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LO SPAZIO INTERNO DEL TERAPEUTA
L'avventura psicoanalitica è un viaggio il cui fine è quello di trovare un luogo,
di immaginare uno spazio che possa prestare il corpo o essere il corpo che permette
ai pensieri smarriti di ritrovarsi, di raggrupparsi, di avere un pensatore
Resnik Salomon
Parlare di “spazio interno” del terapeuta ci porta in prima istanza a considerare il setting come spazio-luogo fisico dell' analisi, ma anche come assetto mentale dell’analista, della sua capacità di entrare in relazione empatica con il paziente, e di come questo attivi nel proprio spazio intrapsichico, emozioni e affetti e la capacità di esserne in contatto.
Definendo il setting come spazio fisico e mentale limitato nello spazio e nel tempo e interagenti fra loro, delimitiamo "un luogo sacro" entro il quale si svolge la prassi psicoterapeutica. Quella "spinta" a far sì che due persone o un gruppo di persone si incontrino e stabiliscano una relazione terapeutica in un luogo prestabilito e il ricrearsi ogni volta della medesima situazione formale, spingerebbero a ritenere il setting un archetipo, quale forma eterna e immutabile di "relazione che cura", sensibile di accordarsi a differenti contenuti secondo il canone culturale dominante, dato che "l'archetipo è in sé un elemento vuoto, formale, nient'altro che una facultas praeformandi, una possibilità data a priori della forma di rappresentazione" .
Ponendo dunque il setting come archetipo, come forma eterna e immutabile di "relazione che cura" ne deriva che nel concetto stesso possano essere inserite le contraddizioni proposte dal setting: contenitore e accoglienza da una parte, difensiva e ansiogena dall'altra, dato che "l'archetipo nella sua struttura bipolare, porta immanenti in sé sia il lato oscuro che il lato chiaro" (J.Jacoby 1971, p. 61). Con il rischio, afferma Guggenbuhl-Craig di escludere uno dei due poli, trascurando che non solo “il paziente ha un medico dentro di sé, ma anche che nel medico esiste un paziente”, così come Chirone il centauro che insegnò a Esculapio l'arte di guarire, era affetto di piaghe incurabili
Nel crearsi un rapporto emotivo e cognitivo fra terapeuta e paziente avviene la costellazione dei complessi come nucleo autonomo connesso ad uno o più archetipi contraddistinto da un insieme di idee e immagini a tonalità affettiva, raggruppate attorno a questo nucleo e attivantesi in seguito ad uno "squilibrio" o "disarmonia" tra quello che è il progetto potenziale del Sé e la realizzazione da parte dell'Io.
L'attivazione del complesso o costellazione è "un processo automatico che subentra involontariamente, ed è cosa che nessuno può impedire che si verifichi" (Jung, Opere 8, p. 111) e subentra ogniqualvolta l'equilibrio conscio/inconscio viene ad alterarsi.
Sta alla capacità e soprattutto alla sensibilità dello psicologo riuscire a stabilire una relazione che consenta lo svolgimento del processo terapeutico e un collegamento tra l'Io e il sé in quello che viene definito asse IO-SE'.. "E' persino in gran parte indifferente quale tecnica egli impieghi, perché non è importante tanto 'la tecnica' quanto in primo luogo la personalità che applica quel certo metodo. Senza dimenticare soprattutto che "l'oggetto della terapia non è la nevrosi, bensì colui che ha una nevrosi" .
In questo senso transfert e controtransfert sono componenti essenziali del processo analitico in quanto dalla loro elaborazione dipende la riuscita di un' analisi. Transfert e co-transfert compongono una stessa unità perché si originano l’uno dall’altro e creano la relazione interpersonale della situazione analitica.
Una prima variazione circa la concezione del controtransfert rispetto alla visione freudiana viene proprio da C.G. Jung, che lo utilizza in modo più ampio come strumento imprescindibile della propria tecnica terapeutica, anche se nei suoi scritti la parola controtransfert viene usata pochissime volte. Tuttavia è evidente come il suo ruolo diventi di primo piano nella visione junghiana che concepisce il terapeuta come ‘guaritore ferito’, che si sintonizza con la psiche sofferente del paziente proprio in virtù della capacità di confronto con le sue stesse aree di sofferenza. Così “da qualsiasi lato si rigiri il problema la terapia non può essere altro che il prodotto di una mutua influenza, in cui sia l'intero essere del medico che quello del paziente giocano la propria parte.” Centrale nella sua concezione è quindi l'attenzione sulla relazione terapeuta-paziente alla luce delle dinamiche archetipiche sottostanti che dirigono il percorso verso l'individuazione e sul conseguente necessario coinvolgimento dei partners analitici in un ‘mixtum compositum’ tra la sanità mentale del terapeuta e l'equilibrio turbato del paziente ...in cui il terapeuta si addossa, letteralmente, il male del paziente, lo condivide con lui .
