiana X Ed.: fpglie disseccate di H. virginiala contenenti non meno del 7,0% di tannibi, calcolati con riferimento alla droga essiccata. B) Farmacopea Europea IV Ed.: foglie intere o frammentate ed essiccate di H. virginiana contenenti non meno del 3,0% di tannini, espressi come pirogallolo e calcolati con riferimento alla droga essiccata.
Composizione chimica della droga: i composti più caratterizzanti contenuti nella droga di amamelide sono i tannini, incluso l’amamelitannino (2,5-di O-galloil-D-amamelosio), le catechine ((+)-catechina, (+)-epigallocatechina (-)-epicatechina gallato, (-)-epigallocatechina gallato) e le proantocianidine tipo cianidina e delfinina. Altri costituenti sono i flavonoidi (kempferolo, quercitrina e isoquercitrina, ecc.), alcooli ed esteri alifatici, acidi fenolici come l’acido gallico e l’acido caffeico, vari composti carbonilici e il safrolo.
Farmacologia: in alcuni studi in modelli animali vari estratti di amamelide hanno mostrato di esercitare un’attività venotonica e antiedematosa.
Tossicologia: in uno studio nel ratto, un estratto acquoso liofilizzato delle foglie di amamelide soministrato per 73 settimane ha determinato l’insorgenza di mesenchimoma maligno; la differenza rispetto ai controlli non è comunque risultata statisticamente significativa.
Clinica: nei pochi studi clinici condotti con questa pianta, vari estratti applicati localmente hanno dimostrato di ridurre la temperatura della pelle, segno di vasocostrizione, e di produrre benefici effetti nella neurodermite atopica, nell’eczema e nella xerodermia atopica.
Indicazioni terapeutiche*: A) uso interno: trattamento sintomatico delle vene varicose, della pesantezza alle gambe e delle emorroidi; B) uso esterno: contusioni e altri piccoli danni alla pelle; infiammazioni locali della pelle e delle mucose; emorroidi; neurodermite atopica; pesantezza alle gambe.
Effetti collaterali, controindicazioni, interazioni, precauzioni speciali*: sono stati segnalati alcuni casi di disturbi allo stomaco a seguito della somministrazione orale di preparazioni di amamelide. Non sono note controindicazioni e interazioni con altri farmaci. In mancanza di dati di tossicità riproduttiva, l’impiego orale di amamelide non è consigliato in gravidanza.
Dosaggi*: A) uso interno: infuso di 2-3 g della droga; 2-4 mL tre volte al giorno dell’estratto fluido (1:1 etanolo 45%). B) uso esterno: estratti in formulazioni liquide o semisolide in concentrazioni corrispondenti al 5-10% di droga; decotto di 5-10 g di droga in 250 mL di acqua per impacchi o lavacri; 1-2 supposte al giorno contenenti ciascuna 200 mg di estratto secco.
* Monografie ESCOP


Harpagophytum procumbens DC.
(artiglio del diavolo, devil’s claw) (fam.: Pedaliaceae)
Fonte: Società Italiana di Fitoterapia

 

Botanica: l’artiglio del diavolo è una pianta che cresce solo nell’Africa meridionale, essendo il suo habitat naturale principalmente quello delle savane e delle foreste decidue. Si tratta di una specie perenne, caratterizzata da numerosi rami prostrati che si dipartono da una succulenta radice centrale.
Droga: Farmacopea Europea IV Ed.: radici tuberose secondarie frammentate ed essiccate di H. procumbens contenenti non meno dell’1,2% di arpagoside, calcolato con riferimento alla droga essiccata.
Composizione chimica della droga: i principali costituenti chimici dei tuberi essiccati di H. procumbens sono i glicosidi iridoidi, in particolare arpagoside, procumbide, arpagide e 8-p-cumaroil-arpagide. Altri costituenti chimici dai quali derivano le proprietà farmacologiche dell’artiglio del diavolo sono vari composti flavonoidi – fra i quali il kempferolo e la luteolina –, gli acidi clorogenico, cinnamico, ursolico e oleanico, l’acteoside, vari chinoni ed altro ancora.
Farmacologia: le prime indagini farmacologiche condotte sull’artiglio del diavolo hanno rivelato la presenza di un’attività antiinfiammatoria-analgesica, ipotensiva e antiaritmica; tuttavia, solamente l’attività antiinfiammatoria-analgesica ha suscitato un interesse clinico che ha portato ad un esteso impiego della pianta nelle malattie reumatiche. I risultati delle indagini farmacologiche più recenti intese a confermare l’esistenza di questa attività sono contradditori. Per esempio, è stato trovato che un estratto acquoso del tubero è attivo ad una dose corrispondente a 100 mg/kg della droga sia nel test dell’infiammazione indotta nel ratto da carragenina sia nel test di analgesia del writhing nel topo; al contrario, in un altro studio la pianta è stata trovata inattiva sia nel test della carragenina nel ratto che nel test della produzione di eicosanoidi in volontari sani. E’ probabile che questa discordanza di risultati sia dovuta alle differenze di composizione fra i vari prodotti commerciali indagati.
Tossicologia: non risultano riportati in letteratura studi di tossicologia animale.
Clinica: svariati studi clinici dimostrano l’efficacia dell’artiglio del diavolo nelle malattie artritiche, artrosiche e anche nell’osteoporosi. Molto recentemente, in uno studio controllato multicentrico condotto su pazienti con osteoartrite alle ginocchia o al fianco, una preparazione della pianta in questione è risultata efficace come 100 mg/die di diacereina nell’attenuazione del dolore e della disabilità; inoltre, il fabbisogno di analgesici e antiinfiammatori non steroidei è risultato ridotto nei pazienti trattati.
Indicazioni terapeutiche*: trattamento coadiuvante delle malattie degenerative dell’apparato osteoartromuscolare; nella medicina popolare, nella dispepsia e nell’inappetenza.
Effetti collaterali, controindicazioni, interazioni, precauzioni speciali: secondo i risultati degli studi clinici più recenti, l’artiglio del diavolo sembra essere ben tollerato, essendo stati registrati solo pochi casi di lievi disturbi a livello gastrointestinale. La pianta è controindicata in presenza di ulcera gastrica e duodenale. Non sono note interazioni con altri farmaci. In mancanza di dati, non è prudente l’uso in gravidanza.
Dosaggi: nella dispepsia e nell’inappetenza, 1,5 g di droga in infuso. Non esistono raccomandazioni precise circa le dosi da impiegare nelle malattie osteoartromuscolari; in alcuni studi clinici recenti sono stati somministrati 435 mg/die di droga polverizzata (Phytomedicine, 2000, 7, 177-83) o 600/1200 mg/die dell’estratto WS 1531 (Eur. J. Anaesthesiol., 1999, 16, 118-29).
* Monografie Commissione Europea


Crataegus monogyna Jacq., Crataegus laevigata (Poiret) DC.
(biancospino, hawthorn)
Fonte: Società Italiana di Fitoterapia

 

Botanica: C. monogyna e C. laevigata (sin.: C. oxyacantha L.) sono arbusti o piccoli alberi alti ca. 2 metri diffusi in tutte le regioni temperate dell’emisfero settentrionale; la specie più diffusa in Italia è C. monogyna. I rami, lisci se giovani, grigiastri e muniti di spine se sterili, recano foglie formate, a seconda della specie, da 3-7 lobi poco profondi e finemente dentati. I fiori bianchi o lievemente rosati  sono riuniti in corimbi; il pistillo può presentare da 1 a 3 carpelli a seconda della specie. I frutti sono drupe di colore rosso corallo, che possono contenere, sempre a seconda della specie, 1 o più semi ovoidali.
Droga: A) Farmacopea Italiana X Ed.: foglie e sommità fiorite essiccate di C. monogyna e di C. laevigata che contengono non meno dello 0,7% di flavonoidi calcolati come iperoside, con riferimento alla droga essiccata. B) Farmacopea Europea IV Ed.: sommità fiorite essiccate di C. monogyna, C. laevigata o loro ibridi, o, più raramente, di altre specie europee di biancospino (C. pentagyna, C. nigra, C. azarolus, ecc.) che contengono non meno dell’1,5% di flavonoidi calcolati come iperoside, con riferimento alla droga essiccata§.    
Composizione chimica della droga: la droga contiene principalmente flavonoidi (vitexina, vitexina-2”-O-alfa-L-ramnoside, iperoside, rutina, vicemina-1, orientina), procianidine risultanti dalla condensazione con vari gradi di polimerizzazione di catechina e/o epicatechina, triterpeni (acidi ursolico, oleanolico e crataegolico), acidi fenolici (acido caffeico, acido clorogenico), ammine biogeniche (colina, tiramina), xantine e sali minerali, specie di potassio. 
Farmacologia: in numerosi studi in vitro e in vivo, è stato dimostrato che gli estratti delle foglie, dei fiori, ma anche dei frutti di biancospino aumentano la contrattilità del muscolo cardiaco (effetto inotropo positivo) e il flusso sanguigno coronarico, probabilmente per gli effetti esercitati principalmente dalle procianidine. Sono state osservate anche un’azione antiaritmica in modelli animali e una debole azione ipotensiva dovuta alla diminuzione delle resistenze vascolari periferiche. L’azione degli estratti di biancospino viene attribuita alla loro capacità di inibire l’attività degli enzimi cAMP-fosfodiesterasi e Na+,K+-ATPasi. In un vecchio studio farmacologico, è stato osservato nel topo un effetto sedativo indotto dall’estratto di biancospino.
Tossicologia: un estratto idrometanolico delle foglie e dei fiori standardizzato al 18,75% di procianidine non ha determinato nel topo e nel ratto effetti tossici fino a 3.000 mg/kg somministrati oralmente; la DL50 per via intraperitoneale è stata calcolata in 1.170 mg/kg nel topo e in 750 mg/kg nel ratto. Effetti tossici non sono stati osservati a seguito della somministrazione orale al ratto e al cane per 26 settimane consecutive dello stesso estratto alle dosi giornaliere di 30, 90 e 300 mg/kg. In studi di tossicità riproduttiva, non sono stati osservati, fino alla dose di 1,6 g/kg nel ratto e nel coniglio, effetti teratogeni; nel ratto, non sono stati riscontrati segni di tossicità peri- e post-natale e neppure nei figli della prima generazione, inclusi gli effetti a danno della fertilità.
Clinica: molteplici studi clinici sono stati condotti con estratti idroalcoolici delle foglie e dei fiori di biancospino standardizzati in procianidine oligomere (18,75%) o in flavonoidi (2,2%). Entrambi i tipi di preparazione somministrati oralmente a pazienti affetti da scompenso cardiaco di classe II NYHA* hanno in generale prodotto un aumento della tolleranza allo sforzo, rimarcato dalla diminuzione del così detto doppio prodotto (pressione sistolica x ritmo cardiaco:100), e una lieve diminuzione della pressione sia sistolica che diastolica; in alcuni casi è stato osservato anche un aumento della frazione di eiezione ventricolare sinistra. In un recente studio preliminare, è stata osservata una tendenza alla riduzione delle reazioni ansiose.
Indicazioni terapeutiche: funzionalità cardiaca declinante corrispondente alla classe II NYHA; stati di eccitazione nervosa.
Effetti collaterali, controindicazioni, interazioni, precauzioni speciali: non sono segnalati effetti collaterali degni di nota, né interazioni con altri farmaci e neppure la necessità di particolari precauzioni. Per il trattamento dello scompenso cardiaco, è consigliabile la supervisione medica; l’intervento medico è indispensabile se, dopo l’assunzione del prodotto, si manifestano dolore toracico, alla parte superiore dello stomaco o alle braccia oppure difficoltà di respiro. In mancanza di dati di tossicità riproduttiva, il biancospino non è consigliato in gravidanza e durante l’allattamento.
Dosaggi**: 160-900 mg/die di un estratto idroalcoolico (4-7: 1) standardizzato in procianidine o in flavonoidi; 20 gocce di tintura 2-3 volte al giorno. Per la sedazione, sono disponibili in Italia alcune specialità medicinali che, assieme al biancospino, contengono valeriana e/o altre piante.
§ La Farmacopea Europea IV Ed. include anche la droga costituita dai falsi frutti essiccati di C. monogyna o C. laevigata o loro ibridi che non contengono meno dell’1,0% di procianidine, calcolate come cianidina cloruro, con riferimento alla droga essiccata.
* In base alla classificazione delle capacità funzionali elaborata dalla New York Heart Association, un paziente con malattia cardiaca viene inserito in classe II quando soffre di lievi limitazioni nell’attività fisica, denunciate da senso di fatica, palpitazioni, dispnea o dolore anginoso, che però non si presentano a riposo.
** Monografie ESCOP.


