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“ CONOSCERE LE EMOZIONI “
LE EMOZIONI CI AIUTANO
AD AFFRONTARE LE DIFFICOLTA’
DIAMO PAROLE AL DISAGIO
Incontri su paura,tristezza,collera.
Percorsi per conoscere quando le emozioni
possono diventare sofferenza
6 e 13 ottobre 2007
ore 15
via Garibaldi, 104 - Palazzo Zardi
Copparo
Emozione è una parola derivante dal latino “ex-movere”: muovere via, mettere in moto, cioè sentire una impressione, un turbamento, sentire i brividi, fino a poter svenire per l’emozione.
Le emozioni sono funzioni della mente spontanee, sono reazioni interiori veloci fisiche e mentali che ci aiutano ad affrontare le situazioni di pericolo o di piacere che viviamo.
Infatti spingono: sia il corpo ad attivarsi sia la mente a porre attenzione, a concentrarsi per compiere un’azione che risolva la difficoltà pericolosa incontrata.
Quando l’esperienza è piacevole spingono a ripetere quella emozione fisica e mentale di godimento .
Esse in confronto con il pensiero consapevole, con il ragionamento, con il dubbio, con la critica sono più veloci.
Provocano una intensa reazione di tutta la persona: prima a livello fisico e solo dopo a livello psichico.
Appartengono alle parti più profonde della mente insieme a sentimenti,
affetti, stati d’animo, tono dell’umore e agli istinti di conservazione.
Inoltre aiutano ad entrare in contatto con gli altri che conoscono il linguaggio delle emozioni espresse dal volto.
Ad esempio: all’inizio di un incontro vi può essere paura.
Essa verrà superata con il parlare insieme e con la conoscenza reciproca.
Tuttavia quando vi è troppa paura ci si difende con il mantenere una certa distanza di sicurezza o allontanandosi.
Questo può portare: ad un isolamento doloroso in cui si fa riferimento solo a noi stessi (auto-referenti) oppure a percepire la relazione come pericolosa per cui si prendono atteggiamenti di difesa contro l’altro che è visto come nemico e persecutore.
In sintesi la mente deve abituarsi a conoscere e a lavorare con queste funzioni interne che sono presenti in modo spontaneo nel corpo e nella psiche per poter agire con rapidità.
Infatti esse possono diventare punti di FORZA per agire per affrontare le difficoltà o le esperienze positive.
Invece possono essere punti di DEBOLEZZA se la mente non lavora bene con le emozioni.
Infatti esse possono durare troppo a lungo e determinare una tensione interna negativa che può anche crescere nel tempo e stabilire un disagio, una sofferenza.
Le emozioni svolgono il compito di orientarci a prendere decisioni e a realizzarle con una azione e ad esprimerci con un movimento.
COLLEGAMENTI
Sono vicine: a) agli istinti di conservazione di sé e alle pulsioni,
b) alle sensazioni,
ormonale (adrenalina, serotonina),
d) ai muscoli e al movimento,
e) alla memoria.
Tendono a rallentare il pensiero logico più complesso, critico e attivano un pensiero più semplice e rapido come:
generalizzare, immaginare, pre-giudicare, amplificare, ridurre, ecc.
In alcuni casi queste forme di pensiero automatico veloce invece che positive possono essere negative (P.A.N. cioè pensiero automatico negativo) in quanto spingono verso comportamenti o attegiamenti come si possono vedere ad esempio nelle situazioni in cui si manifesta un:
il fuggire in massa, il contagio emotivo, il razzismo, il cercare il capro- espiatorio, un colpevole, la suggestione, l’auto-suggestione, il fanatismo, la superstizione, la dipendenza).
In sintesi le emozioni si attivano per poter scegliere un comportamento in breve
tempo tra:
1. allontanarsi e fuggire,
2. affrontare e aggredire,
Per semplificare possiamo individuare due tipi di emozioni:
PIACEVOLI: gioia, soddisfazione, tenerezza, amore, potere, tranquillità.
SPIACEVOLI: paura, tristezza, collera, ribrezzo, ecc..
Le emozioni si possono anche dividere in due gruppi:
INDIVIDUALI: paura, tristezza, collera, ribrezzo, sorpresa, gioia.
