Bullismo

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Bullismo

Dibattiti

Regole, ritmo e esempi positivi: il bullismo si previene anche così

 

Intervista allo psicoterapeuta Fulvio Scaparro
di Rossella Verga

Ritmo e regole servono molto più delle prediche. E se i bambini hanno bisogno prima di tutto di paletti e di esempi positivi, è certamente preferibile che stiano anche lontani dalla tv: il  piccolo schermo,  pur nelle fasce orarie cosiddette protette, trasmette messaggi che inducono a un’”anestesia affettiva”. Lo psicoterapeuta Fulvio Scaparro affronta con noi il tema del bullismo, partendo dalla convinzione che genitori e insegnanti possono giocare insieme un ruolo importante per prevenire o arginare il fenomeno. Vediamo come, ma con una premessa cui Scaparro tiene molto: bollare i ragazzi con etichette di ogni genere  può comportare il rischio di favorire la devianza.

Secondo alcuni ricercatori americani che hanno studiato le abitudini di 1266 bambini la televisione influisce sul comportamento al punto da scatenare fenomeni di bullismo. Lei cosa ne pensa?

Non ho sottoscritto quella ricerca perché non sono convinto che la spiegazione del bullismo sia così semplice. Può esserci un legame con comportamenti aggressivi e messaggi violenti, ma il bullismo ha radici diverse dalla televisione.  Anche perché se davvero la tv fosse la fonte,  basterebbe eliminarla. E nelle aree in cui  non è molto vista non dovrebbero riscontrarsi episodi. Invece non è così. In realtà,  la televisione può dare al massimo qualche indicazione su come fare a chi manifesta già spinte al comportamento violento quando si trova davanti a una frustrazione. Lo spettacolo in un certo senso è una piccola scuola di perfezionamento: ci sono film che mostrano le tecniche migliori per assoggettare la gente, per spaventarla e intimorirla. A volte ci sono eroi anche negativi. Ma non sono convinto che la tv sia la fonte o la spiegazione del bullismo.

A proposito dei messaggi che filtrano dalla tv,  lei ha parlato di “anestesia affettiva”.

Questo è un aspetto diverso.  I bambini in effetti sembrano assuefatti alle immagini di morte e sofferenza, in generale agli spettacoli violenti. In buona parte dei telefilm e dei film proposti in orari da bambini e ragazzi si vede la “normalità” dell’omicidio, della sopraffazione e della violenza. Tutto ciò è presentato in una quantità tale che non si prova più neanche un minimo di emozione quando viene ucciso qualcuno. Questo può portare, appunto, all’anestesia affettiva, perché non c’è più l’orrore dello spettacolo. C’è tensione, ma non partecipazione al dolore e si determina una sorta di ebbrezza per cui i pericoli vengono sottovalutati. Ma si tratta di un gioco che non fa bene. La vita,  anche a livello di spettacolo, dovrebbe essere considerata un bene prezioso: una morte dovrebbe colpire, sempre.
Se la tv non è una “fonte”, da cosa nasce il bullismo?
Le fonti sono quelle tradizionali di tutte le infelicità. Il bullismo nasce dalle condizioni materiali di esistenza, dalle radici di povertà. A volte si manifesta però anche in condizioni di ricchezza: l’altra radice profonda sono infatti le relazioni familiari, l’educazione ricevuta nel primo ambiente di vita.  Molto spesso, andando a scavare nella vita dei ragazzi, si scoprono tante infelicità e si riscontrano povertà delle relazioni che contano. Poi c’è terza fonte, che è proprio l’elogio della violenza, della sopraffazione, del farsi largo con le mani o con le armi , un elogio tipico di ambienti genericamente malavitosi dove certi comportamenti sono un modo per accreditarsi. La parola bullo, almeno in Italia,  è stata usata per la prima volta nella tradizione romanesca, per intendere il giovanotto che faceva il prepotente nel quartiere.

Si può parlare di bullismo già alla scuola elementare?