Inoltre, in casi particolarmente gravi, quando la capacità simbolica è compromessa,il paziente per poter essere aiutato dovrà trovare qualcun altro (il terapeuta) che sappia tradurre in parole la sua sofferenza inespressa. Una relazione che funga da ambiente favorevole nel quale non soltanto le comunicazioni del paziente possano avere accesso e collocazione, ma anche il paziente possa produrre quell'esperienza di sé che non c'è mai stata e che si costituirà per la prima volta.
Così il paziente potrà esperire un'esperienza analoga a quella vissuta nell'infanzia, quando nell’ holding materno “il bambino era sostenuto dalla madre in una posizione che tiene senza trattenere, che attende i movimenti del suo bambino, un po’ prevedendoli ma molto ascoltandoli attraverso l’esperienza che fa di lui, per orientarlo e accompagnarlo nei suoi movimenti corporei e psicologici, anche nella relazione terapeutica quando non si è stabilito un solido legame primario, per comprendere i pazienti sarà utile l'analisi dei contenuti controtransferali che orientano l’analista all’interno della dimensione psichica del paziente, dando vita ad un processo estensivo del ruolo che l’inconscio può ricoprire nell’ espressività e nella significazione della mente dell’altro. In questo senso si potrebbe parlare di una costruzione di significato condivisa, in particolare a quella capacità di ascoltare i vari stati mentali e affettivi che, non potendo essere ancora rappresentati dal paziente verbalmente o in altra forma evoluta, vengono prima esperiti – in termini molto concreti – dall’analista”
Ferenczi suggeriva di immedesimarsi emotivamente nel paziente, evidenziandone però i pericoli; L’atteggiamento attivo, onesto e spontaneo dell’analista potevano garantire una buona gestione Dei fattori emotivi. Lo spirito che animava l’analisi reciproca era la fede che il cambiamento della tecnica potesse Basarsi sul rispetto e sul legame con il paziente. Una tecnica attiva che vedeva Ferenczi impegnato ad influire sulla forza della coazione ripetere. Tecnica attiva usata solo in casi eccezionali (ristagno analisi).
Così la seduta analitica è il luogo delle interazioni continue inconsce che saranno trasformate in linguaggio verbale solo successivamente, quando il paziente sarà in grado di recepirlo. Per questo si può affermare che accanto all’interpretazione è sempre necessario anche il contenimento, l’holding, perché «il contenimento e l’interpretazione costituiscono un sistema unico, per cui se uno dei due fattori è deficitario ne soffre anche l’altro, e non si può ottenere un risultato terapeutico (Speziale-Bagliacca, 2004, p. 202).
Potremmo allora affermare che la psicoterapia ha luogo là dove si sovrappongono due aree di gioco, quella del paziente e quella del terapeuta. La psicoterapia ha a che fare con due persone che giocano insieme. Il corollario di ciò è che quando il gioco non è possibile, allora il lavoro svolto dal terapeuta ha come fine di portare il paziente da uno stato in cui non è capace di giocare a uno stato in cui ne è capace ”. Per fare questo sarà necessario che lo spazio mentale del terapeuta possa “contenere” il paziente nelle sue fragilità e sofferenze, che sappia costruire uno spazio interno ed esterno sicuro (secondo Bowlby) capace sia di empatia, sia di “sintonizzazione” intesa secondo quando proposto da Stern come capacità di “entrare dentro l'esperienza soggettiva degli altri e farglielo sapere” . Stern infatti afferma che “il lasciarsi portare dall’altro e il sintonizzarsi permettono ad un essere umano di stare insieme ad un altro nel senso di condividere esperienze interiori analoghe su una base quasi continua. Questa è esattamente la nostra esperienza del sentirsi connessi, del sentirsi in sintonia l’uno con l’altro. Si ha la sensazione di una linea intatta. La sintonia cerca il contorno di attivazione che sta avvenendo in ogni singolo comportamento e usa quel contorno per mantenere intatto il filo della comunicazione” . Ciò che avviene tra madre e bambino nello scambio degli affetti è allora qualcosa di più della semplice imitazione perchè sposta l'attenzione su quello che sta dietro il comportamento restituendo l'evento in modo trasmodale, (trasferendo l'esperienza da una modalità percettiva ad un'altra) partecipando dunque all'evento senza cercare di modificare ciò che l'altro fa o crede. Questo permette lo sviluppo di un sistema di scambi emozionali soprattutto non verbale, un sistema che rimane attivo per il resto del’esistenza della vita e che rende possibile la comunicazione affettiva emozionale dei propri stati d'animo.
