Obesità infantile

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Obesità infantile

 

Obesità infantile: aspetti pedagogici e attività motoria

Accade sempre più spesso: attratti dalla martellante pubblicità di alimenti dolci o ipercalorici, i bambini avanzano con insistenza la richiesta di acquistarli e capita facilmente che i genitori accontentino i capricci dei propri figli. L’arrendevolezza di cui si rendono colpevoli genitori, nonni e zii, dimostra che all’obesità infantile non viene data la giusta importanza. Le statistiche effettuate a livello europeo indicano, infatti, che il 4% dei bambini è affetto da obesità, e ciò che è ancor più grave, si prevede un forte aumento di questo fenomeno. Va, inoltre, evidenziato che in questa classifica i bambini italiani risultano al primo posto. Si tratta ormai non più solo di emergenza sanitaria ma di una autentica emergenza sociale.

BAMBINI SOVRAPPESO 33%

ETÀ

MASCHI

FEMMINE

Dai 6 ai 17 anni

26,9%

21,2%

Le punte più alte
tra i 6 e i 9 anni

33,6%

34,6%

Questa tabella mostra alcuni dati della Società italiana di pediatria: i problemi di sovrappeso interessano, in Italia,  il 33 per cento dei bambini. Nella colonna a sinistra, l’età in cui si osserva il sovrappeso; al centro la corrispondente percentuale di maschi  sovrappeso e, a destra, la percentuale di femmine.

