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Lo studio delle malattie multifattoriali: l’obesità come esempio
Uno dei più importanti campi di interesse della moderna genetica umana è lo studio delle malattie ereditarie, dei loro meccanismi d’insorgenza, delle modalità di trasmissione, delle tecniche di individuazione precoce e di prevenzione. Il notevolissimo grado di variabilità genetica, o polimorfismo, all’interno della popolazione giustifica in larga misura le variazioni naturali che hanno luogo nelle caratteristiche somatiche e psichiche dei singoli individui, dall’altezza all’intelligenza, alla pressione arteriosa e così via. Queste differenze genetiche determinano marcate diversità nella capacità di ogni singolo individuo di affrontare gli stimoli e le condizioni ambientali esterne, comprese quelle capaci di causare uno stato morboso. Ogni malattia quindi può essere considerata la risultante dell’interazione tra l’assetto genetico e l’ambiente.
In alcuni casi la componente genetica della patologia è così rilevante da dare luogo a manifestazioni morbose indipendenti dall’interazione di fattori ambientali, e a queste malattie è più propriamente attribuito il termine di disordini genetici o mendeliani.
La maggior parte delle sindromi cliniche, tuttavia non è di facile comprensione, perché sarebbe il risultato della mancanza o del mal funzionamento di alcuni processi fisiologici di sviluppo, che solitamente coinvolgono un complesso di fattori che interagiscono tra di loro.
Alcuni difetti comuni che si incontrano alla nascita (palatoschisi, lussazione congenita dell’anca, patologie cardiache congenite) raramente sono solo genetici.
I caratteri quindi “non mendeliani” possono dipendere da due, tre o molti loci con un maggiore o minore contributo dei fattori ambientali.
Per tali patologie viene più propriamente utilizzato il termine onnicomprensivo di malattie multifattoriali.
In alcuni di questi quadri clinici la componente genetica può essere rappresentata da un numero piccolo di geni (oligogenica), o molti geni, in cui un singolo locus ha un effetto minore (poligenica), oppure ci può essere un unico gene principale (gene maggiore) influenzabile da un ambiente poligenico. Uno stesso gene inoltre potrebbe apparire come un determinante mendeliano per un carattere e un poligene per un altro (Fig. 1).
Poiché i geni implicati nelle patologie multifattoriali sono molteplici, la trasmissione non segue le classiche leggi dell’ereditarietà mendeliana e sia la diagnosi che il rischio di ricorrenza sono influenzati dalla storia famigliare del soggetto o del nascituro.
Una caratteristica rilevante di una patologia ad ereditarietà complessa è che i soggetti affetti tendono a clasterizzare all’interno della stessa famiglia.
Soggetti geneticamente predisposti hanno un rischio aumentato di sviluppare la malattia quando alcuni aspetti del loro stile di vita, come la dieta, il peso corporeo, l’esercizio fisico, il consumo di alcool, il fumo, l’esposizione ad inquinanti, a sostanze tossiche o a raggi solari, non rispettano determinate prescrizioni in linea con la prevenzione della malattia. In questo gruppo vengono compresi numerosi quadri morbosi (solitamente di carattere cronico-degenerativo, a carico degli adulti), quali l’ipertensione essenziale, le malattie coronariche, il diabete mellito, l’obesità, l’ulcera peptica, alcuni disturbi mentali, che caratteristicamente presentano un andamento familiare e i cui meccanismi patogenetici comprendono una serie di geni (più o meno alterati) che interagiscono in maniera cumulativa fino a dare luogo alla manifestazione clinica.
In altri termini, la componente ereditaria di queste affezioni si manifesta nell’interazione di molteplici fattori “predisponenti“ (su base genetica) con fattori ambientali multipli.
Dato che il numero esatto dei geni responsabili di questi tratti poligenici non è noto, è assai difficile calcolare con precisione il rischio individuale di ricorrenza di una malattia multifattoriale .
Gli sforzi della comunità scientifica nello studio delle patologie complesse, come l’obesità sono rivolti su fronti diversi:
Quello che si può certamente affermare è che i fattori che contribuiscono al fenotipo patologico hanno una distribuzione normale nella popolazione. Quindi dalla curva di predisposizione si evince che pochi soggetti hanno un numero piccolo e grande di fattori predisponenti e che invece la maggior parte della popolazione ha un numero medio di tali fattori.
