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IL PASSAGGIO DA NOI COPPIA A NOI GENITORI
I rituali familiari
Una delle modalità più caratteristiche attraverso le quali le famiglie riconnettono, in modo pressoché inconsapevole, la propria esperienza entro una storia che ha un passato, un presente e una capacità progettuale sul futuro è rappresentato dai rituali familiari. Essi, nelle loro differenti tipologie, possono essere considerati come una finestra sulla vita della famiglia, che permette di accedere al tenore emozionale e comportamentale caratteristico, al processo di formazione e condivisione dell’identità familiare e alla costruzione del senso di appartenenza al nucleo familiare.
Il rito conserva in sé il potere di legare il presente al passato e la futuro, garantendo continuità e consentendo al singolo membro di riconoscersi parte di una specifica realtà familiare. Il rituale diventa per la famiglia un elemento di stabilità nel quale potersi riconoscere. Rispetto ai cambiamenti esterni che modificano la realtà, e rispetto ai mutamenti interni, alle perdite e alle entrate dei diversi membri, il rituale ripetuto e passato alla nuova generazione assicura una sorta di immortalità. Diventa, tuttavia, fondamentale comprendere il meccanismo attraverso il quale ciascuna famiglia costruisce i propri riti. Vi sono famiglie in cui i riti sono rigidamente prescritti dalla storia familiare e non c’è spazio perché la famiglia giovane possa immettere la novità, per modificare senza che ne vada dell’identità familiare consolidata nel tempo. Ogni mutamento, anche banale, rischia di stravolgere la consuetudine e con essa l’equilibrio faticosamente conquistato.
La capacità di attingere dal patrimonio ritualistico delle famiglie di origine, introducendo creativamente e flessibilmente elementi di novità, sembra essere una capacità della coppia consapevole e matura. Ciò cui si assiste in questi casi è un processo attraverso il quale alcuni elementi ritualistici di entrambe le famiglie di origine vengono via via modificati dalla coppia giovane e reinterpretati alla luce dei mutamenti intercorsi (storici, sociali, economici) e delle esigenze dei nuovi attori apparsi sulla scena (il partner, la sua famiglia di origine, i nuovi nati). Ogni coppia, cioè, attraverso i suoi specifici riti, dice di nuovo, innova, senza perdere il senso di appartenenza familiare. Alcuni riti verranno incorporati così come sono, altri adattati e reinterpretati, altri ancora abbandonati senza troppe recriminazioni e senza volontà di scissione dalle famiglie d’origine.
La trasmissione del patrimonio, della storia, della routine e dei riti familiari si inscrive, dunque, in quel processo di distinzione della famiglia dalle rispettive famiglie di origine. La giovane famiglia, infatti, costruisce la propria identità gruppale distinguendosi dalle famiglie e dalle generazioni precedenti e realizzando un nuovo progetto generativo a partire dal riconoscimento delle eredità ricevute.
La coppia genitoriale di fronte alla storia familiare
La trasmissione del patrimonio e della storia familiare non è da intendersi come un processo lineare e pressoché deterministico. La coppia, infatti, si trova a un crocevia critico di tale snodo relativamente all’asse verticale (i coniugi sono contemporaneamente figli delle generazioni precedenti e genitori di quelle successive). In quanto figli, essi si sono trovati a gestire il passaggio dalla generazione precedente alla propria, ne hanno ereditato risorse e impedimenti e hanno poi deciso e soppesato che cosa accettare e che cosa rifiutare. È con questo bagaglio che si accingono a trasferire/comunicare alle generazioni successive ciò che hanno ricevuto e ciò che essi hanno negli anni costruito. La coppia svolge, dunque, un ruolo di nuovo dispositivo di elaborazione, in quanto punto di incontro e di confronto di due storie familiari. Dunque, se è vero che ciascun coniuge deve fare i conti con l’eredità ricevuta dalla e nella propria famiglia, è anche vero che le proprietà del nuovo legame di coppia sono diverse dalla somma delle risorse e dei deficit che costituiscono il bagaglio dei due partner. È la coppia che riscrive con propri accenti la storia familiare a partire da ciò che ha ricevuto a propria volta. Nell’incontro e nel confronto di coppia vi è lo spazio per una rivisitazione e rielaborazione della propria storia personale per costruire modalità relazionali diverse.
