Scoliosi statica

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Scoliosi statica

                          I MISTERI DELLA SCOLIOSI
F.MEZIERES

Ogni anno, in occasione dei grandi convegni medici, sentiamo le stesse futilità che si ripetono da sempre riguardo la scoliosi.

Rispettando il giusto ordine che concerne tutto ciò che riguarda la medicina, bisogna innanzitutto distinguere la vera scoliosi dall’atteggiamento. Per questo, basta far flettere in avanti la persona, partendo dalla posizione eretta. Se in questa posizione la scoliosi si raddrizza, viene qualificata “atteggiamento scoliotico” e viene considerata degna solo della “ginnastica correttiva”. Se, al contrario, l’antero-flessione del tronco aumenta la deformazione, si tratta di una scoliosi vera.
Rimane allora solo da classificare i diversi comportamenti e le forme di scoliosi e di determinare le loro cause.

C’è la scoliosi statica dovuta ad una asimmetria degli arti inferiori, a cui si attribuisce la causa del dismorfismo. Viene allora prescritto il rialzo sotto il piede dell’arto più corto, anche se questo strumento non ha mai corretto nessuna scoliosi ma, al contrario, ha sempre aggravato le deformazioni.

C’è la scoliosi “compensata” che non deve essere trattata, perché l’uguaglianza delle sue curve è considerata come una insuperabile perfezione.

Bisogna anche guardarsi bene dal correggere la scoliosi “stabilizzata”: rischierebbe di crollare. E i nostri maestri non sono per niente consapevoli che allora le sue torsioni non sono forse così definitive, né che, se può evolvere nel senso dell’aggravamento, potrebbe altrettanto bene essere corretta, purché, conoscendo almeno un poco i meccanismi del corpo, si applicasse la tecnica giusta.

Ad eccezione della scoliosi “statica”, di cui i sapienti pretendono di conoscere l’origine, quella degli altri casi resta misteriosa. Viene chiamata “essenziale” o meglio “idiopatica”. E lo sarà per sempre, dato che sono stati fissati una volta per tutte i principi secondo i quali l’equilibrio dell’uomo in stazione eretta (dato come verticale) è l’effetto di due forze antagoniste: da una parte la gravità che, dato che le coste e i visceri si situano davanti al rachide, attirerebbe il corpo in avanti, e dall’altra la forza dei muscoli dorsali (detti “estensori”) che manterrebbero il rachide eretto.

Secondo queste magistrali sciocchezze, la debolezza dei muscoli dorsali e degli addominali loro ausiliari (considerati solamente come “contenitivi” del ventre) sarebbe la causa dell’ ipercifosi, dell’iperlordosi e anche dell’insufficenza respiratoria. Anche se questa bella teoria non può spiegare né l’inversione delle curve fisiologiche, né la scoliosi, il programma di ogni tipo di ginnastica, a cominciare da quella correttiva ( che differisce dalla ginnastica medica solo per la posizione di partenza degli esercizi), prevede invariabilmente il rinforzo dei muscoli dorsali e degli addominali, e esercizi respiratori che mirano a “insegnare a respirare” e ad accrescere la capacità respiratoria.

 

  1. EQUILIBRIO E COPPIA DI FORZE

Nessuno osa mettere in discussione questi sconosciuti principi, tanto è grande il rispetto portato ai graduati della gerarchia medica che distribuiscono diplomi e sono considerati i detentori di una “scienza esatta”.

Noi commetteremo questo sacrilegio e abbiamo avuto l’irriverenza di mettere in discussione questi principi, perché la verità è una cosa grande.
Siamo partiti dalle conclusioni derivate necessariamente dalla nostra osservazione fondamentale, fenomeno che si riproduce immancabilmente. Conclusioni che negavano i principi classici.

Abbiamo preso in considerazione i dati della fisica che riguardano l’ equilibrio, la cui definizione è la seguente: “un corpo è in equilibrio quando il suo centro di gravità cade nel suo poligono di sostegno”.

Il poligono di sostegno!

