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Esso si affermò in Inghilterra alla fine del ‘700….In Inghilterra infatti il processo d’industrializzazione ebbe carattere spontaneo, non indotto in alcun modo; sorse per effetto della specializzazione di numerose piccole imprese addensate in piccole aree ( distretti industriali ), ma di fatto non vi fu alcun processo di pianificazione alla base di esso.
I settori di prima industrializzazione furono il settore tessile, estrattivo e conseguentemente quello dei trasporti.
Si parla appunto di modello spontaneo proprio perché alla base del suo sviluppo non vi fu alcun intervento da parte dei pubblici poteri o da parte di banche.
Condizioni di vantaggio:
Tale modello spontaneo, resterà unico. Negli altri paesi, in futuro, per attivare tale sistema sarà necessario l’aiuto istituzionale.
Questo modello si affermò essenzialmente in Germania e Francia.
Tale modello è definito protetto perché fu realizzato sulla base della necessità sentita dalle nazioni follower di recuperare terreno in termini di competitività rispetto alla nazione leader, all’epoca l’Inghilterra. Protetto nel senso che lo Stato in esso svolse un ruolo fondamentale, attivando un processo di stimolo, attività questa, svolta, attraverso una serie di restrizioni, dirette a proteggere il mercato interno da quello esterno ( barriere doganali, dazi ecc…).
Tale modello si sviluppò grazie allo svilupparsi del sistema militare. Gli ordini militari incentivarono l’attività estrattiva, la metallurgia, l’industria tessile ( in Italia , Montebelluna, scarponi ). Fiorirono inoltre numerose banche “miste”, nel senso che oltre a esercitare la normale attività bancaria, partecipavano nella veste di azioniste al capitale delle aziende che in quel periodo andavano costituendo il tessuto industriale, per rafforzarne e velocizzarne la crescita ( oggi Deutsche Bank partecipa al capitale del 70% delle imprese ). Vi era quindi da parte delle aziende stesse una certa facilità nel reperire i fondi necessari a finanziare l’attività produttiva.
Il modello garantito caratterizzò i cosiddetti paesi ritardatari. Sono in sostanza i paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo: Italia, Spagna, Portogallo, Grecia.
Anche queste nazioni rientravano nella categoria delle follower.
Questo modello implica, una garanzia di copertura in caso di difficoltà delle imprese, è fortemente caratterizzato dall’intervento statale nell’economia nascono infatti le prime imprese pubbliche. L’intervento dello Stato si rese necessario perché in tali paesi non sussistevano le condizioni necessarie per avviare un processo d’industrializzazione.
Si tratta di nazioni caratterizzate dalla mancanza di una borghesia industriale, vi era scarsa propensione all’imprenditoria, la produttività del sistema agricolo basata tra l’altro sul latifondo era relativamente bassa, sussistevano inoltre forti sperequazioni a livello sociale in particolare per quanto riguarda il Mezzogiorno.
Caratteristiche del modello:
Dapprima si replicò il modello protetto, seguendo quindi l’esperienza tedesca, con “ordini militari”, protezionismo commerciale accentuato, furono create le prime banche miste, ma di fatto ebbero uno scarso successo, tant’è che in Italia fu emanata nel 1936 la riforma del sistema ( divieto d’ingerenza delle banche nelle imprese ).
Il fallimento delle banche miste va ricercato in una cattiva politica e soprattutto nell’inefficienza del sistema industriale che era praticamente inesistente o comunque molto debole. Nel 1933 fu istituito l’I.R.I con l’obbiettivo di rilevare le banche e le imprese in crisi. L’obbiettivo primario era quello di finanziare-creare tramite l’IRI un tessuto industriale soprattutto per quanto riguarda quei settori che costituiscono la spina dorsale dell’economia di un paese: siderurgia, metallurgia, trasporti, comunicazioni.
E’ un sistema che si sviluppa essenzialmente nei paesi dell’est europeo, con l’obbiettivo di raggiungere l’efficienza economica e un certo grado di equità sociale.
I caratteri del comunismo sono:
La pianificazione non è efficiente, perché non beneficia delle informazioni, su domanda consumatori, struttura costi delle imprese, le stesse imprese pubbliche non riescono a essere efficienti. L’inefficienza della pianificazione statale, è dovuta anche, al sovradimensionamento della struttura burocratica.Il sistema ha bisogno di apparire efficiente, vi è una costrizione politica, obbligo di acquistare,assorbire,determinati prodotti (costrizione modello di consumo).
