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LETTERA DI GENITORI ADOTTIVI ALLA SCUOLA
Con la presente lettera, noi genitori adottivi ci rivolgiamo alla Scuola per rappresentare i problemi e le difficoltà nel seguire i nostri figli durante il percorso scolastico, in uno spirito di collaborazione reciproca, ma sempre nel pieno rispetto del modo di essere di ogni alunno. Vorremmo dare voce a quei bambini adottati da grandi, che provengono da Paesi lontani, in età scolare, spesso pre-adolescenti o adolescenti, portando a conoscenza della Scuola le nostre riflessioni, basate sul vissuto quotidiano, che emergono costantemente nelle riunioni del post-adozione e degli incontri a tema dell’Associazione “Genitori si diventa” (Sezione di Terni).
La finalità è quella di aiutare, nel migliore dei modi, i nostri figli nello studio, affinché ogni ciclo scolastico compiuto corrisponda esattamente alle conoscenza e alle competenze richieste dal ciclo stesso.
In particolare, noi genitori adottivi chiediamo che nelle linee guida che il MIUR sta elaborando, vengano recepite anche le problematiche relative al processo d’integrazione del bambino/ragazzo adottato, tenendo presente che tale processo investe tutti gli anni dell’adolescenza, vissuta tra i banchi delle scuole medie inferiori e superiori e, comporta delle peculiarità ancora poco conosciute ed esplorate
Negli anni, giorno dopo giorno, noi padri e madri, ci rendiamo conto, della loro crescita, dei loro progressi, in altre parole delle loro risposte nell’adattamento sia nella famiglia sia nella scuola.
Affrontare un percorso scolastico, per loro, i figli adottati, significa non solo essere accolti nei primi anni, ma essere supportati anche negli anni successivi, soprattutto nelle scuole superiori, per completare il processo d’integrazione che tenga conto di tutti gli aspetti della loro vita.
Una vita che non ha seguito un percorso lineare, come quella dei figli adottati,comporta un impegno maggiore, che investe tutte le loro energie emotive, fisiche, mentali disponibili per superare il dolore dell’abbandono, alla ricerca di un equilibrio interiore. Tutto questo incide profondamente anche nel percorso scolastico.
La ricerca di questo equilibrio interiore attraverso la rielaborazione del proprio vissuto, prima e dopo l’adozione di un bambino/ragazzo, richiede molti anni. E’ un percorso in divenire lento se si osserva con la stessa misura dei loro compagni di classe nati in famiglia e che studiano con la stessa lingua madre. E’ un percorso in divenire troppo veloce, invece, per figli adottati, per capire la nuova realtà, che sta fuori di loro, ma che li avvolge senza aderire al loro essere.
Trovare armonia tra il prima e il dopo è una grande sfida che loro vogliono compiere ma, tutto questo passa per percorsi distinti: la lingua, le emozioni, le conoscenze, le abilità e le competenze possedute e quelle da acquisire. Percorsi che non vanno di pari passo ma che procedono su binari distinti e, di conseguenza si riflettono anche nelle prestazioni scolastiche. L’apprendimento e la restituzione del sapere, risentono inevitabilmente di questa mancata sincronia.