Il fenotipo patologico si manifesta solo se il numero dei fattori predisponenti supera un valore soglia, definito empiricamente per una data popolazione.
Nella popolazione generale la frequenza della patologia è data dal numero di soggetti che cade al di là della soglia.
Tale valore può essere superato dall’azione additiva dei fattori genetici e non genetici.
La curva di predisposizione è spostata a destra nei consanguinei dei pazienti perché posseggono un numero medio di fattori di predisposizione superiore a quello della popolazione e proporzionale al grado di consaguneità con il paziente (Fig. 2).
Questo spiega perché i caratteri poligenici hanno un rischio di ricorrenza più elevato nelle famiglie di soggetti affetti piuttosto che nella intera popolazione.
Nello studio delle malattie multifattoriali particolare attenzione è stata rivolta allo studio dei gemelli, sebbene tale modello si sia mostrato in parte limitato.
I gemelli monozigotici infatti sono geneticamente identici e quindi sono necessariamente uguali per qualunque carattere determinato geneticamente. Questa osservazione risulta vera indipendentemente dal tipo di ereditarietà e dal numero di geni coinvolti. I gemelli dizigotici invece condividono mediamente metà dei loro geni, come per qualsiasi coppia di fratelli.
Infine la maggior concordanza tra i gemelli monozigotici rispetto ai dizigotici sarebbe possibile anche se i caratteri fossero determinati da fattori ambientali. A tal proposito non va trascurato che metà dei gemelli dizigotici sono di sesso opposto, mentre tutti i gemelli monozigotici sono dello stesso sesso e che quindi è più probabile che i monozigoti subiscano gli stessi condizionamenti ambientali e comportamentali.
I gemelli monozigotici divisi subito dopo la nascita e cresciuti in ambienti completamente separati sarebbero il materiale sperimentale ideale. Tuttavia spesso le separazioni non sono totali, infatti i gemelli verrebbero allevati da parenti e quindi in ambienti tra loro simili; inoltre attualmente tali situazioni rispetto al passato risultano abbastanza rare, pertanto si tratterebbe di uno studio fondato su piccoli numeri di persone eccezionali.
Quindi il metodo migliore per distinguere tra ereditarietà e ambiente familiare rimane, anche nel caso dell’obesità, lo studio delle adozioni.
L’indagine può mirare a cercare persone adottate che soffrano di una particolare malattia che di solito ricorre nelle famiglie e verificare se la condizione ricorra nella loro famiglia biologica oppure nella famiglia adottiva.
Alternativamente si può partire da soggetti affetti i cui figli siano stati adottati e verificare se l’essere stato adottati abbia o meno evitato la malattia ai figli.
Strumenti di indagine - approcci
L’ipotesi della componente poligenica nell’ereditarietà delle malattie multifattoriali ha ricevuto negli anni recenti un solido supporto dalla dimostrazione che almeno un terzo di tutti i locigenici hanno alleli polimorfi che quindi presentano un’ampia variabilità nella popolazione.
I ricercatori hanno iniziato ad utilizzare altri approcci nel tentativo di individuare le componenti genetiche delle malattie multifattoriali.
Per comprendere gli strumenti di indagine utilizzati è necessario chiarire i concetti di seguito ricorrenti di gene candidato, di SNP e microsatelliti.
La strategia dei geni candidati può essere definita come lo studio dell’influenza genetica nelle patologie complesse dato che permette di formulare ipotesi ed identificare nuovi geni per l’ eziologia di tali patologie.
Tale approccio permette di genotipizzare le popolazioni negli studi di associazione caso-controllo, dove le associazioni tra malattia e marcatori si trovano confrontando le frequenze di un particolare allele marcatore in una serie di pazienti e in una serie di controlli sani (coerenti per sesso ed età).
Per tale scopo vengono utilizzati i polimorfismi genetici come strumento di indagine.
Quelli dell’ultima generazione e quindi attualmente più utilizzati sono gli SNPs (single nucleotide polymorphisms).
Rappresentano la fonte più comune di variabilità data la loro frequenza nel genoma di 1 SNP ogni 1-2 Kb (1Kb = 1000basi). Tali polimorfismi sono responsabili della suscettibilità o protezione nei confronti di tutti i tipi di malattie, dell’età di insorgenza, del loro grado di severità e delle reazioni individuali alle terapie farmacologiche.
