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La ventilazione apporta O2 alla barriera sangue - aria degli alveoli, dove avviene lo scambio dei gas, il circolo polmonare preleva O2 dagli alveoli e lo porta verso il cuore sinistro, da dove viene ridistribuito al resto del corpo.
I polmoni sono irrorati per il 99 % dal circolo polmonare e circa per l’ 1 % dal circolo sistemico.
Il circolo polmonare origina dall’ARTERIA POLMONARE, che riceve il sangue venoso dal ventricolo destro.
L’arteria polmonare si ramifica esattamente come le vie aeree, fino a frammentarsi nei capillari polmonari, in una rete a maglie così fitte che alcuni fisiologi definiscono un unico sottile strato di sangue in movimento, interrotto solo a tratti.
Tale disposizione consente la massima possibilità di contatto tra sangue e gas alveolari.
Il sangue ossigenato viene drenato poi dal letto capillare attraverso le piccole vene polmonari che decorrono tra i vari lobuli e si raccolgono nelle 4 GRANDI VENE POLMONARI, che confluiscono nell’atrio sinistro.
Il polmone riceve anche una piccolissima parte di sangue dal circolo sistemico ( 1 % ), il CIRCOLO BRONCHIALE, attraverso le arterie bronchiali, che originano dall’aorta. Scopo principale del circolo bronchiale è quello di irrorare le pareti dei grossi bronchi.
Le vene bronchiali confluiscono in parte nel sistema venoso polmonare e in parte nelle vene azigos, che fanno parte del circolo venoso sistemico.
La piccola quantità di sangue venoso che drena direttamente nel cuore sinistro rende conto del fatto che, anche in condizioni di reale omeostasi, la gittata del ventricolo sinistro è lievemente superiore alla gittata del ventricolo destro.
Inoltre questa piccola quantità, unitamente ad altre, rende conto del fatto che il sangue immesso nell’aorta è lievemente desaturato di O2 ( normalmente di circa 5 mmHg ).
Il circolo polmonare viene detto anche piccolo circolo, e il circolo sistemico viene detto grande circolo, ma tra i due sistemi vascolari esistono enormi differenze perchè la funzione è totalmente diversa.
I valori pressori del circolo polmonare sono molto bassi:
Pressione sistolica = 25-30 mmHg
Pressione diastolica = 8 -10 mmHg.
Pressione media = 15 mmHg
DISTRIBUZIONE DEL FLUSSO SANGUIGNO
Il volume ematico totale del circolo polmonare ( dal ventricolo destro al ventricolo sinistro ) è di circa 500 ml, quindi il 10% del volume totale di sangue circolante, ed è il 40-50 % del peso dei polmoni. A riposo, il letto capillare polmonare contiene circa 75 ml di sangue; durante l’esercizio fisico tale volume aumenta, fino a raggiungere il massimo volume anatomico, circa 200 ml.
Nel polmone umano, in accordo con la posizione assunta dal corpo, esiste una considerevole differenza di flusso sanguigno nelle diverse regioni.
Nella stazione eretta il flusso sanguigno diminuisce quasi linearmente dalle basi agli apici, dove si riscontrano valori molto bassi.
In posizione supina il flusso non diminuisce alle basi, aumenta agli apici e nelle regioni posteriori del polmone, mentre cala in quelle anteriori ( il polmone è orizzontale ).
In posizione capovolta il flusso agli apici è maggiore rispetto alle basi.
Durante l’esercizio moderato il flusso sanguigno aumenta nelle zone apicali e le differenze regionali diminuiscono.
Tutto ciò dipende dalle differenze di pressione idrostatica all’interno dei vasi sanguigni.
Per motivi idrostatici la pressione dei capillari polmonari varia considerevolmente nelle diverse regioni polmonari.
Altra caratteristica dei capillari polmonari è il fatto di essere a contatto con un ambiente gassoso.
L’epitelio è sottilissimo, perciò i capillari si chiudono oppure si aprono a seconda di un equilibrio di pressioni.
Nel caso dei capillari alveolari la pressione esterna è la pressione alveolare, che in eupnea ha valori vicinissimi alla pressione atmosferica.
SCAMBI GASSOSI
In sincronia con l'alternanza di riempimento e svuotamento polmonare, si ha lo scorrimento di sangue nei capillari alveolari.
Esistono meccanismi specifici che assicurano lo scambio gassoso a livello alveolare, e precisamente la assunzione di O2 e il RILASCIO di CO2.
La superficie alveolare è ricoperta da un velo di H2O, perciò occorre esaminare:
a ) I meccanismi di passaggio dei gas dall’aria alveolare al velo di H2O dell'alveolo.
b ) I meccanismi di scambio tra H2O, barriera della parete dell'alveolo, e sangue del capillare alveolare.
DISSOLUZIONE DEI GAS NEL VELO ACQUEO ALVEOLARE
E’ necessario conoscere le leggi fisiche che regolano il passaggio delle molecole dalla miscela gassosa dell'aria alveolare al liquido che bagna gli alveoli, e viceversa.
Secondo la legge di Dalton, in una miscela di gas, ognuno di essi esercita una pressione in rapporto alla propria concentrazione, come se vi si trovasse da solo, indipendente dalla presenza degli altri gas.
La pressione che ogni singolo gas esercita in una miscela è detta PRESSIONE PARZIALE ( p ).
La pressione totale di una miscela di gas è la somma delle pressioni parziali di tutti i gas presenti in essa.
Per conoscere la pressione parziale di un gas è necessario moltiplicare la pressione totale della miscela per la percentuale del gas, detta FRAZIONE DI CONCENTRAZIONE.
pX = P . FX
pX = pressione parziale del gas X
P = pressione totale dei gas
FX = frazione di concentrazione, che per convenzione si riferisce al gas secco
Se, come nel caso della miscela di gas costituita dall’aria alveolare, è presente vapore acqueo, che come tutti i gas, esercita una pressione parziale, di circa 47 mmHg, tale valore va sottratto alla pressione totale.
760 mmHg ( pressione atmosferica ) - 47 = 713 mmHg.
Nell’aria alveolare solo 713 mmHg di pressione sono esercitati da N2, O2, CO2.