E’ costituito dal perimetro dell’appoggio al suolo; per l’uomo in stazione eretta dal contorno dei piedi. Ecco a cosa i nostri saggi maestri, che non hanno i piedi per terra, non hanno affatto pensato. Essendo i piedi davanti all’asse del rachide, bisogna portare in avanti, tra di loro, il centro di gravità, cosa che si ottiene avanzando il ventre, portando indietro la schiena e avanzando la testa, tutto questo attraverso lo spostamento delle masse, accentuando le curve del rachide, senza alcuno sforzo, di modo che la stazione eretta non è verticale ma obliqua in avanti e che la gravità, così come la debolezza dei muscoli dorsali, non c’entrano affatto nei nostri dimorfismi.

Dall’accentuazione delle curve deriva uno schiacciamento che va sempre crescendo, di cui spiegheremo più avanti l’effetto sulla muscolatura posteriore.

Abbiamo avuto anche la curiosità di interrogarci su quelle che sono definite le condizioni dell’equilibrio in posizione eretta e abbiamo scoperto che si tratta non di equilibrio ma di riequilibrio o bilanciamento, cioè della coppia di forze così definita: “un sistema di due forze, uguali, parallele e di senso contrario. Applicate ad un corpo solido, esse tendono a farlo girare intorno al suo centro di gravità, senza alcuno spostamento di quest’ultimo”. E’ il bilanciere dei funamboli.

Certamente, utilizziamo la coppia di forze ogni volta che il centro di gravità rischia di uscire dal poligono di sostegno. Così ci incliniamo indietro quando teniamo un peso davanti a noi (la donna incinta adotta questa posizione), tanto quanto un peso sulla schiena ci obbliga a piegarci in avanti. Portare un peso laterale, invece, ci fa proiettare una massa dal lato opposto. Sarà la spalla o l’anca e, in quest’ultimo caso, trasliamo il bacino inclinando la spalla dal lato che sostiene il peso. Si tratta sempre di uno spostamento di masse e non di uno sforzo muscolare.

E’ evidente che i nostri maestri hanno confuso equilibrio e coppia di forza e che, per di più, questo modo di mantenere l’equilibrio è casuale e non necessita dell’intervento dei muscoli dorsali, né di alcun altro muscolo.

Ne consegue che, basandosi su delle così grandi contro-verità, i difensori della ginnastica ortodossa non possono né spiegare l’origine dei dimorfismi, né stabilire una tecnica efficace per porvi rimedio.

 

 

  1. COSTITUZIONE E FUNZIONAMENTO DELLA CATENA POSTERIORE

La nostra osservazione fondamentale su un caso di ipercifosi, ci obbliga a questa conclusione: dalla testa ai piedi i muscoli posteriori costituiscono un’unica catena e questa catena è sempre troppo corta e ipertonica. Ogni azione localizzata, che sia un allungamento o un accorciamento, provoca l’accorciamento della catena nel suo insieme.

Stabilite queste leggi,abbiamo esaminato l’organizzazione di questo sistema muscolare e poi l’abbiamo confrontato con la muscolatura anteriore. Si evidenzia che questi due insiemi non possono, per la loro disposizione, essere antagonisti.

In effetti, i muscoli posteriori, nel numero di venticinque dall’occipite fino ai piedi, sono poli-articolari, ad eccezione degli inter-spinosi, degli inter-trasversari, del corto lamellare del trasversario-spinoso e del popliteo. Sovrapponendosi essi costituiscono una sola catena.

Ora, a causa della loro disposizione, i muscoli posteriori hanno una triplice funzione: sono postero-flessori, latero-flessori e rotatori. Queste funzioni sono correlate.

Bisogna tener presenteche la postero-flessione ha priorità sulla latero-flessione e la rotazione e che, a livello degli arti, la rotazione interna ha priorità sulla rotazione esterna. Esse producono un movimento elicoidale. Ma questo i sostenitori dell’ortodossia non lo sospettano neanche.

Ecco la causa, la sola, della scoliosi. Origine che i nostri saggi, non riuscendo ad identificare, hanno definito essenziale o idiopatica!

Poiché nessun movimento naturale può allungare questa catena, essa aumenta costantemente il suo tono, a detrimento della sua elasticità. Da ciò derivano lo schiacciamento, le deformazioni e l’accorciamento inerenti alla vecchiaia.

Tutti gli spostamenti della cintura scapolare (che i movimenti di elevazione delle braccia comportano) o della cintura pelvica (che le flessioni del tronco e degli arti inferiori provocano) sollecitano l’elasticità dell’insieme della muscolatura posteriore.