Ecco perchè Stern utilizza il termine attunement per indicare quel processo di corrispondenza tra mamma e bambino nel ritmo, nell'intensità e nella forma dell'interazione non-verbale . Allo stesso modo cogliere i segnali del paziente e restituirli presuppone da parte del terapeuta fare spazio dentro di sé, “rendersi disponibile ad accogliere tutto ciò che si presenta senza sentirsi invasi o annullati, ...aprire un tempo di attesa che non sia sperimentato come vuoto ed ansia” .
Questo implica essere un osservatore partecipe del dolore dell'altro, una partecipazione emotivo-affettivo che non saturi lo spazio e il tempo alla ricerca di possibili risposte (onnipotenti), ma sappia restare in quello spazio di attesa senza memoria e desiderio come diceva Bion, nell'accoglienza del divenire, del qui e ora. ”Un analista che abbia la capacità di mettersi davvero nei panni dell'altro, di essere rispettoso di quello che il paziente sente e di quello che dice, riuscendo talvolta anche a farsene guidare...quello che io chiamo l'ascolto rispettoso invece dell'ascolto sospettoso”.
C.G.Jung Opere 9, p. 81
J. Jacoby, 1971
A.Guggenbuhl-Craig Al di sopra del malato e della malattia pag. 76/77
C.G. Jung,Considerazioni generali sulla teoria dei complessi, Opere 8, p. 111
C.G. Jung op. 10 p. 229
C. G. Jung, Problemi della psicoterapia moderna, in Opere 16, Boringhieri 1981.
C.G.Jung, La psicologia del transfert
Prefazione di Nadia Fina al testo “Io non so nulla” di f. Bisagni Vivarium
Borgogno et al.”La partecipazione affettiva dell'analista”.
Speziale-Bagliacca, 2004 p. 202
Winnicott Gioco e realtà 1971
Stern D.N., 1985 Il mondo interpersonale del bambino Bollati Boringhieri
Stern D.N. ibidem
B.Cannella Affetti e relazioni interpersonali
Nella formazione del senso di Sé emergente sono implicati tre processi mentali innati:
-la percezione amodale - i bambini nascono predisposti a trasferire una informazione ricevuta su di un canale sensoriale (es. la vista) su un altro canale sensoriale (es. l’udito). La possibilità di un trasferimento transmodale dell’informazione (Diffusione transmodale è il passaggio dello stato di attivazione provocata da uno stimolo in uno specifico settore percettivo, per esempio quello olfattivo, a un altro settore, per esempio quello visivo) permette di desumere che, l'informazione è acquisita in una forma sopra-modale o amodale
-la percezione fisiognomica - è vista come una forma di percezione transmodale fra vista ed affetto
-la percezione degli affetti vitali - vengono fatti rientrare nella dimensione indefinita e omnicomprensiva del livello di attivazione o livello di eccitazione.
La percezione amodale è l'organizzatore del senso di Sé emergente.
Stern D.N., 1985 Il mondo interpersonale del bambino Bollati Boringhieri
Michelini S., Gasseau M. Psicoterapia di gruppo nel Servizio psichiatrico di diagnosi e cura F. Angeli,2009 pag.102
Nissim Momigliano L. 2001 L'ascolto rispettoso Cortina pag. 209
Winnicott, 1986 in Little, 1990 p.28
Fonte: http://studiopsicologocerruti.altervista.org/alterpages/files/SPAZIOINTERNO.doc
Sito web da visitare: http://studiopsicologocerruti.altervista.org
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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