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Premessa
L’etichetta è diventata negli ultimi anni lo strumento prioritario per informare i consumatori sui prodotti immessi in commercio. Concepita inizialmente per agevolare le prassi commerciali e facilitare il libero scambio di merci, essa ha acquisito un progressivo valore ai fini della tutela dei diritti dei consumatori.
Se in alcuni settore produttivi, come quello dell’agroalimentare e dei prodotti cosmetici, la normativa comunitaria è piuttosto ampia e dettagliata, a vantaggiato dei consumatori, in altri comparti produttivi, come quello della moda, alcune “lacune normative” hanno contribuito al diffondersi di prassi commerciali che possono ingenerare confusione nel consumatore circa la vera origine o natura dei prodotti acquistati.
I risultati forniti dalle Autorità nazionali deputate al controllo (Ministero Sviluppo Economico, Antitrust, Camere di Commercio, Agenzie delle Dogane, ecc.), segnalano che continuano ed essere presenti sul mercato prodotti che forniscono al consumatore indicazioni errate o ambigue creando al riguardo false aspettative. Tra le frodi più comuni si segnalano: l’errata etichetta di composizione, indicazioni false o ambigue sull’origine del prodotto, la presenza di sostanze e/o di materiali potenzialmente dannosi per la salute del consumatore.
Queste prassi commerciali scorrette, contrarie al principio della diligenza professionale sancito dal Codice del Consumo, sono lesive dei diritti del consumatore: devono essere quindi fortemente combattute perché alterano, o falsano in misura apprezzabile, le decisioni di acquisto in relazione ad un determinato prodotto e possono essere potenzialmente pericolose per la salute umana.
L’etichetta rappresenta uno degli strumenti più importanti che i consumatori hanno a disposizione per tutelarsi. La correttezza delle indicazioni e la chiarezza dei contenuti rappresentano i primi indicatori della serietà del produttore e, quindi, dell’affidabilità del prodotto acquistato. Attraverso la Guida al consumo ISFORES, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Brindisi, si pone l’obiettivo di informare il consumatore sulle regole di presentazione dei prodotti del comparto moda (tessile-abbigliamento, calzature e pelletteria), chiarendo le modalità che gli operatori commerciali devono adottare per etichettare correttamente i loro prodotti.
Si auspica, così facendo, di dare un contributo operativo alla crescita dell’educazione al consumo dei cittadini ed alla crescita delle scelte di acquisto consapevoli.
Introduzione
Nella definizione generica di “comparto moda” rientrano i prodotti tessili, dell’abbigliamento, le calzature e la pelletteria. E’ un comparto trainante dell’economia italiana e uno dei più rappresentativi dell’immagine del Made in Italy all’estero.
L’etichettatura dei prodotti del comparto moda è disciplinata a livello comunitario attraverso apposite Direttive applicabili su gli Stati Membri. Questa uniformità di approccio consente, da un lato, una migliore informazione e trasparenza verso i consumatori e, dall’altro, il corretto funzionamento del mercato interno perché armonizza le regole nazionali e sopprime le barriere commerciali al libero scambio tra i Paesi Membri.
L’etichettatura dei prodotti tessili e dell’abbigliamento è disciplinata dalla Direttiva 96/74/CE, recepita in Italia dal D. Lgs. n. 194 del 22 maggio 1999. L’etichettatura dei prodotti calzaturieri e della pelletteria (cuoio in particolare) è disciplinata dalla Direttiva 94/11/CE recepita in Italia dal DM 11 aprile 1996. Sebbene le molte modifiche ed integrazioni, questi provvedimenti normativi rimangono ad oggi i testi fondamentali in materia e, pertanto, verranno spesso richiamati nella presente Guida come strumenti indispensabili per conoscere le regole di etichettatura e di presentazione sul mercato dei prodotti del settore.
Prima di entrare nel merito delle modalità di etichettatura dei prodotti in oggetto, è importante approfondire alcuni principi ed obblighi generali relativi al commercio, ovvero:
Tali obblighi sono interamente a carico del produttore (o responsabile commerciale) e rappresentano dei pre-requisiti cogenti, ovvero condizioni preliminari e indispensabili per potere accedere al mercato e commercializzare correttamente verso il consumatore.
Qualsiasi bene, prodotto o servizio destinato al consumatore può esser commercializzato solo se conforme alle disposizioni contenute nel Codice del Consumo (D. Lgs. 206 del 6 settembre 2005), ovvero il testo normativo fondamentale, che nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale, definisce le regole comuni dei processi di acquisto e di consumo, nell’ottica di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori.
Il Codice del Consumo, ispirandosi al principio generale di diligenza professionale afferma che sono pratiche commerciali scorrette, e quindi vietate, tutte quelle azioni volte ad alterare o falsare in misura apprezzabile le scelte dei consumatori in relazione ad un determinato prodotto. In particolare è considerato scorretto commercializzare un prodotto che:
Queste ed altre fattispecie rientrano nella generale definizione di pratiche commerciali ingannevoli e quindi sono vietate poiché lesive della concorrenza oltre che della tutela del consumatore.
Le informazioni riportate sull’etichetta dei prodotti devono figurare in lingua italiana, e devono essere redatte in modo chiaro, facilmente leggibile e tali da non indurre in inganno il consumatore. Ciò vuol dire, ad esempio, che non è corretto utilizzare abbreviazioni (es. “poliamm.” o “PL” al posto di “poliammide”) oppure codici e cifre che non siano facilmente identificabili (es. sostituire i riferimenti del responsabile commerciale con il numero di iscrizione al REA del Registro Imprese della CCIAA).
L’etichetta deve essere applicata direttamente sul prodotto in modo tale da renderne difficile la sua rimozione; l’etichetta, in particolare:
Per facilitare le operazioni commerciali, la legge prevede specifiche deroghe per i prodotti venduti a metro (es. pezze di stoffa) o in piccole unità (es. rocchetti, gomitoli, matassine, ecc.): in questi casi sarebbe difficile applicare le etichette sui prodotti e pertanto le informazioni possono figurare sugli imballaggi oppure su supporti espositivi (es. rotoli); le etichette devono comunque rispettare i principi di chiarezza sopra illustrati.