SOCIALI: invidia, gelosia, vergogna, colpa, ammirazione, delusione, rifiuto,
nostalgia.
Emozione di difesa prodotta da uno stato di pericolo.
Esso può essere:
1. Reale, oggettivo,
La paura attiva molto l’attenzione verso l’esterno e le reazioni fisiologiche del corpo per proteggersi dalle conseguenze di un eventuale danno imminente.
Il corpo prepara la sua forza rapidamente per fuggire oppure per affrontare il problema e risolverlo.
C’è un cambiamento fisiologico del corpo che va dalla testa ai piedi. Ad esempio: il cuore batte più forte, la pressione del sangue aumenta, la respirazione diventa più frequente, la bocca è secca, le mani sudano e sembrano più fredde, i muscoli sono più tesi, può comparire un tremore, un senso di vertigine, le ginocchia si piegano, si sentono fischi nell’orecchio, vi è pallore, senso di peso allo stomaco, sensazioni di formicolio sulla pelle, senso di svenimento, ecc.
Si attiva anche la memoria: prima quella emozionale più veloce cioè delle emozioni simili già vissute in passato, poi la memoria conoscitiva più lenta che descrive i fatti, gli oggetti cioè le cause della paura.
In alcuni casi queste due memorie non funzionano bene nel completarsi tra loro. Infatti la memoria emotiva può essere molto più facilmente attiva.
Così essa provoca un ritorno di paura di una certa intensità senza un motivo di pericolo adeguato ( paura anticipata ).
E’ come un ricordo che compare in un momento sbagliato.
Ci possono essere diverse forme di paura per cui si parla di:
paura, fobia, ansia, angoscia, ossessione, panico.
Le fobie hanno come componente alla loro base alcuni ricordi emotivi che si ripetono meccanicamente e durano più a lungo.
Nel disturbo da attacchi di panico (D.A.P.) vi sono paure diverse che si sommano, così vi è:
sia il ricordo doloroso della paura subita,
sia il senso della perdita di controllo del corpo,
sia la paura del battito molto veloce del cuore,
sia l’aggiunta della emozione di sorpresa,
sia il pensare al futuro con pessimismo e sentire già ora in anticipo la paura che l’attacco possa ritornare.
Essa produce un senso di smarrimento, di sentirsi impreparato, di impotenza, di perdita del controllo tale da attivare in anticipo il pensiero che la paura si possa ripetere in qualsiasi momento. E’il formarsi in modo anticipato dello spavento, del panico.
L’attenzione viene diretta all’interno soprattutto ad ascoltare ogni segnale che viene dal corpo.
Invece essa dovrebbe essere concentrata sulle cause esterne che vanno valutate e confrontate con le conoscenze acquisite per prendere una decisione su cosa fare.
A questo punto si decide di andare dal medico per i battiti veloci del cuore. Tuttavia non è il cuore che ha problemi: si tratta di un disturbo emitivo (DAP).
Alcune paure di una certa intensità sono normali, sono positivi meccanismi di difesa dai pericoli collegate all’età, alla crescita, alla maturazione:
- nell’infanzia è più forte la paura: del buio, dell’estraneo, degli animali, del
tuono,
- dall’età di 4 anni in poi si aggiunge la paura: di streghe, orchi, fantasmi, paura
del dolore,
- nell’adolescenza vi è la paura: di non sapere come comportarsi in pubblico, di
non essere considerato, di essere emarginato, di non avere successo, ecc.
- nell’età adulta vi è paura: della malattia, di non farcela nelle prestazioni, dello
straniero, del diverso, della morte.
TRISTEZZA
E’ una emozione di perdita, di mancanza di qualcosa di importante.
E’ dolore che lascia un senso di vuoto, di debolezza, di fragilità, di insicurezza, di diminuzione della fiducia in se stessi e nelle possibilità future.
Essa provoca un rallentamento delle attività, un ripiegamento su di sé. L’attenzione è attivata verso l’interno della mente.
Questo porta a pensare che il presente è diverso, qualcosa si è modificato e ci fa sentire dolore: è il momento della incertezza, della disorganizzazione mentale che è un segnale che richiede di scegliere qualcosa di nuovo e di positivo.
