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IL LINGUAGGIO 0-3 anni
Che cos’è il linguaggio?
Il linguaggio è senza dubbio la capacità che più di ogni altra caratterizza la specie umana. La competenza linguistica, la capacità di parlare, ha senza dubbio avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione della specie umana. Potremo dire che il linguaggio è la “finestra” del cervello sull’universo sociale.
Parafrasando Maria Montessori possiamo definire il linguaggio come una facoltà fondamentale della mente assorbente che permette all’uomo di penetrare in un dato ambiente facendolo proprio e andando a creare, a partire dal bambino, l’uomo della propria civilizzazione.
il linguaggio è dunque espressione di una capacità di:
-comunicare stati interiori (felicità, tristezza…)
-comunicare bisogni (mangiare, riprodursi)
- relazionarsi con l’altro
1.2. Quali sono le componenti fondamentali del linguaggio?
Tre sono le componenti fondamentali:
Anatomica: comprende gli organi fonatori e uditivi. Gli organi fonatori sono la laringe, la faringe, il naso, la lingua, il palato, l’ugola, le labbra; l’organo uditivo è l’orecchio che a sua volta si divide in interno, medio, esterno e il nervo acustico.
Neurologica: sottende tutta una serie di strutture cerebrali che presiedono al linguaggio tra cui:
Psicologica: il normale sviluppo del linguaggio può risentire di eventi traumatici a connotazione emotivo-affettiva di vario genere che ne alterano il naturale sviluppo dando luogo a manifestazioni patologiche che si palesano in una produzione linguistica alterata.
La componente psicologica è fondamentale nel linguaggio; basta pensare a come cambia la nostra voce e il nostro “parlato” a seguito di stati d’animo alterati (es. rabbia intensa). Pensiamo ad esempio alla balbuzie, che si verifica in alcune condizioni (durante l’eloquio strutturato) ma non in altre (durante l’eloquio spontaneo, ad esempio quando si canta).
1.3. Qual è la funzione del linguaggio?
“La lingua non serve soltanto ad esprimere i propri pensieri, ma soprattutto a comunicarli agli altri” (Sigmund Freud)”
Il linguaggio permette almeno due importanti funzioni:
-comunicativa, grazie alla quale ci mettiamo in rapporto con gli altri e riusciamo ad esprimere i nostri desideri, le nostre aspettative, le nostre emozioni, le nostre idee, i nostri stati d’animo, i nostri progetti etc.
-simbolica, di astrazione. La parola di per sé non ha alcun significato, siamo noi ad attribuirle, mediante una convenzione frutto di condivisione, un senso preciso che permette a tutti gli appartenenti ad un dato gruppo culturale di rivolgersi all’altro con la presunta certezza di essere compresi. E’ l’”espressione di un accordo esistente tra un gruppo di uomini” (Montessori, 1949)
1.4. Quando nasce il linguaggio?
Il linguaggio nasce con l’uomo. Fin dai primordi dell’umanità l’uomo, animale sociale per eccellenza, sente il bisogno di rapportarsi all’altro in un’ottica di collaborazione e di condivisione di scopi essenziali per la sua sopravvivenza e per le sue motivazioni primarie. Se esistono comunità umane senza l’uso della scrittura, non esiste popolo al mondo che non usi il linguaggio.
Abbiamo parlato di abilità prettamente “umana”; anche molti animali sono in grado di parlare, ma questo non vuol dire che sappiano comunicare. La capacità linguistica ha in seno la peculiarità specifica del saper associare suoni e significati mediante regole grammaticali precise. L’animale si limita a emettere “versi” che sono utili in funzione adattiva (per soddisfare i bisogni fondamentali) ma non è in grado (tranne i primati superiori, scimpanzé che possono essere addestrati a utilizzare alcuni gesti astratti) di utilizzare il linguaggio come capacità simbolica.