Ne consegue che questi muscoli non sono mai troppo deboli ma sempre troppo rigidi. E sono proprio quelli che i nostri saggi prescrivono di tonificare e che definiscono “estensori”!

Questo termine si impone, evidentemente, alla loro attenzione per opposizione all’azione che essi attribuiscono ai muscoli anteriori, considerati antagonisti dei dorsali. Noi sappiamo adesso che non esistono muscoli estensori.

Questa errata definizione spinge a considerare la cifosi come il contrario della lordosi e ha portato all’elaborazione di una tecnica di ginnastica detta “in cifosi”. I suoi risultati non sono migliori di quelli degli esercizi di rinforzo, giacché, lungi dall’essere paragonabile ad un albero di una nave tenuto eretto dalle sue sartie, come si usa rappresentare scioccamente la colonna vertebrale, essa è una sinusoide che questi muscoli non possono che torcere e schiacciare; questa immagine tanto utilizzata è completamente assurda. Considerato che ogni azione localizzata si traduce in un accorciamento dell’insieme, non è possibile che ci sia alcuna inversione della lordosi, né alcuna accentuazione della cifosi, senza una compensazione sia a livello del tronco che degli arti inferiori.

Queste compensazioni sono più o meno importanti a seconda del grado di rigidità della muscolatura posteriore. Così, provocate dalla tensione a livello del tronco, esse si tradurranno sia in latero-flessioni e rotazioni vertebrali, sia in postero-flessione o in rotazione interna degli arti inferiori, o in entrambe le deviazioni. E’ ciò che i nostri maestri, non conoscendo questi meccanismi, non potevano vedere. Ne consegue che, ingannati dalla correzione della scoliosi attraverso l’antero-flessione del tronco, essi indirizzano questo caso, che interpretano solo come un attitudine, verso la ginnastica correttiva. Quando invece si tratta chiaramente di un inizio di scoliosi.

Tirare da un estremo all’altro questa catena deruotandola è l’unica terapia adeguata per la scoliosi e per tutti i dimorfismi. Esporremo questo metodo successivamente.

 

 

  1. ORGANIZZAZIONE DEI SISTEMI MUSCOLARI ANTERIORE E POSTERIORE

 

È ora necessario studiare l’organizzazione della muscolatura anteriore. Sappiamo che, in maniera semplicistica, questo sistema è considerato antagonista dell’insieme posteriore.

E’ importante fare subito una precisazione: mentre posteriormente non c’è alcuna discontinuità nella catena muscolare, nella parete anteriore vediamo tre gruppi che non sono in contatto tra di loro e la  cui disposizione è differente. Dunque, non esiste una catena anteriore.
Infatti il gruppo cervicale non è in contatto con i muscoli toracici. Anteriormente ci sono solo tre muscoli (grande retto anteriore, piccolo retto anteriore, lungo del collo) che sono antero-flessori. Sono ricoperti dai sopra e sotto-ioidei che non riguardano la colonna vertebrale.
Quanto agli scaleni e allo sternocleidomastoideo, essi sono obliqui. I primi sono elevatori delle prime e seconde coste. Attraverso la loro inserzione comune con l’angolare o elevatore della scapola, sono sinergici di questo muscolo per la latero-flessione e la torsione. Per quello che riguarda gli sternocleidomastoidei, ci soffermeremo in seguito sull’inversione della loro funzione (che è l’antero-flessione del capo), inversione, provocata dalla postura abituale, che fa sì che l’azione di questo muscolo diventi comune a quella dei suoi antagonisti posteriori.

Il gruppo dei pettorali si estende obliquamente (quasi perpendicolarmente) all’asse del rachide. Essi riguardano unicamente la cintura scapolare. Hanno come unico contatto con gli addominali l’aponevrosi dei grandi pettorali, che si unisce a quella dei grandi retti dell’addome.

Quanto agli addominali, essi sono considerati come contenitivi del ventre. Soltanto i grandi retti dell’addome sono direttamente antagonisti dei dorsali, in quanto paralleli all’asse della colonna vertebrale.

Il trasverso, che fa da cintura dell’addome, è essenzialmente il solo compressore dei visceri. E’ molto importante ricordare che è lordosante nella sua porzione sopra-ombelicale e che, al contrario, la sua porzione sotto-ombelicale, situata al davanti delle creste iliache, produce l’antero-flessione della quarta e quinta vertebra lombare e apre posteriormente (cifotizzandola) la cerniera lombo-sacrale. E’ solamente questa porzione che è antagonista dei dorsali.

