Educazione affettivo relazionale

Educazione affettivo relazionale

 

 

 

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Educazione affettivo relazionale

“Anch’io nella mia vita mi sono trovato di fronte a una quantità di problemi irreali, quando cercavo di superarli, incappavo nella mia stessa impossibilità. Profondamente radicati nel mio intelletto, custodivo principi che mi limitavano e mi impedivano di andare avanti. La storia della mia famiglia è stata la culla delle mie limitazioni. Prima che nascessi e addirittura prima che fossi concepito, ero già stato programmato per crearmi una porta stretta che mi avrebbe tenuto prigioniero.
In generale, tutti viviamo problemi difficili e a volte anche terribilmente dolorosi, che sono semplicemente il frutto della nostra immaginazione, pure creazioni della nostra mente”.
Alejandro Jodorovski

 

Sto cercando di capire, sto cercando di educarmi

 

 

Ho ormai concluso lo studio del testo di D. Goleman “Intelligenza emotiva” trovandovi tante conferme sulle questioni che mi interessano maggiormente nell’ambito della prevenzione del disagio giovanile e nell’ambito degli ostacoli psicologici che limitano le nostre aperture alla comunicazione e la nostra libertà.
I  - In molte scuole degli Stati Uniti impostano programmi di educazione emozionale partendo dall’ultimo anno della scuola materna fino alle scuole superiori, chiamati in vari modi:” Scienza del sé”- “Educazione affettiva” – “Competenza sociale” ottenendo risultati quantificati statisticamente in termini di prevenzione della devianza, diminuzione delle dipendenze dall’uso di sostanze e aumento dei comportamenti pro-sociali (2).
Ed io da 2 anni mi attivo per divulgare percorsi di competenza relazionale per insegnanti, ragazzi e genitori.
II - Da mesi, mi chiedevo come mai le mie soglie di eccitabilità siano così basse: mi basta pochissimo per turbarmi o commuovermi, per perdere la pazienza, provo sensazioni fisiche di trattenimento del respiro i di affanno che mi ricordano quelle 3-4 crisi di panico che ho avuto nel 2005 e quando ho letto della possibilità della mente emozionale di tenere sotto sequestro la parte razionale del cervello e delle sue caratteristiche di funzionamento fisiologico e sociale, ho provato una grande soddisfazione perché all’inizio di quest’anno avevo capito che funzioniamo come un flipper. (3)
Nel senso che tutto è molto veloce, che basta un piccolo segnale interno o esterno per attivare circuiti, banche dati di esperienze precedenti, per auto alimentare i processi profondi della vita psichica e, per quanto si sappia quali siano le priorità comportamentali, si tende ad esser giocati da quei rimbalzi intrapsichici che vengono attivati dall’ansia, che ti spingono verso qualche salvagente compulsivo (cibo, TV, pensieri ripetitivi o altro…). Per questa ragione non siamo liberi e tendiamo a muoverci solo su terreni che conosciamo con sicurezza nei quali possiamo avere le più alte probabilità di successo. Alba Marcoli in “Passaggi di vita- Le crisi che ci spingono a crescere” affronta questa tematica. (4)
Qualsiasi elemento possa far presumere una perdita di controllo della situazione fa scattare i circuiti associativi della mente emozionale, la memoria delle sensazioni fisiche di paura e disorientamento attiva l’amigdala e i lobi pre-frontali, che in poche frazioni di secondo supervisionano tutto il quadro e la scelta di evitare di inoltrarsi in quel territorio, giudicato troppo pericoloso, appare la più idonea.
W. Glasser afferma che i sintomi stessi sono un mezzo per non perdere il controllo della situazione, una sorta di costo inferiore rispetto al superamento delle situazioni di conflitto più profondo che si nascondono dietro di essi. (5)
La stessa tesi sostiene Goleman nel paragrafo : “Strategie per lenire l’ansia”.La mente emozionale può leggere una realtà emotiva in un istante, producendo un giudizio intuitivo immediato. “Le preoccupazioni croniche han tutti gli attributi di un sequestro emozionale di bassa intensità: sembrano spuntare dal nulla , sono incontrollabili, generano un costante ribollire d’ansia, sono inaccessibili alla ragione e costringono l’individuo a considerare il problema da un’unica, inflessibile prospettiva. Quando questo ciclo di preoccupazione persiste e si intensifica esso sfuma in veri e propri ‘sequestri’ emozionali, ossia nei disturbi ansiosi: fobie, ossessioni e compulsioni, attacchi di panico”. (6)
Non esiste una logica razionale, una proporzione tra ciò che innesca paura o ansia e la misura della nostra reazione di difesa: più le evocazioni sono profonde, più la pallina totalizza punteggi alti. Più siamo ipersensibili a causa di stress o sommatorie di esperienze negative precedenti inferiore potrà essere l’intensità dello spunto attivatore.  Un pensiero, un episodio o, anche semplicemente, una sgradevole percezione del proprio stato bio-psichico possono essere oggettivamente irrisori, ma verranno vissuti come soggettivamente molto rilevanti.
Le modificazione del tono muscolare, della pressione sanguinea, della ritmicità respiratoria ci rendono ipersensibili e ci pongono in atteggiamento di allarme.

A fine luglio dovevamo andare in vacanza a Roma e a Napoli ed io provavo già agitazione al pensiero dell’attraversamento delle città, alla possibilità di avere danneggiata l’auto. Sapevo che non dovevo ascoltarmi troppo, altrimenti non sarei più partito. Per gestire la mia ansia ho dovuto consultare cartine, fare telefonate, trovare collaborazioni.
L’altra mattina, invece, ad innescare quella forma di affanno e previsioni catastrofiche era stata la lettura di alcune pagine che avevano indotto in me forme di identificazione con le psico-patologie descritte e uno stato quasi confusionale. La mente era assediata da un cumulo di pensieri e alternative, una sorta di caos progettuale. “Leggo ? Scrivo ? Metto in ordine o è meglio che esca ? Perché mi succede così ? Questi argomenti mi interessano tanto …”
Superata la soglia di tollerabilità ho interrotto la lettura e sono uscito in bici con il libro nello zaino. Sarei andato a trovare mia cugina per raccogliere dei fichi.
Sull’argine, pedalando piano ho ripreso la stessa lettura, stavolta senza provare agitazione. Perché ? Forse l’aver distribuito diversamente le mie energie mi ha impedito di ricadere nella ressa dei pensieri che ogni tanto mi affligge ? Fatto sta che  ho assimilato quanto leggevo con attenzione, evitato una brutta mattinata e ottenuto un piccolo successo.

Anni fa avevo visto un grosso ratto entrare nel mio cortile per infilarsi tra i ceppi della mia legnaia, in un tubo. Mi feci aiutare da un vicino che, con un  ramo appuntito,  cercò di uccidere il topo riuscendo solo a ferirlo e facendolo scappare.
In seguito cossi la carne ai ferri bruciando quel ramo, potenzialmente infetto e, nei giorni successi, fui attanagliato dal pensiero di aver contagiato le mie figlie con la leptospirosi.
Razionalmente ciò non era possibile per la temperature che le braci avevano raggiunto, ma i sensi di colpa e la paura non mi abbandonavano. Successivamente realizzai che c’è qualcosa in me che ha bisogno di trovare uno spunto, una ragione che giustifichi l’insorgere della paura. Mi immaginai di essere come una palla che rotola sul panno del biliardo alla quale sono fissati dei rampini che a qualcosa finiscono per  aggrapparsi. Questa esperienza mi servì anni dopo, quando ebbi alcune crisi di panico: una in alta montagna e un’altra tornando in bici da corsa. Ero provato da vari mesi di tensione per la malattia psichiatrica di una delle mie figlie, per fortuna  curata adeguatamente nell’arco di 18 mesi. L’esposizione agli sbalzi di temperatura in quota, alla fatica e allo stress mi posero in uno stato di allarme: non ce l’avrei fatta.
Assunsi sali a ripetizione, feci pause e ripartenze assistito dai miei amici, anche se era la ventesima volta che affrontavo una ferrata fu un dramma arrivare a 2800 m. e poi scendere sul nevaio dentro la nube: furono tre ore allucinanti.
Ristabilito, due anni dopo sono tornato sulle Tofane, il nostro parroco ci ha guidato sulla via Tomaselli, ancora più esposta e impegnativa, richiamato da quella passione e consapevole che avrei potuto farcela, perché quelle pessime sensazioni della volta precedente erano partite dai rampini della mia palla.

Avendo recentemente letto quanto Goleman scrive sulle dinamiche della paura ho avuto modo di verificarlo alle terme di Ischia nella piscina 40°- 15°.
Immergere il corpo in un’ acqua a 40° fa provare sensazione leggermente dolorose, ti ci devi abituare pian piano, ma poi provi piacere e rilassamento e stai bene. Passare nella vasca 15° non è una buona notizia per i tuoi recettori termo-algesici e impieghi diversi minuti a convincere la tua amigdala che la cosa è fattibile, intanto mentre l’acqua raggiunge le tue cosce ti sembra di essere punto da sottilissimi aghi di ghiaccio, finchè la tua decisione non ti fa superare questa repulsione e ti immergi fino al collo. L’operazione va ripetuta per 3 volte: 2 minuti a 40°, 15 “ a 15 °. Inorgoglito da quella vittoria sulle mie paure, al terzo tentativo ho imitato un signore che saltava direttamente nella vasca fredda, attratto da quella sfida e dal desiderio di applicare ciò che stavo studiando.
Pure le esperienze positive vengono registrate e diluiscono il potenziale di quelle ansiogene, anche se per realizzarle dobbiamo ricorrere a vari tipi di risorse o al sostegno di qualche tutor.
Il punto rimane, comunque, riuscire a focalizzare l’attenzione lontano dalla percezione di sé, in quanto in quei momenti la previsione allarmante può amplificare le sensazioni spiacevoli rendendo inefficacie qualsiasi buon proposito.