1.5. Qual è la differenza tra lingua e linguaggio?
La lingua è ben rappresentata dal codice simbolico convenzionale che un popolo si rappresenta per poter comunicare. Il linguaggio rappresenta invece una potenzialità propria dell’uomo, una facoltà che è anzitutto una predisposizione innata, che offre uno strumento privilegiato per potersi mettere a contatto con i nostri simili. Esistono molte lingue, ma un solo linguaggio: quello dell’uomo, o meglio, quello del bambino, che mediante l’universalità del proprio corredo bio-linguistico si fa interprete della specificità della propria cultura.
Quando il bambino inizia a recepire la specificità del linguaggio?
E’ ormai chiaro che la sensibilità del linguaggio nel bambino si manifesta già durante le ultime settimane di gestazione. Il neonato reagisce in maniera specifica alla voce della madre o anche a determinati suoni prodotti con frequenza durante la gestazione (in particolare certe musiche).
In ogni caso già dai primi giorni di vita il bambino si mostra in grado di comunicare, anzitutto attraverso il pianto; uno studio di Wolff mostra come, grazie a una strumentazione specifica, si possano individuare tre tipologie differenti di pianto; il pianto di fame, il pianto “stizzoso” e quello di dolore. Il primo ha una emissione sonora di 0’6 secondi e sibilo inspiratorio di 0’2, il secondo con tempi simili ma con distorsione delle bande di frequenza dovuto alla maggiore quantità forzata di aria emessa, e il terzo è una piu lunga emissione sonora con prolungata pausa respiratoria e brevi respirazioni affannose.
Altro fenomeno che si è osservato è la straordinaria capacità del bambino di distinguere i vari fonemi sin dai primi giorni di vita; egli sa discernere, ad esempio, la vibrante “r” dalla laterale “l” e ben presto inizia a padroneggiare le regole di combinazione tra i suoni.
Anche le reazioni motorie del bambino al linguaggio sono del tutto specifiche; alcuni studi hanno mostrato che l’emissione del suono “KK” della parola “come”, della durata di 0,07 secondi, provocano nel bambino la seguente sequenza di movimenti; la testa si volta verso destra, il gomito sinistro si estende, La spalla destra ruota all’esterno, cosi come l’anca destra, mentre l’anca sinistra si estende e l’alluce sinistro si flette. Questi segmenti di movimento conservano all’unisono direzione e velocità per tutto l’intervallo della pronuncia del suono “KK”.
Altri bambini hanno sperimentalmente mostrato segmenti di movimento specifici in sincronia con discorsi anche piuttosto lunghi, evidenziando l’esistenza di processi sociobiologici che permettono al bambino di partecipare alle conversazioni adulte fin dall’alba della propria esistenza.
1.8. Natura o cultura nel linguaggio?
L’uomo ha dunque ricevuto dalla natura un dono esclusivo; la capacità innata di “assorbire” in modo del tutto spontaneo la lingua di appartenenza. Noam Chomsky, nei suoi celebri studi sulla linguistica generativa, conclude che il bambino non apprende affatto il linguaggio per imitazione o per sforzo volontario (come i comportamentisti hanno a lungo sostenuto) ma lo fa attraverso regolatori interni innati che facilitano enormemente il compito. In pratica la natura mette l’uomo in condizione di discernere una qualsiasi delle circa 4000 lingue strutturate in totale dall’uomo.
Una scoperta fondamentale che in realtà trova le sue origini in concetti che già tempo prima Maria Montessori aveva enunciato, sostenendo che è lo sviluppo, e non l’insegnamento che permette al bambino di potenziare questa straordinaria facoltà; “la madre non insegna il linguaggio al piccolo, ma il linguaggio si sviluppa naturalmente come creazione spontanea (…) seguendo leggi determinate uguali per tutti i bambini”.
