La giacca nella storia

La giacca nella storia

 

 

 

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La giacca nella storia

Evoluzione dei Modelli maschili

Da un punto di vista formale, possiamo riconoscere l’origine della giacca in diversi capi del passato: nel farsetto con falde allungate, nel colletto militare indossato sotto l’armatura, nella casacca o giubba della seconda metà del XVII secolo e, più tardi, nel giustacuore allungato fino alle ginocchia. Verso la fine del XVII secolo, il justacorp, poi marsina, abbinato a gilet e calzoni, costituirà la formula dell’abito maschile, che resterà in uso per tutto il Settecento, fino alla Rivoluzione Francese.
La marsina deve il nome e le origini militari al conte belga Jean Marsin, capo delle truppe spagnole in Fiandra. Era un modello di giacca a falde lunghe, in velluto ricamato guarnito da galloni e bottoni metallici, rimasto in uso per circa tre secoli mutando spesso foggia secondo le mode.
Nel 1780, la marsina venne semplificata e rivoluzionata nella linea: il dorso era tagliato molto più stretto, le due parti anteriori stondate e sfuggenti, segnate da una lunga fila di asole a sinistra e bottoni a destra, con pura funzione decorativa.
Questa tipologia di giacca, abbinata a gilet e culottes, si impose come abito di corte nella Francia di Luigi XVI e fu adottata come habit à la française da tutta l’aristocrazia europea.

 

La carmagnola era la giacchetta dei proletari durante la Rivoluzione francese; si presentava cucita in tessuti grossolani rigati o scuri, corta e appoggiata sui fianchi, abbottonata sul petto con grandi risvolti. La giubba della rivoluzione si contrappose fortemente a quella aristocratica sulla scena sociale e politica dove l’abito rendeva visibili in modo simultaneo le differenze sociali.
Il frac, derivato dal frockcoat, capospalla di origine militare comparso in Inghilterra nel 1720, fu adottato come soprabito informale dagli aristocratici per la caccia e per la vita in campagna.
Realizzato in panno blu e abbinato a pantaloni giallo pelle di daino infilati negli stivali, si diffuse tra i giovani dandies, come elemento d’obbligo della moda trasgressiva: rappresentava l’abito nuovo, contrapposto alla marsina Ancien Régime.
Dall’inizio dell’Ottocento, quando Lord Brummel (1778
1840), arbitro dell’eleganza londinese, lo consacrò vestito                                                                                                


civile da cerimonia, il frac divenne la foggia vestimentaria borghese. L’uso del panno, più pratico e più facilmente accessibile a tutte le classi sociali, stimolò l’abilità dei sarti che gareggiarono nel perfezionare la migliore vestibilità con una esasperata cura del taglio; il modello si presentava corto sul davanti, in modo da rivelare il fondo del gilet, con allacciatura doppiopetto, reversmolto pronunciati, maniche arricciate e imbottite all’attaccatura, lunghe e strette ai polsi. La vita fortemente segnata evidenziava la convessità del petto, le falde a coda, lunghe al ginocchio, erano separate da uno spacco posteriore.


Per tutto il Novecento e ancora oggi il frac, habit noir per i francesi, tailcoat in Inghilterra, rappresenta l’abito maschile da cerimonia, il più elegante in assoluto, riservato ad occasioni speciali e ambienti esclusivi. Il modello contemporaneo prevede una giacca monopetto nera, mai abbottonata, a vita corta davanti con falde a coda di rondine sul dietro, abbinata a pantaloni neri con doppio gallone laterale in seta. Completano la mise: il panciotto in piqué bianco, la camicia con sparato pieghettato, colletto ad alette e polsini semplici con gemelli, il cravattino in piqué, sempre bianco, detto white tie.

Lo spencer comparve in Inghilterra alla metà del XVIII secolo e si diffuse in epoca Impero per merito di Lord J.
C. Spencer; fu adottato dagli uomini in viaggio, dai militari e anche dalle signore. Il termine individua una giacca doppio petto corta in vita, senza falde, collo a revers e con maniche lunghe, generalmente confezionata in panno o velluto chiaro.
Nelle occasioni formali, nelle serate estive e a mensa dagli ufficiali, lo spencer o mess jacket, viene indossato in sostituzione dello smoking bianco, senza gilet e senza fascia di seta in vita,
mai abbottonato, sopra pantaloni da smoking. N e l l ’ a b b ig l i a m e nt o maschile, la moda dello spencer è per lo più tramontata: il modello è rimasto come abito da lavoro per barman e maitre d’hotel e come uniforme degli ufficiali di marina.
A partire dall’Ottocento, le uniformi militari costituirono un modello sia vestimentario che di comportamento: funzionali ed eleganti, rappresentative di uno status, venivano sfoggiate in


società nelle occasioni formali e di gala. Il fascino dell’uniforme, nell’epoca del romanticismo e della formazione degli stati nazionali, esprimeva la rispettabilità e il decoro per il valore dei servizi resi in nome della libertà e della patria e l’orgoglio di appartenere ad un dato battaglione.
L’approvvigionamento vestimentario di eserciti numerosi contribuì allo sviluppo di tecniche sartoriali, progetti di lavorazione e organizzazione del lavoro che stimolarono la nascente industria dell’abbigliamento.

