Tessuti epiteliali

Tessuti epiteliali

 

 

 

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Tessuti epiteliali

 

I tessuti vanno letti come complessi di cellule, e talvolta pure materia intracellulare, disposte in un certo ordine.

Tipicamente, si riconoscono quattro tipi di tessuti:

  • i tessuti epiteliali
  • i tessuti connettivi
  • i tessuti muscolari
  • il tessuto nervoso

In appendice ai tessuti connettivi si considerano il sangue e la linfa.
Il sangue e la linfa sono comunque in uno stato un po’ particolare.

I primi due tessuti sono definiti in base a un criterio morfologico.
I secondi sono definiti in base a un criterio funzionale. Di fatto, poi, non abbiamo problemi anche nel raccapezzarci al microscopio, perché noi possiamo verificare che questi due tessuti hanno certe caratteristiche di forma e di struttura, che sono correlate alla loro funzionalità e che ci guidano al riconoscimento microscopico.

I tessuti epiteliali sono costituiti da cellule a mutuo contatto.
Il termine epitelio ha a che fare con  il rivestimento di superfici, è qualcosa “che sta sopra” (epì vuol dire su).
Alcuni tessuti epiteliali effettivamente rivestono superfici, ma non tutti i tessuti epiteliali sono in questa posizione. Questo spiega perché, fondamentalmente, è il solo fatto di esser costituiti da cellule a mutuo contatto (dunque il dato morfologico) – di là da dove stanno, cosa fanno queste cellule – che a dovere caratterizza questa categoria di tessuti.
Dunque, ribadiamo: tessuti epiteliali sono tessuti con cellule a reciproco contatto.

I tessuti connettivi sono costituiti da cellule e da una sostanza intercellulare o matrice extracellulare, visibile al microscopio perché comprende delle porzioni strutturate, che hanno una loro forma, una loro disposizione.

Il sangue e la linfa si mettono con i tessuti connettivi. Giacché nel sangue e nella linfa c’è una parte liquida e ci sono dei corpuscoli, qualcuno fa addirittura i salti mortali per verificare che si tratta, in fondo, proprio di un tessuto connettivo, in cui ci sono cellule e una sostanza intercellulare, giacché i corpuscoli, che sono cellule o frammenti di cellule, risultano immersi dentro un ambiente liquido. Ma non sono dei tessuti!!

L’istologo si interessa di cellule differenziate. Che queste costituiscano tessuti, o siano sospese in un ambiente liquido, o vengano estratte dall’organismo e coltivate in vitro, restano cellule differenziate, e come tali costituiscono campo di studio dell’istologo.

Il sangue e la linfa non sono tessuti.
Non si vedono a fette, piuttosto a sacchette di materiale liquido.
Non c’è un volume strutturale, ma c’è un ambiente liquido in cui i corpuscoli si muovono liberamente.
Pure, li mettiamo in appendice ai tessuti connettivi perché molti elementi del sangue passano di continuo nei tessuti connettivi per svolgere le loro funzioni.
E quindi, nel complesso, si trovano eccellenti ragioni per mettere il sangue e la linfa insieme ai tessuti connettivi.
Il sangue e la linfa non sono che fluidi biologici, che contengono cellule differenziate, cellule che si formano dai tessuti connettivi, alcune delle quali si uniscono nel corso della loro vita ai tessuti connettivi.

I tessuti muscolari si caratterizzano per un dato muscolare: sono capaci di contrarsi., quindi di accorciarsi, e, come tali, di determinare dei fenomeni di movimento. Possono collegare tra loro due segmenti scheletrici, e quindi determinare il movimento delle articolazioni; possono agganciare al piano scheletrico porzioni della testa, garantendoci, con le smorfie, tanta parte della nostra gestualità; la muscolatura della lingua ci consente di parlare; la muscolatura del cuore caccia in circolo in sangue; la muscolatura dell’utero spinge fuori il feto.

In realtà, esistono tanti tipi di tessuti epiteliali, tanti tipi di tessuti connettivi, tanti tipi di tessuti muscolari.

Il tessuto nervoso è unico, anche se poi presenta delle variegazioni.
A seconda del punto dell’organismo in cui noi andiamo a studiare il tessuto nervoso, abbiamo quadri microscopici diversi.
Però è un tessuto unitario, unico, al quale non è possibile applicare nessuna sottoclassificazione.
Ha due caratteristiche importanti: quella di irritarsi di fronte a stimoli di tipo plastico e quella di condurre impulsi a distanza.
Anche il tessuto muscolare è irritabile e ha una certa conducibilità, ma il tessuto nervoso ha queste doti in grado elevatissimo.

Stimolo è un qualcosa che proviene dall’esterno di ciò che riceve il segnale.
Dall’esterno dell’organismo, uno stimolo verso l’organismo.
Dall’esterno del tessuto nervoso, quindi anche da altri tessuti, uno stimolo sul tessuto nervoso.
Quindi, stimolo è una modificazione dell’ambiente, che viene ricevuta, che riesce a modificare una certa struttura vivente, in questo caso il tessuto nervoso.
Una delle conseguenze dell’azione dello stimolo sul tessuto nervoso, è una modificazione delle caratteristiche delle cellule di questo tessuto. Avete accennato, a proposito della membrana cellulare, all’esistenza di un potenziale, di una differenza di potenziale tra le due facce della membrana, detta potenziale di membrana. Vedremo che una delle conseguenze dell’azione di uno stimolo sul tessuto nervoso è una variazione del potenziale di membrana. Questa variazione si propaga nello spazio, cioè dal punto dov’è cominciata si vede che appare a una piccola distanza, poi a una distanza sempre più grande, e via di seguito. Questo è un impulso.
Lo stimolo è un qualcosa di esterno alla struttura che riceve. L’impulso è un qualcosa di interno, è una modificazione della struttura che si propaga nello spazio.

Quelle evidenziate sono, dunque, le caratteristiche basilari dei diversi tipi di tessuti.

 

Prima di passare a parlare del tessuto epiteliale, vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che nei tessuti viventi esistono delle cellule. E queste cellule formano delle popolazioni, che sono abbastanza omogenee per le caratteristiche delle cellule che ne fanno parte.
In genere, un tessuto non è formato solo da una popolazione cellulare, ma possono esserci, e il più delle volte ci sono, più popolazioni cellulari che coesistono all’interno di un tessuto.

Converrebbe a questo punto fare una piccola digressione sulle popolazioni cellulari, in rapporto in particolar modo a come si producono e si riproducono.