Dunque, il linguaggio è il risultato non di un apprendimento, bensì di un lungo lavorìo psichico che si compie nel profondo dell’inconscio, a partire da strutture mentali innate capaci di predisporre le basi per tale opera. Il bambino crea il linguaggio.
Tali strutture saranno poi in grado di modulare l’offerta linguistica che viene dall’esterno sotto forma di stimolazione ambientale.
Dunque, il bambino possiede naturalmente e universalmente i mezzi per far fronte e creare ordine rispetto all’offerta linguistica specifica che ogni cultura, nella sua specificità, gli offre.
In definitiva, ciò che è universale è la capacità del bambino di creare “grammaticalità”, sistematicità linguistica.
Un esempio di ciò, facilmente rilevabile nella vita quotidiana lo troviamo quando sentiamo i nostri bambini piccoli declinare i verbi irregolari; il bambino pronuncia “facete”, non “fate”, “tieno”, non “tengo” etc. Tali forme verbali non sono state certo apprese per imitazione, ma ci danno invece la sensazione di essere state generalizzate a partire da una grammatica di base dalla quale il bambino astrae regole molto precise. Anche nella sintassi il bambino presenta un ordine piuttosto preciso, non accettando mai, neppure in tenera età, frasi in cui le varie componenti sono poste alla rinfusa.
2. L’EDUCAZIONE E IL LINGUAGGIO
2.1. C’è un periodo privilegiato per l’apprendimento del linguaggio?
I primi tre anni di vita costituiscono il periodo cosiddetto sensitivo del linguaggio, in cui il bambino è in grado di apprendere senza difficoltà alcuna la propria lingua madre, e non solo; se posto in una realtà culturale in cui vengono parlate due lingue, egli le apprenderà entrambe senza sforzo. Superato questo periodo di naturale assorbimento dei contenuti linguistici, l’apprendimento in tal senso richiederà sempre un notevole sforzo senza più portare ai medesimi risultati.
2.2. Come possiamo aiutare il bambino nella corretta costruzione del proprio sistema linguistico?
Anzitutto, favorendo la costruzione di un clima affettivo che sappia sostenere e valorizzare il piccolo uomo nel lungo e tortuoso processo di crescita, ricordandoci che l’armonia del suo sviluppo va di pari passo con la nostra capacità di trasmettergli fiducia, comprensione, rispetto, serenità e armonia. Come sopra ricordato, le turbe affettive possono essere causa di importanti arresti nel corretto sviluppo del sistema linguistico.
In secondo luogo, rispettando le sue capacità ed evitando di trascendere il nostro ruolo ricordando che non siamo noi ad insegnare il linguaggio al bambino ma è lui stesso a costruire, mediante le potenzialità che la natura stesso gli ha dato in dote, il proprio corredo comunicativo. Evitare di prevaricare o di insegnare concetti linguistici in maniera forzosa, ricordando che noi adulti possiamo fornirgli materiale utile, ma non gli strumenti dei quali, nel periodo sensitivo per il linguaggio, è già abbondantemente equipaggiato. Il bambino che impara a parlare è infatti assai simile a uno scienziato; esso stesso è costruttore delle proprie conoscenze, a partire dalle proprie potenzialità innate egli sperimenta, costruisce, tenta e ritenta, finalizza, raffina e produce. Il risultato di tutto ciò è una vera e propria scoperta, quella del linguaggio, tanto più fondamentale visto che questo è il mezzo privilegiato con cui conoscere e farsi conoscere, comprendere e memorizzare, concettualizzare e farsi capire, rapportarsi all’altro e persino con sé stesso, attraverso il pensiero che è, in definitiva, anch’esso, linguaggio.
In terzo luogo, stimolando tali potenzialità naturali mediante l’offerta di materiale educativo adeguato, privilegiando gli aiuti più consoni ad ogni fascia di età, aiuti abbondantemente esplicati e descritti da Maria Montessori.