Calcoliamo la pressione parziale di O2 nell’aria alveolare:
supponiamo una percentuale di O2 di 15 %. La pressione totale è 713 mmHg.
pO2 = 713 ×15/100 = 106 mmHg
Qualsiasi gas si può sciogliere in un liquido e la quantità che si discioglie è proporzionale al coefficiente di solubilità del gas stesso e alla pressione parziale del gas nel liquido
( legge di Henry )
Per esprimere la concentrazione di un gas in un liquido, si utilizza il termine TENSIONE, analogo alla pressione parziale di un gas in una miscela gassosa.
DIFFUSIONE DEI GAS
O2 passa dall’aria al sangue, CO2 passa dal sangue all’aria.
Questo fenomeno potrebbe avvenire con meccanismi attivi e conseguente dispendio energetico, ad esempio per mezzo di molecole denominate “ carriers ” ( trasportatrici ), oppure tramite meccanismo passivo.
Il fenomeno di diffusione di O2 e CO2 da aria a sangue e viceversa, avviene in modo completamente passivo, senza alcun dispendio energetico, perchè avviene in seguito ad un GRADIENTE PRESSORIO.
Esiste quindi un flusso di O2 e CO2 da un ambiente a concentrazione maggiore ad uno a concentrazione minore.
Se p di un determinato gas è nella miscela gassosa è maggiore di p del gas nell’ambiente liquido, il gas può diffondere nel liquido, in quantità rapportate alla propria solubilità.
La barriera aria - sangue è costituita da:
1) Parete alveolare
2) Lamine basali dell’epitelio alveolare e capillare
3) Endotelio capillare
L’endotelio dei capillari è costituito da cellule molto appiattite; il diametro è talmente ridotto che gli eritrociti fluiscono in fila semplice, uno ad uno, perchè il ogni eritrocita occupa quasi interamente il diametro capillare.
Si verificano in tal modo condizioni favorevoli alla diffusione dei gas disciolti nel velo di H2O della superficie alveolare.
Le cellule della barriera aria-sangue non intervengono quindi attivamente nella diffusione dei gas; il passaggio delle molecole è legato a fattori chimico-fisici.
Così, poich la pressione parziale, o meglio la tensione di O2 disciolto nel velo di H2O alveolare è maggiore di quella del sangue venoso, per il fenomeno di diffusione semplice, O2 diffonde nel sangue. Il fenomeno contrario avviene per CO2.
|
|
ARIA |
O2 |
40 mmHg |
100 mmHg |
CO2 |
46 mmHg |
40 mmHg |
E’ importante notare la differenza di gradiente di pressione tra O2 ( 60 mmHg ) e CO2
( 6 mmHg ).
Tale differenza è dovuta alla diversa solubilità dei due gas: O2 necessita di un gradiente 10 volte più elevato per poter diffondere.
Molteplici fattori influenzano la velocità di diffusione di O2 e CO2 :
1 ) GRADIENTE DI PRESSIONE ( DP )
2 ) SUPERFICIE DI SCAMBIO ( ossia l’area che deve essere attraversata dal gas )
3 ) SPESSORE DELLA PARETE ALVEOLARE
4 ) TEMPO DISPONIBILE PER LO SCAMBIO ( ossia la velocità del sangue nel capillare ).
5 ) DIMENSIONI MOLECOLARI DEL GAS
6 ) SOLUBILITA’ DEL GAS NEL PLASMA
2 - 3 - 4 coincidono per O2 e CO2
5 è diverso per O2 e CO2, ma non in maniera rilevante
6 è un fattore particolarmente importante, perchè CO2 è molto più solubile di O2 nel liquido alveolare e nel sangue, e ciò spiega perchè le quantità di CO2 scambiate sono uguali a quelle di O2 , anche in presenza di un gradiente pressorio molto minore.
SUPERFICIE DI SCAMBIO
L’area di scambio, costituita dalla somma delle superfici di tutti gli alveoli, va da 50 a 100 m2, ma è molto variabile, con una media di 60-70 m2.
Aumenta durante l’attività fisica, e diminuisce in condizioni di riposo. Varia ancora di più in condizioni patologiche, perchè alcune affezioni polmonari possono ridurre notevolmente la superficie alveolare.
TEMPO DI SCAMBIO
In condizioni di riposo, l’equilibrio tra la pO2 dell’aria alveolare e quella del sangue capillare si raggiunge quando l’eritrocita è giunto a circa 1/3 dell’intero tragitto capillare, quindi in circa 0.25 secondi contro 0.75 secondi che costituiscono il tempo impiegato dall’eritrocita per compiere l’intero tragitto capillare.
Il tempo in esubero rappresenta un FATTORE DI SICUREZZA, perchè in alcune condizioni patologiche può accadere che occorra un tempo maggiore per raggiungere l’equilibrio delle pressioni parziali di O2 dell’area alveolare e del sangue.
O2 ha capacità di diffusione di 25 cm3/ minuto.
CO2 ha capacità di diffusione di 500 cm3/ minuto.
Il motivo di questa notevole differenza è il fatto che, CO2 è molto più solubile di O2, circa 24 volte più solubile Il risultato netto è che la velocità di diffusione di CO2 attraverso una lamina di tessuto polmonare è 20 volte più grande di quella di O2.
Nel sangue arterioso la pO2 non è esattamente 100 mmHg.
Tale valore, in soggetti normali, è inferiore di circa 5 mmHg. Questo avviene perchè si ha una “ contaminazione ” del sangue arterioso ad opera del sangue venoso, per vari fattori:
1) ALVEOLI POCO VENTILATI o CHIUSI
2) VENE BRONCOPOLMONARI che alimentano di sangue arterioso il tessuto polmonare, ma che poi scaricano nel circolo polmonare sangue venoso, povero di O2 e ricco di CO2.
3) VENE DI TEBESIO che fanno parte del circolo coronarico e che scaricano sangue venoso nel ventricolo sinistro.
4) VASI COLLATERALI che vanno direttamente da vena ad arteria,
TRASPORTO DI OSSIGENO
L’ossigeno può disciogliersi nel sangue, ad un valore medio di pO2 di 100 mmHg, in ragione di
3 ml / litro di plasma.