 

Modelli di Giacca a vita

Dalla metà dell’Ottocento, l’abito da giorno del signore elegante formato dai tre pezzi redingote, pantaloni e gilet, rappresenta l’uniforme borghese diffusa in tutti i ceti sociali.
La redingote, giacca di linea a clessidra, lunga al ginocchio e stretta alla vita, presentava falde tagliate diritte all’apertura in modo da sovrapporsi quando allacciata. Era realizzata in panno di lana pettinata e ritorta, di colore blu o grigio scuro, foderata in seta o in leggera flanella scozzese per i capi invernali; veniva indossata di giorno su pantaloni diritti, a quadri o righe.

Nel 1857, il Corriere delle Dame annuncia la comparsa delle prime giacche a sacco: la giacchetta o long jacket, che all’inizio provoca il disprezzo del mondo elegante, si diffonde dall’Inghilterra come mise da giorno, contrapposta alla rigida etichetta che prevede la redingote come abito da giorno e il frac come abito da sera. La giacchetta si presentava diritta, larga alle spalle e lunga alle anche, con due semplici cuciture laterali, una sola bottoniera e due tasche tagliate; confezionata con tessuti a grandi quadri o a righe, si abbinava a pantaloni coordinati che ricadevano sul piede e senza staffa.

Alla fine del secolo, comparve un nuovo modello di giacca a falde arrotondate, lungo al ginocchio e di colore scuro, la finanziera, che divenne l’abito da giorno di banchieri e alti funzionari, era detta anche prefettizia o stiffelius. Veniva indossata sopra a gilet e pantaloni a tubo rigati o quadrettati, camicia bianca inamidata, cravatta e cilindro ed era destinata agli appuntamenti d’affari, alle visite mattutine, alle passeggiate.

I veri elegantoni si distinguevano per la qualità del taglio dell’abito eseguito su misura, la qualità della confezione, le differenze del particolare sartoriale, accanto alla scelta del giusto tessuto. Le sartorie gareggiavano nell’arte del taglio e nella precisione della tecnica sartoriale interpretando la tradizione inglese; si affermarono in Italia scuole d’arte sartoriale, prime fra tutte quelle napoletana, palermitana e milanese che posero le basi del futuro Italian Style. La sartoria Prandoni di Milano si onorava dell’insegna di “fornitore della Real Casa” italiana, e il re Umberto I sfoggiava impeccabili finanziere realizzate con eccellenti tessuti inglesi.


 

All’inizio del Novecento si impone un nuovo modello inglese: il tight coat, giacca attillata da giorno, che relega la redingote ad eleganza démodé. Il tight, realizzato in grigio scuro o nero, presenta falde inclinate sul davanti, viene abbinato a pantaloni a righe grigio/nero, di linea diritta, stirati con la piega, gilet monopetto grigio perla o bianco, camicia e cravatta.
Per alcuni decenni il tight sarà la giacca dell’abito maschile da giorno utilizzata per tutti gli appuntamenti ufficiali e le cerimonie eleganti. Il colore grigio del tessuto, varia di tono secondo le occasioni: grigio ferro per quelle ufficiali e per i matrimoni, più chiaro per gli ippodromi e per le occasioni ufficiali estive, grigio piombo con filetto nero per occasioni di lutto.
Lo smoking o tuxedo è l’abito maschile da sera o da società, il più formale in assoluto. In Italia e in Francia si chiama smoking, in Inghilterra dinner jacket, letteralmente giacca da pranzo, mentre negli States è chiamato tuxedo, dal nome del club Tuxedo Park vicino a New York dove comparve per la prima volta nel 1886.
La giacca da smoking mono o doppiopetto, spesso nera, ma anche bianca per                                                              
l’estate, blu o bordeaux, viene realizzata in panno leggero di lana con revers
in seta di varia foggia e tasche tagliate a filetto. Si indossa abbinata a pantaloni della stessa stoffa con un gallone di seta sul lato esterno; completa la mise il gilet in tinta, la camicia bianca con colletto rigido rovesciato, sparato con bottoni gioiello e polsini semplici con gemelli; d’obbligo il papillon nero, black tie, e le scarpe di vernice nera. Una fusciacca in vita, la cummerbund, a partire dal 1925 frequentemente sostituisce il gilet: è costituita da una fascia pieghettata in raso da girare attorno alla vita e fermare sulla schiena, la si porta in modo che l’apertura delle pieghe sia rivolta verso l’alto, poiché un tempo vi era cucita una piccola tasca interna; è un adattamento dalla kamarband, sciarpa in vita del costume indiano.
Negli anni Trenta, il tuxedo bianco dei playboy fu protagonista delle serate mondane delle stagioni calde. Negli stessi anni, l’immagine di Marlene Dietrich in smoking fece il giro del mondo e, più tardi, nella seconda metà degli anni Sessanta, Yves Saint-Laurent lanciò l’idea dello smoking al femminile
che resterà per sempre, legato al suo nome come pietra miliare della moda.