E’ lo stato che determina le categorie dei consumatori cui la produzione è destinata, la struttura dei costi di produzione e i beni da produrre.
Ci fu la creazione di un isolamento economico( con l’istituzione del COMECON), caratterizzato da assenza di importazioni (regime autarchico).
Nei regimi comunisti, è la politica a determinare le leggi dell’economia.
L’ESPERIENZA AMERICANA.
Gli USA se facciamo riferimento al quadro internazionale, possono essere definiti un Late Mover; appaiono infatti sulla scena internazionale con un modello di crescita spontaneo di seconda generazione.
Gli USA si sono contraddistinti per una forte crescita economica dovuta a diverse ragioni:
Vi sono comunità di Anglosassoni, africane, ispaniche, italiche, tedesche, francesi.
Proprio la multirazzialità della popolazione può essere considerata come un fattore determinante della crescita economica americana ( es: la cultura manageriale è stata infusa dalla comunità tedesca,la gestione “cosa pubblica” dai francesi ).
Dopo la 2 guerra mondiale gli USA prendono coscienza del fatto di rivestire un grosso peso politico sulla scena internazionale, e applicano una politica basata sulla diplomazia, dando vita a un sistema capitalistico in cui politica ed economia vanno di pari passo.
Col finire della seconda guerra mondiale gli USA passano trasformano il proprio modello di crescita, passando da un modello spontaneo a un modello protetto caratterizzato dall’intervento statale nell’economia.
Vengono stanziati ingenti capitali per sostenere l’economia, grossi investimenti vengono fatti in quei settori ritenuti strategici, come quelli ad alta intensità tecnologica.
I forti investimenti nella ricerca e sviluppo di tecnologie favorì la nascita di settori come: industria aeronautica, informatica, industria farmaceutica…
In Europa invece gli sforzi si concentravano nei settori “pesanti”: siderurgia, meccanica, attività estrattiva…
Come possiamo notare gli USA si concentrarono maggiormente nel settore dell’hi-tech ( oggi terziario avanzato).
Caratteristiche del modello USA :
Il 4-5% della spesa pubblica era destinata alla ricerca scientifica.
Lo Stato quindi finanziava la R&S, ma chi finanziava le imprese? Com’era costituita l’ossatura del sistema americano? Come già detto un ruolo primario veniva svolto dalle VENTURE CAPITALS, dalle MERCHANT BANKS e dalla Borsa Valori nate intorno agli anni ’50.
Nel 1989 crolla il comunismo.
A partire dagli anni’80 gli USA passano dall’orientamento per il settore hi-tech, alla NEW ECONOMY basata sull’informatica e la telematica con le loro rispettive articolazioni.
INTERNET che fino ad allora era stato un mezzo di comunicazione utilizzato esclusivamente dall’apparato militare (alphanet), viene utilizzato per la prima volta a scopi civili; i primi utilizzatori furono le università, poi le imprese…I ricercatori universitari creano imprese ( silicon valley – Stanford university ). Ciò ha consentito un ulteriore espansione dell’economia, si ampliarono i mercati di sbocco, di approvvigionamento…
Questo balzo verso la NEW ECONOMY fu favorito dal background accumulato dagli USA negli anni precedenti.
L’integrazione dell’informatica nella società e nelle imprese fu ( così come in Olanda ) favorita dall’utilizzo di nuovi strumenti come le fibre ottiche in grado di velocizzare notevolmente la velocità e la mole delle informazioni.
TIPOLOGIE DI SISTEMI CAPITALISTICI.
Questo modello è caratterizzato da un ruolo fondamentale svolto dalla finanza innovativa per il finanziamento dell’economia.
Tutta l’economia ruota attorno alla Borsa Valori e tutte le imprese siano esse di piccole che grosse dimensioni si quotano in Borsa. Le imprese a conduzione familiare non esistono più e hanno per lo più assunto la forma di PUBLIC COMPANIES.
Il ruolo fondamentale in ambito finanziario è svolto dagli investitori istituzionali.
Gli investitori istituzionali per eccellenza sono i Fondi Pensione che investono le somme in borsa al fine di procurare ai contribuenti delle pensioni più consistenti, finanziando allo stesso tempo anche le imprese. Altri investitori sono i Fondi Comuni d’Investimento.
Nel modello anglosassone vi sono diversi Fondi Pensione in forte concorrenza tra loro, differentemente da quanto accade in Italia dove il settore pensioni è monopolizzato dall’INPS.