Qui di seguito abbiamo cercato di definire e descrivere le nostre riflessioni come contributo ad un dibattito che porti ad un pieno accompagnamento dei bambini/ragazzi adottati, oltre la scuola primaria, e cioè fino al conseguimento del titolo di scuola media superiore, anche mediante lo studio di strumenti normativi e amministrativi che codifichino i comportamenti da adottare da parte degli addetti ai lavori, siano essi presidi, docenti o personale della scuola:
- non capire bene la spiegazione in classe, perché non colgono …………………..completamente il senso di una parola anche a distanza di anni;
- accogliere e inserire la nuova informazione in quello che già conoscono (un …………………..po’.imparato nel loro Paese con la loro lingua, un po’ imparato in Italia con la …………………..nuova lingua) anche se di questo percorso mentale non se ne rendono conto;
- venire trovarsi davanti a qualcosa di completamente nuovo, che gli altri ……………………compagni conoscono e ..loro..no, perché vissuti troppi anni in istituto;
- avere bisogno soltanto di più esercizio;
- avere bisogno di una spiegazione più adatta ai loro percorsi mentali ………………… (sempre legati alla sfera emotiva, linguistica , percorsi di apprendimenti iniziati ……………………nelle scuole del loro Paese o comunque che partono dalla loro lingua madre che ……………………ha già tracciato la loro mente….);
…………………- avere bisogno di qualche minuto in più per rispondere a domande, per ………………… elaborare un concetto, scriverlo o esporlo oralmente….trovare le parole che …………………..esprimano esattamente quello che vogliono dire;
…- provare ancora tanto dolore in quello che devono esprimere, magari in un tema …………………. o nello studio di .un racconto o di una poesia. Non hanno ancora..imparato bene a …………………. gestire le loro emozioni, anche se sembrano già tanto grandi, .magari alle..soglie …………………..della fine dell’adolescenza;
- tenere presente che imparare l’inglese o il francese o lo spagnolo o il latino, richiesti dai programmi .scolastici, contemporaneamente all’apprendimento e all’acquisizione della .lingua italiana come una seconda lingua madre, richiede tempo. Loro studiano l’inglese, il francese ….. … passando per la lingua italiana che ancora stanno .acquisendo, al pari dei .compagni stranieri ma non adottati;
- tenere presente che possono finalmente imparare a ripetere meglio, scrivere meglio, capire bene le spiegazioni solo quando arriva la lingua italiana, intesa come strumento per lo studio, ….. ma lo imparano sempre in ritardo rispetto ai loro compagni. I loro compagni, si trovano sempre ad un livello .superiore, con ….abilità e …competenze più ampie e sicure….
- avere conoscenze di come si studia nel loro Paese, quando c’è una scolarità pregressa, come per i compagni stranieri;
- saper riconoscere sempre i loro sforzi: in quello che riescono a fare, anche se paragonato con gli altri è troppo poco c’è sempre il massimo che loro possono dare in quel preciso momento della loro vita e del loro percorso scolastico;
-accettare con entusiasmo una qualsiasi iniziativa autonoma, (un disegno, una poesia, un articolo, una riflessione, un progetto…) che arrivi da loro anche quando non è ancora in linea con i parametri richiesti dalla loro età anagrafica e dalla classe frequentata. La loro autostima, la loro motivazione, la loro sicurezza aumentano in maniera esponenziale…è di un’importanza vitale.
In proposito, (tenendo sempre presente che gli alunni arrivati con l’adozione internazionale, presentano difficoltà diverse rispetto agli alunni stranieri che vivono in Italia con la propria famiglia) il punto 4 delle “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri” del MIUR, recita: “…La lingua per comunicare può essere appresa in un arco di tempo che può oscillare da un mese ad un anno, in relazione all’età, alla lingua d’origine, all’utilizzo in ambiente extrascolastico. Per apprendere la lingua dello studio, invece, possono essere necessari alcuni anni, considerato che si tratta di competenze specifiche.”
Lo svantaggio inziale, cioè il vissuto, la lingua, l’eventuale scolarità prima dell’adozione, in termini conoscenze, abilità e competenze possedute e da acquisite, in qualche maniera, si fa sempre sentire, sempre di meno con il trascorre degli anni, ma delle sfasature anche minime, ci sono e probabilmente, ci saranno, fino alla fine degli studi.
C’è da aggiungere che, anche le prestazioni scolastiche, come tutto il loro modo di essere, risentono della cultura nella quale sono nati o vissuti prima di essere adottati, perché, comunque esistono sempre le trasmissioni televisive, i sapori e gli odori che si portano dentro, i modi di dire o di fare …con cui hanno vissuto, che sono parte di loro.