 

Il blazer è una giacca sportiva maschile, di origine anglosassone, da portare spezzata con pantaloni di diverso colore. Generalmente doppiopetto, si presenta di linea ampia, foderato, con tasche applicate o tagliate, stemma del club ricamato sul taschino, bottoni dorati.
Negli anni Venti fu proposto in tessuti a righe vistose o in forti tinte unite, secondo i colori del club sportivo di appartenenza.
Come uniforme dei college anglosassoni, fu adottato in versione
più corta, stile Eaton.
Il navy blazer è una giacca doppiopetto blu scuro con bottoni dorati, in serge pettinata, panno o saia; deriva dalle giacche che nel XIX secolo costituivano la divisa della marina inglese, da quando, nel 1837, il comandante della Fregata HMS Blazer diede ordine di preparare una giacca particolare per il suo equipaggio, in occasione della visita della regina Vittoria.
Durante gli anni Venti, nel quadro di una generale ispirazione allo stile maschile guidata da Chanel, la moda femminile si appropriò del capo che fu proposto in tweed o jersey, in modelli di assoluto rigore geometrico, indossati con gonna a pieghe o ampi pantaloni abbinati a camicia e cravatta.


 

Nel clima culturale delle avanguardie storiche, i futuristi intervennero con azioni provocatorie anche nei confronti dell’abbigliamento borghese. Il manifesto futurista del vestito antineutrale, firmato dal pittore Giacomo Balla e pubblicato a Parigi l’11 settembre 1914, propone di “colorare l’Italia di audacia e di rischio futurista, dare finalmente agl’italiani degli abiti bellicosi e giocondi”, abolendo ”tutte le tinte neutre e le fogge pedanti, professorali e teutoniche”. La giacca futurista è asimmetrica, dinamica, colorata, igienica,
comoda, gioiosa e illuminante e vie
ne contrapposta al grigio uniforme e alle forme rigide, alla simmetria del taglio, alle linee statiche, ai bottoni inutili, ai colletti e polsini inamidati dell’abito borghese.
Nei bozzetti datati 1914, il pittore progetta la versione da mattino, da pomeriggio e da sera dell’abito maschile futurista: l’uso del colore, il
dinamismo plastico del disegno e l’a-                                                                                                                                         
simmetria del taglio diagonale rendono la forma del capo fortemente dinamica.


Alla fine degli anni Sessanta, nel clima anticonvenzionale della contro-cultura del flower-power, dalla creatività di Ken Scott scaturiscono sorprendenti proposte di blazer contro moda interpretati in macro fantasie vivaci e coloratissime ispirate all’arte moderna. Le rigide regole che la società borghese esprime nell’abito grigio vengono ancora una volta sovvertite, nelle più recenti collezioni di moda maschile, da proposte eccentriche di giacche con stampe coloratissime, contaminate dai segni estetici di altre culture – africana per Moschino, streetstyle per D&G.

Evoluzione dei Modelli femminili

Storicamente la giacca ha rappresentato un capo prevalentemente maschile, tuttavia, alcuni modelli di giacchini aderenti sono presenti nella moda femminile già nel corso del Settecento come il caraco, il bolero e lo spencer e altri modelli che, più tardi, anticiperanno la giacca del tailleur.

Il caraco è un tipo di casacchina aderente al busto, con falda o baschina dalla vita ai fianchi, maniche aderenti a tre quarti, ampia scollatura, chiuso sul davanti con lacci o ganci, raramente con bottoni nascosti.

Lo spencer, nella versione femminile, si diffonde in epoca napoleonica: era una giacchina corta, lunga appena sotto il petto, con bordure di pelliccia o di cigno; copriva le grandi scollature e veniva indossato per il passeggio o per la sera. Alcuni modelli si ispiravano alla moda
militare con vistosi alamari, spencer  all’ussara  o all’un-                                                                                                      
gherese; altri, più femminili, erano allacciati dietro e presentavano una finta abbottonatura sul davanti.

Il bolero, corto giacchetto disinvolto e giovanile, derivato dal giubbetto vivacemente colorato del costume popolare spagnolo, tornò più volte di moda. Nel corso dell’Ottocento si presentava corto in vita, aperto e arrotondato sul davanti, con bordi non sovrapposti, era ornato di trina o coperto di ricami e giaietto. Veniva proposto in tinta con l’abito per l’estate o in pelliccia per l’inverno.

Il paletot a vita, corto giacchino di linea a trapezio, corredava, nella seconda metà dell’Ottocento, l’abito da
passeggio o da viaggio in sostituzione delle più diffuse                                                                                                           
mantelle. Si raccordava al volume della crinolina e continuava la silhouette conica della linea di moda; le maniche erano lunghe, a volte svasate sul fondo. Veniva confezionato con stoffe leggere ed eleganti, come seta o velluto e rifinito con guarnizioni di ricami, passamanerie o brandeburghi ai polsi e ai bordi, coerentemente con la decorazione dell’abito.