Tale incontro/confronto può avere esiti differenti: può portare alla replica, dunque all’assunzione del patrimonio e alla sua trasmissione senza una rielaborazione personale; può evidenziare una frattura, ovvero una volontà di interruzione di tale trasmissione intergenerazionale, in quanto i genitori non riconoscono di poter accogliere qualcosa di buono di ciò che è stato trasmesso dalle generazioni precedenti e percepiscono la propria famiglia e il proprio essere genitori come radicalmente differenti da quanto essi hanno vissuto all’interno delle proprie famiglie di origine. Non di rado si assiste a uno sbilanciamento a favore di un ramo genealogico a scapito dell’altro: si tende così a un avvicinamento a una delle due stirpi (o a quella paterna o quella materna), percepita più positivamente e, al tempo stesso, a un disconoscimento dell’altro ramo, considerato per le ragioni più diverse non adeguato (ad esempio, perché portatore di un’ideologia non condivisa, di valori non accettati, di una storia che è meglio tralasciare o semplicemente perché non disponibile alla cura dei figli). Infine, i coniugi possono accogliere quanto di positivo ciascuno di essi ha ricevuto, pur nel riconoscimento delle mancanze, in modo da passare ai propri figli un patrimonio che è una sintesi personale e creativa di quanto essi hanno ereditato dalle generazioni precedenti e che vale la pena a loro giudizio di trasmettere, e di quanto di nuovo hanno voluto aggiungervi.
Qualcuno afferma che ciò che viene scambiato lungo l’asse verticale delle generazioni sono le carte che si ricevono da una mano: sono date. Il problema è ciò che le persone decideranno di fare con esse. Le famiglie sono impegnate nella difficile trattativa di ciò che del patrimonio va lasciato, di quali aspetti vanno conservati e di ciò che va innovato.
Il patto coniugale
La coppia coniugale è l’aurora della famiglia ed è da qui che passa il progetto generativo.
La relazione coniugale si fonda su un patto fiduciario che ha nel matrimonio il suo atto esplicito. In questo senso il matrimonio rappresenta il simbolo della transizione, che si esplica attraverso la ritualità.
È il patto che fonda e organizza la relazione. Il patto è un organizzatore relazionale. I suoi elementi costitutivi sono: la comune attrattiva, la consensualità, la consapevolezza, l’impegno a rispettarlo, la delineazione di un fine.
Il patto matrimoniale non si esaurisce, però, nella dichiarazione di impegno formulata esplicitamente e pubblicamente, esso è sorretto, da un punto di vista psichico, anche dal patto segreto, che rappresenta l’intreccio inconsapevole, su base affettiva, della scelta reciproca. L’attrattiva, cioè ciò che ha attratto i due nella stessa orbita, è un misto di bisogni, di speranze e di difesa da pericoli che i partner si aspettano di trattare nel rapporto di coppia. Tale “miscuglio” si collega alla storia pregressa dei partner e ai modelli identificatori con i familiari.
“Io sposo in te questo e tu sposi in me quest’altro”: questo è l’aspetto inconsapevole della scelta e il suo nocciolo è costituito dalle esigenze affettive e relazionali fondamentali delle persone. È proprio l’incastro di bisogni, desideri e paure a costituire la peculiarità di quella coppia.
Il patto segreto può dirsi riuscito quando è possibile praticarlo, quando cioè effettivamente i partner, attraverso il loro incontro, soddisfano bisogni affettivi reciproci e quando è flessibile, vale a dire che può essere rilanciato e riformulato secondo il mutamento dei bisogni e delle attese delle persone lungo il percorso di vita. Un patto è impraticabile quando i bisogni che i due partner sperano di soddisfare reciprocamente vengono sistematicamente disattesi.
Il patto dichiarato richiama, invece, la valenza etica di vincolo reciproco. Si esplicita in una promessa di fedeltà nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. Esso riguarda un obbligo reciproco da parte dei contraenti che viene testimoniato pubblicamente.
