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LA SOMATIZZAZIONE DEL DISAGIO
Di Daniela Troiani
Introduzione
Esistono molteplici circostanze, sia nella vita lavorativa sia in quella relazionale, in cui ci si sente obbligati a vivere a “denti stretti”, non credendo nella possibilità di cambiamento e immolandosi alla causa del sacrificio e del senso di responsabilità. Tuttavia, diminuisce la motivazione all’impegno, aumentano le dimenticanze e i ritardi, si presentano raffreddori e piccoli o grandi incidenti, si incrementa la sonnolenza e l’umor nero.
Fondamentale, in questi casi, sarebbe condurre la persona alla consapevolezza del disagio emotivo, che spesso sta alla base del malessere. Tale consapevolezza non si raggiunge nel caso vengano ingeriti passivamente farmaci in attesa di una guarigione immediata, quasi miracolosa.
Certamente, il vantaggio dei farmaci consiste nella rapidità della scomparsa del sintomo. Tuttavia, spesso il farmaco produce effetti collaterali indesiderati e, nella maggior parte dei casi, il sintomo, se di natura psicosomatica, ricompare poco dopo nella stessa sede o altrove.
Il Soma e il Disagio Emozionale
Si può affermare che le malattie psicosomatiche sono quelle che più strettamente realizzano uno dei meccanismi difensivi più arcaici con cui si attua l’espressione diretta del disagio emozionale o relazionale attraverso il corpo.
In queste malattie l'ansia, la sofferenza, le emozioni troppo dolorose per poter essere vissute e sentite, trovano una via di scarico immediata nel soma tramite il disturbo, dal momento che non sono presenti espressioni simboliche capaci di mentalizzare il disagio psicologico e le emozioni, pur essendo presenti, non vengono percepite.
In genere il paziente psicosomatico si presenta con un buon adattamento alla realtà, con un pensiero sempre ricco di fatti e di cose e povero in emozioni.
Per meglio chiarire, si tratta di un individuo che difficilmente riferisce vissuti emozionali, quali paura, rabbia, distacco, angoscia, apatia, vergogna, vuoto affettivo. Spesso si tratta di persone che hanno difficoltà a far venire alla luce emozioni, che separano dalle cose ogni elemento di fantasia. Tutte le loro capacità difensive tendono a tener lontani contenuti psichici inaccettabili, a costo di distruggere il proprio corpo, attraverso un logoramento progressivo prodotto da iperattività lavorativa, o attraverso un’iperattività sessuale che produce comportamenti a rischio, o attraverso disturbi alimentari o incidenti di varia natura.
In altre parole, una persona, incapace di accedere al suo mondo emotivo, potrebbe non percepire insoddisfazione, stanchezza, frustrazione o stress per una difficile condizione lavorativa o relazionale, e neppure immaginare una possibile connessione tra la sua ulcera e le emozioni o i vissuti relativi alla sua situazione.
Sintomi e Malattie Psicosomatiche
In passato si parlava di psicosomatica riferendosi ad essa solo in relazione a quelle malattie organiche la cui causa era rimasta oscura e per le quali (quasi per esclusione) si pensava potesse esistere una "genesi psicologica".
Oggi, al contrario, si parla non solo di psicosomatica, ma di un'ottica psicosomatica corrispondente ad una concezione della medicina che guarda all'uomo come ad un tutto unitario, dove la malattia si manifesta a livello organico come sintomo e a livello emozionale come disagio, e che presta attenzione non solo alla manifestazione fisiologica della malattia, ma anche all'aspetto affettivo che l'accompagna.
Secondo quest'ottica è possibile distinguere malattie per le quali i fattori biologici, tossico-infettivi, traumatici o genetici hanno un ruolo preponderante e malattie per le quali i fattori psico-sociali, sotto forma di emozioni e di conflitti attuali o remoti, sono determinanti. In questo senso l'unità psicosomatica dell'uomo non viene persa di vista e i sintomi o i fenomeni patologici vengono indagati in modo complementare da un punto di vista psicologico e fisiologico;
Come esempio emblematico per questo concetto ci si potrebbe riferire al caso di quelle persone che vanno incontro ad "incidenti ripetuti" e per i quali non può essere invocata come giustificazione solo la sfortuna, oppure ci si potrebbe riferire a malattie o processi che seguono, a breve distanza di tempo, alcune situazioni ambientali a grande risonanza affettiva quali il pensionamento, i lutti, le delusioni sentimentali o nel campo lavorativo.
Ovvero, si parla di psicosomatica non solo come prospettiva con la quale guardare l'evento patologico, ma anche in relazione a sintomi somatici fortemente connessi alle emozioni e in relazione alle cosiddette vere e proprie malattie psicosomatiche.
Per quanto riguarda i sintomi psicosomatici, essi, pur non organizzandosi in vere e proprie malattie, si esprimono attraverso il corpo, coinvolgono il sistema nervoso autonomo e forniscono una risposta vegetativa a situazioni di disagio psichico o di stress.