Infine, occorre prestare grande attenzione a possibili alterazioni dell’apparato fonoarticolatorio del bambino, in quanto problemi in tal senso possono seriamente pregiudicare il corretto sviluppo della capacità linguistica del bambino stesso.
2.3. Quali sono le principali tappe dello sviluppo del linguaggio nel bambino e quali sono gli aiuti più adeguati ad ogni fascia di età?
Maria Montessori traccia un percorso ben preciso, indicando 4 momenti fondamentali:
1. incubazione del linguaggio;
2. stadio della parola-frase;
3. stadio della frase;
4. stadio della frase grammaticale
DA 1 A 4 MESI
Nel primo mese Maria Montessori parla di una “nebula” informe; il bambino piange ma il suo vagito non è espressivo; dopo il primo mese invece piange per ottenere il soddisfacimento dei suoi bisogni.
A due mesi c’è interesse per la voce della madre ed è in questo mese che compaiono le prime vocali O e U;
In questo periodo il bambino inizia inoltre a mostrare una sensibilità del tutto particolare verso la voce umana.
La comunicazione, secondo Spitz, almeno nei primi mesi di vita passa attraverso una serie di condotte espressive non intenzionali né tantomeno verbali ma che sfruttano il linguaggio del corpo come potente mezzo di trasmissione di messaggi altamente significativi, percepiti dal bambino attraverso la cenestesi, nella quale convergono stimolazioni di equilibrio, tensioni muscolari, ritmo, temperatura, tempo, postura etc. E’ questa una sensibilità arcaica inserita nel complesso di una cominucazione istintiva già studiata dagli etologi (vd. Lorenz e Tinbergen), che predomina nel bambino nei primissimi mesi di vita dopodichè recederebbe per lasciar posto al linguaggio vero e proprio.
A quattro mesi attraverso un lavoro di coordinazione della bocca arriva alle prime consonanti e inizia a guardare la bocca di chi gli parla. Non c’è accordo su quali consonanti siano le prime ad apparire; di certo sono le vocali le primissime espressioni fonetiche che si manifestano, dopodichè apparirebbero (Lewis, 1936) le consonanti GK (quelle prodotte dalla parte posteriore della bocca). Per altri autori invece le prime ad apparire sarebbero le consonanti anteriori PB MN.
La sperimentazione si concretizza anche attraverso una serie di gorgoglii; in piu sembra che il bambino sperimenti uno o due suoni alla volta, esprimendoli in relazione a stimoli interessanti, specie umani.
AIUTI:
Occorre a parlare dolcemente visto che è attirato dalla voce;
ninne nanne;
musica classica;
parlare di fronte ai bimbi permettendogli di seguire i nostri movimenti delle labbra.
DA 4 A 6 MESI
A quattro mesi è completa la mielinizzazione della laringe e quindi ormai può emettere bene le vocali; in questo periodo si sviluppano quei tipici balbettamenti noti come “lallazione”. Sono una capacità innata, una cantilena a scopo ludico, e anche i bimbi sordi raggiungono questo stadio. Si distinguono bene anche le consonanti: N, M, D.
Il linguaggio, sotteso dinora da meccanismi identificatori e mimetici diventa vero e proprio scambio vocale e le sillabe ripetute formano il monosillabo doppiato (MA-MA, TA-TA, PA-PA), in quello che Baldwin definisce riflesso circolare (l’espressione lallatoria passa dal bambino alla madre e poi di nuovo al bambino in una alterna esperienza di identificazioni e proiezioni)
AIUTI:
parlargli molto;
quando il bimbo emette questi suoni interagire con lui per dargli il piacere del dialogo;
canzoncine brevi.
DA 6 A 10 MESI
Oramai il sistema arcaico cenestesico comincia a recedere lasciando il posto alle comunicazioni intenzionali, fino ad arrivare ai segni semantici e infine alle parole.