In Italia un bambino su tre è sovrappeso, uno su dieci è obeso e rischia addirittura la morte in giovane età. A lanciare l’allarme è un’indagine dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano, secondo il quale i giovani obesi sono colpiti da una serie di disturbi che si pensava riguardassero solo gli adulti. “Guardando i ragazzi di oggi possiamo fotografare le generazioni del futuro”, ha spiegato in conferenza stampa Michele Carruba, presidente della Commissione Alimentazione e Stili di Vita del Ministero della Salute. Alessandro Sartorio, direttore del Laboratorio di Ricerche in Auxologia dell’istituto milanese, ha sottolineato che “l’obesità cresce al ritmo del 25% ogni 5 anni”. Il Ministero della Salute rileva che l’obesità dipende solo in piccola parte da fattori genetici;  fondamentali risultano invece l’ambiente nel quale si vive e, in particolare, la famiglia. “I bimbi obesi - ha dichiarato Giancarlo Viberti, direttore del Laboratorio di Ricerche in Diabetologia dell’Auxologico - mangiano le stesse cose dei non obesi, semplicemente ne mangiano in quantità maggiore, assumendo circa 700 calorie in più al giorno”. Cecilia Ivitti - direttore dell’Unità Operativa di Malattie Metaboliche e Diabetologia - suggerisce di ”incoraggiare i figli a giocare all’aria aperta e organizzare passeggiate, biciclettate o nuotate nel tempo libero e regalare loro palloni e pattini, invece di videogiochi”.
Il problema dell’obesità nei bambini non va affatto sottovalutato: è importante affrontare la situazione prima che sorgano problemi più gravi. L’obesità, lungi dall’essere un fenomeno  passeggero legato solo ai primi anni della vita e destinato a risolversi con lo sviluppo, comporta invece serie ripercussioni sul metabolismo e sulla salute anche in fase adulta. E’ provato che adulti affetti da obesità quand’erano bambini, si ammalano più facilmente e la durata della loro vita è minore della media.
Spesso ci si preoccupa quando il bambino mangia poco, ma raramente quando mangia troppo. Se è vero che una dieta insufficiente può portare a deficit di vario tipo (proteine, calcio, ferro, vitamine ed altri nutrienti essenziali alla crescita), per contro un introito calorico eccessivo determina, dapprima un sovrappeso del bambino e poi, nella maggioranza dei casi, una manifesta obesità.
Non bisogna dimenticare che un’iperalimentazione nei primi anni di vita oltre a causare un aumento di volume delle cellule adipose (ipertrofia), determina anche un aumento del loro numero (iperplasia). Da adulti, pertanto, si avrà una maggiore predisposizione all'obesità e difficoltà a scendere di peso o a mantenerlo nei limiti, perché sarà possibile solo ridurre le dimensioni delle cellule adipose, ma non eliminarle. Intervenire durante l'età evolutiva per ridurre il numero di cellule adipose, cosa che non sarà più possibile in fase adulta, è quindi  di fondamentale importanza perché ci dà la garanzia di risultati migliori e duraturi.
I genitori dovrebbero essere i primi ad accorgersi dell’eccessivo aumento ponderale del bambino e mettere al corrente il pediatra, la persona più indicata in questi casi. Spesso però il forte appetito, che a volte si traduce in una vera e propria voracità, viene interpretato come un segnale di benessere e si tende ad incentivarlo più che a limitarlo, con l’illusione che gli evidenti chili di troppo possano scomparire con lo sviluppo.
Oltre a mangiare in modo eccessivo, però, il bambino mangia in maniera sregolata, spesso e male. Le tentazioni sono davvero tante, il frigorifero di casa è sempre stracolmo di merendine e snack, i distributori automatici delle scuole invitano a spuntini fuori pasto, costituiti da prodotti industriali ricchi di calorie e grassi nascosti. Le bevande gassate infine, eccessivamente zuccherine, risultano essere un piacere insostituibile da preferire all’acqua, specie d’estate…
Tra le conseguenze precoci riscontrabili nei bambini, le più frequenti sono rappresentate da problemi di tipo respiratorio (affaticabilità, apnea notturna), di tipo articolare a causa del sovraccarico meccanico (varismo e valgismo degli arti inferiori, ossia gambe ad arco o ad “X”, dolori articolari, mobilità ridotta, piedi piatti), disturbi dell’apparato digerente. Inoltre malattie  come il diabete o l’ipertensione diventano sempre più “giovani”. Uno studio della Società Italiana di Diabetologia ha rivelato che il 15% dei bimbi con eccesso di peso presenta glicemia, pressione arteriosa e colesterolo elevati, arterie quattro volte meno elastiche dei coetanei e carotidi più ispessite.
Sul piano psicologico, i bambini obesi possono sentirsi a disagio e vergognarsi, fino a rifiutare il proprio aspetto fisico. Spesso sono derisi dai coetanei e vittime di scherzi che generano insicurezza, incidendo negativamente sull’autostima. Tutto ciò può indurre all’isolamento, ad uscire meno di casa, a fermarsi più tempo davanti alla televisione o al computer: si istaura, così, un circolo vizioso che porta ad una iperalimentazione reattiva.
Per quanto riguarda le conseguenze tardive, si è già evidenziato che l’obesità infantile rappresenta un fattore predittivo di obesità nell’età adulta. La persona che abbia manifestato tali disturbi sin dall’infanzia, oltre ad avere una maggiore predisposizione al sovrappeso/obesità, risulta maggiormente esposta a determinate patologie. Tra queste, in particolare, alle malattie di natura cardiocircolatoria (ipertensione arteriosa, coronarotapie),  muscoloscheletrica (insorgenza precoce di artrosi dovuta all’aumento delle sollecitazioni statico - dinamiche sulle articolazioni della colonna e degli arti inferiori, più soggette al carico), a disturbi alimentari fino allo sviluppo di tumori del tratto gastroenterico, a conseguenze di tipo metabolico (diabete mellito, ipercolesterolemia, sindrome metabolica, ecc.). La sindrome metabolica è caratterizzata dal verificarsi contemporaneo di alterazione della glicemia a digiuno, di aumento di colesterolo, trigliceridi e pressione arteriosa e di una circonferenza addominale superiore alla norma. Tutti questi elementi sono pericolosi fattori di rischio cardiovascolare e risultano strettamente legati all’alimentazione e ad uno stile di vita sedentario.
Da non sottovalutare le conseguenze di tipo psicologico, che possono trascinarsi ed amplificarsi negli anni. Il disturbo può arrivare a stravolgere la vita del soggetto e i suoi rapporti sociali, si comincia col rifiutare gli inviti degli amici fino a chiudersi in se stessi, vittime del proprio problema che sembra senza vie d’uscita.
E’ dimostrato che il trattamento dell’obesità durante l’età evolutiva ottiene migliori risultati. Diventa, quindi, importante seguire con costanza l’andamento del rapporto peso - statura del bambino avvalendosi dell’aiuto del pediatra che, per una valutazione più precisa, può calcolare l’indice di massa corporea e misurare lo spessore di alcune pliche sottocutanee e circonferenze corporee.
Una volta effettuati i necessari controlli e distinto fra obesità e semplice sovrappeso, diviene di primaria importanza l’intervento dei genitori, per educare il bambino a un corretto regime alimentare, stimolarlo al movimento e all’attività fisica e indurlo a ridurre le ore dedicate a passatempi sedentari.
Ecco alcuni utili consigli per i genitori di bambini già sovrappeso