Altro carattere di rilievo è costituito dalle banche innovative, le cosiddette Merchant Bank.
Un ruolo di fondamentale importanza era ed è tutt’ora svolto dalla flessibilità del mercato del lavoro. Cambiare lavoro costituisce un arricchimento d’esperienza, si ha una maggiore propensione all’assunzione dal momento che non vi è un vincolo nel licenziamento…Ciò da il via un processo di Turn Over e contribuisce allo Start up di imprese rischiose ( dopo la fase dello start up la flessibilità non è conveniente, data la crescita professionale necessaria alle imprese hi tech ).
Vi è l’introduzione delle stack options , il dipendente si lega all’impresa.
C’è da dire comunque che un eccesso di flessibilità del lavoro potrebbe creare delle perdite in termini di competitività , poiché in particolari imprese, in particolare in quelle in cui il capitale umano riveste un ruolo fondamentale, si potrebbero avere delle perdite di KNOW HOW.
Altro ruolo fondamentale fu svolto dalla CONCORRENZA leale e libera tra le imprese. Il modello anglosassone è caratterizzato da un totale ripudio verso qualsiasi forma di monopolio, carattere questo radicato nella cultura economica del sistema anglosassone.
Alla fine dell’800 venne istituita la legislazione anti trust.
Vengono liberalizzati gli accessi ai vari settori.
Infine ruolo non marginale fu rivestito anche dal sistema assicurativo ( sanità, scuola, sicurezza ).
Si è assistito a una co-evoluzione tra finanza e industria, banche-imprese.
In Italia invece vi è una situazione opposta caratterizzata dalla presenza di tante piccole imprese e banche locali.
Al giorno d’oggi vi è una tendenza da parte del sistema tedesco a passare al modello anglosassone; il Governo Schereder vuole defiscalizzare il Capital Gain e le grandi banche vogliono vendere le proprie partecipazioni incrementando quindi l’entità del mercato azionario.
Questo modello è caratterizzato dal ruolo svolto dalle conglomerate KEIRETSU.
Tutto il sistema giapponese si basa sui Clan familiari; si riscontra la presenza di famiglie che hanno oltre al controllo anche il diritto e il dovere di rendere armonico il sistema.
Vi è stabilità d’impiego a vita dei dipendenti (grazie alla mobilità inter-imprese), le imprese investono nei servizi sociali a favore delle famiglie dei dipendenti ( notiamo quindi la presenza di un Welfare State a livello di Keiretsu ).
Si dice inoltre che le grandi imprese collaborino con le piccole, per poter crescere insieme ( logica confuciana ).
Caratteristica saliente delle imprese giapponesi è costituita dal forte legame tra dipendente impresa : motivazione, collaborazione e clan.
Vi è una grossa capacità d’autofinanziamento interno ( conglomerate con imprese industriali, commerciali, assicurative, bancarie ecc…) .
Quello della collaborazione è un principio fondamentale, rapporti umani, collaborativi tra le persone, non vi è alcuna forma di sfruttamento tra la grossa e la piccola impresa.
Ruolo del MITI ( ministero dell’industria ):
S’investe nella ricerca industriale applicata ( non teorica ) e quindi non nella ricerca scientifica.
Va ricordato che il Giappone non è mai stato un innovatore, ma un copiatore, sempre pronto a sfruttare le opportunità provenienti dall’analizzare, studiare, dal copiare dalle concorrenti.
In passato l’Europa occidentale, con il suo protezionismo e sviluppo economico, aveva costituito il modello da seguire per tutti gli altri paesi ( il modello tedesco ).
A partire dagli anni ’80 invece fu il Giappone il modello da seguire: la sua rapida crescita economica fu immediatamente oggetto di studio e analisi da parte degli economisti del periodo.
Le peculiarità del sistema giapponese erano la flessibilità, il total qualità management, il just in time.
Al giorno d’oggi è il modello anglosassone a costituire il modello economico che tutti cercano di imitare. Tutti i paesi in via di sviluppo e industrializzati stanno perseguendo delle logiche di :
In realtà comunque sussistono ancora dei processi inerziali, dettati dalla storia delle istituzioni che condizionano l’attuale sistema. Ma la storia , la cultura di ogni paese impedirà il formarsi di una sorta di monomorfismo capitalistico.
In ITALIA si converge verso il modello statunitense.
Le origini storiche:
1) Il contributo pionieristico di Alfred Marshall
2) L’elaborazione marginalistica successiva
IL PARADIGMA STRUTTURALISTA.