Per me questa è una  brutta tendenza che ci viene dai paesi anglosassoni.  Si registra una facilità  a bollare e a invocare sanzioni per bambini anche molto piccoli. Che ci possano essere manifestazioni di bullismo alle elementari è vero, però,  uno dei vanti dell’Italia dai tempi di Beccaria in poi,  è di aver sempre combattuto per distinguere tra delinquente adulto e bambino.  Se un bambino viene nutrito da spettacoli di violenza e aggressività è legittimato a pensare che l’unico modo per farsi rispettare sia quello. 
Ma bollarlo significa avviarlo verso una devianza che forse si sarebbe potuta evitare. La presenza di manifestazioni aggressive non significa automaticamente che ci sia bullismo.
Esiste una relazione tra le caratteristiche individuali dei bambini e la loro propensione ad essere bulli o vittime? Pesa di più il temperamento o il vissuto familiare?
Ognuno di noi ha punti più sensibili. C’è chi si offende per una cosa che a un altro neanche tocca. Questo fa parte del patrimonio genetico, ma non credo al patrimonio genetico del bullo. Siamo tutti il risultato di patrimonio genetico e cultura e procedere per categorie davanti a certe caratteristiche non fa giustizia a nessuno.

 

Quale ruolo possono giocare insegnanti e genitori per prevenire episodi di bullismo?

Possono contribuire non bollando subito il ragazzo con etichette. Poi dando un esempio in casa. Con le parole e con i fatti, perché certe tendenze a  risolvere con la prepotenza le difficoltà molte volte risalgono all’ambiente di vita. Di sicuro aiuta vivere accanto a persone che non agiscono senza pensare e che non hanno il culto della vittoria e della sopraffazione ad ogni costo. Non sono molto d’accordo sulle prediche, servono a poco. Ritmo e regole sono invece importanti. Rituali e “paletti”  sono fondamentali per tutti i bambini.  Anche perché se la regola è fissata so quando posso trasgredire. Prima di tutto può giocare un ruolo contro il rischio bullismo la famiglia e poi anche la scuola. Ma non basta dettare le regole: i bambini le devono vedere rispettate dagli adulti. Devono sapere che oltre un certo limite trasgrediscono, ma anche che in quel caso scattano delle sanzioni. Il bambino deve trovare nell’adulto una persona che gli vuole bene anche in questo modo, mettendo dei paletti. Si può cominciare fin da piccoli, ma con grandissima tolleranza. Perché il bambino più è piccolo più è vicino alla natura e se dal passeggino, per esempio, afferra qualcosa al mercato non è certo un ladro.

 

 

Bullismo e Coinvolgimento Sociale

di Michele Del Visco e Monica Lopez

 

Negli Stati Uniti il metodo sviluppato dal professor Kim John Payne suggerisce un approccio interessante al problema. Vediamo di cosa si tratta

Nelle scuole steineriane degli Stati Uniti per affrontare il problema del bullismo è stato messo a punto un metodo articolato. Ne è l'ideatore il Direttore del programma Collaborazione & Sostegno delle comunità Waldorf, in USA, Kim John Payne. 
Payne aiuta bambini, adolescenti e famiglie ad affrontare problemi come la difficoltà di socializzare con fratelli e compagni di classe, problemi legati al comportamento e alla concentrazione sia in classe che a casa, problemi emozionali quali aggressività, atteggiamento di sfida, dipendenza e auto-stima.
Payne parte dall'analisi del conflitto, una forza dinamica e necessaria che contribuisce al nostro sviluppo come esseri umani. Nel passato, varie culture hanno creato cerimonie di iniziazione per aiutare gli adolescenti a riconoscere conflitti e sfide come contributi costruttivi alla loro maturazione e allo sviluppo dell’anima. L’erosione di questi “riti di passaggio” ha portato quindi i giovani attuali a crearne di propri. Essi sanno che hanno il bisogno di testare le loro abilità ma la forma con cui creano i riti non è sempre positiva.  Ecco perché assistiamo, ad esempio, a prove di sottomissione e pericolo, alla creazione di gang e al bullismo.
Bullismo che non è necessario alla crescita e allo sviluppo e non rappresenta certo un passaggio.
Payne sottolinea la tendenza nelle scuole Waldorf ad insistere sulll'armonia e ad evitare il conflitto. Ma evitando di imparare a crescere evitando il conflitto, neghiamo a noi e ai nostri bambini un’opportunità di sviluppo. Se il conflitto viene visto come sbagliato e negativo, avremo la tendenza ad incolparci vicendevolmente per la sua causa.
Il metodo studiato da Payne, invece, suggerisce l’approccio del “coinvolgimento sociale”, secondo cui non si cerca di individuare il colpevole, ma di fornire possibilità di scoprire qualcosa in più su noi stessi attraverso la comunità.