L’etichettatura dei prodotti tessili e dell’abbigliamento è disciplinata a livello comunitario dalla Direttiva Ce 2008/121 che è stata recepita in Italia con il D. Lgs. n. 194 del 22 maggio 1999 (e sue successive modificazioni).
Secondo quanto disposto all’art. 2 del D. Lgs. 194/1999 sono prodotti tessili tutti i prodotti che, allo stato grezzo di semilavorati, lavorati, semimanufatti, manufatti, semiconfezionati o confezionati, sono composti esclusivamente da fibre tessili - o almeno per l’80% del peso da fibre tessili - indipendentemente dal processo produttivo utilizzato.
La Tabella 1 riporta le denominazioni di vendita delle fibre tessili riconosciute in ambito comunitario e le relative caratteristiche (Allegato 1 del D. Lgs. 194/99): parte di esse
sono di origine naturale (es. lana, alpaca, ecc.), altre invece sono artificiali, ovvero generate a livello industriale; l’elenco delle denominazioni delle fibre non è statico ma in continuo aggiornamento con nuovi inserimenti a seguito delle innovazioni tecnologiche che avvengono nel settore.
Gli operatori economici sono tenuti ad utilizzare esclusivamente le denominazioni di fibre riportate nella Tabella 1, in modo da garantire uniformità sul territorio comunitario.
Tabella 1 - Denominazioni delle fibre tessili e relative caratteristiche
Rif. Denominazione Descrizione delle fibre
«pelo»
Peli degli animali citati a fianco: alpaca, lama, cammello, capra del Kashmir, capra angora, coniglio angora, vigogna, yack, guanaco, capra cashgora (incrocio della capra kashmir e della capra angora) castoro, lontra.
Peli di vari animali diversi da quelli citati ai punti 1 e 2.
Bm (centi-newton) > = 0,5 √ T
dove T è la massa lineica media espressa in decitex.
catena legami ammidici ricorrenti, di cui almeno l'85% è legato a motivi alifatici o ciclo-alifatici.
Fibre ottenute da materie varie o nuove, diverse da quelle sopra indicate.
più macromolecole lineari chimicamente distinte (di cui nessuna supera l'85% in massa), contenente gruppi estere come unità funzionale dominante (almeno l'85%) che dopo opportuno trattamento, se allungate sotto una forza di trazione fino al raggiungere una volta e mezzo la lunghezza iniziale, riprende rapidamente e sostanzialmente tale lunghezza non appena cessa la forza di trazione.
Il D. Lgs. 194/1999 include nella categoria merceologica dei prodotti tessili, assoggettandoli alle regole di etichettatura, anche:
Ricapitolando, rientrano nella definizione di prodotto tessile non solo i tessuti e i capi di abbigliamento ma anche le pezze di stoffa vendute al metro e gli articoli tessili non destinati al vestiario comune (es. lenzuola, cuscini, tovaglie, piumini, copri letto, ecc.).
Sono esclusi dal campo di applicazione del D. Lgs. 194/1999, e pertanto possono essere commercializzati senza l’etichetta, i seguenti prodotti:
Fermamaniche di camicie
Chiusure lampo
Cinturini di materia tessile per orologio
Etichette e contrassegni
Bottoni e fibbie ricoperti di materia tessile
Manopole di materia tessile imbottite
Copricaffettiere
Copriteiere
Maniche di protezione
Manicotti non di felpa
Fiori artificiali
Puntaspilli
Tele dipinte
Prodotti tessili per rinforzi e supporti
Articoli di protezione per lo sport, ad esclusione dei Nécessaires» da toletta Nécessaires» per calzature
guanti
Articoli monouso, ad eccezione delle ovatte1.
Articoli funerari
Bandiere, stendardi e gagliardetti
L’etichetta di un prodotto tessile e dell’abbigliamento deve riportare i riferimenti al produttore, ovvero il fabbricante del prodotto finito stabilito nella Unione Europea o qualsiasi altra persona che si presenti come tale apponendo sul prodotto il proprio nome, marchio o altro segno distintivo.
Se il produttore non è localizzato nella Unione Europea, i riferimenti devono intendersi al primo operatore commerciale localizzato sul territorio comunitario (es. importatore, grossista, rappresentante, venditore, ecc.).
Per “riferimenti” si intendono il nome (o marchio commerciale) e, facoltativamente, la sede che può essere menzionata anche con l’indicazione del Paese/Nazione.
Se il marchio commerciale del produttore contiene al suo interno una o più denominazioni di fibre tessili (es. “Ditta Emilcotone” o “Mario Rossi Cachemire”) esso deve essere immediatamente seguito dalle indicazioni relative alla composizione del capo, le cui modalità sono illustrate al paragrafo successivo.
L’etichetta dei prodotti tessili e dell’abbigliamento deve riportare l’indicazione della loro
composizione, ovvero la/e fibra/e in esso contenute.
Le regole per la compilazione dell’etichetta di composizione sono differenti a seconda che il prodotto sia:
Le fibre devono essere menzionate utilizzando le denominazioni riportate alla Tabella 1.
In questo caso l’etichetta di composizione deve riportare il nome della fibra, preceduta dall’indicazione “100%” o “Puro” o “Tutto”.
Non sono ammesse modalità differenti.
Non sono ammesse modalità differenti.
In questo caso l’etichetta di composizione deve riportare l’indicazione di almeno due delle principali fibre presenti, seguite dalla relativa percentuale in peso; le rimanenti fibre devono essere indicate successivamente, con (modalità A) o senza (modalità B) l’indicazione percentuale relativa alla loro presenza in peso.
Non sono ammesse modalità differenti.