Da alcune settimane, nel febbraio del 2004, mia figlia era cambiata, sembrava più decisa intraprendente, parlava molto velocemente e aveva cambiamenti rapidi di umore. Ci disse che non riusciva a dormire, ma imputammo la cosa a problemi d’ innamoramento. La notte del 29 febbraio ce la trovammo impazzita…
Non aveva più il senso della realtà ! Si dipingeva il viso, entrava e usciva dai negozi per proporre progetti megalomani.
Le cure psichiatriche prima e psicologiche poi hanno reso necessaria una ridefinizione della nostra vita: anche io e mia moglie siamo ricorsi a psicologi e specialisti.
Dovevo fare qualcosa, capire cosa fosse successo nella sua mente per poterla aiutare.
Ho letto Damasio, Glasser, Soresi, Perna, ripescato le  conoscenze psicomotorie in mio possesso (Vayer, Le Buolch, Mantovani) integrandole con quelle di alcuni esami sostenuti a pedagogia e al Corso Biennale per insegnanti di sostegno (Schiff, De Ajuraguerra, Laing e Cooper).  Scrivevo tutto quanto succedeva nelle giornate, stavo attento a tutti i cambiamenti comportamentali vissuti da mia figlia e ai miei vissuti personali: per stare a galla, per essere attrezzato ad affrontare la situazione.
Forse è iniziata in quelle giornate la strada dell’Auto-Ascolto, del considerarmi un po’ come un campo di auto osservazione.
A fine settembre ho subito un intervento chirurgico ai tendini della spalla e mi ha colpito come, nelle settimane successive, le tensioni notturne mi si scaricassero proprio sulle parti traumatizzate.
Sperimentiamo frequentemente che, nei periodi nei quali la nostra psiche è particolarmente stressata, nel sonno si accentuano le tensioni muscolari e i dolori articolari si acuiscono; ciò in quanto il sistema reticolato responsabile della regolazione tonica è influenzato dalle strutture sottocorticali del rinencefalo che è legato all’affettività, inoltre, i neuroni specchio hanno un ruolo nella motricità imitativa e nell’interpretazione dei messaggi non verbali del gruppo sono in grado di influenzare i  movimenti pensati, immaginati o di tipo emozionale.
In una condizione come quella del sonno, nella quale i vissuti profondi possono liberare la loro capacità evocativa, spingendoci a rivivere anche a livello corporeo fantasie, proiezioni e rielaborazioni della nostra storia è altamente probabile che la nostra psiche attivi globalmente la muscolatura secondo le connessioni che le sono proprie.”La ricerca attuale va a favore dell’ipotesi secondo la quale nell’uomo il sistema dei neuroni specchio si estenderebbe a comprendere i lobi parietali e frontali, nonché l’insula, l’amigdala, i gangli della base e  il cervelletto. Le aree del cervello che vengono attivate dipendono dal compito e dal fatto che si tratti di un compito osservato, immaginato o di tipo emozionale (Fadiga et al. 95, Grafton e al. 96, Ohnishi et al. 04, Rizzolati et al. 96 )”. (7)
Probabilmente, in questa logica rientrano anche gli “Atti Mancati” freudiani.
E se il prolungarsi nel tempo del sovraccarico neuro muscolare notturno, per mesi o anni, attivasse fenomeni di difesa da migliaia di auto aggressioni, fino a causare le malattie auto immunitarie muscolo tendinee delle quali si ignora l’origine ?
Trovavo conferma a queste ipotesi nell’insorgere della sintomatologia di mia cognata che si svegliava con dolori cervicali, articolari e vertigini o nel mal riposare di mia moglie che  ogni tanto  mi diceva: “Mi sembra di aver preso tante botte”.
Questo e altri segnali come la sua continua stanchezza, la sua ipersensibilità al freddo o al vento fecero nascere in me la paura che anche lei si ammalasse, anzi…la convinzione che ci fosse già qualcosa che non andava.
Dovevo far qualcosa per scongiurare una seconda esperienza devastante !
La mia mente entrò in una fase iperproduttiva: mi svegliavo alle tre di notte con delle intuizioni bellissime: progettavo, scrivevo moltiplicavo i contatti. I pensieri erano veloci, essenziali, colorati, organici. Le energie mi scorrevano dentro e trovavano una loro destinazione nel progetto di una educazione globale della persona, della sfera etico-relazionale basata su ciò che avevo visto e capito.
Le idee mi esplodevano nella mente come fuochi d’artificio e solo più tardi mi resi conto di essermi affacciato alla stessa forma di eccesso maniacale, dalla quale era stata travolta mia figlia.

Pian piano mi sono condizionato nel non esagerare, nel non assecondare gli impulsi creativi. Il mio corpo aveva bisogno di riposo. Quando mi alzavo di notte mi bevevo una camomilla doppia e prendevo una capsula di melissa per riprendere sonno.
Pensai: “Se queste cose succedono a noi che, tutto sommato, siamo una buona famiglia, con una formazione cristiana e tante risorse a disposizione, cosa può succedere a chi non ha strumenti per rielaborare i propri vissuti  o per orientarsi nel difficile compito di essere genitore ?”
La ricerca che avevo intrapreso aveva, comunque, una sua validità.
L’urgenza di organizzare qualcosa di sistematico e divulgativo da far circolare con i mezzi di comunicazione di massa, c’è.
I paragrafi seguenti riportano: miei contributi sui temi dell’Ascolto, della Fiducia e del Rispetto nei quali ritorna in modo ricorrente il tema dei tre centri di energia (mente, cuore e visceralità) tratto dai vari corsi di Enneagramma frequentati, che condizionano le nostre principali reazioni, un articolo sull’insegnante e la vita emotiva e alcuni percorsi didattici che ho ideato per incrementare le competenze sociali dei miei alunni.

 

Note

  1. A. Jodorovsky, “Il dito e la Luna”, Milano, Mondatori 2006
  2. D. Goleman, “Intelligenza emotiva”,Milano, Burr, 99, pag. 303-330; 350-354
  3. A. Marcoli,  “Passaggi di vita”, Milano, Mondadori, 2003
  4. D. Goleman, cit., pag. 336-341
  5. W. Glasser, “Puoi scegliere”, Tea ed.
  6. D. Goleman, cit. pag.90
  7. L.Cozolino, “Il cervello sociale”, Milano, Cortina Ed, 2006, pag. 200

Proposte di competenza relazionale

La progettualità creativa di quelle notti è stata utopica ma valida. Mi sono reso conto di averla sviluppata inizialmente in modo megalomane, ma di averla poi tradotta in segmenti didattici ed esperienziali che meritano di essere presi in considerazione.
Ho cercato e sto cercando collaborazione in specialisti e collaboratori che come me si vogliano attivare concretamente nel campo della formazione degli educatori: genitori, insegnanti o animatori che siano.
Non voglio smettere di sognare che un giorno si occupino in modo sistematico della diffusione di competenze affettivo relazionali agenzie come la Rai o i ministeri.
Intanto mi sto attivando tramite il “Comitato Vivere Insieme” del mio paese, sia sul mio territorio, sia in collaborazione col Centro servizi per il Volontariato, anche per la messa in rete di percorsi di maturazione della propria personalità e di aumento della proprie capacità educative.

Il materiale è tanto ed è stato elaborato anche precedentemente all’iscrizione al corso, ma ritengo mantenga una sua pertinenza relativamente all’impegnativo cammino di Auto-Ascolto che ho intrapreso ed abbia come tema centrale la sfera emotivo-relazionale trasversale per i miei ruoli di insegnante, padre, marito, corsista e cristiano.
Ho approfittato dell’opportunità che mi si presentava per ricollegare i mille rivoli della mia iperproduttività riconducendoli ad una mappa maggiormente organica.

I costi umani, sociali ed economici della non educazione affettiva e relazionale sono altissimi per questo io continuo nel mio impegno nell’ambito della prevenzione del disagio, con la consapevolezza di dovermi impegnare in progetti più limitati.
Scrivo articoli la rivista “Scuola e didattica” proponendo materiale teorico-pratico, mi sono iscritto al Corso Triennale per Consulenti Familiari e nello scorso anno sociale ho aperto un “Laboratorio delle parole chiave della relazione educativa e familiare” nella convinzione della necessità di una diffusione delle competenze relazionali che ruotano attorno ai punti chiave dei rapporti interpersonali. Assieme ad alcuni amici, insegnanti, al parroco e a due psicologi abbiamo focalizzato i temi più urgenti: Ascolto, Fiducia, Rispetto, Conflitto, Comprensione, Armonia…
Abbiamo organizzato un incontro mensile per condividere le principali implicazioni e preparare una scheda tematica che contenesse suggerimenti per gli atteggiamenti e indicazioni  bibliografiche  e un altro incontro mensile tenuto da docenti, coppie o esperti che proponessero esperienze ed approfondimenti.