  • Ci sono delle popolazioni cellulari in cui le cellule si dividono, e si dividono rapidamente, più rapidamente di quanto avvengano processi di morte cellulare. E quindi cosa succede? Se i nati superano i morti, il risultato è che la popolazione cresce. Noi chiamiamo queste popolazioni cellulari “in espansione”.
  • Ci sono altri tessuti invece in cui cellule nascono ma anche cellule muoiono, e i due processi sono in equilibrio. Parliamo allora di popolazioni “soggette a rinnovo”.
  • Esistono delle popolazioni cellulari “non soggette a rinnovo”. Cosa succederà? Succederà che una volta che una certa popolazione si è costituita, da lì in poi il numero dei suoi membri non potrà fare altro che diminuire, perché via via si avranno dei processi di morte cellulare in cui le cellule scompariranno e non saranno rimpiazzate.

 

Tenete presente che un po’ tutti i tessuti sono tessuti in espansione durante lo sviluppo corporeo. Una volta che l’organismo arriva a un certo equilibrio, se le dimensioni vengono mantenute, se molti tessuti vengono mantenuti lo si deve al continuo rinnovo con equilibrio tra entrate e uscite.

Tenete presente che una popolazione soggetta a rinnovo può rinnovarsi rapidamente.
Ci sono dei tessuti dove il ricambio completo delle cellule del tessuto avviene in 48 ore. Per esempio, le cellule che tappezzano la superficie interna dei visceri intestinali, dei visceri dell’intestino tenue, dell’intestino crasso, si rinnovano completamente ogni circa 48 ore.
Ci sono tessuti dove questo processo in cui questo processo avviene più lentamente, e ce ne sono altri in cui avviene ancora più lentamente.
Quindi si va da poche ore a giorni e mesi, fino ad alcuni tessuti dove probabilmente il ricambio richiede anni. Ma c’è comunque un rinnovo.

Vi dicevo, poi: i tessuti in equilibrio possono ritrasformarsi nei tessuti in espansione se determinati stimoli attivano la proliferazione oppure inibiscono la morte cellulare, o tutti e due questi eventi.

In un tessuto soggetto a rinnovo, come anche in un tessuto in espansione, noi vediamo che di regola – non sappiamo ancora se possano esistere eccezioni, mettiamola dunque con un briciolo di sospensione – possiamo identificare due compartimenti essenziali, due gruppi di cellule all’interno di questa popolazione:

  • un compartimento germinativo, dove le cellule si riproducono,
  • un compartimento maturativo, dove le cellule acquisiscono caratteristiche differenziate sempre più marcate, svolgono le loro funzioni, ma non si riproducono più.

I due compartimenti a volte sono distinti nello spazio: c’è una zona del tessuto dove ci sono le cellule che proliferano, e un’altra zona del tessuto dove ci sono le cellule che maturano.
Altre volte, invece, i due compartimenti non riusciamo a vederli distinti, si mescolano tra loro.
Evidentemente, sono proprietà legate alle singole cellule: alcune tendono a riprodursi; altre, invece, smettono di riprodursi.

Nel compartimento germinativo (cioè dove avvengono cariocinesi, dove si formano nuove cellule) si possono ulteriormente distinguere un cosiddetto compartimento staminale e un compartimento di espansione.

Il compartimento staminale contiene le cellule staminali, il seme delle cellule.
Cosa vuol dire questo? Vuol dire che nei tessuti – questo si è avvistato molto bene in alcuni, e poi si è visto che probabilmente è vero per tutti i tessuti – esistono delle cellule capaci di riprodursi, certo!, ma assai poco, lentamente, di rado. E danno origine, le cellule staminali, a cellule-figlie, alcune delle quali mantengono le caratteristiche della cellula-madre, mentre altre, invece, cominciano a dividersi vivacemente, amplificando di molto la popolazione con tutta una serie di brevi cicli di cariocinesi, alla fine della quale cominciano a differenziarsi.
Quindi il compartimento staminale è quello che contiene cellule staminali, cellule capaci di dividersi lentamente, ma di dare origine non solo a sé stesse – quindi di potersi auto-mantenere – ma di dare origine ad altri elementi del compartimento di espansione, cioè a un manipolo di cellule che si riproducono vivacemente e poi danno origine a elementi che si differenziano.
Queste rapide divisioni cellulari si embricano col processo di differenziamento: mentre le cellule si dividono cominciano anche ad acquisire caratteristiche nuove rispetto a quelle che avevano, caratteristiche differenziate.

L’idea di cellula staminale è questa: una cellula capace di dare origine a tutte le cellule di quella popolazione, e spesso anche a più popolazioni cellulari, che derivano da un unico capostipite; ed è poi durante la fase di espansione che si indirizzano, i destini delle cellule, verso direzioni diverse. Quindi la cellula staminale è una cellula capace di auto-mantenersi almeno per tutta la vita del soggetto, e a volte anche in più. Le cellule in espansione si dividono vivacemente sì, ma per un numero limitato di volte. La cellula staminale, dunque, è capace di auto-mantenersi per tutta la vita del soggetto, è capace di dare origine a tutti gli elementi di una o più popolazioni cellulari differenziate, si riproduce abbastanza lentamente. Quest’ultima caratteristica fa sì che le popolazioni staminali siano abbastanza resistenti a quei trattamenti che uccidono le cellule mentre si dividono.

Esistono trattamenti medici a ciò connessi e dotati d’un certo interesse, perché le malattie tumorali sono caratterizzate da una proliferazione esagerata di cellule, non compensata da morte in pari misura, e quindi tra i trattamenti per la cura dei tumori ci sono farmaci e radiazioni ionizzanti capaci di uccidere le cellule che proliferano. Tutte le cellule si pigliano un farmaco di questo tipo, e quindi esso nuoce al tumore, nuoce anche alle cellule normali. Esiste tutta una serie di tecniche per cercare di aumentare il danno al tumore, senza nuocere al resto dell’organismo. Ma qual è il punto? Noi vediamo che, in seguito a trattamenti, se si riesce a far sopravvivere il soggetto, con supporti medici adeguati, i suoi tessuti si rigenerano, il che significa che sono rimaste dentro delle cellule e che sono sopravvissute al trattamento e che sono sopravvissute, tra le altre ragioni, proprio perché si riproducevano lentamente, quindi risentivano poco dei danni esercitati contro cellule invece in vivace riproduzione e poi, a questo punto, chiaramente sono state stimolate a dividersi anche un po’ più di quello che di solito fanno. Dovrebbero esserci dei segnali che informano le cellule staminali di quanto è bassa la popolazione, se loro devono riprodursi più vivacemente o lentamente: quindi, esiste tutta una serie di segnali che queste cellule ricevono per capire in qualche modo come è l’ambiente in cui si trovano. Di fatto questi segnali funzionano, queste cellule si dividono, aumentano di numero, generano tante figlie capaci di espandersi, e grazie a queste espansioni rigenerano l’interezza del tessuto. Quindi le cellule staminali sono capaci di rigenerare un tessuto. Addirittura ci sono degli esperimenti nell’animale in cui è stato visto ad esempio che per rigenerare tutto il tessuto che produce i globuli del sangue, in un animale in cui questo tessuto sia stato completamente distrutto, è sufficiente iniettare una cellula staminale, e questa è capace di rigenerare tutto il midollo osseo, e quindi tutte le cellule del sangue dell’animale ricevente. Quindi, cellule staminali: cellule capaci di dare origine a una o più popolazioni cellulari, capaci di auto-mantenersi per tutta la vita, e quindi di riprodursi indefinitamente almeno nell’ambito della vita del soggetto, capaci di ricorrere ad appositi stimoli, in parte non ancora chiariti, rigenerando anche tutto quanto il tessuto a partire da una sola cellula.