Con riferimento alle fattispecie b) e c), il D. Lgs. 194/99 dispone che tutte le fibre presenti in quantità non superiore al 10% in peso del prodotto finito possono essere menzionate con l’indicazione “Altre fibre” seguita dalla percentuale globale (modalità A); se invece tali fibre vengono menzionate, le denominazioni devono essere accompagnate dalla relativa percentuale (modalità B).
Il D. Lgs. 194/99 stabilisce, poi, requisiti specifici per l’utilizzo in etichetta di alcune indicazioni denominate qualificativi:
25% del peso totale del capo; mentre; “vergine” può essere sostituito con il termine “di tosa” (lana di tosa).
Modalità scorretta
Rientrano in questa categoria quei prodotti che sono composti da due o più tessuti ciascuno dei quali con una diversa composizione fibrosa: ad esempio un cappotto in lana con fodera in nylon, una maglia realizzata in lana ed in pile, o una gonna in lino con fodera interna in acetato.
In questi casi l’etichetta di composizione deve riportare la composizione fibrosa di ciascuno dei tessuti presenti, menzionando la componente o parte alla quale è riferita (modalità A) oppure la posizione (modalità B).
Non sono ammesse modalità differenti.
Nell’indicazione delle fibre e degli eventuali qualificativi (es. puro, 100%, vergine, misto lino, ecc.) valgono le regole precedentemente descritte.
Per alcuni articoli di corsetteria (reggiseno, guaine, guaine interne o modellatori) il D. Lgs. 194/99 ha individuato le componenti principali del prodotto che devono essere menzionate nell’etichetta di composizione:
Prodotto |
Componenti principali definite dal D. Lgs. 194/99 |
Reggiseno |
Tessuto esterno e interno delle coppe, parte posteriore. |
Guaine |
Parte davanti, dietro, laterale. |
Guaine interne (modellatori) |
Tessuto esterno e interno delle coppe, parte davanti, dietro e laterale. |
Negli articoli sopra elencati l’etichetta di composizione può essere globale (modalità A) oppure riferita alle singole componenti del prodotto menzionando, però, esclusivamente quelle contemplate dalla legge (modalità B). Riportiamo l’esempio di una etichetta di composizione di un reggiseno:
Infine due prodotti tessili che sono un insieme inseparabile, poiché venduti obbligatoriamente assieme, e che presentano la stessa composizione fibrosa (es. un pigiama composto da una maglietta e un pantalone) possono riportare una etichetta di composizione globale riferita ad entrambi pezzi.
Il D. Lgs. 194/99 contempla la possibilità di omettere dall’etichetta di composizione di alcune fibre se rientrano nelle tolleranze di seguito riportate:
Articoli |
Tolleranza |
Lana vergine |
Possono essere omesse dall’etichetta le impurità fibrose che non superano lo 0,3 in peso. |
Prodotti tessili |
Possono essere omesse dall’etichetta di composizione le fibre che non superano:
|
Prodotti composti |
Possono essere omesse dall’indicazione in etichetta:
|
2 Per chiarire il concetto di “sistematicità” riportiamo un esempio: una calza realizzata per il 98% da cotone e il 2% di elastan dovrà riportare in etichetta entrambe le fibre poiché l’elastan, pur rientrando nei limiti di tolleranza, è aggiunto in modo sistematico per dare elasticità alla calza.
3 Con il termine cardato si indica un particolare metodo di lavorazione utilizzato per la lavorazione di fibre
discontinue di lunghezza irregolare; i filati e/o tessuti cardati, a differenza di quelli pettinati, presentano un aspetto pelurioso, voluminoso, caldo e vengono normalmente impiegati per la confezione di capi di abbigliamento pesanti come cappotti, giacconi, giacche spezzate ecc.
La composizione percentuale di un tessuto può variare massimo del 3% rispetto ai valori delle analisi condotte sullo stesso, effettuate dal produttore e/o dalle Autorità di controllo nello svolgimento delle loro funzioni; se il valore viene superato si incorre nella fattispecie sanzionatoria relativa alla errata indicazione della composizione (cfr. § 5).
Infine, per i prodotti di seguito elencati è possibile applicare una etichetta di composizione globale apposta sull’imballaggio o sul supporto espositivo, e non direttamente sull’articolo, ma solo se tali prodotti possiedono caratteristiche comuni e fanno parte dello stesso lotto produttivo (cioè sono stati fabbricati in condizioni praticamente identiche).
Il produttore può integrare l’etichetta di composizione con indicazioni utili ad orientare il consumatore sulle caratteristiche del prodotto acquistato. Tali indicazioni sono facoltative e non possono sostituire quelle obbligatorie, relative al responsabile commerciale e alla composizione del prodotto, che devono essere sempre e comunque presenti in etichetta.
Le indicazioni facoltative più diffuse e adottate dagli operatori del settore sono, indubbiamente, quelle relative alla manutenzione del prodotto ed alle caratteristiche di qualità della materia prima e/o del processo produttivo. Il panorama delle indicazioni facoltative è tuttavia molto ampio: ci limiteremo, pertanto, ad illustrare quelle principali e più diffuse sul mercato nazionale e comunitario.
Anche alle indicazioni facoltative si applicano i principi generali in materia di etichettatura, ovvero chiarezza, leggibilità e veridicità delle informazioni.
Sono considerati procedimenti di manutenzione tutti quei trattamenti (domestici o professionali) che servono a mantenere intatto nel tempo il tessuto o il capo di abbigliamento acquistato: ad esempio lavaggio, candeggio, stiratura, asciugatura, e via dicendo.
La Dir. 96/74/CE, che disciplina a livello comunitario le modalità di etichettatura dei prodotti tessili, non entra nel merito dell’etichetta di manutenzione, lasciando a tutti gli Stati Membri la libertà di renderla cogente o meno sul proprio territorio. Il D. Lgs. 194/1999, che recepisce in Italia la Direttiva Comunitaria, non obbliga gli operatori a dare informazioni circa la manutenzione dei capi ‘limitandosi’ a disciplinare le modalità per la sua corretta compilazione.