Novembre 2008 – I serata sulla Parola: “Ascolto”

 

ASCOLTARE LE EMOZIONI

La visuale dalla quale parto risente molto della mia storia personale: nella mia famiglia d’origine raramente si stava tranquilli, nella mia attuale famiglia mi sono impegnato e mi impegno per essere un buon padre e un buon marito, ma non sono due mestieri facili da imparare e degli errori né ho commessi tanti; risente pure del compito che deve affrontare chi lavora con ragazzi handicappati: far partecipare alla vita scolastica chi parte da una situazione di svantaggio, chiedendosi continuamente: “Perché non riesce? Cosa posso fare per fargli capire, per renderlo più abile e autonomo?” E  quando si innesca un processo di miglioramento  è perché hai compreso come deve funzionare, qual ‘è la metodologia da seguire che gli farà  ottenere un progresso e questo richiede studio, aggiornamento e tanto…METTERSI NEI SUOI PANNI. Come insegnante di ginnastica poi mi trovo in un osservatorio privilegiato, perché li vedo giocare nella spontaneità delle loro reazioni emotive, li vedo affrontare con sicurezza o inibizione i movimenti, ogni anno sono almeno 150 ragazzi e tra loro trovi iperattivi, bulli, disgrafici, classi collaborative o conflittuali…
Nel gioco vivono entusiasmo, grinta, delusione voglia o rifiuto di partecipare. Se è vero che educare significa preparare ad essere autonomi, collaborativi e in armonia con se stessi, devo dire che la mia materia è privilegiata per offrire competenze comportamentali, sociali ed emotive.
Se parliamo ad esempio di BULLISMO lo potremo definire come la sottomissione di un compagno come esibizione di superiorità, che per essere agito richiede di minimizzare i suoi vissuti emotivi e di annullare qualsiasi giudizio morale sul proprio comportamento .  La competenza emotiva è alla base delle capacità relazionali. Regolarmente sperimentiamo che quando abbiamo dei vissuti emotivi insoddisfacenti per un contrasto in famiglia o sul lavoro, non siamo al top.
Tendiamo ad analizzare molto con la mente. Magari rivivendo il momento del conflitto come una scena che si ripete  nella nostra mente ed esprimendo interiormente giudizi che ci confermano le nostre buone ragioni.
E poi basta pensare al mondo dei nostri affetti più cari o all’attrazione che esercitano la musica, il cinema o le forme dell’arte per sottolineare quanto valore diamo alla sfera emotiva.

I Sentimenti sono delle reazioni spontanee ad un evento, ad una relazione interpersonale o ad un ricordo. In quanto reazione spontanea non sono né buoni né cattivi, ciò che ha valore morale e la scelta comportamentale successiva che decido consapevolmente di mettere in atto, ma il loro sorgere è talmente veloce e reattivo che non comporta responsabilità. Questo non è facilissimo da assimilare, perché oltre a gioia, serenità, soddisfazione e tenerezza tra le reazioni emotive ci sono anche: rabbia, delusione, fastidio. E quando le proviamo possiamo sentirci in colpa e mettere in atto dei meccanismi di difesa che ci impediscono di cogliere fino in fondo cosa succede dentro di noi.
Vi propongo ora una breve esperienza di ascolto di un brano musicale per aumentare la nostra capacità di riconoscere le emozioni, di dar loro un nome.
Ascolteremo per 2’ una colonna sonora per ascoltare, nel frattempo, noi stessi (“La maledizione della I luna”)

Adesso proverò ad esemplificare alcune situazioni relazionali per offrirvi uno schema di riferimento che vi sia utile per capire cosa i sentimenti smuovano e a cosa possono rimandare.
IL FATTO- La squadra di M. è in svantaggio e lui, sbagliando un ennesimo tiro, regala un’ altro punto alla squadra avversaria.
IL SENTIMENTO che ha provato è stato di delusione e di rifiuto.
HA PENSATO che non voleva proprio perdere, che la sua squadra era troppo debole rispetto agli avversari.
COMPORTAMENTO- Si è messo contro il muro a braccia incrociate e non voleva più giocare.
IL BISOGNO CHE MANIFESTAVA era quello di essere valido, ma i sentimenti che provava lo hanno spinto esattamente nella direzione contraria.

Un II esempio

IL FATTO- Mia moglie scende in cucina dopo di me e mi chiede con tono inquisitorio: “Hai bevuto il thè di Maria ?”
IL SENTIMENTO che ho provato è stato di irritazione e di seccatura
I PENSIERI CHE HO AVUTO sono stati: “Ecco! Cominciamo male la giornata. Perché mi deve controllare in quello che faccio…”
IL  MIO COMPORTAMENTO è stato di rispondere  che avevo voglia di thè e ho fatto colazione con quello.
IL BISOGNO che i sentimenti e i pensieri mi hanno rivelato è quello di autonomia e di indipendenza.

Il III esempio è meno morbido, ma ricalca i medesimi passaggi
IL FATTO – In cucina stiamo chiudendo i cappellacci mentre  parlo a mia moglie delle attività motorie che sto programmando per recuperare una ragazza disgrafica. Claudia mi critica perché ho messo troppo grana. La sfoglia è troppo secca e io non riesco a chiuderli :”Li stringi troppo poco. E non vedi che li chiudi a rovescio?  A proposito di scoordinazione…”
IL SENTIMENTO che ho provato è stato di forte rabbia.
I PENSIERI CHE HO AVUTO sono stati:”Io i cappellacci li so chiudere, me li faccio anche da solo.Adesso basta. Non la sopporto proprio quando fa così. Ecco abbiamo già rovinato la domenica !”
IL MIO COMPORTAMENTO è stato quello di gridarle in faccia “Sei una rompi…. Uno ti aiuta e tu?… Fatteli da sola la prossima volta.” Ho continuato a prepararli ma avrei voluto andarmene.
IL BISOGNO che i sentimenti, i pensieri e il comportamento mi hanno rivelato è quello di essere considerato valido.
Dario Seghi, psicologo, psicoterapeuta e responsabile dei consultori del Polesine enuncia i bisogni fondamentali per  chiarire a genitori ed educatori le dinamiche che collegano sentimenti, comportamenti, bisogni e valori .Questi bisogni basilari sono: Essere amato, Essere valido, Appartenere, Essere autonomo e libero.

Prendetevi ora due minuti per rivedere un episodio della vostra giornata scandendone i 5 passaggi che, dal fatto successo, vi facciano risalire fino al bisogno che è stato evocato.

Una cosa che mi ha afflitto per tanti anni, e ancora adesso, a volte, mi ricapita – e l’incapacità  rasserenarmi e di vivere positivamente quando vivo delle esperienze negative  con Claudia, o quando faccio dei bilanci negativi delle mie giornate: i miei ideali sono sempre gli stessi, le mie potenzialità pure, ma io non funziono come vorrei.
Parte un clima interiore di apatia, irritabilità, delusione…Si energizza tutto il sistema dei giudizi negativi sulla mia famiglia, su me stesso, sulle cose che mi accadono attorno. Questi bilanci negativi mi fanno provare a loro volta sentimenti  di delusione. E potete star sicuri che in quella versione sono meno disponibile ad ascoltare.

 

Ecco ! Abbiamo piazzato tre tasselli importanti: 1) In cosa chiedono di essere ascoltati i ragazzi; 2) Le dinamiche relazionali relative all’ascolto all’interno della coppia; 3) L’ascolto delle proprie emozioni come spunto per capire meglio se stessi ed essere così più liberi e aperti verso gli altri.

Se qualcuno desidera condividere con il gruppo qualcosa riguardo all’esperienza di stasera (la motivazione che lo ha spinto a partecipare, qualche aspetto che ritiene importante sottolineare o qualche idea che può aiutare anche gli atri) lo può fare, cercando di non fare interventi troppo lunghi, per dare spazio anche agli altri che volessero intervenire.
Intendo dedicare 10/15 minuti alla condivisione che non ha niente a che fare con il dibattito.

All’uscita troverete un testo che ho scritto per chiarire quale ricchezza si nasconda dietro le parole chiave della nostra vita, vi invito a prenderlo così magari avrete ancora più chiara l’impostazione di questo Laboratorio sulle parole della relazione educativa e familiare per  partecipare anche a qualcuno dei prossimi incontri.

Parole come noi
Parole come gradini di una scala da salire
Parole come isole, sconosciute da esplorare
Parole come ferite ancora aperte, che continuano a grondare
Parole come lacrime che scendono dal viso, di chi non ha capito
Parole come squarci di luce da un cielo serrato dalle nuvole
Parole come ghiaccio che ti può pietrificare
Parole come milioni di minuti passati alla TV a cercar di non pensare
Parole come acqua per potersi dissetare
Parole come fiumi sull’argine a guardare
Parole come impronte che ti fanno rintracciare
Parole come ruote da criceti, sulle quali continuiamo a girare  senza renderci ben conto che sono molto più di quello che potevamo poi pensare
Parole come destini che potremo scardinare
Parole come fari che ci possono guidare
Parole come incontri che ci possono arricchire,
come abbracci con i quali riscaldare
Parole come lame per uccidere o ferire
Parole come storie che possiamo assaporare
Parole come perle per poterci impreziosire
Parole come vite
Parole come noi
Parole sussurrate, come grida soffocate

Parole come muscoli da snudare con orgoglio

Parole come strade aperte ad un domani

Parole false, che ti tengono in prigione
Parole come sassi, montagne da scalare
Parole come aria che ti può far respirare
Parole come copioni che continuiamo a recitare,
come moribondi che cerchiamo di evitare.
Parole come sogni nei quali navigare,
come scenari sui quali disegnare
Parole come incontri che vogliamo ancora fare
Parole come demoni che ci fanno lacerare
Parole come pagine da leggere o riempire
Parole come vite
Parole come noi
Parole come grida da lanciare a chi ci assedia
Parole come storie che meritano rispetto
Parole come troni, come mura di difesa
Parole da incontrare
Parole da sfiorare
Parole come assicurazioni per un futuro da affrontare
Parole come noi
Parole come voi
Parole col sigillo, da sciogliere e svelare
Parole da domare
Parole come paludi nelle quali sprofondare
o come insetti che ti possono ammalare
Parole che ti fiaccano e ti fanno disperare
Parole da incontrare, da masticare assieme per potersi confermare
Parole dure
Parole come sberle
Parole nostre che dobbiamo rincontrare
Parole magiche che ci possono cambiare
o ghiotte che ci possono saziare
Parole belle che ci possono calmare
Parole profumate, come scorza di montagna
Parole accatastate da potere ritrovare
Parole vere
Parole buone, come un bacio trepidante
Parole che mi aspettano e vorrò aver vissuto
Parole col potere di annunciare il nostro arrivo
Parole da non dire, se non al nostro Dio
Parole che ancora attendo, per capir chi sono io.