Rhamnus purshianus DC.
(cascara sagrada o frangula, cascara)
Fonte: Società Italiana di Fitoterapia

 

Botanica: R. purshianus (sin.: Frangula purshiana (DC.) A. Gray ex J.C. Cooper) è un arbusto di grandi dimensioni che può raggiungere anche 18 metri d’altezza.  Si tratta di una pianta originaria delle coste della California e del Cile, che oggi viene coltivata in Africa, Europa e USA. La cascara è munita di un tronco ricoperto da una corteccia rugosa, che presenta numerose lenticelle trasversali, mentre i rami sono lisci e lievemente pubescenti; le foglie sono opposte, ovate con il margine dentato, pubescenti nella lamina inferiore e con una caratteristica nervatura in rilievo; i fiori, raccolti in corimbi ascellari, sono di colore bianco-verdastro; il frutto è una drupa ovoidale di colore nerastro.
Droga: A) Farmacopea Italiana X Ed.: corteccia disseccata di Rhamnus purshianus DC. contenente non meno dell’8,0% di glicosidi idrossiantracenici di cui non meno del 60% è costituito da cascarosidi, entrambi espressi come cascaroside A e calcolati con riferimento alla droga essiccata. B) Farmacopea Europea IV Ed.: come Farmacopea Italiana.
Composizione chimica della droga: i maggiori costituenti chimici della droga sono i derivati antracenici che vanno sotto il nome di cascaroside A, B, C, D, E e F. I cascarosidi A e B sono miscele di C-glicosidi e O-glicosidi di antroni, principalmente rappresentati dall’8-O--D-glucoside del 10-S-deossiglucosil aloe-emodina antrone (aloina A) e dall’8-O--D-glucoside del 10-(R)-deossiglucosil aloe-emodina antrone (aloina B); i cascarosidi C e D sono gli 8-O--D-glucosidi rispettivamente del 10-(R)-deossiglucosil crisofanol antrone (crisaloina A) e del 10-(S)-deossiglucosil crisofanol antrone (crisaloina B); i cascarosidi E e F sono gli 8-O--D-glucosidi rispettivamente del 10-(R)-deossiglucosil emodina-9-antrone (crisaloina A) e del 10-(S)-deossiglucosil emodina-9-antrone (crisaloina B). Altri costituenti antranoidi sono l’emodina, l’aloe-emodina, il crisofanolo, il fiscione e i corrispondenti monoglucosidi.
Farmacologia: i derivati antracenici che sono dei glicosidi non vengono assorbiti nell’intestino; svariati studi hanno tuttavia dimostrato che microorganismi della flora intestinale sono responsabili della loro idrolisi con liberazione dei corrispondenti agliconi e formazione di metaboliti attivi come, per esempio, l’aloe-emodina-9-antrone. I metaboliti tipo aloe-emodina-9-antrone esercitano un’azione lassativa influenzando la motilità intestinale per mezzo dell’inibizione della pompa sodio/potassio e dei canali del cloro nella membrana colonica (accelerazione del transito intestinale) e anche influenzando i processi di secrezione intestinale (aumento della secrezione di fluidi). 
Tossicologia: non sono disponibili studi tossicologici condotti con preparazioni della droga. Tuttavia, sudi di tossicità cronica (20 settimane) effettuati nel topo con le aloine non hanno evidenziato effetti tossici specifici fino a 60 mg/kg/die. Fino a 200 mg/kg, l’aloina A non è risultata embrioletale, teratogena e fetotossica nel ratto. L’aloe-emodina ha fornito risultati negativi e positivi nei tests in vitro di mutagenesi, ma gli studi dello stesso genere in vivo sono risultati chiaramente negativi. L’emodina è invece risultata mutagena nel test di Ames e ha fornito risultati sia positivi (UDS test) che negativi (SCE test) in altri tests di mutagenesi. I risultati di studi di cancerogenesi con le aloine nel ratto sono stati negativi.
Clinica: l’impiego in medicina della cascara sagrada deriva dall’esperienza empirica.
Indicazioni terapeutiche: trattamento a breve termine della costipazione occasionale.
Effetti collaterali, controindicazioni, interazioni, precauzioni speciali: la cascara è controindicata in presenza di ostruzione, atonia e stenosi intestinali, di malattie infiammatorie del colon (morbo di Chron, colite ulcerosa), di appendicite, di dolore addominale di origine sconosciuta e di gravi stati di disidratazione con deplezione di acqua ed elettroliti. La cascara è anche controindicata nei bambini al di sotto dei 10 anni. Il trattamento della costipazione non dovrebbe essere prolungato oltre le due settimane, salvo diversa disposizione del medico. L'impiego cronico della cascara può provocare la pigmentazione del colon (melanosis coli), peraltro reversibile con la sospensione del trattamento, l’aggravamento della costipazione, una dipendenza fisica che porta ad esagerare con le dosi, l’indebolimento della funzionalità intestinale e l’alterazione del bilancio idrico ed elettrolitico; l’alterazione dei bilancio idrico ed elettrolitico, in particolare l’ipopotassiemia, può provocare disfunzioni cardiache e neuromuscolari, soprattutto nei soggetti che sono curati con glicosidi cardioattivi, diuretici tiazidici e cortiocosteroidi o che fanno uso di liquirizia, che possono aggravere l’ipopotassiemia stessa. L’ipopotassiemia conseguente ad un uso cronico della cascara può potenziare l’azione di farmaci come i glicosidi cardioattivi e interagire con i farmaci antiaritmici (per esempio, la chinidina). L’uso della cascara in gravidanza e durante l’allattamento non è consigliabile, salvo diversa prescrizione del medico.     
Dosaggi*: quantità di preparazioni corrispondenti a 20-30 mg/die di derivati idrossiantracenici calcolati come cascaroside A. Sono disponibili in Italia varie specialità medicinali che contengono preparazioni di cascara, soprattutto in associazione con preparazioni di altre piante che contengono composti antranoidi.
* Monografie ESCOP.


Echinacea angustifolia DC.
(echinacea angustifolia, purple coneflower; echinacea pallida, pale coneflower)
(fam.: Asteraceae)
Fonte: Società Italiana di Fitoterapia

 

Botanica: E. angustifolia ed E. pallida sono state considerate a lungo due varietà della stessa specie o semplicemente la stessa specie; l’analisi del loro genoma ha poi determinato trattarsi di due specie distinte. Le specie appartenenti al genere Echinacea sono piante erbacee perenni originarie del continente Americano; E. angustifolia (11 geni)  è alta 10-50 cm, con foglie di 5-27 cm oblunghe lanceolate e con fiori colorati di rosa scuro fino al porpora; E. pallida (22 geni) è alta 40-90 cm, con foglie di 10-25 cm oblunghe lanceolate fino ad ellittiche e con fiori bianchi, rosa o porpora. Entrambe le piante sono oggetto di coltivazione.
Droga: è costituita dalla radice, fresca o essiccata dell’una o dell’altra specie; l’aspetto generale delle droghe provenienti dalle due specie è molto simile. La droga non è inserita né nella Farmacopea Italiana né in quella Europea.
Composizione chimica della droga: i composti chimici contenuti nella droga delle due specie e reputati di una attività biologica sono svariati: alcammidi (per la maggior parte isobutilammidi di acidi alifatici a 11-16 atomi di carbonio), polisaccaridi (eterosilani di circa 35 kDa e arabinogalattani di circa 45 kDa), derivati dell’acido caffeico (echinacoside, acido cicorico, cinarina (presente solo in E. angustifolia)), alcaloidi pirrozilidinici in tracce.
 Farmacologia: Numerosi studi in vitro e in vivo hanno documentato l’attivazione di una risposta immunologica a seguito di un trattamento con estratti di echinacea; l’effetto immunostimolante viene esercitato dagli estratti attraverso l’attivazione della fagocitosi e la stimolazione dei fibroblasti, l’aumento dell’attività respiratoria delle cellule e l’aumento della motilità dei leucociti. Gli stessi estratti hanno dimostrato in vari studi di possedere attivita antiinfiammatoria (inibizione della 5-lipossigenasi).
Tossicologia:  non sono rintracciabili in letteratura studi di tossicità animale.
Clinica: sono stati condotti con prodotti a base di estratti di echinacea diversi studi su pazienti affetti da infezioni delle vie aeree superiori sia batteriche che virali da malattie da raffreddamento (rafreddore) e in alcuni casi è stato osservato un miglioramento dei sintomi e un accorciamento della durata dello stato morboso.
Indicazioni terapeutiche: profilassi e terapia adiuvante delle infezioni ricorrenti delle vie aeree superiori.
Effetti collaterali, controindicazioni, interazioni, precauzioni speciali*: sono stati segnalati rari casi di reazioni da ipersensibilità. Viene raccomandato che l’uso orale non venga prolungato oltre le 8 settimane. Come per tutti gli immunostimolanti, l’impiego dell’echinacea è controindicato nei pazienti affetti da malattie progressive o autoimmuni come la tubercolosi, l’AIDS, l’infezione da HIV, il diabete, la leucosi, la collagenosi e la sclerosi multipla. Non sono note interazioni con altri farmaci. Data la mancanza di studi di riproduzione, l’echinacea non è raccomandata in gravidanza; della stessa pianta non è raccomandato neppure l’uso pediatrico, salvo diversa indicazione del medico.
Dosaggi**: per 3 volte al giorno un infuso ottenuto lasciando per 10 minuti di 1g di droga triturata in 150 mL di acqua bollente; 0,5-1 ml 3 volte al giorno di estratto liquido della droga (1:5 etanolo 50%); 2-5 mL 3 volte al giorno di tintura (1:5 etanolo 45%).
*Monografie ESCOP; WHO monographs, 1999
** WHO Monographs, 1° vol., 1999

 

Echinacea purpurea (L.) Moench
(echinacea purpurea, purple coneflower) (fam.: Asteraceae)
Fonte: Società Italiana di Fitoterapia

 