I principali limiti teorici:
- Manca un esplicita progettualità strategica.
IL PARADIGMA STRATEGICO.
Differenti filoni teorici:
Quindi non tutte le imprese presenti nel sistema perseguono l’obbiettivo della massimizzazione del profitto, e conseguentemente non vi è un solo modello d’impresa.
Tutte le imprese ipotizzabili sono INEFFICENTI.
Il focus di questo paradigma è costituito dalla DINAMICA (e non dalla statica ), sul processo (e non sul prodotto delle decisioni ), sull’innovazione e sul cambiamento ( e non sull’equilibrio ), sui processi non deterministici , sulla varietà degli attori.
Oggetto della concorrenza:
Definizione :
Criteri logico-economici di delimitazione settoriale:
la sostituibilità dal lato della domanda
Primo criterio: L’identità del bene prodotto
Secondo criterio: La sostituibilità dei prodotti differenziati. Le imprese fanno parte dello stesso settore se producono prodotti differenziati.
Lo strumento di misurazione della differenziazione.
dQi/Qi *dPi/Pi
Si mettono in correlazione due prodotti differenziati ma sostituibili, e la loro elasticità incrociata.
Si avrà un valore negativo in caso di complementarietà.
Si avrà un valore nullo in caso d’indifferenza
Si avrà un valore positivo in caso di sostituibilità
In quest’ultimo caso si può dire che le imprese fanno parte dello stesso settore.
In una variabilità che tende a + infinito si ha concorrenza perfetta (alta omogeneità di prodotto)
In una variabilità uguale a zero si ha bassa concorrenza ( alta differenziazione di prodotto ).
MARKETING
In Italia il passaggio da una società di tipo rurale a una di tipo industrializzato si è avuto con un certo ritardo.
Allo stesso modo anche la comparsa delle prime attività di marketing all’interno delle imprese si è avuta con un certo ritardo ( intorno agli anni 50-60 ).
Il mercato del dopoguerra era caratterizzato da un elevata domanda, che calò negli anni ’70 in corrispondenza anche di un mutamento generale del mercato.
Le imprese comprendono che è necessario sviluppare una certa filosofia di marketing.
Un impresa è orientata al marketing quando tutte le attività aziendali sono orientate al mercato, cioè al soddisfacimento dei bisogni dei consumatori.
L’offerta deve soddisfare pienamente, tutte le aspettative del target dei consumatori.
Un impresa Marketing oriented attua una attività volta percepire tutti i possibili segnali provenienti dal mercato, cercando di prevenire, di adeguarsi con anticipo al manifestarsi dei bisogni, e a tutte le possibili evoluzione che il mercato potrebbe subire sia in termini qualitativi che in termini quantitativi.
Si individuano quattro orientamenti sezione commerciali:
Man mano che ci si sposta dall’orientamento al prodotto all’orientamento al marketing l’impresa è sempre più attiva nel mercato. A volte il sentiero evolutivo segue quest’iter.
Viene seguito dall’impresa quando le complessità di sbocco del mercato sono limitate e la funzione commerciale è modesta. In questa sede assumono un importanza maggiore le fasi di progettazione e realizzazione del prodotto.
La funzione commerciale raccoglie gli ordini e presenta la gamma dei prodotti al pubblico dei consumatori ( attività marginali e non strategiche ).
Progettazione e realizzazione invece rispondono direttamente dai vertici direzionali dell’organigramma aziendale.
Quando si opera in un mercato dei “beni industriali” (materie prime, attrezzature, impianti,…) si applica l’orientamento al prodotto, dato che si nota una maggiore razionalità da parte del cliente e si analizza il prodotto nelle sue caratteristiche specifiche ( nel caso di un impianto industriale infatti , generalmente è il cliente a dettare le caratteristiche specifiche che esso dovrà avere ).
Ciò fondamentalmente accade nelle imprese operanti su commessa.
Si può avere orientamento al prodotto anche delle imprese sub-fornitrici.
Le situazioni appena elencate sono quei casi in cui il focus dell’impresa è costituito dall’attività di programmazione e produzione.
Anche quest’orientamento presuppone complessità di mercato limitate, solo che in questo caso il settore commerciale ha una certa importanza.
Questo tipo di orientamento è tipico di imprese dotate di una struttura produttiva rigida, e per cui risalta essere di vitale importanza la realizzazione di economie di scala.
