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Psicologia: genesi, sviluppo e principali metodi di ricerca
Etimologicamente il termine psicologia nasce dall’unione di due vocaboli della lingua greca: psyché che significa “anima, spirito, mente e coscienza”; logos che significa “discorso, ragionamento, scienza”, quindi psicologia significa “discorso sull’anima”, “ragionamento sulla coscienza”, “scienza della mente”.
La psicologia è la disciplina che studia il comportamento degli individui e i loro processi mentali. Essa si differenzia dalla psichiatria, in quanto quest’ultima è una disciplina medica, finalizzata all’intervento sanitario in merito a disturbi psicopatologici.
La fase pre-scientifica della psicologia trova le sue origini più remote nell’ambito della filosofia antica e moderna: da Pitagora a Socrate, per giungere fino a Cartesio e Kant.
I filosofi empiristi del ‘700, come Condillac, Locke, Hume, che decisero di innovare l’ambito della speculazione filosofica, posero maggiore attenzione sul contributo fornito dall’esperienza. Per Condillac tutte le nostre conoscenze provengono dalle nostre sensazioni. Locke e Hume ipotizzarono invece che gli elementi fondamentali che costituiscono le sensazioni si intrecciassero secondo il principio dell’ “associazione delle idee”. La psicologia soggettiva si proponeva di esplorare la vita della mente per comprendere come l’individuo arriva a conoscere l’ambiente in cui vive.
La psicologia scientifica vera e propria nasce alla fine dell’ 800. L’obiettivo era quello di emancipare la ricerca psicologica dalla speculazione filosofica, costituendo la psicologia come una disciplina autonoma che si ispirasse alla medicina e alle scienze naturali. Weber, Herbart, Fechner, Helmholtz, Wundt, sono alcuni nomi di studiosi che fornirono importanti contributi teorici e pratici alla fondazione di questa scienza umana.
In particolare Fechner, nella sua opera Elementi di Psicologia, stabilì una stretta interazione tra fatti fisici e fatti psichici ed effettuò il tentativo di misurare le leggi relative al rapporto tra ciò che è psichico e ciò che è organico, come, ad esempio, tra l’intensità di una sensazione psicologica e l’intensità dello stimolo che l’ha provocata.
In particolare è al contributo fornito da Wilhelm Wundt che si attribuisce la nascita della psicologia come scienza. Egli scrisse i Fondamenti di psicologia fisiologica (1873-1874), in cui parlò della psicologia come di una “scienza di laboratorio” fondata su un metodo e su dati effettivamente sperimentali; viene così fondato a Lipsia il primo laboratorio di psicologia (1878).
Wundt incentrò il suo studio sugli stati soggettivi cercando di osservarli in laboratorio attraverso il metodo denominato introspezione. Attraverso di esso si pensava di poter definire e misurare le strutture della psiche come le sensazioni, i sentimenti, le immagini, ossia il materiale di base di conoscenza umana.
Il ruolo della psicologia consisteva dunque nel fornire una descrizione più dettagliata e precisa possibile delle unità elementari della psiche umana, utilizzando il metodo introspettivo che consisteva nel domandare a coloro che si prestavano ad essere interrogati di descrivere ciò che sentivano di fronte a determinati stimoli.
Tale metodo rivelò però due grossi inconvenienti, che lo resero inadatto a raggiungere risultai certi. Il primo consiste nel fatto che ogni individuo fa riferimento alle proprie esperienze e la sua descrizione può essere molto diversa da quella che ne fa un altro; il secondo inconveniente è che nello stesso individuo l’esperienza cosciente può variare nel tempo, in quanto ad esempio un suono percepito come piacevole il lunedì, il martedì può apparire monotono.