Il patto dichiarato può essere coscientemente assunto e interiorizzato, ma può anche essere del tutto formale, oppure fragile, vale a dire poco consistente. Il patto è coscientemente assunto quando è voluto ed è interiorizzato da un punto di vista cognitivo e affettivo. I partner si dedicano al legame, sono cioè il grado di formulare un progetto di vita in comune anche nelle sue valenze concrete e si impegnano nella sua realizzazione. Il patto è fragile quando il progetto ha poca consistenza (è contingente ed emozionale) e la scelta reciproca è povera di impegno.
L’obiettivo è la costruzione di un patto coniugale che attui e mantenga viva la confluenza tra patto segreto e patto dichiarato. Occorre, cioè, costruire e rendere effettivo un terreno comune etico-affettivo che esprima il volto peculiare e le caratteristiche di quella coppia. La meta ideale, la perfezione del patto configura un tipo di coppia che si appoggia e alimenta l’unicità e l’irripetibilità della persona amata, accettata nei suoi limiti e desiderata nelle sue caratteristiche. “Sposo te perché sei tu”.
Compiti di sviluppo della relazione coniugale
La costruzione del patto coniugale come obiettivo della transizione, si dipana concretamente in specifici compiti di sviluppo che la coppia è chiamata ad assolvere, sia sull’asse coniugale (in quanto coniugi), sia su quello intergenerazionale (in quanto figli):
Il primo compito per i nuovi coniugi è la costruzione dell’identità di coppia. Esso si realizza a due condizioni. La prima è data dalla capacità di reciprocità e cioè che ciascuno dei due coniugi sappia prendersi cura dell’altro nella sua unicità e differenza. La coppia è chiamata a mettere in atto processi di negoziazione nell’affrontare i vari problemi che la vita quotidiana pone. Tali processi di negoziazione sono efficaci nella misura in cui sono fondati su un senso di reciprocità a lungo termine e sulla responsabilità coniugale. La seconda condizione perché si realizzi un’identità di coppia è costituita dal fatto che i coniugi sappiano uscire da una prospettiva autoreferenziale.
Integrare le proprie storie familiari. I due coniugi dimostrano senso di appartenenza alle proprie radici familiari e anche capacità di rielaborarle, mantenendo gli aspetti positivi contenuti in esse e proponendosi di modificare gli aspetti che ritengono deficitari.
Stabilire dei confini con le proprie famiglie d’origine. I due coniugi devono attuare un nuovo tipo di legame con le famiglie d’origine: la coppia è chiamata a regolare le distanze dalle due famiglie d’appartenenza in modo che si creino confini chiari e permeabili. Nella definizione dei confini la coppia deve essere anche in grado di costruire rapporti equi con entrambe le famiglie d’origine.
Costruire un legame tra le famiglie d’origine.
I coniugi devono assumersi il compito di avviare e portare avanti un processo di regolazione delle distanze con le famiglie d’origine ridefinendo le relazioni con esse e tracciando nuovi confini tramite processi di negoziazione.
L’unione della coppia comporta l’integrazione di due storie familiari e, quindi, la regolamentazione delle distanze tra la coppia e le famiglie d’origine, oltre che il loro incontro. Il compito è quello di fondere due culture in una nuova cultura.
Un compito specifico della coppia coniugale, un compito permanente di ogni transizione, è quello che implica il rilancio della coniugalità nei passaggi-chiave della vita. La coppia è, cioè, chiamata a impegnarsi a riformulare nel tempo il patto coniugale, articolato in patto dichiarato e patto segreto. La coniugalità è, infatti, una dimensione che accompagna tutto lo sviluppo della vita familiare ed è, pertanto, soggetta a molte transizioni, che inducono la coppia ad assumersi sempre nuovi compiti per la realizzazione degli obiettivi che di volta in volta è chiamata a raggiungere. Le persone hanno bisogno di cambiare il contratto relazionale a seconda delle diverse fasi del ciclo di vita, dal momento che le cose cambiano nel corso del tempo. Il contratto è, pertanto, messo costantemente alla prova dalle fasi di transizione e di compiti evolutivi che la famiglia si trova ad affrontare lungo il cammino del suo ciclo di vita, in primis e soprattutto la nascita dei figli e l’accompagnamento nel lungo e affascinante cammino della loro crescita.