Quindi, compartimento germinativo: cellule staminali, cellule in espansione.
Noi non siamo per il momento molto bravi a riconoscere e a marcare quali sono le cellule staminali.

Una classificazione dei tessuti in rapporto alla capacità proliferativa è stata data qualche tempo fa da un certo Bizzozzero.
Quest’Italiano aveva classificato i tessuti in tessuti labili, tessuti stabili e tessuti perenni.

Questa classificazione, pure ancora molto citata, così rigorosamente oggi non è più accettata.

Bizzozzero considerava tessuti labili quelli in cui esiste un continuo rinnovamento cellulare. Tessuti stabili erano quelli in cui normalmente le cellule non si riproducono, ma che possono ricominciare cariocinesi se il tessuto viene danneggiato in qualche modo o, viceversa, stimolato in altri modi, così che si può avere un aumento del numero delle cellule (un aumento, se si parte dal numero standard, o una rigenerazione, se è arrecato un danno ai tessuti). I tessuti perenni sono quelli che, di regola, una volta che si sono formati durante lo sviluppo poi non si rigenerano più.

Questa classificazione intanto pensa più a tessuti che a popolazioni cellulari.
Non considera esplicitamente la condizione fisiologica di espansione dei tessuti che caratterizza lo sviluppo e l’accrescimento.

Il punto più debole rispetto alla classificazione delle popolazioni cellulari in equilibrio e così via è quell’idea dei tessuti stabili, perché mentre l’idea di Bizzozzero era che nel tessuto stabile non ci sono divisioni cellulari in condizioni di equilibrio, ma queste compaiono solo sotto stimolo, oggi come oggi l’impressione è che quei tessuti che Bizzozzero considerava stabili, quali ad esempio cellule del fegato, cellule del pancreas e altre, in realtà sono soggetti a rinnovo, sia pure così lentamente che è troppo difficile rendersene conto (vedere una cariocinesi è una cosa rarissima). C’è, comunque, a livello dei vecchi tessuti stabili di Bizzozzero, un ricambio cellulare anche in condizioni di equilibrio.

Il punto debole di tutte e due le classificazioni, quella di Bizzozzero e quella delle popolazioni cellulari, è quello delle popolazioni perenni o, altrimenti considerate, non soggette a rinnovo. Perché? Tipici esempi sono il tessuto nervoso, anzi, un tipo particolare di cellule dentro il tessuto nervoso, i neuroni, che poi sono quelli che concretamente raccolgono e elaborano segnali e così via, e cellule del cuore, del muscolo cardiaco. Da un po’ di anni si è scoperto che anche nel tessuto nervoso, anche nelle cellule del cuore, esiste una certa capacità rigenerativa, esistono delle cellule con caratteristiche staminali che possono essere stimolate a riprodursi e a rigenerare nuove cellule per tutta la vita dell’organismo. Non sappiamo quanto queste cellule staminali siano numerose, quanto questo processo rigenerativo sia importante ai fini pratici nella vita di ciascuno organismo e quanto sia invece soltanto un fenomeno in fondo di interesse scientifico e sperimentale, non sappiamo se, qualunque sia il suo significato fisiologico, riusciremo un domani a sfruttare questa capacità di questi tessuti per rimediare o prevenire malattie come quelle tipiche da degenerazione dei neuroni, come l’Alzheimer, come tante altre malattie, quali ad esempio le malattie della retina, che portano alla cecità, là dove i neuroni retinici muoiono, non sappiamo se questo servirà a rimediare ai problemi dell’infarto cardiaco e a far rigenerare un tessuto cardiaco stimolando magari queste cellule.
Certo è che comincia a parlarsi in maniera seria di medicina rigenerativa, che cerca proprio di far leva su queste cellule e sulla loro capacità di rigenerare tessuti.
Ai fini pratici, per ora, va considerato che quando un neurone è perso bisogna farne a meno, quando una cellula del cuore è persa bisogna farne a meno. Pure, indiscutibilmente, sembrano esserci direttamente in natura le condizioni per fare di più e meglio in futuro.
Quindi i tessuti a cellule perenni, le popolazioni cellulari non soggette a rinnovo, seppure ai fini pratici per ora vanno considerate per tali, in senso stretto non sono del tutto escluse da una quantità di rinnovo e di rigenerazione che potrebbe essere sfruttata a fini medici.

 

Ritorniamo a questo punto ai tessuti epiteliali.

I tessuti epiteliali li possiamo classificare in base alla loro posizione e alla loro funzione.

Alcuni tessuti epiteliali formano un rivestimento all’interno del nostro corpo, per tutta una serie di cavità all’interno del nostro corpo. L’organismo utilizza cellule a mutuo contatto per fare degli strati di rivestimento a delle superfici che devono rappresentare una barriera tra altri tessuti e un ambiente in qualche modo esterno, o anche una cavità interna all’organismo. Evidentemente, in queste condizioni ci muoviamo all’interno di epiteli di rivestimento.

Ma alcune cellule epiteliali si specializzano in loco in un’altra funzione, nella funzione secretoria, per produrre molecole che vengono buttate fuori dalla cellula e sono utili all’economia dell’organismo fuori della cellula che le ha prodotte. Si tratta, in questo caso, del fenomeno di secrezione, che è una caratteristica generale delle cellule, giacché tutte le cellule secernono, se non altro per rifarsi la membrana. L’esocitosi è un processo di secrezione. Però, alcune cellule si specializzano a secernere grandi quantità di molecole specifiche nell’economia generale del corpo. Si parla, in questo caso, di epiteli ghiandolari o epiteli secernenti (la definizione classica è quella di epiteli ghiandolari), che vanno a formare anche degli organi, quindi delle porzioni del corpo che si possono staccare dall’organismo, specializzati in questa funzione, quindi organi detti ghiandole.