Di seguito presento la “Scheda di allenamento” che abbiamo consegnato ai partecipanti perchè possano perfezionare le loro capacità di ascoltare.

Allenarsi all’ascolto

Definizione – Atteggiamento di accoglienza dell’altro mettendolo al centro della nostra attenzione, per partecipare del suo racconto con la mente aperta e il cuore libero.

Cosa lo aiuta – L’arte di far silenzio. La capacità di mettersi in II piano. L’uscita dall’egocentrismo
Il desiderio di essere d’aiuto. L’importanza che si attribuisce a chi ci sta parlando. Il desiderio di capire veramente  fino in fondo. La volontà di confermare l’altro. Il sapere che ascoltando fino in fondo arricchisce noi, ci fa crescere, ci fa incontrare veramente. La curiosità di imparare qualcosa di nuovo.

Cosa lo ostacola – La convinzione di saperne di più. I pregiudizi. La fretta di arrivare alle conclusioni. La paura di essere inadeguato. L’eccesso di coinvolgimento emotivo. Il pensare che quanto mi viene comunicato debba poi essere risolto da me. La delusione. La freddezza e l’aridità personali. Eccesso di coinvolgimento che mi porta a dare consigli risolutivi che non tengono conto fino in fondo dell’altro. La chiusura per paura delle emozioni troppo forti. L’interpretare quello che mi viene comunicato giudicandolo senza tolleranza. La ridondanza dei propri pensieri. L’avere sempre altro da fare.

Atteggiamento ottimale – Un temporaneo dimenticarsi di sé per affiancarsi in amicizia.
Essere come un piatto, non il cibo che può nutrire. Come un portalampada, non la luce che può rischiarare. Un asciugamano a disposizione, se serve…

 

Atteggiamento ottimale – Un temporaneo dimenticarsi di sé per affiancarsi in amicizia.
Essere come un piatto, non il cibo che può nutrire. Come un portalampada, non la luce che può rischiarare. Un asciugamano a disposizione, se serve…

Opportunità di arricchimento – Gruppi di auto aiuto (CSV FERRARA) – Fine Settimana di Incontro Matrimoniale per Coppie o Fidanzati (<www.meitalia.it>)- Nella Sezione “Vivere in armonia” i percorsi:             “Con se stessi” e                  “Nei momenti difficili” all’interno di questo sito. <Enneagrammaitali.it>

Esercitazioni per migliorare – Sospendi ciò che stai facendo per prestare più attenzione.Orienta il corpo e lo sguardo verso chi ti sta parlando. Se provi qualche sentimento negativo accettalo e poi prova a metterlo sullo sfondo.
Attenua la categoricità dei tuoi giudizi per metterti nei panni dell’altro.Rivedi a fine giornata qualche momento nel quale hai ascoltato.

Testi utili sull’argomento – Francescato D.“Star bene a scuola”, Roma, Carrocci 86.-
Chapman G. “I 5 linguaggi dell’amore”(Ottimizzare la comunicazione nella coppia), Torino,Ellenici, 02.- Lombardo P. “Impariamo ad amare- La maturità psicoaffettiva”,Verona, Vitanuova, 06.- Perna G. “Le emozioni della mente”-Biologia del cervello emotivo, Torino
Ed. S. Paolo, 04.

 

 

1/12/2009 II serata sulla Parola :  “Rispetto”

Mi sono chiesto cosa significa rispettare se stessi.

 

Decine, centinaia di volte facciamo esperienza di cosa sia il rispetto nelle nostre giornate. Quando apriamo con cura la custodia di un CD, quando infiliamo la chiave nella serratura per entrare in casa nostra o quando stendiamo la tovaglia sul tavolo… Se vogliamo utilizzare una cosa, dobbiamo conoscerne la natura e il funzionamento, altrimenti ?…Rischiamo di romperla, di diventare impacciati, inefficienti, goffi.
Riguardo al rispetto di noi stessi penso funzioni allo stesso modo.
Se volgiamo rispettarci dobbiamo conoscere come siamo fatti nelle nostre tre dimensioni fondamentali (Cuore-Corpo-Mente). E’ la “conditio sine qua non” al raggiungimento del benessere.
Il corpo ci parla 24 ore su 24 della sua/nostra esigenza di essere rispettato, attraverso il sonno, il tono muscolare, la regolarità dei nostri atti respiratori, le variazioni della pressione sanguinea, il livello di ansia…
Se non fosse così non avrebbero ragione di esistere tutte le forme di cura del corpo dal Fitnes allo Yoga, dalla pratica sportiva alle scuole di ballo, dai centri benessere al Training autogeno.
Le dipendenze stesse sono una conferma di questo bisogno imprescindibile. Ho bisogno di calmarmi: fumo o mangio in continuazione…Voglio essere su: mi carico con la musica, bevo caffè o assumo sostanze…Ahimè!
Quello che chiamiamo è cuore la cassa di risonanza delle emozioni che proviamo, a decine nella nostra giornata ed è il secondo indicatore del nostro benessere psico-fisico, esso risuona differentemente in base a chi ci sta vicino, al compito che dobbiamo svolgere, ai ricordi che ci attraversano, ai bilanci o alle previsioni che operiamo, ai messaggi verbali e non verbali che ci provengono dalle persone con le quali interagiamo e tanto più queste sono significative per noi, tanto maggiore sarà la loro intensità evocativa.
Le emozioni negative ci mettono in allerta. Ci dicono che uno dei nostri bisogni basilari (Essere Amato, Essere Valido, Essere Rispettato o Essere Libero) è stato frustrato. Le emozioni positive ci confermano, ci danno energia,  ci riavvicinano al bello, alla voglia di vivere. Entrambe queste tipologie ci parlano della distanza che ci divide dal raggiungere l’armonia: il fine della nostra esistenza.
La nostra mente tiene sotto controllo il mondo interno monitorandolo in continuazione; valuta, opera bilanci e previsioni, calcola le probabilità di successo dei nostri orientamenti. Controlla, inoltre, la coerenza dei nostri comportamenti rispetto alle esperienze precedenti e rispetto al progetto complessivo che abbiamo dentro di noi. Contiene dentro di sé le nostre scale di valore e in base a queste esprime giudizi su noi stessi, sull’andamento delle cose e su chi ci sta di fronte. E’ la sede della memoria dei vissuti pregressi e ci ripropone le sue rielaborazioni, facendoci rivivere, a volte i momenti di conflitto, come su un palcoscenico nel quale noi stessi copriamo contemporaneamente i ruoli di interprete, giudice, avvocato, parte lesa o giustiziere.

Queste nostre tre dimensioni hanno una tale ricchezza, complessità e profondità da non essere ancora state esplorate completamente nonostante l’impegno profuso da tutte le facoltà psico-neuro-fisiologiche esistenti.
Ciò che vorrei qui sottolineare è l’interdipendenza che esiste tra queste tre espressioni dell’essere umano.
Al nostro interno convivono, interagiscono e si influenzano reciprocamente: pensieri, emozioni e reazioni organiche in modo quasi simultaneo e con una ciclicità ripetitiva che la psicologia chiama personalità, il nostro precipuo modo di reagire alle situazioni, ai rapporti e ai segnali che il nostro corpo ci invia.
Ciò che succede ai piani più bassi della nostra psiche influenza anche i nostri pensieri:un conflitto relazionale si scarica sul nostro tono muscolare e sulla regolarità di respirazione e battito cardiaco, ad esempio.  Se ascoltiamo una musica possiamo ritrovare la calma o la carica giusta. Alcune pratiche di autocontrollo o di yoga possono portare cambiamenti respiratori, muscolari o pressori. E via di seguito.

G.Perna parla dei mutamenti fisiologici legati agli stati emozionali, nel testo “Le emozioni della mente”, per mettere in luce quei processi neuro-biologici. (1)
Ma già A. Damasio ne”L’errore di Cartesio” e “Alla ricerca di Spinoza” aveva identificato le vie somato-sensitive come le strade neurologiche dell’emozionalità.(2)
E. Soresi ne ”Il cervello anarchico” chiarisce come le reazioni psico-somatiche siano un segnale che il cervello mette in atto per riportare l’organismo all’omeostasi. (3)
Già P. Vayer aveva parlato del tono muscolare (la Funzione Tonica) come la risultante sia dei fattori fisiologici che relazionali e la mia esperienza di insegnante di Educazione Fisica mi ha confermato spessissimo questo dato: iperattivi e ipotonici non hanno una coordinazione ottimale, il loro approccio al gioco e alla motricità in genere  è alterato da un a-priori esperienziale collegato al  vissuto precedente.