Al contrario, sono considerate vere e proprie malattie psicosomatiche quelle malattie alle quali classicamente si riconosce una genesi psicologica (o quantomeno in buona parte psicologica) ed in cui si viene a realizzare un vero e proprio stato di malattia d'organo con segni indiscutibili di lesione.
Ma quali sono i disturbi e le malattie più frequentemente definite “psicosomatiche”? La varietà dei modelli interpretativi consente solo in modo approssimativo di elencare e classificare le malattie e i disturbi psicosomatici. In ogni caso le malattie che storicamente sono state interpretate come psicosomatiche sono l'ipertensione arteriosa, l'asma bronchiale, la colite ulcerosa, l'ulcera gastro-duodenale e l'eczema.
Ultimamente questo elenco si è andato via via infoltendo fino a comprendere:
E’, peraltro, essenziale sottolineare che sebbene sia scatenata da stress o tensione la Malattia Psicosomatica è, comunque, una malattia reale. Una volta scartata l’eziologia puramente organica, la tendenza è di giustificarla cercando motivazioni psicologiche. Tuttavia, è opportuno approfondire la questione. . In nessun caso i sintomi vanno sottovalutati, dal momento che il malato psicosomatico è una persona che non avverte più la sua natura psicologica, ma soltanto quella fisica (alexitimia).
Così, il cuore, la pelle, lo stomaco, si prendono carico della psiche e ne traducono come possono i suoi bisogni.
Per tale ragione, è opportuno sottolineare, come già affermarono Freud e Groddeck (1977, 2002), psicoanalisti precursori della moderna medicina psicosomatica, che la psiche non sceglie a caso i suoi bersagli. Un disturbo può avere precise motivazioni a seconda della parte del corpo colpita:
Approcci Teorici alla Somatizzazione del Disagio
Esistono molti modelli interpretativi che cercano di spiegare l'insorgenza del sintomo o della malattia psicosomatica. Già da secoli i medici attribuivano a manifestazioni fisiologiche il significato di espressioni del disagio.
Con l’avvento della psicoanalisi questo studio venne approfondito, proprio grazie alla professione medica di Freud e dei suoi primi discepoli.
Tra questi un posto essenziale nello studio delle implicazioni fisiche del conflitto psichico Va attribuito a Georg Groddeck (2002, 142), che affermava:
quanto più è grave il conflitto interiore dell'uomo, tanto più gravi sono le malattie che rappresentano simbolicamente il conflitto stesso, e viceversa, quanto più gravi sono le malattie, tanto più ardente dev'essere il desiderio, e quindi la resistenza contro di esso. Questo vale per tutte le malattie, non solo per quelle mensili delle donne. Se una lieve indisposizione non basta a risolvere o a rimuovere il conflitto, l'Es ricorre a disturbi più gravi, alla febbre che ci costringe a casa, alla polmonite o alla rottura di una gamba che ci inchiodano a letto, restringendo in tal modo la gamma delle sensazioni che potrebbero ulteriormente eccitare gli impulsi; oppure può ricorrere allo svenimento, che elimina addirittura ogni sensazione, a malattie croniche, alla paralisi, al cancro e alla tisi, che minano lentamente le nostre forze, e finalmente alla morte. Poiché in realtà muore solo chi vuol morire, colui per il quale la vita è divenuta insopportabile.
In tempi più recenti si è cercato di superare l’eccessivo psicologismo, spostando l’attenzione sugli effetti che il disagio, il conflitto, lo stress, producono al livello chimico e fisiologico.
Così,nell'interpretazione energetica di Reich si parte dall'assunto che tutti i processi biologici seguano il binario di carica e scarica per cui da una tensione meccanica, si passa ad una carica elettrica, ad una successiva scarica elettrica e ad una conseguente distensione meccanica. Quando la scarica viene impedita tutto l'organismo vive in uno stato di carica senza sfogo; se questa condizione diventa uno stato cronico, si forma a livello psichico una corazza caratteriale e a livello fisico una corazza muscolare. Queste ultime finiscono così per esercitare una continua operazione di controllo delle emozioni e per diventare una potente struttura di difesa da esse. In questa prospettiva i disturbi organici e quelli psichici sono riconducibili alle corazze in cui si esprime la sovraccarica cronica.
Un secondo modello interpretativo, quello di Bikow, ritiene al contrario che responsabile di una patologia sia un legame associativo scorretto tra uno stimolo e i meccanismi di reazione che coinvolgono le strutture cerebrali superiori, il cui cattivo condizionamento si ripercuote sulle strutture corticali e sui centri vegetativi con conseguente risposta organica patologica.
Seguendo l'ipotesi dell'analisi esistenziale secondo cui lo psichico esprime la modalità con cui un corpo è nel mondo, Boss ritiene che la malattia esprima o l'unica modalità con cui il corpo si apre e si relaziona al mondo, o le modalità escluse, che non esprimendosi in un vissuto globale si annunciano patologicamente. Da questo punto di vista le regioni del corpo colpite dalla malattia appartengono alla relazione con il mondo patologicamente interrotta o esasperata. Ciò che determina la malattia corporea non è quindi una somatogenesi o una psicogenesi o una interazione tra le due, ma è un alterazione del rapporto tra il soggetto e il mondo.
