COME GESTIRE I COMPORTAMENTI PROBLEMATICI DEGLI ALUNNI
(Tratto da: Mario Di Pietro, Lorenzo Rampazzo, Lo Stress dell’Insegnante, Edizioni Erickson)
E’ molto probabile che in una qualsiasi classe della scuola dell’obbligo, composta da una ventina di alunni, ve ne siano almeno cinque o sei che manifestino con una certa frequenza comportamenti oppositivi, disturbanti, manifestazioni di aggressività, disobbedienza, scarsa motivazione. Ma anche nei casi più fortunati, alunni che inizialmente non presentavano particolari problemi potrebbero cominciare a manifestarne in seguito all’esposizione ad un clima di classe sfavorevole o ad errori educativi da parte di un insegnante (errare humanum est!). L’esperienza insegna che un principio fondamentale a cui attenersi nel gestire i comportamenti problematici dell’alunno consiste nell’iniziare con il metodo meno intrusivo, per poi procedere con metodi gradualmente più energici. Di seguito vengono descritte alcune tecniche a cui ricorrere per affrontare vari tipi di comportamenti indesiderabili.
1. Ignorare il comportamento problematico dell’alunno e rivolgere l’attenzione ai comportamenti positivi degli altri.
Questa procedura è particolarmente utile per i comportamenti inappropriati non particolarmente gravi. Anziché rimproverare l’alunno perché disturba, si tratta di ignorarlo e di rivolgere la propria attenzione ad altri alunni il cui comportamento è pertinente. Talvolta si può aggiungere un commento del tipo: “Vedo che riuscite a stare attenti, così va molto bene”.
2. Prestare maggiori attenzioni ai comportamenti appropriati dell’alunno problematico (per quanto sporadici possano essere) fornendo un incoraggiamento positivo. Allo stesso tempo ridurre all’essenziale i rimproveri.
Con certi alunni particolarmente difficili sussiste il pericolo di abituarsi a prestar loro attenzione solo per rimproverarli, senza notarli nei rari momenti in cui sono tranquilli o attenti. Ciò è sbagliato per almeno tre motivi. Innanzi tutto, così facendo si “inquina” la relazione con l’alunno, in quanto gran parte della comunicazione tra lui e l’insegnante verterà su rimproveri o commenti negativi. In secondo luogo, si perde l’occasione di incrementare quel poco di positivo che c’è nel comportamento dell’alunno, omettendo di rinforzarlo adeguatamente con opportuni incoraggiamenti. Infine, non si tiene conto del fatto che per taluni alunni problematici il rimprovero può essere un rinforzo, in quanto è una conferma che sono riusciti ad infastidire l’insegnante, proprio come volevano! Quindi il rimprovero finisce per peggiorare la situazione, incrementando, col suo valore di rinforzo, i comportamenti indesiderabili.
PUNTI CHIAVE DA RICORDARE |
F utilizzare l'incoraggiamento e l'attenzione positiva solo durante o immediatamente dopo un comportamento che si desidera incrementare. |
Alcuni esempi di incoraggiamento positivo potrebbero essere:
“Vedo che sei riuscito”
“Hai fatto proprio un buon lavoro”
“Hai cercato di impegnarti”
“Sei rimasto al tuo posto per tutta la lezione, così va molto bene”.
In ogni caso anche il semplice rivolgere lo sguardo verso l’alunno e interagire brevemente con lui nei momenti in cui il suo comportamento è adeguato, è già una forma di incoraggiamento positivo.
3. Rivolgere richieste che fungono da diversivo.
E’ qualcosa che molti insegnanti intuitivamente fanno quando assegnano qualche piccolo incarico all’alunno prima che questi esploda in comportamenti fortemente disturbanti. Si tratta di rivolgersi all’alunno con frasi quali “Dario mi aiuteresti a mettere in ordine queste fotocopie?”, oppure “Rita puoi venire qua un attimo? Pensavo che potresti sederti vicino a Simona ed aiutarla negli esercizi di matematica”. E’ molto importante, nell’usare questa procedura, intuire quando la situazione è a rischio e intervenire prima che si manifesti qualsiasi tendenza a disturbare da parte dell’alunno, altrimenti il diversivo potrebbe agire come rinforzo e incrementare i comportamenti inappropriati.
4. Ricorrere ad affermazioni empatiche.
Piuttosto che cadere nella trappola di una lotta di potere con l’alunno (il quale potrebbe assumere un atteggiamento del tipo “non ho per niente intenzione di fare quello che mi dici, tanto non puoi costringermi”) è meglio ricorrere a un messaggio empatico con una frase del tipo: “Vedo che adesso sei molto infastidito, ne riparleremo in un altro momento”. Con una frase di questo tipo si evita di surriscaldare il clima e l’insegnante può riuscire a salvare la faccia in una situazione in cui difficilmente riuscirebbe a spuntarla con l’alunno.