Quello che vorrei sottolineare e che se pensiamo al comportamento, al modo di stare in mezzo agli altri dobbiamo ritenere che la dimensione corporea e neuro-fisiologica abbia una rilevanza molto superiore a quanto siamo abituati a considerare.
Questa simultaneità delle tre dimensioni considerate condiziona le nostre modalità di rapporto come se il nostro stile relazionale funzionasse come un flipper, caratterizzato da scambi veloci, reattività agli impulsi, rimbalzi, barriere che si alzano o si abbassano…E noi a giocare, cercando un controllo improbabile.
Un’altra immagine che potrebbe chiarire questa tripla dimensione è quella di un traghetto che per poter navigare e raggiungere il porto deve sfruttare e gestire la forza del motore, seguire la guida degli ufficiali che tengono in considerazione correnti, vento e informazioni radar ed avere un buon equipaggio che abbia sistemato in sicurezza il carico, si occupi dei passeggeri e faccia funzionare ogni reparto durante l’intera traversata.

 Siccome sono entrato in contatto con la malattia mentale ho approfondito lo studio di queste dinamiche tentando una sintesi dei miei percorsi formativi (Corso biennale per insegnanti di sostegno, biennio di filosofia nei domenicani, Diploma ISEF, 11 esami di pedagogia, docenza in due corsi biennali di specializzazione con 11 tesi su motricità e handicap, Corsi sulla personalità e sulla relazione di coppia, paternità, osservazione di migliaia di alunni nel gioco e nell’attività motoria, referenza nella prevenzione del disagio scolastico, ecc.) e vorrei dire, attraverso il sito del Comitato Vivere Insieme e il “Laboratorio delle parole chiave della relazione educativa e familiare”, una banale verità:
solo se stiamo bene riusciamo a voler bene.
Nonostante tutti i corsi fatti, le catechesi, la preghiera, la meditazione della Parola di Dio…quando tra me e mia moglie non funziona bene la relazione, non funziona neanche il resto: non va bene lo stato d’animo, non sto bene fisicamente, sono meno disponibile agli altri.
E’ come se queste tre dimensioni fossero talmente impastate assieme da non riconoscere dove finisce l’una e dove inizia l’altra; come in un impasto per il pane non puoi più distinguere farina,acqua, lievito e sale. D’altra parte è logico: noi siamo un’unica persona nella quale le fibre nervose pervadono il corpo influenzandone il funzionamento e venendo a loro volta informate da tutto ciò che succede, sia esso di natura sensoriale, mentale o emotiva.
Se poi pensiamo che il Padre eterno ci ha fatti così, diventa ovvio dedicare tempo, interesse, denaro e ricerca alla conoscenza di noi stessi; perché sapendo come funzioniamo possiamo essere anche più utili agli altri, entrando in confidenza con questa nostra natura per rispettarla, per viverla ecologicamente, in armonia.

Partire dal corpo con lo Yoga o il Focusing (1), partire dalla mente con la meditazione, lo studio o  corsi come l’Ennagramma (2), o partire dal cuore perdonando una persona o vivendo un fine settimana di Incontro Matrimoniale (3) per migliorare la relazione di coppia o dalla preghiera …va, comunque, bene.

  1. Perna, “Le emozioni della mente”,Torino, S:Paola, 2004
  2. A. Damasio, “Alla ricerca di Spiniza”, Milano, Adelphi
  3. E.Soresi , “Il cervello anarchico”, Torino, UTET, 2005
  4. E.T. Gendlin “Focusing- Interrogare il corpo per cambiare la psiche” 2001, Roma Astrolabio.
  5. www.enneagrammaitalia.it
  6. www.wwme.it

 

 

 

 

 

Allenarsi al rispetto

Definizione –  E’ la capacità di riconoscere il valore individuale dell’altro, di noi stessi e delle cose che ci circondano.

Cosa lo aiuta –La considerazione dell’altro, il dare valore alla sua individualità, senza fare confronti, accettandone la diversità liberi dai pregiudizi. La volontà di non offendere, di non invadere la sua sfera privata. La pazienza. Il sapere che lui è fatto così, che è diverso: ha i suoi modi e i suoi tempi. La confidenza e il contatto frequente. La capacità di capire e ascoltare. L’affetto che si sente. La comprensione.Lo stare di fronte all’altro con onestà e  sincerità.La delicatezza e la cura nei suoi confronti. La conoscenza dei valori morali. La ciclicità: + io rispetto, +sono rispettato, + sarò propenso a rispettare.

Cosa lo ostacola – La superficialità, il disinteresse, l’indifferenza. Il minimizzare il valore delle cose. Le ferite, le esperienze traumatiche, la scarsa autostima. Il pregiudizio. La svalutazione dell’altro e il considerarsi superiori.  La critica e l’ironia pungente. Lo scarso ascolto. Il ripiegamento su se stessi. L’avere secondi fini. Il fare per essere accettati. Il sentirsi in obbligo di dover accontentare. Il vivere in simbiosi e la scarsa libertà. La delusione e la poca stima dell’altro.
L’irritabilità e l’impeto emotivo (a volte causato dalla dipendenza da sostanze).

Atteggiamento ottimale – Trattare con riguardo. Attenzione e vicinanza del cuore. Il rispetto dell’altro si manifesta nella tolleranza lasciando al lui la libertà di fare, di valutare a modo suo, cercando di comprendere le ragioni che lo spingono a quelle scelte. Il rispetto di se stessi parte dall’autostima, si radica nella consapevolezza del valore della propria individualità, dei propri limiti e si esprime attraverso la capacità di fare solo ciò che posso e voglio fare nel considerazione profonda della mia dignità.

Opportunità di arricchimento – Servizi per la personae i gruppi (www.creativ.it) –Il diritto alla felicità del bambino (www.cs.evolution.com)- Strumenti di comunicazione per educatori e genitori (www.ranocchieprincipi)- Fine Settimana di Incontro Matrimoniale per Coppie o Fidanzati <www.meitalia.it>  Il cammino dell’ Enneagramma e l’incontro con la propria personalità <enneagrammaitalia.it>

Esercitazioni per migliorare –Ascolta qualcuno senza giudicarlo. Pratica piccole forme di digiuno: dall’egocentrismo, dal cibo, dal fumo, dall’alcol, dalla TV, dall’isolamento. Considera uno dei tuoi settori di impegno e chiediti se lo stai portando avanti con equilibrio o se stai chiedendo troppo a te stesso. Dedica tempo a qualcosa che ti ricarichi. Rivedi un dialogo della tua giornata e stabilisci se hai dato e ottenuto rispetto. Se vivi una relazione conflittuale prova a metterti nei panni dell’altro.

Testi utili sull’argomento – Francescato D.“Star bene a scuola”, Roma, Carrocci 86.-
Chapman G. “I 5 linguaggi dell’amore”(Ottimizzare la comunicazione nella coppia), Torino,Ellenici, 02.- Lombardo P. “Impariamo ad amare- La maturità psicoaffettiva”,Verona, Vitanuova, 06.- Dobbs “I segreti dell’autostima”.- Ury W.  “Il no positivo”(Non rinunciare ai tuoi obiettivi),Milano,Corbaccio 07 .- Glasser W. “Puoi scegliere”(un futuro armonioso).- Damasio A. “Alla ricerca di Spinosa”. Soresi  “Il cervello anarchico”(Ridurre al minimo il disagio psichico), Torino, UTET,05

 

 

26/01/2005  III serata sulla Parola :  “Fiducia”

I Cardini della Fiducia

 

Dal momento che siamo in un “Laboratorio sulle Parole chiave della relazione” vi invito ad essere attivi, a dare il vs. contributo.
Quali sono le parole sinonimo di fiducia, collegate al suo significato ?
FIDUCIA E’……
Apertura, Esplorazione, Coraggio, Visione positiva….
E quali sono
I VERBI, LE AZIONI CHE NE SCATURISCONO ?
Poteremmo partire dalla frase: “Viviamo con fiducia quando….
Affrontiamo, Intraprendiamo, Parliamo,  Progettiamo, Iniziamo, Crediamo..
Il nostro essere qui, stasera, è un atto di fiducia !
Io credo sia importante si diffonda una competenza relazionale nelle famiglie e tra gli educatori. Credo che questo progetto riguardi la gente e mi adopero per coinvolgerne tanta.
Voi avete creduto, nonostante la pioggia, valesse la pena dedicare una serata a questo tema…
Mauro, Enrica, Stefano e Caterina hanno fiducia di potervi parlare condividendovi un po’ della loro storia…

 

Io sono un allenatore di pallavolo. Ho giocato per 36 anni, anche troppo !
E vi assicuro che per avere una buona squadra occorre lavorare tanto sui fondamentali: ricezione, battuta, muro, schiacciata…
Stasera voi siete la mia squadra e gli ‘esercizi’ che faremo spero vi possano far migliorare nel fondamentale della fiducia. Non vorrei che ascoltaste una cosa teorica, vorrei faceste un’esperienza che possiate poi utilizzare nella quotidianità dei vostri rapporti.

Io la questione la affronterei così…

Noi siamo un puntino nell’universo  !

Vi è mai capitato di viaggiare in treno la sera  passando a fianco alle case vedendo la gente occupata nelle proprie faccende e pensare: ”Loro non sanno nemmeno che io esisto. Centinaia, migliaia di persone delle quali non saprò mai niente”.
O di guardare dall’aereo e di stupirvi nel vedere tutto così piccolo, lontano. Come una carta geografica che vive…
Più ci allontaniamo, più sembra che abbiamo poca importanza.

