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La principessina arrabbiata perché non le chiedevano mai scusa
C’era una volta, tanto e tanto tempo fa, un piccolo regno di cui nessuno conosceva l’esistenza, perché era su un’isola ed era circondato da un grande mare che nessuna nave o barca solcava mai.
E in questo piccolo regno vivevano un re e una regina che si erano ritirati lì tempo prima, quando avevano perduto il loro vecchio castello a cui erano motto affezionati e che stava da un’altra parte della terra. E insieme a loro c’era anche la principessina che era una bambina proprio come tutte le altre, a cui piaceva ridere, fare chiasso e giocare come a tutti i bambini di questo mondo. E ogni volta che la principessina vedeva i pochi altri bambini di quella isola giocare fuori dal suo giardino provava sempre una grande invidia, perché loro potevano andare in giro per le strade ma lei, che era una principessa, non poteva farlo, anche se ormai non abitava più in un castello, come fanno di solito i principi, ma solo in una casa come tutti gli altri.
Allora la principessina andava dal re e dalla regina a chiedere almeno il permesso di far entrare gli altri bambini nel giardino, ma il suo papà e la sua mamma, da quando avevano perduto il loro vecchio castello, degli altri ormai avevano un po’ paura, per cui le rispondevano sempre: “No, no, non c’e da fidarsi a far entrare gli altri in giardino. E poi loro non devono sapere che il nostro non è più un castello, ma soltanto una casa”.
E così la nostra principessa cresceva sola e senza amici ed era spesso triste e anche arrabbiata, ma nessuno se ne accorgeva, proprio perché di solito si pensa che i principini siano sempre felici e non si fa tanto caso, invece, a quello che gli passa davvero per il cuore.
E il cuore della principessina, invece, sembrava spesso una giornata di tempesta sul mare, con tuoni, fulmini, e onde altissime che volevano toccare il cielo.
Un giorno che la nostra principessa, che si chiamava Matilde, era davvero molto, molto, ma proprio molto arrabbiata, raccolse tutto il suo coraggio e andò dal re a protestare: “Perché gli altri bambini possono giocare sulla strada e io no?” gli chiese.
Il re la guardò un po’ meravigliato. “Ma tu non sei come gli altri” le rispose. “Noi siamo diversi, siamo dei principi e un principe non può giocare per la strada!”
“Ma io sono una bambina” singhiozzò la principessa “e ho proprio voglia di giocare con gli altri.”
Allora il re si mise sul vecchio trono che aveva portato via dal suo antico castello e le disse severamente che un altro dovere dei principini era quello di obbedire al re, in tutto e per tutto, perché quello che diceva lui non si poteva proprio discutere. Ma siccome la principessa Matilde continuava a piangere e a singhiozzare perché il suo cuore era troppo pieno di dolore e di solitudine e di voglia di imparare tante cose giocando insieme agli altri bambini, ecco che il re, pensando di aiutarla a smettere, facendola ridere, cominciò a prenderla in giro per questa sua richiesta, che invece per lei era davvero motto importante, più dell’aria che respirava e del cibo che mangiava. II re, in realtà, voleva veramente solo farla smettere di piangere perché la verità era che lui non tollerava di veder soffrire un bambino, gli ricordava troppo quanto lui stesso aveva sofferto da piccolo. Ma le sue parole di presa in giro invece caddero come tanti aghi che si conficcarono nella carne della povera principessina, la quale alla fine si ritirò in un angolo della casa addolorata più di prima e questa volta anche offesa, perché la presa in giro l’aveva proprio mortificata.
E cosi, per tanto tempo, la principessina ogni tanto si armava di coraggio e continuava a chiedere delle cose che di solito i bambini fanno, come andare a giocare e stare con gli altri, e il re continuò a negargliele e a prenderla in giro per cercare di farla ridere, senza accorgersi che lei si offendeva, era ogni volta più mortificata e si ritirava sempre più in un angolo. Finché un giorno tutto questo dolore e tutta questa mortificazione che la principessina portava dentro di sé arrivarono a un punto tale che il suo piccolo corpo non poteva più contenerli e allora per uscire si trasformarono in rabbia. Matilde andò diritta davanti al re, tutta arrabbiata e stringendo i pugni: “Mi hai offeso!” gli urlò chiedimi scusa!”.
Il re, che stava leggendo il giornale sul trono, smise di leggere, la guardò meravigliato e un po’ ironico e dopo un poco disse: “No, non te la chiedo!”
La principessina non sapeva più che cosa fare. Lei era entrata arrabbiata, si, ma anche piagnucolante e con i pugni dietro la schiena, proprio per fargli compassione e perché era convinta che il re le dovesse chiedere scusa per come l‘aveva presa in giro e pensava che questa volta anche lui si sarebbe accorto che doveva farlo davvero.