Riadattare le esigenze individuali e di coppia
La grande sfida di una coppia sta nel riuscire a passare dall’unione quasi totale, propria dell’innamoramento, all’espressione delle differenze individuali che si palesano con la convivenza. Durante la fase di innamoramento, la passione diluisce temporaneamente le differenze e ciò costituisce la principale fonte di piacere. Alcune persone, però, non reggono le diversità che emergono nella vita quotidiana e tentano di ripetere situazioni vissute nella fase di innamoramento. In questi casi, l’equilibrio di coppia termina ogniqualvolta l’altro emerge come persona differenziata, in altre parole quando occorre mettersi d’accordo sulla cose di ogni giorno, risolvere inconvenienti o imparare ad ascoltare necessità o idee diverse dalle proprie.
Conciliare i progetti personali con quelli della coppia, riuscendo a far sì che entrambi possano esprimersi senza escludersi a vicenda, è una proposta che obbliga la nuova famiglia a rivedere i “contratti” o accordi precedenti per ridefinirli e metterli in pratica. La capacità di rinegoziare consente di adattarsi alle nuove esigenze imposte dalla crescita. La modalità di risoluzione scelta produce diverse combinazioni tra il livello di impegno nel mondo condiviso e l’espressione dell’individualità.
Si possono adottare le seguenti modalità di funzionamento e di mondo condiviso:
È importante segnalare che i comportamenti estremi, quali l’indifferenziazione, la sottomissione e l’individualismo, possono temporaneamente entrare nelle possibilità di rapporto di una coppia.
I progetti personali della vita da celibe o nubile richiedono aggiustamenti alla luce delle nuove condizioni poste dalla vita di coppia.
La transizione alla genitorialità: dal patto di coppia al patto genitoriale
È ormai condivisa la consapevolezza che genitorialità e coniugalità siano dimensioni interdipendenti e vicendevolmente connesse. Il legame di coppia può funzionare da risorsa o da fattore di rischio per l’esplicazione delle funzioni genitoriali di ciascun genitore. Diventare genitore significa, infatti, diventarlo intrinsecamente insieme all’altro. È tramite la dimensione di coppia che un individuo ha la possibilità di attualizzare ciò che per lui rappresenta l’essere padre o l’essere madre.
I figli sono il segno visibile e indissolubile del legame esistente tra due persone, sono il frutto dell’incontro di un uomo e una donna che, nella diversità di genere e di stirpe, decidono di fidarsi l’uno dell’altro e assumere insieme la responsabilità della cura della generazione.
L’approccio relazionale-simbolico considera la coppia non come somma di due alterità ma come un noi, quell’eccedenza che, seppur partendo dalle rispettive risorse e bisogni personali, trascende dai confini psichici individuali.
Progetto intrinseco della coppia e, quindi, suo obiettivo risulta l’essere e il diventare insieme generativi. Il fatto procreativo-generativo trasforma la coppia coniugale in coppia genitoriale. Questo passaggio non è da intendersi in termini di radicale cambiamento, ma in termini di continuità rispetto al patto coniugale. Infatti, all’interno dell’incastro tra patto segreto e patto dichiarato vi è sin da subito presente uno spazio che raccoglie le rappresentazioni sulle attribuzioni di ruolo paterne o materne che ciascun coniuge si immagina che lui stesso e l’altro ricoprano. L’insieme di queste aspettative costituisce il cuore del patto genitoriale e, allo stesso tempo, il punto di partenza della strada che avrà come obiettivo la co-costruzione di un patto genitoriale di coppia condiviso.
Nella complessità dell’essere umano, data dal suo essere frutto di una storia familiare che lo precede e lo accompagna, accade che ciascun genitore porti con sé un proprio bagaglio di significati, rappresentazioni e attribuzioni di ruolo, ereditati dalle proprie famiglie d’origine, rispetto a cosa significhi essere padre o madre, essere una coppia genitoriale ed essere figli. Tali significati possono non essere completamente conosciuti prima dal partner, ma, inevitabilmente, sono resi prorompenti nel momento del concepimento e accompagneranno il genitore nel coinvolgente cammino della crescita e cura della nuova generazione. Anche se in maniera a volte latente, infatti, tali rappresentazioni influenzano le modalità e le scelte educative quotidiane attuate da ciascun genitore, originando potenziali differenze negli stili educativi e nelle aspettative sui figli. Così, come accade per le differenze che qualificano il rapporto a livello coniugale, anche per la costruzione del patto genitoriale sarà necessario affrontare e rielaborare le differenze in modo da attuare una cura responsabile e condivisa per la nuova generazione.