Attualmente sono ben note alcune associazioni tra la predisposizione a sviluppare particolari malattie e specifici assetti genici destinati al controllo del sistema dell’istocompatibilità, il sistema HLA, (Human Leucocyte Antigen). È stato per esempio, dimostrato che la presenza di determinati alleli nei lociHLA predispone il soggetto allo sviluppo di alcune specifiche malattie, quali la spondilite anchilosante, la psoriasi, l’epatite cronica attiva, la miastenia grave, il diabete mellito, l’ipertiroidismo, il morbo di Addison. In altri casi, l’assetto genico predispone all’insorgenza di quadri morbosi come la palatoschisi, le cardiopatie congenite e coronariche, l’epilessia, l’ipertensione, le affezioni della tiroide, mentre in altre circostanze si possono osservare reazioni abnormi in seguito all’esposizione a sostanze o farmaci.
Obesità
L'obesità costituisce un esempio molto attuale di patologia multifattoriale che sta assumendo i toni di un'epidemia globale coinvolgendo non più solo i paesi industrializzati, ma in modo sempre più esteso anche i paesi in via di sviluppo. Le ricadute sulla salute pubblica sono gravi perché questa condizione si associa a maggiore incidenza di diabete, ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari, dislipidemie, artrosi, minore aspettativa di vita e ad un aumento dei costi sociali per ricoveri e cure mediche.
La condizione di obesità potrebbe rappresentare la risultante di varie componenti quali lo stile di vita, la dieta, l’età, il sesso e il particolare assetto delle componenti genetiche (Fig.3).
In generale si potrebbe affermare che l’8% della popolazione mondiale adulta è estremamente obeso, come definito dai valori del BMI (indice di massa corporea) > 30kg/mq e che il 25% dei bambini e adolescenti è in soprappeso.
Le donne hanno una percentuale di grasso corporeo superiore rispetto ai maschi, tale osservazione è comune in tutti i paesi del mondo ed è indipendente da fattori culturali e dalle abitudini alimentari. Il meccanismo biologico alla base di questa differenza rimane da determinare, un’ ovvia spiegazione è che geni autosomici dell'obesità interagiscano con gli ormoni sessuali per favorire l'accumulo di grasso corporeo nelle donne. Sebbene questo tipo di interazione sia speculativa, le influenze nella direzione inversa sono conosciute: il tessuto adiposo fornisce dei segnali per favorire la maturità sessuale, attraverso la leptina, sia nei topi sia negli umani.
L'obesità è un tipico esempio di condizione in cui si presenta familiarità, infatti se un individuo ha entrambi i genitori obesi ha l'80% di probabilità di sviluppare l'obesità, se ne ha uno la probabilità scende al 40% e se non ne ha neanche uno la probabilità è inferiore all'8%. Inoltre la condizione si presenta con maggior frequenza nell’ambito della famiglia piuttosto che nella popolazione generale, e la modalità di trasmissione non segue l’ereditarietà mendeliana.
L'impegno della medicina è costante sia nella cura e prevenzione dell'obesità che nello studio dei "fattori" genetici implicati nello sviluppo e nel mantenimento di tale condizione.
Studi effettuati sui gemelli omozigoti hanno evidenziato che sebbene, rispetto a quelli eterozigoti, tendano ad essere simili (.06 - .08) per quanto riguarda i livelli di BMI, raramente hanno un peso corporeo identico. Altri risultati dimostrano che gemelli monozigoti cresciuti in ambienti diversi hanno un BMI e una quantità di massa grassa simili tra loro. Ciò dimostra chiaramente che l’obesità sia una condizione con una preponderante componente genetica, e che in questo contesto le variazioni di peso osservate nei gemelli omozigoti non possono che essere attribuibili all'ambiente ed in particolare alla dieta e ai livelli di attività fisica.
La modalità di trasmissione dell'obesità e l'assenza di mutazioni nei geni maggiori conosciuti, suggerisce la presenza di un tipo di ereditarietà che coinvolge geni multipli di "suscettibilità" che aumentano il rischio di sviluppare il fenotipo, ma non sono essenziali o sufficienti per spiegarne lo sviluppo.