In certi casi sarà necessario ricominciare da capo cioè prendere decisioni e fare dei cambiamenti per il futuro.
Quando la tristezza tende a durare un po’ più a lungo diventa un sentimento, uno stato d’animo.
Vi sono momenti in cui si avverte di più il rallentamento e la diminuzione della spinta ad essere attivi.
Tende a diminuire la stima di sé, la fiducia nelle proprie possibilità.
Vengono diminuite le emozioni di gioia, di piacere.
Per questo i desideri per le cose che ci danno piacere ci sembrano lontani e non più nostri, questo aumenta la sensazione di crisi della nostra personalità, identità.
Vi è diminuzione nel percepire il piacere, la soddisfazione, la gioia.
Il tempo passa più lentamente.
Le aspettative di affermazione, i desideri di realizzazione possono apparire più attenuati.
La tristezza si collega a delusione di speranze e colpa verso gli altri per non
riuscire più a realizzare quei risultati di perfezione ed il successo che dovevamo
raggiungere.
A livello del ragionamento può comparire un pensiero automatico negativo e semplificato (P.A.N.) che:
generalizza, riduce la cose positive, aumenta le cose negative e spinge verso il pessimismo, si aggrappa a idee di fantasia, crea pre-giudizi.
Anche il corpo subisce un rallentamento, una diminuzione di alcune attività. Queste sensazioni interne possono a loro volta produrre preoccupazione, emozioni di paura e aumentare la tristezza col pensare che ci possa essere una malattia del corpo.
Allora si può decidere di andare dal medico per chiedere una serie di analisi cliniche del sangue, del cuore, ecc..
Qui compare il rischio di sbagliare la strada pre la soluzione del proprio malessere e perdere tempo nel ripetere esami inutili con un aumento della tristezza perché il disagio non è capito e non passa.
E’ una emozione che segnala che è accaduto qualcosa che per noi è sbagliato, ingiusto: un dispiacere improvviso, un contrattempo non previsto, una sconfitta, un inganno, un tradimento della nostra fiducia, oppure una imposizione, una violenza.
Ci sembra all’improvviso di vedere in azione una volontà di ferirci, di ostacolarci da parte di un oggetto o di una persona.
Questa funzione della mente ci presenta la possibilità di superare questi ostacoli in modo energico, con la forza, con una aggressione verbale o con un atto.
Essa attiva molta energia aggressiva che può diventare eccessiva, troppo distruttiva verso gli altri se non viene controllata.
Infatti l’educazione, le regole sociali sono rivolte al contenimento della violenza e all’orientamento verso il rispetto dell’altro.
Così la rabbia può rimanere silenziosa e repressa, oppure esprimersi con parole, con diverbi, con litigi oppure spostarsi su altri oggetti o azioni gratificanti come fare dello sport oppure sulla azione di attacco.
Essa attiva molto l’attenzione e il corpo che manifesta una grande tensione muscolare.
Vi può essere paura di perdere il controllo, irrequietezza, con aumento dei battiti del cuore, della pressione arteriosa, sudorazione.
E’ una preparazione che ha per scopo quello di affrontare, agire e risolvere un problema e subito dopo sentirsi soddisfatti.
Si libera nel sangue anche molta adrenalina per cui essa richiede un maggiore controllo consapevole di quanto si sta attivando dentro di noi.
Infatti la collera, la rabbia possono farci prendere comportamenti che possono diventare:
In alcuni casi essa si presenta insieme ad emozioni di disgusto e di disprezzo.
Le persone che hanno l’abitudine di esprimere molta collera fanno soffrire le persone che sono a loro vicine perché a loro volta sentono emozioni forti e contrapposte.
Infatti esse a loro volta si sentono ferite e possono reagire con la collera oppure hanno paura del conflitto che potrebbe manifestarsi e non reagiscono.
Nell’educazione che riceviamo fin da bambini, di solito vi sono molte indicazioni per il controllo dei comportamenti che potrebbero essere attivati da una rabbia distruttiva.
Invece chi ha acquisito l’abitudine a reagire alle delusioni, allo stress con la collera può avere momenti di rabbia che diventano per lui sempre più difficili da controllare.