Nell’organismo O2 entra nei polmoni per convezione, si scioglie nel velo di H2O alveolare, diffonde attraverso la barriera alveolare, viene trasportato dal sangue, sempre per convezione, ed infine diffonde attraverso la barriera sangue - tessuti.
Tale diffusione tende a livellare i gradienti di concentrazione, e quindi a rendere eguali la pO2 alveolare e la pO2 del gas disciolto ( tensione ). Se l’alveolo è perfettamente funzionante, la tensione di O2 nel sangue che lascia l’alveolo è uguale o di poco superiore a quella di O2 disciolto nel liquido alveolare.
Nel velo acquoso alveolare la tensione di O2 è circa 100 mmHg, e così pure dovrebbe essere nel plasma arterioso ( non è esattamente di tale valore; a causa degli shunts risulta essere inferiore di circa 5 mmHg ).
Sappiamo che solo una piccola parte di O2 presente nel sangue può essere fisicamente disciolta.
Dal momento che il consumo di O2 dell’organismo a riposo è di circa 250 ml / minuto, è necessaria la presenza di un altro sistema di trasporto di O2.
La percentuale maggiore di O2 è infatti legata all’EMOGLOBINA, una proteina di colore rosso presente negli eritrociti, in grado di trasportare una quantità di O2 molto più grande di quella che può viaggiare disciolta fisicamente.
Solo se si respirasse O2 puro, ad una pressione di più di 3 atmosfere, ad es. in una CAMERA
IPERBARICA, la % di O2 disciolto fisicamente diventerebbe sufficiente a soddisfare le esigenze metaboliche dell’organismo. Una pO2 così elevata, però, se prolungata può procurare danni all’organismo ( tossicità da ossigeno ).
EMOGLOBINA ( Hb )
L’emoglobina è una proteina oligomerica, composta cioè da poche subunità proteiche
( denominate monomeri ), del peso molecolare di » 66500 Daltons.
Le subunità proteiche che compongono l’emoglobina sono 4: ogni subunità è formata da una proteina ( GLOBINA ) e da un gruppo prostetico ( EME ). L’eme è un complesso formato da un anello protoporfirinico legato ad un atomo di Fe++ bivalente.
Il gruppo EME è costituito da 4 anelli di porfirina, legati a vari gruppi sostituenti, racchiusi a formare un anello entro il quale è legato un atomo di Fe++ bivalente. Tale atomo si lega con una valenza libera ad un residuo istidinico e con l’altra a O2.
Ogni molecola di Hb contiene 4 subunità e quindi 4 gruppi eme; in tal modo può legare 4 molecole di O2.
Due subunità proteiche sono costituite da catene polipeptidiche di 141 aminoacidi ( catene ALFA ), e due sono formate da catene polipeptidiche di 146 aminoacidi ( catene BETA ).
L’emoglobina del feto ed alcuni tipi di emoglobina, presenti in determinate patologie, si differenziano da quella dell’adulto sano ( denominata anche emoglobina di tipo A ) per la composizione aminoacidica delle catene peptidiche.
Ogni subunità ha la proprietà di legare in maniera reversibile una molecola di O2:
Hb( Fe++ ) + O2 = OSSIEMOGLOBINA
Quando la ossiemoglobina si dissocia, liberando O2, avviene la reazione contraria:
Hb( Fe++ ) - O2 = DEOSSIEMOGLOBINA
Hb può quindi legare 4 molecole di ossigeno. La formula precedente Hb + O2 = HbO2 è quindi riferita ad una sola subunità dell’emoglobina.
Il ferro dell’eme si trova allo stato bivalente ( Fe++ ), ossia allo stato ferroso.
La reazione tra Hb e O2 è detta ossigenazione, per distinguerla dalla ossidazione che comporta in Fe++ la perdita di un elettrone e il conseguente passaggio allo stato ferrico.
La dissociazione di HbO2 in Hb e O2 non può essere definita riduzione, perchè non implica cambiamenti dello stato di ossidazione; si definisce infatti deossigenazione.
Il termine “ emoglobina ridotta ” veniva utilizzato negli anni passati per definire emoglobina non legata ad O2; tale definizione è tuttavia impropria, perchè la reale ossidazione del ferro,
Fe++ Fe+++, indotta da agenti ossidanti, tipo ferricianuro di potassio, porta alla formazione di metaemoglobina.
La metaemoglobina non può legare O2, l’eme con il ferro allo stato ferrico non riesce per motivi di elettrostaticità, a dare inizio alla reazione di legame con O2. Per tale motivo la metaemoglobina non può trasportare O2.
Il monossido di carbonio, CO, ha una affinità per Hb di molto superiore a quella di O2.
CO sposta O2 dal sito di legame con Hb, ( precisamente da Fe++ ) e rende la molecola inutilizzabile per il trasporto di O2.
Per questo motivo CO è altamente tossico, anche a piccole concentrazioni.
L’individuo colpito da avvelenamento da CO viene disintossicato mediante respirazione di O2 puro, in camera iperbarica. Infatti in questo ambiente l’elevato valore di pO2 permette ad O2 una efficace competizione con CO, che viene gradualmente spiazzato dal sito di legame con Fe++ ed espulso dai polmoni.
O2 passa dal sangue ai tessuti solo disciolto fisicamente, non legato ad Hb e le grandi quantità di O2 trasportate da Hb non si traducono in pressione parziale, non influenzano cioè in alcun modo la pO2.
Il valore della pressione parziale dipende solo dalla quantità di O2 fisicamente disciolto, non da quello legato ad Hb.
La quantità di O2 non legata ad Hb, libera in soluzione e responsabile della pO2, è estremamente importante perchè si trova sempre in equilibrio con quella legata ad Hb.
L’emoglobina è, come si è detto, racchiusa nell’eritrocita.
Ogni grammo di Hb può trasportare 1.39 ml di O2 ( alcuni autori riferiscono 1.34 ml ).