A distanza di anni, noi genitori adottivi abbiamo anche capito che, la difficoltà più grande è quella che si potrebbe definire una corsa agli ostacoli, perché i nostri figli, mentre stanno superando una difficoltà per raggiungere gli altri… gli altri sono già andati avanti. Giustamente i programmi didattici vanno rispettati.
Alla fine di ogni anno scolastico i progressi rispetto all’anno precedente ci sono ma, per arrivare almeno agli obiettivi minimi richiesti di tutte le materie, bisogna saper aspettare.
Completare l’integrazione richiede anni. La vita a scuola dei figli adottati, ma come, del resto, di tutti i bambini/ragazzi che crescono, rappresenta un passaggio obbligato negli anni della loro formazione/educazione, quindi nell’infanzia e nell’adolescenza. Questo permette anche a loro, i bambini/ragazzi adottati, di misurarsi con i loro compagni, riflettendosi nei loro compagni, condividendo gli stessi giochi, le passioni, lo sport, le paure, i bisogni, i desideri quotidianamente, diventando così, loro stessi, i figli adottati, figli del loro tempo, figli della loro cultura…..
Loro, ancora alle superiori, devono sempre fare dei passi indietro, a volte grandi, a volte piccoli, per acquisire capacità, metodo ed abilità, ma anche con la loro interiorità che ancora li distoglie dallo studio, cioè, quando con le loro modalità, raggiungono nel tempo, la consapevolezza delle proprie capacità… ma insieme al proprio sé…. è il traguardo… ma non quello finale…. quello per partire di nuovo….
Ed è proprio qui che spesso il cammino si può interrompere. Tutti i ragazzi incontrano problemi nell’adolescenza, ma quelli adottati iniziano anche a fare i conti con il trauma dell’abbandono. I progressi fatti si bloccano, le domande che nella loro mente turbinano non trovano risposta. Sono stato cattivo? E’ colpa mia se mi hanno abbandonato? Perché? Chi sono? Da dove vengo? Possono diventare oppositivi e aggressivi.
Quello che tentiamo di far capire ai docenti, come famiglie adottive, è di abbandonare automatismi nell’approccio a questi ragazzi, e di avere fiducia e ancora fiducia. Se verranno usati schemi didattici classici o dato troppo peso agli aspetti comportamentali, i nostri figli non avranno alcuna possibilità. Loro hanno bisogno di più tempo.
Quando li guardi, così grandi, ben inseriti… parlano bene l’italiano, magari il dialetto del posto, sembrano come gli altri…. dall’esterno viene troppo facile pensare “…ma in fondo cosa gli manca?……sono ragazzi fortunati che devono essere grati….”.
E’ assolutamente necessario capire che, nella loro mente quelle domande riempiono tutti i loro pensieri, gli diventa impossibile concentrarsi sullo studio, e che dentro, nel profondo, si sentono delle nullità.
Per questo bisogna fare uno sforzo affinché anche questi ragazzi abbiano una chance di riuscita.
L’esperienza di genitori che ci sono passati, racconta che ad un certo punto, la mente si rasserena, ma nel frattempo, troppo spesso, la scuola è stata abbandonata.
Nella vita dei figli adottati il primo e il più grande aiuto spetta alla famiglia, ma nella società, nel mondo del lavoro, la scuola deve prendere a cuore questi ragazzi con un approfondimento serio, con una conoscenza delle problematiche e didattiche mirate, senza confonderli o accomunarli ai progetti interculturali dedicati ai ragazzi stranieri figli di emigrati, perché stiamo parlando di realtà tecnicamente e psicologicamente profondamente differenti.
La nostra capacità di raggiungere l’unità nella diversità costituirà la bellezza e il test della nostra civiltà
Ghandi
Fonte: http://www.genitorisidiventa.org/download.php?id=946
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