Non è che Matilde non avesse delle cose, ne aveva tante, per carità, come tutti gli altri principini, persino troppe e a volte anche inutili, ma erano sempre cose che decidevano gli altri per lei, come se lei non avesse il diritto di avere dei pensieri, delle emozioni, sentimenti e desideri tutti suoi e solo suoi, che fossero diversi da quelli del re e della regina.
“Allora” pensò Matilde “se lui che è il re e quindi il più importante di tutti mi chiede scusa vuol dire che riconosce che anch’io valgo qualcosa e se lo riconosce lui vuol proprio dire che è vero. Ma se io non ho neanche il diritto di avere dei diritti, vuol proprio dire che non valgo nulla, che è come se non esistessi, che è indifferente che io ci sia o non ci sia”.
E fu cosi che la principessina da quel giorno cominciò a pensare di non valere proprio niente e quindi di non essere proprio niente. E alla fine, per sopravvivere, decise di mettere a tacere tutte queste cose dentro di lei che le facevano così male.
Un bel giorno prese tutte le emozioni e le mise in un cassetto in un angolo del cuore, lo chiuse a chiave e decise di andare avanti solo con i pensieri della testa, stando bene attenta che fossero neutri e senza emozioni.
E fu pure così che passò tanto tempo e Matilde era diventata la principessa più ragionante del mondo, ragionava su tutto, ma sempre e soltanto con pensieri lontani dal cuore. La sua testa diventava sempre più simile a un calcolatore in funzione: (y2 + 2y f 1)1/2 = (y + 1) oppure log(ab) = loga + logb o anche 4z2 9 = (2z + 3) (2z —3) e così via. Qualsiasi cosa le venisse da fuori la nostra principessa la selezionava immediatamente e la immetteva nel calcolatore al posto giusto. Era diventata un abilissimo robot, perché il filtro della testa era l’unica cosa che le permettesse di proteggere il cuore.
Intanto, però, man mano che il tempo passava, le emozioni dentro al cassetto diventavano sempre più insofferenti di restarsene al chiuso. Erano tante emozioni diverse che agli inizi non riuscivano a capirsi neanche tra di loro, perché ognuna parlava la propria lingua che era straniera per le altre.
Ma a lungo andare, continuando a stare tutte insieme nello stesso posto, finirono per trovare il loro modo di comunicare e decisero di allearsi tra di loro per uscire dal cassetto. Però ogni volta che questo succedeva la principessa Matilde si accorgeva che c’era qualche pericolo in vista e, esperta com’era diventata ormai in matematica, cambiava continuamente la formula del calcolatore necessaria per aprire il cassetto, prima che le emozioni la potessero trovare. E così andò avanti per molto tempo e la nostra Matilde viaggiava per la vita senza sapere né chi era, né se era proprio viva, visto che non provava più le emozioni a testimoniarlo, ma si sentiva solo come un guscio vuoto senza niente dentro. E qualche volta anche il mondo in cui viaggiava le sembrava lontano e distante, come se lei non ne facesse parte.
Intanto, però, le emozioni dentro al cassetto non si davano per vinte. Un giorno decisero infine di fare una riunione tra di loro e dissero: “Per poter uscire di qui ci serve l’aiuto dei pensieri, che però in questo momento sono tutti nella testa e si occupano solo di formule matematiche. Allora come si può richiamare la loro attenzione?”
“Ci penso io” rispose la Rabbia, che era la più forte di tutte. “Se voi vi mettete tutte dietro di me e mi spingete forte vedrete che prima o poi riusciremo a far saltare il cassetto e ad arrivare ai pensieri.”
E fu così che cominciarono ad aspettare che arrivasse l’occasione giusta. Ed ecco che, finalmente, un giorno la principessa Matilde, ormai diventata grande, incontrò un principe a cui voleva bene, anche se non ne era mai proprio sicura, perché anche il voler bene era chiuso nel cassetto insieme alle altre emozioni e sentimenti. Tuttavia decise di provare a viaggiare con lui per la vita.
Ma quando si viaggia insieme nella vita ci sono delle volte in cui “per cento teste ci vogliono ceno berretti”, ognuna ha bisogno del proprio. Però questo la principessa Matilde non lo sapeva proprio. Lei era cresciuta in una casa dove di berretti ce n‘era uno solo che, oltre tutto, aveva la forma di una corona, per cui tutti si dovevano adattare a lui, qualsiasi fosse la forma e la misura delle loro leste. E fu così che quando una volta il principe con cui viaggiava le disse una cosa diversa da quella che lei si aspettava da lui e solo da lui, la principessa Matilde si sentì così tradita e abbandonata, come le succedeva da piccola col re, che le emozioni dentro al suo cuore seppero che era arrivata l‘occasione giusta.
Si misero tutte insieme, dietro alla rabbia, con la forza si trasformarono in furore e riuscirono a forzare la serratura del lucchetto e ad arrivare fino ai pensieri. La principessa, spaventatissima, provò a fermarle con le sue formule matematiche, ma questa volta non ci fu niente da fare, nessuna formula resisteva alla furia delle emozioni tutte insieme. E fu allora che, volente o nolente, la povera principessa Matilde dovette fare i conti con le emozioni che nel corso del tempo aveva chiuso bene dentro a un cassetto, sperando di tenerle a bada con le formule matematiche per tutta la vita.