Il giacchino a redingote a corte falde, di gusto maschile, abbinato ad una gonna floscia, abbastanza ampia e molto lunga, costituiva, in epoca risorgimentale, l’abito all’amazzone, il più antico abito sportivo femminile utilizzato per cavalcare.
La mise era corredata da bombetta o cilindro, frustino, guanti di pelle e stivaletti alti. Il giacchino a redingote di colore scuro segnava, con abilissimo taglio, la snellezza del busto per poi allargarsi appena sui fianchi; aperto sul davanti con revers, presentava maniche lunghe e affusolate, leggermente ricche all’attaccatura e veniva indossato sopra una camicetta o un gilet.
Questo stile mascolino influenzerà le mode femminili e verrà adottato anche per gli abiti da passeggio e da viaggio.

Successivamente, quando si affermò una linea più affusolata della silhouette femminile, eleganti giacche aderenti lunghe al bacino, venivano indossate su gonne a tournure, sviluppando volumi posteriori con drappeggi e pieghe. Questi modelli di giacca sagomati da numerosi tagli verticali a princesse o redingote, sottolineavano il punto vita, facendo risaltare la linea diritta della gonna sul davanti e le fantasie decorative della tournure sul dietro, modulando il fondo a diversi livelli.


La moda del tailleur, influenzata dagli abiti sportivi, e particolarmente dall’amazzone e dall’abito da caccia, da viaggio e da escursione, di diffuse alla fine dell’Ottocento nella vita cittadina.
La giacca del tailleur, in Italia detta alla mascolina, è semplice e senza fantasie decorative. Aperta sul davanti con colli sciallati o piccoli revers, presentava baschine modulate sui fianchi e maniche a prosciutto e sottolinea

 

l’immancabile vitino di vespa. Veniva completata con accessori tipicamente maschili, come gilet e cravatta o con la blusa riccamente decorata da merletti e trine sul davanti.

 

Il tailleur continuò ad avere successo, più sciolto nella linea e semplificato nella forma.
Nel periodo della Grande Guerra, le donne, impegnate in attività necessarie e patriottiche, indossarono divise da lavoro e indumenti maschili, provando, per la prima volta, la comodità dell’abbigliamento di gusto maschile, che fece loro scoprire una serie di libertà mai sperimentate prima. Giacche di linea diritta, lunghe al bacino con grandi tasche, patte e bottoni, che spesso citavano elementi mili
tari, indossate su gonne semplici e accorciate, costituivano                                                                                             
il tailleur del periodo bellico.

Le giacche sportive d’ispirazione maschile, facevano parte del guardaroba da giorno della garçonne, dai capelli corti e aspetto androgino degli anni Venti. Giacche di linea diritta in tweed e jersey lunghe al bacino, blazer di flanella e giacche alla marinara indossate su camicette, gonne diritte, a pantalone e scarpe basse, permettevano di camminare comodamente e svolgere attività sportive e professionali.
La giacca degli anni Trenta-Quaranta diventa progressivamente più squadrata e guerriera grazie a particolari, presi dall’abbigliamento maschile, civile e militare, che dissimulano la fragilità femminile: linee verticali, spalle larghe e squadrate, seno protetto da doppiopetto con ampi e vistosi revers, vita segnata da cinture e martingala, tasche e taschini con pattina. Sapienti imbottiture enfatizzano l’effetto armatura e rendono virile la sagoma del torace.
Tailleur, smoking e giacche indossate dalle indimenticabili dive dallo star-system hollywoodiano come Marlene Dietrich, Katharine Hepburn, Joan Crawford e Betty Davis, divennero i prototipi ideali a cui ispirarsi.
La giacca  modello  Bar di Christian  Dior, presentata nella                                                                                                     
collezione P/E 1947, divenne il simbolo del New Look e costi
tuì un ritorno al lusso e alla femminilità di metà Ottocento come segnale di nuova positività post-bellica.
Il modello in shantung color crema aveva vita strettissima, la baschina arrotondata, spalle segnate in modo dolce, piccoli revers e abbottonatura alta ed era indossata su ampia gonna a corolla, omaggio alle grazie femminili.
Pubblicato su tutte le riviste e richiesto da tutte le clienti, fece dimenticare l’origine maschile del capo e consacrò l’eleganza della giacca femminile nel tempo.


Il famoso TailleurChanel del 1954 rappresentò una rivoluzione nel modo di vestire femminile in risposta alla linea a corolla del New Look e rappresenta ancora oggi un mustdi vera eleganza nel mondo. La linea quadrata della giacca, il taglio essenziale, l’assenza del colletto, le spalle misurate, lo scalfo e l’aplombperfetti la rendono facile da portare ed elegante; inconfondibile per finiture e accessori viene abbinata alla gonna lunga al ginocchio in tessuto coordinato di tweed leggero a tinte pastello.