Wundt e i suoi collaboratori dedicarono ogni sforzo per fare della psicologia una disciplina fondata sulla osservazione rigorosa. Tale prospettiva ebbe tuttavia un importante ruolo storico perché:
La psicologia inoltre propone vari metodi per effettuare le sue ricerche e di seguito ne verranno elencati alcuni tra i più importanti:
E ancora: il metodo statistico, il metodo genetico, il metodo comparativo, il metodo etnologico, questionari, inchieste, interviste strutturate, scale per la valutazione degli atteggiamenti.
Dalla psicologia scientifica derivarono vari indirizzi di pensiero, che le conferiscono un carattere particolarmente aperto e problematico.
Per grandi linee, si distinguono:
I presupposti fondamentali da cui partono gli studiosi del cognitivismo sono i seguenti:
Altri studiosi (fra i quali Paolo Zanelli e Giampietro Lippi) hanno posto attenzione all’organizzazione del contesto educativo elaborando specifici strumenti per la sua organizzazione, fra i quali lo sfondo integratore, che si diffuse in Italia nell’ambito dei nidi e delle scuole di infanzia. La psicopedagogia ha anche sviluppato una dimensione clinica esplicitata della Metodologia della Diagnosi Funzionale: una procedura mirata alla valutazione delle componenti psichiche e comportamentali generalmente impiegata nella scuola per indagare sulle influenze dei contesti familiari e per misurare le gravità delle situazioni di disabilità e disagio socio-relazionale. Oggi la psicopedagogia si occupa anche del ciclo di vita della terza età.
Per psicoanalisi si intende quel vasto movimento di pensiero che ha fatto il suo esordio all'alba del Novecento e ha avuto nel lavoro del medico viennese Sigmund Freud il punto di partenza.
Storicamente fu il metodo ipnotico-suggestivo, appreso seguendo i corsi di Charcot, illustre neuropsichiatra, il primo modo che Freud adottò per riuscire a giungere ai contenuti profondi dell’inconscio. Charcot fu inoltre il fondatore di un nuovo ramo della medicina, la neurologia. Egli considerava l’isteria e l’epilessia come due grandi nevrosi, che condividono il sintomo della convulsione.
Charcot poi si interessò, come già accennato, al fenomeno dell’ipnosi e ipotizzò che tale fenomeno avesse tre fasi:
A questo proposito Freud introdusse il metodo catartico nell’ambito della terapia ipnotica, insieme a Joseph Breuer. Il termine deriva dal greco ed è desunto da Aristotele che lo utilizza nella poetica in riferimento alla tragedia con il significato di “purificazione”. Infatti, a parere di Freud, l’ipnosi deve avere lo scopo di portare il paziente verso uno stato di liberazione, attraverso il quale è possibile giungere alla dimensione inconscia ed emotiva del soggetto. Attualmente l’ipnosi è impiegata scientificamente nella ricerca clinica e in ambito terapeutico (ipnositerapia da non confondere con l’ipnoterapia che riguarda la terapia del sonno).
La psicoanalisi nasce in tale contesto per curare determinati disturbi mentali indagando le dinamiche inconsce dell’individuo. Fino alla fine dell’800, tali disturbi venivano trattati da psichiatri e neurologi o con l’utilizzo dell’ipnosi. Freud, anch’egli utilizzatore dell’ipnosi, ipotizzò che alla base dei disturbi mentali fosse riscontrabile un conflitto tra richieste psichiche contrarie e formulò quindi tre ipotesi:
La psicoanalisi si è posta anche l’obbiettivo di teorizzare lo sviluppo normale, nel senso di non patologico, dell’individuo. Nasce così la metapsicologia, le cui formulazioni ambiscono a descrivere l’apparato psichico.
Freud utilizzò per primo il termine psicoanalisi e nel 1899 pubblicò L’interpretazione dei sogni. Egli intendeva affrontare la cura delle malattie nervose con un metodo diverso rispetto a quello della medicina classica. Questo progetto è apparso subito come una “concezione antropologica generale”, come una “filosofia della persona umana”, alternativa agli indirizzi filosofici contemporanei, come una “specifica corrente psicologica” che considera il disturbo psichico come espressione di una situazione disarmonica e conflittuale della personalità.