5. Formulare richieste con fermezza.
E’ utile ricorre a questo metodo quando qualche alunno col suo comportamento tende a violare il diritto dei compagni di lavorare in pace durante le attività di classe. Si tratta di pronunciare la richiesta in modo da comunicare la propria determinazione nel far rispettare i diritti degli altri alunni. Ad esempio: ”Adesso Luca voglio che tu smetta immediatamente di parlare con Davide che sta terminando il suo disegno”, oppure: “Marco, tutti stanno leggendo, prendi anche tu il tuo libro e comincia a leggere”. .Rispetto alle consuete direttive che gli insegnanti rivolgono agli alunni, usando questa modalità le richieste vengono formulate con fermezza, non con tono spazientito o arrabbiato. Anche il volume della voce è mantenuto entro certi limiti e si evita accuratamente di apostrofare l’alunno in modo svalutativo.
6. Ricordare all’alunno le regole di classe.
Spesso ricordare una particolare regola tra quelle concordate per la vita di classe può essere utile per indurre nell’alunno un certo autocontrollo. Naturalmente questo richiede che la regola che si intende ricordare sia stata formulata secondo le linee guida indicate nelle pagine precedenti. Il messaggio dovrebbe essere breve e si eviterà di coinvolgersi in una disputa con l’alunno: “Fabio sai che abbiamo stabilito la regola di chiedere il permesso per alzarsi dal proprio banco”.
7. Messaggi in prima persona.
E’ più facile che un alunno modifichi il proprio comportamento se, anziché essere accusato di farvi arrabbiare gli comunicate, senza biasimarlo, come il suo comportamento influenzi il vostro stato d’animo. Ad esempio: “Davide, mi sento molto irritata quando tu dici parolacce, voglio che non usi certi termini”, oppure: “Elisa, mi sento infastidita quando devo rispiegarti cosa fare perché non stavi ascoltando”. Naturalmente tutto questo funziona se non avete a che fare con un soggetto gravemente disturbato sul versante sociopatico!
8. Chiedere “Che cosa” invece di “Perché”.
In molti casi chiedere ad un alunno il perché del suo comportamento è una perdita di tempo. Così, se ci rivolgiamo a Laura domandandole “Perché stai chiacchierando?”, potremmo ricevere come risposta “E’ stata Francesca a farmi parlare”. In questo caso sarebbe più utile chiedere “Che cosa avete da raccontarvi di così importante?”. Oppure se Luca sta tormentando Simone potremmo chiedergli: “Che cosa vuoi ottenere con questo comportamento”. Può darsi che non otterremo grossi cambiamenti nell’immediato, ma almeno avremo reso l’alunno un po’ più consapevole del suo comportamento e avremo fatto è un passo importante per facilitargli l’acquisizione di un maggior autocontrollo.
9. Posticipare la soluzione del problema.
Talvolta non conviene occupare il tempo discutendo a lungo in classe su un comportamento problematico dell’alunno. Se il comportamento è fortemente disturbante e viola una delle principali regole della classe, potreste rivolgervi all’alunno dicendo: “Stai continuando a non rispettare questa regola. Alla fine della lezione verrai con me e parleremo di cosa si può fare per migliorare il tuo comportamento”.
10. Monitorare il comportamento.
Consiste nel contrassegnare su apposite tabelle l’occorrenza di certi comportamenti. Talvolta è utile mettere nero su bianco e fornire all’alunno un riscontro visualizzabile di quanto spesso si verifichino certi suoi comportamenti indesiderabili. In alcuni casi può essere invece più indicato un monitoraggio dei comportamenti positivi che si desidera incrementare. In situazioni particolari può risultare utile rendere partecipi anche i genitori di questo monitoraggio.
11. Ricorrere a gratificazioni concrete.
Tutti noi tendiamo a ripetere quei comportamenti che vengono gratificati e i vostri alunni non sono da meno. Nella situazione ottimale la gratificazione dovrebbe essere intrinseca (il piacere di imparare qualcosa di nuovo, di riuscire in un attività impegnativa, di andare più d’accordo con gli altri), ma non sempre ciò accade in un bambino. Talvolta affinché egli acquisti sensibilità alle motivazioni intrinseche è necessario motivarlo in maniera estrinseca. Inoltre la vita scolastica richiede spesso fatica e impegno, aggiungere ogni tanto una parentesi edonistica non guasta. Questo non vuol dire che il vostro alunno diventerà dipendente dalle gratificazioni concrete e che dovrete ricompensarlo in continuazione per farlo lavorare. Affinché un comportamento si consolidi è sufficiente che venga ricompensato di tanto in tanto. Questo accade sia nel bene che nel male: un giocatore d’azzardo continuerà ad infilare monete nella slot machine anche se le sue vincite sono estremamente rare.
Le gratificazioni non dovranno necessariamente consistere in doni materiali (la scuola non è certo Babbo Natale!), ma potranno essere utilizzate come ricompense particolari attività o privilegi. Per rendere efficace il ricorso alle gratificazioni è bene attenersi scrupolosamente alle indicazioni che vengono qui di seguito fornite.
PUNTI CHIAVE DA RICORDARE RIGUARDO ALLE RICOMPENSE E AI PRIVILEGI |
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12. Penalità.