Tuttavia vista l’importanza delle informazioni che l’etichetta di manutenzione veicola al consumatore, essa è di fatto adottata da tutti gli operatori commerciali ed ampiamente diffusa sulla quasi totalità degli articoli immessi in commercio, non solo in Europa ma anche nel Mondo.
La necessità di conoscere le tecniche di trattamento per la pulizia di un capo è, infatti, importante almeno quanto la sua composizione: esse consentono di mantenerlo più a lungo nel suo aspetto originario e di proteggerlo da eventuali danni irreversibili durante i processi di manutenzione.
Nel predisporre l’etichetta di manutenzione gli operatori si richiamano alle regole stabilite nello standard internazionale UNI EN ISO 3758 “Tessili - Codice di etichettatura di manutenzione mediante segni grafici”.
La ISO 3758 individua i principali processi di manutenzione nel settore tessile - abbigliamento ed i relativi pittogrammi valevoli a livello internazionale, scelti perché facilmente comprensibili in qualsiasi Paese, indipendentemente dalla lingua parlata:
Tabella 2 – Etichetta di manutenzione: i pittogrammi contemplati dalla ISO 3758
Attività di manutenzione |
Definizione |
Pittogramma |
Lavaggio ad umido |
Processo di pulitura degli articoli tessili in bagno acquoso. Include tutte o alcune delle seguenti operazioni, eseguite a mano o in macchina:
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Candeggio |
Processo eseguito in bagno acquoso prima, durante o dopo il lavaggio che richiede l’utilizzo di un agente ossidante in grado di rimuovere sporco e macchie persistenti migliorando nel contempo il grado di bianco. |
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Asciugatura in tamburo |
Processo di asciugatura dopo il lavaggio al fine di rimuovere l’acqua in eccesso, seguito con trattamento in aria calda in tamburo rotante. |
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Asciugatura naturale |
Asciugatura eseguita dopo il lavaggio al fine di rimuovere l’acqua in eccesso per sgocciolamento con o senza strizzatura oppure in piano, al riparo o meno dalla luce solare. |
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Stiratura |
Processo atto a ristabilire forma ed aspetto del capo attraverso l’applicazione appropriata di temperatura, pressione e vapore. |
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I pittogrammi di base riportati in Tab. 2 vengono poi integrati con simboli e/o numeri complementari relativi alle modalità operative da adottare in ciascuna attività di manutenzione.
Tabella 3 – Simboli complementari
Simbolo |
Significato |
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E’ la Croce di Sant’Andrea e, posta sopra un simbolo grafico, sta ad indicare che quel trattamento non deve essere eseguito. |
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La barra sotto la vaschetta o il cerchio indica che il trattamento dovrebbe essere eseguito in modo delicato rispetto allo stesso trattamento con il segno grafico senza barra. |
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La doppia barra sotto la vaschetta o il cerchio indica che il trattamento dovrebbe essere eseguito in modo molto delicato rispetto allo stesso trattamento con il segno grafico senza barra. |
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Indica le temperature del trattamento di lavaggio, asciugatura e di stiratura, da 1 a 6 punti, corrispondente a 30, 40, 50, 60, 70, 95 °C. |
Simboli del lavaggio ad umido (temperature previste 30, 40, 60, 95 °C )
Simbolo |
Significato |
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Lavaggio solo a mano. Non lavare a macchina. Temperatura massima 40°C. Trattare con cura. |
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Non lavare in acqua. Allo stato umido trattare con cura. |
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Lavare alla temperatura massima di 30°C. Ciclo normale. |
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Lavare alla temperatura massima di 30°C. Ciclo delicato. |
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Lavare alla temperatura massima di 30°C. Ciclo molto delicato. |
Simboli del candeggio
Simbolo |
Significato |
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Non candeggiare. |
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Candeggiare solo con prodotti ossidanti privi di cloro. |
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Candeggiare con qualsiasi prodotto ossidante (sodio ipoclorito, perossido di idrogeno, ecc.). |
Simboli dell’asciugatura meccanica
Simbolo |
Significato |
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Non asciugare a mezzo di asciugabiancheria a tamburo rotativo, ovvero centrifuga non ammessa. |
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Asciugare a mezzo di asciugabiancheria a tamburo rotativo ammessa, programma di asciugatura a temperatura ridotta. |
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Asciugatura a mezzo di asciugabiancheria a tamburo rotativo ammessa, programma di asciugatura a temperatura normale. |
Simboli dell’asciugatura naturale
Simbolo |
Significato |
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Asciugatura in posizione verticale, appeso, dopo spremitura e/o centrifuga per eliminare l’acqua in eccesso. |
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Asciugatura del prodotto tessile appeso in posizione verticale , intriso d’acqua, cioè senza spremitura e/o centrifuga . |
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Asciugatura all’ombra lontano dal sole. |
Simboli della stiratura
Simbolo |
Significato |
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Non stirare; la stiratura a vapore ed i trattamenti a vapore non sono ammessi. |
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Temperatura massima della piastra del ferro: 110°C. |
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Temperatura massima della piastra del ferro: 150°C. |
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Temperatura massima della piastra del ferro: 200°C. |
Ad esempio: un capo lavabile a mano, alla temperatura massima di 40°C, senza candeggio e senza centrifuga, e stirabile ad una temperatura della piastra di massimo 110°C, avrà una etichetta di manutenzione predisposta nel seguente tipo:
Ai cinque simboli generali (lavaggio ad umido, candeggio, asciugatura in tamburo, asciugatura naturale e stiratura), possono essere aggiunti quelli relativi al lavaggio professionale a secco o in umido, di seguito riportati:
Simbolo |
Significato |
F |
Lavaggio professionale a secco (utilizzando come solventi gli idrocarburi). |
P |
Lavaggio professionale a secco (utilizzando come solventi gli idrocarburi o percloroetilene). |
W |
Lavaggio professionale in umido. |
E’ consentito aggiungere, anche, indicazioni addizionali che chiariscono ed integrano le istruzioni di manutenzione (es. “lavare separatamente”, “stirare al rovescio”, ecc.).