La chiave della riuscita di questo processo passa attraverso una costante e rinnovata accoglienza dell’altro attraverso la strada della legittimazione reciproca. Legittimare l’altro significa continuare, nel tempo, a riconoscere e valorizzare il proprio coniuge nella sua diversità, in quanto essa stessa rappresenta quell’unicità che ha fatto sì che, in modo consapevole o meno, fosse scelto proprio lui come partner. All’interno del patto genitoriale questo si manifesta attraverso la capacità/volontà di ciascun genitore di sostenere e aiutare il proprio partner nell’esplicitare il suo ruolo genitoriale, rispettando il suo modo di essere e di vivere la genitorialità. Quanto più ognuno dei coniugi avverte la fiducia dell’altro nelle proprie capacità di essere genitore, tanto più entrambi i membri della coppia saranno in grado di affrontare la complessità emotiva ed etica intrinseca alla cura responsabile. Legittimare l’altro e il suo ruolo non significa negare la possibile dimensione conflittuale, ma saper gestire le differenze in modo tale da permettere ai figli l’accesso a entrambi i genitori. Le diversità hanno bisogno di essere riconosciute, messe in dialogo e portate avanti in modo originale attraverso l’impegno e il rispetto reciproco di ciascun genitore, in modo tale da permettere al proprio figlio di sperimentare un incontro positivo con le peculiarità di entrambi i coniugi derivate dalla differenza di genere e di stirpe. Questa modalità della coppia di gestione delle differenze risulta fondamentale per la formazione dell’identità e dell’autostima dei figli, specialmente nella fase adolescenziale, dal momento che da una parte facilita l’identificazione positiva con il genitore dello stesso sesso, mentre dall’altra testimonia una modalità di relazione con l’altro (il diverso da sé) basata sul rispetto e sull’accoglienza reciproca.
Dalla coppia…per i figli
La sfida per i neo-genitori consiste nel dare origine e sviluppare un patto genitoriale in grado di connettersi e al tempo stesso di distinguersi dal patto coniugale. Per raggiungere questo obiettivo la coppia è chiamata a profonde modifiche del proprio assetto mentale e organizzativo. All’interno della dimensione coniugale dovrà far coabitare la nuova dimensione genitoriale e attuare un equilibrio flessibile tra le due. A seconda delle fasi di sviluppo e delle condizioni contingenti in cui la famiglia si trova a vivere, la coppia dovrà essere in grado di privilegiare, di volta in volta, una dimensione sull’altra senza cadere in meccanismi rigidi di stagnazione di una delle due. In tal senso il tema della gestione degli spazi e dei confini nel rapporto con i figli è considerato cruciale per il benessere della coppia e, conseguentemente, per quello della prole. Accade, ad esempio, che, nella fase immediatamente successiva alla nascita, la dimensione genitoriale risulti predominante, dato il bisogno di continua protezione e accadimento necessario per la sopravvivenza del piccolo. Il rischio in cui i coniugi possono incorrere, però, è quello di diminuire eccessivamente gli spazi dedicati a loro come coppia, perdendo, indebolendo e, a volte, annullando la risorsa rappresentata dalla complicità del loro legame. Tale mancanza, oltre a provocare un indebolimento del patto coniugale, porta con sé rischi anche nel rapporto con i figli, quali ad esempio: un iper-investimento sulla sua riuscita sociale e prestazionale, una diffusione dei confini generazionali (invischiamento) che limita gravemente e rende talvolta impossibile lo sviluppo dei processi di autonomizzazione e di individuazione, o il sorgere di alleanze genitore-figlio a spese dell’altro genitore che, invece, comportano una confusione nelle attribuzioni di ruolo.