L’ispirazione maschile portò alla creazione di giacche rigorosamente femminili, non di capi unisex, ma di indumenti da donna che rispondevano alla filosofia dell’abbigliamento da uomo. Il tailleur pantalone di taglio maschile e lo smoking da donna, presentati da Yves Saint-Laurent nelle collezioni degli anni Settanta, introducono forti elementi di innovazione, senza i
quali, ormai, la moda femminile sarebbe inconcepibile. Come                                        
Chanel, egli prese molti elementi dall’abbigliamento maschile, riuscendo sempre a rendere unico e femminile il suo stile.
La giacca Armani, destrutturata negli anni Ottanta, non più rigorosamente maschile o femminile, ha creato una nuova concezione di vestibilità e di moderna sartorialità. La tradizionale giacca maschile, formale per eccellenza, viene sottoposta ad un nuovo processo sartoriale che riduce il modello al suo involucro esterno, annullando fodere, imbottiture, rinforzi ed eliminando tutte le operazioni per mantenerla in forma. Ne risulta un capo unisex, sciolto e comodo, da utilizzare in ogni occasione. La giacca blazerrealizzata con tessuti esclusivi, morbidi, dalle textureopache, ruvide e granulose e proposta in una gamma di nuove tonalità di grigi, ottiene un successo internazionale grazie al film American Gigolòdove
l’attore Richard Gere mette in mostra il suo lookArmani.                                               

La Tradizione sportiva

Le attività sportive del gentiluomo inglese di campagna, come la caccia, l’equitazione, il polo, la pesca, il golf, già dal XIX secolo praticate anche dalle donne, hanno creato una tradizione di abbigliamento sportivo dal carattere sobrio, comodo e funzionale. Diversi modelli che provengono dall’ambito venatorio e sportivo sono diventati dei classici del nostro vestire per il tempo libero e dello stile casual e country. I colori dei boschi, come i verdi e i bruciati o gli intramontabili blu e beige, i tessuti tartan, il tweed, le lane scozzesi, i velluti, nel panorama della moda, si dimostrano segni distintivi dello stile inglese.

La giacca Norfolk è l’antenata della moderna giacca sportiva. Prende il nome dall’omonima contea inglese dove era indossata per le battute di caccia. Si presenta come monopetto a quattro bottoni, caratterizzata da una cintura o martingala, da tasche a soffietto e pattina e da un effetto bretella che si prolunga fin sulla spalla e sul dietro o dal carrè sul dorso.Viene confezionata in tessuti rustici come tweed, donegal e home spun. Tornata di moda negli anni Cinquanta, rappresenta il modello di riferimento per la giacca sportiva inglese.

La giacca da equitazione, alla cavallerizza o Hacking jacket, è caratterizzata da una linea aderente con vita alta e svasatura in basso, abbottonatura alta a tre/quattro bottoni, lungo spacco posteriore, tasche e taschino diagonali con patta. Le tasche oblique risultano più
comode da seduti, mentre lo spacco posteriore alto per-  


mette alle falde di ricadere elegantemente lungo la coscia durante la cavalcata. Si confeziona, oltre che in panno rosso, in covercoat o tweed.

Modelli sportivi di Giacca

Il giaccone da marinaio deriva dal tradizionale pea jacket inglese: giacca doppiopetto, lunga ai fianchi, in tessuto pesante di lana grezza che veniva indossata da marinai, pescatori e operai. Negli anni Venti, Chanel rese popolare questo modello proponendolo come giacca femminile sportiva da mare.
Dal 1965, l’azienda Marina Yachting produce modelli di giacca in panno blu e bottoni dorati con il marchio ricamato sulla
manica, diventato, dalla presentazione al Salone Nautico di

Genova del 1972, il modello simbolo dell’azienda.

Il caban è un ampio giaccone sportivo realizzato in
panno, deriva dalla divisa dei cocchieri  inglesi del-                                                                                                               
l’Ottocento, e deve il nome al termine cab, carrozza.
Caldo e funzionale, lungo ai fianchi, doppiopetto con ampi revers, negli anni Sessanta era quasi sempre blu e ricordava le giacche marinare. Le versioni attillate degli anni Settanta furono proposte in color cammello.
La safarijacket, o sahariana, diffusa nei territori africani colonizzati dagli inglesi, è confezionata in drill di cotone o lino, ha quattro tasche a soffietto applicate con pattina e bottoncino e, spesso, una cintura in vita. È basata sul modello di un’ampia camicia da uomo lunga ai fianchi, sfoderata, con caratteristiche impunture. Fu rilanciata nella moda da Yves Saint-Laurent alla fine degli anni Sessanta in versione unisex.