È probabile che numerosi geni abbiano degli effetti minimi sul fenotipo obesità, alla cui espressione contribuiscono sia le influenze ambientali sia le interazioni tra gli stessi geni.
1) Almeno per quanto riguarda gli studi effettuati sugli animali, è noto che si possono verificare tali interazioni. Ad esempio, è stato dimostrato che l'ampiezza del grado di obesità e diabete derivato da una singola mutazione genetica dipende dal background genetico. Di particolare interesse è la possibile interazione tra il gene Calpain-10 e un gene sconosciuto sul cromosoma 15 nella predisposizione del diabete di tipo 2 e forse dell'obesità.
Nel tentativo di identificare i geni responsabili dell’obesità si parte dal considerare i casi estremi in una popolazione (obesità mostruosa trasmessa in maniera mendeliana), in cui si presenta una certa ereditarietà all’interno del nucleo familiare e, come per le malattie mendeliane, ci si aspetta una diretta correlazione tra fenotipo e assetto genico (Fig. 4).
I casi estremi, come suddetto, sono rappresentativi nella popolazione dell’espressione di componenti predisponenti uniche per la manifestazione di un dato carattere, come se questo fosse determinato da un singolo gene, condizione per altro che si manifesta nelle malattie monogeniche. In tali casi infatti sono inesistenti o esigue le componenti che interferirebbero nella diretta correlazione tra genotipo e fenotipo.
2) Generalmente sono due gli approcci seguiti: la ricerca del linkage disequilibrium con il genome wide search e gli studi di associazione caso-controllo.
Un genome wide search si realizza testando su una data popolazione un vasto numero di marcatori polimorfici, solitamente microsatelliti, distribuiti su tutto il genoma.
L’analisi statistica dei risultati permette poi di stabilire se esiste associazione tra un determinato aplotipo (insieme di due o più loci strettamente associati su un cromosoma, generalmente ereditati come un’unità) e la condizione patologica.
Con il genome wide search, condotto su popolazioni di diverse etnie, si sono individuate diverse regioni cromosomiche aventi un’associazione statisticamente significativa (v. valore del lod score) con la condizione obesità e quindi destinate a contenerne i geni candidati.
In alcune di queste regioni successivamente caratterizzate, sono stati individuati specifici geni candidati come POMC (pro-opiomelanocortin), GLUT2, GLUT4 (phosphoinositide 3-kinase) e GCK3 (glucokinase regulatory protein) (Fig. 5).
3) Un altro strumento importante per il fine-mapping di una regione critica è rappresentato dagli studi di associazione caso-controllo.
La scelta della strategia quindi è di fondamentale importanza, ed include la scelta della popolazione e la considerazione di aspetti epidemiologici e genetici della malattia studiata.
Gli studi epidemiologici che mirano ad individuare una regione genica candidata a contenere i geni suscettibilità vengono condotti su grandi numeri, quindi su larghe famiglie o preferenzialmente sugli isolati geografici.
Le comunità isolate sono oggi il più promettente campo di indagine per scoprire quali tratti genetici predispongano allo sviluppo di malattie multifattoriali, come l’obesità. Infatti, è verosimile che negli isolati tali patologie siano associate a un numero inferiore di geni e che pertanto ne risulti più facile l’individuazione.
Le patologie multigeniche, come l'asma, il diabete di tipo 1 e l’obesità sono difficili da studiare nelle popolazioni continentali a causa della loro complessità derivante dal coinvolgimento di un grande numero di geni, ognuno con un contributo relativamente modesto.
Gli isolati geografici, e soprattutto quelli fondati di recente, infatti costituiscono popolazioni con particolari caratteristiche genetiche dovute all'isolamento geografico, alla presenza di un piccolo numero di coppie fondatrici, all’elevata endogamia ed al basso tasso di immigrazione, situazioni che hanno causato una "deriva genetica" che li differenzia dalle altre popolazioni.
Un esempio sono le comunità isolane dove l’omogeneità genetica, le scarse influenze ambientali e culturali, la facilità nella standardizzazione dei criteri diagnostici e la disponibilità di ampi alberi genealogici, facilitano l’identificazione dei fattori genetici che agevolano o contrastano determinate patologie.