In soggetti normali 100 ml di sangue arterioso contengono circa 15 grammi di Hb, perciò 100 ml di sangue arterioso veicolano 20 - 21 ml di O2, mentre solo 3 ml in 1000 si possono disciogliere fisicamente.
Se, per qualsiasi motivo si abbassa la pO2, O2 si distacca dall’eme ed entra in soluzione.
La reazione che lega O2 all’emoglobina è l’insieme di 4 reazioni, una per ogni subunità:
Hb + O2 HbO2
HbO2 + O2 HbO4 Si legano
HbO4 + O2 HbO6 in successione
HbO6 + O2 HbO8
Ognuna di queste reazioni ha una propria costante di associazione e una propria costante di dissociazione.
La costante di associazione aumenta dalla 1a alla 4a subunità, perchè durante queste reazioni si modifica l’affinità di Hb per O2.
La pO2 passa da circa 40 mmHg a livello dell’arteria polmonare a circa 100 mmHg nel sangue dell’atrio sinistro, cioè aumenta a livello dei polmoni. E’ nei polmoni infatti che avviene in maniera facilitata la reazione:
Hb + O2 HbO2 POLMONI
La cosa contraria accade nei tessuti, dove, a causa del continuo consumo di O2, la pO2 si abbassa di molto, perciò viene facilitata la reazione:
HbO2 Hb + O2 TESSUTI
La quantità di O2 che si lega ad Hb dipende dalla pO2, ma la relazione non è direttamente proporzionale, a causa di fattori INTRINSECI alla molecola di Hb e fattori ESTRINSECI
( presenza di metaboliti nel sangue, pH ecc..) che influenzano il legame HbO2.
La curva di associazione di Hb ha un andamento sigmoide, ed in essa si possono distinguere tre porzioni:
a ) Una prima porzione in cui, in seguito all’aumento di pO2, la % di HbO2 aumenta di poco.
b ) Una seconda parte in cui basta un piccolo aumento di pO2 a provocare una ascesa brusca della %
di HbO2.
c ) Una terza porzione in cui, in seguito all’aumento di pO2 la % di HbO2 aumenta di poco,
in seguito, l’aumentare di pO2 porta ad un valore per il quale la % di HbO2 è circa 100.
L’andamento sigmoide della curva è dovuto a fattori intrinseci alla molecola, cioè a particolari proprietà della molecola di Hb, le quali fanno sì che il legame di una molecola di O2 ad un gruppo eme faciliti il legame di altre molecole di O2 agli altri gruppi eme disponibili.
Sono definite interazioni eme-eme, che conferiscono all’emoglobina le proprietà di proteina allosterica.
Interazioni eme-eme:
i gruppi eme sono collocati in “ tasche ” all’interno delle catene proteiche, e questa posizione non facilita il legame della prima molecola di O2.
Tuttavia il legame della prima molecola di O2 provoca un cambiamento di conformazione della molecola di Hb, che rende scoperti gli altri gruppi eme. Risulta perciò facilitato il legame con altre molecole di O2. Quando una secondo eme lega un O2, quelli rimasti liberi sono ancora più scoperti, ancora più in grado di interagire con O2. Il terzo legame di O2 al terzo eme rende imminente l’attacco di O2 al quarto eme.
Si definisce tale fenomeno comportamento allosterico dell’emoglobina.
FATTORI CHIMICI E FISICI CHE INFLUENZANO L’AFFINITA’ HB-O2
Nel sangue venoso misto ( sangue di ritorno da tutti i distretti dell’organismo ) la pO2 è circa 40 mmHg, e il contenuto di ossigeno è circa 15 ml per 100 ml di sangue, ma la percentuale di saturazione dell’emoglobina è ancora del 75 %.
Sangue arterioso = 20 ml di O2 / 100 ml
Sangue venoso = 15 ml di O2 / 100 ml
L’estrazione media di O2 è di 5 ml su 100 ml di sangue, ma essa varia di tessuto in tessuto. In alcuni tessuti è più elevata ( es: tessuto cardiaco ) , in altri è minore.
Esistono fattori chimici e fisici in grado di influenzare l’affinità di Hb per l’O2. Tali fattori quindi provocano modificazioni dell’andamento della curva di dissociazione di Hb.
1 ) TEMPERATURA
Una temperatura elevata ostacola il legame Hb-O2 perchè la reazione Hb + O2 HbO2 è esotermica ( genera calore ). Un aumento di temperatura facilita la dissociazione. Questo significa che per avere una data percentuale di HbO2 è necessaria una pO2 più elevata. A temperature più elevate la curva di dissociazione di HbO2 si sposta quindi verso destra. Nei muscoli sotto intenso sforzo la temperatura può salire fino a 39° : queste condizioni sono favorevoli al rilascio di O2 da parte dell’emoglobina, al fine di appagare la richiesta dei tessuti.
La curva di dissociazione si sposta a destra se la temperatura aumenta e a sinistra se la temperatura diminuisce, ma l’andamento sigmoide non si modifica. A 20° quasi tutta Hb è saturata, cioè la percentuale di HbO2 è quasi 100 % .
2 ) pH
Se diminuisce il pH del sangue, cioè se per qualche motivo il sangue si acidifica, la curva si sposta verso destra. Il contrario avviene se il pH aumenta, ma resta immodificato l’andamento sigmoide
della curva.
pH 7.6 ( condizione di alcalosi ) = curva spostata a sinistra.
pH 7.2 ( condizione di acidosi ) = curva spostata a destra.
Le variazioni di pH sono sempre molto basse nel sangue, perchè sono presenti sistemi tampone molto efficaci. Variazioni elevate di pH sono incompatibili con la vita.
3 ) pCO2
Un aumento di pCO2 sposta la curva di dissociazione di HbO2 verso destra, cioè diminuisce l’affinità di Hb per O2. Questo fenomeno è detto effetto Bohr, e può essere dovuto:
a ) Ad un incremento di ioni H+ ( denominati anche idrogenioni ), derivati dalla reazione di idratazione di CO2 , i quali modificano lievemente la molecola di Hb riducendo la capacità dei gruppi eme di captare O2.