Botanica: è la terza specie del genere Echinacea a ricevere un uso medicinale. Si tratta di una pianta erbacea perenne con origine, habitat e caratteristiche analoghe a quelle di E. angustifolia ed E. pallida, dalle quali può in genere distinguersi per la maggiore altezza (60-180 cm); le foglie di questa pianta, della lunghezza di 7-20 cm, sono lanceolate, mentre i fiori sono di colore porpora.
Droga: in medicina, vengono usate sia la parte aerea raccolta durante la fioritura, fresca o essiccata, sia la radice, fresca o essiccata. La droga non è inserita nella Farmacopea Italiana né in quella Europea.
Composizione chimica della droga: costituenti caratteristici della parte aerea sono le alcammidi, in prevalenza isobutilammidi dell’acido dodeca-2E,4E-8Z,10E/Z-tetraenoico; come in E. angustifolia ed E. pallida, sono presenti numerosi derivati dell’acido caffeico, fra i quali predominano l’acido cicorico, l’acido 2-O-feruloil-tartarico e l’acido 2-O-caffeolil-3-O-cumaroil-tartarico; altri costituenti sono i polisaccaridi del tipo arabinosilani e galattanosilani, alcuni flavonoidi (kempferolo, isoramnetina e relativi glicosidi) e, in piccola misura, poliacetileni. La radice possiede qualitativamente una composizione simile a quella della parte aerea, eccezione fatta per la presenza di glicoproteine che contribuiscono all’attività biologica di questa droga.
Farmacologia: il profilo farmacologico di E. purpurea è sovrapponibile a quello di E. angustifolia ed E. pallida. Diversamente da queste specie, E. purpurea viene  tradizionalmente impiegata per applicazione locale per la riparazione delle ferite ed è stato dimostrato che preparati della pianta inibiscono l’enzima ialuronidasi, impedendo in questo modo la diffusione dell’infezione, e aumentano l’attività dei fibroblasti, favorendo la cicatrizzazione.
Tossicologia: dosi singole del succo di spremitura della parte aerea fresca non si sono rivelate tossiche (DL50 orale > 15.000 mg/kg nel ratto e > 30.000 mg/kg nel topo; DL50 i.v. > 5.000 mg /kg nel ratto e > 10.000 mg/kg nel topo). Non sono state osservate differenze rispetto ai controlli in ratti maschi e femmine trattati oralmente per 4 settimane con 800, 2.400 e 8.000 mg/kg di succo di spremitura della parte aerea. Vari preparati sono risultati negativi ai tests di mutagenesi in vitro e in vivo. Non sono rinvenibili in letteratura dati di tossicità animale condotti con la radice.
Clinica: sono stati condotti numerosi studi clinici in cui pazienti in genere sofferenti di infezioni ricorrenti delle vie aeree superiori, anche viventi in comunità, o in qualche caso di bronchite o di sindromi influenzali, sperimentando varie preparazioni sia delle parte aerea che della radice. Una buona percentuale di tali studi ha fornito esito positivo nel diminuire i sintomi e nel ridurre il periodo di morbilità; vari studi hanno tuttavia fornito esito negativo. Le differenze riscontrate nei risultati di questi studi clinici sono molto probabilmente imputabili alla disomogeneità qualitativa delle preparazioni indagate. Le formulazioni topiche di preparazioni in particolare della parte aerea sono state studiate con risultati positivi in pazienti affetti da affezioni della pelle quali ferite, ustioni, eczemi e infezioni erpetiche.  
Indicazioni terapeutiche: 1) Parte aerea: A) uso interno: profilassi e terapia adiuvante delle infezioni ricorrenti delle vie aeree superiori; B) uso esterno: trattamento adiuvante delle ferite superficiali. 2) Radice: A) uso interno: profilassi e terapia adiuvante delle infezioni ricorrenti delle vie aeree superiori.
Effetti collaterali, controindicazioni, interazioni, precauzioni speciali*: sono stati segnalati rari casi di reazioni da ipersensibilità. Viene raccomandato che l’uso orale delle preparazioni sia della parte aerea che della radice non venga prolungato oltre le 8 settimane. Come per tutti gli immunostimolanti, l’impiego dell’echinacea è controindicato nei pazienti affetti da malattie progressive o autoimmuni come la tubercolosi, l’AIDS, l’infezione da HIV, il diabete, la leucosi, la collagenosi e la sclerosi multipla. Non sono note interazioni con altri farmaci. Data la mancanza di studi di riproduzione, l’echinacea non è raccomandata in gravidanza; della stessa pianta non è raccomandato neppure l’uso pediatrico, salvo diversa indicazione del medico.
* Monografie ESCOP; WHO monographs, 1999

 

ECHINACEA
Fonte: farmacovigilanza.org. 2000

L'Echinacea appartiene alla famiglia delle Asteracee. Esistono diversi tipi di piante del genere Echinacea, le più importanti sono: l'Echinacea purpurea, la angustifolia e la pallida. I prodotti a base di Echinacea sono spesso venduti come associazione delle tre piante. Alla angustifolia viene in genere riconosciuto un più alto valore terapeutico, ma non esistono dati clinici a sostegno della sua presunta superiorità (1, 2).
Nella medicina tradizionale ha avuto gli usi più svariati. Attualmente è utilizzata per cicli della durata di alcune settimane più volte l'anno, in virtù delle sue proprietà immunostimolanti, per curare sintomi da raffreddamento, mal di gola, influenza ed infezioni urinarie (3).
Per uso esterno è stata utilizzata per favorire la guarigione di ferite, ustioni ed ulcerazioni. Può essere assunta in capsule, compresse, tisane, tintura ed utilizzata esternamente in pomata o cataplasmi.
Gli studi sperimentali dimostrano che l'echinacea ha un'azione stimolante l'attività dei fagociti (4) e produce un aumento della secrezione di citochine (5).
Evidenze provenienti da studi clinici, condotti su una popolazione ridotta di pazienti, suggeriscono che il trattamento precoce con echinacea può essere efficace nel trattamento precoce delle infezioni acute delle alte vie respiratorie (6). Altri studi dimostrano che è efficace nel ridurre la frequenza, la durata e la severità dei sintomi del raffreddore comune (6, 7, 8). Tuttavia, uno studio, anch'esso condotto su pochi pazienti, mostra che l'echinacea nella stessa patologia, non ha una efficacia superiore al placebo (9).
Il dosaggio massimo giornaliero consigliato nell'adulto è 6-9 ml di succo fresco, oppure 1,5-7,5 ml di tintura, oppure da 2 a 5 g di estratto secco di radice (10).
È evidente quindi che sono necessari ulteriori studi per stabilire in maniera definitiva l'effettiva efficacia e quale tra le specie e tra le diverse parti della pianta (radici o altre parti), sia utile usare. Sebbene molti dei principi attivi siano stati identificati (acidi grassi, betaina, echinacina, echinoside, inulina) non sono noti nè il meccanismo di azione nè la biodisponibilità dei vari composti contenuti. La letteratura scientifica esistente ad ogni modo suggerisce che l'echinacea dovrebbe essere usata non profilatticamente ma per il trattamento (11).
Alcune preparazioni contenenti Echinacea in commercio in Italia sono elencate nella tabella I.

Tabella I. Elenco prodotti erboristici in vendita in Italia contenenti Echinacea.

Prodotto

Ditta fornitrice

Echinacea opercoli

ABOCA

Echinacea cps

ARKOCAPSULE

Echinacea cps

BODY SPRING

Echinacea radice cp

DOCTEUR NATURE

Echinacea tintura madre

ERBEX

Echinasan estratto

NATURE HOLDING

Echinamar tonic estratto

NATURE HOLDING

Echinacea macerato idroalcolico

NATUR PHARMA GROUP

Echinacea NTW gocce

NATUR WAREN

Echinacea cps

PHARBENIA

Echinax cp

PHARMALIFE

Echinacea tavolette

PHOENIX

Echinacea tintura madre

PLANTA MEDICA

Echinacea opercoli

PLANTA MEDICA

Echinacea soluzione idroalcolica

SPECCHIASOL

Echinacea tintura madre

STUDIO 3 FARMA

Echinamix sciroppo

VEPRO

Echinacea complex LFA cps

LA FARMOSANITARIA

Effetti collaterali (Tabella II) L'Echinacea è considerata una pianta non tossica (12). L'incidenza di reazioni avverse è rara. L'effetto collaterale più comune è la sensazione di sapore sgradevole dopo somministrazione orale (13). Tra le reazioni segnalate, la più grave riguarda il caso di una donna, con precedenti allergici, che ha sviluppato una reazione anafilattica in seguito ad assunzione di un estratto di echinacea (14). Inoltre, studi recenti condotti sull'animale da laboratorio e sull'uomo suggeriscono che alte dosi di echinacea potrebbero avere effetti tossici sull'apparato riproduttivo (15, 16).

Tabella II. Possibili effetti collaterali associati all’uso di Echinacea

Effetto collaterale

Referenza bibliografica

Sapore sgradevole

Parnham MJ Phytomedicine 1996; 3. 95-102.

Reazioni allergiche

Mullins RJ Med J Aust 1998; 168: 170-171.

Infertilità

Ondrizek RR, Chan PJ, Patton WC, King A Fertil Steril 1999; 71: 517-22.
Ondrizek RR, Chan PJ, Patton WC, King A J Assist Reprod Genet 1999; 16: 87-91.

Interazioni L'echinacea potrebbe causare epatotossicità e quindi non dovrebbe essere usata con farmaci epatotossici come steroidi anabolizzanti, l'amiodarone, metotressato e chetoconazolo (17).
Controindicazioni La sua assunzione è sconsigliata nei soggetti affetti da disturbi del sistema immunitario e sistemici progressivi come AIDS, lupus, malattia tubercolare, sclerosi multipla, leucocitosi, patologie del tessuti connettivo, collagenosi (18, 19).
Avvertenze Alla luce di quanto emerso dalla letteratura scientifica, bisognerebbe consultare il proprio medico prima di utilizzare l'echinacea nei seguenti casi:

  • Malattia tubercolare;
  • AIDS e malattie correlate;
  • Sclerosi multipla;
  • Leucemia;
  • Collagenosi;
  • Diabete;
  • Disturbi del sistema immunitario;
  • Uso concomitante di farmaci che possono interagire con l'echinacea come steroidi anabolizzanti, amiodarone, metotressate, chetonazolo.
  • Precedenti manifestazioni allergiche verso altre piante medicinali (specie dello stesso tipo), farmaci, alimenti, coloranti o condom.

Il proprio medico deve sempre essere messo al corrente della volontà di assumere o di far assumere echinacea,

  • durante la gravidanza o quando si stanno facendo tentativi in tal senso;
  • allattamento;
  • in età pediatrica.

Referenze bibliografiche

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  • US Pharmacopeia Press Release: USP Publishes Nine New Botanical Monographs. The Standard of Quality in Promoting the Public Health, November 2, 1998.

Ginkgo biloba L.
(ginkgo, maidelhair tree) (fam.: Ginkgoaceae)
Fonte: Società Italiana di Fitoterapia

 