Alcune cellule epiteliali, che si trovano in posizione di rivestimento, in realtà sviluppano in maniera elevata una capacità di raccogliere stimoli dall’ambiente esterno. Per quanto questa sia stata presentata come caratteristica del tessuto nervoso, non è da ritenersi esclusiva: tutte le cellule in fondo sono irritabili, tutte le cellule devono essere capaci di raccogliere segnali dall’ambiente esterno, altrimenti l’interazione e l’adattamento tra cellula e ambiente non sarebbe affatto possibile. Alcune cellule epiteliali si specializzano per raccogliere segnali specifici, quindi segnali di un certo tipo e solo di quel tipo.
Un esempio è il suono: ci sono delle cellule, nella parte profonda dell’orecchio, che sono cellule epiteliali che sono quelle che ricevono i segnali acustici e poi trasmettono questa informazione al tessuto nervoso.
Un altro esempio è quello delle accelerazioni: ci sono delle cellule specializzate per percepire accelerazioni, quale possono essere l’accelerazione di gravità o altre accelerazioni dinamiche, indispensabili a dotarsi di dati circa la propria posizione nello spazio; sono dei recettori dell’apparato dell’equilibrio, che hanno come cellule riceventi delle cellule epiteliali, che s’informano di questi dati e sono più o meno sviluppati da individuo ad individuo.
Altri epiteli sensoriali si trovano nella cavità buccale e recepiscono gli stimoli del gusto, il sapore dei cibi.

Poi, è da menzionare una categoria un po’ eterogenea, dal carattere inelegante, che raccoglie altri tessuti epiteliali, che sono di interesse specialistico. Ci sono degli speciali epiteli che non possiamo inquadrare né come di rivestimento, né come ghiandolari, né come sensoriali, che si trovano nella cavità buccale durante lo sviluppo dei denti e servono per far formare i denti, epiteli dentari, poi non si ritrovano nel dente formato, e c’è un epitelio particolare a formare la lente dell’occhio, il cristallino. Questi sono campi di interesse specialistico, per cui gli epiteli del caso saranno solo nominati.

Ci dedicheremo soprattutto agli epiteli di rivestimento e agli epiteli ghiandolari, e poi anche un po’ agli epiteli sensoriali.

Classifichiamo gli epiteli di rivestimento.

Le classificazioni, per quanto, di volta in volta, con tutti i limiti del caso, sono in istologia frequentissime perché ci aiutano a capire ciò che unisce e ciò che divide, ciò che distingue i vari tessuti, ci aiutano a riconoscere determinate strutture ed infine ci aiutano da quel che vediamo a poter prevedere il comportamento di un tessuto o di un altro in varie condizioni.

Gli epiteli di rivestimento, da un punto di vista istologico, si classificano principalmente in base a tre criteri.

Il primo è il numero degli strati di cellule.
Nel nostro corpo ci sono degli epiteli di rivestimento semplici, costituiti da un solo strato di cellule, e ci sono degli epiteli di rivestimento composti, o stratificati, che sono costituiti da più piani di cellule.

Il secondo criterio è la forma delle cellule.
E’ a questo proposito da tener presente che negli epiteli composti le cellule in profondità si rassomigliano tra i vari tessuti: quello che conta è la forma delle cellule superficiali. Dunque, se c’è uno strato solo, si guardano quelle cellule lì; se ci sono più strati. si guardano le cellule più superficiali. L’osservazione è anche sufficientemente logica: essenzialmente, gli strati profondi hanno da essere sempre più o meno quelli perché servono a distribuire il carico in una certa maniera, mentre quello che cambia è lo strato superficiale.
Quindi avremo epiteli pavimentosi, in cui queste cellule superficiali hanno una forma piatta, del tutto simile a quella delle piastrelle del pavimento, da cui il nome. Ancora, si distingueranno epiteli cubici, in cui le cellule hanno la forma di dadi, tanto alti quanto larghi. Ed infine ci sono epiteli cilindrici, in cui le cellule sono più alte che larghe.
Evidentemente, le cellule cilindriche, che pure, prese singolarmente, hanno l’aspetto di semplici colonnine, essendo tutte attaccate e a mutuo contatto, si impacchettano per riuscire a stare attaccate e diventano dei prismi. Gli Anglosassoni li chiamano columnar ( lett. colonnare à “cilindrico” in italiano ); i Tedeschi hanno inventato il termine batiprismatico, che vuol dire fatto a prisma molto alto. Da una quindicina danni si diffonde molto anche in Italia la dizione di epiteli batiprismatici per gli epiteli cilindrici. Invece, gli epiteli cubici sono stati con la stessa logica chiamati isoprismatici, dove la particella iso- (uguale) focalizza appunto il loro avere una certa larghezza, un’eguale lunghezza. Quanto agli epiteli pavimentosi, gli Anglosassoni usano il termine squamed, che qualcuno traslittera in squamoso, proprio perché ricordano le squame dei pesci.
Epitelio pavimentoso à squamoso. Epitelio cubico à isoprismatico. Epitelio cilindrico à prismatico alto o batiprismatico.
Poi c’è un tipo particolare di epitelio composto, che è un epitelio di transizione, che ha cellule di forma particolare e non rientra in nessuna delle precedenti categorie.

Un altro elemento da tenere in conto è che sulla superficie dell’epitelio esistono delle strutture particolari, delle differenziazioni particolari alla superficie dell’epitelio.
Vedremo che nell’epitelio cilindrico in particolar modo si possono trovare ciglia vibratili, si possono trovare microvilli, si possono trovare fenomeni di secrezione.
Vedremo che nell’epitelio pavimentoso composto ci può essere in superficie uno strato, detto strato corneo, oppure questo stesso strato può mancare: parleremo, rispettivamente, di epitelio pavimentoso composto cheratinizzato, o con strato corneo, o corneificato, e di epitelio pavimentoso composto non cheratinizzato, o non corneificato, o senza strato corneo.

In ogni caso, la prima classificazione dei tessuti epiteliali è quella che li divide in epiteli di rivestimento, ghiandolari, sensoriali, e altri.

Una volta deciso che un tessuto è fatto da cellule a mutuo contatto, e deve essere un epitelio, che forma uno strato tra un altro tessuto e uno spazio vuoto, e allora deve essere di rivestimento, solo allora si può cominciare a ragionare in termini di classificazione.