Per quanto riguarda gli obliqui, l’antero-flessione obliqua che producono con una contrazione monolaterale implica una rotazione, che comporta una latero-flessione omolaterale, in questo sono sinergici dei dorsali.

Riassumendo, i debolissimi grandi retti , piccoli retti e lungo del collo, i grandi retti dell’addome e la porzione sotto-ombelicale del trasverso sono antagonisti della catena posteriore.

Il sistema posteriore non presenta alcuna soluzione di continuità. I muscoli spinali riempiono, dall’alto al basso, le docce vertebrali e i muscoli superficiali collegano il rachide alle cinture.

 

  1. LE APONEVROSI

 

E’ interessante esaminare la situazione delle aponevrosi trasverse. Si constata che, anteriormente, si situano ai livelli privilegiati delle postero-flessioni designate dalle intersezioni tendinee dei grandi retti dell’addome, e posteriormente si trovano ai livelli in cui le antero-flessioni sono ampie, vale a dire, nei punti di inversione delle curve, che sappiamo essere orientate diversamente (la lordosi cervicale “guarda” in dietro e in alto, la lordosi lombare “guarda” in dietro e in basso). Molto evidenti nell’embrione, noi le ritroviamo in molti atteggiamenti corporei, come quello illustrato da Rubens nel suo dipinto “Diana e le sue ninfe”.

 

  1. RIFERIMENTI ALL’ANATOMIA COMPARATA

 

Siamo convinti che i nostri “scienziati” avrebbero evitato di enunciare le monumentali contro-verità che considerano come leggi dei meccanismi corporei e della statica se, invece di trasformare delle teorie astratte in principi, si fossero basati sull’osservazione e avessero verificato le conclusioni soffermandosi un poco sulla filogenesi animale e sugli studi di Anatomia Comparata che si sono condotti al Museo di Storia Naturale. Ma ancor oggi le diverse discipline scientifiche sono divise in compartimenti stagni.
La medicina non si preoccupa dei nostri antenati.

Citeremo, a questo proposito, Pierre Gasc, primo conferenziere e vice-direttore del museo di Storia Naturale di Parigi, che deplora questa mancanza di collaborazione tra ricercatori e che scrive: “…è tradizionalmente mal visto, soprattutto in Francia, essere disposti a riflettere sui fondamenti e sulle conseguenze della propria disciplina, come del resto, tentare un dialogo su questo punto con le altre discipline e, d’altra parte, i concetti insegnati sono fermi rispetto allo stato delle conoscenze in un dato momento. In questo modo si pratica abitualmente la politica del “piccolo treno”, che consiste nell’aggiungere un “vagone” di conoscenze ai programmi, senza ricostruire l’insieme del sapere sulle nuove basi teoriche del momento”.

E’ questa politica del “piccolo treno” che vediamo praticata da quando i nostri risultati hanno suscitato imitazioni. Così si parla di delordosizzare (espressione ridicola che non abbiamo mai utilizzato) “retraendo il mento grosso” e mettendo le gambe in alto, tutto questo in aggiunta agli esercizi classici, senza voler riconsiderare le basi della ginnastica e cancellare i principi ortodossi! Simili scimmiottature non portano a niente.
Non è e non è mai stato nelle mie intenzioni divulgare qualche nuovo strumento da aggiungere all’arsenale dei classici, ma bensì rivoluzionare l’ortopedia intera.

Dopo che la definizione dell’equilibrio in posizione eretta e lo studio dell’anatomia e della fisiologia confermano l’esattezza delle leggi che abbiamo evidenziato, l’anatomia comparata ci dà un’ulteriore conferma.

Da anni, in effetti, la “forza coriacea” dei muscoli posteriori e la sinusoide, sempre fluttuante, che costituisce il rachide evocavano in  noi l’immagine dei serpenti e tornava sempre in mente l’idea che questi nostri antenati non fossero dotati di altri muscoli che quelli posteriori.

Il caso volle che, due anni fa, una biscia attraversò il nostro giardino (mentre ricevevamo la sig.na Bernstein, nostra amica) evocando la nostra ossessione e la lettura di un articolo di Pierre Gasc sui serpenti, tratto da “La recherche”.
Ci confidammo con la nostra amica: conosceva l’autore (!) e ci mise in contatto con lui.