La distinzione fra geni che causano l'obesità e quelli che predispongono all'obesità è assai importante, come fondamentale è comprendere come le caratteristiche genetiche individuali (polimorfismi) interagiscono con fattori ambientali tanto da rendere alcune persone resistenti all'obesità e altre ad elevato rischio di diventare obese.
Ne deriva la necessità di caratterizzare genotipicamente le popolazioni negli studi di associazione caso-controllo, utilizzando i polimorfismi genetici come strumento di indagine.
Tale approccio, negli studi di associazione caso-controllo, permette di genotipizzare la popolazione, confrontando le frequenze di un particolare allele marcatore in una serie di pazienti e in una serie di controlli sani.
Se quindi un determinato SNP è presente con una frequenza considerevolmente più elevata nei casi rispetto ai controlli, lo si può ritenere associato a quel carattere e ciò implica la sua vicinanza e influenza nei confronti del gene presunto causale.
In tali studi di associazione quindi emergerebbe la tendenza negli individui affetti a mostrare degli aplotipi comuni che non si riscontrano nei soggetti sani.
Un altro obiettivo della moderna genetica sta nel riprodurre, in laboratorio e quindi in animali mutanti, le condizioni che causano le varie patologie.
I topi condividono con gli uomini la maggior parte del proprio genoma con un numero molto simile di geni che li rende un modello ottimale per gli studi di genomica. Negli ultimi decenni sono stati utilizzati per riprodurre in laboratorio le condizioni patologiche causa di un gran numero di malattie poligeniche di enorme rilevanza sociale.
Le nuove tecnologie biomediche permettono infatti agli scienziati di generare rapidamente diversi tipi di mutanti eliminando geni specifici, trasferendo forme modificate degli stessi geni o introducendo nuovi geni di altre specie, al fine di riprodurre le caratteristiche genotipiche e fenotipiche volute. Ulteriori perfezionamenti delle tecniche hanno anche permesso di produrre le diverse modificazioni geniche in età specifiche o in tessuti specifici degli animali mutanti.
I geni potenzialmente coinvolti nelle patologie complesse e in questo caso nell’obesità possono essere utilizzati in incroci sperimentali di diverse combinazioni di geni e in diversi contesti genetici e in associazioni a diversi fattori ambientali.
4) Il mappaggio dei mutanti murini è facilitato dai reincroci interspecifici e dalla disponibilità di numerosi marcatori polimorfici. Le regioni che presentano conservazione della sintenia (associazione, in entrambe le specie, di un gruppo di geni su uno stesso cromosoma) tra uomo e topo sono state ben studiate e permettono un’identificazione relativamente facile di quelle patologie dovute a singoli geni effettivamente omologhi nel topo e nell’uomo.
Questi animali geneticamente modificati permettono inoltre l’analisi in condizioni controllate dell’efficacia di nuovi farmaci.
Lo studio dell’obesità con modelli di topo ha messo in evidenza in singoli geni omologhi di quelli umani mutazioni corrispondenti a fenotipi rientranti nel quadro clinico della malattia.
La mutagenesi mirata con l’uso dei topi transgenici e “knock-out” è ampiamente usata per produrre modelli artificiali di malattie umane grazie ai quali recentemente si sono potuti studiare gli effetti sul fenotipo obeso dell’espressione di vari geni funzionalmente implicati nelle principali vie di regolazione del bilancio energetico.
Sono stati identificati e caratterizzati numerosi geni, in particolare quello della leptina, del recettore della leptina e dell'agouti-related protein, che hanno permesso di capire le vie principali di regolazione del metabolismo (Fig. 6 e 7).
Data l'importanza centrale di questi meccanismi di regolazione, le mutazioni delle proteine codificate da questi geni si verificano raramente.
Negli anni novanta il clonaggio di una serie di geni coinvolti nell’obesità murina, come la leptina ed il suo recettore, e la creazione di topi knockout per altri geni coinvolti nella regolazione del bilancio energetico come l’MC4R (recettore 4 dei melenocorticoidi) e l’Agouty Related Protein, sono stati seguiti dall’individuazione di mutazioni determinanti obesità nei geni omologhi dell’uomo. Tali mutazioni si manifestano come obesità severa ad esordio precoce. La maggior parte di esse esercitano il loro effetto nella regolazione dell’intake di cibo.
