I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
2.1 Che cos’è la comunicazione?
Comunicare è incontrare qualcuno, costruire relazioni, trasferire informazioni, condividere emozioni e sentimenti, confrontarsi; non significa solo "mandare messaggi", ma è un atto sociale e reciproco di partecipazione, un atto mediato dall'uso di simboli significativi tra individui e gruppi diversi .
La comunicazione può essere verbale e non verbale.
La Comunicazione verbale si ha quando si utilizzano le parole, cioè un sistema condiviso di segni, verbali o scritti, per mandare messaggi che vengono decodificati da uno o più destinatari.
E’ una comunicazione molto “censurata”, infatti si scelgono le parole più corrette da dire o scrivere, per dare il messaggio che si desidera.
In più, il messaggio ricevuto dal destinatario non arriva mai per intero, perché non sempre si riesce a dire tutto quello che si vorrebbe, o perché il mittente non ne ricorda una parte o perché non riesce ad esprimerlo chiaramente.
E, d’altra parte, il destinatario può non capirlo o non ascoltarlo per vari motivi, come per distrazione.
La Comunicazione non verbale è una comunicazione extra linguistica che accompagna e, alcune volte, può addirittura sostituire il parlato.
Comprende tutta una serie di processi comunicativi che coinvolgono la voce, la mimica facciale, lo sguardo, i gesti, la postura, il contatto e la distanza interpersonale, l’abbigliamento, il trucco e gli oggetti di cui ci circondiamo.
A differenza della comunicazione verbale, quella non verbale è difficilmente sottoponibile a "censura".
Per tale motivo, essa tradisce gli effettivi sentimenti, gli stati d'animo, le opinioni: infatti, nelle sue diverse manifestazioni, è caratterizzata da meccanismi automatici che implicano una certa dose di inconsapevolezza, sebbene sia sempre presente un grado variabile di consapevolezza meta-comunicativa, che è una variabile interiore culturale ed individuale.
La comunicazione non verbale è da sempre ritenuta più spontanea e naturale di quella verbale e, soprattutto, rivelatrice degli stati d’animo dell’individuo, in quanto questi lascerebbe trapelare in modo inconsapevole le sue intenzioni, anche in contrasto con quanto sta verbalmente affermando.
Inoltre, rappresenta una sorta di linguaggio universale del corpo, frutto dell’evoluzione e regolato da precisi processi meccanici e nervosi.
Durante la comunicazione fra due o più persone, il sistema di codifica linguistica interagisce con uno o più sistemi di comunicazione extra linguistica, automaticamente o involontariamente messi in atto, dunque la decodifica del messaggio è un atto interpretativo dei significati verbali e non verbali; alla comunicazione verbale è affidata l’efficacia del significato ed alla comunicazione non verbale è affidata l’efficacia relazionale .
Tutto è comunicazione, la non comunicazione non esiste .
Anche quando non ci si esprime, si sta in silenzio e fermi, comunque si inviano dei messaggi, che possono essere di inattività , di quiete. Tali messaggi influenzano gli altri e costoro, a loro volta, rispondono ad essi.
Ecco perché è importante saper decodificare tutti i tipi di segnali, e non solo quelli più evidenti, come la comunicazione verbale.
A loro volta i segnali, verbali o non verbali, hanno un senso solo se si ascoltano o si osservano nel loro insieme: come non può avere senso compiuto una parola da sola, allo stesso modo non può avere senso un gesto singolo, un movimento, oppure un capo di vestiario.
Bisogna prestare attenzione ed osservare il tutto: l’insieme di parole, gesti, capi di abbigliamento.
A questo punto, si può affermare che “se il linguaggio verbale è il veicolo privilegiato del pensiero, il linguaggio non verbale lo è del corpo ed ha come sorgente le emozioni” .
Lo psicologo Luigi Anolliclassifica i canali non verbali principalmente in 6 sistemi:
- Sistema prossemico che si occupa di come l’uomo usa lo spazio intorno a lui e di come lo usa per mandare dei messaggi agli altri;
-Sistema cinesico che si occupa della mimica facciale, dei movimenti del corpo e dei gesti;
-Sistema aptico che si occupa “dell’insieme dei contatti fra gli interlocutori , durante un atto comunicativo” ;
-Sistema paralinguistico che si occupa di tutti gli aspetti paralinguistici come il volume e il tono della voce;
-Sistema cronemico che si occupa del modo che gli interlocutori organizzano il tempo della comunicazione, le pause, l’alternanza tra chi parla e chi ascolta;
-Sistema vestemico che si occupa del modo in cui si veste, cioè di come si abbinano gli oggetti abbigliativi e di come si trucca, considerando come parte della cura del viso anche l’acconciatura dei capelli, la barba e i baffi.