A livello organizzativo, invece, la coppia ha il compito di attuare modalità collaborative per gli aspetti di cura concreta della gestione quotidiana dei figli, a patire da chi accompagna i bambini a scuola fino ad arrivare a chi gli rimbocca le coperte la sera. Attualmente questa può risultare essere una tematica di scontro tra marito e moglie. Infatti, la società contemporanea risulta meno rigida, rispetto al passato, su quali siano le funzioni paterne e quali quelle materne, lasciando a ciascuna coppia la possibilità, e al tempo stesso la necessità, di confrontarsi e negoziare da sola quale sia quella gestione e suddivisione dei compiti e dei ruoli, affettivi ed etici, che meglio garantisca una crescita equilibrata ai figli.
Per questo la condivisione della responsabilità della cura parte da un continuo dialogo, impegno e investimento da parte dei genitori sul proprio rapporto di coppia nei termini di affetto, accoglienza, stima e legittimazione reciproca. La coppia deve essere considerata come il punto di partenza, di ritorno e di rilancio per una genitorialità riuscita.
È molto importante il sostegno reciproco e la condivisione di responsabilità tra i coniugi, necessarie per una cura più funzionale per i figli. La co-genitorialità è una variabile di mediazione tra la qualità della relazione coniugale e la qualità della relazione genitoriale. La condivisione della cura non è tanto in termini di equa divisione organizzativa dei compiti e neppure di accordo sulle modalità educative, ma è riferita ad alcune dimensioni relazionali, quali la legittimazione reciproca, il supporto coniugale e la presenza di un equilibrio nelle relazioni interne alla triade.
Nascita del primo figlio
La nascita del primo figlio fa sì che la coppia si trovi coinvolta in nuove situazioni e doveri. Il risultato può essere un’esperienza che la arricchisce o la scintilla che scatena una serie di divergenze.
Perdere la bussola e ritrovare la giusta direzione è una costante nel processo di crescita familiare. Vi sono momenti più difficili di altri, ma un atteggiamento aperto e flessibile aumenta le possibilità di trovare una via d’uscita.
I problemi tipici che deve affrontare una coppia cui è nato il primo figlio sono:
La nascita del primo figlio solitamente altera i confini che la coppia può aver posto in passato per tutelare la propria intimità. Nonni, zii e amici tendono a oltrepassare il limite della vita privata familiare e a intromettersi in ambiti che competono unicamente la giovane coppia. L’esperienza e i buoni consigli di nonni, parenti e amici rappresentano un bagaglio particolarmente ricco e utile qualora la coppia abbia la possibilità di adattarli liberamente al suo stile.
La nascita di un figlio richiede ai genitori di operare una serie di modifiche nell’organizzazione della routine quotidiana per offrire al bebè le cure e l’attenzione di cui necessita. Tuttavia, ciò non significa sopprimere gli ambiti di vita che in quanto adulti i due hanno bisogno di conservare per adempiere efficacemente alle nuove responsabilità.
A causa della sua totale dipendenza, il neonato ha delle esigenze e i genitori devono organizzarsi per soddisfarle. Il modo in cui svolgono tali compiti dipende, in gran parte, dalla posizione in cui si trovano nel rapporto con le famiglie d’origine. Se continuano a essere più figli che genitori, è molto difficile che riescano ad adempiere adeguatamente alle loro funzioni. Avere un figlio e aspettarsi di essere ancora accuditi dalla propria famiglia rende i neo-genitori poco efficaci quando si tratta di farsi carico del neonato. Invece, quelli che hanno superato il proprio stato di figli scoprono quali sono le loro funzioni man mano che la convivenza li pone di fronte alla necessità di riflettere, correggere comportamenti o inventare nuovi modi di rapportarsi, sia con i propri figli che all’interno della coppia.
Quando la coppia fà lavoro di squadra, è più facile evitare situazioni problematiche e si godono con maggiore intensità i bei momenti.
La transizione alla genitorialità
L’assunzione dell’identità genitoriale è il traguardo di un percorso soggetto a vicissitudini. Si diventa genitori e questo diventare genitori non coincide con l’evento della nascita del figlio, anche se da essa inizia l’avventura.