Il deficit congenito di Leptina rappresenta la prima forma di obesità monogenica ad essere stata descritta; è stato osservato in una famiglia Pakistana ed una Turca. Sebbene la famiglia Pakistana non presenti consanguineità, i pazienti affetti sono tutti omozigoti per la stessa mutazione frameshift sul gene della Leptina. Ciò suggerisce o un effetto fondatore o che la zona ove è presente la mutazione rappresenti un hot spot (cioè una regione del genoma dove è più probabile che si verifichino errori nella replicazione del DNA con conseguente comparsa di delezioni od inserzioni). Tale mutazione (delezione della guanina al nucleotide 133) produce una forma tronca della Leptina che non è secreta dall’adipocita. I pazienti obesi appartenenti alla famiglia Turca consanguinea presentano una mutazione missenso del gene della Leptina che è associato a bassi livelli sierici della stessa. Il fenotipo clinico del deficit congenito di Leptina nell’ uomo è molto simile a quello osservato nel topo ob/ob. Infatti, tali pazienti presentano una obesità ad esordio molto precoce, un incremento dell’ introito di cibo, ipogonadismo ipogonadotropo, iperinsulinemia. La valutazione dei pazienti eterozigoti per la mutazione della famiglia Pakistana dimostrano che i loro livelli di Leptina sono più bassi rispetto a quanto atteso per la massa grassa. Ciò ricorda quanto accade nel topo eterozigote ob-/+. Fra le varie forme di obesità monogenica fino ad ora identificate nell’uomo, solo il deficit di Leptina può essere trattato con terapia adeguata.
In una famiglia consanguinea di origine Medio orientale sono stati individuati tre pazienti con obesità ad esordio precoce che risultavano essere omozigoti per una mutazione sul gene del recettore della Leptina che troncava tale proteina prima del domain transmembrana. Tali pazienti, nati di peso normale, mostravano un rapido incremento ponderale nei primi mesi di vita, con iperfagia e comportamenti aggressivi quando il cibo veniva loro negato. Il metabolismo basale risultava nella norma così come i livelli di cortisolo e glicemia. Complessivamente il fenotipo clinico di tali pazienti era sovrapponibile a quello dei pazienti con deficit congenito di Leptina.
I primi target della Leptina sono i neuroni che producono la Proopiomelanocortina (POMC), tali neuroni si trovano nel nucleo arcuato dell’ ipotalamo ove è espresso il recettore della Leptina. Il POMC è proormone che viene digerito in vari peptidi tra cui l’a-MSH gioca un ruolo importante nel comportamento alimentare. L’espressione del POMC nell’ipotalamo è direttamente correlato alla concentrazione di Leptina. C’e una chiara evidenza nei topi che a-MSH agisce come un soppressore dell’appetito attraverso il legame con il suo recettore specifico MC4R. Infatti, la distruzione mirata dell’ MC4R nei topi determina obesità, iperinsulinemia ed una accelerazione della crescita; gli eterozigoti hanno un fenotipo intermedio tra quello dei topi omozigoti e quello dei wild type. La prima evidenza del coinvolgimento del POMC nell’omeostasi energetica dell’uomo è venuta dall’individuazione di due bambini omozigoti per mutazioni che non permettevano la sintesi del POMC; tali pazienti presentavano ipocortisolemia, capelli rossi, iperagia ed obesità grave ad esordio precoce. In questi due pazienti l’incapacità alla sintesi del cortisolo era conseguenza del difetto di sintesi dell ‘ACTH (altro peptide risultante dalla digestione del POMC), mentre i capelli rossi erano conseguenza della mancata attivazione da parte4 dell’ a-MSH dell’ MC1R nei melanociti. L’iperfagia e l’incremento di peso sono invece il risultato della mancanza del legame dell’ a-MSH con MC4R nell’ipotalamo. Recentemente è stata individuata una mutazione dissenso del POMC (Arg236Gly) che altera il sito di processing tra b-MSH e b-endorfina; tale mutazione sembra interessare lo 0.9 % dei bambini con obesità ad esordio precoce. Studi funzionali hanno dimostrato che tale mutazione produce un peptide di fusione composto da b-MSH e b-endorfina, che si lega all’ MC4R con la stessa affinità dell’ a-MSH, ma con una capacità inferiore di legare il recettore. Questi risultati suggeriscono che tale mutazione può conferire una suscettibilità ereditaria all’obesità attraverso un meccanismo molecolare capace di interferire con il sistema melanocortinergico.