Botanica: Albero maestoso che può raggiungere anche 35 m di altezza e un diametro di 3-4. Le foglie decidue sono caratteristiche, a forma di ventaglio o flabello e bilobate, alterne e lungamente picciolate, larghe 6-9 cm e talvolta anche più; di un bel verde luminoso, in autunno le foglie diventano gialle. Gli strobili femminili e maschili si formano su piante diverse. La fecondazione degli esemplari femminili avviene mediante cellule spermatiche mobili. I semi maturi, che emanano un cattivo odore, sono a forma di drupa e di colore  giallo, con lo strato esterno carnoso e lo strato intermedio del tegumento indurito come un nocciolo. Originario della Cina e unico sopravissuto in rappresentanza delle Ginkgoales, la specie viene oggi estesamente coltivata, anche in Europa.
Droga: Farmacopea Europea IV Ed.: Consiste nelle foglie essiccate, intere o frammentate, contenenti non meno dello 0,5% di flavonoidi calcolati come glicosidi flavonici (droga essiccata).
Composizione chimica: La droga contiene una notevole varietà di composti chimici: flavonoidi, che sono i principali costituenti, terpeni, steroli, alcani, caroteni, fenilpropanoli, carboidrati e lipidi. I costituenti caratteristici della droga sono tuttavia dei lattoni diterpenici, chiamati ginkgolidi (A, B, C, J e M), la cui struttura chimica è unica in natura, e un lattone sesquiterpenico chiamato bilobalide.   
Farmacologia: Vari studi hanno dimostrato che gli estratti di G. biloba esercitano una potente attività antiossidante e sono capaci di neutralizzare i radicali liberi di ossigeno in vari modelli sperimentali in vitro. Sembra che questa attività dipenda dai flavonoidi e dai composti terpenici. È stato dimostrato che i ginkgolidi, in modo particolare il ginkgolide B, sono degli antagonisti del fattore di attivazione delle piastrine (PAF), che è un potente induttore dell’aggregazione di queste cellule, della degranulazione dei neutrofili e della produzione dei radicali liberi. La somministrazione orale degli estratti e dei ginkgolidi A e B ha protetto il tessuto cerebrale in diversi modelli animali di ipossia. Inoltre, l’infusione intravenosa dell’estratto ha significativamente aumentato il diametro arteriolare e migliorato il flusso sanguigno. Gli estratti di G. biloba hanno anche dimostrato di esercitare un effetto antiedematoso, nel quale il bilobalide è reputato svolgere un rulo importante. Topi trattati con un estratto standardizzato hanno mostrato un miglioramento della memoria e della capacità di apprendimento durante il condizionamento operante. Gli estratti di G. biloba hanno infine dimostrato di migliorare in diversi modelli sperimentali le funzioni vestibolare e uditiva. 
Tossicologia: La tossicità per somministrazione singola di un estratto standardizzato di G. biloba è stata studiata nel topo e nel ratto per le tre vie di somministrazione orale, intraperitoneale ed endovenosa. In nessuna delle specie e delle vie di somministrazione prese in considerazione, la DL50 è risultata inferiore a 1100 mg/kg. Studi per somministrazioni ripetute per via orale e della durata di 6 mesi condotti nel ratto e nel cane non hanno permesso di rilevare segni clinici di tossicità, alterazioni nei risultati degli esami ematochimici, danni agli organi istologicamente rilevabili o compromissione delle funzioni epatica e renale. Gli studi di embriotossicità dell’estratto standardizzato di G. biloba sono stati condotti nel ratto e nel coniglio; non sono stati evidenziati segni di embriotossicità né malformazioni, anomalie nella crescita o alterazioni comportamentali a carico della prole. L’estratto standardizzato ha fornito risultati negativi nei principali tests di mutagenesi e anche in uno studio di cancerogenesi nel ratto.   
 Clinica: Negli studi clinici, gli estratti di G. biloba hanno efficacemente contrastato i sintomi dell’insufficienza cerebrale, quali la difficoltà di concentrazione e memorizzazione, la disattenzione e la confusione mentale. Responsabili di questi effetti vengono considerate la capacità degli stessi estratti di regolare la circolazione sanguigna (aumento del flusso ematico, diminuzione della viscosità del sangue per via dell’attività anti-PAF) e l’aumentata resistenza all’anossia. Varie meta-analisi degli studi clinici selezionati in base alla correttezza della metodologia sperimentale hanno concluso che la somministrazione orale degli estratti di G. biloba ha provocato almeno una risposta parzialmente positiva nei pazienti affetti da insufficienza cerebrale. Gli estratti di G. biloba vengono anche variamente sperimentati per il trattamento del morbo di Alzheimer, senza tuttavia che sia stata fino ad ora ottenuta la piena evidenza dell’efficacia. L’efficacia dell’estratto standardizzato di G. biloba nel trattamento della claudicazione intermittente allo stadio II secondo Fontaine è stata dimostrata in studi clinici controllati; in questi studi è stato orrervato un aumento significativo della distanza percorsa senza dolore dai pazienti trattati. Gli estratti di G. biloba sono stati utilizzati clinicamente per il trattamento di malattie dell’orecchio interno, quali la perdita dell’udito, le vertigini e il tinnito. In letteratura è descritto un solo studio controllato che dimostra un miglioramento statisticamente significativo in pazienti da breve tempo sofferenti di vertigini. Gli studi clinici relativi al trattamento del tinnito hanno fornito risultati contradditori.           
Indicazioni terapeutiche*: Trattamento sintomatico della lieve/moderata insufficienza cerebrale, trattamento delle arteriopatie periferiche quali la claudicazione intermittente, la sindrome di Raynaud, l’acrocianosi e la sindrome flebitica e trattamento di malattie dell’orecchio interno quali le vertigini e il tinnito.
Effetti collaterali, controindicazioni, interazioni, precauzioni speciali*: L’uso degli estratti di G. biloba può provocare cefalea, disturbi gastrointestinali e reazioni allergiche della pelle. A causa dell’attività anti-PAF, sono possibili effetti di sommazione, e quindi rischi emorragici, se gli estratti vengono assunti assieme ad altri antiaggreganti piastrinici (aspirina e altri antiifiammatori non steroidei) e anticoagulanti orali; a causa dello stesso meccanismo d’azione, l’assunzione del ginkgo deve essere sospesa almeno 36 ore prima di un intervento chirurgico. L’uso degli estratti di G. biloba non è consigliato nei bambini, in gravidanza e durante l’allattamento.  
Dosaggi**: Estratto secco: 120-140 mg al giorno in 2 o 3 volte; estratto fluido (1:1): 0,5 mL 3 volte al giorno.
*Monografie WHO, 1° volume (in parte).
**Monografie WHO, 1° volume.

 

Fonte: farmacovigilanza.org. 2000

Il Ginkgo biloba è una pianta di origine cinese ed appartiene alla famiglia delle Ginkgoaceae. Il nome Ginkgo proviene dalla traduzione del giapponese Yin-Kwo (frutto d'argento). Il nome della specie biloba è dovuto alla forma bilobata delle foglie (1). Nella Tabella I sono riportate alcune preparazioni, in vendita in Italia, contenenti Ginkgo biloba.
Tra le numerose sostanze contenute nel Ginkgo biloba le più importanti,dal punto di vista farmacologico, sono i flavonoidi e e i lattoni tripertenici (gingkolidi e bilobalidi) (2, 3).
Gli estratti delle foglie di Ginkgo biloba sono usati per migliorare le funzioni cognitive nell'insufficienza cerebrovascolare (4, 5) e la circolazione ematica periferica (6). Le dosi di estratto secco di foglie di Ginkgo biloba utilizzate in terapia oscillano tra 112 e 200 mg al giorno di solito suddivise in 3 dosi (1).
L'attività terapeutica della pianta Ginkgo biloba sembra essere dovuta alla attività antiossidante ed antagonista del cosiddetto fattore attivante le piastrine (Platelet activating factor; PAF) dei principi attivi in essa contenuti (7).
Il Ginkgo biloba sembra essere relativamente sicuro con pochi documentati effetti collaterali, quali moderati disturbi gastrointestinali e cefalea (8).
Tuttavia (Tabella II), negli ultimi tempi sono state riportate alcune segnalazioni di emorragie spontanee in soggetti in trattamento con Ginkgo biloba.
Una segnalazione riguarda un uomo di 70 anni con emorragia nella camera anteriore dell'occhio verificatasi dopo il trattamento per 7 giorni con estratto di Ginkgo biloba alla dose di 40 mg per due volte al giorno. L'uomo, a causa di una coronaropatia, aveva subito un bypass chirurgico ed era trattato con aspirina (acido acetilsalicilico) alla dose di 325 mg al giorno. Sospeso il Ginkgo biloba, ma non l'aspirina, non si sono verificati altri episodi emorragici durante il successivo periodo di controllo di tre mesi. In questo caso la interazione tra Ginkgo biloba e aspirina è stata considerata la causa della emorragia oculare (9).
Un'altra segnalazione riguarda la comparsa di ematoma subdurale bilaterale con aumento del tempo di sanguinamento in una donna di 33 anni in seguito ad uso per quasi 2 anni di Ginkgo biloba alla dose di 60 mg per 2 volte al giorno, associato per brevi periodi alla concomitante ingestione di preparazioni a base di acetaminofene, ergotamina e caffeina. Il tempo di sanguinamento è tornato normale entro 35 giorni dalla sospensione del Ginkgo biloba (10).
Altra interazione segnalata è quella con l'anticoagulante warfarin assunto per 5 anni da una donna coronaropatica di 78 anni successivamente a bypass chirurgico. In questo caso è stata segnalata la comparsa di emorragia parietale dopo trattamento con Ginkgo biloba per 2 mesi. Poiché il tempo di protrombina non era modificato l'emorragia è stata atribuita all'effetto antiaggregante piastrinico del Ginkgo biloba (11).
Un caso di emorragia intracranica spontanea è stato segnalato in una donna di 72 anni che ha assunto Ginkgo biloba alla dose di 50 mg per 3 volte al giorno per un periodo di circa 6 mesi (12).
N.B. In attesa di ulteriori informazioni, oggi non disponibili, bisognerebbe essere cauti nell'associare al Ginkgo farmaci (aspirina, warfarina ed altri anticoagulanti ed antiaggreganti piastrinici), vitamina E ed aglio che possono influenzare la coagulazione (13).

Tabella I. Elenco di alcuni prodotti erboristici/dietetici, in vendita in Italia, contenenti Ginkgo biloba e consigliati per via orale.

Nome del prodotto

Ditta produttrice

Gingko Memo

ABOCA ERBE

Ginko Biloba

ABOCA ERBE

Ginkovasal

ABOCA ERBE

Ginkgotene

ALSO

Ginkgo Brain

ARKOFARM

Intellectum

ARKOFARM

Gingko Bil

BIOVITA

Ginkogyn

BIOMEDICINE

Ginkgo

BODY SPRING

Ginkoba

BOEHRINGER – INGELHE

Ginkgo biloba

CARLO ERBA OTC

Ginkgoven

CEREAL’S

Ginkgo biloba

ERBA VITA

Ginkgo Bil

ERBEX

Gingko Bil

EMME ZETA

Ginkgo - Max

ESI

Ginkgo

FITOSALUTE

Fon Wan Giuliani verde

GIULIANI

Ginkgo Syn

KHOL

Ginkgo biloba

LA FARMOSANITARIA

Ginkox

LEGNANI

Vita biloba

OLOS

Ginkgo Daily

PHARBENIA

Ginkoflavin

PHARMALIFE

Ginkolin

PHARMALIFE

Ginkoba

PHARMATON

Ginkgobiloba

PHOENIX

Ginkgo biloba

PLANTA MEDICA

Ginkgo biloba

RAO ERBE

Ginkgo biloba

SOLGAR

Gingko Plus

SPECCHIASOL

 

Tabella II. Segnalazioni di reazioni avverse in soggetti in trattamento con Ginkgo biloba da solo o in associazione a farmaci di sintesi.

Farmaco di sintesi associato

Reazione avversa

Referenza bibliografica

Nessuno

Emorragia intracranica

Gilbert G.J. Neurology. 1997; 48: 1137.

Acido acetilsalicilico

Emorragia oculare

Rosenblatt M. et al. N Engl J Med. 1997; 336: 1108.

Preparazione a base di acetaminofene, ergotamina e caffeina

Ematoma subdurale bilaterale con aumento del tempo di sanguinamento

Rowin J. et al., Neurology. 1997; 46: 1775.

Warfarin

Emorragia parietale

Matthews M.K. Neurology 1998; 50: 1933.