L’etichetta di manutenzione deve essere applicata direttamente sull’articolo, e in modo tale da risultare difficilmente rimovibile; deve essere realizzata in materiali resistenti ai lavaggi ed a tutti i trattamenti di manutenzione indicati; i pittogrammi, infine, devono essere riportati in grandezza tale da poter essere facilmente leggibili dal consumatore.
Indicare il Paese di origine sull’etichetta dei prodotti tessili e dell’abbigliamento non è una informazione obbligatoria. Ciò nonostante, proprio in virtù dell’immagine che il nostro Paese vanta nel comparto moda, l’indicazione “Made in Italy” è largamente impiegata.
Per l’attribuzione dell’origine, si applicano le regole previste dalla normativa europea doganale la quale stabilisce che il nome del Paese deve corrispondere a quello dove è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale atta a dare le caratteristiche di prodotto nuovo. Ciò vuol dire che una gonna realizzata con un tessuto e una fodera di origine estera, assemblata e confezionata in Italia potrà riportare l’indicazione Made in Italy poiché la fase di lavorazione sostanziale (ovvero la lavorazione del tessuto e della fodera per produrre la gonna) è avvenuta in Italia, sebbene la materia prima sia di provenienza estera.
E’ evidente che la normativa europea doganale non è il migliore strumento per l’attribuzione dell’origine di un prodotto anche se, al momento, è l’unico ad essere condiviso. La Commissione Europea, su impulso delle Associazioni di rappresentanza dei consumatori e soprattutto del nostro Paese, sta lavorando ad una proposta di Regolamento per rendere obbligatoria l’indicazione dell’origine “Made in…” su alcuni prodotti industriali importati da Paesi extra UE tra i quali i prodotti tessili, dell’abbigliamento, calzature, pelli e cuoio. L’intervento va nella direzione di tutelare la competitività delle imprese comunitarie ma anche di difendere gli interessi dei consumatori che devono poter accedere, in maniera trasparente, alle informazioni sull’origine del prodotto scelto.
Con la pubblicazione della Legge 8 aprile 2010, n. 55 è stato istituito un sistema di etichettatura obbligatorio per i prodotti finiti e intermedi nei settori del tessile, pelletteria e calzaturiero: il provvedimento ha l’obiettivo di garantire che l’indicazione “Made in Italy” venga utilizza solo se almeno due delle principali fasi di lavorazione del prodotto sono state realizzate sul territorio nazionale e se, inoltre, l’azienda rispetta una serie di requisiti legati alla tutela del lavoro, la qualità dei prodotti ed al rispetto della normativa ambientale. La legge, una volta emanati i DM attuativi, dovrebbe entrare in vigore entro la fine del 2010.
Nel settore tessile - abbigliamento è molto comune fare uso di marchi di certificazione rilasciati da organismi riconosciuti (a livello nazionale o internazionale) per attestare che il prodotto ha rispettato determinati parametri di qualità e/o metodologie di processo più restrittivi rispetto a quelli previsti dalla normativa cogente.
Riportiamo di seguito i principali e più comuni marchi di certificazione nel settore tessile e abbigliamento, riferiti al prodotto o al processo produttivo:
Tipologia |
Marchio |
Caratteristiche certificate |
Applicazione |
Prodotto |
Pura Lana vergine |
E’ un marchio internazionale, ideato e rilasciato dalla |
Filati e tessuti in lana |
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Woolmark Company, ed attesta, oltre all’esclusiva presenza di fibre di lana provenienti solo dalla tosatura e non recuperate da altri processi industriali, anche requisiti di solidità delle tinte, resistenza alla trazione e irrestringibilità. |
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Prodotto |
Misto Lana vergine |
Anche questo è un marchio ideato e rilasciato dalla Woolmark Company e identifica quei prodotti nei quali la lana vergine è presente in quantità non inferiore al 60% ed è stata miscelata esclusivamente con altra fibra naturale, artificiale o sintetica. |
Filati e tessuti in lana |
Prodotto |
Oeko-Tex Standard
|
E’ un marchio internazionale, ideato e rilasciato dalla Associazione Internazionale Oeko-Tex, ed attesta che il prodotto tessile e le sue materie prime non contengono prodotti chimici e/o sostanze che potrebbero essere nocive per la salute umana; la certificazione viene rilasciata a fronte di analisi di laboratorio su parametri restrittivi individuati dall’Associazione stessa. |
Tessile Abbigliamento |
Prodotto Processo |
Ecolabel
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E’ un marchio comunitario, istituito con il Reg. Ce 1980/00 e recentemente aggiornato dal Reg. Ce 66/2010, ed attesta che:
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Tessile Abbigliamento |
Prodotto Processo |
GOTS (Global Organic Textile standard – Tessile Biologico) |
E’ un marchio internazionale, ideato e rilasciato dal GOTS (Global Organic Textile Standard – Standard Globale del Tessile Biologico), ed attesta che:
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Tessili |
Prodotto Processo |
Serico
|
E’ un marchio nazionale, ideato dal Centro Tessile Serico di Como, e rilasciato a quelle aziende che attestano di:
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Tessili |
Prodotto Processo |
"Aderisce al Progetto Tessile e Salute" |
L'Associazione Tessile e Salute di Biella rilascia l’autorizzazione ha riportare questa indicazione in etichetta alle aziende che, sottoponendosi a specifici controlli, dimostrano di realizzare un prodotto che non contiene sostanze potenzialmente dannose per la salute dell’uomo. |
Tessile Abbigliamento |
Infine in etichetta si possono menzionare indicazioni facoltative che servono a qualificare il prodotto dal punto di vista commerciale. Sono comunemente note come “qualificativi” (diversi da quelli riportati al § 3.2.2) e fanno riferimento a:
I qualificativi devono essere riportati immediatamente dopo l’indicazione della fibra alla quale fanno riferimento.