Numerosi gruppi di lavoro hanno identificato mutazioni su MC4R ( recettore 4 dei melanocorticoidi) in soggetti obesi provenienti da differenti gruppi etnici. Valutati complessivamente questi lavori permettono di immaginare che il 4-6% di pazienti con obesità ad esordio precoce abbiano mutazioni sull’ MC4R; infatti, tale forma di patologia molecolare rappresenta di gran lunga il più comune tipo di obesità monogenica (Fig. 8). In alcuni lavori è stata identificata una penetranza del 100% per quanto riguarda mutazioni dell’ MC4R nell’ obesità ad esordio precoce, mentre in altri casi dei portatori obbligati non obesi sono stati identificati. I pazienti obesi con tale mutazione oltre a presentare un incremento della massa grassa, hanno anche un parallelo incremento della massa magra; questo fenomeno era stato anche osservato in individui con deficit congenito di Leptina. Tali pazienti dimostrano anche una crescita lineare nettamente superiore rispetto agli standard della popolazione di origine (> 2 ds). Inoltre i pazienti con mutazioni dell’ MC4R hanno livelli di insulina digiuno più elevati rispetto a pazienti obesi di pari età e sesso. Tali aspetti sono simili a quelli osservati nei topi knockout per MC4R. Tali pazienti sono certamente iperfagici, anche se meno dei soggetti con deficit congenito di Leptina.
Un aspetto particolare dell’obesità da mutazione del gene MC4R è rappresentata dalla gravità del fenotipo clinico, che appare parzialmente migliorare con il tempo. Gli adulti obesi portatori della mutazione, infatti, hanno un appetito meno intenso e sono meno iperinsulinemici rispetto ai bambini con la stessa mutazione.
Nonostante i notevoli sforzi effettuati dalla ricerca mondiale, sono stati identificati solo pochi individui affetti da una condizione di obesità legata alla mutazione di un singolo gene.
L'eccessivo accumulo di grasso quindi è una caratteristica multifattoriale e complessa che si sviluppa per influenza di molti fattori: sociali, comportamentali, fisiologici, metabolici e genetici. L'individuazione dei geni coinvolti nello sviluppo dell'obesità non è semplice poiché in molti casi l'influenza del genotipo è attenuata o esacerbata da fattori ambientali. È auspicabile che queste conoscenze permetteranno in un periodo non molto lontano di sviluppare armi terapeutiche più efficaci per curare l'obesità e le complicanze mediche ad essa associate.
Figure
Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4
popolazioni |
cromosoma |
LOD SCORE |
geni candidati |
autori |
Africani Americani di Chicago |
2 5 |
1.0 for BMI |
|
Zhu X. et al. |
Cucasici |
1 3 (3q27)
17 (17p12) 18 |
2.3 for BMI 2.4-3.5
2.4-3.5 1.9 for BMI |
GLUT2 (3q26-q27) GLUT4 (17p13) |
Kissebah AH. Et al. “Quantitative trait loci on chromosomes 3 and 17 influence phenotypes of the metabolic syndrome” ProcNatlAcad Sci2000;97:14478-14483 |
Africani |
2 |
1.26 |
POMC (pro-opiomelanocortin) |
RotimiCN. et al. |
Francesi |
2p 5q 10p |
2.68 2.93 |
POMC (pro-opiomelanocortin) |
HagerJ. et al. “A gemome wide scan for human genes reveals a major susceptibility locus on chromosome 10” Nat genet 1998;20:304-308 |
Messicani Americani |
2 (2p21) |
4.95 |
POMC (pro-opiomelanocortin) |
Comuzzie AG. et al. |
Fig. 5
Gene |
Prodotto |
Mutazione |
Effetto genetico |
Funzione |
Omologo umano |
Ay |
Peptide di segnale Agouti |
Agouti yellow (AY ) |