La terapia psicoanalitica è uno scambio di parole, la possibilità di “raccontarsi” liberamente, senza alcuna censura. Il terapeuta ascolta con attenzione e interpreta senza mai giudicare. Le parole sono l’unica “medicina” che lo psicoanalista ha a sua disposizione; ogni comunicazione diventa relazione.
Nel setting terapeutico è fondamentale tener presente l’idea che il paziente comunichi solo se esiste un particolare legame emotivo con il medico. Il sogno, secondo Freud, si riferisce da una parte alla vita “cosciente”e quindi “presente”e, dall’altra, ai “fantasmi”, ai pensieri legati alla vita “remota” dell’individuo. Nel sogno Freud distingue due elementi strutturali:
Nel sogno vi è sempre un contenuto latente. Freud dichiara che l’individuo nel sogno vorrebbe esprimere i propri contenuti inconsci, segreti, ma se ne vergogna; allora è costretto ad esprimerli in modo allusivo e simbolico, facendo ricorso a particolari “immagini” allegoriche; in altri termini l’individuo nel sogno sottopone la propria “fantasia” ad una “forza” o “resistenza” denominata censura. Approfondendo la sua analisi sulla censura, Freud scopre che generalmente si manifesta quando l’individuo esprime nel sogno desideri profondi di natura specificamente sessuale e relativi al mondo dell’infanzia. Il sogno si configura da una parte come una regressione ad esperienze remotissime e, dall’altra, come espressione latente di desideri libidici che vengono riconosciuti come immorali o irrazionali.
Il meccanismo della rimozione,le tecniche di trasformazione, il contenuto latente,il contenuto manifesto, la censura, le indagini sulla genesi dei disturbi psichici, convincono Freud a prendere sul serio la realtà dell’inconscio, che si manifesta nella vita quotidiana mediante lapsus, dimenticanze, libere fantasie. Da qui la formulazione della teoria dell’apparato psichico, la cui topica più nota è la seguente:
L’Es è paragonabile alla “zona oscura e profonda della psiche”, nella quale sono stati rimossi i desideri e le pulsioni di cui si prova vergogna; è una sorgente di energie organiche e vitali rivolte soltanto al soddisfacimento dei bisogni egoistici; è l’insieme degli impulsi della carica sessuale. L’Es è espressione dell’inconscio amorale regolato unicamente dal principio di piacere; è la parte più segreta della personalità, nella quale si depositano e si stratificano tutte le esperienze della vita che possono essere riportate alla luce della coscienza mediante l’effetto terapeutico della terapia psicoanalitica.
Nell’inconscio agisce la libido, la “sorgente” delle energie fondamentalmente connesse alla pulsione sessuale. Freud lo paragona alla “fame”, intesa come la forza con la quale si manifesta l’istinto di assorbimento del cibo; ma mentre la fame e la sete non sono vissute dal soggetto come desideri di cui vergognarsi, la libido è percepita invece come “peccaminosa”, provoca un profondo senso di disagio e non rispetta alcuna legge morale nè ascolta la voce della ragione.
L’analisi e l’interpretazione dei sogni degli adulti dimostrano come la libido sia operante fin dai primi anni di vita: il bambino non è privo di pulsioni erotiche e la sua carica sessuale si manifesta e si esprime nei gesti più elementari ed istintivi (si pensi all’atto della suzione).
Dapprima la sessualità infantile è indipendente dalla funzione riproduttiva, ma via via tenderà a svilupparsi secondo modalità comportamentali specificamente sessuali e riproduttive; la libido infantile, quindi, serve al bambino soltanto per procurarsi sensazioni piacevoli localizzate in tutto il suo corpo; essa, pertanto, si configura come auto-erotismo finalizzato all’attuazione del principio di piacere.