In questa fase troviamo l’assorbimento del linguaggio e la costruzione del balbettio; la lallazione diventa sempre piu comunicativa; non è più il ripetersi della stessa sillaba, cambia il tono di voce per comunicare. Da questa età diventa fondamentale l’integrità della funzione uditiva;
il bambino capisce le parole poiché la comprensione viene prima del linguaggio. Prima di capire la lingua è infatti necessario capire le intenzioni che stanno alla base di ciò che si dice; inizia cosi a comprendere le intenzioni di chi sta parlando, in particolare dei membri della famiglia, e spesso si crea una sorta di linguaggio “settario”, proprio della famiglia stessa. Altri esempi: se gli chiediamo di fare “ciao” con la mano ci risponderà correttamente e capisce il “no”.
AIUTI:
Accompagnare le attività quotidiane con la descrizione;
Canzoncine;
Iniziare a dare il nome alle cose; tale fondamentale attività è definita NOMENCLATURA. Si attribuisce a ogni oggetto, che fa parte del bagaglio esperenziale del bambino, il relativo nome, parlando lentamente e senza utilizzare gli articoli per evitare errori di comprensione.
DA 10 A 12 MESI
I suoni hanno un significato; cerca di imitare i suoni e le parole (ECOLALIA) e questa fase è di preparazione al linguaggio vero e proprio; il bambino ormai comprende il senso globale di una frase e prova ad imitare; pronuncia la sua prima parola propriamente detta, che ben presto va a rivestire il ruolo di parola-frase o olofrase (utilizzata cioè per rappresentare una frase
intera); in questo periodo il bimbo trattiene solo i suoni della sua lingua; verso 12 mesi ha solo 3 o 4 olofrasi;
AIUTI:
Parlare chiaramente e adagio (è assai congeniale alla particolare fase di sviluppo il cosiddetto “motherese”, una sorta di “lingua” semplificata nei concetti e nella formulazione generale, spesso usata dalle madri nella comunicazione coi propri bambini);
Non ridere ma fargli capire che comprendiamo il suo sforzo ripetendo correttamente le parole;
Filastrocche;
Libri di poche pagine con situazioni quotidiane
Per i primi mesi ci sono libri morbidi di gomma;
Libri fatti dalle educatrici con immagini molto chiare e attinenti alla realtà quotidiana del bambino;
Immagini plastificate (es. la frutta);
Libri sensoriali (es. fatti di lana morbida ad indicare il pelo di un animale);
Libri con melodie.
Nomenclature;
In questa fase è meglio ridurre l’uso del succhiotto perché è molto limitante (il bimbo non sa che per riuscire a parlare deve toglierlo dalla bocca e quindi rischia di bloccarsi).
DA 12 A 18 MESI
-Il bambino parla con prevalenza di vocali, balbetta ma ha un fine;
-il bambino ha tante idee ma non sempre riesce a farsi capire, quindi avvengono le prime delusioni.
-In questa fase si perfeziona la parola-frase, con l’aggiunta di un altro vocabolo.
-A 17 mesi può avere un vocabolario composto di dieci parole (Gesell, Castner)
-anche se gli studi volti a rappresentare il numero di parole interiorizzate in questimesi sono discordanti, tutti sono concordi nel dire che tra i 21 e 24 mesi l’aumento del bagaglio semantico è particolarmente intenso.
-Mostra ancora difficoltà con le consonanti R, S, Z.
AIUTI:
Dare al bambino la necessità di migliorare il proprio parlare, cioè chiedere di impegnarsi nel farsi capire, perché se noi capiamo al volo anche se non ha parlato bene non si sforzerà mai di correggersi;
Nomenclature:
-a partire da fotografie piuttosto chiare di animali oppure oggetti interessanti, familiari etc;
-a partire da puzzle di legno che si possono ricostruire mentre l’educatore evidenzia verbalmente le parti del corpo;
-a partire da piccole tombole: l’educatore coinvolgerà il bambino sottolineando i nomi degli oggetti/animali con enfasi
-a partire dal gioco del Domino, nello specifico per evidenziare nomi e colori;
-a partire dal cestino degli animali sempre raggruppati, da nominare.