All'interno di una ipotesi gestaltica, Weizsächer ritiene che per la piena comprensione di un fenomeno patologico occorre riferirsi agli avvenimenti della sfera corporea percepiti come trasformazioni fisiche, a quelli della sfera psichica espressi da pensieri, sogni, fantasie, e a quelli della sfera sociale che si traducono in rapporti e interazioni con gli altri.
Seguendo un'impostazione di tipo più fisiologico, Cannon ritiene che le malattie psicosomatiche siano dovute allo stress, ossia a risposte emozionali troppo intense o troppo a lungo mantenute che mettono in moto risposte fisiologiche o psicologiche il cui scopo è quello di attenuare lo stress. Il comportamento messo in atto può essere di "attacco" o di "fuga" secondo Cannon, o di "adattamento" secondo Selye. Quando gli sforzi del soggetto falliscono perché lo stress supera la capacità di risposta, allora si è esposti ad una vulnerabilità nei confronti della malattia dovuta ad un abbassamento delle difese dell'organismo.
Nemiah, al contrario, partendo dalla constatazione che il paziente psicosomatico presenta un'incapacità di descrivere con precisione i propri sintomi, un'incapacità ad individuare sensazioni affettive e distinguerle tra loro, un'inadeguatezza tra esplosioni emozionali e corrispettivi stati affettivi interni, rigidità, distacco e disarticolazione nella postura e nelle mimica, ha ipotizzato che a causa di fattori genetici o di difetti dello sviluppo esisterebbe una carenza di connessioni neuronali tra le aree del sistema limbico, deputate alla rielaborazione delle pulsioni e degli affetti, e le aree corticali, sede delle rappresentazioni consce, dei sentimenti e delle fantasie. Ne consegue che le stimolazioni delle pulsioni non vengono elaborate a livello corticale, ma deviate sull'ipotalamo che genera stimolazioni troppo intense e prolungate a carico del sistema vegetativo.
Approccio Transteorico alla Somatizzazione del Disagio
Il Modello Transteorico mette al centro l’essere umano con le sue somiglianze e le sue differenze da ogni altro essere umano.
Da questo presupposto deriva la concezione di “una psicomedicina umanistica in grado di rendere oggettiva la psicosomatica, di offrire connessioni tra la genetica delle costituzioni e dei temperamenti con le modificazioni attuate intenzionalmente dagli uomini nel corso della loro vita, di individuare per tempo specifiche predisposizioni ad ammalarsi, a seconda della costituzione del genotipo e del fenotipo, delle pratiche di vita e delle abitudini connesse ad un certo tipo di personalità, al fine di prevenirle. In un modello di uguaglianze e differenze individuali che consentono agli uomini di autodefinirsi e di accertare la loro unicità identitaria, e di riconoscersi in tratti, comportamenti, emozioni e sentimenti comuni a tutto il genere umano” (Masini, 2004, 44).
In dettaglio, si può dire che anche nell’approccio transteorico la somatizzazione viene considerata come l’espressione di un disagio che, rimasto inespresso o irrisolto, viene manifestato attraverso una Comunicazione Simbolica. Peraltro, questo disagio, per manifestarsi, usa organi bersaglio diversi, non solo a seconda di ciò che deve esprimere, ma anche a seconda della personalità di chi lo vive. Per tale ragione si ritiene fondamentale spostare l’attenzione dalla malattia al malato, dal tipo di patologia o psicopatologia alla persona che lo manifesta, che, non viene vista come un monolite rigido e sempre uguale a se stesso, ma in fieri. Questa, di per sé, potrebbe sembrare un’osservazione ovvia. Tuttavia, spesso il disagio che si trasforma in somatizzazione è dovuto alla difficoltà di cambiamento, di mutamento degli stili di vita e delle modalità comportamentali ormai logore. In altri termini, esiste un disagio che nasce dall’esigenza, naturale e legittima, di evolvere, di crescere, di andare al di là del già acquisito e sperimentato. Questa propensione viene , talvolta, vista con diffidenza dal contesto di appartenenza, che sente minacciate le sue consuetudini, i suoi punti di riferimento e le sue sicurezze. Oppure, al contrario, è proprio la persona a vivere con disagio i cambiamenti del contesto, a vivere rigidamente, non percependo nei mutamenti un’opportunità di crescita, bensì un pericolo e una minaccia per la propria identità e per le proprie sicurezze.
Si può affermare che in questa categoria di disagio entrano i disturbi relazionali, che si manifestano , solitamente, sulla pelle , con manifestazioni periodiche o occasionali, indicanti proprio l’esistenza di un conflitto momentaneo o il riacutizzarsi di un irrisolto relazionale di vecchia data.