Payne spiega come Rudolf Steiner abbia identificato che il nostro impegno, come esseri umani sia quello di evolvere, esplorare ed inventare nuove forme sociali. La nostra iniziazione moderna giunge attraverso la dinamica degli incontri umani. In tempi moderni “la definizione di noi stessi accade sempre più frequentemente attraverso relazioni interpersonali. Gli incontri sociali sono dunque diventati un nuovo rito di passaggio.”

Cos’é il bullismo? Quando il canzonare, tormentare diviene bullismo?
Esistono molte definizioni di Bullismo e non tutte sono concordanti. Payne incoraggia le comunità nello sviluppare il proprio Codice di Condotta. Alcuni comportamenti posso cadere sotto la definizione di bullismo o scherno/sbeffeggio. Bisogna anche essere molto attenti all’utilizzo del linguaggio: Payne si rivolge ai bambini che effettuano il bullismo e a quelli che ne sono oggetto, piuttosto che appellarli come bullo o vittima.
Il bullismo può includere le seguenti azioni, specialmente se esse sono persistenti, prolungate e deliberate:
emarginazione del singolo, formazione in gang, abuso fisico o pestaggio, diffusione di voci maliziose o offensive, abuso verbale e con appellativi, intolleranza nelle differenze (non solo razziali) provocazione, poco rispetto o furto delle proprietà altrui.
Tutte le forme di scherno/sbeffeggio, esasperate, diventano atti di bullismo, quando: qualcuno chiede di smettere e questo non accade; nessuno aiuta perché, la persona che canzona, reagirebbe malamente e quindi si ha timore di essere i prossimi oggetti di scherno; quando si intende deliberatamente di far male.
In ultimo, esiste una forma di bullismo educativo dove questo può essere inteso come critica costruttiva (giunge dai genitori o insegnanti) ma in genere il tempismo è sempre sbagliato e enfatizza le debolezze del bambino.
Molti segnali indicano che un bambino è vittima di bullismo, ci sono diversi stadi di reazione con cui essa cerca di far fronte ad un tale minaccia. Questi passaggi portano alla classica reazione in fasi: fuga, lite e immobilismo. E’ solo negli stadi finali che i bambini parlano con i loro genitori o con gli insegnanti. Questa è la ragione per cui è necessario essere attenti nel leggere i segni che ci possono far capire che un bambino è oggetto di bullismo e dovremo fare del nostro meglio per coglierlo il più presto possibile. È molto importante sviluppare una cultura nella quale il comportamento da bullo viene ritenuto sempre fuori luogo, da tutti.
Le prime avvisaglie possono essere: prendere un inusuale percorso intorno al campo gioco o sulla via verso casa; un'improvvisa mancanza di interesse nella scuola o il rifiuto di andare a scuola; atteggiamenti prevaricatori nei confronti di bambini più piccoli; indumenti strappati o mancanti; innaturale estraniazione dalle attività scolastiche o familiari; fame eccessiva; difficoltà nel concentrarsi in qualsiasi attività.

Gli effetti del bullismo possono prevenire un sano e completo sviluppo di chi ne è coinvolto; il bambino che esercita il bullismo, chi ne è vittima e quelli che ne sono stati sia attivi o passivi testimoni. Tutti noi ne usciamo sconfitti, quando ciò accade. Payne assicura, comunque, che i bambini che possiedono le qualità di duttilità ed elasticità (resilienza), sono meno portati ad essere oggetto di bullismo.
La resilienza giunge dall’abilità del bambino nel gestire ogni situazione, ogni evento in maniera fresca, nuova per poi ritornare ad uno stato di tranquillità tra gli eventi. La sua abilità nell’interagire socialmente e nell’apprezzare l’amicizia, gioco e humor sono anche importanti caratteristiche di resilienza. Abilità nel circoscrivere eventi negativi in uno spazio temporale (influisce solo su questo aspetto della mia vita, non su tutto) e l’abilità nell’accettare critiche positive sono anch’esse essenziali alla resilienza del bambino.
Due modi per stabilire una fondazione su cui costruire la resilienza di un bambino sono la ritmicità e la riduzione di volumi materiali e sensoriali nella sua vita. Il caos e la velocità della nostra vita possono spesso spingere al limite, un bambino.
Ritmo e routine sono rassicuranti, quindi un bambino può rilassarsi poiché sa che i suoi bisogni verranno soddisfatti. Dopo un giorno fitto di attività stimolanti, un bambino necessita di un ambiente calmo dove può facilmente ritornare ad uno stato di relax. Questo fa si che venga sviluppata una flessibilità nel reagire agli eventi.
Il volume, materiale e sensoriale, nella vita di un bambino è di fondamentale importanza nel creare un ambiente ove un bambino possa beneficiare di uno stato di calma. Payne raccomanda di dimezzare la quantità di giocattoli, per un periodo di tempo, valutando se ciò aiuta un bambino a calmarsi e raggiungere una maggiore concentrazione.
L’approccio del coinvolgimento sociale, guida una scuola sul sentiero della responsabilità comune. Non si tratta solamente di creare nuove regole o indicare i passi da seguire. Prima di tutto, nuove forze e comprensioni devono essere sviluppate, al nostro interno e nella nostra comunità.