In questo caso l’attività non viene impostata solo analizzando il mercato; prima viene definito il prodotto e i suoi livelli di produzione, poi si cerca di collocare l’output sul mercato.
Se l’offerta tende a essere superiore alla domanda l’impresa deve cercare di utilizzare strumenti di marketing ( politiche di prezzo, promozione pubblicitaria…), per combattere la concorrenza, raggiungendo volumi di vendita che gli consentono di realizzare delle economie di scala che gli consentano di abbattere l’incidenza dei costi fissi.
Questo tipo di orientamento viene adottato in situazioni di mercato particolarmente complesse.
La funzione commerciale non ha una rilevanza strategica, pur essendo comunque importante.
Più che anticipare il mercato l’impresa, l’impresa cerca di percepire i segnali che da esso prevengono. Si cerca insomma di soddisfare i bisogni in esso già presenti e non di generarne altri.
In questo contesto l’impresa opera in un mercato dinamico che richiede da parte dell’impresa stessa una struttura produttiva particolarmente flessibile.
L’azienda varia il proprio target di prodotti in funzione degli impulsi che gli provengono dal mercato.
Si tratta di imprese flessibili sotto il profilo produttivo sia in termini di quantità che di qualità.
Questo discorso è chiaramente riferibile al breve periodo.
In un ottica di medio-lungo periodo si ricorre all’orientamento al marketing.
Impostare in modo strategico la propria attività; per fare ciò l’impresa deve definire le azioni di marketing a livello strategico e operativo.
“Dimensione strategica del marketing”
Si devono individuare i beni che soddisfano il target, si deve analizzare il mercato per individuare i bisogni e successivamente i beni atti a soddisfarli ( si vuole la differenziazione del prodotto ).
L’analisi del mercato non è semplice: esso è infatti influenzato da una molteplicità di variabili.
Variabili che condizionano il mercato.
L’ambiente è costituito da variabili quali la demografia, le condizioni economiche, forza sociali e culturali, tecnologi, concorrenza.
La suddivisione della popolazione per fasce d’età è particolarmente importante perché consente l’individuazione di quel target di consumatori a cui la produzione o il servizio è rivolto; in particolare per esempio per quelle aziende che producono articoli per l’infanzia.
Chiaramente vi sono altri parametri che possono costituire la base per la segmentazione del mercato: sesso, condizioni psico-fisiche, la localizzazione ecc.
Il cambiamento demografico è in grado d’influenzare le strategie aziendali.
Anche la capacità di spesa del target di riferimento è un elemento che condiziona la strategia d’impresa. Il parametro di riferimento è costituito dal reddito disponibile ( reddito lordo-tasse )
Nella società si riscontrano dei valori di base e dei valori secondari nell’ambito della quale l’impresa cerca di intervenire. I valori di base essendo radicati nella società e sono quelli difficilmente modificabili.
Per modificare i valori secondari si possono colpire le occasioni di consumo ( per fare un esempio si pensi ai Baci Perugina che precedentemente venivano distribuiti in confezioni impegnative quantitativamente, e ora invece sono disponibili anche in confezioni meno impegnative come i tubetti da tre pezzi )
La tecnologia in particolare negli ultimi anni ha condizionato il mercato, il concetto di vendita, di modo di proporre il proprio target di prodotti si è modificato ( E-COMMERCE ), e conseguentemente si è modificata la strategia di vendita dell’impresa.
L’analisi della concorrenza diretta è di fondamentale importanza.
Essa infatti soddisfa lo stesso bisogno con prodotti similari.
La concorrenza indiretta invece soddisfa gli stessi bisogni, ma con beni differenti ( merendine, yogurt ).
La concorrenza potenziale invece non esiste al momento, ma se dovesse prodursi costituirebbe un grosso pericolo per l’azienda. Questa evenienza dipende dalla consistenza delle barriere all’entrata.
Leve marketing ( prodotto, prezzo, comunicazione, distribuzione ).
Marketing mix: insieme, combinazione delle leve di marketing usate dall’azienda per proporsi/presentarsi sul mercato.
L’azienda non si rivolge al mercato nel suo complesso, ma a un segmento di esso.
L’azienda si trova a scegliere in quale segmento concentrare/destinare la propria attività.
Quando si trova davanti a un mercato:
Quando l’azienda si trova di fronte a un mercato vi sono diversi elementi da considerare:
L’impresa può seguire due tipi di strategie:
Il mercato viene considerato nella sua totalità e l’azienda offre un unico Marketing mix.