Tabella 4 – Esempi di corretta etichettatura dei capi
Articolo |
Etichetta corretta |
Etichetta sbagliata |
Gonna in seta con fodera in viscosa |
100% Pura Seta Fodera: 100% Viscosa |
100% Vera Seta Fodera: 100% Viscosa Il termine “Vero/a” non rientra nei qualificativi ammessi dal D. Lgs. 194/99 e pertanto la sua apposizione in etichetta è vietata. |
Maglione in lana e acrilico |
Lana 90% Acrilico 10%
Oppure: Lana minimo 85%
Oppure: Lana 90% Altre fibre 10% |
Lana 90% Fibre varie 10% Il termine “Fibre varie” è ammesso in pochi e ristrettissimi casi, quando è molto difficile determinare la composizione al momento della determinazione.
Pura Lana Vergine 90% Fibre varie 10% Il termine “Puro” è ammesso solo se la fibra rappresenta il 100% del prodotto; il termine “Vergine” associato alla lana è ammesso solo se la fibra non ha subito alcun processo di lavorazione e contiene un quantitativo di altre fibre non superiore allo 0,3% in peso. |
Copricapo in lana, con applicazioni in velluto e fodera in viscosa
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98% Lana Vergine 2% Cotone Fodera: 100% Viscosa
Il termine “Vergine” associato alla lana è ammesso perché la fibra è presente in quantità maggiore al 25% del peso del campo.
Oppure: 100% Lana Fodera: 100% Viscosa
Le applicazioni in velluto (cotone) possono essere omesse in quanto pesano meno del 10% del prodotto finito ed hanno scopo decorativo. |
Lana 98% Cot. 2% Fodera 100% Viscosa
I nomi delle fibre devono essere riportate per esteso ed utilizzando le denominazioni previste dal D. Lgs. 194/99; non sono ammesse abbreviazioni. |
Camicia in cotone, viscosa ed elastane |
Cotone 85% Viscosa 10% Elastane 5%
Oppure: Cotone 85% Altre fibre 15% |
Cotone 85% Viscosa Elastane Le fibre che pesano meno del 10% in peso del prodotto finito, se menzionate devono essere seguite della relativa percentuale
Cotone 85% Viscosa 10% L’elastane non può essere omesso dall’etichetta di composizione perché è presente in quantità maggiore al 2% in peso sul prodotto finito |
L’etichettatura delle calzature e degli articoli di pelletteria è disciplinata a livello comunitario dalla Direttiva 94/11/CE che è stata recepita in Italia con il DM 11 aprile 1996 (e sue successive modificazioni).
Con il termine calzature vengono identificati tutti gli articoli di abbigliamento che proteggono o coprono il piede: dai sandali, la cui superficie esterna è fatta semplicemente di lacci o strisce regolabili, fino agli stivali la cui superficie esterna copre gamba e coscia.
Rientrano nella definizione di calzature, e pertanto sono assoggettati agli obblighi di etichettatura, i seguenti prodotti (Allegato 1 del DM 11/04/96):
Sono invece escluse dal campo di applicazione della normativa riguardante l’etichettatura le calzature usate, le calzature giocattolo e le calzature tecniche, destinate alla protezione individuale (es. calzature atte a prevenire gli scivolamenti, a proteggere una parte del corpo contro sollecitazioni, ecc.).
Per quanto riguarda gli articoli di pelletteria il DM 11/04/96, in attuazione della Direttiva Comunitaria, fissa specifiche modalità di etichettatura dei prodotti in cuoio, la cui definizione è riportata al successivo § 4.2.2.
L’etichetta di una calzatura o di un prodotto in pelle deve obbligatoriamente riportare i riferimenti al produttore, ovvero il fabbricante del prodotto finito stabilito nella Unione Europea o qualsiasi
altra persona che si presenti come tale apponendo sul prodotto il proprio nome, marchio o altro segno distintivo.
Se il produttore non è localizzato nella Unione Europea, i riferimenti devono intendersi al primo operatore commerciale comunitario (es. importatore, grossista, rappresentante, venditore, ecc.).
Per “riferimenti” si intendono il nome (o marchio commerciale) e, facoltativamente, la sede che può essere menzionata anche con l’indicazione del Paese/Nazione.
Sul responsabile commerciale ricade l’onere della corretta predisposizione dell’etichetta mentre sul venditore di calzature quello di esporre nel punto vendita un cartello illustrativo della simbologia adottata per realizzare l’etichettatura, che approfondiamo al paragrafo successivo.
Le calzature e i prodotti in pelle devono essere accompagnati da una etichetta che indica la loro composizione.
Nelle calzature è necessario menzionare, per ciascun componente principale, la tipologia di materiale che costituisce almeno l’80% della superficie; se nessun materiale raggiunge l’80%, l’etichetta deve riportare le informazioni di almeno due dei materiali prevalenti.