E’ così che si presenta, per esempio, la Pitiriasi Rosea di Gylbert (sintomo psicosomatico che fuoriesce un’unica volta nella vita) ola dermatite topica (che compare periodicamente).
Il disagio dovuto a disturbi nel rapporto con il Sé, in genere, viene espresso a carico dell’apparato gastrico. E’ così che possono manifestarsi esofagiti con o senza riflusso , gastriti, ulcere, fino al tumore dello stomaco. Qui la difficoltà sta nel digerire e metabolizzare gli eventi della vita, che, magari, apparentemente, sono stati gestiti con modalità efficaci e senza evidenti conflitti.
Quando, poi questa difficile digestione diventa rabbia inespressa o espressa malamente, si verificano, come già accennato, disturbi a carico dell’intestino, che possono manifestarsi in sintomi occasionali e circoscritti o assumere la forma di malattie di varia gravità.
L’affaticamento e l’eccessivo carico di situazioni stressanti generano, dal canto loro, un disagio che, di solito, si protrae nel tempo e, inascoltato, si manifesta a carico dei muscoli della schiena attraverso sintomi vari che vanno dai disturbi legati alla sofferenza cervicale alle lombo sciatalgie.
E’ chiaro che queste sono categorizzazioni legate a situazioni generiche, attribuibili a ai sintomi e alle malattie psicosomatiche più comunemente osservabili, e quindi, di per sé insufficienti a spiegare , analizzare e risolvere le somatizzazioni del disagio.
Emozioni e Tipologie di Personalità
Va detto che in tutti i casi di disagio, qualunque sia la natura specifica dell’evento o della situazione stressogena, il nodo da sciogliere riguarda le emozioni correlate a quell’evento o a quella situazione, che generano disagio o stress.
Lo stress è la resistenza che ogni organismo mette in atto di fronte ad un evento o ad una situazione e, di per sé, non è negativo.
esso può essere attivato dalle emozioni che un evento o una situazione generano nell’individuo.
La gamma delle emozioni sperimentabili dall’essere umano è pressoché infinita sia per intensità, sia per sfumature.
Gli psicologi hanno ritenuto essenziale ricondurre tale molteplicità ad un numero gestibile tramite classificazioni di diversa natura, in modo da poterne studiare più efficacemente gli effetti
Così, i diversi approcci hanno suddiviso le emozioni in gruppi di tre,undici o ventisette.
Il Modello Transteorico definisce un gruppo di sette emozioni di base: paura, rabbia, distacco, piacere, quiete, vergogna, affetto.
Secondo questo Modello, tutti gli esseri umani sperimentano tutte le emozioni di base fin dai primi mesi di vita.
Tuttavia, ogni essere umano sperimenta più frequentemente una delle sette (con le sue diverse intensità e sfumature), che si trasforma con il tempo in una personalità ben definita, peculiare di quell’individuo.
La personalità può subire delle modificazioni nel tempo; tuttavia, l’Emozione di base da cui si è originata può ridursi, non sparire del tutto, tranne nei casi di eventi fortemente traumatici o di malattie neurologiche gravi.
Il profilo di personalità deriva, dunque, da un sottofondo emozionale caratteristico di quella persona e determina una serie di strategie comportamentali ad essa congeniali.
Peraltro, nelle strutture di personalità sane queste strategie comportamentali sono sufficientemente flessibili da adattarsi al contesto, in modo funzionale.
Quando , però, il contesto è conflittuale o l’individuo rigido, aumenta lo stress e le risposte diventano ripetitive e, perciò, spesso, disfunzionali.
Ma quali sono le Tipologie di Personalità generate dalle Emozioni di base?
Usando una terminologia divulgativa, si può dire che la paura genera l’Ansioso/Avaro, la rabbia genera l’Aggressivo/Ruminante, sull’emozione del distacco si struttura il profilo del Distante/Delirante, sul Piacere poggia il profilo dell’Effervescente/ Sballone, l’Astenico/Apatico deriva dalla quiete e dalla vergogna l’Evitante/invisibile, mentre il Nutritivo/Adesivo rappresenta l’affettività e l’Attaccamento.
Ansioso/Avaro
Dall’Emozione della Paura deriva la personalità dell’Avaro,detto anche Razionale o Responsabile.
L’Avaro è preciso e meticoloso; cerca di avere il massimo controllo sulle proprie emozioni; tuttavia viene tradito dal corpo che può manifestare disturbi gastrointestinali anche gravi, o insonnia nel senso di risvegli notturni frequenti o addormentamento ritardato.
E’ un brontolone, che preferisce star fermo, piuttosto che sbagliare.
Ogni attività gli procura un gran disagio, dal momento che ha paura di essere criticato, anche quando ha svolto ogni azione in modo accurato.
Nonostante la sua costante ansia, può apparire equilibrato e controllato, in grado di gestire ogni situazione, anche se teso e contratto.
Difficilmente sbaglia; ma quando accade, è sempre a causa della sua paura di commettere errori.