La giacca Nehru o guru, venne di moda alla fine degli anni Sessanta: di linea diritta, lunga ai fianchi e
abbottonata fino al colletto con solino rigido, spesso realizzata in bianco. Ispirata al costume nazionale della Repubblica indiana, fu resa popolare dal primo ministro Jawaharlal Nehru, da cui prende il nome. L’ispirazione allo stile guru ha creato un look più volte rivisitato da artisti e rockers, dai Beatles a Battiato, per la sua essenzialità di sapore orientale e il riferimento alla spiritualità indiana. In più occasioni ripresa dalla moda, è divenuta una costante nelle collezioni maschili degli anni ’60.
La giacca alla coreana presenta linea diritta e allacciatura centrale o asimmetrica, con colletto rigido chiuso al centro o sulla spalla
sinistra. Negli anni Sessanta divenne famosa come giacca alla Mao Tse-tung, indossata come uniforme politica dalle masse popolari della rivoluzione cinese, si diffuse nel mondo occidentale per il suo valore simbolico.


La giacca da camera è un modello comodo da indossare in casa; presenta una vestibilità morbida e lunghezze variabili, revers sciallati in raso o trapuntati e maniche intere. Realizzata in velluto o in tessuti operati, può essere priva di bottoni e allacciata con una cintura.


I Modelli sportivi moderni

Le giacche e i giacconi sportivi del XX secolo, nati da una sapiente tradizione artigianale, testati per proteggere da temperature polari, resistenti all’acqua e al vento dei mari del nord, sono diventati popolari nell’abbigliamento outdoor internazionale. Grazie alla diffusione della pratica sportiva e al maggior tempo libero, il settore della moda outdoor/sportswear ha incrementato lo sviluppo di abbigliamento tecnico e capospalla idonei ad uno stile di vita attivo. Oggi i capi sportivi hanno abbandonato la loro specificità d’uso e sono entrati nell’abbigliamento quotidiano, anche in città, preferiti per la disinvoltura dello stile casual e la praticità d’uso che offrono.
Il Barbour è il giaccone impermeabilizzato in cotone oleato, oilskin, venduto, a partire dal 1894, da John Barbour nel suo negozio della città marittima inglese South Shields, rappresenta un caso esemplare di identificazione di un marchio con un prodotto. Per Barbour, ormai, s’intende un modello di giaccone, indipendentemente da chi lo confeziona. Il vero Barbour, realizzato con circa quaranta pezzi di tessuto oleato, cuciti con oltre quindicimila punti, è prodotto nel Regno Unito ed ha avuto grande diffusione in Italia dal 1983, anno in cui la WP Lavori in corso ne è diventata il distributore esclusivo, lanciando una vera e propria moda di tendenza.
Il primo negozio storico di South Shields portava l’insegna J. Barbour & Co.Tailors and Drapers, fra i marinai e la gente del porto i loro capi trovarono immediato consenso. Nel 1908 Malcom Barbour, figlio di John, creò i primi cataloghi di vendita per corrispondenza e lanciò una campagna che pubblicizzava il prodotto, oltre che per la vita di mare, anche per le attività all’aria aperta. Il modello più diffuso, amato dagli studenti, dalle signore della buona società, è il Beaufort: di linea ampia, con capienti tasconi a soffietto, tasche laterali e tascone interno, doppia chiusura, zip e bottoni automatici, con tipico colletto in velluto a costine e fodera in flanella scozzese. Il colore tipico è il verde oliva e nei vari modelli variano la lunghezza e i particolari funzionali.
L’Husky,la giacca da caccia più copiata del mondo, prende il nome dall’omonimo cane polare; è un marchio ideato e prodotto, oltre trent’anni fa, da Steve Gulyas, aviatore americano in pensione, e dalla moglie Edna che, stabilitisi a Tostok, in Inghilterra, si specializzarono nella produzione di abbigliamento outdoor, per il freddo e, in particolare, per caccia e pesca. Il primo capo di successo fu un gilettrapuntato e impermeabile, poi venne una giacca dello stesso tessuto, dalla linea squadrata, leggera, robusta e di facile manutenzione. Realizzato in nylonmatelassé, con colletto di velluto millerighe, presenta spacchi laterali, tasche a toppa e chiusura con automatici. È da sempre la preferita dai reali inglesi per le cavalcate. Oggi l’Husky è un capo di tendenza molto diffuso e disponibile in una vasta gamma di colori, non più solo verde spento e blu. Ha una numerosissima serie di imitazioni.
L’Anorak è una giacca impermeabile di taglio sportivo, lunga ai fianchi, con maniche lunghe, cappuccio, tasche laterali, colletto, chiusura sul davanti con cerniera o bottoni a pressione e foderata. Originariamente era la giacca realizzata in pelle di foca degli eschimesi, che chiamano anorak il vento; dai giochi olimpici invernali del 1936 è diventata popolare nell’abbigliamento sportivo antivento. Oggi è realizzata in tessuti ultra tecnologici e in versioni maschili e femminili.

Il Parka è un pesante giaccone sia maschile che femminile, più lungo dell’anorak, anch’esso di origine eschimese. È realizzato in tessuto impermeabile e dotato di imbottitura staccabile; presenta maniche lunghe, cappuccio bordato di pelliccia di lupo, colletto, tasche e tasconi, coulisse in vita e al fondo.