Se anche ci si sofferma prima sul numero degli strati, poi sulla forma delle cellule, quando si racconta, quando si definisce un epitelio, prima si mette il termine relativo alla forma delle cellule, poi si mette il termine relativo al numero degli strati; l’ultimo dato cui attenersi sono le differenziazioni.
Ad esempio, parleremo di epitelio cilindrico semplice con ciglia vibratili, di epitelio pavimentoso composto cheratinizzato, e via dicendo, in maniera analoga.

Tranne che in alcuni particolari preparati – e sicuramente ci sono anche esempi di visualizzazione di un epitelio di faccia, dritto davanti a noi –, di regola, si fanno delle fette attraverso i tessuti, alcune delle quali fette decisamente si fanno a caso, giacché non è sempre possibile orientare in maniera rigorosa l’oggetto da tagliare sotto la nostra lamina, perché ha una forma complessa, intricata, così che non è possibile disporlo in maniera perfettamente ordinata. In genere si cercano di fare tagli che siano perpendicolari alla superficie del tessuto, del pezzo, dell’organo, in maniera tale da vedere come vari tessuti si succedono, si ordinano nello spazio in più strati.

Di solito, dunque, un tessuto epiteliale si presenta come una specie di banda al confine tra lo spazio vuoto e un altro tessuto, fatta di cellule a mutuo contatto.
Chi mi dice che si tratta proprio di cellule a mutuo contatto?? Non è facile, perché i limiti cellulari non si vedono, di regola. Si deve capire dalla regolare spaziatura dei nuclei e dal po’ di citoplasma acidofilo presente tra una cellula e l’altra che esistono precisi limiti cellulari circa a metà tra un nucleo e l’altro, regolarmente distribuiti: è questo che ci indica, ci guida a capire che, nel caso, si tratta effettivamente di un tessuto con cellule a mutuo contatto, dunque di un epitelio.

I tessuti epiteliali pavimentosi semplici, ad esempio, sono epiteli per le cellule a mutuo contatto che li costituiscono, di rivestimento per i rapporti che hanno con gli spazi adiacenti, pavimentosi perché caratterizzati da cellule lunghe e sottili, con asse maggiore parallelo alla superficie, semplici per l’unico strato di cellule che presentano.
Tessuti così si trovano principalmente in sedi dove chiaramente serva un minimo di tessuto di rivestimento ma non ci siano, di base, grosse sollecitazioni meccaniche; piuttosto, si trovano maggiormente in sedi in cui particolarmente deve essere favorito lo scambio di materiali tra un versante e l’altro del tessuto, giacché gli epiteli, pure avendo in un certo qual modo funzione di barriera tra ambienti distinti, pure devono essere sempre attraversabili da determinate sostanze.
Un epitelio pavimentoso semplice si trova, per esempio, a tappezzare le cavità interne dei vasi sanguigni, dei vasi linfatici e del cuore, ove permette appunto il passaggio di sostanze nutritive, di gas respiratori e così via, di sostanze di rifiuto, di acqua, di ioni, tra l’interno e l’esterno, o viceversa, a seconda dei casi.
Esso si trova pure a tappezzare gli alveoli polmonari, delle piccole cavità dove va a finire l’aria e dove poi i gas, da quest’aria, si scambiano con quelli del sangue che scorre nei sottili tralci tra un alveolo e l’altro.

E’ evidente che i contorni tra le cellule a mutuo contatto di un epitelio non sono stirati e diritti, ma sono tutti frastagliati in maniera che le cellule si ingranino l’una con l’altra, per fornire una migliore chiusura.

Là dove si individuano nuclei rotondeggianti, in tutta una serie di cellule a mutuo contatto, generalmente si succedono cellule tanto alte quanto larghe, proprie di un epitelio cubico.
Ci sono diversi esempi di epitelio cubico semplice nel nostro corpo.

I tessuti epiteliali appoggiano sempre, gli epiteli di rivestimento, in particolar modo, appoggiano sempre su un tessuto, e il tessuto sottostante è sempre un tessuto connettivo.
A confine tra la sostanza extracellulare e a ridosso delle cellule epiteliali, c’è come un rigo di materiale elettron-opaco, che è materiale extracellulare, ma che borda rigorosamente e esattemente il limite inferiore delle cellule epiteliali. Questo rigo si chiama lamina densa. Fa parte di una struttura, che si chiama membrana basale, su cui poi ritorneremo.

Per ora, prendete atto di questo: che un epitelio di rivestimento si appoggia su un tessuto connettivo e che, subito a ridosso dell’epitelio, il tessuto connettivo si organizza in una struttura che prende il nome di membrana basale e della quale fa parte un sottile rigo, visibile solo al microscopio elettronico, detto lamina densa.

Epitelio cilindrico.
L’epitelio cilindrico esiste in una varietà semplice e in una varietà composta, plausibilmente là dove ci siano più strati di nuclei sovrapposti.
In realtà, questi nuclei non sono disposti in più piani definiti, una sopra all’altro, ma sono disposti a varia altezza, tanto che i vari nuclei si embricano. Se noi cerchiamo, per esempio, di staccare le cellule l’una dall’altra, noi vediamo che, in realtà, tutte le cellule di questo tessuto appoggiano sulla membrana basale che si trova al confine col connettivo. È che ci sono alcune cellule più piccole, che finiscono prima, diciamo così, e altre cellule più alte.
È un epitelio un po’ ingannevole: sembra fatto da più strati, ma non lo è.
E allora, lo si chiama, questo aspetto particolare, che si trova solo negli epiteli cilindrici, epitelio cilindrico pseudostratificato. Pseudo vuol dire falso, quindi “falso stratificato”: sembra stratificato, ma non lo è.

Gli elementi che vi guidano a capire se questo è pseudostratificato oppure stratificato davvero sono due.
Uno è di certezza: se io vedo i nuclei, disposti in piani distinti, con delle zone in cui c’è solo citoplasma tra l’uno e l’altro, posso dire senz’altro che l’epitelio è composto, fatto di cellule sopra che appoggiano su cellule sotto. Quando vedete che i nuclei si embricano tra loro, se c’è una banda dove si trovano nuclei alcuni più in alto altri più in basso, ma non in piani separati, allora questo vi indirizza verso l’epitelio psuedostratificato.
L’altro elemento è lo spessore dell’epitelio. Ci sono degli epiteli che sembrano pseudostratificati, ma lo spessore è talmente alto che è difficile immaginare che le cellule vadano dalla base all’apice per tutta l’altezza dell’epitelio. Quindi, però, questo è un criterio indiziario, non è un criterio di certezza. Se un epitelio sembra pseudostratificato, però è molto alto, allora forse, semplicemente forse è composto.
Mentre, se invece io vedo piani distinti di cellule, allora, di sicuro!, è composto.