 

Invece, da dentro di noi questa importanza diventa enorme. Siamo così attenti a ciò che sentiamo, all’impressione che suscitiamo negli altri, al valore delle cose che facciamo.
Ed è giusto ! Noi siamo importanti. Insostituibili…Per i nostri familiari, per il ruolo sociale che svolgiamo, perché quello di cui ci occupiamo ha valore e lo volgiamo fare bene.
Se cancellassimo quel puntino dal quadro della vita, non sarebbe più la stessa storia: per il vuoto che lasceremmo, per i doni grandi che ci sono stati consegnati e ci è chiesto di mettere in campo.
Se lo vediamo da dentro questo puntino è come un altro universo: cellule, organi, apparati dotati di automanutenzione, intelligenza, sentimenti, ideali, energie, valori…

 

Il corpo e le energie sono il secondo terreno sul quale giochiamo la nostra persona.
Il lavoro, le attività manuali, gli hobby, il tono muscolare, il battito cardiaco, gli occhi che osservano, la pelle che sente  (quelli che ci sono subito simpatici e quelli che a pelle non sopportiamo), l’ansia di non farcela, il respiro che cambia, il cibo o il fumo che ci calma, le pulsioni e le attrazioni del nostro inconscio, le energie del nostro bambino interiore che da qualche parte dobbiamo scaricare, che qualche volta non ci fanno dormire, le sostanze che ci cambiano l’umore (un buon  caffè o un bicchiere di vino),  gli psicofarmaci o , per qualcuno, le  sostanze stupefacenti.

 

E la mente che tiene il conto delle esperienze: memorizza, cataloga, classifica, valuta, esprime giudizi di valore, struttura quadri di riferimento per prevedere come può andare a finire, prevede e organizza pregiudizi per evitare situazioni traumatiche, per non perdere il controllo.
E ancora fa bilanci, esprime giudizi di valore su noi stessi, sugli altri e sulle situazioni.
Elabora progetti o rimugina e gira a vuoto. Ci fa rivedere e rivedere la stessa scena se le cose non sono andate come dovevano…

 

L’organizzazione di questo complesso sistema lo chiamiamo PERSONALITA’.

Cosa c’entra tutto questo con la Fiducia ?
Soresi dice che l’organismo tende al mantenimento del benessere all’omeostasi. (1)
Il fatto è che corpo, cuore e mente sono monitorati simultaneamente dal nostro S.N.C.
e tutto avviene praticamente in poche frazioni di secondo.
I piani bassi del riconoscimento dell’ambiente e delle reazioni istintuali influiscono e sono a loro volta influenzati da quelli intermedi dell’emotività  e del controllo degli apparati e da quelli alti delle conoscenze, dei bilanci, del linguaggio e delle raziona- lizzazioni .Perna “Le emozioni della Mente”(2)

Sono come tre cardini di una porta, ma noi raramente ci occupiamo di lubrificarli tutti e tre. Anzi, quello che credo succeda più di frequente è che, per una sorta di eccesso di prudenza, per un’abitudine tendenziosa a giocare prevalentemente sui terreni nei quali crediamo di essere maggiormente esperti, ci occupiamo in modo molto diseguale dei 3 settori; così la porta non scorre bene: o la testa macina troppo, o siamo ipersensibili alle emozioni e facciamo dipendere la nostra serenità dalle conferme affettive degli altri o dal come ci sentiamo, o ci concentriamo tanto sul fare che diventiamo iperproduttivi e finiamo stremati le nostre giornate.
Provate, un attimo, a pensare ai vostri 3 cardini e valutate la proporzione con la quale vi dedicate a ciascuno di loro.
Forse è solo questione di ribilanciare le cose. Se il creatore ci ha fatto così sensibili, così mentali, così pieni di energie ci sarà pure un modo per vivere in armonia!

Vi propongo ora due piccole esperienze per sperimentare questa unicità delle tre dimensioni e questa loro interdipendenza.
Ascolteremo una Canzone (“Al buio” di R: Zero) e cercheremo di sperimentare come Cuore, Corpo e Mente vadano assieme.

Vivere la fiducia nelle relazioni è essere fiduciosi di esplorare nuovi terreni, incontrando gli altri nella loro diversità.
Vivere la fiducia con la mente è liberarsi dalle previsioni negative.
Vivere la fiducia nel proprio corpo è avere la serenità di ascoltarne i segnali, anche quando ci si presentano sotto forma di allarme o di ansia.
Gendlin (3) invita all’ascolto del corpo perché esso solo è in grado di guidarci verso ciò di cui abbiamo necessità per ritrovare l’armonia .

Proviamo ora ad attivare queste nostre 3 dimensioni:

Vi invito ad alzarvi e a cercare qualcuno nella sala che non conoscete per presentarvi, per parlare con lui solo un paio di minuti !

“Sulla base delle mie esperienze, ho notato che se posso contribuire a creare un clima contrassegnato da genuinità, apprezzamento, comprensione, allora avvengono cose molto stimolanti.
Gruppi e persone si muovono, in un clima simile, dalla “rigidità” verso la “flessibilità”, da un “esistere statico” ad un “vivere dinamico”, dalla “dipendenza” verso l’ “autonomia”, dalla “difensività” verso l’ “autoaccettazione”, da un a”essere ovvio e scontato” verso una “creatività imprevedibile”.
Diventano in tal modo una prova vivente di una “tendenza alla realizzazione”.
Se io mi trovo in un’atmosfera che promuove la crescita allora sono in grado di “sviluppare una fiducia profonda” in me stesso, negli individui, in gruppi interi.
Ho imparato che in ogni relazione significativa o continua, i sentimenti “più ostinati” è bene che siano espressi. Se lo sono come sentimenti che mi appartengono”, le conseguenze sono temporaneamente disturbanti, ma, alla fine, molto più gratificanti che ogni tentativo di negarli o nasconderli”. (C. Rogers: “Un modo di essere”)
Torniamo così alla conclusione del secondo incontro del “Laboratorio delle parole chiave…”

STAR BENE AIUTA A VOLER BENE
VOLER BENE AIUTA A STAR BENE

 

Ma per essere in grado di esprimere nei gesti della vita quotidiana questa apertura che possiamo chiamare fiducia devo percorrere delle tappe nella mia formazione che mi rendano competente, disponibile all’ascolto delle mie emozioni, in armonia con me stesso, con la totalità delle mie reazioni psichiche.

 

Note

  1. Soresi “Il cervello anarchico”, Torino, Utet 05
  2. Perna “Le emozioni della mente”, Torino, S.Paolo 04
  3. Gendlin “Focusing-Interrogare il corpo per cambiare la psiche”, Roma, Astrolabio 01

 

Riporto di seguito la “Scheda di allenamento” consegnata al termine dell’incontro.

Allenare la Fiducia

Definizione –  E’ l’attitudine coraggiosa all’apertura e alla visione positiva che induce la persona a partecipare, progettare, incontrare.

Cosa la aiuta – La conoscenza obiettiva della situazione, senza focalizzarsi troppo sui rischi o sulle valutazioni  altrui. La capacità di parlare per avere un approccio sereno, conoscendo il  punto di vista degli altri: conoscere le loro ragioni può aiutare. Accettare le sconfitte e le delusioni come lezioni dalle quali ripartire. La stima di sé e del prossimo. La sicurezza in se stessi. La libertà dai pregiudizi. L’umiltà. L’apertura della mente e del cuore. La tolleranza della diversità. La mitezza.
La consapevolezza che dando fiducia si ottiene fiducia. Il ritenere l’altro sinceramente interessato a te e il bisogno di affidagli pensieri, sentimenti, emozioni.

Cosa la ostacola – La diffidenza. I pregiudizi sull’altro. La paura di essere  messo a nudo o tradito. Le ferite, le esperienze traumatiche, la scarsa autostima. Il concentrarsi sugli aspetti negativi o la previsione di non farcela. L’eccesso di preoccupazioni o la stanchezza che si vive tentando di controllare tutto quanto. I condizionamenti dei mezzi di informazione catastrofismi. La solitudine.
L’arroganza.

Atteggiamento ottimale – Vivere con il cuore disponibile agli altri, alle esperienze, alla stima di sé e la mente che valuta con obiettività e apertura le singole situazioni..

Opportunità di arricchimento – Servizi per la persona e i gruppi (www.creativ.it) –Il diritto alla felicità del bambino (www.cs.evolution.com)- Fine Settimana di Incontro Matrimoniale per Coppie o Fidanzati ( www.wwme.it ) Il cammino dell’ Enneagramma e l’incontro con la propria personalità ( www.enneagrammaitalia.it )- Percorsi di prevenzione del disagio scolastico (Daniele Lodi <da.lodi@tin.it> ) - Coordinamento delle realtà di auto aiuto (<reteautoaiuto@volontariato ferrara.org>) – G. Perna: uno specialista dell’ansia ( www.ansia.info )

Esercitazioni per migliorare – Fai una cosa nuova che ti piace o per esplorare un nuovo campo.
Se hai diversità di vedute prova a metterti nei panni dell’altro. Aumenta il numero delle persone che saluti o  esprimi più calore nei tuoi incontri. Diminuisci la tua distanza dal contatto con gli altri.. Usa maggiormente il contatto corporeo con le persone che ami. Alla sera rivedi tutte le cose positive della giornata. Mettiti davanti anche quelle negative e considera quante altre volte le hai già affrontate. Dì un SI o un NO con fermezza. Identifica un tuo pregiudizio. Liberatene. Usa la musica per migliorare i tuoi stati d’animo.