Ecco che “non deve stupire l’esistenza di una scienza della moda e dell’abbigliamento, in possesso di un’articolata forma di comunicazione e dotata di un linguaggio elaborato.
Infatti, nel caso della moda, l’oggetto perde la sua funzionalità fisica, e acquista il valore comunicativo in modo così chiaro da diventare, anzitutto, segno e conservare la sua reale natura di oggetto solo in seconda istanza.
L’abbigliamento, quindi, “parla”, riposa su convenzioni e codici, molti dei quali sono robusti, intoccabili, tali da spingere gli utenti a “parlare in modo grammaticalmente corretto”, pena il bando dal gruppo sociale con il quale l’individuo sta interagendo (Eco Umberto, 1975)” .
In seguito ci occuperemo di tutti i tipi della comunicazione vestemica.
2.2 Tipologie di comunicazione abbigliativa
Con la premessa che l’abbigliamento ha un valore simbolico, la moda acquista un’importanza psicologica, visto che l’individuo, in piena libertà, sceglie con cosa e come abbigliarsi, cioè utilizza dei simboli per comunicare.
Infatti, non a caso la scrittrice Premio Pulitzer Alison Lurie afferma che “nel linguaggio vestimentario si può mentire come si può tentare di essere sinceri ma, tranne se non si è nudi e calvi, è impossibile essere muti” .
Non sono solo gli oggetti abbigliativi, come un cappello o una gonna, ad avere dei significati, ma anche il profumo, che è un’estensione del sé sensoriale, e le acconciature, che possono allungare oppure nascondere parte del sé.
Tali oggetti abbigliativi sono le lettere dell’alfabeto del linguaggio abbigliativo.
Il modo in cui li usiamo abbinandoli, portandoli, collegandoli tra loro in base a delle regole, formano le parole, che costituiscono gli abbinamenti dei capi e degli accessori, e le frasi che danno forma all’aspetto globale, al look, allo stile.
Se gli oggetti abbigliativi sono dei simboli, bisogna fare anche un’analisi semantica dell’abbigliamento, che è costituita dai significati individuali e culturali.
In base ad essa, ogni capo di abbigliamento acquista un significato per la collettività e per il singolo individuo.
Ci si abbiglia per inviare messaggi a se stessi, a qualche specifica persona o alla collettività.
Nel primo caso ci si abbiglia per inviare messaggi a se stessi, per confermare uno stato d’animo oppure una data situazione, infatti si dice da sempre che lo sguardo degli altri passa attraverso il nostro.
Ci si abbiglia anche per mandare messaggi ad una o più persone, in base agli obbiettivi che si decide di ottenere, come per compiacere il proprio partner oppure per mostrare la propria professionalità.
Secondo Mariano Bianca, la comunicazione può essere descrittiva, se l’abbigliamento esprime la nostra personalità in modo globale, ovvero esplicativa, se l’abbigliamento da più informazioni su alcuni aspetti della nostra personalità, in particolare con l’uso degli accessori e con i diversi tipi di accostamenti.
Se, invece, la comunicazione è retorico-persuasiva, ciò significa che il nostro abbigliamento vuole influenzare gli altri.
Ben diverso è l’abbigliamento che comunica agli altri il nostro ruolo, quindi la nostra funzione sociale o il nostro status cioè la nostra posizione sociale.
Oggi l’abbigliamento è abbastanza uniforme ma, se si osservano con attenzione il taglio o i materiali degli oggetti abbigliativi degli altri, è abbastanza facile individuare il loro ruolo e status.
Tali informazioni non sono necessariamente veritiere, ma l’importante è che questi segni comunichino agli altri ciò che l’individuo desidera.
Ovviamente, tali messaggi, se espressi male, possono risultare talvolta controproducenti o incongruenti.
L’abbigliamento, proprio perché si usa continuamente, è uno strumento importante per comunicare.