Nella forma matura e in contesti armonici e consueti, è una persona responsabile, affidabile, che sa prendersi cura, anche se rischia di non saper esprimere le proprie emozioni.
Nella forma non evoluta e in situazioni altamente stressanti, l’Avaro è la persona ansiosa, che a causa dell’ansia rimane bloccata sulle stesse cose per anni.
Aggressivo/Ruminante
Dall’Emozione di base della rabbia prende forma il profilo di personalità del Ruminante,detto anche Pragmatico.
E’ il tipo che ribolle costantemente,che è iperattivo e sa faticare per ciò che vuole ottenere.
Gran lavoratore, è potente e riesce ad attivare gli altri con la sua energia. è forte e resistente.
Quando è maturo, la sua personalità è contraddistinta dalla tensione protettiva, dal desiderio di giustizia, dalla carica interiore, dall'impegno, dalla motivazione al lavoro e dal coraggio. Tuttavia, anche in questo caso si sdegna e si irrita facilmente e facilmente esplode in crisi di rabbia.
Se non ha imparato a gestire la sua carica interna, o in periodi altamente stressanti, diventa aggressivo e violento, paranoico,oppure depresso, quando scarica contro se stesso la rabbia tanto da trovarsi in circostanze altamente pericolose o da causare incidenti.
In più, soprattutto nei periodi stressanti rischia di agire a vuoto, perdendo di vista l’obiettivo che vuole raggiungere.
Distante/Delirante
Dall’emozione del Distacco prende forma la personalità del Delirante, anche detto Creativo o Libero.
Questa persona vive soprattutto nel pensiero, staccata com’è dal mondo delle relazioni e degli oggetti. Non riesce neanche ad avere un buon controllo sul suo corpo (che appare disarticolato), sui capelli (spesso scompigliati), sul suo non verbale (incoerente con il verbale).
Spesso lo spazio in cui si muove, è disordinato e caotico, pieno di cose diverse, a cui cambia destinazione d’uso a seconda delle esigenze.
Nella sua forma evoluta il Delirante è una persona libera, autosufficiente, capace di gestire la propria solitudine, dotato di un buon livello di autostima ed estremamente acuto e originale.
Nella sua forma immatura questa persona si contraddistingue per la facilità al disgusto, per lo snobismo, per l’emarginazione sociale,per la predisposizione alla schizofrenia e al narcisismo.
In momenti altamente stressanti può verificarsi qualche forma di delirio, con allontanamento dalla realtà. E’ il caso dei deliri isterici o delle scissioni psicotiche prodotte dall’anoressia.
Effervescente/Sballone
Dal Piacere deriva la personalità dell’Emozionale, comunemente detto Sballone.
Questo tipo è alla continua ricerca di emozioni intense,in un’oscillazione costante tra angoscia e piacere.
Nella forma matura questa personalità si esprime con la generosità, con il carisma,con lo slancio e l’attrazione verso gli altri, la fantasia, l’entusiasmo e la felicità.
Nella forma immatura, o in situazioni di forte disagio, questa tipologia si esprime con narcisismo, incoerenza e volubilità, incontenibilità, scarsa capacità di concentrazione.
Lo stomaco è l’organo in cui contiene l’angoscia e che risente più frequentemente delle sue oscillazioni emozionali.
Astenico/Apatico
Dall’Emozione della quiete deriva l’Apatico,detto Plastico.
L’Apatico è il tipo flemmatico, , elegante, demotivato e indolente; può essere tanto pigro, da evitare i conflitti, solo perché lo agitano e disturbano la sua quiete
Quando è evoluto, è una persona che sa tranquillizzarsi e tranquillizzare, che si rilassa e dona pace a se stessa e agli altri.
Nei casi non evoluti o in situazioni di disagio, è la fuga dagli impegni e dalla realtà attraverso l’incantamento,attraverso l’anestesia emozionale e l’indifferenza.
Diversi sono i motivi, per cui una persona può stabilizzarsi nella personalità dell’Apatico. Può esserci stata una sofferenza alla nascita, a causa della quale la madre ha iperstimolato il bambino, che si è difeso attraverso lo spegnimento di tutte le emozioni.
Oppure il bambino è inserito in un ambiente pieno di confusione, con genitori molto carichi di tensione e fratelli creativi.
Oppure ancora, diventano Apatiche le persone emarginate, quelle che ritengono di non avere speranza di miglioramento nel futuro.
Evitante/Invisibile
Dall’Emozione di base della Vergogna si forma la personalità dell’Invisibile,detto anche Sensibile o Percettivo.
L’invisibile è un timido introverso, che, frequentemente, non riesce a gestire la sua sensibilità, perché i significati , che attribuisce alle cose che succedono, sono troppo carichi di simboli inquietanti. Per questo si sente piccolo e indifeso, inferiore agli altri e incapace, inutile e intrappolato nella vergogna o nel panico.
La sua sensibilità lo può condurre a vissuti di chiusura e timidezza estreme, nei quali rischia di rimanere intrappolato.