Testi utili sull’argomento – Gendlin E. “Focusing:Interrogare il corpo per cambiare la psiche” (Un percorso per non somatizzare)Roma, Astrolabio 01-
Muriel- James Nati per vincere” (Carezze e crescita dell’autostima) Torino. S.Paolo 97
Chapman G. “I 5 linguaggi dell’amore”(Ottimizzare la comunicazione nella coppia), Torino,Ellenici, 02.- Lombardo P. “Impariamo ad amare- La maturità psicoaffettiva”,Verona, Vitanuova, 06.- Dobbs “I segreti dell’autostima”.- Ury W.  “Il no positivo”(Non rinunciare ai tuoi obiettivi),Milano,Corbaccio 07 .- Glasser W. “Puoi scegliere”(un futuro armonioso).- Soresi  “Il cervello anarchico”(Ridurre al minimo il disagio psichico), Torino, UTET,05 – Perna G. “Le emozioni della mente” (Conoscere per prevenire l’ansia), Torino, S. Paolo, 04

 

L’insegnate e la vita emotiva
(Alcuni strumenti per una competenza relazionale)

Avevo un collega di matematica che, chiamato al telefono, poteva assentarsi dalla classe per alcuni minuti senza che nessuno si muovesse dal banco o facesse confusione. Un caso unico degli anni 80. Molti di più ne ho conosciuti che alzano la voce, diversi che non concedono sconti, altri che non hanno comprensione e, a volte, umiliano i loro alunni, i più si barcamenano tra empatia ed autorevolezza.
Potremmo dire che la nostra metodologia di insegnamento risente della sicurezza che abbiamo in noi stessi, della padronanza della nostra emotività e della capacità di controllare il gruppo: la leadership. Sia essa tendenzialmente autoritaria, democratica o tentennante dobbiamo comunque porci il problema delle ripercussioni emotive che essa produce sui ragazzi e, magari, scoprire se essa è funzionale ad un buon rapporto interpersonale o condizionata da questioni non risolte che mascherano qualche nostra fissazione.
Nel nostro lavoro sappiamo che una buona conduzione della classe crea un clima favorevole all’apprendimento, mentre un contesto ansiogeno lo preclude.
Troviamo decine di esempi a suffragio di questa tesi nell’ “Intelligenza Emotiva” di Goleman: a parità di Q. I. la propensione alla speranza è determinante nel raggiungimento delle mete scolastiche (p. 113-117), i soggetti con un buon controllo emotivo ottengono migliori risultati scolastici (p. 107-112), le emozioni negative possono tenere sotto sequestro la parte razionale inficiandone l’efficienza (p. 32-49).
Ansia, sicurezza i se stessi, desiderio, motivazione, rifiuto…hanno il potere di favorire o inibire sia i processi di apprendimento, sia le relazioni interpersonali in quanto le componenti sotto-corticali del nostro S.N.C. sono in grado di condizionare il flusso del pensiero e la struttura della nostra personalità (Damasio ’94). L’amigdala e i lobi pre-frontali hanno archiviato in se stessi le precedenti esperienze emozionali e tengono monitorato il nostro stato bio-psicologico attraverso i recettori somato-sensitivi e i propriocettori neuro-muscolari.
In pratica,   viviamo ogni esperienza sia a livello razionale sia a livello emotivo, ma le parti più profonde della nostra psiche hanno una rapidità  associativa ed una forza condizionante molto superiore a quanto siamo abituati a pensare. (Soresi 05, Damasio 04, Cozolino 06).
E’ affascinante scoprire come funzioniamo. Come gli stati emotivi inneschino reazioni che siamo chiamati a riconoscere, ascoltare ed orientare pena la rottura delle relazioni (anche con coloro che amiamo) e la perdità del nostro benessere psicologico.
Un anno e mezzo fa sono stato invitato da una carissima amica a frequentare un corso base sui profili di personalità e mi si è aperto un mondo estremamente organico ed approfondito per conoscere maggiormente me stesso, le mie reazioni, la mia dimensione viscerale ed i rapporti preferenziali che instauro tra la mia mente, le mie emozioni e la mia fisicità. In fondo la personalità è il taglio che tendiamo a dare alle nostre reazioni nei vari campi della vita. Peccato che si tenda a privilegiare prevalentemente alcune modalità che in passato ci hanno dato buoni risultati, ma che non sono necessariamente valide attualmente e ci possono spingere a diventare eccessivamente insofferenti, accomodanti o arroganti. Consiglio a tutti una visita al sito “Enneagrammaitalia.it”e, ancor meglio, la frequenza a qualcuno dei corsi presentati.
Scoprire di essere preferenzialmente idealisti, aiutanti, artisti,osservatori, leader o collaboratori e, soprattutto, di essere condizionati maggiormente dalle proprie energie viscerali, mentali o emozionali offre il grande vantaggio di incontrare noi stessi in profondità: di capirci, di osservarci come dall’esterno per vagliare le nostre modalità comunicative e, scoprire, magari, qualche trabocchetto nel quale cadiamo in maniera ricorrente.
Vi posso assicurare che è più probabile energizzare eccessivamente l’uno o l’altro dei tre fondamentali centri di energia che sono attivi dentro di noi: il cuore ed i vissuti relazionali, la mente i giudizi e le catalogazioni, le viscere e le risonanze corporee e la fisicità.
E’ un po’ come uno sgabello tirolese a tre piedi: per starci seduto comodo devi averli della stessa lunghezza, altrimenti o sei talmente dipendente dal consenso degli altri che la sicurezza in te stesso non è mai abbastanza, o ti credi talmente in possesso della verità da non curarti delle ferite che la tua intransigenza procura, o hai una tale energia dentro che non puoi mai fermarti e ti ritrovi spesso estraniato o iperproduttivo.
Tra tutti i possibili stili di insegnamento quello autorevole è l’unico che sia contemporaneamente chiaro, fermo ed empatico: in grado di bonificare il contesto relazionale da insicurezze e possibili svalutazioni della personalità degli alunni che i bulletti possono innescare, o che possono venire alimentate da un rapporto troppo autoritario e troppo permissivo.

Il III strumento che vi propongo per aumentare le vostre competenze emotive, dopo i testi e i cammino dell’Enneagramma, è l’Auto-Ascolto ! Dare un nome alle emozioni che proviamo, accettarle senza classificarle come giuste o sbagliate, partire da esse per seguirne le risonanze interiori scoprendo a quale bisogno fondamentale ci rimandano (di essere validi, di essere amati o liberi), mettere a fuoco i messaggi che il nostro corpo ci invia per regolare diversamente ansie o tendenze compulsive…
A questo proposito è validissimo il testo “Focusing- Interrogare il corpo per cambiare la psiche” di E. Gendlin, nel quale ho trovato una applicazione pratica di quell’aspetto del quale parlavo all’inizio dell’articolo: l’interdipendenza dei linguaggi propriocettivo, mentale ed emozionale che, tra l’altro, si sposa con la visione della neuro-psicologia di Damasio, ma anche con i bisogni fondamentali di Maslow. Ciò che ci qualifica come specie umana non è solo il pensiero, ma la capacità di attraversare le situazioni conflittuali gestendo il mondo delle emozioni in maniera positiva, senza venirne travolti e senza sacrificare la nostra identità alla ricerca di equilibri che avrebbero costi insostenibili per la nostra salute. Quest’ultima è la tesi di Enzo Soresi, pneumo immunologo e di tutta la scuola psicoanalitica.
Partecipando alle giornate di formazione del Corso Triennale per Consulenti Familiari che sto frequentando ho modo di dedicarmi all’Auto-Ascolto guidato da quei docenti, però sto raccogliendo i materiali che ci propongono per divulgarli, col loro consenso.
A breve metterò in rete nel sito del nostro “Comitato Vivere Insieme” proposte di Auto-Formazione e schede per allenare i punti chiave della vita di relazione: Ascolto- Fiducia- Rispetto- Conflitto- Comprensione…Convinto come sono che diffondere quei percorsi possa aiutare chi vuole migliorare le proprie capacità educative: genitore o insegnante che sia. Nel frattempo mi si può contattare tramite posta elettronica (da.lodi@tin.it).
“Se vogliamo farci vedere amici del vero bene dei nostri allievi, (…)bisogna che voi ne abbiate anche il cuore; e non veniate mai alla repressione o ad una punizione senza ragione e senza giustizia, e solo alla maniera di chi vi si adatta per forza e per compiere un dovere.(…) Non agitazione nell’animo,non disprezzo negli occhi, non ingiuria sul labbro, ma sentiamo la compassione per il momento, la speranza per l’avvenire, ed allora voi sarete i veri padri e farete una vera correzione” (Don Bosco)

Mi rendo conto dell’esuberanza del mio idealismo e mi chiedo cosa dovrebbe spingere insegnanti demotivati da tagli e riforme che, mentre ti promettono svolte copernicane, ti fanno intendere che ciò che hai fatto fino a ieri non andava bene, a impegnarsi in forme di aggiornamento e di revisione di se stessi .
E la risposta che mi do è che queste competenze avranno una ricaduta positiva che va al di là dell’ambito professionale e  possono facilitare il nostro ruolo  di genitori,  amici, di coniugi o compagni di vita, di cittadini, persone che dovranno attraversare territori inesplorati che evocheranno, paure, insicurezze o conflitti.
Vi lascio con una bibliografia mirata sperando di aver suscitato interesse e desiderio di approfondimento.