  • innanzitutto svuotare cucina e frigorifero dai cibi tentatori (patatine, merendine, cioccolata, succhi di frutta) e sostituirli con gli alimenti giusti (acqua, tè, frutta, fette biscottate, yogurt)
  • fare del pasto un momento di pausa per stare insieme e parlare, perché se si guarda la televisione non ci si accorge di quanto e cosa si mangia
  • evitare che il bambino mangi troppo in fretta, così facendo, non si sazia mai e dopo una merendina ne chiede subito un’altra
  • preferire i cibi fatti in casa ai prodotti confezionati: in questo modo si calcolano meglio i condimenti e si scelgono le materie prime da utilizzare
  • eliminare i piatti più elaborati sostituendoli con altri cucinati in modo semplice, senza troppi condimenti. Abituare il piccolo ad assumere quotidianamente una quantità discreta di verdure cotte o crude, più ricche di fibre, che riempiono lo stomaco e rallentano l’assimilazione delle sostanze introdotte
  • moderare le quantità di cibo
  • non associare il cibo all’idea di qualcosa di “speciale”, né usarlo come premio
  • ridurre il tempo dedicato alla televisione, al computer o ai videogiochi, a favore di attività più dinamiche
  • spronare il bambino a camminare e a fare le scale, piuttosto che prendere l’ascensore
  • favorire una regolare attività sportiva cercando di assecondare le preferenze del bambino e la sua sensibilità (dalla passeggiata in bici alla partita di calcio, dal nuoto in piscina alla ginnastica in palestra)
  • abituare la famiglia a gite all’aria aperta
  • sottoporre regolarmente il bambino a visite pediatriche di controllo            

La sensibilizzazione ai problemi causati da uno stile di vita sedentario e da cattive abitudini alimentari nell’infanzia deve, quindi,  iniziare dalla famiglia. Le indagini epidemiologiche dimostrano che molti bambini,  già in età prescolare e scolare, incorrono in errori nutrizionali qualitativi e quantitativi, che non sempre dipendono dallo loro volontà. I comportamenti alimentari del bambino sono decisamente influenzati dal modello culturale che caratterizza il suo contesto socio - familiare, in modo particolare dallo stile di vita, dalle abitudini alimentari, dall’esempio che gli deriva dagli altri componenti della famiglia e soprattutto dalla mamma.
La madre è, nella maggior parte dei casi, la responsabile degli acquisti alimentari e delle scelte in ambito culinario, e tende a riflettere sul bambino le proprie abitudini e il tipo di rapporto che ha con il cibo. Per molte madri il cibo diventa un mezzo comunicativo per trasmettere affetto e protezione; lo si carica così di significati che trascendono quello della semplice nutrizione, con conseguenze a volte deleterie.
Oltre all’alimentazione scorretta e squilibrata, non bisogna sottovalutare, come già evidenziato, un altro importante fattore di rischio: la ridotta attività fisica o la sedentarietà, frutto di uno stile di vita scorretto, ma sempre più diffuso.
I bambini, infatti, sono spesso accompagnati in macchina dai genitori anche se la scuola o la palestra distano pochi metri da casa, prendono l’ascensore anche per un solo piano, passano ore ed ore davanti al computer e alla televisione (ricevendo esempi negativi che accentuano le cattive abitudini alimentari), escono sempre meno e così via.
Diventa, quindi, compito imprescindibile dei genitori - e degli educatori in ambito scolastico - stimolare ed avviare i bambini al gioco e allo sport.
L’allenamento sportivo, strettamente accompagnato da un corretto regime alimentare, è infatti in grado di produrre una serie di benefici su tutto l’organismo.
Nei bambini che praticano attività motoria regolarmente e in modo continuativo

  • migliorano in primo luogo le capacità coordinative
  • le fragili strutture muscolo scheletriche vengono potenziate, con un conseguente miglioramento della postura ed una azione preventiva nei confronti di possibili paramorfismi (atteggiamenti scorretti)
  • migliora la resistenza organica
  • viene ottimizzata la funzionalità dell’apparato cardio-respiratorio inducendo alla bradicardia e alla bradipnea da esercizio. La prima consiste in una riduzione della frequenza del battito cardiaco, accompagnata da una gittata sistolica più valida che consentono un minor impegno del cuore a parità di sforzo. La bradipnea è la riduzione della frequenza respiratoria che produrrà nel bambino un miglioramento della capacità respiratoria, grazie anche ad una più efficace dinamica costo-diaframmatica
  • aumenta il dispendio energetico, fattore determinante di prevenzione per il soprappeso
  • la pressione arteriosa si mantiene in un “range” ottimale. Questo costituisce un indubbio beneficio per il ragazzo, ma rappresenta anche una azione preventiva nei confronti dell’ipertensione dell’età adulta
  • si ripristina il giusto senso dell’appetito, alterato dalla sedentarietà - come dimostrano acquisizioni recenti - riportandolo ad adattarsi ai dispendi energetici reali.