Agli inizi la nostra principessa non sapeva proprio che cosa fare. Era solo travolta, da questa furia e anche dallo stupore che provava per una cosa che non le era mai successa nella vita e che quindi lei non conosceva e non sapeva come affrontare. Alla fine, però visto che era una principessa forte e vigorosa, decise di affrontare tutta questa furia.
“Che cosa volete da me?” chiese.
“Vogliamo che ci ascolti, finalmente!” le risposero le emozioni e i sentimenti. “E vogliamo la compagnia del pensieri che adesso sono impegnati solo con i numeri!”
“È vero” dissero a quel punto anche i pensieri “siamo stanchi anche noi di fare calcoli dalla mattina alla sera!”
“Ma come faccio ad ascoltarvi se siete tutte cosi arrabbiate e parlate tutte insieme?”
“No” rispose la Rabbia “sono solo io che mi sono dovuta dar da fare per aiutarle a uscire, ma se tu ci ascolti per un po’ di tempo, mentre viaggi per la vita, vedrai che dietro di me ce ne stanno tante altre. Io servo solo ad aiutarle a uscire, perché da sole loro non ce la fanno.”
E fu così che la nostra Matilde dovette a poco a poco imparare ad ascoltare i sentimenti e le emozioni che tanto tempo prima aveva cacciato in un cassetto e chiuso a chiave. Ogni volta che arrivava la Rabbia lei si sedeva pazientemente ad aspettare per capire quali emozioni ci stavano dietro. “Ma io ho bisogno di aiuto per ascoltarla” si disse un giorno spaventata “questa volta è troppo grossa per me. Sarà meglio che mi trovi qualche alleato!”. E dopo una lunga e paziente ricerca ecco che finalmente scovò dei vecchi e delle vecchie eremite che vivevano silenziosi in un bosco sulle rive di un lago a meditare e a raccogliere speciali erbe palustri. Servivano a costruire dei cesti particolari per contenere le emozioni, in modo che queste fossero contemporaneamente libere di entrare e di uscire, ma all’occorrenza potessero anche restare dentro protette e tranquille, ognuna col proprio nome che le distingueva dalle altre. E così anche la nostra principessa poté andare giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno a imparare da loro l’arte di raccogliere le erbe palustri, farle macerare per poi ripulirle e lavorarle per farne dei cesti del tutto particolari. E fu pure così che a poco a poco, lentamente e nel corso del tempo, imparò di nuovo, col loro aiuto, a riconoscere il Dolore, la Solitudine, la Mortificazione, l’Invidia, la Gelosia e tutte le altre emozioni che aveva provate quando da bambina giocava da sola nel giardino. E ogni volta che le riconosceva le riprovava tali e quali dentro al suo cuore che sembrava un campo di battaglia in mezzo a una tempesta.
E fu pure così che, senza accorgersene, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, la principessa Matilde fece una lunga strada e alla fine cominciò a sentire qualcosa dentro al suo guscio vuoto e questo qualcosa testimoniava che al mondo c’era anche lei. E il mondo era proprio fatto di cose e oggetti reali e non era più una stranezza lontana che non si capiva bene né come fosse fatto, né dove si trovasse.
Finché un giorno Matilde si svegliò una mattina e si guardò intorno meravigliata. Il sole sorgeva all’orizzonte, gli uccelli cantavano, il vento soffiava leggero sul mare increspandone le onde, le barche dei pescatori erano ferme laggiù, lontano, all’orizzonte. Insomma, il mondo esisteva proprio, lo si poteva sentire, toccare, odorare e dentro a questo mondo c’era anche lei che viaggiava per la vita in compagnia degli altri.
“Come è bello avere un mondo a cui appartenere! Allora forse valeva la pena di passare attraverso la tempesta delle emozioni” pensò infine Matilde. “Forse è questo il prezzo da pagare per conquistare un mondo reale e il diritto ad abitarci, almeno ogni tanto, invece che doverlo osservare sempre e solo da fuori!”.
E fu così che anche la nostra principessa Matilde poté finalmente, dopo tanti anni, uscire qualche volta dal giardino della sua casa per andare a giocare sulla strada e quando si gioca sulla strada si ride, si scherza, ci si diverte, ma ogni tanto si cade e ci si sbucciano le ginocchia o ci si può anche ferire dolorosamente. Però si ha il permesso di vivere e di esistere in un mondo vero e reale e questa è la cosa più naturale dell’avventura della vita.
tratto da: "Il bambino arrabbiato" di Alba Marcoli, Ed. Mondatori
Fonte: http://www.folignano1.org/wp-content/Progetti/www.pereducareunbambino.it/wp-content/uploads/2013/05/storia.doc
Sito web da visitare: http://www.folignano1.org
Autore del testo: indicato nel documento di origine
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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