Emozioni a cosa "servono"

Emozioni a cosa "servono"

 

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Emozioni a cosa "servono"

Le emozioni
Le emozioni sono una componente fondamentale della vita umana. Ogni nostra giornata ne è piena: gioia, tristezza, paura, collera, vergogna... spesso si alternano e si sovrappongono, anche in un breve lasso di tempo. Per la loro importanza da sempre gli uomini se ne sono occupati: i filosofi, i poeti, i romanzieri, i musicisti e i pittori, e in tempi più recenti gli scienziati, soprattutto psicologi ed etologi.

Che cosa sono le emozioni

Definizione di emozione

Le emozioni sono stati mentali associati a modificazioni fisiologiche, attraverso cui entriamo in rapporto con l’ambiente; sono uno strumento mentale molto utile, al pari dell’intelligenza. In termini evolutivi la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell'individuo a situazioni in cui è necessaria una risposta immediata (che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente) ai fini della sopravvivenza. La parola emozione deriva dal latino emotus, che significa “smuovere”, “scuotere”: infatti l’emozione ci spinge ad agire.
Per i cognitivisti, a cui dobbiamo la teoria delle emozioni oggi più accreditata, ogni emozione è un processo interiore complesso, che passa attraverso più fasi e che parte sempre da un “antecedente”, cioè da un evento scatenante, che deve essere significativo per il soggetto coinvolto. Tale evento produce una reazione nella quale si possono distinguere aspetti cognitivi, fisiologici ed espressivi. Ad esempio, l’atteso incontro con la persona amata o una promozione sul lavoro provocano l’emozione della gioia, la quale presenta i seguenti aspetti: 1) il soggetto “sa” di essere felice (aspetto cognitivo della consapevolezza); 2) inoltre ha delle tipiche reazioni fisiologiche, come l’aumento della frequenza del battito cardiaco, la respirazione più veloce, la maggiore tensione del tono muscolare; 3) infine presenta alcuni tipici elementi espressivi, come il sorriso o la distensione dei lineamenti. Le emozioni sono violente e di breve durata, e vanno dunque distinte dagli stati d’animo (come ad esempio l’euforia, la malinconia, l’aggressività), che sono assimilabili all’umore e che sono “stabili”, poiché possono durare a lungo e non essere stati provocati da alcun evento scatenante.

Le emozioni fondamentali e le loro “famiglie”

Tuttora si discute se, tra le centinaia di emozioni osservabili negli uomini, ve ne siano alcune che possono essere definite “primarie”. Secondo lo psicologo statunitense Paul Ekman (nato nel 1934), che è il massimo studioso delle espressioni facciali e dei gesti comunicativi, esisterebbero 4 emozioni fondamentali, che gli uomini esprimono in maniera identica in tutte le culture: paura, collera, tristezza e gioia. Aggiungendo alle 4 emozioni universali descritte da Ekman l’amore, la sorpresa, il disgusto, la vergogna e l’invidia, si ottengono quelle che oggi sono considerate come le principali “famiglie” di emozioni (ad esempio, alla “famiglia” della collera appartengono la furia, lo sdegno, il risentimento, l’ira, l’irritazione ecc.).
Secondo una recente definizione di Robert Plutchik, invece, le emozioni primarie sono otto, divise in quattro coppie: 1) la rabbia e la paura; 2) la tristezza e la gioia; 3) la sorpresa e l'attesa; 4) il disgusto e l'accettazione. Altri autori hanno tuttavia proposto una diversa suddivisione. Secondo vari autori, dalla combinazione delle emozioni primarie derivano le altre (secondarie o complesse): l'allegria, la vergogna, l'ansia, la rassegnazione, la gelosia, la speranza, il perdono, l'offesa, la nostalgia, il rimorso, la delusione.