Bibliografia mirata                                                                                            
Goleman D. “Intelligenza Emotiva”(Conoscersi per vivere in armonia), Milano, BUR 99.  
Gendlin E. “Focusing:Interrogare il corpo per cambiare la psiche”Roma, Astrolabio 01-
Perna G. “Le emozioni della mente”, ”(Biologia del cervello emotivo) S.Paolo 04
Cozolino L. “Il cervello sociale-Neuroscienze delle relazioni umane.Milano, Cortina  08
Damasio A. “Alla ricerca di Spinosa”(Emotività e struttura della Psiche),Milano,Adelphi.
Soresi  E. “Il cervello anarchico”(La mente ci dirige verso salute o malattia), Torino, UTET,05
D’Alfonso-Garghentini…”Emozioni in gioco” (Giochi e attività per un’educazione alle emozioni), Torino EGA 05
Lombardo P. “Impariamo ad amare- La maturità psicoaffettiva”,Verona, Vitanuova, 06.
Dobbs “I segreti dell’autostima”.
Ury W.  “Il no positivo” (Gestione delle divergenze),Milano,Corbaccio 07

 

 

 

Progetti e Percorsi didattici
di educazione relazionale

 

Non so dire quando questa cosa sia cominciata.
Forse da bambino, con mia madre e mio padre che non andavano d’accordo e la tensione aleggiava nell’aria…
Forse perché Massimo dopo essersi formato con Le Boulch si è diplomato con una tesi su rinencefalo e motilità.
Forse quando vennero a chiamare una mia allieva che lasciò in fretta la palestra per correre a casa: sua madre era in piedi sul davanzale  in balia di una crisi e iniziai ad affiancare quella famiglia.
Forse quando siamo passati attraverso la malattia di una delle mie figlie, che dopo 6 notti senza dormire e numerose esperienze di esclusione e insicurezza ha avuto bisogno di 18 mesi di cure psicologiche e psichiatriche…
Quello che so è che siamo tutti genitori autodidatti e di errori ne facciamo tanti.
Quello che so è che se, tra i miei alunni, sommo: gli insicuri, gli aggressivi, i disgrafici, gli iperattivi, i deboli mentali, gli obesi compulsivi, i bulli,quelli che si estraniano e non riescono a concentrarsi, quelli che somatizzano e in mensa hanno problemi con il cibo…Mi ritrovo che circa 1 su 4 è toccato da qualche problema.
Quello che so è che c’è un’incompetenza  comportamentale e una distorsione affettivo-relazionale alla base del disagio giovanile.
So anche, però, che per fare una seria opera di prevenzione si deve lavorare sulla formazione di genitori ed  educatori, divulgando competenze psicologiche, relazionali e comportamentali.
Una sperimentazione su un campione di 500 alunni tra gli 11 e i 15 seguiti e monitorati all’ASL di Viterbo con percorsi di rinforzo emotivo-comportamentale ha fatto registrare una diminuzione del 40,9 °/° dei comportamenti disadattati ed un incremento del 224 °/° di quelli positivi; mentre il campione di controllo non sottoposto ad alcun intervento ha fatto registrare il 100,7 °/° di aumento dei comportamenti negativi.(1)
Il mio chiodo fisso riguardo alla prevenzione, è : raggiungere la gente comune, far circolare le competenze psicologiche e relazionali che gli esperti possiedono tra gli educatori (genitori, insegnanti, catechisti, animatori). Magari fino a interpellare le persone nelle loro case attraverso un programma televisivo .
Ho proiettato questo mio sogno in una bozza di Format televisivo perché ritengo assurdo, antieconomico e stupido non intervenire in questo settore.

Abbiamo ottimi programmi sulla salute, sulla storia, sui viaggi, sull’ambiente, sulle situazioni socio-politiche e una marea di programmi anestetizzanti e a-sociali, ma nel settore psico-pedagogico nulla che spicchi.
Che ci sia un’emergenza educativa in Italia lo dicono le 4 tonnellate di cocaina sequestrate, il record europeo che deteniamo nella diffusione dell’alcolismo tra i giovani, la crescita dei casi di iperattività, obesità e disturbi alimentari che ben sappiamo; lo dicono le preferenze che i nostri ragazzi manifestano nel loro modo di occupare il tempo e nel loro minimizzare le conseguenze dei comportamenti a rischio.
Per la competenza emotiva e comportamentale, per la sicurezza in se stessi e l’equilibrio psico-fisico futuro sono importantissimi i primi anni di vita.
E a cosa attinge un genitore per dosare affetto e regole, calore e fermezza se pure lui annaspa nel disorientamento di una superficiale conoscenza di sé, delle fasi evolutive del bambino o se anche lui ha ferite che ancora non  sono rimarginate ?

Tengo i contatti via internet con gli interessati ai quali invio gli approfondimenti e siamo in fase di apertura del sito internet del nostro “Comitato Vivere Insieme” attraverso il quale mettere in rete non solo questi contenuti, ma anche i giochi che proponiamo ai bambini dal 2002 assieme alla Cooperativa “IL Germoglio”nella “Festa di primavera”,  per favorire  il rispetto dell’ambiente, come pure quelli che abbiamo creato per il “Palio di S. Teresa” alla sua 9° edizione.

Nel gioco i ragazzi si manifestano per quello che sono: collaborativi, insicuri, scatenati, furbi senza regole, egocentrici, tranquilli…E allora perché non partire proprio dai giochi per creare percorsi educativi ?
Per questo ho raggruppato in 12 finalità 150 giochi  .

 

Lì divulgo volentieri a chi ne faccia richiesta o li voglia scaricare  dal sito www.germoglio.it nella speranza che possano essere giocati da tanti, tanti bambini e ragazzi e che gli insegnanti che li propongono chiariscano ai loro allievi lo scopo di ogni singolo gioco: “Oggi giocheremo per: Conoscere i nuovi compagni, Imparare ad ascoltarci,  Saperci esprimere meglio con i gesti, Dare un nome alle emozioni, Per Collaborare…”
Come spero pongano loro domande stimolanti. “Quali emozioni avete provato ? Come vi sembra siano andate le cose nella vostra squadra ? Possiamo collaborare meglio per rendere più efficiente il nostro gruppo ?...”

Nella diapositiva seguente, , ho riportato alcune frasi scritte dai ragazzi delle mie due prime medie nei temi di metà anno, nei quali abbiamo cercato di sondare se notavano dei cambiamenti nel loro modo di vivere il gioco.

Volendo poi fare un percorso specifico di “Educazione all’amicizia” per affrontare  una tematica chiave dell’educazione comportamentale ho elaborato un ciclo di 15 lezioni  come referente per la prevenzione del disagio del mio istituto.  
Mi sono trovato con una prima media estremamente conflittuale nel 2007/08 e ho proposto loro questi 15 passi ottenendo alcuni miglioramenti comportamentali e l’incremento della tolleranza reciproca.
Riporto di seguito la traccia di lavoro seguita.
Le 15 lezioni strutturate sono a disposizione per chi le volesse consultare.

         Per dare operatività al percorso abbiamo formulato della griglie di osservazione per un’analisi  psicosociale cognitiva.

In questo modo gli insegnanti del consiglio di classe, attraverso uno stesso criterio di rilevazione, raccolgono i dati per individuare gli obiettivi formativi e cognitivi adatti agli allievi.
I dati raccolti e trascritti su tabelle riassuntive, danno la possibilità di progettare e monitorare il percorso dell’allievo.
Nella seconda parte abbiamo prodotto delle schede in cui si suggeriscono strategie che possono adattarsi alle situazioni rilevate. Anche il materiale didattico relativo alle sei aree di intervento lo allego su un file a parte per chi fosse interessato.

Sarà perché sono nella scuola da tanti anni. Sarà perché la sogno diversa: più attenta ai bisogni di ciascuno, fatta di persone che si incontrano. Sarà perché mi porto  dentro una ipersensibilità che è, contemporaneamente, fragilità e propensione all’empatia. Sarà perché  quello che vedo negli spogliatoi, nei giochi o all’intervallo mi dice che l’educazione civica non passa, come non passa un rapporto educativo che non avvenga tra persone che siano veramente motivate, condividendo cose che stanno loro a cuore. 
Sarà perché voglio credere in un futuro diverso, da costruire, dedicandosi con  pazienza, passione e competenza alle cose che contano maggiormente coltivo la speranza  di coinvolgere tanti educatori, volontari, specialisti in questa opera di formazione e di prevenzione.

 

Note
(1)”La prevenzione del disagio e delle dipendenze patologiche”, Ed. F. Angeli

Testi utili sull’argomento –Benasayag-Schmit “L’epoca delle passioni tristi”(Crisi attuali e ragioni dei conflitti)Milano,Feltrinelli 05 - Chapman G.  “I 5 linguaggi dell’amore” (Ottimizzare la comunicazione nella coppia), Torino,Ellenici, 02.- Lombardo P. “Impariamo ad amare- La maturità psicoaffettiva”,Verona, Vitanuova, 06.- Dobbs “I segreti dell’autostima”.- Ury W.  “Il no positivo” (Gestione delle divergenze),Milano,Corbaccio 07 – Goleman D. “Intelligenza Emotiva”, Milano, BUR 99. –   Rossi R.”Piccoli genitori grandi figli”,Bologna, EDB 04
Gendlin E. “Focusing:Interrogare il corpo per cambiare la psiche” (Un percorso per non somatizzare)Roma, Astrolabio 01-
Muriel- James Nati per vincere” (Carezze e crescita dell’autostima) Torino. S.Paolo 97
Perna G. “Le emozioni della mente”,S.Paolo 04 ”(Neuro-biologia del cervello affettivo),
Damasio A. “Alla ricerca di Spinosa”(idem ),Milano,Adelphi.
Soresi  “Il cervello anarchico”(Ridurre al minimo il disagio psichico), Torino, UTET,05
Francescato .-Putton…“Star bene a scuola”, Roma, Carrocci 86.-
D’Alfonso-Garghentini…”Emozioni in gioco” (Percorsi didattici), Torino EGA 05
Loos S. “Novantavove Giochi-Cooperativi”, Torino EGA, 89

 

Fonte: http://associazioni.comune.fe.it/attach/comitatoponte/docs/la%20educazione%20affettivo%20relazionale.doc

Sito web da visitare: http://associazioni.comune.fe.it/

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