L’approccio senza colpevolizzare
Pronti a cambiare – sorprendiamoci a fare qualcosa di buono

 

Nelle scuole Waldorf in cui viene applicato il metodo Payne, quando avviene un conflitto tra bambini, viene convocato un gruppo per cercare di comprendere ciò che è accaduto, nel migliore dei modi. Ci sono, di solito, due facilitatori, due studenti delle ultime classi, l’insegnante dei bambini e i bambini coinvolti. Il gruppo incontra singolarmente i bambini. È importante che gli incontri avvengano durante l’orario delle lezioni cosicché nessuno possa percepire che stanno perdendo il tempo solitamente dedicato al gioco o ad altre attività ricreative, in segno di punizione.
È importante stabilire che nessuno viene colpevolizzato. Il gruppo deve assumere l’attitudine che si sta cercando di risolvere l’accaduto e tutti ne sono coinvolti.

 

Il bullo è stato un bambino insicuro

Come aiutarlo e come rapportarsi a lui?

 

Ecco cosa consiglia la Maestra Adriana Ciarchi della Scuola Steiner di Via Clericetti
di Daniela Dirceo

 

"Di bullismo vero e proprio si può parlare a partire dalla settima classe in poi. E comunque si tratta sempre di adolescenti che sono stati bambini senza fiducia in se stessi e su questa mancanza non sono stati aiutati".
Così Adriana Ciarchi, Maestra della Scuola Steiner di Via Clericetti, spiega da che cosa hanno origine nei giovani atteggiamenti di questo genere e così prosegue: "Si tratta sempre di comportamenti generati da una cattiva educazione precedente, giovani che non hanno ricevuto il giusto nutrimento spirituale e religioso. I bambini di età compresa tra il primo e secondo settennio devono essere alimentati con immaginazione, amore per la bellezza, rispetto per sè e per gli altri. Oggi, purtroppo, con sempre maggiore incidenza gli adulti non hanno rispetto e attenzione nel fornire calore ai bambini, e la gran parte di ciò che va incontro ai piccoli è sotto l'insegna del materialismo, della freddezza. Guardare la televisione piuttosto che essere nutriti con fiabe e storie eclatanti, raccontate dai genitori la sera, quando si fa insieme la revisione delle azioni compiute durante la giornata, non porta alcun nutrimento interiore".
Ai genitori di oggi, quindi, viene richiesta una coscienza particolarmente desta per evitare questo tipo di "freddezza" che "in termini animici interiori" prosegue la Maestra Ciarchi "porta alla mancanza di comprensione e di sentimento verso l'"altro", anticamera di atteggiamenti aggressivi e prevaricatori, come quelli di un bullo, appunto".
Ma quindi come comportarsi quando si ha a che fare con casi di questo genere? "Con i bambini insicuri è importante non sottolineare gli aspetti che di loro non vanno bene, vanno invece alimentate le loro peculiarità e accresciute. Vanno amati molto, il calore donato dall'adulto aiuterà a formare una personalità più forte".
E se capita di essere genitori di bambini vittime di bullismo? "In questi casi sarà necessario lavorare molto sul significato del perdono" risponde la Maestra "e magari invitare il bulletto a casa nostra, donandogli qualcosa. Ad esempio, facendo un dolce assieme e dando a lui da portare a casa il pacchettino con ciò che è stato fatto. Il vero aspetto che sperimenta è la possibilità di poter cambiare e questa è una lezione di vita importantissima anche per la vittima del bulletto, l'esperienza del perdono sicuramente la rafforzerà".     

 

Fonte: http://www.educazionewaldorf.it/media/Bullismo.doc

Sito web da visitare: http://www.educazionewaldorf.it

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