Il processo di evoluzione e di maturazione della sessualità è caratterizzato da particolari fasi di sviluppo e da vari complessi, come quello di Edipo, attraverso il quale si spiegherebbe la gelosia che il bambino/a prova nei confronti del genitore dello stesso sesso, per culminare poi nella crisi adolescenziale, con l’emozione del principio di innamoramento e con la prima strutturazione dell’identità di genere.
L’Io è la “facciata” dell’Es, la parte cosciente della personalità, la consapevolezza di sé; non avendo però una sua specifica struttura ed una sua autonoma forza, si trova in uno stato di sudditanza nei confronti di tre severi padroni: la realtà esterna, l’Es e il Super-Io.
Il Super-Io è il complesso delle norme morali, delle regole e delle leggi sociali, la sede della “coscienza” etica.
Il Super-Io, pertanto, agisce nella personalità individuale come una forza che si oppone alle pulsioni dell’Es mediante divieti, comandi, restrizioni, limitazioni, sensi di colpa, rimorsi, ecc., indotti dal principio di realtà.
Le tre “zone” dell’apparato psichico possono essere paragonate ad un iceberg: la parte visibile rappresenta la coscienza, cioè l’Io; la parte sommersa rappresenta l’inconscio (Es); l’Io e il Super-Io operano sia a livello conscio che a livello inconscio.
Tra le tre zone dell’apparato psichico non esiste alcun equilibrio, perché l’Io è sempre diviso tra le opposte pulsioni dell’Es e le inibizioni imposte dal Super-Io. Se l’individuo non riesce a mediare la propria energia inconscia con le sollecitazioni provenienti dalla sfera del Super-Io, può cadere in uno stato nevrotico, entrando, così, in conflitto con se stesso.
Il compito dell’individuo, secondo Freud, consisterebbe nella ricerca di un equilibrio sempre precario fra i suoi tre esigenti padroni.
La terapia psicoanalitica. Quando il rapporto fra le fondamentali componenti dell’apparato psichico dell’individuo è inadeguato; quando determinate forze impediscono alla libido di esprimersi in modo soddisfacente; quando interviene il Super-Io a censurare le pulsioni dell’Es e quando il conflitto tra le pressioni del Super-Io e le pulsioni inconsce sono troppo forti e, quindi, non più sopportabili, allora si manifesta la nevrosi: l’Io cerca di cancellare, da una parte, la causa del suo stato conflittuale, divenuto troppo doloroso, e, dall’altra, reagisce intervenendo sulla propria pulsione libidica mediante il meccanismo della rimozione, dal momento che non può fare valere il principio di realtà ed adeguarsi alle richieste del Super-Io.
Il meccanismo della rimozione consente all’individuo di allontanare dalla propria coscienza tutto ciò che genera in lui un violento conflitto o disturbo; la rimozione non significa “soppressione”della pulsione libidica.
L’espressione visibile del blocco di tale energia è il sintomo che lo psicoanalista considera come la trascrizione in un linguaggio diverso di un fenomeno interiore che avrebbe voluto manifestarsi, ma è stato rimosso mediante l’ostacolo contrappostogli dalla censura interna.
La teoria psicoanalitica tende a rendere l’individuo cosciente di quei conflitti che hanno determinato in lui una situazione nevrotica: posto in uno stato di assoluto rilassamento, il paziente racconta all’analista le proprie fantasie. Quando, però, il ricordo/racconto arriverà alla situazione che ha generato il conflitto e quindi, lo stato nevrotico, il paziente manifesterà una certa resistenza. Tale sintomo fornisce allo psicoterapeuta la chiave interpretativa delle cause effettive del blocco psicologico. A questo punto il compito dell’analista sarà quello di portare il paziente alla coscienza di quanto è accaduto nel suo passato, liberandolo dalla pulsione libidica che ne ha scatenato il disturbo.