In famiglia questo tipo è il Sensibile, in genere il secondogenito. Cresciuto all’ombra di qualcun altro, sa stare in disparte e quasi non ci si accorge della sua presenza. Tuttavia, ha una grande capacità di sacrificio, comprende le esigenze altrui senza che vengano espresse e cerca di esaudire i desideri, senza mai rinfacciare ciò che fa.
Queste peculiarità lo rendono molto efficace come operatore in campo sociale, sebbene gli rendano faticose e stressogene le relazioni interpersonali.
Lo stress relazionale di questo soggetto spesso si esprime attraverso la pelle.
Nutritivo/Adesivo
L’Emozione dell’Affettività produce il tipo Adesivo, o Relazionale.
Questo tipo ha sempre bisogno di essere visto, guardato, riconosciuto. E’ quello che fa sempre il commentino alla fermata dell’autobus, come in prima fila in classe.
Di solito, è in soprappeso, perché mangia quando si sente triste. E’ un po’ maldestro, perché mette molta energia nel fare le cose, per conquistare l’amore altrui.
A questo tipo è mancato l’amore nella quantità che avrebbe desiderato e lo cerca ovunque.
La sua maggiore qualità è la devozione e il più grande limite consiste nel rischio di diventare dipendente dalle persone, dal cibo, dall’alcool.
Profili di Personalità e Zone Corporee di Somatizzazione
Seguendo questa descrizione, rigida per fini puramente illustrativi, si può dedurre che l’attivazione preferenziale di specifici comportamenti, per la presenza prevalente di una determinata emozione, produce reazioni similari di fronte ad un evento specifico sia nell’individuo, sia negli individui contraddistinti da simili strategie comportamentali prevalenti.
Ovvero, è frequente che un soggetto contraddistinto da vergogna di fronte ad un minimo ostacolo si ritiri, senza opporsi, così come faranno gli individui a lui simili, e somatizzi il disagio inespresso della frustrazione soprattutto attraverso la pelle (dermatiti, psoriasi, orticaria, ecc).
Per tale ragione può essere utile indicare sia le zone corporee che diventano preferibilmente bersaglio di somatizzazione a seconda della Tipologia di Personalità, sia fornire suggerimenti di facile attuazione per sciogliere almeno gli accumuli più superficiali di tensione.
Attraverso questa modalità di intervento si faciliterà nel soggetto la presa di coscienza del disagio e lo si potrà condurre all’insight delle cause , anche senza parlare esplicitamente della situazione, che ha dato origine al disagio.
Ansioso
Posizione supina, perché deve controllare l’imprevedibilità che lo circonda, in un costante
Atteggiamento di all’erta.
Si suggerisce un massaggio alle tempie, alle mandibole, fino al collo, contatto con il bordo degli occhi.
Il massaggio alla testa serve a impedire il martellamento nella testa. Sciogliere le guance, sotto gli zigomi, sulle gengive, sul mento, muovere le labbra.
L’Ansioso, non ha avuto abbastanza nutrimento, non ha avuto una buona esperienza di suzione, non ha un buon uso delle labbra, le tiene chiuse.
Durante il massaggio aprire le labbra con le mani, giocare con le labbra, poi passare al collo. Il soggetto è costretto a irrigidire il collo e mantenere la testa sul collo e matura l0illusione di essere solo lì, il resto del corpo tende a negarlo. Scendere al nucleo del nutrimento: pancia, stomaco, ombelico. Li c’è il vuoto,
Obiettivo far arrivare qualcosa alla pancia. Premere con le dita sulla pancia e tentare una polarità con le altre dita alla base del collo.
Se non si riempie la pancia va subito di corsa alla testa., nel qual caso nuova pressione sulla fronte. Riprendere contatto con pancia e gola.
Obiettivo: riempire la pancia; spostare energia dalla testa alla pancia.
Aggressivo
Posizione prona, perché Il soggetto non vuole essere scoperto. C’è un segreto o la necessità di proteggersi. (obiettivo psicologico uscire dall’obbligo di essere compiacente, la sua storia spesso è legata ad una promessa segreta del tipo = mi avevi promesso che… ed i relativi sensi di colpa acquisiti nell’aver deluso le aspettative).
Si suggerisce di lavorare sulle scapole. Dare sollievo ponendo la mano aderente e ruotando e premendo lentamente.
Il grosso dell’energia è localizzato nello zaino (sulla schiena sotto le scapole): li c’è la rabbia, una rabbia omicida, se la persona cade finisce nella paura e nel delirio .
Occorre esercitare leggere pressioni sullo “zaino” dopo aver effettuato un respiro profondo. Pressioni con due pollici intorno alla colonna fino al cingolo dei fianchi; e poi alla base del tratto lombare. Pressioni al centro delle natiche e pressione sui glutei.
Due mani: una a palma aperta sull’osso sacro per stendere il lombare e l’altra a salire fino alle spalle.