L’Eskimo, variante di parka prodotto nei colori blu marina e verde militare per l’esercito americano, negli anni Settanta è stato adottato dai giovani come simbolo di antimilitarismo.

 

Il giacchino jeans è un capo cult dell’abbigliamento giovanile. Realizzato in denim blu o nero, presenta lunghezza più o meno in vita, maniche lunghe con polsini, sprone, colletto, fascione, tagli verticali, tasche verticali e taschini, cuciture alla francese e impunture a contrasto; le chiusure sul davanti, ai polsi e sulle pattine presentano bottoni metallici, frequentemente a pressione. Resistente e indistruttibile, tale da essere di moda anche nella versione strappata e stinta, nell’arco della sua esistenza, con minime variabili secondo la moda, il giacchino jeans non è mai tramontato.


Il K-Way è una corta giacca a vento in nylon, leggerissima e impermeabile, con cappuccio, maniche chiuse al polso con elastico e coulisse al fondo. Può essere ripiegato nella tasca marsupio presente sul davanti, chiuso a pochette e legato in vita grazie ad una cintura elastica. Il modello base si infila dalla testa e altri modelli sono aperti sul davanti.
Inventato in Francia agli inizi degli anni Sessanta, pur essendo un marchio depositato, il nome oggi identifica una serie di capi impermeabili ad esso ispirati.

 

Il Perfecto è il mitico giubbotto di cuoio nero dell’omonimo marchio americano, creato negli anni Cinquanta a Oakland da John D. Perfecto che si ispirò ai piloti statunitensi della Seconda Guerra Mondiale. È diventato il simbolo degli Hell’s Angels e, indossato sulle scene di film cult da James Dean e Marlon Brando, emblema dei giovani contestatori. Il brevetto è stato venduto nel 1954 da Perfecto ai fratelli Schott che tuttora lo producono per la marca di motociclette Harley Davidson. Confezionato in pelle nera, con collo a grandi risvolti, chiuso da una lampo, ornato da tasche e borchie, presenta una linea molto aggressiva. Nella moda degli anni Ottanta viene proposto in più versioni unisex con il nome di chiodo.

Il bomber è un corto giubbotto stretto alla vita, ispirato alle giacche a vento indossate dai piloti militari della British Royal Air Force durante la Seconda Guerra Mondiale. Fa parte del guardaroba casual di entrambi i sessi, rivisitato e realizzato in numerosi tessuti, sempre mantenendo lo stesso modello base: linea abbondante, maniche ampie chiuse ai polsi da tessuto in maglia, imbottitura, fascione in vita, chiusura con zip. Prodotto in una vasta gamma di colori, da quelli militari, come il verde e il bleu navy, all’arancio, al rosso e al nero, negli anni Ottanta fu il capo principale dell’abbigliamento casual dei teen-agers, assieme ai jeans, agli scarponcini e agli occhiali da sole, da portarsi in qualunque momento della giornata.

Il marchio Moncler, azienda francese di abbigliamento sportivo, nasce nel 1952 a Monestier de Clermont, per la produzione di abbigliamento tecnico per la montagna. Il nome Moncler, che deriva dalle iniziali della località, ben presto diventa sinonimo della giacca a vento imbottita di piumino d’oca prodotta dall’azienda. Negli anni Cinquanta il Moncler, indossato dagli alpinisti nelle scalate storiche delle più importanti vette, conquista una grande popolarità; in seguito, la moda dell’imbottito Moncler si diffonde dai centri di villeggiatura invernale alle città e il successo del marchio crea uno stile di moda diffuso soprattutto tra i giovani “paninari” degli anni Ottanta. Realizzato in nylon impermeabile, imbottito di piuma d’oca selezionata, impunturato a fasce orizzontali, presenta collo a listello alto, elastici ai polsi e in vita, bottoni automatici, tasche tagliate oblique e conferisce una linea bombata.


 

Il giaccone canadese è un capo molto caldo, comodo e indistruttibile, “a prova di tutto”, realizzato in plaid di lana a grossi scacchi rossi e neri che ricordano il tessuto delle coperte fornite dal governo statunitense agli indiani dell’avamposto di Mackinaw City, nel Michigan. L’azienda fondata a Seattle nel 1897, produce abbigliamento da lavoro per uomini duri, cercatori d’oro, tagliaboschi, avventurieri. Per ragioni di funzionalità e resistenza utilizza materiali di primissima qualità, cotone e pura lana vergine, impermeabilizzati con cera di paraffina e rifiniture artigianali. Alla fine degli anni Settanta, il giaccone canadese è stato di moda negli ambienti giovanili, acquistata nuova o anche recuperata di seconda mano nei mercatini americani.