CO2 + H2O H2CO3 H+ + HCO3-
H+ + HbO2 HbH + O2
b) Al legame che anche CO2 può formare con Hb ( si vedrà meglio in seguito ), il quale diminuisce l’affinità di Hb per O2.
Nei tessuti periferici, dove la pCO2 è più elevata e il pH più basso dei livelli polmonari, il rilascio di O2 è favorito. Il fenomeno contrario avviene nei polmoni.
4 ) ACIDO 2-3 DIFOSFOGLICERICO
E’ contenuto negli eritrociti, normalmente in concentrazione più elevata di quella di altre cellule,
( 15mmol/g Hb ) perch gli eritrociti maturi sono privi di mitocondri e respirano con metabolismo anaerobico.
Tale concentrazione aumenta durante l’esercizio fisico e nella ipossia cronica ( condizioni ad alta quota ) mentre si riduce nel sangue conservato per le trasfusioni..
Diminuisce l’affinità di O2 di Hb per O2, perchè si inserisce tra le catene beta, con le quali si lega formando ponti che rendono compatta Hb e facilitano la cessione di O2.
In linea generale:
uno spostamento della curva a destra denota una diminuita affinità di Hb per O2.
uno spostamento della curva a sinistra denota una accresciuta affinità di Hb per O2.
Una retta anzichè una curva sigmoide sarebbe incompatibile con le condizioni di vita, perch, a parità di pO2, sarebbe presente una quantità molto minore di HbO2.
Se ad es. ci fosse una pO2 di 60 mmHg, (alta quota ) Hb nella retta risulterebbe saturata al 50 %, percentuale incompatibile con la vita.
Nel muscolo striato in attività la temperatura aumenta, la pCO2 aumenta, la produzione di 2-3 DPG aumenta e il pH diminuisce ( perchè aumenta pCO2 e si produce acido lattico ). La tendenza di questi fattori è la medesima, cioè tutti comportano una diminuzione dell’affinità di Hb per O2, perchè in queste condizioni deve essere ceduto O2.
Nei polmoni la temperatura è più bassa, la pCO2 più bassa, il pH più alto. Questi fattori hanno valori di tendenza opposta a quella che hanno nel muscolo striato, perciò Hb si lega facilmente ad O2, ed è proprio ciò che deve accadere in questi tessuti.
La mioglobina è una proteina molto simile all’emoglobina, ma formata da un’unica subunità ( è detta quindi proteina monomero ). La sua funzione è quella di deposito a breve termine di O2 per il muscolo; è infatti localizzata nelle cellule muscolari.
L’emoglobina fetale ( o emoglobina di tipo F ) è costituita da subunità proteiche differenti da quelle dell’Hb dell’adulto. La sua curva di saturazione è spostata a sinistra rispetto a quella dell’Hb dell’adulto, in quanto è molto più affine a O2. Il feto deve infatti prelevare O2 dal sangue materno, che non è ossigenato completamente, non raggiunge di fatto la pO2 dell’aria alveolare. In tal modo la concentrazione di O2 nel sangue fetale è simile a quella della madre mentre la pO2 del sangue arterioso del feto è inferiore a 40 mmHg. Per prelevare quel poco O2 occorre un tipo di emoglobina maggiormente affine ad O2.
L’emoglobina fetale non è influenzata dalla presenza di 2-3DPG.
IPOSSIA
L’ipossia è una condizione dell’organismo caratterizzata da insufficiente apporto di O2 ai tessuti.
Esistono diversi tipi di ipossie, distinguibili tra loro per i fattori che le determinano, per i valori di pO2 arteriosa e venosa e per la presenza o assenza di cianosi. Si verifica cianosi quando la cute assume un colorito bluastro.
1 ) IPOSSIA IPOSSICA
Si va incontro ad ipossia ipossica ogniqualvolta la pO2 raggiunge valori sotto determinati limiti.
Es. se un corpo estraneo ostruisce le vie aeree. Si può avere ipossia ipossica “ fisiologica ” quando ci si trova ad alta quota e la pO2 ambientale è molto bassa,
O2 è presente nell’aria ambientale in ragione del 20 - 21% e la pO2 dipende dall’aumento o dalla diminuzione della pressione barometrica. Se diminuisce la percentuale di O2 inspirata diminuisce la pO2 arteriosa e una minore quantità di O2 passa dal sangue ai tessuti, perciò l’organismo si può trovare in stato di ipossia.
Se la pO2 arteriosa scende sotto 50 mmHg si instaurano condizioni incompatibili con la vita. Si può ovviare a questa condizione respirando O2 puro al 100%.
La pO2 arteriosa è inferiore ai livelli normali.
La pO2 venosa è inferiore ai livelli normali.
In questo tipo di ipossia si può avere cianosi.
2 ) IPOSSIA ANEMICA
L’ipossia anemica è legata ad una diminuzione del numero degli eritrociti o ad un dimunuito contenuto di Hb.
La pO2 arteriosa rimane invariata, perchè non dipende dalla quota di O2 legata ad Hb, ma da quella dissociata.
La pO2 venosa è inferiore ai livelli normali, perchè la quantità di O2 trasportata è più bassa del normale, il tessuto ne assume sempre la stessa quota, quindi nelle vene O2 è presente in minor
quantità.
Normalmente non si osserva cianosi, perchè per avere cianosi occorre un quantitativo minimo di circa 10 gr / 100 ml di sangue di Hb non legata ad O2. In questo tipo di ipossia è Hb che manca, perciò è difficile che si verifichi cianosi.
3 ) IPOSSIA STAGNANTE
Si verifica ipossia stagnante quando il sangue non circola in quantità adeguata nei tessuti. Le origini di questo tipo di ipossia possono essere diverse, ad es. la costrizione dei vasi per agenti meccanici o patologie vasali che ne compromettono le funzioni.
Il tessuto continua a consumare O2 nella stessa quantità, ma se il sangue ristagna dopo qualche tempo si esauriscono le scorte.
La pO2 arteriosa è ai livelli normali.
La pO2 venosa è più bassa dei livelli normali.
Si può verificare cianosi, per eccesso di Hb non legata a O2.