Oltre alla libera associazione delle idee e all’interpretazione dei sogni, lo psicoanalista può analizzare anche gli atti mancanti, i lapsus, le ansie, le azioni maldestre, i ritardi, le associazioni immediate, i sogni ad occhi aperti ecc.; cioè tutto ciò che costituisce la psicopatologia della vita quotidiana, perché attraverso questi sentieri egli può riportare il paziente al suo inconscio, cioè a renderlo consapevole di quei blocchi psichici che lo costringono a vivere in uno stato di disagio e di sofferenza.
In ogni trattamento analitico si stabilisce un’intensa relazione affettiva tra il paziente e l’analista; questo rapporto “empatico” venne chiamato da Freud transfert. Senza il transfert non sarebbe possibile alcuna analisi.
Il ricorso al transfert e la sua utilizzazione per scopi terapeutici costituiscono la parte più complessa ed importante della terapia psicoanalitica; lo stesso Freud ne avvertì sempre la straordinaria importanza.
Gli sviluppi della psicoanalisi: Adler, Jung, Reich, Lacan
La teoria psicoanalitica trovò presto molti seguaci, che si riunirono nella Società psicoanalitica, fondata nel 1908. Tuttavia abbastanza presto si delinearono contrasti teorici, che segnarono una temporanea crisi della sistemazione freudiana.
Il primo a dichiarare il suo distacco da Freud fu Alfred Adler (1870-1937), che fondò la Rivista internazionale di psicologia individuale e che scrisse Il temperamento nervoso (1912), Prassi e teoria della psicologia individuale (1920) e Conoscenza dell'uomo (1927). Adler svaluta il ruolo attribuito da Freud agli istinti sessuali, mettendo in luce, invece, quello svolto dai fattori ambientali e sociali. Egli infatti è convinto che la tendenza alla socialità è naturale nell'uomo, e quindi il comportamento nevrotico scaturisce dal fatto che la situazione socio-ambientale mortifica questa tendenza. Cosí si sviluppa, egli dice, il «complesso d'inferiorità».
Piú lunga invece fu l'intesa tra Carl Gustav Jung (1875-1961) e Freud. Autore di La libido, simboli e trasformazioni (1912), L'Io e l'inconscio (1929), Psicologia e religione (1940), Jung si distacca da Freud intorno al 1913, per un dissenso, non certo di poco conto, sulle nozioni di «libido» e di «inconscio». Egli afferma che la «libido» freudiana è fin troppo ricca di determinazioni sessuali; bisogna invece intenderla come un'energia primaria desessualizzata. Ma soprattutto sostiene che l'«inconscio individuale» di cui parla Freud è solo un momento particolare dell'inconscio collettivo. L'inconscio collettivo dunque è un complesso di archetipi, cioè di immagini simboliche comuni a tutta l'umanità; immagini che traducono simbolicamente i momenti significativi della vita d'ogni uomo in ogni tempo, quali nascita, morte, paura, pubertà, maternità. Questi archetipi comuni sono individuabili proprio attraverso l'analisi dei simboli personali.
La psicologia umanistica è un indirizzo psicologico sorto negli Stati Uniti, secondo il quale non sono le pulsioni istintuali a motivare il soggetto, ma il bisogno di conoscere e di esprimersi. Il termine “psicologia umanistica” fu coniato nel 1962 grazie ad Abraham Maslow, che fondò l’Associazione di Psicologia Umanistica, il cui programma prevedeva di studiare le dinamiche emozionali e le caratteristiche comportamentali al fine di un’esistenza umana e piena e vitale.
Il manifesto dell1’Associazione di Psicologia Umanistica prevedeva alcuni punti fondamentali:
Carl Rogers
Carl Rogers nel 1951 pubblicò la Terapia centrata sul cliente, dove illustrò i fondamenti teorico-pratici della sua psicologia. Essendo tutti di pari dignità, valore e responsabilità, Rogers eliminò il concetto di “paziente”, trasformandolo in “cliente”. Non c’è quindi la persona che in maniera del tutto passiva si affida ad un esperto, ma ci sono due persone (terapeuta e cliente) che fanno insieme un percorso di crescita.