Libri sempre di poche pagine, con finestrelle e canzoncine;
Libri tattili;
Strumenti musicali;
DA 18 A 24 MESI
-Il bambino scopre che ogni cosa ha il suo nome, nomina anche cose astratte o non presenti nella stanza;
-Inizia a possedere un vocabolario piuttosto ricco (anche 270 parole a 24 mesi
-può esprimere 2 o 3 frasi di media lunghezza)
-inizia il suo colloquio linguistico poiché ora non è più solo l’adulto a parlare ma anche lui risponde correttamente (ora c’è un interlocutore e un locutore).
-Va oltre il semplice copiare l’adulto (ad es. fa errori che l’adulto non commette);
-fino ad ora il bimbo possedeva un’intelligenza senso-motoria, ora si trasforma in una simbolica (dare un nome alle cose significa passare dal concreto all’astratto);
-il bimbo parla in terza persona.
-i diversi elementi della frase sono cosi appresi; prima i sostantivi, poi i verbi, infine gli aggettivi.
AIUTI:
Gli stessi aiuti della fase precedente ma più elaborati;
È molto interessato alla nomenclatura (se precedentemente ad esempio si diceva ad un bambino il nome di un animale, ora gli si possono dire anche il nome delle parti del corpo);
Appaiamenti (es. uccello – nido, facce che corrispondono alle rispettive emozioni etc);
Gioco simbolico: carrozzine, negozi, cucine ben fatti e quanto più possibili rappresentanti la realtà;
DAI 24 A 36 MESI
-Le nebule sono finite, ormai si sono specificate in linguaggio;
-il bimbo acquisisce le varie parti del discorso
I pronomi personali, le preposizioni e gli avverbi iniziano a comparire e arricchiscono ulteriormente la struttura della frase.
-sa descrivere emozioni personali e può giudicare certe situazioni,
-usa e comprende bene il linguaggio;
-i verbi sono usati all’infinito
-l’uso del pronome “io” inizia verso il terzo anno ed è molto importante perché mostra che il bimbo ha piena coscienza di sé;
-dopo il terzo o quarto anno inizia ad utilizzare delle frasi grammaticalmente corrette ma si perfeziona solo intorno al sesto anno;
AIUTI:
Libri con meno figure e più storie (dargli storie che si attengono alla sua realtà per non dargli una visione distorta);
Nomenclature;
Cercare di sviluppare il dialogo;
Invogliarlo a raccontare;
Gioco dei burattini, il “far finta” unito a situazioni dialogiche è molto importante per consolidare i contenuti linguistici;
Maria montessori descrive il processo di acquisizione del linguaggio come un continuo e inesorabile processo verso il perfezionamento spontaneo dei contenuti linguistici, che aumentano a dismisura in quantità e in qualità. Ci sono casi di balbuzie fra 3 e 4 anni perché i bimbi hanno tante cose da dire e le vogliono dire in fretta, ma il sintomo spesso recede col crescere della padronanza di linguaggio.
La Montessori descrive anche la possibilità piuttosto frequente di “periodi esplosivi”, in cui il bambino passa repentinamente da una conoscenza linguistica scarna e limitata all’espressione quasi improvvisa di una moltitudine di frasi ricche e anche complesse. Dopo i due anni e mezzo, di solito tali “esplosioni” si fanno più rare lasciando il posto a uno sviluppo armonico e integrato che porterà il bambino ad arricchire progressivamente il proprio vocabolario fino ad arrivare all’età di cinque/sei anni in cui il “bambino linguistico” giunge a completare sé stesso
Fonte: http://www.liceostellamaris.org/index.php?action=index&p=350
Sito web da visitare: http://www.liceostellamaris.org
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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