4 ) IPOSSIA ISTOTOSSICA
L’ipossia istotossica si verifica quando il tessuto viene avvelenato, ad es. con KCN ( cianuro di potassio ), e non può utilizzare O2 per il proprio metabolismo.
La pO2 arteriosa è ai livelli normali.
La pO2 venosa è superiore ai livelli normali, perchè non viene utilizzato O2.
Non si ha cianosi.
TRASPORTO DI ANIDRIDE CARBONICA ( CO2 )
La CO2 prodotta dal metabolismo cellulare nei tessuti viene convogliata nei capillari sistemici per semplice diffusione passiva.
Nel sangue arterioso pCO2 è 40 - 41 mmHg.
Nel sangue venoso pCO2 è 45 - 48 mmHg.
CO2 si trova fisicamente disciolta nel sangue arterioso in ragione di circa 2.67 ml/100 ml, mentre in quello venoso di circa 3.07 ml/100 ml.
Mediamente quindi si sciolgono nel plasma 3 ml / 100 ml di CO2, quantità 10 volte superiore a quella di O2.
La quantità di CO2 presente in 100 ml di sangue è però molto più alta ( 49 % nel sangue arterioso e 54 % in quello venoso ).
Si deduce perciò che anche CO2 viene trasportata nel sangue chimicamente legata.
Circa l’85% di CO2 è trasportato in forma legata.
Circa il 15 % di CO2, che è comunque una percentuale piuttosto elevata rispetto a quella di O2, è trasportato in forma libera o legata a proteine del plasma
TESSUTI |
SANGUE |
ALVEOLI |
CO2
|
FISICAMENTE DISCIOLTA |
FUORI ó |
Nel polmone, e precisamente nell’aria alveolare viene immessa solamente la CO2 che fa parte della quantità disciolta, e non quella legata, così come solo la quantità fisicamente disciolta influenza la pressione parziale.
La quantità disciolta è in equilibrio con quella legata: appena esce una certa aliquota se ne lega immediatamente un’altra.
Meno dell’1 % di tutto il 10 % fisicamente disciolto è legato alle proteine plasmatiche.
LEGAMI CHIMICI DI CO2
O2 si lega esclusivamente ad Hb.
CO2 può essere trasportata in due modi:
1 ) TRASPORTO SALINO ( plasmatico ) sotto forma BICARBONATO ( HCO3- )
per il 65% circa del totale.
2 ) TRASPORTO CARBOamino-EMOGLOBINICO ( solo intraeritrocitario ) cioè legata ad Hb,
per il 20% circa del totale.
TRASPORTO SALINO
Il plasma è un ambiente acquoso, perciò CO2 si idrata e forma acido carbonico.
CO2 + H2O H2CO3 H+ + HCO3-
[HCO3- ] è detta RISERVA ALCALINA, del sangue, una concentrazione di ioni che è in grado di tamponare le variazioni di pH del sangue.
La reazione di idratazione di CO2 ad H2CO3 sarebbe lentissima e non potrebbe avere luogo nel tempo in cui l’eritrocita percorre un capillare sistemico, se non fosse presente all’interno dell’eritrocita stesso un enzima che catalizza la idratazione di CO2, la ANIDRASI CARBONICA.
A livello dei polmoni, a causa di diverse condizioni metaboliche, l’anidrasi carbonica catalizza la reazione inversa.
CO2 + H2O H2CO3 H+ + HCO3-
Nella reazione di idratazione vengono prodotti ioni H+ che sono tamponati principalmente da Hb, con conseguenti condizioni favorevoli al rilascio di O2, e ioni HCO3- , che , appena formati escono velocemente dall’eritrocita, creando un gradiente elettrico, perchè all’interno vengono a mancare le cariche negativa.
Tale effetto può essere compensato dall’uscita di una carica positiva, es K+, evento assai improbabile, o dall’entrata di una carica negativa, es, Cl-, l’anione cloruro.
Entra l’anione cloruro, e tale fenomeno, cioè l’entrata di un anione cloruro contemporanea all’uscita di un anione bicarbonato è denominato SCHIFF DEI CLORURI.
L’entrata dell’anione cloruro crea anche un gradiente osmotico ( l’anione bicarbonato non esercita pressione osmotica perchè esce immediatamente una volta formatosi ), perciò viene richiamata acqua all’interno dell’eritrocita ed esso aumenta di volume.
Tale fenomeno è detto FENOMENO DI HAMBURGER, e per questo motivo l’ematocrito ( cioè il rapporto tra parte corpuscolata e parte liquida del sangue ) ha valori leggermente maggiori nel sangue venoso. Nel sangue arterioso infatti gli eritrociti sono di dimensioni lievemente inferiori, perchè a livello dei polmoni le reazioni precedentemente descritte procedono in senso inverso.
TRASPORTO CArboaminoEMOGLOBINICO
La CO2 non si lega all’eme, ma a residui aminoacidici ( il trasporto è infatti denominato anche carboamino-emoglobinico ) non carichi, soprattutto all’aminoacido valina.
La reazione di legame di CO2 ad Hb è molto veloce.
Non appena entra nell’eritrocita la CO2 o si idrata o si lega ad HB.
Nei polmoni, in presenza di una elevata pO2 e di un’alta percentuale di HbO2, le condizione metaboliche per il legame CO2 / Hb sono sfavorevoli, e CO2 tende a lasciare il globulo rosso per essere eliminata nell’aria alveolare.
Nei tessuti periferici, dove la pO2 è bassa e Hb ha ceduto parte dell’O2 che trasportava, le condizioni metaboliche sono favorevoli al legame CO2 / Hb, al fine di ottenere una più rapida rimozione di CO2 .
L’interferenza della presenza di ossigeno con il legame CO2 / Hb prende il nome di
EFFETTO HALDANE.
O2 e CO2 si influenzano a vicenda nei propri meccanismi di trasporto.
1 ) EFFETTO BOHR
A livello dei tessuti periferici un aumento della pCO2 diminuisce l’affinità di Hb per O2. Tale fenomeno sembra dovuto sia all’azione diretta che il legame CO2 / Hb esercita sull’affinità di Hb per O2, sia all’effetto indiretto di un aumento della concentrazione idrogenionica e quindi ad una diminuzione di pH.