Qui vedete una particolare differenziazione sulla superficie libera : delle propaggini abbastanza lunghe – sono lunghe quanto metà nucleo – che si distinguono addirittura l’una dall’altra se uno fuochetta al microscopio ancora meglio. Queste sono ciglia vibratili.
(à Epitelio cilindrico pseudostratificato ciliato!)
Le ciglia vibratili verranno a integrare la superficie apicale. Sono delle estroflessioni della superficie cellulare, rivestite da membrana, con un asse costituito da microtubuli (le nove coppie di microtubuli più i due microtubuli centrali…). Alla base del ciglio, c’è un  piccolo centriolo, un corpuscolo basale da cui poi si diparte la radichetta del ciglio. Di regola, non si vede nei comuni preparati, bisogna fare un’impregnazione. E si muovono, queste ciglia, con un esempio del tutto calzante, proprio come un campo di grano sbattuto dal vento. Si chiamerebbe movimento metaclonale. È il movimento in cui tutte le entità si muovono nella stessa direzione, e lungo linee tra loro parallele e perpendicolari alla direzione: le entità di una fila si muovono a  un certo momento, quelle della fila successiva un momento più tardi, e così di seguito. Come un campo di grano sbattuto dal vento. Il paragone è un paragone nobile, perché l’ha fatto Leonardo Da Vinci, che non conosceva nulla delle ciglia vibratili ovviamente (ovviamente, perché non c’era il microscopio), ma che si interessava di movimento, e quindi aveva descritto anche questo particolare tipo di movimento.
Ecco una microscopia a scansione di ciglia vibratili.
Ecco uno schemino, che già conoscerete.
Il ciglio, con i microtubuli. Eh: le nove coppie di microtubuli più i due microtubuli centrali; il corpuscolo basale. Il corpuscolo basale, che poi è né più né meno che un centriolo, serve per determinare anche la segmentazione della tubulina a formare l’assonema. L’assonema, come si chiama, è il filamento assìle del ciglio. La radichetta, con questa caratteristica striatura. Qui è la zona dove c’è una sorta di feltro di microfilamenti di actina, una cuticola (il termine cuticola si rifà a un apparente ispessimento della superficie cellulare). E perciò, ecco che la zona dei centrioli viene chiamata anche porzione intracuticolare del ciglio.
Tra un ciglio e l’altro poi ci sono anche dei microvilli.

Questo è un altro schemino. Cosa si vede? Si vede questa zona di chiusura dell’assonema, sulla piastra basale che è situata più o meno in alto. Conclude la zona dove si trovano i due microtubuli centrali dell’assonema.

Ricordiamo il movimento del ciglio, che è un movimento rapido e un movimento lento, un po’ anche tortuoso, in maniera che il movimento dia un impulso solo in una direzione.

Ecco ancora un epitelio cilindrico semplice. Anche qui vedete qualcosa sulla superficie cellulare.

In presenza di epiteli cilindrici, bisogna sempre andare a vedere se per caso c’è qualche struttura particolare sulla superficie cellulare.

Qui c’è una zigrinatura, un ispessimento sottile, rispetto a quello di prima, che decisamente non si vede altrettanto bene che il precedente. Questo è l’aspetto tipico della cuticola striata. Se guardiamo al microscopio elettronico, troviamo microvilli.

Ecco qui un’altre immagine. Sono cellule cubiche. Ma anche qui c’è una cuticola, una serie di microvilli, qui colorati in rosso col PAS.

Vedete: è un po’ diverso, questo aspetto, da quello prima. Quello prima è bellino, è tutto molto uniforme, e c’è uno stacco netto tra la zona della cuticola e il resto del citoplasma. In questo caso, vedete, invece no: l’altezza della cuticola è un po’ ineguale da punto a punto e, a parte il cambio di colore, non c’è niente che stacchi la zona della cuticola dal resto del citoplasma.
Tradizionalmente, si parlava di cuticola striata nel primo caso, che è tipica delle cellule che tappezzano l’intestino. E si parla di orletto a spazzola in questo secondo caso: è tipico di cellule che stanno dentro il rene.
La differenza era sempre dovuta al fatto che in questo caso la sede dei filamenti spesso è parte dei microvilli e, nel terminal web, in quella zona di microfilamenti sotto la cavità radicale, è meno sviluppata, e quindi gli organuli non sono diffusi da questa zona, e i microvilli tendono a sfiancare un po’ in qua e in là, ed è per questo la zona appare di ineguale altezza. Invece, in questo caso, c’è una bella serie microfilamentosa dentro il tipo di microvillo, una bella zona di terminal web, più marcata, che esclude gli organuli, e quindi qui si vede bene lo stacco.
Potete mantenere questa distinzione per non fare di tutta l’erba un fascio.

Questa per farvi vedere, per farvi notare un’attività enzimatica nella cuticola.
Per ricordarvi che il glicocalice, che è particolarmente esteso in queste zone di microvilli… le molecole di membrana che formano il glicocalice possono presentare attività enzimatica, ad esempio attività idrolitiche ed anche che servono per il funzionamento di questo tessuto nella compagine dell’organismo.

Questo per ricordarvi che qua e là possono trovarsi, intercalate a cellule cilindriche, delle cellule con un’altra forma, a forma di coppa. Si parla di cellule caliciformi. Nelle cellule caliciformi si parla di teca per indicare questa zona che contiene il prodotto secretorio, di stelo per indicare questo tratto sottile che contiene il nucleo, e di piede per indicare la zona su cui si appoggia sulla sottostante membrana basale. E un tempo si parlava anche di stoma, bocca, apertura, per indicare questa zona superficiale da dove sembra… In realtà, questa zona, la bocca, da cui esce fuori il secreto, non ha molto senso. Noi sappiamo che il secreto è accumulato sotto forma di granuli e che questi granuli vengono emessi per esocitosi come già vi ho detto in genere per i granuli secretori.
Primo: queste cellule sono un esempio di cellule specializzate per la secrezione all’interno di un epitelio di rivestimento. Vi ho già detto che ci sono delle cellule di rivestimento negli epiteli ghiandolari. Ma in fondo le categorie le facciamo un po’ noi. Quindi ci sono degli epiteli di rivestimento che secernono qualche cosa e questo può dipendere dalla presenza di cellule specializzate per la secrezione alternate ad altre specializzate per altre funzioni.

Quindi queste, con la cuticola striata, sono cellule che vi dicevo tappezzano la superficie dell’intestino e sono specializzate per assorbire le sostanze nutritizie. Ecco perché questi microvilli: per aumentare la superficie di assorbimento.