Preferiamo utilizzare il termine penalità anziché punizione, in quanto tra le due cose sussistono sottili, ma importanti differenze. La punizione di solito è inflitta sotto l’impeto della collera ed ha spesso una connotazione vendicativa. La penalità è somministrata con un atteggiamento sereno e non svalutativo. Ciò che viene penalizzato è il comportamento, come una sorta di “multa” da pagare per aver infranto una regola. Un accorgimento importante è quello di ricorrere solo sporadicamente a questa procedura, evitando che diventi il metodo correttivo privilegiato. Per quanto riguarda il tipo di penalità a cui ricorrere, risulta più efficace sottrarre qualcosa di gradevole, piuttosto che infliggere qualcosa di spiacevole. Sono poi da evitare penalità che consistono nel dare una quantità maggiore di compiti. Questo per una ragione molto semplice: i compiti per casa dovrebbero essere considerati un allenamento per imparare meglio, ma se vengono prescritti come punizione l’alunno finirà per odiarli anche quando sono necessari (e probabilmente odierà anche l’insegnante). E’ sorprendente come alle soglie del duemila vi siano ancora insegnanti che per punizione costringono gli alunni a scrivere cinquanta volte sul quaderno “Non devo parlare col mio vicino di banco durante la lezione”!
13. Conseguenze logiche.
Con questo termine ci riferiamo al verificarsi di eventi che sono la conseguenza diretta di un determinato modo di agire. Più la conseguenza del comportamento inappropriato è logicamente collegata ad esso, più sarà probabile che l’alunno riesca a scorgere l’opportunità di assumere un comportamento diverso. Lo scopo del ricorrere alla conseguenze logiche è quello di rendere l’alunno responsabile per le proprie azioni. Diversamente dalle normali punizioni, che spesso non sono direttamente collegate al comportamento scorretto, le conseguenze logiche sono in qualche modo logicamente collegate ad esso. Nella figura 8.6 vengono specificate alcune importanti differenze tra la punizione e le conseguenze logiche.
Nell’utilizzare questa procedura è bene innanzitutto rendere consapevoli gli alunni del fatto che tutti i comportamenti hanno una loro conseguenza. Si potranno fare alcuni esempi: “Se non rispettate il regolamento quando giocate a basket, verrete espulsi dalla partita”, “Se avete i freni della bicicletta rotti, probabilmente andrete a sbattere contro qualcosa”. Per spiegarne l’attuazione si potrà usare l’espressione “Se....allora”:
“Se danneggerete le attrezzature della scuola, allora dovrete ripagarle”
“Se ti comporti in modo sgarbato, allora dovrai scusarti”
“Se esegui i tuoi esercizi svogliatamente e senza attenzione, allora dovrai rifarli”.
Affinché il metodo sia efficace l’alunno dovrà avere una chiara comprensione del rapporto tra il suo comportamento e le conseguenze che ne derivano e l’insegnante avrà cura di intervenire con opportune spiegazioni, per evitare che l’alunno percepisca queste conseguenze come una normale punizione. Se la classe è a conoscenza di quali sono le logiche conseguenze dell’infrangere le regole concordate e del violare i diritti altrui sarà più facile costruire in loro un senso di responsabilità personale.
Differenze tra le conseguenze logiche e la punizione |
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Conseguenze Logiche |
Punizione |
Insegna: |
Cooperazione |
Controllo esterno |
Emozione dell'adulto: |
Giusto coinvolgimento |
Collera |
Azione dell'adulto: |
Ricerca di un accordo |
Impulsività |
Attenzione dell'adulto: |
Rivolta al futuro (ciò che sarà bene fare) e su ciò che può essere fatto |
Rivolta al passato (ciò che è stato fatto) e su ciò che NON BISOGNA fare |
Percezione di sé del bambino: |
Si sente rispettato e adeguato |
Si sente prevaricato, umiliato, incapace |
Il bambino impara: |
Che è responsabile delle proprie azioni; |
Che il più forte impone la sua legge
|
Obiettivo perseguito: |
Autocontrollo |
Controllo sugli altri |
COME UN INSEGNANTE PUò UCCIDERE
LA VOGLIA DI IMPARARE DELL’ALUNNO
1. Assumere un atteggiamento arrogante e intollerante.
2. Svalutare l’alunno o ricorrere ad offese personali.
3. Ricorrere frequentemente a minacce e a punizioni.
4. Incoraggiare un clima competitivo in cui qualcuno emerge a
scapito degli altri.
5. Trascurare di valorizzare l’alunno e di incoraggiarlo.
6. Far apparire una materia la più difficile e la più impegnativa
di tutte.
7. Caricare di compiti per casa superflui.
8. Ignorare i piccoli sforzi e i piccoli successi dell’alunno.
9. Fare continui paragoni e confronti tra gli alunni.
10. Ricorrere all’ironia umiliando e mettendo in ridicolo l’alunno.
11. Trattare in modo non equo gli alunni privilegiando i propri
“pupilli”.
Ciò che i tuoi alunni vorrebbero dirti |
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