Al termine operazione di scarico sulle gambe, strusciata intensa e veloce sulla gamba destra e sulla gamba sinistra.
Obiettivo: far fluire attraverso il deflusso delle energie nelle gambe, scaricare.
Distante
Cattivo equilibrio nell’attaccamento e distacco, perché ha cercato con grande sforzo di non essere dipendente. Il rischio è il distacco dalle cose, dalle persone dagli oggetti della realtà.
Evita il contatto e diventa evanescente, i piedi puntati a terra sono un simbolo del voluto distacco.
Ha forti tendenze lievitanti.
Ha bisogno di essere presente, il solo contatto iniziale è un richiamo con la realtà. Ha avuto carenze nei contatti neonatali e anche prenatali (minaccia di aborto, utero poco accogliente) e solitamente le madri hanno avuto paura di prenderlo in braccio.
Il dilemma suo è “sento o non sento le mie basi?” che diventa una scissione tra corpo e mente che tende ad andar via.
La posizione relazionale corretta con il Distante è quella di renderlo presente, con un gesto (anche senza contatto) o con un accompagnamento del movimento del suo corpo. Come a sancirne l’esistenza regale. Regale non per la sua importanza specifica ma per il fatto che è un essere umano che soffre per il distacco. Ciò significa dargli onore per quello che rischia a stare così fuori come sta ed ad accompagnarlo ad entrare, almeno per un po’, nel corpo. Il primo contatto è qualcosa che assomiglia a un inchino. Poi occorre farlo stare li. Toccare le spalle, la schiena, non in modo rilassante, ma stimolante. Sorreggendolo. Elegantemente e non in modo appiccicoso. Se si pratica un massaggio va fatto a pancia in giù.
La cosa più importante è mantenere un costante contatto, una mano nella zona della mente (torace) e l’altra nella zona del corpo (bacino), massaggiare costantemente le due zone in contemporanea per riconnetterle.
Si suggeriscono carezze dalle clavicole verso i glutei come per spingere in basso l’energia e massaggio del gluteo con una mano mentre con l’altra massaggio il polpaccio fino al tallone.
Difficilmente il soggetto sopporta il dolore fisico, che deve invece imparare a sentire piano perché non possa più negarlo. Insegnare a diventare un uomo che sopporta il dolore.
Obiettivo: connettere e sentire.
Effervescente
Riappropriazione del significato del piacere, contatto con i punti dolenti per ristabilire l’equilibrio dolore\piacere, sofferenza\gioia.
Posizione supina, perché ha difficoltà ad ammettere e ha parlare delle proprie emozioni perché le vive tutte su un piano cognitivo, è, pertanto, carico di emozioni ma non sa viverle pienamente. Deve imparare a esprimerle in maniera chiara. Non sapendole esprimere crea agitazione nel suo organismo e scarica l’emozione attraverso continui movimenti e produzione di idee.
Quando invece entra nelle sue fasi passive, diventa una calamita, assolutamente seduttivo, perché imprendibile.
Deve essere messo in contatto con le emozioni profonde, in maniera da viverle pienamente, evitando l’angoscia dell’abbandono e della separazione, solitamente vissute verso le figure della madre o del padre, figure che oramai evita di ascoltare e che si sono racchiuse nella profondità e nella pancia.
Tende al narcisismo e sorride sempre, anche se c’è sofferenza (maschera). E’ un bersaglio mobile: è difficile far entrare le cose in profondità.
Per queste ragioni, il massaggio avviene nell’addome.
A: premere all’altezza dell’epigastrio con le dita, con molta probabilità lui allungherà le braccia in su per resistere. In gran parte il massaggio consiste nel tenere questa posizione per molto tempo
B: il massaggio funziona quando pian pianino le parti del corpo tendono a fermarsi e l’espressione del volto cambia radicalmente: dal sorriso ad uno sguardo veramente serio e profondo. Per non farlo cadere nell’angoscia, si fa un altro massaggio più leggero e superficiale
C: si premono verso l’interno le zone laterali della pancia sulle ultime costole.
Obiettivo: portare in contatto con il sé.
Astenico
Si suggerisce un massaggio stimolante, lavorare sui tendini con movimento profondo.
Posizione supina, perché va stimolato, dal momento che rende nella competizione solo se è sotto pressione.
Ha solitamente una respirazione toracica.
La pancia è vuota, questa è la zona che alla fine del massaggio dovrà essere più piena.
Il bacino è una zona di somatizzazione, tende la donna alla cistite , l’uomo ai calcoli renali e alle prostatiti. E’ sensibile al cancro.
Il rapporto con il cibo è oscillante e lascivo.
Mobilizzare con ampi movimenti gli arti e le articolazioni inferiori, dal momento che si manifestano tremolii lungo il corpo in zone diverse, espressione di energia compressa che si sfoga attraverso movimenti non coscienti.
Per tale ragione bisogna far sfogare l’energia facendo porre l’attenzione dell’apatico con gli occhi sempre aperti ai macro-movimenti. In questo modo l’energia mentale in eccesso trova sfogo in una energia fisica consapevole.