I messaggi che mandiamo possono servire per sostenere una comunicazione verbale.
Basti pensare ad un venditore di case che cerchi di vendere una costosa villa vestito con una tuta da ginnastica: difficilmente convincerà l’acquirente della serietà della sua proposta.
L’abbigliamento può sostituire il linguaggio verbale, come il camice di un medico che chiarisce subito la sua funzione sociale.
Così come l’apparenza esteriore ha una grande rilevanza nello stabilire una comunicazione ed il suo andamento.
Grazie all’abbigliamento possiamo avere il controllo di una situazione comunicativa la quale, normalmente, è in mano a quella persona che si presenta abbigliata in modo tale da dimostrare il suo status sociale superiore.
La comunicazione abbigliativa può essere intenzionale, cioè tesa a stabilire un dialogo in vista di un particolare obiettivo, oppure aleatoria, quando si inviano messaggi agli altri in generale senza nessun’intenzione di stabilire un dialogo. Questi due tipi di comunicazione sono legati fra loro perché spesso quella aleatoria può trasformarsi in intenzionale .
Nel primo caso, l’obiettivo è mostrare aspetti del proprio sé o di come si vuole apparire a qualcuno dal quale si aspetta un riconoscimento del sé.
Nel secondo caso, si aspetta la conferma del proprio sé da più persone possibile, e spesso non ci interessa chi siano.
La moda serve per comunicare ciò che siamo, ciò che vogliamo apparire, anche se non è vero; serve per rafforzare ciò che si ritiene di essere, fugando così l’insicurezza e l’incertezza e aiutando a modificare i propri stati d’animo.
Infatti, continuamente usiamo gli oggetti abbigliativi per cambiare il nostro stato d’animo.
Basti pensare a quando ci cambiamo gli abiti da lavoro con un abito da sera, predisponendo noi stessi a rilassarci e divertirci.
Ecco, quindi, un’altra funzione della moda, cioè la predisposizione ad essere e ad agire.
L’aspetto esteriore è importante per la percezione che abbiamo di noi stessi, nonché per quella che hanno gli altri di noi.
Ogni abbigliamento indossato dice tutto di noi in una sola volta, è una comunicazione unidirezionale.
Ma si può inserire una piccola modificazione togliendosi uno degli indumenti o
cambiando l’acconciatura.
Pensiamo a come cambia il messaggio quando un uomo molto elegante si toglie la giacca, oppure una donna con i cappelli raccolti in uno chignon li libera.
La loro immagine cambia istantaneamente.
Lo stesso può capitare togliendo un accessorio, come il cappello oppure il foulard.
In questo modo la comunicazione diventa circolare perché manda continuamente messaggi diversi.
Ogni uomo ha il suo personale linguaggio abbigliativo e la sua personale gestualità, che sono influenzati dalla cultura e dall’ambiente che lo circonda e che creano la sua personalità ed il suo modo di esprimersi.
Prevenire è possibile,psicologia comunicazione, dispense, http://www.prepos.it/DISPENSE.htm
R. Vanali,Aspetti non verbali nel counseling, www. Prepos. It /tesi
P.Watzlawick, J.Helmick Beavin, Don D.Jackson, Pragmatica della comunicazione Umana, Astrolabio, Roma 1997, pag. 40 – 43.
Liliana Paola Pacifico, La comunicazione non verbale, Xenia S.Vittore Olona (MI) 2008, pag. 21-22.
Anolli Luigi (a c.di), Psicologia della comunicazione, Mulino, Bologna 2002, pag 207-241
R. Vanali,Aspetti non verbali nel counseling, www. Prepos. It /tesi
R. Foglia, Moda, identità ,Immagine, www.prepos.it /Tesi, pag.48-49
Alison Lurie, Il linguaggio dei vestiti, 2007, p.249
Mariano Bianca, Psicologia dell’abbigliamento, A. Pontecorboli, 1993, Pag. 163 - 183
Mariano Bianca, Psicologia dell’abbigliamento, A. Pontecorboli, 1993, pag. 173
Fonte: http://www.prepos.it/tesi%202014/IL%20COUNSELING%20NELLA%20MODA%20%20di%20Eleni%20Pantelidou.doc
Sito web da visitare: http://www.prepos.it
Autore del testo: Eleni Pantelidou
Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.
I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve