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“ La mente è tanto accuratamente modellata dal corpo e destinata a servirlo che dal corpo può scaturire una sola mente. Se non c’è corpo non c’è mente. Per ogni corpo mai più di una mente.” Damasio
Apprendere facendo nel senso che il miglior apprendimento avviene quando si fa e cioè quando si prova a fare. Bambini e adulti imparano meglio e di più quando provano con le loro capacità psicofisiche ciò che devono apprendere. Con i bambini piccoli la migliore strategia per favorire l’apprendimento è il gioco perché permette il coinvolgimento di aspetti decisivi quali il corpo e i vissuti emotivi. Allo stesso momento il gioco è la miglior strategia che il genitore o l’educatore può utilizzare per trarre delle valutazioni adeguate sulle attitudini e sulla personalità dei bambini. Nel giocare è insito il coinvolgimento del corpo e delle emozioni. Tutto l’apprendimento è colorato e influenzato dalle dinamiche emotive. Quando il bambino gioca va incontro a novità e quindi a nuove percezioni. Per lui, come anche per gli adulti che assimilano apprendimenti, non esiste prima una percezione, che in seguito viene dipinta con un’emozione: il fatto stesso di andare incontro al mondo, e cioè la percezione, possiede già di per sé una forma emotiva intrinseca. Non può esistere percezione senza componente emotiva. Anche per il genitore o educatore che osserva il bambino per conoscerlo e quindi apprendere nuove cose la dimensione emotiva diventa influenzante. “Risulta molto difficile osservare gli eventi senza attribuire loro qualcosa dei nostri sentimenti” Wallon. Quindi non esiste apprendimento senza il coinvolgimento delle emozioni ed inoltre le emozioni stesse sono le responsabili delle nostre decisioni.
“Le emozioni sono parte integrante dei processi del ragionamento e della decisione nel bene e nel male.” Damasio
Numerosi studi dimostrano che bambini nei primi mesi di vita presentano una gamma di emozioni simili a quelle dell’adulto. Il concetto di base è che se non c’è corpo non c’è mente nel senso che nella formazione della mente devono per forza essere coinvolti il corpo e le emozioni. Questo perché la formazione della mente è fatta di apprendimenti che rimangono stabili nel tempo in quanto si sono creati nel bene e nel male collegati ad un’emozione. Dico nel bene e nel male perché anche i traumi e le fobie sono apprendimenti stabili legati ed emozioni negative. Quindi quando parliamo di apprendimento non possiamo esimerci di coinvolgere le emozioni. Quante poesie o pagine di storia abbiamo studiato e memoria e non ricordiamo più, mentre ci ricordiamo del primo gol fatto con la nostra squadra di quartiere, o dei compiti scolastici fatti con partecipazione e motivazione. Le emozioni hanno etichettato quei apprendimenti e li hanno resi stabili.
Tramite nuove percezioni intersecate con nuove emozioni i bambini si creano i propri modelli cognitivi e cioè si creano una forma mentis con cui guardare e affrontare il mondo. “i modelli cognitivi sono creati dagli esseri emani e in questo senso sono idealizzati: sono cioè astrazioni. Essi dipendono tuttavia dalla formazione di immagini come risultato dell’esperienza sensoriale e dipendono anche dall’esperienza cinestesica, la relazione tra il corpo e lo spazio. Quel che è importante cogliere è che i modelli cognitivi idealizzati implicano incorporamento concettuale e questo si realizza mediante attività del corpo prima del linguaggio.” Edelman
Vista questa premessa diventa fondamentale per insegnanti e genitori proporre dei modelli educativi improntati sul fare. Ad esempio ci sono diversi modi di proporre un’attività ludica o un nuovo gioco. L’adulto può scegliere di preparare il gioco, di spiegare ogni minimo particolare, di predisporre tutta l’attività evitando successive preoccupazioni al bambino. Oppure può scegliere di dare delle indicazioni generali, delle regole molto semplici e precise e fornire semplicemente il materiale per giocare. In questa seconda proposta il bambino deve rispettare poche e semplici parametri (spazio, tempo, regole sociali…) e può iniziare a fare. E’ chiaro che questo tipo di apprendimento crea dei problemi, ma se i nostri bambini hanno iniziato a giocare così da piccoli ciò provocherà quel livello equilibrato di frustrazione che li permetterà di produrre un adeguato livello di energia per superare la difficoltà e soprattutto trovare motivazioni per superare le successive difficoltà che arriveranno. Un modello e metodo educativo straordinario che permette nello stesso tempo la possibilità della scoperta, della libera iniziativa, e dove le emozioni diventano protagoniste. Il bambino e le sue emozioni diventano protagoniste del gioco e lui diventa l’artefice di tutto quello che succede. Dovrà pagare il prezzo di alcuni fallimenti, ma questo fa parte di tutta la strategia metodologica intenta a fornire al bambino strumenti operativi fondamentali quali l’autosufficienza, autocontrollo e capacità di gestione delle emozioni. Inoltre imparerà gradualmente a relazionarsi con il nuovo e con la scoperta. I bambini imparano a conoscere le loro risposte emotive e imparano a modularle a seconda del contesto. Il gioco e di conseguenza l’apprendimento basato su prove ed errori e sulla libera sperimentazione permette il contatto con nuove percezioni ed emozioni in maniera graduale. Questo diventa un esercizio utilissimo nell’imparare a modulare le proprie risposte emotive.
In questo inizio di terzo millennio può capitare di lasciare un gruppo di bambini in uno spazio dove e possibile giocare, ma molto spesso i bambini stessi sono carenti di spirito di iniziativa e da soli sono in difficoltà a dare struttura ed organizzazione ai loro giochi. Sono troppo abituati ad attendere le indicazioni ed il comando degli adulti e non riescono ad iniziare. Solitamente si dividono in sottogruppi e ognuno gioca in maniera disordinata spesso non divertente. Quindi bisogna “allenare” i bambini alla creatività e allo spirito di iniziativa. Per scendere nella pratica se disponiamo di uno spazio all’aperto o di una palestra e di un gruppo di bambini di 4 – 5 anni disponibili a giocare, l’adulto, educatore o genitore che sia, deve proporre l’attività, dare le regole, ma poi lasciar viaggiare liberi i bambini con la fantasia. Basta disporre di materassini, cuscinoni, birilli e mattoni di plastica e materiale del genere per creare un contesto utile all’apprendere facendo. L’adulto deve dare poche informazioni e regole, ma precise. Innanzitutto chiarire l’importanza delle due fasi, quella della costruzione e della preparazione e quella del gioco vero e proprio. Presentato il materiale si invitano i bambini a costruire un castello, una grotta un bosco un parco giochi….. le regole sono fino allo stop siamo nella fase di costruzione e si lavora soltanto per preparare il gioco senza disturbare il lavoro dei compagni. Nella seconda fase si può giocare liberamente su quello che è stato costruito. Con questa semplice proposta abbiamo stimolato ed allenato la creatività e la libera iniziativa, il confronto con la difficoltà e il conseguente tentativo di risoluzione, il rispetto degli spazi e degli altri. Il gruppo dei bambini si troverà, ognuno con le proprie capacità a modellare il gioco come meglio ritiene tenendo conto che anche gli altri hanno diritto al loro spazio. L’adulto non dirige il gioco, ma funge solo da controllore che garantisce la buona riuscita dell’attività e richiama e guida quelli che rimangono più indietro o interferiscono con lo svolgimento del tutto.
Si possono inserire diverse varianti al gioco: per esempio si può incaricare un bambino di diventare il direttore dei giochi o semplicemente solo della costruzione del gioco. Questo è molto utile in diverse situazioni, per esempio quando abbiamo un bambino/a con una personalità molto spiccata e tende a volersi differenziare dagli altri e quindi può tendere spesso a rifiutarsi di giocare. In questo caso incaricandolo con ruoli del tipo “direttore dei giochi” “costruttore” , “controllore” o “assistente del maestro” si può sentire responsabilizzato in maniera diversa e magari trovare la sua giusta collocazione. Appunto quando dei bambini/e non giocano e non partecipano all’attività non è buona idea forzare i tempi, ma attendere e proporre dei ruoli diversificati può essere molto producente, e molto spesso saranno loro stessi a proporlo o proporsi.
“Che cosa è un’idea? E’ un’immagine che si dipinge nel mio cervello.” Pascal
“Chiudi gli occhi e guarderai. Spezza i tuoi muri e costruirai. Impara ad attendere e allora andrai. Lasciati cadere e in piedi starai” Kempter
Con il corpo è anche possibile imparare a conoscere lettere, parole, forme, colori…… Un gioco molto interessante con bambini di 3-4 anni è quello di disegnare su un foglio alcune lettere dell’alfabeto e invitarli a riprodurle con il coro corpo. Lasciamo liberi i bambini di interpretare come meglio credono. Riprodurranno la O con le loro braccia o con il corpo intero a terra, la T aprendo le braccia, la Z inginocchiandosi a terra. La stessa cosa si può fare con le forme e cioè “riproduciamo con il nostro corpo un cubo, una sfera, una piramide. Si possono invitare anche i bambini a fare il gioco a coppie oppure in gruppo Questo gioco permette una enorme presa di coscienza perché il corpo diventa protagonista insieme al divertimento e quindi ogni nuovo esperienza verrà etichettata (marcatore somatico) da un’emozione positiva che permetterà stabilità e chiarezza dell’apprendimento.
Solitamente la nostra scuola fa acquisire questi nuovi apprendimenti in classe, da seduti, ma in quel contesto sono coinvolti solo alcuni aspetti. Nell’attività ludica e quindi motoria sono coinvolti numerosi aspetti a partire dagli aspetti sensoriali, fino alla vasta gamma di emozioni che vanno a “colorare” l’apprendimento rendendolo stabile.
Allora un maestro disse: Almitra parlaci dell’Insegnamento.
Ed egli disse:
Nessuno può rivelarvi se non quello che già cova semi addormentato nell’albore della vostra conoscenza.
Il maestro che passeggia all’ombra del tempio, tra i seguaci, non elargisce la sua saggezza, ma piuttosto il suo amore e la sua fede.
Se egli è saggio veramente, non vi offrirà di entrare nella casa della propria sapienza; vi condurrà fino alla soglia della vostra mente.
L’astronomo può parlarvi di come intende lo spazio, ma non può darvi il proprio intendimento.
Il musicista può cantarvi il ritmo che è dovunque nel mondo, ma non può darvi l’orecchio che ferma il ritmo, né la voce che gli fa eco.
Perché la visione d’un uomo non può prestare le sue ali a un altro uomo.
Gibran
COSA FARE CON I BAMBINI CHE NON VOGLIONO PARTECIPARE ALL'ATTIVITA'
Ogni volta che avviciniamo un nuovo gruppo alla nostra attività psicomotoria, ci saranno difficoltà nuove, anche e soprattutto con dei bambini che non vorranno partecipare. La sensibilità, l'esperienza e l'intuizione dell'educatore sono gli elementi migliori per risolvere queste situazioni , perché ogni contesto è diverso da un altro e ogni bambino è unico.
Proverò a dare delle indicazioni generali che spesso si sono rivelate utili. Quando si inizia un'attività, ci sarà qualche bambino che non vorrà giocare, piange o si nasconde dietro la gonna della madre o i pantaloni del padre. Cosa buona è non prestare particolare attenzione alla situazione e no invitare immediatamente il bambino a giocare. E' sempre buona idea invitarlo a diventare spettatore dell'attività, magari allontanandolo qualche metro dal genitore e facendolo sedere da solo vicino ai bambini che giocano. Per i primi giochi è meglio ignorarlo e considerarlo un semplice spettatore, poi gradualmente , possiamo chiedergli di diventare il nostro assistente o di fare l'arbitro. Molto spesso, i bambini che non vogliono partecipare all'attività sono soliti anche non partecipare alle normali attività di gruppo della scuola materna, il più delle volte perché impersonano il ruolo dell'"anticonformista": intendo dire che si trovano a loro agio nei ruoli che si trovano in antitesi all'attività che stanno svolgendo gli altri. Questo avviene non perché questi bambini sono asociali, ma perché vivono alcune piccole paure e insicurezze forse causate da qualche vissuto precedente, e quindi si trovano sicuri e protetti in questi ruoli antagonisti. Perciò quasi sempre questi bambini accettano questi incarichi di responsabilità (assistente o arbitro), perché assomiglia al ruolo che avevano impersonato in precedenza: non si devono immergere in mezzo agli altri, non devono dividere spazi, oggetti o compiti con gli altri, ma comunque per adesso partecipano all'attività. Poi il passo sarà breve, e starà sempre a noi educatori l'accortezza di investirli di ruoli responsabilizzanti e di leadership.
MATERIALE
Fischietto, cinesini rigidi, birilli, piccoli ostacoli, materassi grandi e piccoli, cerchi, bastoncini, fazzoletti di stoffa 40 cm. x 40 cm., palloncini di gomma, palline da tennis, palle da ritmica, palloni di grandi dimensioni, asse di equilibrio, appoggi baumann, scalette e spalliere da poter usare distese per terra…..
Parole chiave: gioco, corpo, divertimento, ritmo, sensazioni, creatività, mimica, vissuti, consapevolezza, apprendimento libero, respiro, rilassamento, emozioni, paura, riso, fantasia.
PROPOSTA DI ATTIVITA'
Programmare e monitorare
Assume importanza fondamentale nella nostra attività l'opera di programmazione e di verifica. A seconda dell'ambiente, del materiale e del tempo che abbiamo a disposizione dobbiamo preparare un programma del nostro lavoro che possa diventare una traccia da seguire, caratterizzata da elasticità e che preveda la possibilità di modificazione strada facendo. La programmazione riguarda gli aspetti che più vogliamo trattare e soprattutto la serie di obiettivi che ci proponiamo di raggiungere, che possono essere di tipo specifico, quali il miglioramento di determinate capacità motorie, ma anche di tipo sociale e relazionale.
Accanto all' opera di programmazione è fondamentale un opera di verifica e monitoraggio. Intendo sottolineare l'importanza di scrivere sempre dopo il lavoro ciò che è successo, le nostre impressioni, e le nostre proposte di variazione; ciò svolge una fondamentale azione di "feed-back" in noi educatori, in quanto dall'esperienza passata possiamo trarre informazioni e strumenti per modificare e migliorare il lavoro futuro.
Infine operando con la fascia di età delle scuole materne, e cioè con bambini tra i 3 e i 6 anni, si potranno proporre due situazioni differenti. Nel primo caso avremmo dei gruppi misti in quanto all'età e dovremo programmare e lavorare con attività che siano idonee per un bambino di tre anni e per uno di sei anni. Nel secondo caso, e saremmo più fortunati, potrebbe presentarsi la possibilità di avere bambini tutti dello stesso anno di nascita. Questa situazione facilita assai il nostro compito e semplifica l'attività di programmazione.
La prima lezione
All'inizio della prima lezione è buona abitudine fare una presentazione di noi stessi e dell'attività che sarà svolta: disponiamo i bambini seduti in semicerchio davanti a noi anche a terra, in modo che tutti possano vederci; presentiamoci solo con il nostro nome di battesimo e anche con l'appellativo di "maestro dei giochi". Diciamo ai bambini che per tutto il tempo che staremo insieme giocheremo e alla fine del corso ci sarà un "saggio" dove i genitori, i nonni, i fratelli, le sorelle… ci potranno venire a vedere e potranno constatare quanti nuovi giochi ed esercizi abbiamo imparato. Diciamo in maniera un po’ autorevole ai bambini che ci sono nella nostra attività delle regole da rispettare, come per esempio ascoltare e fermarsi quando il maestro dice stop o usa il fischietto, rispettare le regole di ogni singolo gioco…… Subito dopo facciamo presentare i bambini in maniera molto dinamica: per esempio un bambino alla volta pronuncia a voce alta il proprio nome. Se qualche bambino un po’ più timido non dice il suo nome….non importa…..ce lo dirà più tardi quando vorrà lui!!! In seguito potremo iniziare la lezione; facciamo in modo che questa fase introduttiva sia breve, perché i bambini non ascolteranno per lungo tempo le nostre parole e saranno subito pronti per iniziare a giocare. Occasionalmente durante l'attività facciamo fermare i bambini e chiediamo: "Vi siete divertiti in questo gioco?" "Il vostro maestro è un po’ sordo…., potete ripetere? Vi siete divertiti????" In questo modo anche i bambini più timidi tireranno fuori la loro voce che si mischierà con le grida di tutti gli altri.
Le Attività
In questa sezione del libro sono presentate le attività, i giochi e le esercitazioni. Vengono fornite al lettore soprattutto delle indicazioni base per poter organizzare e attuare il lavoro; infatti le varie proposte di azione sono molto generali, affinchè possano essere adattate al contesto e l'educatore possa inserire le modifiche e le variabili che ritiene opportune alla sua situazione.
Io divento…….
Il mio corpo e gli oggetti
Questo tipo di attività ha 2 aspetti molto importanti:
Mi muovo sulla fantasia
Io Muratore
Perché cado?
Aiutiamoci e socializziamo
- Avremo un pallone enorme, anche di 2 metri di circonferenza, molto leggero, e lo faremo sollevare contemporaneamente da tutti i bambini; prima lo dovranno soltanto tenere in equilibrio , poi, sempre cooperando, lo dovranno portare da una parte all'altra della palestra. I bambini si ritroveranno tutti stretti sotto il pallone gigante con le braccia in alto, nel tentativo di non farlo cadere. Quando invitiamo i bambini a sollevare o spostare il pallone, non diamogli consigli o indizi, ma lasciamoli cooperare nella ricerca della soluzione migliore. Possiamo fare la stessa cosa con il materassone.
-Occupare tutto lo spazio della palestra e al segnale dell'allenatore abbracciarsi tutti insieme, opp. abbracciarsi a gruppi di 4 o 3 o a coppie. Oppure distribuire ai bambini in egual numero fazzolettini rossi e verdi, poi al segnale ognuno abbracci un altro bambino con il fazzoletto dello stesso colore, oppure con il colore diverso…. Ogni volta bisogna cambiare compagno e nel moneto dell'abbraccio bisogna pronunciare prima il proprio nome e poi quello del compagno.
-A coppie dentro un cerchio: trasportare il cerchio tenendolo all'altezza del bacino senza utilizzare le mani.
-A gruppi di tre: trasporto del compagno a seggiolino
-2 squadre con un materassino ciascuna. Ogni squadra deve trascinare il materassino sul quale si trova il compagno fino ad una zona prestabilita. (cambio di ruolo)
-A squadre: ogni squadra deve far passare tre materassini leggeri arrotolandoli in 5 cerchi.
-A coppie: 3 ceppi Baumann a disposizione. Un compagno cammina sopra i cerchi, l'altro li sposta per permettere la traslocazione. Si può fare gareggiando contro altre coppie. Per aumentare la difficoltà il bambino che cammina sui ceppi può trasportare un cerchio, un pallone o addirittura una palla zavorrata.
Io Atleta
Mini gare di discipline inerenti all'atletica leggera: disporre un tragitto per la rincorsa e un tappeto di arrivo per il salto in lungo. Piccolo filo di lana per il salto in alto e arrivo sul materasso, gare di corsa veloce o corsa prolungata. Lancio della palla (palla leggera), corsa ad ostacoli con mini ostacoli, corsa a slalom……
Il mio corpo si allunga
Mini sedute di allungamento muscolare. Riproporre i più classici esercizi di stretching in maniera semplice e portare l'attenzione dei bambini sull'allungamento dei loro muscoli.
Mi muovo sui mie piedi
Esercizi sui vari tipi di corsa per il migliorare la conoscenza e la sensibilità dei propri piedi. Proporre ai bambini una vasta gamma di tipi di corsa. Correre sulle punte, sui talloni, su tutta la pianta, a ginocchia alte, calciare dietro, a gambe tese avanti, gambe tese dietro…..
Conosco il mio dorso
Esercizi: Strisciare supini sul pavimento; a coppie alternatamente ci si tocca le varie parti del dorso, supini, inserire una piccola pallina tra il dorso e il pavimento e muovere il corpo per farla rotolare. Gioco. Tutti i bambini hanno un fazzoletto inserito sul collo della maglietta che scende sulla schiena, ogni bambino deve cercare di rubarlo al compagno.
Conosco i colori
I bambini sono in mezzo alla palestra: a terra a sinistra hanno i cerchi gialli, a destra i cerchi rossi e dietro quelli verdi. L'educatore ha in mano tre oggetti, uno giallo, uno rosso, e uno verde, ed a seconda dell'oggetto che solleva in alto i bambini si devono dirigere verso i cerchi dello stesso colore. Quando avranno preso sicurezza solo chiamando i colori ed aumentandone la varietà.
Vinco la paura
Disponiamo un materassone alto sotto una spalliera a muro. Facciamo arrampicare i bambini sulla spalliera e poi tuffarsi nel materassone. All'inizio con la possibilità di guardare nella direzione dove ci si tuffa, poi voltando le spalle al materassone lasciandosi cadere con il dorso. Dopo alcune prove invitiamo i bambini a pronunciare il proprio nome ad alta voce mentre si lanciano. L'educatore deve sempre stare ben vicino ai bambini per evitare che cadano male e si lancino di testa.
IL Faro
L'insegnante (faro) si munisce di cartoncini colorati. I bambini si muovono liberamente per la palestra, quindi abbinare ad un colore un esercizio; es. se l'insegnante alzerà il cartoncino giallo i bambini dovranno fare un piegamento di gambe, poi gradualmente inserire gli altri colori abbinati a nuovi esercizi…… il rosso con una capovolta….il verde con un salto….
Lo stesso esercizio può essere fatto stimolando il recettore acustico. Quando l'insegnante batte il tamburello saltare su un piede solo, quando batte 2 volte il tamburello saltare a piedi pari, quando batte le mani correre e quando fischia sedersi a terra…….
Il Gioco delle Code
Ad ogni bambino viene applicata una coda dietro la schiena (una striscia di stoffa viene infilata sotto l'elastico dei pantaloni e deve sventolare fuori per almeno 30 cm. Al via ognuno deve cercare di "strappare" il maggior numero di code ai compagni per accumulare punti, ma deve contemporaneamente guardarsi da tutti per non farsi rubare la propria, in quanto perderebbe punti. Stabiliamo un tempo e il bambino che ha totalizzato più punti vince.
W il ritmo
Intelligenza visiva
Le parole e il linguaggio non sembrano avere alcun ruolo nel mio meccanismo di pensiero. Casomai, il mio pensiero consiste di immagini
Einstein
L’intelligenza visiva è la capacità che l’essere umano ha di pensare per immagini. L’Intelligenza visiva comprende diverse abilità specifiche che vengono definite capacità di visualizzazione. Si possono infatti visualizzare diverse esperienze relative ad uno o più canali sensoriali (vista, tatto, udito, olfatto, gusto, propriocettività e cenestesia spiega in una nota). Di conseguenza esistono capacità di visualizzazione visiva, uditiva, olfattiva, gustativa, propriocettiva e cenestesica). Ogni individuo ha delle competenze diverse, migliori o peggiori in ognuna di queste diverse capacità. Individui con una buona padronanza della capacita di visualizzazione visiva non è detto che siano altrettanto abili nella visualizzazione uditiva o tattile.
Un pittore probabilmente possiederà un’ottima capacità di visualizzazione visiva, un musicista uditiva, un sommelier olfattiva e gustativa e un’atleta propriocettiva. Ogni individuo può utilizzare il proprio occhio della mente per pensare in base alle proprie attitudini e abitudini. L’occhio della mente e cioè quell’ abilità cognitiva legata all’immaginazione, visualizzazione e interpretazione di immagini. Tramite questa abilità è possibile fare effettivamente esperienze di conoscenza del mondo in maniera più approfondita e con continuità nel tempo. Quando parlo di esperienza del mondo intendo anche del proprio mondo interno, e cioè questa abilità permette la formazione di un immagine mentale del proprio corpo (schema corporeo) che si muove e che esegue determinati gesti (schema motorio), il tutto in una continua dinamicità, fluidità e trasformazione. Infatti un’ immagine del proprio corpo non è per sempre, ma le innumerevoli attitudini dell’Intelligenza Visiva permettono un continuo rimodellamento e ristrutturazione.
Tutte le volte che si pensa al concetto di “pensiero”, si pensa al “pensiero attraverso il linguaggio” e cioè le parole. La Scuola, il mondo del lavoro e la cultura occidentale esaltano questo tipo di capacità e di interpretazione. Però la mente possiede altre importantissime capacità non strettamente legate al linguaggio, le quali sono molto spesso meno considerate e quindi meno “allenate” rispetto all’intelligenza verbale. Immagini, colori, suoni, sensazioni le più svariate possibili diventano la chiave di ingresso per apprendimenti quotidiani. Fin dai primi mesi di vita, attraverso la percezione, il bambino piccolo può sperimentare queste sensazioni e immaginazione e visualizzazione sono i primi strumenti che utilizza per crearsi i primi apprendimenti. Tutto questo molto prima che l’aspetto verbale cominci a diventare guida e strumento di perfezionamento delle strutture intellettive. Ecco che nasce il concetto di “pensiero attraverso le immagini”.
Purtroppo la nostra cultura e il sistema scolastico occidentale hanno indirizzato l’apprendimento nella direzione di un’iperverbalizzazione e cioè siamo stimolati a pensare attraverso le parole piuttosto che attraverso le immagini. Ma il pensiero dall’inizio ha viaggiato tramite le immagini e poi tramite le parole. Questa è una forzatura che purtroppo ci limita assai nelle possibilità della nostra mente. La scuola tende ad uniformare l’apprendimento usando poco la sensorialità a discapito di un apprendimento sterile legato spesso solo alla pronuncia delle sillabe, alla ripetizione mnemonica di strofe, a conteggi privi di significato. Quindi questa abilità intellettiva è strettamente collegata alla “capacità di visualizzazione”: questo tipo di capacità può essere differenziata in funzione delle esperienze percettive, sensoriali e propriocettive che tenta di indagare e riprodurre.
Si possono infatti visualizzare esperienze legate ad un canale sensoriale unico, ma anche a più canali sensoriali nello stesso momento (vista, udito, tatto, gusto, olfatto). Oppure si possono visualizzare esperienze legate alla propriocezione, quindi legate a tutte le possibili esperienze interne che descrivono la posizione del corpo nello spazio e nel tempo e le possibili relazioni dei segmenti corporei all’interno di un’azione motoria o di un gesto sportivo. Si possono visualizzare anche esperienze legate alla cenestesi, e cioè alla sensazione globale del nostro sistema mente-corpo: quindi affluenze propriocettive enterocettive ed esterocettive confluiscono per produrre una percezione di stati psicofisici generali (benessere, malessere, tensione, rilassamento….) La mente del bambino può visualizzare suoni, colori, profumi e movimento delle cose, degli altri e di se stesso, perché la mente lavora soprattutto per immagini, le quali acquisiscono caratteristiche di permanenza nel tempo se sono collegate ad emozioni, nel bene e nel male. Molti traumi infantili che proseguono fino all’età adulta sono collegati ad episodi che si sono fissati nella mente come immagini colorate da emozioni altamente negative. Nessun tipo di visualizzazione può essere lontana dal mondo delle emozioni. Numerosi autori, in primis lo psichiatra americano Damasio, hanno sottolineato questa stretta relazione tra le emozioni e le percezioni, le rappresentazioni mentali e quindi la coscienza. Nel libro “l’Errore di Cartesio” e poi in “Emozioni e Coscienza”, Damasio espone i suoi studi e le sue deduzioni riguardo ai casi di pazienti con lesioni dei lobi frontali del cervello. Questi soggetti hanno tutti un denominatore comune e cioè l’incapacità di “dare un nome” al proprio sentire e quindi la non possibilità di identificare e classificare le proprie emozioni. Tutto ciò provoca in questi pazienti conseguenze tragiche. Questi soggetti erano totalmente impossibilitati a svolgere un’esistenza normale, in quanto privi della capacità di fare valutazione e trarre deduzioni dai propri vissuti e dalla realtà quotidiana. Quindi secondo Damasio il concetto di “Coscienza” non ha senso se staccato dall’universo dell’emozioni e soprattutto dalla capacità di lettura di queste ultime, e da qui è nata la sua nota teoria del “marcatore somatico”: cito l’autore riguardo il concetto di marcatore somatico “ rispetto ad un problema di qualsiasi tipo da risolvere, si immagini che, prima di applicare un qualsiasi tipo di analisi costi/benefici alle premesse, e prima di cominciare a ragionare verso la soluzione del problema, accada qualcosa di molto importante: quando viene alla mente, sia pure a lampi, l’esito negativo connesso ad una determinata opzione di risposta, si avverte una sensazione spiacevole alla bocca dello stomaco. Dato che ciò riguarda il corpo, ho definito il fenomeno con il termine tecnico di stato somatico; e dato che esso “contrassegna” un’immagine, l’ho chiamato marcatore. In breve i marcatori somatici sono esempi speciali di sentimenti generati a partire dalle emozioni. Quelle emozioni e sentimenti sono stati connessi, tramite l’apprendimento, a previsti esiti futuri di certi scenari. Quando un marcatore somatico negativo è giustapposto ad un particolare esito futuro, la combinazione funziona come un campanello d’allarme; quando invece interviene un marcatore positivo, esso diviene un segnalatore di incentivi.” E la neurologia moderno ha dimostrato che gli apprendimenti sono immagazzinati nella mente sottoforma di immagini.
Ecco quindi che l’universo delle emozioni diventa parte integrante di ogni tipo di vissuto e non si può pensare e tantomeno visualizzare qualsiasi esperienza senza collegarla a tale dimensione. In seguito a questo concetto, ogni esperienza legata all’immaginazione e quindi alla visualizzazione diventerebbe asettica e sterile se non collegata a delle emozioni che dall’esperienza stessa scaturiscono e quindi alla loro interpretazione per giungere a dar senso, vitalità e consistenza a quel particolare vissuto.
Soggetti come gli alessitimici, con evidenti incapacità di dar voce e contenuto al proprio sentire, quasi sempre hanno notevoli difficoltà a giocare con la fantasia e con l’immaginazione.
I bambini piccoli sono quasi sempre molto bravi a giocare con emozioni e fantasia. Per questo è importante già con i bambini di 4 - 5 anni iniziare a lavorare su questi aspetti ed iniziare ad allenare l’intelligenza visiva e la capacità di visualizzare realtà, oggetti, il proprio corpo fermo e che si muove…. I bambini sviluppano gli altri tipi di intelligenza praticando e “allenandosi”. Esempio sviluppano l’intelligenza musicale suonando uno strumento, opp. Sviluppano l’intelligenza matematica svolgendo operazioni. Ma la nostra cultura e la nostra scuola in particolare non si sono mai posti il problema di sviluppare, formare e allenare l’occhio della mente, e in seguito di creare un programma sistematico per imparare a conoscere ed interpretare le proprie sensazioni, percezioni ed emozioni in relazione alle proprie immagini mentali.
Molto spesso chiediamo ai nostri ragazzi di controllarsi di prendere consapevolezza e coscienza delle loro azioni. Dentro queste due parole, viene un po’ riassunto tutto il concetto. E cioè, si ha presa di coscienza se abbiamo in mente un’”immagine” chiara del nostro corpo, delle nostre percezioni, sensazioni, pensieri ed emozioni. Quindi continueremo a dare fiducia a Damasio che sta illustrando questa strada dove capacità di sentire e capacità di vedere ed interpretare le sensazioni percorrono un viaggio comune e nessuna delle due capacità può fare a meno dell’altra, pena la completa perdita della “presa di coscienza”.
Tutti quindi pensiamo anche e soprattutto per immagini, ma ci sarà chi riuscirà a visualizzare meglio delle immagini, o chi a visualizzare meglio dei suoni o chi a visualizzare le sensazioni del proprio corpo. Per l’educatore diviene fondamentale conoscere i canali preferenziali dell’allievo per poter meglio dirigere la comunicazione. I visualizzatori visivi preferiranno che gli venga mostrato il compito, i visualizzatori propriocettivi preferiscono fare e sperimentare, i visualizzatori tattili, toccare e gli uditivi ascoltare una spiegazione. Comunicazione uguale con tutti? No diversa con tutti.
Come scientificamente è stato provato dal cosiddetto effetto Carpenter, esiste infatti un’analogia tra le aree della corteccia cerebrale che vengono attivate nel corso della reale esecuzione del gesto, della vista di un oggetto, e dell’ascolto di un suono e tra le aree corticali che mediano la visualizzazione del medesimo gesto, della visione del medesimo oggetto o dell’ascolto del medesimo suono. Semplicemente, le aree del cervello attivate quando facciamo, vediamo, ascoltiamo…. sono simili a quelle attivate immaginando di fare, vedere, ascoltare… quella cosa.
La possibilità di utilizzare le visualizzazioni polisensoriali per attivare aree corticali veramente impegnate in realtà nel movimento, nell’ascolto e nella visione, permette di migliorare e perfezionare qualsiasi abilità semplice o complessa. Per tali ragioni l’allenamento tramite le visualizzazioni polisensoriali può essere utilizzato con gli atleti in riabilitazione, poiché quello che non è ancora possibile fare materialmente con il corpo, può essere stimolato, allenato e perfezionato tramite il lavoro mentale e quindi tramite le visualizzazioni che sono in grado di attivare e “allenare” determinate aree del cervello responsabili del gesto motorio effettivo nella realtà.
La ricerca in neurologia ha quindi messo in luce che il cervello umano utilizza le stesse vie nervose quando vede e quando immagina di vedere. La psicologia giuridica e la criminologia hanno approfondito grandemente questo tema. In alcuni casi è possibile che in alcuni soggetti emerga un passato diverso dalla realtà o ricordino delle cose mai accadute. Questi fenomeni vengono definiti “falsi ricordi”, nei quali i processi rielaborativi e ricostruttivi della memoria umana si mescolano alle dinamiche abilità dell’Intelligenza Visiva. L’equazione cerebrale “realtà vissuta = realtà immaginata ha un valore sia che le esperienze visualizzate siano positive, sia che siano negative. In quest’ ultimo caso può accadere che la capacità di visualizzazione può comportare una tendenza a riprodurre e perpetrare una realtà negativa e a volte spaventosa anche quando nel presente è già terminata da tempo. In tali casi vengono perpetrate anche le emozioni e le reazioni collegate con l’evento che mente e corpo avevano attivato e vissuto nell’accadimento reale. Inevitabilmente la capacità di visualizzazione si blocca su un’immagine passata ed il trauma rimane attuale, comportando flashback e alterazioni dell’arousal. Queste sono le caratteristiche dei cosiddetti “Disturbi Post Traumatici da Stress. Un episodio traumatico può risvegliare inaspettatamente numerose abilità dell’Intelligenza Visiva e può generare la tendenza a tenere vivi ricordi sotto forma di immagini negative. In questo modo, inconsciamente, una risorsa quale è l’intelligenza visiva, diventa il veicolo fondamentale per alimentare lo stress. Infatti (Stutman K., Bliss E. L., 1985), una capacità di visualizzazione sopra la norma è stata rilevata in individui con una serie di traumi, per esempio i reduci di guerra.