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Panax ginseng
(Panax ginseng - Ginseng cinese. Altre varietà: Panax notoginseng,- Panax bipinnatifidus, Panax japonicus - Ginseng giapponese, Panax quinquefolius - Ginseng americano,
Panax vietnamensis, Panax wangianus. Panax zingiberensis, Panax pseudoginseng,
Panax stipuleanatus, Panax trifolius)
(fam. Araliacee)
Fonte: farmacovigilanza.org. 2000

 

Con il nome Ginseng sono note due varietà di questa pianta: la varietà cinese (Panax ginseng) e quella americana (Panax quinquefolium). Il Panax Ginseng appartiene alla famiglia delle Araliaceae, pianta originaria della Cina, della Corea e del Giappone, di cui esistono due varietà (rossa e bianca). Il ginseng bianco è ottenuto essiccando la varietà rossa. Quest'ultima ha un più alto contenuto in saponine in virtù del quale sembra essere terapeuticamente più efficace (1). Il Ginseng Americano si trova in Canada e negli USA (2). L'Eleuterococcus senticosus, conosciuta anche come Ginseng siberiano, è una pianta utilizzata in Occidente spesso al posto del più costoso ginseng.
Della pianta di Ginseng si utilizza la radice che è molto ramificata e carnosa, e che in virtù della sua forma somigliante al corpo umano, ne ha determinato il nome dal cinese jen shen (radice d'uomo). Vengono utilizzate polveri di radice, infusi, capsule o compresse (3). Le preparazioni di Ginseng sono titolate in saponine chiamate ginsenosidi, considerati i principali costituenti chimici importanti per l'attività terapeutica (4). Oltre ai ginsenosidi sono presenti nella pianta altri composti denominati eleuterosidi (5).
Nel tempo al Ginseng sono state attribuite proprietà medicinali e magiche quali la capacità di tonificare e ringiovanire l'organismo, prolungare la vita e aumentare il desiderio sessuale. Attualmente è utilizzato per combattere l'astenia e (come adattogeno) per aumentare la resistenza allo stress (6, 7). Una recente revisione dei trials clinici effettuati per valutarne l'efficacia relativamente al miglioramento della performance fisica, delle funzioni cognitive, dell'attività sul sistema immunitario (immunomodulazione), nel diabete e nell'infezione erpetica, evidenzia che il ginseng non è efficace per nessuna di queste indicazioni (8).
Gli usi terapeutici del Ginseng, comunque non confortati da studi clinici che ne confermano l'efficacia, sono: come adattogeno, coadiuvante nella terapia antitumorale e stimolante del sistema immunitario.
Il dosaggio consigliato va da 200 a 400 mg/die di estratto secco titolato in ginsenosidi (7%) che corrispondono a circa 1-2 g di radice di Panax Ginseng (9, 10).
Alcune preparazioni commerciali, contenenti Ginseng, in vendita in Italia sono elencate nella Tabella I.
Effetti collaterali (Tabella II) Mastopatia. Nel 1978 è stato riportata una segnalazione che riguardava un caso di mastopatia con dolore e nodularità diffusa in una donna di 70 anni che aveva assunto per 3 settimane ginseng in polvere. La sintomatologia è regredita dopo la sospenzione del ginseng (11).
"Sindrome da abuso di Ginseng": Si verifica a seguito ad intossicazione da Ginseng ed è caratterizzata da: irritabilità, edema, prurito, depressione dell'umore, vertigini, palpitazioni, iperpiressia (12).
Sindrome di Stevens-Johnson. E' riferito in letteratura un caso con infiltrazione di cellule mononucleate a livello del derma manifestatosi in uno studente cinese di 27 anni dopo l'uso di Ginseng ad una dose non specificata per 3 giorni (13).
Emorragia vaginale. Sono stati riportati due casi. Il primo occorso ad una donna di 72 anni in seguito a trattamento per via orale con 200 mg per un periodo non specificato (14). Il secondo insorto in una donna in menopausa dopo trattamento topico (crema per il viso) con un prodotto contenente ginseng (15). In entrambi i casi l'emorragia è stata attribuita ad un effetto di tipo estrogenico.
Arterite cerebrale. È stato riportato un caso di arterite cerebrale documentata angiograficamente in una donna di 28 anni che ha sofferto di grave emicrania dopo ingestione di dosi massicce di ginseng (16).
Androgenizzazione neonatale. Sono stati segnalati casi a seguito di uso di ginseng durante la gravidanza (17) che ne fanno sconsigliare l'uso in gravidanza.
Diabete gestazionale. Inoltre è stata osservata una maggiore incidenza di diabete in donne che hanno fatto uso di ginseng durante la gravidanza (18).
Altri effetti indesiderati riportati in letteratura sono:

  • Ipertensione(19)
  • Insonnia (19)
  • Vomito (19)
  • Cefalea (19)
  • Epistassi (19).

Interazioni (Tabella III) Warfarin. Un caso di interazione è stato riportato in una donna di 47 anni portatrice di protesi valvolare aortica e in trattamento da 5 anni con warfarin. L'inserimento in terapia del ginseng ha prodotto dopo 2 settimane una riduzione dell'INR che è tornato normale dopo che il ginseng è stato sospeso (20). La interazione con il warfarin potrebbe essere dovuta all'azione antiaggregante piastrinica di componenti presenti nel ginseng (21).
Digossina. In un uomo di 74 anni che assumeva digossina e Ginseng Siberiano è stato osservato un aumento dei livelli serici di digossina senza alcuna manifestazione tossica da iperdigossinemia, facendo avanzare l'ipotesi che uno dei componenti del Ginseng venga convertito in digossina interferendo con la sua eliminazione o con il monitoraggio (22).
Fenelzina. Sono stati riportati più casi di comparsa di sintomi quali cefalea, tremore (23) ed episodi di mania (24) in pazienti che assumevano contemporaneamente questo inibitore delle monoamino-ossidasi.
Controindicazioni Alla luce dei dati presenti in letteratura è controindicato:

  • nell'ipertensione (19, 25)
  • in associazione con fenelzina (24), warfarin (20), estrogeni o corticosteroidi (26)
  • in presenza di mestruazioni abbondanti
  • in gravidanza (maggiore incidenza di diabete gestazionale) (18)
  • durante l'allattamento.

Avvertenze all'uso del Ginseng Alla luce dei dati presenti in letteratura si può affermare e consigliare quanto segue:

  • avvertire il proprio medico se si sta assumendo contemporaneamente qualsiasi altra medicina
  • non assumerlo per lunghi periodi (sindrome da abuso di Ginseng)
  • non assumerlo in caso di tendenza ad eccessiva emorragia durante le mestruazioni
  • non usarlo sotto i 2 anni di età e solo dopo approvazione medica in bambini al di sopra dei 2 anni di età
  • in caso di diabete consultare il proprio medico prima di assumerlo (può modificare il tasso glicemico) (26)
  • non assumerlo nel caso si manifesti frequentemente sanguinamento dal naso (epistassi) (19)
  • la varietà rossa può potenziare gli effetti della caffeina (25);

Contaminazioni ed adulterazioni Un altro problema che riguarda il ginseng è che dato il costo elevato della pianta sono frequenti i tentativi di frode nei confronti dei consumatori. Una valutazione del contenuto di ginseng nei prodotti in commercio effettuata diversi anni fa rilevava l'estratto della pianta era presente solo nel 25 % di essi e quasi sempre la concentrazione in ginsenosidi era molto al di sotto (0.1-0.7 % al posto del 7 % delle titolazioni considerate terapeuticamente valide) di quella necessaria (27). Un'altra indagine ha rivelato che il 12 % dei prodotti a base di ginseng investigati conteneva sostanze chimiche simili ai ginsenosidi ma non specifici. In un caso era contenuta efedrina senza che l'etichetta ne facesse menzione e altri prodotti contenevano concentrazioni di ginsenosidi oscillanti tra 1,9 e 9 % (28). Altre adulterazioni sono state operate sostituendo il ginseng con scopolamina o reserpina (29).
Effetti avversi si possono verificare anche a causa di altri ingredienti presenti nei prodotti. Nel 1997 sono stati ritirati negli USA prodotti liquidi in fialoidi a base di ginseng, menta e cioccolata che contenevano una concentrazione alcolica superiore a quella dichiarata dopo che un bambino in seguito dopo averne ingerito il contenuto ha manifestato dolore toracico e palpitazioni cardiache (30).

Tabella I. Elenco prodotti erboristici in vendita in Italia contenenti Panax Ginseng e somministrati per via orale.


Prodotto

Ditta fornitrice

Ginseng Coreano

ABC-TRADING

Ginseng e Pappa Reale

ABC-TRADING

Ginsenile opercoli

ABOCA

Ginseng cps

ARKOFARM

Ginseng e Schisandra

ARKOFARM

Ginseng Canadese cpr

BIOVITA

Ginseng Cor Rosso cpr

BIOVITA

Ginseng piv 1000 P

CENTRO FIORI

Ginseng cps

ERBEX

Ginseng plus R.E. cps

ESI

Ginseng FTC estr.

FITOCORBA

Ginseng cps

FITOSALUTE

Ginseng comp 100 ml

FORZA VITALE

Ginseng Lecitina di Soia Pappa Reale cps

HORSST

Ginseng SYN cps

KOHL

Ginseng Lin tavolette

LABORATORIO OMEOPATICO LINDA'S

Ginseng Cor cps

LAFARMOSANITARIA

Ginseng vit. Estr.

LA NATURA SAS

Ginseng MYW tavolette

MY WAY

Ginseng Cor NSA cps

NOVASALUS

Ginseng Papp

NOVASALUS

Ginseng Ro estr.

N.C.N. Srl

Ginseng OTT cpr

OTTOLENGHI

Ginseng Pappa Reale Cola

OTTOLENGHI

Ginseng Imperatore Coreano perle

PEGASO

Ginseng Siberiano tavolette

PEGASO

Ginseng Panax cps

PHARBENIA

Ginseng CVP fl

PHYTOTERAPICO VEN.

Ginseng fl.

PLANTA MEDICA

Ginseng Sun tavolette

PRODOTTI NATURALI

Ginseng Royal Jelli fl.

QUITIAN

Ginseng cps

SANGALLI

Ginseng Ro Coreano cps

SESSA

Ginseng SID

SIDAF

Ginseng ONE cpr

SOCIETA' NATURA

Ginseng soluz. Idroalcolica

SPECCHIASOL

Ginseng 2001 cps

2001 TEAM

Ginseng IL HWA Bilan-G perle

TONGIL

Ginseng ult. Eleuter. fl.

ULTIMATE ITALIA

Ginseng Multivit perle

VAILLANT

Ginseng Pappa Reale cps

VANDA

Ginseng VIM china cps

VEGETAL

Ginseng VIM tonic china cps

VEGETAL-IMPORT

Ginseng vit. cpr. micr.

VITASALUS

Tabella II. Reazioni avverse associate all'uso di Ginseng

Reazione avversa

Referenza bibliografica

Mastopatia

Palmer B, Montgomery A, Monteiro J. BMJ. 1978; 1: 1284

"Sindrome da abuso di Ginseng": irritabilità, edema, prurito, depressione dell'umore, vertigini, palpitazioni, iperpiressia

Siegel RK. JAMA 1979; 241: 1614-5

Sindrome di Stevens-Johnson

Dega H, Laporte JL, Frances C, Herson S, Chosidow O. Lancet 1996; 347: 1344

Arterite cerebrale

Ryu S.J., Chien Y.Y. Neurology 1995; 45: 829-830

Androgenizzazione neonatale da uso in gravidanza

Koren G, Randor S, Martin S, Danneman D. JAMA 1990; 264: 2866

Diabete gestazionale

Chin R. Asia Oceanica J Obstet Gynecol. 1991; 17: 379-380

Ipertensione

Hammond TG, Whitworth JA. Med J Aust 1981; 1: 492

Insonnia

Hammond TG, Whitworth JA. Med J Aust 1981; 1: 492

Vomito

Hammond TG, Whitworth JA. Med J Aust 1981; 1: 492

Cefalea

Hammond TG, Whitworth JA. Med J Aust 1981; 1: 492

Epistassi

Hammond TG, Whitworth JA. Med J Aust 1981; 1: 492

Tabella III. Reazioni avverse da interazioni tra farmaci e Ginseng

Farmaco associato

Reazione avversa

Referenza bibliografica

Warfarin

Ridotto INR

Janetzky K, Morreale AP, Am J Health Syst Pharm, 1997; 54: 692-3

Fenelzina

Cefalea e tremore
Mania

Shader RI, Greenblatt DJ. J. Clin. Psychopharmacol. 1985; 5: 65
Jones BD, Runikis AM. J. Clin Psychopharmacol. 1987, 7: 201-2