Dominante |
Antagonista del recettore di segnale 4 della melanocortina |
20q11.2 |
Atrn |
Attractina |
Mahogany (mg) |
Recessivo |
Richiesto per la funzione del peptide agouti |
20p13 |
Cpe |
Carboxypeptidasi E |
Fat (fat) |
Recessivo |
Produzione della forma biologicamente attiva della proinsulina e proinsulin and proopiomelanocortina |
4q32 |
Lep |
Leptina |
Obese (ob) |
Recessivo |
Ormone della sazietà, prodotto principalmente nelle cellule adipose |
7q31.3 |
Lepr |
Recettore della Leptina |
Diabetes (db) |
Recessivo |
Recettore della leptina |
1p31 |
Tub |
Proteina di segnale dell’insulina |
Tubby (tub) |
Recessivo |
Coinvolto nel metabolismo dell’insulina |
11p15.5 |
Fig. 6
Gene |
Prodotto |
Modello |
Obesità |
Funzione genica |
Dgat1 |
Diacylglycerol |
KO |
- |
Sviluppo dell’ipotalamo |
Gabt1 |
g-aminobutyric acid (GABA-A) transporter 1 |
TG |
+ |
Trasferimento del segnale a livello centrale |
Hcrt |
Hypocretin (orexin) |
KO |
+ |
Neurotrasmettitore |
Hsd11b1 |
Hydroxysteroid 11-b dehydrogenase 1 |
TG |
+ |
Sintesi dei trigliceridi |
Insr |
Recettore dell’insulina |
KO |
+ |
Segnale dell’insulina |
Pmch |
Pro-melanin-concetrating hormone |
KO/TG |
-/+ |
Regolazione del peso corporeo |
Ptpn1 |
Protein tyrosine phosphatase, non-receptor type 1 |
KO |
- |
Regolazione dell’azione dell’ insulina |
Fabp4 |
Fatty acid binding protein 4 (aP2) |
KO in ob/ob topi |
+ |
Regolazione del metabolismo lipidico e del glucosio |
Ikbkb |
Inhibitor of kappa B kinase beta |
KO in ob/ob topi |
- |
Resistenza all’insulina |
Nos2 |
Nitric oxide synthase 2, inducible, macrophage |
KO in dietary obese topi |
- |
Resistenza all’insulina |
Plin |
Perilipin |
KO in db/db topi |
- |
Regolazione ormonale della lipasi |
Serpine1 |
Serine proteinase inhibitor, clade E, member 1 |
KO in ob/ob topi |
- |
Regolazione trascrizionale |
Vldlr |
Very low density lipoprotein receptor |
KO in ob/ob topi |
- |
Conservazione dei trigliceridi |
Fig. 7
Fig. 8
Didascalie
Fig. 1 Possibile influenza della componente genetica nelle patologie multifattoriali.
Fig. 2 Effetto della consanguinità: traslazione della distribuzione normale dei fattori di predisposizione verso il valore soglia.
Fig. 3 Multifattorialità nell’obesità.
Fig. 4 I casi estremi si verificano oltre i limiti di confidenza della normale dei singoli fattori predisponenti.
Fig. 5 “Genomewide search” per l’obesità.
Fig. 6 Singole mutazioni correlate con l’obesità nel topo.
Fig. 7 Modelli animali Knockout (KO) e Transgenici (TG)
Fig. 8 Mutazione puntiforme nel gene MC4R in una popolazione Mediterranea con obesità ad esordio precoce.
Per saperne di più:
1)E Miraglia del Giudice et al: International Journal of Obesity 2002; 26: 647-51
2)Ivar-Harry Pawlowitzki, John. H.Edwards & Elisabeth A.Thompson. Genetic Mapping of Disease Genes. Academic press 1997
3)Tom Strachan, Andrew P. Read Genetica Umana Molecolare. UTET 1997
Alcuni siti internet di consultazione genetica:
1)www.dica33.it/argomenti/nutrizione/biologico/obesita_dna.asp
2)www.shardna.it/storia.htm
3)www.ifc.cnr.it/autovalutazione/sardegna/IGP.Pirastu.pdf
4)www.nlm.nih.gov/hinfo.html
5)www.hgmR.mrc.ac.uk
6)www.eddnal.com
7)www.sigu.net/
8)www.genetests.org
Fonte: https://www.docenti.unina.it/downloadPub.do?tipoFile=md&id=207066
Sito web da visitare: https://www.docenti.unina.it
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