Le componenti principali di una calzatura sono (DM 11/04/96):
Componenti principali della calzature |
Descrizione |
Pittogramma identificativo |
Tomaia |
La tomaia è la superficie esterna dell'elemento strutturale attaccato alla suola esterna. Sono esclusi gli accessori (fibbie, occhielli, ecc.) e i rinforzi (bordure, linguette, ecc.). |
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Rivestimento della tomaia e suola interna |
Si tratta della fodera e del sottopiede che costituiscono l'interno della calzatura. |
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Suola esterna |
Si tratta della superficie inferiore della calzatura soggetta ad usura abrasiva e attaccata alla tomaia. |
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I materiali ammessi per la loro composizione sono (DM 11/04/06):
Materiale |
Descrizione |
Pittogramma identificativo a livello comunitario |
Cuoio |
Termine generale per designare la pelle o il pellame di un animale che ha conservato la sua struttura fibrosa originaria più o meno intatta, conciato in modo che non marcisca. I peli o la lana possono essere asportati o no.4 |
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4 Come riportato nel DM 11/04/96, all’Allegato 1:“Il cuoio è anche ottenuto da pelli o pellame tagliati in strati o in segmenti, prima o dopo la conciatura. Se però la pelle o il pellame conciati sono disintegrati meccanicamente e/o ridotti chimicamente in particelle fibrose, pezzetti o polveri e, successivamente, con o senza l'aggiunta di un elemento legante, vengono trasformati in fogli o in altre forme, detti fogli o forme non possono essere denominati «cuoio». Se il cuoio ha uno strato di rivestimento, indipendentemente da come sia stato applicato, o uno strato accoppiato a colla, tali strati non devono essere superiori a 0,15 mm. In questa maniera, tutti i tipi di cuoio sono coperti, fatti salvi altri obblighi giuridici, ad esempio, la Convenzione di Washington. La dicitura “cuoio pieno fiore” si applica alla pelle con grana originaria, ovvero quando l'epidermide è stata ritirata e senza che nessuna pellicola di superficie sia stata eliminata mediante sfioratura, scarnatura o spaccatura.
Cuoio rivestito |
Un prodotto nel quale lo strato di rivestimento o l'accoppiatura a colla non superano un terzo dello spessore totale del prodotto, ma sono superiori a 0,15 mm. |
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Materie tessili |
Materie tessili naturali e materie tessili sintetiche o non tessute. |
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Altre materie |
Altri materiali non compresi delle fattispecie precedentemente indicate. |
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Le informazioni relative alla composizione dei materiali devono essere riportate utilizzando esclusivamente i pittogrammi previsti dalla normativa; non sono ammesse modalità differenti.
Pertanto, l’etichetta di una calzatura realizzata interamente in cuoio sarà:
L’etichetta di una calzatura realizzata con tomaia in cuoio, rivestimento della tomaia e suola interna in cuoio e materiale tessile, e suola esterna in cuoio, sarà:
Nei prodotti di pelletteria realizzati in cuoio (es. cinte, borselli, portafogli, ecc.) si applicheranno esclusivamente in pittogrammi relativi al cuoio.
Il produttore può integrare le indicazioni obbligatorie relative alla composizione con ulteriori informazioni che possono orientare il consumatore sulle caratteristiche di qualità dell’articolo acquistato.
E’ bene ricordare che le informazioni facoltative non possono sostituire quelle obbligatorie, relative al responsabile commerciale ed alla composizione del prodotto, che devono essere sempre e comunque presenti in etichetta.
Infine, anche alle indicazioni facoltative si applicano i principi generali in materia di chiarezza, leggibilità e veridicità delle informazioni riportate che abbiamo precedentemente illustrato.
Il fabbricante di suole, come previsto dal DM 11/04/96, può specificare in etichetta l’origine italiana del prodotto apponendo la dicitura “suola prodotta in Italia” esclusivamente nella parte interna della suola stessa.
Per quanto riguarda l’indicazione dell’origine del prodotto complessivo, sia esso calzatura o articolo in pelle, si rimanda a quanto illustrato per i prodotti tessili e dell’abbigliamento al § 3.3.2.
Rientrano in questa categoria i marchi di certificazione rilasciati da organismi riconosciuti (a livello nazionale o internazionale) per attestare che il prodotto ha rispettato determinati parametri di qualità e/o metodologie di processo più restrittive rispetto a quelle previsti dalla normativa cogente.
Riportiamo di seguito alcuni marchi di certificazione nel settore delle calzatura e della pelletteria:
Tipologia |
Marchio |
Caratteristiche certificate |
Applicazione |
Prodotto |
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Sono due marchi volontari, rilasciati dal Consorzio vero cuoio italiano. "Vero Cuoio" garantisce al consumatore che il materiale su cui è impresso è cuoio; "Vero Cuoio Italiano" garantisce il cuoio di qualità superiore, conciato con estratti di origine vegetale e prodotto in Italia unicamente dalle concerie aderenti al Consorzio Vero Cuoio. |
Calzature Pelletteria |
Prodotto |
Oeko-Tex Standard
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E’ un marchio internazionale, ideato e rilasciato dalla Associazione Internazionale Oeko-Tex, ed attesta che il prodotto e le sue materie prime non contengono prodotti chimici e/o sostanze che potrebbero essere nocive per la salute umana; la certificazione viene rilasciata dopo analisi di laboratorio condotte a fronte di parametri restrittivi individuati dall’Associazione stessa. |
Pelletteria |
Prodotto Processo |
"Aderisce al Progetto Tessile e Salute" |
L'Associazione Tessile e Salute di Biella rilascia l’autorizzazione a riportare questa indicazione in etichetta alle aziende che, sottoponendosi a specifici controlli, dimostrano di realizzare un prodotto che non contiene sostanze potenzialmente dannose per la salute dell’uomo. |
Calzature Pelletteria |
Prodotto Processo |
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Il Consorzio Vera Pelle italiana Conciata al vegetale ha istituito un marchio di certificazione per valorizzare i prodotti delle aziende che adottano processi di concia in grado di conferire elevata qualità al prodotto e che sono a basso impatto ambientale. |
Pelletteria |
I controlli sull’etichettatura e composizione dei prodotti del comparto moda vengono svolti a livello nazionale e comunitario.
A livello nazionale l’attività di controllo fa capo al Ministero dello Sviluppo Economico (DG Mercato, concorrenza, consumatori, vigilanza e normativa tecnica) il quale, per le attività di vigilanza, si avvale principalmente delle Camere di Commercio, Guardia di Finanza, Agenzia delle Dogane (con particolare riferimento ai prodotti importati) e Forze di Polizia.
La vigilanza viene svolta presso i laboratori di produzione, i magazzini ed anche i punti vendita, e si esplica attraverso la verifica dei contenuti dell’etichetta e della composizione dichiarata avvalendosi, per quest’ultima attività, dei laboratori di analisi autorizzati dal Ministero stesso.