Digossina

Aumento digossinemia

McRae S. CMAJ 1996; 155: 293-5

Referenze bibliografiche

  • Nah JJ, Kim SK, Kim SC, Nam KY; Jung DW; Nah SY; Yoon SR: Determination of ginsenoside Rf and Rg2 from Panax ginseng using enzyme immunoassay; Chem Pharm Bull (Tokyo) 1998; 46: 1144-1147
  • Song YN, Xie CK: "A taxonomical study on plants of the genus Panax in Sichuan", Hua Hsi I Ko Ta Hsueh Hsueh Pao 1986; 17: 322-327
  • Mizuno M, Yamada J, Terai H, Kozukue N, Lee YS, Tsuchida H: Differences in immunomodulating effects between wild and cultured Panax ginseng., Biochem Biophys Res Commun, 1994; 200: 1672-1678
  • Chan TW, But PP, Cheng SW, Kwok IM, Lau FW, Xu HX. Differentiation and authentication of Panax ginseng, Panax quinquefolius, and ginseng products by using HPLC/MS. Anal Chem 2000; 72: 1281-1287
  • Henderson GL, Harkey MR, Gershwin ME, Hackman RM, Stern JS, Stresser DM. Effects of ginseng components on c-DNA-expressed cytochrome P450 enzyme catalytic activity. Life Sci 1999; 65: 209-214
  • Lawrence Review of Natural Products. Ginseng. St Louis, Mo: Facts and Comparisons; 1990
  • Liu CX, Xiao PG, Recent advances on ginseng research in China. J Ethnopharmacol. 1992; 36: 27-38
  • Vogler B.K., Pittler M.H., Ernst E. The efficacy of ginseng. A systematic review of randomised clinical trials. Eur. J. Clin. Pharmacol. 1999, 55: 567-575
  • Kiesewetter H, Jung F, Mrowietz C, Wenzel E. Hemorrheological and circulatory effects of Gincosan. Int J Clin Pharmacol Ther Toxicol 1992; 30: 97-102
  • Engels HJ, Wirth JC. No ergogenic effects of ginseng (Panax ginseng C.A. Meyer) during graded maximal aerobic exercise. J Am Diet Assoc 1997; 97: 1110-1115
  • Palmer B, Montgomery A, Monteiro J. Ginseng and mastalgia [letter]. BMJ. 1978; 1: 1284
  • Siegel RK. Ginseng abuse syndrome. Problems with the panacea. JAMA 1979; 241: 1614-1615
  • Dega H, Laporte JL, Frances C, Herson S, Chosidow O. Ginseng as a cause for Stevens-Johnson syndrome? Lancet 1996; 347: 1344
  • Greenspan EM. Ginseng and vaginal bleeding. JAMA 1983; 249: 2018
  • Hopkins MP, Androff L, Benninghoff AS. Ginseng face cream and unexplained vaginal bleeding. Am J Obstet Gynecol 1988; 159: 1121-1122.
  • Ryu S.J., Chien Y.Y. Ginseng-associated cerebral arteritis. Neurology 1995; 45: 829-830
  • Koren G, Randor S, Martin S, Danneman D. Maternal ginseng use associated with neonatal androgenization. JAMA 1990; 264: 2866
  • Chin R. Ginseng and common pregnancy disorders. Asia Oceanica J Obstet Gynecol. 1991; 17: 379-380
  • Hammond TG, Whitworth JA. Adverse reactions to ginseng. Med J Aust 1981; 1: 492
  • Janetzky K, Morreale AP, "Probable interaction between warfarin and ginseng.", Am J Health Syst Pharm, 1997; 54: 692-693
  • Kuo SC, Teng CM, Lee JG, Ko FN, Chen SC, Wu TS. Antipletelet components in Panax ginseng. Planta Med 1990; 56: 164-167
  • McRae S. Elevated serum digoxin levels in a patient taking digoxin and Siberian ginseng. CMAJ 1996; 155: 293-295
  • Shader RI, Greenblatt DJ. Phenelzine and the dream machine-ramblings and reflection. J. Clin. Psychopharmacol. 1985; 5: 65
  • Jones BD, Runikis AM. Interaction of Ginseng with Phenelzine, J. Clin Psychopharmacol, 1987; 7: 201-202
  • McGuffin M., Hobbs C, Upton R, Goldbert A. eds American Herbal Products Association's Botanical Safety Handbook, CRC Press, 1998
  • Miller LG: Herbal Medicinals: Selected Clinical Considerations Focusing on Known or Potential Drug-Herb Interactions. Arch. Intern. Med. 1998; 158: 2200-2211
  • Liberti LE. Dermarderosian A. Evaluation of commercial ginseng products. J Pharm. Sci. 1978; 10: 1487-1489
  • Cui J, Garle M, Eneroth P, Bjorkhem I. What do commercial ginseng preparations contain? Lancet 1994; 344: 134
  • Siegel RK. Kola, ginseng, and mislabeled herbs [letter] JAMA 1977; 237: 25
  • Anonymous. Liquid ginsengrecall in Massachussets. FDC Rep 1997; 18: 26

Hypericum perforatum L.
(iperico, St. John’s wort)(fam.: Clusaceae)
Fonte: Società Italiana di Fitoterapia

 

Botanica: Pianta erbacea perenne alta fino a 1 metro, con fusti eretti e ramificati verso l’estremità. Le foglie sono ovali, lineari-oblunghe, largamente ellittiche, subcordate, piatte o più o meno riavvolte ai margini, con tipiche ghiandole pellucide e talvolta con punti ghiandolari bruno-neri. I fiori, raccolti in un ampio pannicolo, hanno i petali oblunghi o oblungo-ellittici, disposti inequilateralmente; sono di colore giallo con numerosi punti ghiandolari neri; gli stami, particolarmente numerosi (50-60), sono lunghi e ben evidenti. I semi sono cilindrici, bruni e finemente butterati longitudinalmente. Si tratta di una specie indigena nell’Africa del Nord, nel Sudafrica, nel Sud America, in Asia, in Europa e in Nuova Zelanda; è naturalizzata negli Stati Uniti. L’iperico è oggetto di coltivazione.
Droga: Farmacopea Europea IV Ed.: consiste nella parte aerea o nelle sommità fiorite essiccate di Hypericum perforatum L..
Composizione chimica: La droga contiene come costituenti chimici caratteristici alcuni naftodiantroni (ipericina, pseudoipericina) e alcuni derivati del floroglucinolo (iperforina, adiperforina); sono inoltre presenti svariati flavonoidi (iperoside, quercitrina, isoquercitrina, rutina), tannini e olio essenziale.   
Farmacologia: Numerosi studi farmacologichi hanno dimostrato che gli estratti di iperico esercitano una rimarchevole attività in numerosi modelli di depressione nei roditori. Per esempio, la somministrazione intragastrica di 2 mg/kg dell’estratto etanolico (95%) ha soppresso la depressione indotta dalla clonidina; la somministrazione i.g. dello stesso estratto (5 mg/kg) ha aumentato l’attività esploratoria dei topi in un ambiente sconosciuto e ha significativamente prolungato in modo dose-dipendente il sonno indotto dai narcotici; la somministrazione prolungata dell’estratto (6 mg/kg/die per 3 settimane) ha ridotto l’aggressività di topi socialmente isolati; vari estratti idroalcoolici hanno ridotto significativamente il tempo di nuoto nel test del nuoto forzato. La somministrazione i.g. di un estratto etanolico contenente il 4,5% di iperforina (50, 100 e 300 mg/kg/die per 3 giorni) e un estratto con CO2 privo di ipericina ma con il 38,8% di iperforina (5, 10 e 15 mg/kg/die per 3 giorni) ha provocato lo stesso effetto antidepressivo sia nel topo che nel ratto. Negli studi in vitro, un estratto idroalcoolico di iperico ha dimostrato una specifica affinità per i recettori della serotonina, delle benzodiazepine, GABA-A e GABA-B e dell’inositolo trifosfato e una affinità aspecifica per i recettori dell’adenosina. In altri esperimenti, l’estratto ha mostrato affinità per i recettori NMDA. Sia un estratto con CO2 che un estratto metanolico e l’iperforina pura hanno inibito in vitro la captazione sinaptosomale della serotonina, della noradrenalina, dalla dopamina e del GABA; l’iperforina pura è risultata più attiva dell’estratto con CO2 (38,8% di iperforina), che, a sua volta, è risultato più attivo dell’estratto metanolico (4,5% di iperforina). Né l’estratto con CO2 né liperforina hanno mostrato di inibire gli enzimi MAO (A e B). Gli estratti idroalcoolici di iperico sono risultati attivi in vitro contro vari ceppi batterici (per esempio, Escherichia coli, Proteus vulgaris, Streptococcus mutans, S. sanguinis, Staphylococcus oxford e S. aureus). L’ipericina e la pseudoipericina hanno mostrato di essere attive in vitro contro alcuni virus (per esempio, Herpes simplex) e il retrovirus dell’AIDS (HIV-1); l’ipericina ha inibito, sempre in vitro, la trascrittasi inversa di HIV-1 e la crescita dei virus della leucemia murina di Rauscher e della leucemia murina di Friend; l’attività contro alcune linee cellulari tumorali (per esempio, della leucemia murina di Molony) è risultata modesta. Numerosi studi hanno dimostrato che l’ipericina è un potente inibitore della proteina chinasi C; questa attività può contribuire all’azione antiinfiammatoria esercitata dagli estratti di iperico. L’applicazione sia locale che i.g. di estratti acquosi che idroalcoolici di iperico ha accelerato la cicatrizzazione di ferite sperimentalmente indotte.
Tossicologia: Non risultano descritti in letteratura i risultati di studi tossicologici per singola soministrazione o per somministrazioni ripetute. Nonostante alcuni tests di mutagenesi in vitro siano risultati positivi, tutti i tests di mutagenesi in vivo sono risultati negativi. Un estratto idoalcoolico di iperico somministrato i.g. per 26 giorni a ratti e cani (900 e 2700 mg/kg/die rispettivamente) non ha prodotto effetti sulla fertilità, sullo sviluppo degli embrioni e sullo sviluppo postnatale della prole.
Clinica: Si trovano descritti in letteratura non meno di una ventina di studi clinici controllati condotti con gli estratti di iperico con lo scopo di fornire l’evidenza della loro attività antidepressiva. Poco più della metà di questi studi sono stati condotti con l’estratto idrometanolico mentre i rimanenti sono stati condotti con l’estratto idroetanolico. Nella parte preponderante di questi studi, l’estratto di iperico è stato confrontato con il placebo; non mancano tuttavia studi di confronto con antidepressivi convenzionali quali l’imipramina, la maprotilina, l’amitriptilina, la fluoxetina e la sertralina. Con l’eccezione di qualche studio di maggiore durata, negli altri, i periodi di trattamento sono stati di 4-8 settimane; i dosaggi praticati hanno variato da 300 a 1000 mg di estratto per giorno. I pazienti sono stati prevalentemente valutati in base alla Hamilton Rating Scale for Depression, che è principalmente focalizzata sui sintomi somatici della depressione, oppure con la Clinical Global Impression Scale, che permette di analizzare la gravità della malattia, l’efficacia dei trattamenti e lo stato generale dei pazienti; vari studi hanno adottato entrambe le scale. In vari tempi, sono state effettuate meta-analisi degli studi clinici meglio metodologicamente impostati, le quali hanno concordemente concluso che gli estratti di iperico sono superiori al placebo nel trattamento degli stati depressivi di lieve-modesta gravità e che per questa indicazione sono efficaci come gli antidepressivi convenzionali; il profilo degli effetti collaterali è risultato favorevole agli estratti di iperico. In uno studio clinico controllato contro placebo (veicolo) molto recente, pazienti affetti da dermatite atopica subacuta sono stati trattati per 4 settimane con una crema contenente un estratto di iperico standardizzato all’1,5% di iperforina; il trattamento con l’iperico è risultato superiore a quello del solo veicolo sia nella riduzione delle lesioni eczematose che della loro colonizzazione batterica.       
Indicazioni terapeutiche*: Trattamento sintomatico degli stati depressivi di lieve-moderata gravità (classificazione F.32.0 e F.32.1 nell’International statistical classification of diseases and related health problems – Tenth revision (ICD-10)); trattamento esterno di ferite, bruciature  e ulcerazioni minori della pelle.
Effetti collaterali, controindicazioni, interazioni, precauzioni speciali*: I risultati degli studi clinici indicano che gli effetti indesiderati provocati dagli estratti di iperico sono rari e di modesta entità nell’ambito dei dosaggi terapeutici; essi includono: irritazione gastrointestinale, reazioni allergiche, irrequietezza e senso di stanchezza. In uno studio clinico controllato, un estratto idroalcoolico di iperico ha provocato reazioni di fotosensibilizzazione nei pazienti esposti a radiazioni ultraviolette A e B; i livelli ematici del’ipericina, il costituente fotosensibilizzante dell’iperico, erano tuttavia circa il doppio di quelli normalmente conseguenti ai dosaggi terapeutici degli estratti. In letteratura sono segnalati un caso di eritema cutaneo da ipericina in un paziente sensibile alla luce ultravioletta e un caso di neuropatia periferica per esposizione alla luce del sole. Data la scarsità dei dati circa la sicurezza dell’iperico in gravidanza, durante l’allattamento e nei bambini, l’uso senza prescrizione medica ne è sconsigliato durante la gestazione, il puerperio e in pedriatia. L’uso contemporaneo dell’iperico e di antidepressivi di sintesi (per esempio, gli antidepressivi triciclici e ISSR) non è raccomandato (rischio di sindrome serotoninica). L’iperico è risultato essere un potente induttore degli enzimi del complesso citocromo P450 che presiedono alla metabolizzazione di numerosi farmaci (ciclosporina, teofillina, warfarin, steroidi,  inibitori della proteasi di HIV, digossina e, probabilmente, anche benzodiazepine, bloccanti dei canali del calcio e molti altri), dei quali compromette l’efficacia; di conseguenza, deve essere evitato l’uso contemporaneo dell’iperico con questi farmaci. Non sono disponibili dati sulle interazioni fra l’iperico e tests diagnostici. L’iperico è controindicato in caso di allergia nota alle piante della famiglia delle Clusaceae. Come per gli altri antidepressivi, l’effetto dell’iperico si manifesta dopo 2-4 settimane di trattamento.
Dosaggi*: Le dosi giornaliere consigliate per gli estratti standardizzati in ipericina sono equivalenti a 0,2-2,7 mg di questo naftodiantrone. Deve essere tenuto conto che in Italia l’iperico rientra in specialità medicinali vendibili solo dietro prescrizione medica. Nel caso delle formulazioni per uso topico, deve essere fatto riferimento alle raccomandazioni fornite dai produttori.
* Monografie WHO, 2° volume.