Questo tipo di strategia è utilizzata quando il prodotto offerto ai consumatori, è considerato da tutti i consumatori uguale ( nel senso che per tutti può soddisfare lo stesso bisogno ).
Si individuano consumatori con esigenze specifiche nei confronti del prodotto in questione.
La segmentazione è stata eseguita in modo corretto se esiste una forte omogeneità interna a fronte di una forte disomogeneità esterna.
La segmentazione può essere:
- Singola quando ci si rivolge a un unico segmento di mercato.
Prima di procedere alla segmentazione del mercato occorre determinare le variabili chene stanno alla base.
Strategie di marketing
Marketing Marketing
Indifferenziato Differenziato
Marketing Marketing
Concentrato Di nicchia
Un segmento
Basso Alto
Grado di differenziazione d’offerta
Marketing indifferenziato: tipico dei nuovi mercati. Si hanno maggiori rischi.
Marketing indifferenziato: Si ricollega a strategie di segmentazione multipla; a ogni segmento un marketing mix specifico ( imprese grandi dimensioni ). Si hanno minori rischi ( per via della differenziazione ).
Marketing concentrato: Ci si concentra su un segmento particolare ( imprese di piccole dimensioni ). Le sorti dell’impresa sono legati all’andamento di quel particolare segmento di mercato ( maggiori rischi ).
Marketing di nicchia:Ci si concentra su una nicchia del mercato, proponendo un offerta specifica altamente differenziata.
Per effettuare una segmentazione efficace, le variabili devono essere misurabili e accessibili.
Si deve tenere conto degli strumenti di marketing disponibili. Il segmento scelto deve essere inoltre sufficientemente grande da giustificare e coprire il costo della differenziazione. Tale segmento deve inoltre essere raggiungibile senza difficoltà.
- Riduce la complessità del mercato.
- Aumenta la capacità dell’impresa di soddisfare la domanda.
Innovatori: sono soggetti che acquistano le ultime novità uscite ( anche se con la consapevolezza che più tardi il prezzo calerà ). Questi soggetti hanno una forza trascinante sul proprio gruppo di riferimento ( passa parola ).
Il passa parola ha rilevante importanza nel caso in cui si offre un servizio, poiché si ha comunicazione delle “experience qualità”.
Azioni di un soggetto innovatore:
- Consapevolezza: il soggetto è esposto all’innovazione; diviene cliente probabile.
- Informazione: il cliente potenziale è abbastanza interessato da cercare informazioni.
- Valutazione: il cliente valuta i meriti relativi.
- Conferma dopo l’adozione: l’innovazione è utilizzata, l’utilizzatore successivamente, continua
a cercare l’assicurazione di aver preso la decisione giusta.
Se l’informazione su un prodotto/servizio è negativa, essa circola con maggiore rapidità, rispetto a un passaparola positivo.
Distribuzione dei soggetti che adottano l’innovazione
Si spera di catturare gli innovatori per determinare lo sviluppo del fatturato
- CONVENIENCE GOODS
- SHOPPING GOODS
- SPECIALITY GOODS
Si tratta di beni di larghissimo consumo e aventi un costo relativamente basso. Vengono acquistati con una certa frequenza, sono facilmente reperibili, e sono disponibili in svariate tipologie, ciò fa si che anche i tempi di acquisizione siano ridotti.
In genere vengono acquistati con frequenza, ma non sempre; vi sono dei convenience goods che vengono acquistati poco frequentemente, per esempio i biglietti per gli auguri di Natale.
Considerazioni di marketing:
Sono prodotti caratterizzati da elevati tempi di consegna, e dal fatto che il consumatore nella scelta del prodotto attua un confronto qualitativo con altri prodotti similari. Il prezzo è generalmente elevato. La frequenza d’acquisto non è elevata, si tratta di acuisti saltuari.
Considerazioni di marketing:
Si tratta di prodotti per i quali rileva il marchio. Il consumatore è disposto a compiere notevoli sforzi per procurarsi il prodotto.
Non viene fatto alcun confronto prodotto/qualità poiché si tratta di prodotti aventi uno standard qualitativo decisamente elevato. Vi sono certi punti vendita che hanno l’esclusiva del prodotto.
Considerazioni di marketing:
Viene definito nuovo prodotto un prodotto non ancora esistente sul mercato.
I nuovi prodotti possono essere classificati in:
Nell’ottica del marketing si parla di prodotto nuovo quando esso emergono degli elementi innovativi, quando per rispondere ai bisogni del mercato si ha una nuova concezione di prodotto.