Quindi: cellule caliciformi. Perché sono caliciformi? Perché queste cellule alternano momenti in cui producono il secreto e lo immagazzinano a momenti in cui secernono tutto il secreto immagazzinato.
Per cui, ora le vedete così. Se uno le avesse viste dopo che era passato il cibo nell’intestino, non le distingueva dalle cellule vicine, perché diventano belle sottili, vuote di prodotto, e poi pian piano si riempiono di nuovo.
Bene. Quindi: la forma cambia e si parla di una secrezione discontinua nel tempo.

Il secreto delle cellule caliciformi è costituito da glicoproteine acide. Si colorano con la reazione PAS e danno anche una metacromasia con i coloranti basici, questo perché queste glicoproteine acide hanno tutti questi gruppi acidi molto vicini tra loro, meno di mezzo nanometro l’uno dall’altro, e perciò sono responsabili di metacromasia.

Il prodotto di queste cellule una volta sono delle glicoproteine che si chiamano mucine, e una volta che le sposto in acqua forma un particolare liquido, un particolare fluido che si chiama muco. Su questo ritorneremo parlando di ghiandole. Però, tenete presente: il muco viene prodotto o da ghiandole specializzate nella produzione di muco ma anche da cellule nell’epitelio di rivestimento. Il muco è fatto di acqua, che passa attraverso le varie cellule, e poi c’è questa componente organica caratteristica, le mucine, che sono secrete dalle cellule caliciformi e poi vedremo anche da ghiandole specializzate.

Ecco qui l’asse di una cellula caliciforme. Vedete che dei granuli di secreto, di aspetto abbastanza trasparente agli elettroni, si avvicinano alla superficie e poi si aprono per essere esocitati.

Questo è un altro esempio dell’epitelio cilindrico, in cui tutte le cellule c’hanno dentro materiale, qui colorato con il PAS, glicoproteine e materiale secretorio. Esistono anche delle vere e proprie superfici secernenti. Le cellule qui mantengono la forma cilindrica. Perché? Perché qui la secrezione è continua: perché tanto secreto matura dal Golgi, tanto ne esce al polo apicale. E quindi, il contenuto dentro le cellule è sempre il solito: la cellula mantiene la forma cilindrica. Questo è un aspetto tipico, in particolar modo, della superficie interna dello stomaco, in cui c’è un muco particolare. Questo, se si fa la colorazione con i coloranti basici non dà basofilia, non dà metacromasia. Ci sono solo mucine neutre, non mucine acide. Probabilmente in rapporto alla necessità di proteggere in particolare proprio l’ambiente acido che c’è all’interno dello stomaco.

Puristi, un tempo, parlavano di secrezione mucosa quando le mucine sono acide, e di secrezione mucide quando le mucine sono neutre.
Be’, i termini sono tradizionali. Comunque è sempre meglio parlare di muco, quindi secrezione mucosa, specifican do poi con mucine acide e con mucine neutre,a  seconda dei casi.

Ecco, un esempio di epitelio cilindrico composto.
Questo è chiaramente un epitelio cilindrico con due strati, quindi stratificato.

Un piccolo passo indietro. L’epitelio pseudostratificato, oltre che così si può chiamare anche epitelio a più file di nuclei. Non a più file di cellule, ma a più file di nuclei.
E, un vecchio termine: epitelio cilindrico pluriseriato.
Pluriseriato: con più serie di nuclei.

Dove andate a trovare gli epiteli cilindrici composti?
Nella congiuntiva. Li trovate nei dotti di qualche grossa ghiandola.

Qua, un altro epitelio cilindrico, pseudostratificato.
E vediamo, sulla superficie, una serie di estroflessioni, vedete, come dei filamenti, che sporgono dalla superficie cellulare, lunghi lunghi e che tendono ad acciuffettarsi, a conglutinarsi tra di loro. Sono, sappiamo, dei lunghi microvilli, molto lunghi e con pochi microfilamenti dentro. Per questo tendono sia a legarsi e ad acciuffettarsi tra loro. Sono tipici delle cellule di una sede corporea che si chiama epididimo, che fa parte delle vie percorse dagli spermatozoi nell’arrivare verso l’esterno. Queste lunghe propaggini che non si muovono attivamente sono state chiamate anche stereociglia, termine che può essere usato in più casi. Non sono le uniche strutture, vedrete, per cui si parla di stereociglia. Si chiamano anche stereociglia. E queste cellule sono anche dette, per queste propaggini, cellule a pennacchio, perché c’hanno questa specie di pennacchio.

Ecco qua un epitelio… questo qui è un caso di quelli che vi dicevo dianzi. Vedete. Epitelio. Tanti piani di nuclei, di sicuro. Le cellule superficiali sono cilindriche. Ci sono alternate anche cellule caliciformi. Le cellule cilindriche c’hanno ciglia vibratili. I nuclei non sono disposti su piani separati, però certamente lo spessore dell’epitelio è notevole, i piani su cui si articolano i nuclei sono tanti. E quindi, non si può decidere se sia pseudostratificato o pluristratificato. Pluriseriato oppure pluristratificato. Si rimane col dubbio, però l’elevato spessore orienta piuttosto verso la seconda possibilità.