Le fattispecie sanzionatorie relative all’etichettatura dei prodotti tessili e dell’abbigliamento sono di seguito riepilogate (D. Lgs. 194/99):
Settore |
Fattispecie |
Sanzione pecuniaria |
Tessile Abbigliamento |
Etichetta non corrispondente alla reale composizione del prodotto. |
Da € 1.032,00 a € 5.164,00. Ritiro del prodotto dal commercio |
Vendita di prodotti tessili senza etichetta oppure etichetta compilata in modo scorretto (non corretta indicazione delle fibre, ordine percentuale non decrescente, presenza di abbreviazioni, ecc.). |
Da € 103,00 a € 3.098,00. Ritiro del prodotto dal commercio |
Nel comparto calzaturiero non è previsto un vero e proprio regime sanzionatorio, ma esclusivamente il ritiro del prodotto dal mercato in caso di mancata applicazione o errata predisposizione dell’etichetta.
Tutte le sanzioni si applicano esclusivamente al responsabile commerciale (produttore e/o all’importatore) e, se dal caso, al venditore.
I consumatori possono segnalare direttamente alle Camere di Commercio del loro territorio o al Ministero dello Sviluppo economico la presenza in commercio di prodotti non correttamente etichettati.
A livello comunitario la Commissione Europea ha istituito il RAPEX – Rapid Alert System for non- food consumer products - un sistema di allarme rapido che facilita lo scambio di informazioni tra i Paesi Membri e la Commissione riguardanti le misure restrittive da intraprendere nel commercio di prodotti potenzialmente dannosi per la salute dei consumatori.
COME FUNZIONA IL SISTEMA RAPEX
Quando un prodotto (ad esempio un giocattolo, un cosmetico, un prodotto tessile o di abbigliamento, ecc.), viene considerato pericoloso, l'Autorità nazionale competente di ciascuno Stato Membro interviene per prendere misure appropriate per eliminare il rischio. L’Autorità nazionale competente (nel nostro caso il Ministero dello Sviluppo Economico) informa la Commissione europea (Direzione generale per la Salute e la tutela dei consumatori) sul prodotto e sui rischi che esso comporta per i consumatori, nonché le misure adottate nel Paese per evitare la sua commercializzazione. La Commissione europea, valutata la fondatezza delle informazioni, le diffonde attraverso RAPEX ai punti di contatto nazionali di tutti gli altri paesi dell'UE affinché prendano
provvedimenti analoghi. A tale scopo report settimanali su segnalazioni di prodotti pericolosi, e le relative misure adottate per eliminare i rischi, sono pubblicate anche su Internet (http://ec.europa.eu/consumers/dyna/rapex/rapex_archives_en.cfm). Acquisita l’informativa, le Autorità Nazionali degli altri Stati membri prendono misure per eliminare il rischio, richiedendo che il prodotto sia ritirato dal mercato
Nel corso del 2009 l’Italia ha segnalato alla Commissione Europea, attraverso il sistema RAPEX, alcuni prodotti del comparto moda che presentavano potenziali rischi per i consumatori. Tra questi, ad esempio, un lotto di calzature provenienti dalla Cina che contenevano un elevato livello di dimethylfumarate (DMF): la sostanza è fortemente irritante se viene a contatto con la pelle e per questo, con una Decisione della Commissione del 2009 (numero 215), è stata bandita dai prodotti destinati ad essere utilizzati dai consumatori dell’Unione. Il prodotto è stato ritirato dal mercato italiano ed i riferimenti al numero di partita sono stati comunicati a tutti gli altri Paesi Membri, attraverso il sistema Rapex, al fine di procedere alle eventuali azioni di ritiro (di seguito le immagini del prodotto ritirato).
Per quanto riguarda, invece, pratiche commerciali scorrette relative alla pubblicità dei prodotti del comparto moda, l’Autorità di Riferimento è l’Autorità Garante per la Concorrenza sul Mercato (AGCM).
L’Autorità Garante per la Concorrenza sul Mercato, meglio nota come Antitrust, è un’istituzione pubblica indipendente dal Governo, istituita nel 1990, che agisce per la tutela della concorrenza tra imprese e tra imprese e consumatori. Tra le competenze dell’Antitrust vi è anche la lotta alla pubblicità ingannevole a danno del consumatore; in questo campo l’Antitrust interviene attraverso la conduzione di ispezioni, realizzate in collaborazione con la Guardia di Finanza, o anche attraverso segnalazioni esterne inoltrate da cittadini. In caso di accertamento della violazione l’Antitrust interviene anche commisurando sanzioni pecuniarie (l’elenco delle decisioni adottate dall’Antitrust in materia di pratiche commerciali e pubblicità ingannevole nel comparto moda è consultabile al sito internet http://www.agcm.it/).
Dal novembre 2007 è possibile contattare il numero verde dell’Antitrust (800166661) per segnalare comportamenti scorretti di aziende o negozi. A queste segnalazioni, laddove si riscontrassero profili effettivamente rilevanti ai sensi della normativa vigente, faranno seguito specifici approfondimenti istruttori da parte degli uffici del Garante. Il servizio rientra nelle iniziative adottate dall’Antitrust a seguito dell’entrata in vigore dei due decreti legislativi che ne hanno ampliato competenze e poteri in materia di pubblicità ingannevole e pratiche commerciali scorrette (tra le principali novità, la possibilità di aprire un’istruttoria d’ufficio, il rafforzamento dei poteri ispettivi anche con l’ausilio della Guardia di Finanza e l’aumento delle sanzioni, il cui tetto massimo è passato da 100.000 a 500.000 euro).
Fonte: http://www.br.camcom.gov.it/sites/default/files/guida_etichettatura_moda_rev00.pdf
Sito web da visitare: http://www.br.camcom.gov.it
Autore del testo: La presente Guida al Consumo è stata realizzata dall’ISFORES, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Brindisi, con la collaborazione di Dintec – Consorzio per l’Innovazione Tecnologica.
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