A che cosa “servono” le emozioni

Le emozioni possono avere un significato positivo anche quando a prima vista non sembra. Ad esempio, un’esplosione di rabbia, che può apparire un’emozione del tutto negativa, o uno “spreco” di energie, può essere più sana della sua repressione e, in certi casi, perfino costruttiva: negli animali è strettamente legata alla sopravvivenza, mentre negli uomini gli accessi di rabbia sono spesso la via per “liberarsi” di un senso di frustrazione, e possono talvolta costituire il punto di partenza per la ricomposizione di un conflitto. Ancora: il disgusto è utile perché ci aiuta a selezionare il cibo, allontanandoci da veleni e  sostanze tossiche; la paura induce prudenza; la tristezza ha una funzione importante nel processo della cosiddetta “elaborazione del lutto”; l’imbarazzo si collega al giudizio che il prossimo formula su di noi e quindi, se non è eccessivo (perché in questo caso può incrinare la stima di sé), può essere una bussola nel nostro modo di rapportarci agli altri, orientandoci verso comportamenti socialmente accettati. Forse solo l’invidia, emozione molto diffusa, è totalmente negativa e antisociale; con un po’ di sforzo potremmo attribuirle una sola conseguenza non socialmente dannosa, consistente nell’emulazione di comportamenti positivi. In generale, dunque, possiamo affermare che le emozioni sono impulsi ad agire, cioè “piani d’azione” di cui la natura ci ha dotato per gestire in tempo reale le emergenze della vita. Quasi tutte le emozioni hanno pertanto un valore adattivo. Sotto questo punto di vista, la neurofisiologia ha dischiuso nuove e importanti prospettive: oggi sappiamo infatti che esiste un vero e proprio “cervello emotivo”, collocato in una sorta di “circuito” che unisce il talamo all’amigdala e che conduce da uno stimolo proveniente dall’ambiente a una risposta emotiva e comportamentale. Al di là dei tecnicismi, è importante comprendere che ogni nostra decisione e ogni nostro comportamento derivano da uno stimolo sensoriale che, una volta decodificato a livello cerebrale, provoca una reazione emotiva, quindi una elaborazione cognitiva e, infine, una risposta comportamentale (la più utile per la nostra sopravvivenza).

Caratteristiche delle emozioni

  1. Un’emozione è un processo. Un’emozione è una sequenza di cambiamenti, che ha inizio in seguito a un evento scatenante (antecedente), e che procede per un tempo più o meno lungo (da minuti a mesi), in maniera continua o a ondate, fino ad arrivare ad una conclusione.
  2. Ogni emozione comporta molteplici componenti (è multicomponenziale). In un processo emotivo, l’individuo viene interessato a tre livelli: cognitivo (pensiero), fisiologico, comportamentlae-espressivo (reazioni espressive spontanee e spinte ad agire).
  3. Le emozioni sono un sistema di monitoraggio dell’ambiente. Le emozioni sono suscitate da cambiamenti nell’ambiente che ci allertano e che finiscono quando la situazione è ritornata alla normalità. Le emozioni sono un sistema che avvisa la coscienza quando ci sono eventi per noi rilevanti che meritano di essere trattati con la dovuta attenzione.

Il processo emotivo

Avvio del processo emotivo: eventi scatenanti (antecedenti) > appraisal > emozione

Che cosa è in grado di scatenare un’emozione? All’origine di un’emozione c’è un antefatto (antecedente), che dipende da ciò che accade nella realtà e dalla nostra percezione delle cose. Il processo emotivo si innesca ogni volta che valutiamo (consapevolmente o inconsapevolmente) la realtà circostante non in sintonia con i nostri interessi, tanto da richiedere un maggior controllo sull’ambiente.
Le emozioni sono la conseguenza di squilibri nell’appraisal, termine inglese introdotto da M.B. Arnold, con cui si indica il continuo monitoraggio di noi stessi e dell’ambiente teso a valutare se le situazioni sono in linea con i nostri fini (vedi fig.2 pag. 81).  Esistono un appraisal consapevole e uno inconsapevole: il monitoraggio è in genere automatico e inconsapevole, ma a volte stimoli valutati inconsapevolmente possono arrivare alla coscienza e far scattare una valutazione consapevole. Le emozioni possono essere scatenate sia per effetto dell’appraisal consapevole che inconsapevole. Nel primo caso abbiamo un’emozione esplicita: dato che l’evento emotigeno (che ha generato l’emozione) è stato valutato dalla coscienza, sappiamo fin dall’inizio che cosa ci fa emozionare. Nel secondo caso invece c’è un’emozione implicita: l’emozione nasce senza che ce ne rendiamo conto e solo quando l’esperienza emotiva affiora alla coscienza cerchiamo di ricostruirne l’origine e di spiegarcela.
A provocare lo squilibrio nell’appraisal è comunque un evento scatenante. Può trattarsi di eventi macroscopici (una vincita al superenalotto o un lutto), oppure di microeventi (un sorriso, una frase, uno sguardo, ecc.). Non necessariamente l’evento scatenante è reale. Spesso ci emozioniamo perché anticipiamo con l’immaginazione una situazione futura (andremo alla festa, probabilmente perderò il lavoro) o perché ci torna in mente un ricordo (una vittoria sportiva, la rottura di una relazione). Aiutano ad anticipare eventi futuri emotivamente carichi o a ricordarne di passati le associazioni (una galleria come quella dove ho avuto l’ansia, la musica di quella sera) e i simboli (una medaglia, un anello).
Secondo Mandler gli eventi scatenanti sono ostacoli che possono impedirci di raggiungere una meta desiderata o imprevisti che incontriamo in un cammino che avevamo pianificato (ci siamo preparati tanto per un esame, poi però ci ammaliamo). Un’emozione può nascere però anche in assenza di ostacoli o di imprevisti: basta che ci sia la prospettiva di una meta fortemente desiderata (se mi sta molto a cuore superare l’esame, anche se non ci sono imprevisti, sarò comunque emozionato prima di farlo). A volte l’evento scatenante è semplicemente l’emozione manifestata da qualcun altro che ci contagia (come quando proviamo un senso di gioia o di tristezza vedendo un altro che manifesta gioia o tristezza).