I nuovi prodotti vengono lanciati sul mercato senza che vi sia alcuna esigenza particolare da parte del consumatore; può accadere che sia il nuovo prodotto a indurre delle nuove esigenze.
Tali prodotti scaturiscono dalla combinazione di fattori già presenti sul mercato, con conoscenze scientifiche note.
Problemi teorici di breve periodo:
Problemi teorici di lungo periodo:
In definitiva l’indice offre una fotografia statica, limitata al momento contingente, dei gradi di concorrenzialità tra le imprese ma non indica una direzione evolutiva della concorrenza.
L’antitrust può modificare la sostituibilità dal lato della domanda, o dal lato dell’offerta, non vi è un metodo assoluto. Per esempio: in Italia dal lato dell’offerta le imprese farmaceutiche sono nello stesso settore, ma dal lato della domanda non vi è una vera e propria spartizione del mercato per settore.
Altro esempio: Assicurazioni-banche stesso settore dal lato della domanda, diverso settore dal lato dell’offerta.
Criteri logico economici di delimitazione settoriale: la sostituibilità dal lato dell’offerta.
Conclusioni: bisogna tenere conto del fatto che tutti i criteri sono convenzionali.
LA CONCORRENZA
La concorrenza può essere orizzontale o verticale ( o diretta ).
Verticale: tra imprese dello stesso settore.
STRUTTURA INTERNA DEL SETTORE
La concorrenza è data dal settore , da imprese operanti in esso e che utilizzano stessi cicli produttivi, metodologie produttive simili ecc…
Ciò nonostante le imprese operanti nello stesso settore hanno performance diverse; ciò è dovuto alla strategia adottata.
La concorrenza aumenta nei raggruppamenti strategici e diminuisce man mano che ci si allontana da essi.
Insieme di aziende operanti nello stesso settore e adottanti strategie simili.
Costruzione dei raggruppamenti:
E’ possibile criticare la cluster analisys dato che si vengono a creare dei cluster che non si scoprono.
Approccio cognitivo nella costruzione dei raggruppamenti strategici:
In conclusione possiamo dire che l’ambiente è costruito.
Implicazioni manageriali:
Spiegazione del livello di profittabilità:
I livelli di reddito realizzati dalla singola impresa sono determinati da:
MODELLO AREE STRATEGICHE D’AFFARI (ASA)
Metodo proposto da Abel.
Vi sono tre variabili che sottolineano una delle marcate differenze produttive:
Tecnologia: Processi, materie prime, macchinari utilizzati per la realizzazione del prodotto.
Funzione d’uso: tipo di destinazione che quel prodotto è destinato ad assumere.
Segmento dei consumatori: Parte del mercato. Dipende dall’età, usi e costumi, istruzione, cultura, gusti, salute…
STRATEGIE COMPETITIVE
La crescita nel business esistente può essere attuata in due modi:
La crescita orizzontale può essere attuata o ostacolando i potenziali entranti, o raggiungendo una posizione di leadership di costo o una leadership di prezzo.
La crescita verticale ( integrazione verticale ) si realizza attuando il Decentramento produttivo.
STRATEGIE DI DETERRENZA ALL’ENTRATA.
Paradigma strutturalista ( J.S.BAIN )
Per un impresa non è semplice spostarsi da un settore produttivo a un altro; ciò perché esistono delle barriere sia all’entrata che all’uscita dal settore.
Le barriere all’entrata ( definizione ):
Secondo Bain le barriere all’entrata sono i prezzi alti.
Con quest’affermazione però Bain sbaglia, perché esso ipotizza una situazione che è una conseguenza delle barriere all’entrata e non uno strumento per poterle creare.
Stigler invece sostiene che siano i livelli di costi sostenuti dalle diverse aziende a costituire le barriere. Si parla in tal caso di barriere Cost Centered .
Le barriere di costo, sono un differenziale di costo tra i costi sostenuti dall’impresa che già opera nel settore e quei costi che invece sono sostenuti dalla potenziale entrante.
Le imprese “vecchie” hanno dei vantaggi competitivi rispetto le potenziali entranti.
Caratteristiche tecniche delle barriere economico strutturali:
L’imprese già presente in quel particolare settore ha dei costi marginali totali minori rispetto all’entrante.
Vantaggi assoluti di costo:
Le economie di scala costituiscono barriere all’entrata per il fatto che l’entrante non riesce a realizzarle nel modo in cui le realizza l’incumbent, non riuscendo quindi ad essere competitiva.