Nella prospettiva rogersiana la malattia mentale non sarebbe altro che una distorsione dello sforzo che l’individuo compie per attivare le proprie potenzialità. Il metodo suggerito da Rogers è la terapia non direttiva, che consiste nel tenere sempre conto delle tendenze vitali dell’individuo e nel limitarsi a creare nel paziente le condizioni necessarie a favorirne la crescita, attraverso un rapporto empatico, cioè immedesimandosi nelle emozioni e nei sentimenti provati dall’altro.
In particolare con il termine empatia si intende una comprensione profonda e totale, finalizzata ad una immedesimazione nella personale esperienza dell’altro e a viverla come se fosse la propria.
Lo stesso Rogers indicò gli elementi fondamentali perché si possa creare una relazione empatica:
La facilitazione del processo di apprendimento
La teoria fornita dalla psicologia umanistica è stata utilizzata anche in ambito educativo e didattico. A questo proposito l’insegnante ha il compito di facilitare il processo di apprendimento e di crescita della personalità dei discenti, come il terapeuta si propone al cliente.
L’insegnante facilitatore, una volta valutato il clima iniziale all’interno del gruppo classe, accorda la massima fiducia sia all’interno del gruppo sia ai singoli allievi, chiarendone preliminarmente i propositi e facendo affidamento sul loro desiderio e sulla loro motivazione di proseguire quegli scopi che hanno un reale significato.
Un’altra sua importante funzione consiste nell’organizzare e nel mettere a disposizione degli allievi tutti quei sussidi didattici necessari per l’apprendimento, considerando se stesso come un mezzo a disposizione del gruppo-classe e proponendosi, quindi, come un docente partecipe, un membro del gruppo; egli, pertanto, non ha un atteggiamento impositivo, in quanto partecipa pienamente all’attività scolastica, condividendo sentimenti, esperienze, reazioni, ecc..
È necessario segnalare due conseguenze dirette di tale tipo di esperienza: l’autocentrismo del discente e la libertà nell’apprendimento.
È il discente, infatti, ad essere al centro del processo di apprendimento, in quanto quest’ultimo è finalizzato al raggiungimento dell’autorealizzazione e dell’autoaffermazione di ogni singolo alunno, in un clima scolastico caratterizzato da fiducia reciproca e dal dialogo.
La libertà di apprendimento si manifesta come una liberazione della curiosità dello studente che, così facendo, ricerca, non limitandosi alla memorizzazione di nozioni. Così l’apprendimento diventa una conquista personale, non imposta dall’esterno, e assume un significato formativo nell’ambito dell’esperienza individuale
Abraham Maslow
La proposta di Maslow si pone come una terza ipotesi più completa rispetto alla psicoanalisi e al comportamentismo. Per Maslow, infatti, la persona è una totalità armonica, non divisibile in vari aspetti (come avviene invece nel comportamentismo e nella psicoanalisi) e finalizzata all’autorealizzazione. La psicologia, in tal senso, deve accompagnare l’uomo in questo cammino verso la propria realizzazione.
Maslow è inoltre importante per aver parlato di una gerarchia di bisogni dell’uomo. La soddisfazione di tali bisogni, secondo Maslow, rappresenterebbe un avvicinamento verso la propria autorealizzazione.
Un nuovo concetto di salute psichica
L’idea centrale che coalizza l’operato di scuole e autori, nella grande corrente della psicologia umanistica, è il tentativo di definire un nuovo concetto di “salute”.
L’individuo “sano”, in questa prospettiva sarebbe colui che giunge alla propria “autorealizzazione”,al pieno sviluppo delle proprie potenzialità, che diventa non semplicemente “adattato”.
Fonte: http://www.atuttascuola.it/siti/lanucara/psicologia/PSICOLOGIA%20CENNI%20GENERALI.doc
Sito web da visitare: http://www.atuttascuola.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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