Ecco qui un epitelio di transizione.
L’epitelio di transizione, vedete, è fatto da più strati di cellule, quindi è un epitelio composto.
Bene. Cellule a mutuo contatto. Una banda tra un altro tessuto e uno spazio vuoto. Cellule a mutuo contatto: epitelio. Banda messa così: epitelio di rivestimento. Quanti strati di cellule? Tanti strati di cellule. Cosa dobbiamo guardare? Le cellule più superficiali. Oh!!, buffe. Sono cellule abbastanza grosse e da una parte sembrano fare una cupoletta e dall’altra ognuna di loro copre non una ma più cellule dello strato sottostante. E questo è vero qui, dove questo epitelio è rilasciato. Qui, dove è un pochino più disteso, lo stesso: vedete, questa cellula copre tante cellule dello strato sottostante. Una cosa strana, che non si vede. Vedremo la volta prossima gli epiteli pavimentosi composti: non è così, una cellula dello strato superficiale copre una cellula dello strato sottostante. Qui NO. Sembra un ombrellino, che copre le altre, anche e addirittura con queste introflessioni sotto per accogliere le estremità delle cellule sottostanti. Sembra proprio un ombrellino: eppure si parla di cellule ad ombrello. E se andate a guardare le cellule sotto vedete che sono delle cellule allungate, che a un’estremità sono più rotondeggianti, a quell’altra sono un po’ più sottili. Ricordano delle clave, hanno proprio la forma di una mazza da baseball. Bene: struttura allungata, sollevata a un’estremità, più so0ttile all’altra. E perciò si parla di cellule a clava. E infine ci sono le cellule basali, che sono quelle alla base, che sono delle cellule circa rotondeggianti.
Questo epitelio è caratteristico delle vie urinarie: della vescica e di quella parte delle vie urinarie che sta tra la vescica e i reni,e  che è percorsa dall’urina appena prodotta dai reni per arrivare in vescica.
E la sua caratteristica è questa, è molto bellina.
Vedete qui uno schemino: delle cellule a ombrello, delle cellule a clava, delle cellule basali.
C’è il problema che la vescica si riempie di liquido. Una vescica a piena distensione può arrivare intorno ai 300-350 ml. Normalmente non ci arriva, perché sopra ai 100 si comincia ad avvertire stimolo a urinare, e verso i 200-250 uno va a mingere. Ma fino a 350 ml si resiste. In condizioni patologiche, di difficoltà di svuotamento, si può arrivare fino a mezzo litro, e anche di più. Allora, il problema è garantire… L’urina è un prodotto di rifiuto. L’organismo dura anche fatica a produrla, a concentrarla. Bisogna che mentre sta lì non sia riacquisito ciò che vi è nell’urina. E, per converso, l’urina è un liquido ipertrofico, perché l’organismo cerca di risparmiare acqua, se no si dovrebbe essere sempre a bere, quindi fa un’urina ipertonica, con tanti sali e decisamente poca acqua. Eh, per ragioni osmotiche tenderebbe  a tirare acqua dal resto del corpo dentro la vescica. E questo va anche visto: se no tutta la fatica per risparmiare acqua andrebbe perduta. Allora, ecco che voi vedete che quando questo tessuto è rilasciato, le cellule a clava stanno diritte, le cellule a ombrello coprono le cellule a clava. Quando questo tessuto si distende, perché la vescica si riempie, ecco che allora le cellule a clava si mettono distese, le cellule a ombrello si distendono e proseguono a coprire tutta la superficie senza strozzature senza distacchi in maniera da garantire l’impermeabilità.
Certo, ci vuole un po’ di trucco, perché queste cellule a cupola… Avete visto la differenza di dimensioni come può diventare larga. “Come ce la faccio a coprire tutto questo spazio?” Allora, ecco che queste cellule sono predisposte per questa funzione. Se noi guardiamo le cellule, quelle a clava, in una vescica vuota, quindi con l’epitelio rilasciato, noi vediamo che nella parte superficiale del citoplasma ci sono tutta una serie di vescicole che rappresentano una riserva di membrana. Quando la cellula si distende, queste vescicole per esocitosi vengono inserite nella membrana superficiale e offrono membrana per aumentare la superficie cellulare. Quando la vescica si svuota, le cellule ritornano più piccole, si raggrinziscono un po’. Ecco che per endocitosi questa membrana viene ritirata dentro il citoplasma e rimessa a disposizione per le ore successive. Queste cellule sono anche molto ben specializzate. Soprattutto la membrana è particolarmente spessa: soprattutto il foglietto elettronopaco esterno è molto più spesso che di regola. Lo spessore complessivo della membrana qui arriva a 12 nm, poco meno del doppio della normale cellula. E, se si guarda anche in … (?), si vedono delle vere e proprie placche di particelle intramembrana fittamente stipate. In certi preparati si può vedere che ognuna di queste particelle è fatta come una stellina a 12 rami, ci sono 12 subunità aggregate insieme. Non sappiamo bene l’esatto meccanismo con cui funzionano, ma si ritiene che la presenza di queste particolari proteine intramembrana che sono state anche identificate contribuisca a garantire particolare resistenza sia a stress meccanici, per la distensione e il rilasciamento, sia a stress osmotici e chimici, rappresentati dalle sostanze potenzialmente irritanti e osmoticamente attive dentro il lume vescicole. Quindi, rappresentano un adattamento speciale della membrana plasmatici a queste esigenze.

Eh, vedete la differenza tra questa cellula che in questo punto si è distesa e queste che invece sono rilasciate. Capite bene che ci deve essere un sistema per garantire di avere a disposizione membrana quanto basta.

Vi voglio rammentare, non trattare ma rammentare, giacché già ne avete sentito parlare a citologia, che le cellule epiteliali sono proprio i tessuti dove meglio di tutti si possono studiare le giunzioni intercellulari. È chiaro che la funzione di questi tessuti nel fare una barriera… bisognerà che siano garantiti gli agganci tra cellule, sia per resistere allo stress, se qualche stimolo meccanico cerca di distaccare e di scollare l’una dall’altra le cellule (abbiamo visto la vescica… pensate i vasi, più o meno dilatati… pensate che comunque possa passare materiale sopra l’epitelio che esercita uno stress…), sia per garantire l’impermeabilità tra una cellula e l’altra. È inutile che io metta delle belle piastrelle a tappezzare la mia doccia se poi tra una cellula e l’altra l’acqua può passare e andare dietro, non funziona più. Ecco perciò che negli epiteli di rivestimento, in tutti gli epiteli trovate delle giunzioni di vario tipo. In primo luogo… di solito il modello è quello dell’epitelio cilindrico, ma lo stesso discorso vale per l’epitelio di transizione nelle cellule a cupola, a ombrello, vale per gli epiteli pavimentosi semplici, per tutti i tessuti meno che per gli epiteli pavimentosi composti. Ne parleremo la volta prossima.
Trovate giunzioni occludenti vicino alla superficie libera (?). Le cellule si saldano tra loro e quindi bloccano il passaggio di materiale tra una cellula e l’altra. L’epitelio ha una sua permeabilità, ma è controllata, perché passano per essere controllate dalla cellula… deve passare attraverso la cellula. Se tutto è in regola che cosa fa? Nulla. Deve passare indisturbato tra una cellula e l’altra.
Giunzioni aderenti, vicino a quella occludente. Giunzioni dove arrivano filamenti contrattili e dove ci sono cellule piene di organuli.
Più in profondità, desmosomi.
E poi, lungo le superfici laterali, si trovano anche giunzioni gap, giunzioni comunicanti, che servono a coordinare le cellule. Pensate anche nel movimento ciliare: una cellula deve sapere quando sarà lei a battere, e poi passare il segnale alla cellula dopo. E tutto questo è coordinato, con tanti aspetti anche di proliferazione, grazie a giunzioni gap.
Questa carrellata a volo di uccello per ricordarvi che la citologia e l’istologia sono ingranate.

Fonte: http://www.carlandi.it/universita/universit%C3%A0%20I%20anno/I%C2%B0%20semestre/istologia/ist.%20epitelio/(Med%20-%20Ita%20-%20Istologia)%20Il%20Tessuto%20Epiteliale%201.doc

Sito web da visitare: http://www.carlandi.it

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