Dall’evento scatenante all’emozione

Il nesso tra tipo di evento e tipo di emozione non è così ferreo. Dinnanzi allo stesso fatto individui diversi possono reagire in modo diverso. Questo perché noi non reagiamo agli eventi in sé, ma agli eventi percepiti, ovvero agli eventi come noi li percepiamo e valutiamo. 1) Come prima cosa dobbiamo comprendere l’evento. Si è visto che ci serviamo di schemi evento-emozione, cioè di modelli interpretativi che da un lato rappresentano la struttura dell’evento, dall’altro l’emozione da provare (vedi fig. 3 pag 83). Molti schemi evento-emozione sono universali, cioè indipendenti dalla società e dalla cultura di appartenenza. Esistono però anche schemi specifici di determinate culture (emozioni etniche). 2) Successivamente, dobbiamo anche assegnare un peso all’accaduto, decidere quanto è importante per noi (per es. violare una certa regola sociale può essere gravissimo per una persona e di poco conto per un’altra).

Reazioni fisiologiche

Nel processo emotivo si verificano cambiamenti fisiologici dell’organismo (possono interessare: pressione arteriosa, frequenza cardiaca, respirazione, diametro pupillare, movimenti oculari, ecc.). Si conoscono alcune configurazioni tipiche o pattern fisiologici delle emozioni (vedi fig. 4 pag. 85). Ad esempio nella rabbia e nella paura abbiamo un aumento significativo della frequenza cardiaca, con la differenza che la paura, diversamente dalla rabbia, si accompagna a marcato innalzamento della temperatura cutanea.

Risposte comportamentali

Le emozioni spesso si accompagnano all’emissione spontanea di segnali non-verbali con i quali manifestiamo agli altri il nostro stato interiore. L’espressione delle emozioni nell’uomo ha il suo centro nevralgico nel viso: la mimica facciale e lo sguardo sono i principali sistemi di segnalazione dello stato emotivo. Sono importanti anche i movimenti delle mani e dei piedi, la postura, il comportamento spaziale e i segnali non verbali emessi con la voce. Tra questi ultimi ci sono i segnali prosodici che accompagnano il parlato (il tono della voce, la velocità dell’eloquio, il ritmo, la forza vocale, le enfasi, i fenomeni di durata) e i segnali paralinguistici, che si affiancano al linguaggio, come le esitazioni, le pause, gli urli. Le persone spesso dissimulano le emozioni, ma difficilmente riescono a mascherare completamente le reazioni espressive spontanee. Ci sono dei segnali per capire se una persona sta nascondendo un’emozione, per es. il fatto che evita il contatto visivo. A volte l’emozione dissimulata viene segnalata da espressioni di brevissima durata (una smorfia, un’occhiata aggressiva, un’espressione triste di qualche secondo). Inoltre, le espressioni contraffatte adoperate per coprire quelle spontanee si riconoscono per fini dettagli, come la durata non tipica o l’eccessiva staticità.
Ci sono culture dove le emozioni si esternano di più ed altre dove si esternano di meno (per es. i giapponesi in pubblico tendo a dissimulare le emozioni negative, mentre gli statunitensi non hanno difficoltà ad esternarle).

L’esperienza emotiva

Il controllo delle emozioni

Non sempre diamo libero sfogo alle nostre emozioni, spesso ci troviamo nella condizione di voler o dover esercitare un controllo su di esse.
1) Spesso le emozioni vengono controllate per ragioni sociali (ad es. lo sfogo della collera può esporre alla ritorsione degli altri). La maggior parte delle volte controlliamo le emozioni in base alla loro natura: si tende a evitare emozioni spiacevoli e a ricercarne di piacevoli (motivazione edonica). 2) Per controllare le emozioni spesso prendiamo decisioni (es. decidiamo di immergerci nel lavoro per scacciare un dispiacere). 3) Altre volte ricorriamo al pensiero (riflettiamo su noi stessi e sulla situazione per vedere le cose in un modo da farci provare emozioni positive). 4) C’è anche un controllo basato sul conforto sociale, in cui sono gli altri ad aiutarci a controllare le nostre emozioni.