A livello dei polmoni le condizioni metaboliche sono opposte e il fenomeno ha luogo in senso opposto.
2 ) EFFETTO HALDANE
A livello dei tessuti periferici la pO2 diminuisce perchè O2 viene utilizzato. Hb non legata è in grado di legare CO2 ed è inoltre un acido di debole di HbO2, perciò è in grado di accettare H+ e quindi favorire la reazione di idratazione di CO2.
A livello dei polmoni un aumento della pO2 ha come effetto una diminuzione della capacità di CO2 di legarsi chimicamente ( o per legame ad Hb o per idratazione ). La formazione di molecole di HbO2 che avviene quando il sangue entra nei capillari polmonari porta alla formazione di ioni H+, che fanno regredire la reazione di idratazione di CO2.
STRUTTURE CENTRALI DI CONTROLLO DELLA RESPIRAZIONE
I processi automatici della respirazione prendono origine da impulsi che provengono dal tronco encefalico, però la corteccia può “ scavalcare ” l’attività dei centri del tronco encefalico durante atti di respirazione volontari.
La periodicità di inspirazione ed espirazione è controllata da gruppi di neuroni situati nel bulbo e nel ponte, detti CENTRI RESPIRATORI..
Si possono distinguere 3 gruppi principali di neuroni respiratori:
CENTRO RESPIRATORIO BULBARE
Comprende 2 aree:
1 ) Un gruppo di cellule situato nella regione più dorsale del bulbo, correlato principalmente con l’inspirazione ( area inspiratoria ).
2 ) Un gruppo di cellule posto nella regione più ventrale del bulbo, correlato principalmente con l’espirazione ( area espiratoria ).
Opinione comune, ma non universalmente accettata, è che le cellule dell’area inspiratoria abbiano proprietà intrinseche di scarica periodica, e siano quindi responsabili del ritmo basale della respirazione.
Anche in assenza di tutti gli stimoli afferenti conosciuti, questi neuroni ( similmente ai pacemaker cardiaci ) producono scariche ripetute di potenziali d’azione che danno luogo ad impulsi
diretti al diaframma a ad altri muscoli inspiratori,
La scarica ritmica dell’area inspiratoria inizia con un periodo di latenza di pochi secondi, in cui non c’è attività.
Successivamente compaiono potenziali d’azione la cui frequenza aumenta progressivamente ed ha inizio l’attività dei muscoli inspiratori.
In seguito, ( probabilmente a causa di un progressivo aumento della soglia di scarica ), i potenziali d’azione cessano, e il tono dei muscoli inspiratori diminuisce fino ai livelli pre-inspiratori.
L’area espiratoria è silente durante la respirazione tranquilla.
CENTRO APNEUSTICO
E’ situato nella porzione più caudale del ponte.
Apparentemente gli impulsi nati in questo centro hanno un effetto eccitatorio sull’area inspiratoria bulbare.
CENTRO PNEUMOTASSICO
E’ situato nella porzione più craniale del ponte. Sembra che quest’area interrompa o inibisca l’inspirazione, regolando così il volume respiratorio corrente e, secondariamente, la frequenza respiratoria,
REGOLAZIONE CHIMICA DEL RESPIRO
Scopo della respirazione è il mantenimento dell’omeostasi gassosa ( equilibrio di pO2 e pCO2 ) nel sangue arterioso, ossia il mantenimento di livelli costanti di pO2 e pCO2 nell’aria alveolare con cui il sangue del circolo polmonare si mette in equilibrio.
Il problema è quindi quello di regolare la ventilazione polmonare in modo che nell’unità di tempo arrivi agli alveoli una quantità di O2 rapportata a quanta ne viene ceduta ai tessuti, e che, sempre nell’unità di tempo, venga eliminata nell’aria alveolare la quantità di CO2 che si produce nei processi metabolici.
Esiste un sistema di autoregolazione, attraverso cui pO2 e pCO2 regolano in definitiva se stesse.
Non appena l’omeostasi gassosa viene turbata, deve essere ristabilita mediante apposite modificazioni della frequenza respiratoria.
La regolazione del ritmo respiratorio è possibile perchè le sedi cerebrali che hanno funzione regolatrice ricevono continuamente informazioni sulle esigenze gassose dell’organismo da recettori particolari, detti CHEMOCETTORI.
I chemocettori sono sensibili a variazioni di pO2 , pCO2 e pH del sangue arterioso.
Se si riduce la pO2 nell’aria alveolare, si riduce anche la pO2 arteriosa, perchè queste pressioni parziali sono sempre in equilibrio.
Se aumenta la pCO2 venosa, aumenta di conseguenza anche quella arteriosa, perch a livello alveolare, a ritmo respiratorio costante, non si riesce ad eliminare l’esubero.
Le variazioni di pH del sangue sono strettamente il relazione con la reazione di idratazione di CO2,
CO2 + H2O H2CO3 H+ + HCO3-
In condizioni normali il sistema di chemocettori non è molto sensibile a variazioni di pO2 di lieve entità.
Solo se pO2 si abbassa del 50 % i chemocettori entrano in azione e la frequenza della respirazione aumenta,
La risposta respiratoria al calo della pO2 non è lineare. I recettori che rilevano la pO2 entrano in azione solo quando la vita è minacciata da gravi condizioni di ipossia.
Tale situazione di emergenza si verifica ad es. nella respirazione ad alta quota. La pO2 alveolare si
abbassa ai livelli di soglia di stimolo dei chemocettori e la frequenza respiratoria aumenta.
Poichè la produzione di CO2 del metabolismo corporeo è inalterata, in seguito a questo aumento di frequenza di respirazione, è possibile che la pCO2 alveolare e la pCO2 arteriosa si abbassino e si vada incontro ad ipocapnia ( condizione dell’organismo in cui i livelli di pCO2 sono troppo bassi ).