I benefici dell’attività fisica non si limitano solo all’ambito metabolico e corporeo, ma coinvolgono positivamente anche quello psicologico ed emotivo. Il sano confronto con i coetanei, l’emulazione, l’interesse per l’apprendimento di schemi motori sempre diversi, la soddisfazione di imparare esercizi di difficoltà progressivamente crescenti, l’approvazione e l’elogio dell’insegnante o il suo rimprovero, sono solo una parte delle importanti implicazioni legate all’ambiente e alla pratica ludico - sportiva.
Il miglioramento dell’autostima, il controllo dell’emotività, l’incremento dell’indice di socialità e di inserimento fra i coetanei, la maggiore tolleranza alle frustrazioni, un giusto controllo dell’ansia, l’accettazione del proprio corpo sono alcuni tra i benefici che la personalità  trae dalla pratica  sportiva, specie se questa segue le modalità del gioco di gruppo e viene proposta in modo divertente. E’ quindi fondamentale che l’insegnante arricchisca le esercitazioni con giochi, simpatia, simbologie e allegorie per stimolare l’immaginazione e la fantasia, così i partecipanti  percepiranno l’attività come piacevole ed utile.
I bambini che si divertono e realizzano esperienze positive sono molto più disponibili a prendere parte ed a continuare l’attività; quando invece si utilizza l’esercizio fisico come punizione di comportamenti ritenuti errati (è noto l’esempio dei giri di campo, piegamenti  sulle braccia, esercizi addominali o altro), i giovani praticanti potrebbero associare il lavoro fisico ad esperienze vissute negativamente, perdendo il desiderio di parteciparvi.
E’ compito inoltre dell’educatore o dell’istruttore proporre esercitazioni che non presentino eccessive difficoltà e non inducano a competitività negative e agonismo fine a se stesso. Altrimenti, considerando gli impedimenti fisici e le difficoltà coordinative di questi bambini, verrebbe inibita la socializzazione e si acuirebbe la differenza con i coetanei, portando all’insuccesso personale e all’abbandono. Introdurre gradualmente una sana competitività, attraverso la quale il bambino comprenda che è importante partecipare per migliorarsi e che al termine “ognuno avrà vinto la propria gara”, favorisce invece l’impegno ed i rapporti interpersonali e stimola a non abbandonare - anzi, ad esercitare meglio - la pratica sportiva.
Anche quando il cibo diventa un mezzo per soddisfare la propria affettività, quando “mangiare” assume un valore sostitutivo e compensatorio, rappresentando una sorta di consolazione, un tentativo di riempire un vuoto affettivo, o quando la stessa noia porta i bambini a superalimentarsi, occorre dare loro la possibilità di giocare, di muoversi soprattutto con i coetanei. Il gioco rappresenta, infatti, un’esperienza per comunicarsi il bene che si vuole a se stessi e sentire il bene degli altri. Certamente nulla, però, potrà mai sostituire la presenza (oggi sempre minore) e l’affetto dei propri genitori. Sempre più frequentemente, difatti, osserviamo nei ragazzi problemi di tipo emotivo - affettivo, difficoltà a riconoscere o esprimere le proprie emozioni e sentimenti insieme all’uso, soprattutto negli adolescenti, di un linguaggio emozionale e ipersentimentale che in realtà non veicola alcun sentimento vero (atimolessia).
Una dose spiccata d’amore verso i propri figli, un clima familiare sereno sostenuto da solidi valori e la presenza assertiva dei genitori divengono aspetti importanti per dare fiducia, sostenere, incoraggiare queste personalità in crescita che vivono una relazione difficile con il cibo.
Considerando insostituibile il ruolo della famiglia, è possibile, quindi, sintetizzare i principi fondamentali di uno stile di vita corretto per i nostri bambini: una alimentazione sana, l’abitudine al movimento ed una autentica relazione affettiva tra genitori e figli, diventano l’antidoto per scongiurare i problemi di obesità nei soggetti sani e per intervenire a favore di quelli già colpiti.

Fonte: http://www.tuttosanita.it/ArchivioDocumenti/Interventi/OBESITA'%20INFANTILE%20x%20Tutto%20Sanit%C3%A0.doc

Sito web da visitare: http://www.tuttosanita.it

Autore del testo: C.Calò

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