 

Fonte: farmacovigilanza.org

È una pianta ampiamente diffusa, nota nei paesi anglosassoni come erba di S. Giovanni (St. John Wort). I fiori sono la parte della pianta da cui si ottengono gli estratti normalmente utilizzati. Un elenco delle preparazioni disponibili in Italia è riportato in Tabella I. Da sempre utilizzato per diverse patologie, recentemente l'iperico ha raggiunto grande popolarità per la sua efficacia nell'alleviare la depressione di grado lieve moderato (1, 2). Fra le sostanze dell'iperico, implicate in questa azione, vi sarebbero l'ipericina, l'iperforina e i flavonoidi (3, 4, 5), il cui meccanismo d'azione sarebbe da riportare ad una attività sui neurotrasmettitori cerebrali, quali serotonina, dopamina e noradrenalina (3).
La dose media normalmente utilizzata per ottenere effetti antidepressivi è di 900 mg (fra 600 e 1200) al giorno di estratto secco suddiviso in tre dosi (6, 7).
Gli estratti sono in genere ben tollerati. Effetti collaterali minori (Tabella II) come nausea, rash, astenia, irrequietezza, sono stati osservati nel corso di studi clinici in una percentuale che va dal 2,4 al 7,4 % (8, 9).Vengono anche riportati secchezza delle fauci, vertigini e confusione mentale (10). Per quanto riguarda la fotosensibilità (frequentemente riportata come possibile effetto collaterale), nell'uomo sono stati documentati solo due casi: uno in un soggetto che ha fatto uso di iperico per 3 anni (11), ed un altro caso che riguarda una donna di 35 anni, che dopo 4 settimane trattamento, sviluppò una neuropatia non meglio specificata (12). In entrambi i casi i sintomi regredirono in seguito alla sospensione del trattamento. Altri studi indicano che la fotosensibilità si manifesti con dosaggi più alti rispetto alla dose consigliata (13).
Sono riportati anche effetti avversi gravi (Tabella II) Un paziente di 20 anni, cui era stata diagnosticata una psicosi maniaco-depressiva e che aveva sostituito la cura prescritta per il disturbo bipolare con l'iperico alla dose comunemente consigliata di 900 mg/die, manifestò un episodio caratterizzato da estrema agitazione, irritabilità, ansia e insonnia (14). Una donna di 51 anni, che a 26 anni aveva avuto un episodio di agitazione di tipo psicotico, cui era seguito un trattamento con litio e aloperidolo fino all'età di 41 anni senza manifestare ulteriori sintomi psichiatrici, andò incontro ad agitazione psicomotoria con comportamento bizzarro e linguaggio disorganizzato (15), dopo alcuni giorni dalla autosomministrazione, su consiglio della sorella, di iperico (900 mg/die). La sintomatologia è regredita una volta sospeso l'iperico ed iniziata terapia con litio e aloperidolo. In entrambi i casi sopra riportati la comparsa della sintomatologia è stata messa in relazione con l'assunzione di iperico (14). Dopo questa prima segnalazione, sono comparsi in letteratura altri tre casi di possibile induzione di mania in relazione all'uso di iperico (15). Una recente revisione della letteratura ha evidenziato che l'incidenza di reazioni avverse in trattamenti a breve-medio termine (2-8 settimane) è più bassa di quella associata ad antidepressivi triciclici (16). Tuttavia gli stessi autori sottolineano come siano ancora insufficienti i dati sul trattamento a lungo termine e come siano inesistenti gli studi sulla teratogenesi, cioè le conoscenze dei possibili effetti dell'iperico nelle donne in gestazione
Sono documentate alcune interazioni tra iperico e farmaci (Tabella III). Sindrome serotoninergica è stata riscontrata in pazienti che hanno associato l'iperico a farmaci antidepressivi quali sertralina, nefazodone (17) e trazodone (18). La sindrome serotoninergica è caratterizzata da alterazione dello stato mentale ed anomalie neuromuscolari quali tremore, aumento dei riflessi tendinei o mioclonie ed è correlata al trattamento con farmaci che aumentano l'attività del sistema serotoninergico (19). Letargia ed incoerenza sono state descritte dopo associazione di paroxetina ed iperico (20).
L'iperico infine determina alterazioni della cinetica di altri farmaci: riduce la concentrazione serica di teofillina (21), digossina (22) e ciclosporina (23), l'AUC della stessa digossina (22) e del fenprocumone (24). Molti studi, ma non tutti, indicano che l'iperico sia un inibitore degli isoenzimi del citocromo P450 (25).

Tabella I. Elenco di prodotti erboristici/dietetici, in vendita in Italia, contenenti Hypericum perforatum (estratto secco) e somministrati per via orale.

Iperico

ABOCA

Hypermoral

ANGELINI MED

Iperico ALIM

ARKOFARM

Iperico

ARKOPHARMA

Iperidyn

BIOMEDICINE

Iperico Neurosome

BIOVITA

Iperico

BODY SPRING

Iperico

ERBEX

Hypericum

ESI

Mithén

FIDIA

Hyperic

GHEOS

Hyperium Passifl

NAMED

Iperico ESS

PHARBENIA

Hypericum Neovita

PHARMALIFE

Hypericin

SPECCHIASOL

Tabella II. Segnalazioni di reazioni avverse in soggetti in trattamento con Hypericum perforatum.

 

Reazione avversa

Referenza bibliografica

Effetti collaterali minori

Nausea, rash, astenia, irrequietezza.

Woelk H. et al., J. Geriatr. Psichiatry Neurol. 1994; 7 (Suppl 1): S34-S38.
Schrader E. et al., Hum. Psychopharmacol. 1998; 13: 163-169.

Secchezza delle fauci, vertigini, confusione mentale.

St. John's wort. Med. Lett. Drugs Ther. 1997; 39: 107-108.

Fotosensibilità

Golsch S. et al., Hautarzt 1997; 48: 249-252.
Bove GM et al., Lancet 1998; 352: 1121-1122.

Effetti collaterali maggiori

Mania

Nierenberg AA et al., Biol. Psichiatry 1999; 46: 1707-1708.
Moses EL et al., J Clin Psychopharmacol 2000; 20: 115-117.

Sindrome serotoninergica

Lantz MS et al., J. Geriatr. Psichiatr. Neurol. 1999; 12: 7-10.

Tabella III. Interazioni tra iperico e farmaci, con conseguenze cliniche o laboratoristiche della interazione.

Farmaco

Conseguenze

Referenza bibliografica

Paroxetina

Letargia/incoerenza

Gordon JB. Am Fam Phys. 1998: 57: 950.

Trazodone

Lieve sindrome serotoninergica

Demott K. Clin Psychiatry News 1998: 26; 28.

Sertralina

Lieve sindrome serotoninergica

Lantz et al. J. Geriatr. Psichiatr. Neurol. 1999; 12: 7-10.

Nefazodone

Lieve sindrome serotoninergica

Lantz et al. J. Geriatr. Psichiatr. Neurol. 1999; 12: 7-10.

Teofillina

Riduzione della concentrazione

Nebel et al. Ann. Pharmacother 1999; 33: 502.

Digossina

Riduzione dell'AUC, della concentrazione di picco e della concentrazione totale

Johne et al. Clin Pharmacol Ther 1999; 66: 338-345.

Fenprocumone

Riduzione dell'AUC

Maurer et al. Eur J Clin Pharmacol 1999; 55: A22.

Ciclosporina

Riduzione della concentrazione

Bon et al Schweitzer Apothekerzeitung 1999; 16:535-536.