La mente umana è comunque piena di risorse e queste abilità di visualizzazione che hanno rinforzato il problema, diventano anche il mezzo per superarlo. Esistono diverse tecniche di “allenamento” che utilizzano capacità provenienti dell’intelligenza visiva che aiutano a migliorare questi aspetti. Ne cito alcune: Visualizzazioni guidate, Desensibilizzazione, Ipnosi…. Tutte queste tecniche risultano più utili delle tecniche verbali quali il colloquio, perché la componente linguistico-verbale gioca un ruolo secondario nella genesi del problema e diventa importante solo per guidare il soggetto nelle tecniche e dare valore e senso nuovo alle immagini ed agli eventi percepiti.
Nell’impossibilità di non immaginare e nell’impossibilità di insegnare al bambino con un trauma a non immaginare, il tentativo è quello di provare a scomporre i ponti e le associazioni che si sono create tra i vari campi di immaginazione (visiva, uditiva, sensoriale…). Queste associazioni normalmente si formano al momento del trauma o dell’evento negativo e rimangono incise nel vissuto del soggetto come una sorta di abilità acquisita.
Diversi bambini hanno diversi problemi con alcune fobie, a volte anche con piccole cose o realtà, ma che vanno ad impedire una esistenza tranquilla ed equilibrata. Oggetti fantastici, realtà terrificanti, ambiente paurosi ed angosce vengono visualizzati nella mente sempre associati ad un ben fornito bagaglio di emozioni, ed in tal modo è sempre possibile creare nella mente una realtà mai esistita a volte anche impossibile ad esistere che blocca il bambino nel suo agire. Ad esempio, la paura del buio o di alcuni animali o di alcuni contesti….scorrono come pellicole nella mente del bambino che vive la tal fobia, tanto da rendere reali le sue dimostrazioni di paura che sfociano sovente in fuga ed evitamento della situazione. In questi casi, l’educatore non è necessario che vada alla radice e cioè alla causa che ha scatenato la fobia e che solitamente la mente tende a rimuovere nel più naturale meccanismo di difesa, ma piuttosto, tramite le tecniche relative all’intelligenza visiva citate sopra, vada a scomporre le associazioni createsi tra scene ed emozioni, ed a facilitare la nascita di nuove immagini.
La capacità di immaginazione è in grado di produrre cambiamenti fisici simili a quelli che effettivamente potrebbero accadere in presenza di stimoli esterni ed interni al corpo stesso, es. dolori muscolari, malesseri, infortuni….. Spesso nei bambini nel caso di problemi fisici, l’abilità negativa di immaginare un sintomo agisce automaticamente nel corpo dell’atleta, cosicché effettivamente il bambino percepisce realmente lo stimolo. Questa negativa ed incontrollabile “immaginazione cenestesica ed anche propriocettiva” è un meccanismo complicato ed inconscio legato a paure e vissuti passati. Le cause sono molto varie; infatti spesso dietro questi comportamenti sono celati dei meccanismi di fuga ed evitamento del compito o del contesto: ad esempio molto spesso i bambini percepiscono veramente dei dolori muscolari o dei malesseri che non gli permettono di effettuare un compito o di affrontare una situazione, ma in realtà sono solo delle costruzioni mentali automatiche e inconsce che permettono di attenuare il contenuto di frustrazioni dovute dalla necessità di dover effettuare un compito o un contesto non gradito. L’indisponibilità e il malessere sono quindi un meccanismo di difesa inconsapevole che permette al bambino di evitare il compito trovando un “alibi” che ha la sola funzione di abbassare il livello di frustrazione dovuto al fatto di non avere affrontato il compito. Quindi lavorare con tecniche specifiche per superare questi blocchi nei più giovani, risulta fondamentale.
L’allenamento alla visualizzazione e il miglioramento delle capacità dell’intelligenza visiva è quindi una risorsa fondamentale per la salute in generale, poiché il linguaggio simbolico della mente è fatto di immagini che spesso si fissano con esiti negativi nella mente. Tutto questo da vita ad una serie di problemi psicosomatici. Tutto questo non è altro che una visione del mondo costruita da una serie di immagini interiori che è, purtroppo per l’atleta, rimasta associata ad una serie di emozioni negative. Ma la risorsa per migliorare sta proprio nel problema stesso. Infatti tramite un lavoro specifico sulle immagini si può invertire questa tendenza e creare nuove associazioni emozione-immagine. Il binomio emozione-immagine e ciò che Damasio ha chiamato “marcatore somatico”, costruzione mentale assolutamente dinamica e soggetta a variazione. Il marcatore somatico è responsabile principale delle nostre scelte e dei nostri percorsi nella vita, ma è fondamentale comprendere che molto spesso possiamo essere noi a creare associazioni emozione-immagine, che possiamo lavorare su di essi e che possiamo non subire passivamente ciò che il nostro passato ha lasciato sulla nostra mente.
Allenamento Invisibile
Psicologia Sportiva nelle Scuole materne ed elementari
Inserire la psicologia sportiva nelle programmazioni delle scuole materne ed elementari è un compito molto semplice, che presuppone un minimo di preparazione specifica; i risultati conforteranno e si sarà spinti ad approfondire e a ricercare. In questa breve proposta mi limiterò a fornire un modello di approccio alla programmazione delle attività e proporrò qualche piccola attività base sperimentata in una scuola materna con bambini dai 3 ai 6 anni, in una scuola elementare con bambini dai 6 ai 9 anni e in numerose scuole di calcio, di tennis e di pallavolo. Nella scuola, proprio con i bambini ho chiamato questa attività “allenamento invisibile”, perché mi sembrava un nome ideale e simpatico per codificare questo tipo di attività
Parole chiave: sentire, pensare, immaginare, visualizzare, dire sì, emozionarsi, autocorreggersi, respirare, ascoltare.
Proposta educativa:
"Impariamo a visualizzare"
Visualizzare significa immaginare con uno specifico lavoro mentale qualcosa di concreto e tangibile, o visibile, o udibile e quindi sensibile. Date queste premesse, nell'allenamento con i più giovani , con l'utilizzo del semplice visualizzare, si possono migliorare tante caratteristiche psicologiche, introdurli ad un lavoro specifico utile nel futuro, ma soprattutto si può nel presente migliorare gli aspetti tecnici e coordinativi generali.
Nel particolare e in sunto significa che insegnare ai bambini a visualizzare dei movimenti, e quindi a rielaborare mentalmente le sensazioni che da essi derivano, rappresenta un passo importantissimo nella strutturazione del bambino-atleta, ma soprattutto del bambino-individuo.