Gasc mi inviò la sua opera prima LXXXIII Tomo delle Memorie del Museo Nazionale di Storia Naturale, intitolato “L’INTERPRETAZIONE FUNZIONALE DELL’APPARATO MUSCOLO-SCHELETRICO DELL’ASSE VERTEBRALE DEI SERPENTI” e, in seguito, accettò di riceverci al Museo.
Il sig.Gasc conferma la nostra ipotesi. E’ assolutamente certo che gli ofidi strisciano solo per mezzo dei lunghi muscoli poli-articolari posteriori che, come quelli della nostra catena posteriore, sono postero-flessori, latero-flesssori e rotatori. Essi producono la torsione elicoidale che nella scoliosi diviene fissa. Le scaglie ventrali si assumono l’appoggio che viene favorito da un terreno rigido. Le deformazioni avvengono, in queste condizioni, nel piano antero-posteriore. Invece, sopra un terreno molle, come la sabbia, il serpente adotta lo spostamento laterale attraverso le rotazioni.

Le prime vertebre costituiscono il punto fisso che permetterà, da una parte, il sollevamento della testa, con trazione dal davanti all’indietro, e, dall’altra, la trazione del resto del corpo verso questo punto fisso.

Ed è per questo che i serpenti non possono strisciare all’indietro. Vediamo, dalla disposizione della nostra catena posteriore, che il processo è similare nell’uomo, i cui dimorfismi partono dall’alto (salvo ovviamente i casi di traumi che ledono l’estremità inferiore del rachide). Questa è l’origine più frequente della dismetria degli arti inferiori.

Nei sauri, la cintura scapolare e quella pelvica appaiono con gli arti, così come il muscolo diaframmatico, lo psoas e gli addominali. Diaframma e psoas, in particolare nell’uomo, sono sinergici dei dorsali.

Le zampe si sostituiscono allora alle scaglie. Esercitando una pressione dal davanti all’indietro, questo movimento si combina con la rotazione interna degli arti, facendo in modo che neanche i sauri possano spostarsi all’indietro, per assenza dei rotatori esterni.

Come gli ofidi ci hanno trasmesso la catena posteriore e la funzione dei suoi elementi (da cui la superiorità del tono dei dorsali su quello dei muscoli anteriori), così i sauri ci hanno trasmesso la priorità della rotazione interna delle gambe, sulla rotazione esterna.

L’adduzione e l’allungamento delle zampe porterà alla comparsa dei quadrupedi. Per loro, le deformazioni del piano antero-posteriore hanno più importanza nella propulsione rispetto alle latero-flessioni e alle rotazioni che perdono d’ampiezza.

Infine, con i piedi, compare la stazione eretta. La marcia imporrà di nuovo la rotazione (l’antepulsione dell’arto inferiore trascina il bacino e provoca l’antepulsione della spalla e del braccio contro-laterale). Ne deriva la rotazione in senso inverso della cintura scapolare e pelvica. Con la scomparsa del segmento caudale, dove si scaricano naturalmente le compensazioni, queste andranno a interessare gli arti inferiori. Così l’anatomia comparata ci spiega l’organizzazione della nostra muscolatura posteriore, la sua triplice funzione e il suo ipertono. Ecco perché questa catena non può che schiacciarci e avvitarci, perchè i nostri arti sono condizionati dagli atteggiamenti del rachide, ed ecco il motivo per cui la rotazione interna ha priorità su quella esterna. Questa è l’unica origine di tutti i nostri dimorfismi, senza alcuna eccezione.

Comprendiamo, allora, che questi muscoli condizionano tutti i nostri movimenti ma non la nostra statica e il nostro equilibrio e che essi non sono mai troppo deboli ma sempre troppo rigidi. Ciò accade anche (e lo spiegheremo in seguito) nei casi definiti di “lassità”, essendo questa l’erronea interpretazione di una “compensazione” che nasconde l’inarcamento in lordosi del rachide.
Nessun movimento naturale, nessuna trazione può allungare l’insieme di questa catena. Per fare questo dobbiamo ricorrere alla sua contrazione isometrica, sulla quale ci soffermeremo successivamente.

 

Fonte: http://www.fondazioneapostolo.it/terapisti/I%20MISTERI%20DELLA%20SCOLIOSI.doc

Sito web da visitare: http://www.fondazioneapostolo.it

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