In particolare se non ha acquisito con l’educazione alle relazioni il senso del rispetto reciproco, della fiducia verso le altre persone, delle regole morali e delle leggi della società in cui vive.
Così c’è il rischio di esagerare, che la collera diventi violenza distruttiva quando ci si esalta della propria forza nel disprezzare e umiliare e agire contro una persona o una cosa.
Nell’infanzia si impara a esprimere la collera osservando come si comportano gli adulti nelle situazioni concrete, cioè nel vedere:
urlare, bestemmiare, offendere, sbattere il pugno sul tavolo, suonare ripatutamente il clacson dell’auto, fare il gesto delle corna, discutere con il volere imporre il proprio punto di vista senza ascoltare quello dell’altro, umiliare l’altro, ecc..
L’emozione della collera poi può essere aumentata dal pensiero automatico negativo (P.A.N.): cioè quello semplificato, generalizzato, massimizzato, che raggruppa le persone in categorie e che produce idee negative, ad esempio: pensare subito che le intenzioni dell’altra persona verso di noi sono cattive, senza aspettare di avere riflettuto se vi sono prove sufficienti.
Infatti quando c’è la collera distruttiva ci allontana dalla comprensione dell’altro, ci divide e ci prepara ad una aggressione contro di lui che ci appare come uno tra i nemici, tra gli ostacoli da allontanare.
Perciò si sperimentano anche: a) riduzione del controllo di sé, b) difficoltà ad organizzare logicamente le azioni, c) diminuzione della capacità di critica e di conoscenza, d) diminuzione del senso del tempo per cui si sente solo il presente immediato.
Per controllare questa emozione così forte e che all’inizio disorganizza il modo di pensare, si usa più spesso il comportamento di evitare di peggiorare la situazione: cioè di allontanarsi, di fare un respiro profondo e non reagire subito ma aspettare un altro memento.
Esprimere la collera in modo costruttivo è possibile con il: parlare lentamente per chiarire i diversi punti di vista oppure fare sport, gratificarsi e rilassarsi, confidarsi con un altro per dare parole alla collera e così riordinare il peso delle emozioni.
Quando la rabbia contro una persona dura più a lungo diventa rancore, un sentimento che crea una notevole tensione dentro la mente.
Infatti diventa una difficoltà non elaborata della aggressività istintiva ed emotiva.
Esso poi potrà spingere verso il comportamento del conflitto e della vendetta.
Quando la rabbia non viene espressa subito essa si può collegare con l’idea di non riuscire a fare niente, può comparire un’idea e un sentimento di “impotenza”, di incapacità di trovare una soluzione.
In altri casi prevale l’idea di essere ormai diventati ingiustamente “vittima” di un altro che per questo motivo assume l’aspetto di un “persecutore”.
Questo spinge verso i pensieri automatici negativi che possono fare comparire paura,ansia, tristezza, pianto di rabbia, diminuzione dell’autostima e della fiducia in se stessi, idee di persecuzione da parte di altri.
Fino all’età di 6 anni il bambino esprime frequenti crisi di rabbia e manifesta la sua opposizione quando vi è un ostacolo ai suoi desideri in vari modi anche con un pianto di collera.
E’ importante imparare dall’esperienza ad usare la rabbia in vari modi costruttivi, cioè esprimere l’emozione con un comportamento di azione come:
parlare, discutere, confrontarsi, esprimere chiaramente le motivazioni dello
scontento per rendere possibile anche all’altro di fare un cambiamento utile ad
entrambi,
oppure piangere,
oppure allontanarsi,
oppure dimenticare e gratificarsi.
In sintesi la rabbia è una emozione che:
1. si esprime con la mimica inconscia sulla nostra faccia,
espiatorio”, oppure il nostro “persecutore” aggressivo,
incapaci, colpevoli, cattivi, impotenti, meritevoli di punizione, senza vie di
uscita nel futuro (suicidio),
Fonte: http://associazioni.comune.fe.it/attach/comitatoponte/docs/le%20emozioni%20ci%20aiutano[1].doc
Sito web da visitare: http://associazioni.comune.fe.it
Autore del testo: sopra indicato nel documento di origine
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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