L’ipocapnia consegue all’iperventilazione indotta dal forte calo di pO2 alveolare e arteriosa
Dal momento che CO2 ha funzioni vasodilatatorie nel circolo cerebrale, l’ipocapnia può produrre una diminuzione dell’efflusso di sangue al cervello. Nei casi più gravi si può verificare perdita di coscienza per ipossia cerebrale,
Anche le variazioni di pH del sangue influiscono sulla frequenza della respirazione solo in condizioni drastiche, quando le variazioni sono notevoli. Occorre però tenere conto del fatto che il pH del sangue non può variare di molto in condizioni compatibili con la vita.
La frequenza respiratoria varia invece molto più prontamente nel caso di variazioni anche lievi di pCO2.
A seconda della localizzazione i chemocettori si distinguono in PERIFERICI e CENTRALI.
1 ) CHEMOCETTORI PERIFERICI
Sono piccoli gruppi di cellule, detti anche “ glomi ”, localizzati, a differenza dei chemocettori, all’esterno dei vasi.
Il Glomo carotideo è un piccolo nodulo di circa 3-5 mm, localizzato nel punto in cui dalla carotide comune hanno origine le carotidi interna ed esterna, un punto intensamente irrorato di sangue.
Il Glomo aortico è un piccolo agglomerato di cellule situato in vicinanza dell’arco aortico, irrorato da piccole branche collaterali dell’aorta.
Le cellule che costituiscono i glomi sono grosse e tondeggianti, e sono a contatto con una estesa rete di capillari sinusoidi, più ampi dei capillari normali, con pareti sottili ed ampiamente fenestrate.
Tali cellule sono in larga parte della propria superficie a contatto con il sangue che scorre nei capillari ( polo vascolare ), ed hanno una estremità ( polo nervoso ) in rapporto sinaptico con altre terminazioni nervose. Da ogni cellula prendono origine fibre nervose amieliniche, che, in uscita dal glomo, si mielinizzano. Tali fibre mieliniche afferiscono al Sistema Nervoso Centrale ( SNC ).
I chemocettori periferici sono sensibili alle variazioni di pO2, pCO2 e pH del sangue arterioso. Nell’uomo però solo i glomi carotidei sono sensibili alle variazioni di pH.
Se aumenta la pCO2 arteriosa le cellule inviano l’informazione al SNC con conseguente aumento della frequenza respiratoria.
Il rapporto tra flusso ematico e peso dell’organo è, nel caso dei glomi, più elevato di quello di tutti gli altri organi. Questo fatto ha un significato funzionale: le cellule necessitano di un flusso molto elevato, tale che la pO2 del sangue che lascia i glomi sia quasi la stessa di quando vi è entrato. Se il flusso fosse più lento il metabolismo stesso delle cellule influenzerebbe la pO2. Un flusso ematico così elevato evita che la pO2 del sangue risenta dell’attività metabolica costante di queste cellule.
Solo i chemocettori periferici sono sensibili alle variazioni di pO2.
2 ) CHEMOCETTORI CENTRALI
Le cellule di questi chemocettori non sono radunate in glomi, ma in aree chemiosensibili a localizzazione centrale, situate a livello della parete ventrale del bulbo, lateralmente alle piramidi.
Sono a contatto con il liquido cerebrospinale; il liquido cerebrospinale, di composizione chimica simile al plasma ma molto più povero di proteine, è presente nei ventricoli cerebrali e lungo lo speco vertebrale.
Tra il sangue e il liquido cerebrospinale esiste una barriera di cellule, denominata
barriera ematoencefalica, che viene oltrepassata da pochissime molecole, tra le quali CO2.
LIQUIDO
SANGUE CEREBRO-SPINALE TESSUTO NERVOSO
pCO2 pH area chemocettrice
CO2 + H2O H2CO3 CO2 + H2O H2CO3 Neuroni sensibilissimi
alle variazioni di pH H2CO3 H+ + HCO3- H2CO3 H+ + HCO3-
H+
CO2
Se aumenta pCO2 un maggior quantitativo di CO2 penetra nel liquido.
Nel liquido CO2 si reidrata e produce ioni H+.
Gli ioni H+ provocano alterazioni nelle cellule delle aree chemocettrici, che informano i centri respiratori provocando iperventilazione.
Il liquido cerebrospinale è povero di proteine, che sono importanti sistemi tampone, cosicchè le cellule dell’area chemocettrice sono sensibili anche a piccole variazioni di pCO2 e di pH.
La sensibilità del sistema è elevatissima.
Al fine di modificare la ventilazione, un calo di pO2 è meno efficace di una variazione di pCO2 o di pH, dal momento che solo i chemocettori periferici sono sensibili alle variazioni di pO2.
A ciò si aggiunge il fatto che sui neuroni dei centri respiratori centrali le fibre provenienti dai chemocettori centrali convergono in numero maggiore rispetto a quelle che provengono dai chemocettori periferici.
Anche per questo motivo quindi la risposta alle variazioni di pO2 si attua in condizioni più estreme, più “ drammatiche ”.
I differenti stimoli ( pO2, pCO2, pH ) interagiscono tra loro nell’attivazione dei centri respiratori: un aumento dell’attività chemocettrice in risposta ad una diminuzione di pO2 è potenziato da un aumento di pCO2 e da una diminuzione di pH.
I chemocettori non sono quindi mai silenti: ai valori fisiologici di pO2, pCO2, e pH arteriosi tutti i chemocettori sono attivi, cioè hanno una scarica tonica, la qual cosa consente condizioni ottimali di regolazione.
La risposta ventilatoria a variazioni di pCO2 è ridotta durante il sonno, si modifica con l’età, può essere diversa per fattori genetici, razziali e personali.
Anche molti farmaci ( morfina e barbiturici soprattutto ) deprimono i centri respiratori. Chi assume elevate dosi di queste sostanze manifesta spesso una marcata ipoventilazione.
La risposta ventilatoria alle modificazioni di pO2 presenta grandi differenze interindividuali,: es. la sensibilità è attenuata in soggetti ipossiemici alla nascita ( es. i nati ad alta quota ) o in pazienti con malattie congenite cianotizzanti.
Fonte: ftp://www.rimini.unibo.it/Medicina/Infermieristica/Domeniconi/LezInf/8)%20Circolo%20polmonare-trasporto%20di%20O2%20e%20CO2%20nel%20sangue.doc
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