Portare il movimento verso il basso.
Accarezzare le creste iliache con le mani.
Strisciare verso i piedi e mobilizzare le gambe. Scrollarle.
Tornare al bacino e prenderlo da sotto, alzarlo e poi rilasciare delicatamente
Portarlo a non pensare: l’Astenico quando si muove non pensa, va fatto muovere. (come se non riuscisse a fare due cose contemporaneamente)
Obiettivo: muovere, aumentare i micro-movimenti
Evitante
In questo caso l’incontro è prodotto da un contatto con le parti più esterne ed esposte: le mani. Tenere le mani (anche una stretta di mano più lunga del dovuto) o massaggiarle (dita, polpastrelli e palmo). Il contatto successivo serve a far si che non si ripieghi su di se, nei suoi flussi interni o nella inibizione. Dunque è necessario un contatto frizzante, un po’ provocatorio. Ad esempio un leggero strattonamento, un punzecchiamento con un dito sulla spalla. Nel caso di massaggio farlo in posizione supina, evitando il viso (il soggetto ha timore di aver gli occhi chiusi, perché teme di non esistere).
Il processo complessivo è una metafora della presa in braccio del bambino. Il bambino nell’utero è invisibile per noi, fuori teme di esserlo lui, poi si sente presente quando è osservato dalla madre ed è preso in braccio (contenuto dall’abbraccio come nel grembo).
Il processo di massaggio parte da piccole pressioni sulle spalle e sul torace, portando in giù le spalle.
Lavorare su mani e braccia, massaggio e scioglimento delle articolazioni. Obiettivo è legare le braccia al torace. Il massaggio dell’addome va effettuato a due mani con lieve torsione e con pressione sul bacino. Il soggetto tende a tagliare la parte superiore da quella inferiore, quindi è necessario legare il torace, al bacino e alle gambe. Prendere i talloni e tirare le gambe, poi ruotarle e rannicchiare la persona mettendola a sacco, far rilasciare la testa.
Obiettivo di tutto il lavoro = condensare caricare.
Nutritivo
Qui si suggeriscono diverse posture.
Posizione seduta, far aprire il torace, abbracciarlo sulle costole con massaggi fluttuanti, stringerlo e fargli emettere il respiro, dal momento che il soggetto tende ad avere un respiro corto.
Posizione prona. Contatto breve e dinamico che cambi in continuazione: il messaggio è: “abituati a cambiare sempre posizione mantenendo La tua struttura integra”.
Articolare la testa
Obiettivo: far capire che si può cambiare posizione
Conclusione
Questo quadro, certo non esaustivo, delle questioni inerenti alla Somatizzazione del Disagio ha permesso di evidenziare come spesso la malattia è un segnale e l’organo malato è il simbolo di un problema non risolto, di un nodo non sciolto. Non a caso frequentemente l’elaborazione di eventi traumatici porta con sé dei cambiamenti di vita non solo connessi con i limiti e le richieste legate alla patologia.
Paradossalmente, infatti, l’esperienza professionale e personale ha mostrato che in molti casi anche di fronte a eventi di una certa rilevanza, le persone trovano in relazioni personali o familiari ormai stantie, in situazioni lavorative logoranti, in desideri e bisogni nuovi e inespressi, magari contrapposti alle regole sociali dei contesti di appartenenza, l’eziologia autentica del sintomo patogeno.
In altri termini, quando un problema viene trascurato troppo a lungo e ne diviene pressante la risoluzione, spesso il corpo si incarica di portarlo alla luce, attraverso una Comunicazione simbolica che può diventare dinamica attraverso la narrazione di fatti ed eventi.
Peraltro, è essenziale ricordare che, sebbene di natura psicogena, i sintomi e le malattie dovute a disagio inespresso rimangono, in tutti casi, malattie d’organo e non vanno curate solo con la presa di coscienza, ma anche attraverso il prendersi cura di sé, del proprio mondo di realizzazione e dei propri rapporti interpersonali, in modo più funzionale alle richieste interne ed esterne.
In più, preme sottolineare che non sempre dietro ad un incidente o a una somatizzazione si nasconde un disagio.
Questa precisazione va tenuta presente sempre, per evitare di assumere posizioni onnipotenti di fronte ad un sintomo corporeo, o di fronte all’imprevedibilità degli eventi esistenziali.
La cautela nell’esaminare un caso di presunta somatizzazione è d’obbligo, anche solo per evitare di colpevolizzare il portatore della malattia.
Infatti, l’individuo può imparare a gestire più funzionalmente l’emozione legata all’evento stressante, ma ancora nella maggior parte dei casi è imprevedibile il decorso della malattia a causa di una congerie di fattori spesso incontrollabili e imprevedibili.
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Fonte: http://www.prepos.it/DISPENSE/la%20somatizzazione%20del%20disagio.doc
Sito web da visitare: http://www.prepos.it/
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