La comunicazione delle emozioni

Le emozioni vengono comunicate in parte intenzionalmente (per scopi precisi), altre volte in modo involontario, attraverso reazioni espressive spontanee. Quali effetti produce la comunicazione delle emozioni? 1) Relativamente frequente è il contagio emotivo: l’emozione manifestata dall’emittente suscita un’emozione simile nel ricevente (al sorriso rispondiamo con il sorriso e proviamo una gioia simile a quella che deve aver provato la persona che sorrideva). Si tratta di un’imitazione automatica e involontaria, probabilmente innata (favorisce la reciproca accettazione degli individui e l’armonia sociale). 2) A volte si attivano emozioni complementari: l’emittente manifesta un’emozione e il ricevente ne prova un’altra che facilita l’instaurarsi di un rapporto sociale di protezione, di aiuto, ecc. (l’ostentazione di emozioni infantili di gioia e sorpresa è un espediente spesso utilizzato, specie dalle donne, per suscitare negli altri sentimenti complementari di simpatia, affetto e protezione). 3) Comunicare le emozioni serve anche alla presentazione di sé e a esercitare un controllo sulle relazioni (vedi intelligenza emotiva).

L’intelligenza emotiva

Verso la metà degli anni Novanta del Novecento, alcuni autori statunitensi, come Peter Salovey e Daniel Goleman, hanno diffuso la nozione di “intelligenza emotiva” e sottolineato l’importanza di un’educazione emotiva per valorizzare le proprie caratteristiche, avere successo nella vita sociale e professionale e prevenire la depressione. Dal punto di vista del rapporto con le proprie emozioni, secondo questi studiosi si possono distinguere 3 tipologie di individui: 1) i sopraffatti: tipi volubili, che, non totalmente consapevoli dei propri sentimenti, vi si “perdono”, incapaci di mettere in atto un atteggiamento distaccato. Non avendo controllo sulla propria vita emotiva e non riuscendo a sfuggire agli stati d’animo negativi, sono spesso sopraffatti dalle emozioni, che li “immobilizzano” nelle scelte concrete; 2) i rassegnati: pur essendo consapevoli dei propri stati d’animo (positivi e negativi), sono poco motivati a mettersi in gioco e a cercare di modificare il proprio comportamento. Essi tendono pertanto ad assumere un atteggiamento del tipo laisser faire, passivo e fatalista; 3) gli autoconsapevoli: hanno le idee chiare sulle proprie emozioni e questo rafforza gli aspetti caratteristici della loro personalità. Sono autonomi, sicuri delle proprie capacità come dei propri limiti, ottimisti. Godono di una buona salute psicologica e sanno gestire gli stati d’animo grazie all’attenzione che prestano alla loro vita interiore. Secondo Salovey, la persona “emotivamente competente” si distingue perché possiede 5 ben precise caratteristiche:

  1. in primo luogo l’autoconsapevolezza, poiché il prerequisito fondamentale per gestire la sfera emotiva è quello di conoscerla;
  2. in secondo luogo la capacità di controllo sulle proprie emozioni;
  3. poi l’empatia, cioè la capacità di riconoscere le emozioni altrui;
  4. la motivazione e la stima in se stessi;
  5. infine la capacità di gestire le relazioni sociali.

Pertanto l’identikit della persona dotata di intelligenza emotivo-sociale (ESI, Emotional-Social Intelligence) potrebbe essere il seguente: La persona ESI è capace di percepire, comprendere e accettare se stessa. Gestisce e controlla efficacemente le proprie emozioni, esprimendole chiaramente e comunicandole in modo assertivo. Ha fiducia in se stessa ed è emotivamente indipendente dagli altri, poiché si impegna nel conseguimento degli obiettivi personali, realizzando il proprio potenziale. Consapevole di ciò che gli altri provano, è in grado di identificarsi con il gruppo di appartenenza stabilendo delle relazioni interpersonali soddisfacenti. Unisce a un lato senso di responsabilità sociale un atteggiamento cooperativo ed empatico. La sua analisi della realtà è chiara e oggettiva; è flessibile nell’adattare pensieri e sensazioni alle nuove situazioni. Risolve in modo efficace i problemi di natura personale e interpersonale. Ha un atteggiamento ottimistico e coglie sempre gli aspetti positivi degli avvenimenti, felice e contenta di se stessa, degli altri e della vita.

Per alcuni consigli bibliografici visita il sito http://scienzeumane.wordpress.com/tag/emozioni/

 

Fonte: http://doceo.pbworks.com/w/file/fetch/50776149/Le%20emozioni.doc

Sito web da visitare: http://doceo.pbworks.com

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.

 

Emozioni a cosa "servono"

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

Emozioni a cosa "servono"

 

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco

www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve

 

Argomenti

Termini d' uso, cookies e privacy

Contatti

Cerca nel sito

 

 

Emozioni a cosa "servono"