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Aesculus hippocastanum L.
(ippocastano, chestnut) (fam.: Hippocastanaceae)
Fonte: Società Italiana di Fitoterapia

Botanica: Grande albero, di altezza fino a 30 metri, caratterizzato da un ampio e denso mantello normalmente orbicolare (talvolta piramidale) che si estende lateralmente per un raggio di circa 2 metri. Le foglie, lunghe anche 20 cm, sono dotate di un picciuolo che può essere altrettanto lungo e sono formate da 5-7 folgioline sessili di cui la mediana è più grande e le altre divengono gradatamente più piccole verso l’esterno; la forma della lamina delle foglioline è obovata od oblunga, con margini irregolarmente dentellati; il dorso è glabro, mentre la parte ventrale è ricoperta di soffici peli. I fiori, dotati di 5 petali, sono bianchi con macchie gialle alla base che diventano rosa verso i bordi e sono raccolti in densi pannicoli lunghi anche fino a 30 cm; il calice è cilindrico o campanulato e pubescente. Il frutto è costituito da una capsula spinosa, che normalmente racchiude un unico grande seme.    
Droga: Farmacopea Italiana XI Ed.: La droga, consistente nei semi disseccati di Aesculus hippocastanum L., contiene non meno del 3,0% di glicosidi triterpenici calcolati come escina anidra con riferimento alla droga essiccata.
Composizione chimica: I principali costituenti chimici del seme dell’ippocastano sono le saponine triterpeniche (fino al 10%), collettivamente chiamate con il nome di escina; questi composti sono considerati terapeuticamente attivi. L’escina è quindi una miscela che è formata principalmente dalla a-escina, dalla b-escina e dalla criptoescina; la b-escina è a sua volta una miscela di più di 30 composti glicosidici, i cui agliconi triterpenici sono la protoescigenina e il barringtogenolo C. La droga contiene anche quercetina, kempferolo e altri flavonoidi e loro glicosidi.    
Farmacologia: Differenti estratti del seme di ippocastano, incluse alcune frazioni saponiniche e l’escina, soministrati per varie vie (intragastrica, intraperitoneale, orale), sono risultati attivi in molteplici dei tests classici di infiammazione, quali quelli dell’edema indotto dalla carragenina, da perossidi, dall’ovalbumina, dalla formaldeide e dal destrano, del granuloma indotto dal pellet di cotone e dell’artrite da adiuvante. La frazione saponinica ha anche dimostrato in vivo di produrre analgesia e di esercitare l’attività antipiretica. In esperimenti in vitro,  una frazione saponinica ha mostrato la capacità di inibire l’attività dell’enzima prostaglandina sintetasi. Un estratto idroalcoolico dei semi di ippocastano ha provocato in un esperimento in vitro la contrazione della vena safena di cane; in un esperimento ex vivo, lo stesso estratto somministrato mediante bolus intravenoso ha aumentato la pressione venosa nella safena isolata di cane. Anche l’iperpermeabilità capillare indotta nei ratti e nei conigli mediante cloroformio, serotonina o istamina è diminuita dopo la somministrazione di un estratto idroalcoolico della stessa droga. E’ stato dimostrato che l’aumento della tensione della safena umana isolata e della vena portale di ratto provocato dall’escina è stato provocato dalla formazione preferenziale della prostaglandina F2a; questo effetto è stato invertito dall’indometacina. L’effetto dell’escina si è manifestato in due fasi: una dilatazione iniziale di breve durata seguita da un aumento del tono venoso che persiste a lungo nel circolo principale, ma è transitorio nelle vene periferiche. L’escina ha anche dimostrato di inibire l’attività dell’enzima ialuronidasi.  
 Tossicologia: La dose letale 50 dell’estratto idroalcoolico del seme di ippocastano è compresa fra 990 mg/kg (topo) e 2150 mg/kg (cane) quando somministrato oralmente, è di 342 mg/kg quando somministrato i.p. (topo) ed è compresa fra 138 mg/kg (topo) e 465 mg/kg (cavia) quando somministrato i.v.. In esperimenti tossicologici per somministrazioni ripetute (34 settimane), non sono stati osservati segni di tossicità fino a dosi di 80 mg/kg/die nel cane (5 dosi per settimana) e fino a 400 mg/kg/die nel ratto; la massima dose somministrata al cane corrispondeva a 8 volte la dose raccomandata per l’uomo e quella soministrata al ratto a 40 volte. Estratti idroacoolici del seme di ippocastano non sono risultati mutageni quando saggiati nel test di mutagenicità del microsoma con i ceppi TA98 e TA100 di Salmonella typhimurium né teratogeni ed embriotossici nel ratto e nel coniglio; tuttavia, alla dose massima di 300 mg/kg, è stata osservata nel coniglio la nascita di piccoli con peso inferiore alla media.   
Clinica: L’estratto standardizzato del seme di ippocastano somministrato oralmente è stato l’oggetto di numerosi studi clinici condotti su pazienti affetti da insufficienza venosa cronica e dalle relative complicazioni. Una meta-analisi condotta nel 1998 su 13 controllati fra questi studi ha dimostrato che l’estratto costituisce un trattamento efficace e ben tollerato per questa indicazione quando somministrato per periodi non prolungati di tempo. Le dosi sperimentate negli studi variavano fra 250 e 600 mg/die dell’estratto, corrispondenti a 100-150 mg/die di escina. Studi clinici di altro genere hanno invece dimostrato che il gel contenente una quantità di estratto corrispondente al 2% complessivo di escina è efficace e sicuro per il trattamento topico delle contusioni e delle distorsioni.   
Indicazioni terapeutiche*: Uso interno: sintomi dell’insufficienza venosa cronica, inclusi il dolore, la pesantezza alle gambe, gli spasmi muscolari notturni, il prurito e gli stati edematosi; Uso esterno: sintomi dell’insufficienza venosa cronica, contusioni e distorsioni.
Effetti collaterali, controindicazioni, interazioni, precauzioni speciali*: Sono stati segnalati casi di effetti collaterali gastrointestinali, quali nausea e disturbi allo stomaco. Si trovano descritti in letteratura alcuni casi sospetti di nefropatia tossica dopo l’ingestione di dosi molto alte dell’estratto del seme di ippocastano; precauzionalmente, questo estratto non dovrebbe essere somministrato assieme a farmaci notoriamente nefrotossici, come, per esempio, la gentamicina. Sono state anche segnalate reazioni allergiche. Non sono stati osservati effetti negativi nel corso di studi clinici condotti su pazienti gravide; ciononostante, l’estratto del seme di ippocastano non deve essere assunto in gravidanza in assenza di prescrizione medica; lo stesso vale anche per l’uso nel corso dell’allattamento. Non esiste un razionale terapeutico che giustifichi l’uso pediatrico dell’estratto del seme di ippocastano.
Dosaggi*: A) uso interno: salvo diversa prescrizione medica, 250,0-312,5 mg due volte al giorno dell’estratto standardizzato, equivalenti a 100 mg di escina; B) uso esterno: applicazione del gel al 2% di escina secondo le indicazioni del produttore.
* Monografie WHO, 2° volume.


Zingiber Officinalis
(zenzero o ginger) (fam. Zingiberaceae)
Fonte: farmacovigilanza.org

 

Il Ginger (o in italiano zenzero) è la radice della pianta Zingiber officinalis. Il Zingiber officianlis è una pianta perenne originaria dell'Asia, oggi coltivata diffusamente in quasi tutti i paesi tropicali e subtropicali. Cina e India sono i maggiori produttori di ginger. Esistono in commercio forme diverse di radice di ginger a seconda della presenza o meno della strato corticale (buccia) della stessa radice. La forma scorticata è prodotta in Giamaica e viene chiamata White Ginger (ginger bianco), la forma con la buccia è chiamata Black Ginger (ginger nero) e viene principalmente dalla Cina e dalla Sierra Leone. Un'altra forma parzialmente scorticata viene prodotta in India, Nigeria, Australia e Giappone (1, 2, 3).
Il Ginger è usato nella moderna fitoterapia per il trattamento dei disturbi dispeptici (digestivi) comprendenti eruttazione, pirosi gastrica, flatulenza e nausea. L'uso del Ginger è anche indicato nella profilassi della nausea e del vomito da chinetosi (nausea e vomito da movimento) (4, 5) e come antiemetico nel periodo post-operatorio dei piccoli interventi chirurgici (6, 7); anche se in quest'ultimo caso non tutti gli studi condotti sono concordi sulla sua efficacia (8, 9). Alcuni studi clinici dimostrano che il Ginger ha un'efficacia superiore al placebo nell'alleviare la nausea ed il vomito prodotti da cause diverse (10). All'azione antiemetica contribuirebbe un miglioramento della motilità gastrointestinale sia a digiuno che a stomaco pieno (11).
Una recente revisione degli studi clinici controllati condotti in donne in gravidanza ha dimostrato che il Ginger può apportare lievi benefici nel trattamento della nausea e del vomito che si manifestano durante il primo periodo della gestazione (12). Tuttavia, come specificato più avanti, il Ginger è controindicato in gravidanza.
Tradizionalmente è stato usato per combattere la dismenorrea, la cefalea e anche come antiinfiammatorio e antipiretico ma queste attività non sono state confermate da studi clinici controllati.
Tra i composti chimici contenuti nel Ginger vi sono monoterpeni, sesquiterpeni e gingeroli (13, 14).
Le preparazioni ottenute dalla sua radice (estratti, tinture, ecc.) possono essere acquistate nelle farmacie o nelle erboristerie che ne sono fornite. Può essere assunto in capsule, compresse, come infuso, tintura madre. Può anche essere masticata la radice fresca. Nelle Tabella I sono elencate alcune preparazioni del Ginger presenti in commercio in Italia.
La posologia consigliata è di 0,5-2 g di estratto secco di radice in dose unica o suddivisa durante il giorno (15). Come infuso o come decotto va usato alla dose di 0,25-1.0 g in 150 ml di acqua bollente per 3 volte al giorno. Come tintura madre 1,25-5 ml per 3 volte al giorno di una tintura con rapporto grammi/millilitro (g/ml) 1:5. Se si usa un estratto fluido 0,25-1,0 ml di un estratto 1:1 (g/ml) (16).
Tra le attività farmacologiche che sono state dimostrate in laboratorio ma per le quali non esiste una conferma proveniente da dati clinici vi sono le attività: antiossidante (17), ipocolesterolemizzante (18), antitumorale (19, 20), antiinfiammatoria (21) e antivirale (22). Uno dei principi contenuti nel Ginger, l'acido 6-gingesulfonico, sembra avere attività antiulcera (23). L'attività antiossidante e antiinfiammatoria del sarebbe dovuta all'azione dei composti fenolici contenuti nella pianta (24).

Tabella I - Elenco di alcune preparazioni per uso orale a base di Ginger (zenzero) presenti in commercio in Italia.

Prodotto

Ditta fornitrice

Zenzero rizoma polvere

ABOCA

Zenzero estratto

CARLO SESSA

Zenzero estratto secco, estratto fluido, tint. Mad.

EPO

Zenzero olio essenziale, tintura madre

FITOMEDICAL

Zenzero rizoma polvere

GRICAR

Zenzero rizoma intero, tisana, polvere

HERBO VENETA

Zenzero olio essenziale

LA FARMOSANITARIA

Zenzero rizoma intero

PLANTA MEDICA

Zenzero rizoma sbiancato; droga intera o polv.

SELERBE

Zenzero rizoma intero

SPECCHIASOL

Effetti collaterali Si possono manifestare pirosi gastrica e diarrea. In questo caso è consigliabile ridurre la posologia o eventualmente sospendere l'assunzione.
Controindicazioni Il Ginger riduce l'aggregazione piastrinica (25, 26) è quindi sconsigliata l'associazione con farmaci (aspirina, warfarina, altri anticoagulanti o antiaggreganti piastrinici) che possono influenzare la coagulazione. E' controindicato in gravidanza. Studi condotti sull'animale da esperimento dimostrano che la somministrazione di a ratti femmine durante la gestazione riduce il numero di nati per nidiata e interferisce con lo sviluppo dei nati sopravvissuti (27). Inoltre due studi giapponesi pubblicati negli anni 80 sugli effetti del 6-gingerolo, uno dei composti isolati dalla radice di Ginger, hanno dimostrato che questa sostanza ha, in vitro e ad alte dosi, attività mutagenica (28, 29).
Avvertenze Il proprio medico dovrebbe essere consultato prima di assumere Ginger in ognuna di queste condizioni:

  • si è affetti da calcolosi biliare (può stimolare le contrazioni della colecisti) (16);
  • gravidanza (o programmazione di una gravidanza);
  • allattamento;
  • età pediatrica.

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Fonte: http://www2.ats-bg.it/portale/servizi_farmacie.nsf/2c239bfe9b12ebe5c1256d43004e332a/7f0c6e57d3446438c12574400044bf2d/$FILE/Monografia%20piante.doc

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