L’azienda Belstaff, fondata nel 1924 nello Staffordshire, al centro dell’Inghilterra, prende il nome dalle iniziali del fondatore Belovitch e dal luogo di origine. La prima produzione vide una serie di capi impermeabili per donna e per uomo in Wax Cotton, un finissimo cotone egiziano trattato con grassi naturali. In seguito, con le antiche tecniche di lavorazione della tradizione inglese, la Belstaff si specializza nel realizzare capi tecnici per la protezione del motociclista: giacche, giubbotti, guanti, stivali, borse e occhiali.
Nel 1943 nasce la famosa Black Prince Motorcycle Jacket, la più venduta giacca impermeabile da moto di ogni tempo, ancora oggi prodotta, con le stesse caratteristiche di allora, in piccole serie numerate destinate ai collezionisti. Il modello degli anni Cinquanta, la Trialmaster Jacket, con le caratteristiche imbottiture su spalle e gomiti che garantivano una valida protezione in caso di caduta, è stata la giacca più usata dai piloti di Trial: dal mitico Sammy Miller a Phil Read, più volte campioni del mondo. La giacca Belstaff è stata indossata da Lawrence d’Arabia, al suo ritorno in Inghilterra, da Arthur Miller e da Che Guevara nei suoi viaggi in moto attraverso l’America Latina.


L’abbigliamento sportswear di alto livello rappresenta oggi la frontiera più alta e innovativa del settore T/A. La ricerca costante delle materie prime e la creatività stilistica d’avanguardia creano capi destinati al vestire contemporaneo per il lavoro e il tempo libero, dei giovani professionisti, in sostituzione della divisa dell’abito grigio.

I Modelli sportivi ipertecnologici

La ricerca tecnologica e il fashion design, utilizzando nuovi materiali e nuove tecnologie, hanno rivoluzionato il settore dell’abbigliamento sportivo, superando la tradizione e progettando capi avveniristici dalle performance di vestibilità, protezione, comfort e appeal innovativi.
Nel 1997 la facoltà Creapôle Ecole de Création di Parigi in collaborazione con il MIT (Massachussetts Institute of Technology) di Boston, ha elaborato la prima collezione
di abiti integrati da tecnologie  informatiche, presen-                                                                                                           
tata al Centre Pompidou con il titolo di Smart Clothes Fashion Show: era la nascita del wearable computer.
Il nuovo progetto ICD+ (Industrial Clothing Design) di
Philips e Levi’s, ha ricercato soluzioni per integrare un corredo di oggetti, come cellulare, walkman, lettore MP3, computer, nell’abito che diviene così l’habitat quotidiano del futuro cibernauta. Si tratta perlopiù di capispalla, giacche, giacconi, giubbotti e gilet che ospitano al loro interno, opportunamente schermati e protetti, una serie di piccoli accessori tecnologici collegati in rete e alle nostre orecchie per mezzo di cuffie. Il primo prodotto realizzato è la giacca Levi’s corredata dal lettore MP3 Philips Rush, dal telefonino Philips Xenium e
da auricolare e microfono. Le cuciture sono state predi-                                                                                                        
sposte come condotti per unire in rete gli apparecchi e per ospitare, in alloggiamenti specifici l’antenna del telefonino, il microfono, gli auricolari.

Oggi, altre importanti aziende sono impegnante in progetti di ricerca bio-tecnologica affidati a team design con l’obiettivo di studiare soluzioni finalizzate non solo al settore aerospaziale NASA e ai piloti di Formula 1, ma utilizzabili da tutti. Nell’abbigliamento sportivo e da competizione vengono largamente applicati i risultati delle ricerche merceologiche sulle fibre intelligenti, ad alta prestazione, integrate da nanosensori o arricchite di sostanze che interagiscono con il corpo umano: biostimolanti e terapeutiche.

Nel campo dell’active wear, i giacconi e giubbotti presentano caratteristiche funzionali, legate all’uso dei nuovi materiali: leggeri, traspiranti, elastici, fortemente coibenti sia per l’estate che per l’inverno che offrono libertà di movimento e affidabilità.
Anche i trattamenti di finissaggio contribuiscono a migliorare le prestazioni dei materiali: idrorepellenti, antimacchia, antipiega, antifiamma e rendono i capi assolutamente easy care, di facile manutenzione.
L’abbigliamento intelligente, smarty wear, ha trovato impiego nella medicina, nello sport e nel tempo libero. Giacche da sci con termometri integrati che allarmano il servizio d’emergenza, giacche in grado di mandare segnali per comunicare la posizione alla stazione base. Lo sportswear tecnologico della Stone Island, brand della C.P. Company, affianca alle fibre naturali e materiali innovativi, anche provenienti da settori dell’industria biochimica e biomedicale, tipici delle tecnologie più avanzate applicate all’industria, come le cosiddette fibre intelligenti: fibre di carbonio, fibra di vetro o di ceramica, fino all’alluminio sottoposte a trattamenti contro le radiazioni elettromagnetiche.

La ricerca tecnologica sul fronte del fashion design e il successo delle high-performance dei materiali e delle novità tecnologiche dei capi sul mercato mondiale della moda, confermano che l’abbigliamento high-tech non è influenzato dalle tendenze, ma condiziona esso stesso le tendenze moda.

 

Fonte: http://www.clitt.it/contents/disegno-files/Prodotto_Moda/Percorso_Storia_del_Costume/6_La%20giacca_nella_storia.pdf

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