I bambini vanno educati a questi atteggiamenti e abitudini in maniera graduale. Un buon inizio è quello di lavorare sul nostro modo di correggere e di dare consigli. Diciamo di meno "Questo è sbagliato e devi fare così" , e proviamo ad intervenire in questo modo: "Luca come hai colpito questa palla? Matteo come senti il tuo corpo quando corri? Luigi, ti senti in equilibrio? Marco quando lanci la palla storta cosa pensi?" I nostri bambini inizieranno a prendere coscienza dei movimenti che fa il loro corpo e a decifrare le sensazioni propriocettive, aspetto quest'ultimo per niente scontato. Gli allievi ci "racconteranno" le loro sensazioni e da queste possiamo ricavare un numero elevatissimo di informazioni (canali sensitivi preferenziali). Con i bambini sopra i 6 anni il momento della correzione avviene in questo modo: "Luca, ora fermati 10 secondi e prova ad occhi chiusi ad immaginarti che lanci la palla con molta precisione, che il tuo corpo non si sbilancia all'indietro e le sensazioni che hai mentre lanci la palla sono molto piacevoli e la tue gambe sono forti, le tue braccia rilassate e veloci e la palla scorre veloce davanti a te. Bene Luca! Ci sei riuscito? Ora proviamo di nuovo a lanciare la palla e quando riesci a farlo quasi come te lo sei immaginato adesso, dì a voce alta "sì" subito dopo aver lanciato la palla; se invece non sei soddisfatto di come hai lanciato non dire niente e vediamo di fare meglio il lancio successivo. Opp. "Marco! Chiudi gli occhi e per 10 secondi cerca di immaginare Federer che gioca un magnifico dritto vincente; ora mentre giochi con Franco prova a fare il dritto di Federer e fra 10 minuti vengo a vederti e a domandarti come sta andando". Queste esercitazioni potranno anche essere proposte al gruppo: "oggi impariamo ad immaginare la nostra corsa perfetta: ci stendiamo sul pavimento e chiudiamo gli occhi…..continuiamo a respirare profondamente e lentamente e sentiamo le nostre gambe e le nostre braccia pesanti….ora possiamo immaginare una situazione che ci rende tranquilli come per esempio se fossimo davanti al mare e possiamo ascoltare il rumore delle onde continuo e ritmato….. ora proviamo ad immaginarci mentre corriamo….sentiamo bene il nostro contatto con il terreno, la spinta delle gambe la velocità dei piedi nel contatto con il terreno…. La sensazione dell’aria sulla faccia…il suono dei passi….tutti i nostri movimenti sono fluidi e coordinati…. possiamo tranquillamente correre come vogliamo e dove vogliamo….ora lentamente muoviamo le mani ed i piedi e lentamente ci alziamo in piedi…..facciamo un po’ di balzi sul posto….circonduzioni delle braccia…..Ora andiamo in campo e proviamo la nostra corsa….ogni volta che le sensazioni sono simili a quelle che abbiamo visualizzato pronunciamo "si" subito dopo aver corso 10 metri…..altrimenti non diciamo niente." I bambini prenderanno questa attività con grande entusiasmo, le loro capacità e qualità miglioreranno e soprattutto se ne impossesseranno: la tecnica diventerà la loro tecnica e sapranno autocorreggersi e automigliorarsi. La correzione dell'errore è dentro di loro, nei loro feed-back propriocettivi, nelle loro sensazioni ed emozioni. Il miglioramento dei loro fondamentali tecnici sarà fondato su una personale autonomia e soprattutto sulla interpretazione della propria propriocettività., e non più solo e soltanto sull'indicazione esterna dell’educatore o della palla lanciata che va in campo.; l’atleta è solo sul campo e in questo modo lo forniamo di un bagaglio fondamentale per superare tutte quelle note difficoltà che gravano sugli sports individuali, ma anche di squadra. L’allenatore dovrà intervenire modificando il gesto quando vedrà che ci sono delle notevoli difficoltà o degli apprendimenti palesemente negativi; queste situazioni sono però rarissime e comunque lasciamo che ci siano personalizzazioni e tentativi di sperimentazione e di variazione. Quindi in seguito, prima di ogni esercitazione tecnica, tattica o fisica, facciamo attivare il cervello dei nostri ragazzi e rimettiamoli a contatto con i loro sensi e con la loro condizione psicofisica. Queste proposte possono essere fatte anche prima dell'allenamento o della lezione: invitiamoli a concentrarsi qualche secondo sul ritmo del proprio respiro e ad ascoltare il proprio cuore; soltanto il mettersi a contatto con la propria respirazione e con il proprio battito cardiaco per pochi secondi rende i bambini esperti di tanti aspetti che passerebbero secondari; chiediamo spesso ai nostri ragazzi: "Come vi sentite? Siete stanchi o pronti o energici? Come avete giocato oggi?….." E' buona abitudine anche abituarli a scrivere qualche riga su ciò che succede in campo e nell'ambiente della scuola; possiamo invitare i ragazzi a scrivere un analisi di un allenamento o riguardo alle emozioni che provano durante le competizioni. Lo scrivere migliora e concretizza la presa di coscienza di tanti elementi, ed inoltre molti ragazzi sono timidi o riservati e a volte vi trovano un canale comunicativo facilitante. Soltanto il rendersi conto dei propri stati d'animo, e delle proprie emozioni è una vittoria. Interroghiamoli spesso sul significato di alcune parole: "Ragazzi, secondo voi che cosa significa la parola concentrazione?" "Perché uno si distrae?" "Che cosa sono le emozioni?" Diciamo ai nostri ragazzi che è normale e giusto aver paura di sbagliare e perdere. Soltanto quando avranno piena coscienza delle proprie emozioni, completa conoscenza delle proprie sensazioni, e esperta capacità di poter immaginare il proprio corpo che si muove, sente e crea, allora potranno essere dei veri sportivi, ma mi permetto di dire e sottolineare che allora potranno diventare degli individui autonomi. Con i più piccolini, e cioè con i bambini dai 3 ai 6 anni si possono semplificare l’attività. Si può per esempio chiedere di immaginare una palla che rotola e di seguito farli rotolare a terra come palle. Si può far visualizzare un animale (canguro) e chiedere di rifarlo. Giochiamo con l’immaginazione perché i più piccoli ne hanno da vendere. In seguito, appena saranno un po’ esperti, possiamo chiedergli di immaginare ad occhi chiusi un gesto motorio, come per esempio il salto di un piccolo ostacolo, e subito dopo li invitiamo a provarlo. L’educatore non sarà attento alla precisione dell’esecuzione motoria, ma solo che il bambino si diverta a giocare con la sua immaginazione e a tentare di metterla in pratica. Gli apprendimenti saranno più rapidi e di sicuro più stabili.
Apprendimento
Forma e Contenuto
Quindi sulla falsa riga del discorso iniziato sopra ritengo fondamentale che vi sia un utilizzo integrato dei canali di informazione sensoriale per il miglioramento degli apprendimenti e perché questi ultimi siano stabili nel tempo. Più semplicemente intendo dire che un apprendimento di qualsiasi tipo risulterà migliore e perdurerà nel tempo se diversi sistemi sensoriali sono stati coinvolti e se da parte del soggetto che apprende vi è stata una presa di coscienza delle informazioni sensoriali ricevute.