L’obiettivo centrale di questa transizione consiste nello sviluppo da parte della coppia della generatività, vale a dire nella capacità di preoccuparsi, di prendersi cura in modo responsabile di ciò che è stato generato. L’obiettivo primario della transizione è l’assunzione da parte della coppia di una responsabilità genitoriale condivisa. Si tratta, per la coppia, di dare origine e sviluppare un patto genitoriale (cura responsabile), in grado di connettersi, ma anche di distinguersi, dal patto coniugale. La costruzione del patto genitoriale non si sviluppa in maniera automatica, ma necessita di tempo ed energie, sia sul piano dell’investimento affettivo, sia sul piano dell’impegno di cura.
Il patto genitoriale, a partire dalla nascita, deve saper garantire al figlio, a seconda delle fasi evolutive, la compresenza di aspetti protettivi e di empatia tipici del codice materno e di aspetti emancipativi e di ordine e giustizia tipici del codice paterno.
La realizzazione dell’identità del figlio è legata alla possibilità di accedere e di trarre alimento dal patrimonio valoriale delle due stirpi, materna e paterna.
L’obiettivo principale che caratterizza la seconda fase del ciclo vitale della famiglia potrebbe essere sintetizzato nel passaggio dalla diade coniugale alla triade familiare. La nascita del primo figlio rappresenta un evento critico per la coppia, che implica la ridefinizione della sua identità in modo da integrare alla componente coniugale anche quella genitoriale, così da accogliere e prendersi cura in modo responsabile del figlio.
La nascita di un figlio ha un impatto molto forte sulla relazione coniugale, comportando dei compiti di sviluppo in riferimento alla ridefinizione della coppia e all’acquisizione ed integrazione del ruolo genitoriale. I compiti di sviluppo connessi a questa transizione si articolano in tre livelli. Essi nella realtà sono intrecciati e le modalità con cui un compito è perseguito o raggiunto può influenzare la modalità con cui gli altri vengono perseguiti. Sono:
Il primo ed essenziale compito dei nuovi genitori riguarda la condivisione e la negoziazione delle modalità con cui accogliere e dare spazio al nuovo arrivato all’interno della coppia e della famiglia. È molto importante riconoscere il figlio come soggetto della relazione, come competente dal punto di vista relazionale fin da poco dopo la nascita.
La coppia è chiamata a una negoziazione nella gestione organizzativa della vita familiare. Nel corso del tempo tale negoziazione si estende a definire anche una dimensione centrale nel rapporto educativo: lo stile di parenting, vale a dire il tipo di condotta e di impegno che la coppia di genitori intende, più o meno consapevolmente, tenere nella relazione con il figlio.
Ridefinire la relazione coniugale. La presenza del figlio come terzo e le ingenti cure che questo richiede aprono ad un altro tipo di relazione, quella genitoriale, riducendo lo spazio di coppia l’attenzione che ogni partner era in grado di dare precedentemente all’altro. Tutto ciò comporta che i coniugi ridefiniscano i propri ruoli e la propria relazione in funzione del nuovo arrivo.
Stabilire dei confini tra il sottosistema coniugale e genitoriale. È necessario creare confini chiari tra la relazione coniugale e quella genitoriale, così che ciascun sottosistema abbia uno spazio in equilibrio con l’altro. È necessario che i due coniugi siano in grado di curare sia la dimensione coniugale che quella genitoriale, anche perché ciò comporta un beneficio per gli stessi figli. infatti, solo i genitori che vivono un buon rapporto di coppia garantiscono ai loro figli sia un clima positivo che un valido modello di coppia.
Acquisire il ritmo di genitore. Il compito fondamentale richiesto alla coppia in questa fase del ciclo vitale della famiglia è quello di prendersi cura della generazione più giovane. L’assunzione di questo ruolo è per il singolo un momento di verifica del proprio percorso di maturazione ed individuazione, del suo essere stato figlio e del tipo di relazione che ha avuto con i propri genitori. L’acquisizione dell’identità genitoriale va rapportata anche con l’elaborazione della propria storia familiare.
Contrattare uno stile genitoriale comune. I due partner devono anche contrattare insieme lo stile genitoriale da seguire. Dal punto di vista educativo, infatti, risulta fortemente confusivo il comportamento di due genitori che forniscono al figlio indicazioni e richieste assai diverse tra di loro.