In questa direzione intendo parlare dell’apprendimento che si divide in forma e contenuto. L’apprendimento si esplica in forma quando vengono valutati i risultati effettivamente percepibili e misurabili, quindi la poesia ripetuta, il gesto motorio eseguito nella sua forma esterna, le prestazioni mnemoniche, di calcolo. Quindi la forma dell’apprendimento viene esplicata nella configurazione sterna dell’apprendimento stesso e cioè in ciò che si vede e in ciò che esce dal soggetto che ha appeso quella determinata cosa. Spesso quello della forma può essere un modello apparente e fallace di prestazione. Basta l’intervento di un fattore endogeno od esogeno inaspettato che tutto salta. Quante volte abbiamo sentito dire avevo studiato tutto, ma quando sono arrivato lì…….. oppure, avevo fatto tutto bene, ma poi…. Ho fatto quello che dovevo fare, ma….. pensavo che, invece…..
L’apprendimento si esplica anche nel contenuto e cioè nelle funzioni che stanno dietro all’apprendimento, ma che in verità ne sono la sostanza. Intendo le funzioni del SNC e SNP, l’elasticità mentale e l’utilizzo integrato e coordinato delle funzioni del Sistema Nervoso e di tutti gli altri apparati, l’utilizzo dei feed back endogeni (propriocezione e metacognizione), l’utilizzo dei feed back esogeni (risultati, rinforzi…) e per ultimo la funzione principale e cioè quella delle emozioni.
Senza contenuto la forma dell’apprendimento risulta vacua, apparente e non persistente nel tempo
Per tale motivo chi si occupa di apprendimento deve considerare primariamente gli aspetti del contenuto e quindi principalmente al coinvolgimento del sistema nervoso del corpo in generale con tutti gli apparati e del grande contenitore delle emozioni. Sono le emozioni che nel bene o nel male vanno a dare persistenza nel tempo all’apprendimento (marcatore somatico Damasio). Qualsiasi apprendimento non etichettato dalle emozioni non resterà nel tempo e sarà vacuo e impermanente. Il gioco è costellato da miriadi di emozioni per il bambino ed infatti per lui è la maggiore e migliore forma di apprendimento. Nel gioco ci sono le regole, i compagni il materiale, i colori, le forme, il punteggio, il movimento e quindi le emozioni. Tutto quello che il bambino apprenderà con il gioco rimarrà per sempre. L’invito è quindi quello di cercare di inserire sempre l’etichetta emotiva nelle proposte educative. Se i bambini impareranno a conoscere le forme giocando con il proprio corpo, già da subito avranno veramente compreso che cosa è un cubo o una piramide perché avranno preso coscienza tramite la propriocettività e tutti gli altri sensi, tramite l’apparato vestibolare, il SNC e SNP i quali due ultimi prontamente provvederanno prontamente a schedare il tutto con le emozioni che mettere in gioco il proprio corpo ha prodotto. La poesia imparata noiosamente a memoria resterà qualche giorno nella memoria operativa (controllare) e poi scomparirà perché apprendimento privo del coinvolgimento sensoriale, vestibolare, propriocettivo, e soprattutto emotivo rimanendo un puro esercizio di neuroni. Mettere il proprio corpo in gioco e quindi giocare con l’intera unità del proprio essere significa produrre cambiamenti ed in definitiva produrre apprendimento.
L'ALLENAMENTO INVISIBILE
In psicologia dello sport esiste una tecnica chiamata visualizzazione che è basata su vari principi meditativi in cui il soggetto usa immagini mentali sotto uno stato di rilassamento, con l'obiettivo di raggiungere dei miglioramenti in vari aspetti psicofisici. Visualizzare significa immaginare con uno specifico lavoro mentale qualcosa di concreto e tangibile, o visibile, o udibile e quindi sensibile. Cosa c'entra tutto ciò con la nostra psicomotricità? Il bambino già nella fascia di età 3 - 6 anni inizia a conoscere la fantasia e a sviluppare la capacità immaginativa, e può pensare e considerare situazioni che si distanziano dal "qui ed ora". Con la nostra proposta psicomotoria possiamo contribuire allo sviluppo e al miglioramento di questi aspetti, riprendendo alcuni aspetti della visualizzazione in campo sportivo. "Alleniamo" i bambini a immaginare il proprio corpo che si muove rendiamoli consapevoli e coscienti delle emozioni-sensazioni che da esso provengono; educhiamoli alla capacità di immaginare e alla capacità di "ascoltare" tutti quei segnali che il nostro corpo rende sensibili.
La prima strada verso questo tipo di educazione parte da noi educatori e dal nostro modo di rivolgersi ai nostri bambini. Interveniamo di meno in questi termini: "NO Giovanni! Così è sbagliato, ma ti devi mettere così….." e proviamo: "Giovanni, come hai fatto questo movimento? Correvi veloce o piano? E sull'asse eri dritto o storto?". I nostri bambini inizieranno a valutare da soli i movimenti del loro corpo e ad "ascoltare" la loro propriocettività, ed inoltre, parlandoci, ci racconteranno delle loro sensazioni, arricchendoci di informazioni e insegnandoci a conoscerli. Il momento della correzione e del consiglio può essere portato in questi termini: "Giovanni, ora fermati un momento e prova ad immaginare con gli occhi chiusi un albero dritto e alto con le radici molto sicure! Poi vediamo se puoi fare la stessa cosa sopra l'asse!" Oppure "Ora Giovanni chiudi gli occhi ed immagina Giovanni che corre velocissimo, le gambe vanno velocissime e sente il vento sulla faccia! Ora prova a farlo e vediamo se riesci a metterlo in pratica. Bravo Giovanni!! Non senti che bello sentire il vento sulla faccia!!!!" La rielaborazione e la variazione di un movimento comincia a iniziare a basarsi sui loro feed back propriocettivi, nelle loro sensazioni ed emozioni.
In altre situazioni possiamo aiutare i nostri bambini ad imparare ad ascoltare la propria respirazione, la sensazione dell'aria che entra ed esce dal nostro corpo; oppure il ritmo cardiaco. Possono provare queste esperienze anche dopo un lavoro fisico per apprezzarne le differenze rispetto a quando sono seduti o addirittura distesi.
E' una buona attività anche invitarli a disegnare stimolati dalle situazioni che avvengono nell'ora di psicomotricità: "Bambini! Per la prossima volta che ci vediamo dovrete portare un bel disegno fatto da voi su qualcosa che vi è piaciuto o no nelle ore di gioco che facciamo insieme." Il disegnare rende concrete le immagini mentali e obbliga il bambino a ritornare su situazioni già avvenute, e quindi a ricercare nella propria memoria le immagini più impregnate di emotività; inoltre alcuni bambini sono timidi o riservati e spesso attraverso il disegno possono trovare un canale comunicativo facilitante e noi educatori potremmo conoscere tanti aspetti di alcune personalità fino a quel momento invisibili.
Infine domandiamo spesso ai nostri bambini: "Che cosa è secondo voi la paura? Come si fa a capire se un'altra persona è felice o triste? Come si comportano le persone quando sono arrabbiate?…." Tutto questo percorso avvia i nostri allievi a prendere coscienza delle proprie ed altrui emozioni, graduale conoscenza delle proprie sensazioni, e progressiva capacità di poter immaginare il proprio corpo che si muove, sente e crea.
Fonte: http://www.marcantogninisammy.net/appredere%20facendo.doc
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