La transizione alla genitorialità modifica profondamente il legame coniugale, la nascita di un figlio costituisce per la coppia una sfida. L’arrivo di un figlio può, infatti, attivare risorse personali e relazionali e consolidare l’identità della coppia, ma, all’opposto, può anche ostacolarne il cammino e addirittura frantumarla. La transizione alla genitorialità comporta un periodo di crisi nel rapporto di coppia, che può essere letta come una crisi evolutiva in grado di consentire una riorganizzazione sia dell’assetto della personalità dei coniugi sia del loro equilibrio relazionale. Il fattore che più di tutti sembra incidere sulla soddisfazione coniugale nelle fasi successive alla nascita è il tipo di divisione dei ruoli. È necessario un ri-orientamento del modo in cui i coniugi si relazionano. L’equilibrio tra le due organizzazioni, coniugale e genitoriale, è molto delicato. Ogni coniuge è chiamato a sostenere il partner nell’acquisizione del ruolo genitoriale, rispettando il suo modo di essere e di vivere la funzione genitoriale. Quanto più ognuno dei coniugi avverte la fiducia dell’altro nelle proprie capacità di diventare un buon genitore, tanto più entrambi i membri della coppia saranno in grado di affrontare la complessità emotiva ed etica dell’evento, tollerando le ambivalenze, consapevoli o meno, che esso suscita. Agisce il ricordo del figlio che si è stati e delle relazioni vissute come figli.
Realizzare una maggiore reciprocità tra neogenitori e nonni.
Distinguere il ruolo dei genitori e dei nonni. Questa situazione impone ai neogenitori ed ai nonni di ridefinire con chiarezza i propri confini. Il compito dei nonni è quello di sostenere i propri figli nel loro nuovo impegno condividendo spazi di vita con i nipoti, ma senza sostituirsi ai figli nel loro ruolo genitoriale.
Riconoscere il reciproco ruolo di genitore e di nonno. È importante che i nonni riconoscano i propri figli come “genitori capaci” e che i figli riconoscano i propri genitori nella loro funzione di nonni.
Ogni transizione non tocca mai solo il nucleo coinvolto, ma anche le altre generazioni. Il figlio, infatti, non è mai solo figlio della coppia, ma esprime il legame con la storia familiare. Per i neogenitori l’esperienza della paternità e maternità favorisce il superamento dei confini gerarchici tra i genitori e i figli, consentendo a questi ultimi di avvicinarsi maggiormente ai propri genitori, riconoscendone l’uomo e la donna che stanno dietro ai ruoli del proprio padre e della propria madre. La transizione alla genitorialità rappresenta, quindi, un’occasione preziosa per entrambe le generazioni adulte di stabilire un rapporto maggiormente paritario.
Le situazioni che esprimono una transizione adeguata sono quelle in cui la coppia ha una visione dialettica della propria storia familiare ed è in grado di esercitare la virtù della distinzione. Il legame con le famiglie d’origine non è rifiutato o accettato acriticamente, la coppia si sente autorizzata ad accettare quanto di buono ritiene di trovare nel legame con i genitori, fa propri i mandati familiari, senza, però, rinunciare a esprimere e a vivere modalità di esercizio della funzione genitoriale che siano concepite come prodotto della coppia. Si avverte, cioè, un dinamismo e uno scambio reciproco tra le due generazioni.
Diventare una famiglia
Quando si ha un figlio per la prima volta non si ha davvero idea di ciò che ci si prospetta in termini di vita familiare. Una famiglia sta crescendo, si sta formando una squadra, un organismo vero e proprio.
Il cuore della famiglia è costituito dalla coppia. I genitori devono guardarsi l’un l’altro. Spesso, nel caos generale della vita familiare, a nostro rischio e pericolo, dimentichiamo che c’è ancora una coppia da qualche parte. Se non ci sono mai stati veramente attrazione, complicità, amore e passione, allora non ci sarà mai una famiglia. Se in un matrimonio si guastano l’amore, l’attrazione e il reciproco divertimento e apprezzamento, ci saranno estraneamento e separazione….e figli infelici.
Bibliografia
Fonte: http://www.folignano1.org/wp-content/Progetti/www.pereducareunbambino.it/wp-content/uploads/2012/06/IL_PASSAGGIO_DA_NOI_COPPIA_A_NOI_GENITORI.doc
Sito web da visitare: http://www.folignano1.org
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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