Si tratta di un insieme di regolamentazioni amministrative, per l’accesso all’esercizio di una determinata attività d’impresa.
Vi sono settori in cui questa regolamentazione è particolarmente restrittiva tale da limitare la concorrenza tra gli incumbent.
Ogni qualvolta vi sono delle barriere istituzionali, vi è una limitazione della concorrenza, giustificata dal miglior servizio al consumatore.
Le barriere istituzionali non si traducono in dei differenziali di costo, si tratta semplicemente di limitazioni della concorrenza.
La protezione può essere giustificata nei mercati opachi, in cui le informazioni non circolano.
Condizioni liberiste per il corretto funzionamento di determinati mercati:
Se si verificano queste tre ipotesi è necessaria una regolamentazione pubblica che istituisca delle barriere istituzionali all’entrata, dato che il regime di concorrenza rischia di generare degli effetti negativi al benessere del consumatore.
PARADIGMA STRATEGICO
In quest’ambito le barriere si fondano su azioni strategiche intraprese dalle imprese pre esistenti, finalizzate ad ostacolare l’ingresso nel settore di nuovi potenziali concorrenti.
Diverse sono le leve strategiche:
- LEVA FONDATA SU ATTIVITA’ DI R&S: strategie di PRE EMPTING PATENTS ;
Si tratta di una momentanea, ma drastica riduzione dei prezzi da parte degli incumbent ( guerra dei prezzi ).
Problemi:
Generalmente comunque si preferisce agire su altri fronti come ad esempio quello della differenziazione produttiva.
E’ una strategia utilizzata dall’azienda anche in questo caso quando si vuole evitare l’ingresso nel settore di una nuova impresa. L’azienda introduce un prodotto nuovo a un prezzo relativamente basso ( prezzo predatorio ).
Una volta che la fighting brands ha esaurito la sua funzione ( quella di ostacolare l’ingresso del potenziale entrante ) il Brand leader rientra in gioco.
Le aziende creano una molteplicità di marchi per cercare di occupare tutti i segmenti del mercato, facendo in modo che la potenziale entrante non riesca ad impossessarsi di alcuna fetta dello stesso.
STRATEGIE DI DETERRENZA FONDATE SU RELAZIONI VERTICALI
La fornitura di impianti specifici a fronte della garanzia di fornitura esclusiva di prodotti nel lungo periodo. Caso dell’industria HORECA . Serve per legare contrattualmente il cliente al fornitore, e rappresenta il modo migliore per bloccare l’entrante.
Il vincolo di compatibilità si ha nel caso di contratti di fornitura che aumentano gli switching costs a carico del consumatore per la presenza di standards specifici ( spesso brevettati ) spesso detenuti dall’incumbent.
UNA VISIONE AZIENDALISTA DELLE BARRIERE ALL’ENTRATA
Vi sono delle critiche da parte della cultura aziendalista alle barriere all’entrata:
Fonti del vantaggio competitivo
Basso costo differenziazione
segmento
Modi per abbattere i costi:
Tale paradigma organizzativo si diffuse a tutti i settori dell’industria e servizi.
Questo modello non fu applicato dai giapponesi ( anni ’30 ) perché non era adatto alla loro cultura. L’impresa viene vissuta in modo diverso, l’operaio può intervenire attivamente, in modo partecipativo ( team ) alla realizzazione del prodotto.
Il successo giapponese determinò dei tentativi di emulazione di tale modello, che comunque fallirono.
Un prodotto è differenziato, se ha degli elementi che lo rendono diverso dagli altri, agli occhi del consumatore.
Gli elementi di differenziazione possono essere:
Quali sono i motivi che spingono a differenziare?
La differenziazione determina una maggiore libertà di scelta da parte del consumatore.
Quindi la differenziazione non nasce solo dal lato dell’offerta, ma anche dal lato della domanda.
LE STRATEGIE DI DECENTRAMENTO PRODUTTIVO E INTEGRAZIONE VERTICALE
Integrazione verticale: l’azienda internalizza delle produzioni che in precedenza venivano svolte da terzi.
E’ una strategia molto utilizzata dall’industria italiana. E’ un processo di esternalizzazione di attività che in precedenza venivano svolte all’interno dell’azienda stessa.
Da un lato abbiamo l’azienda committente e dall’altro l’azienda sub fornitrice. Le aziende sub fornitrici, non hanno un loro campionario, ma operano sulla base di specifiche e materiali indicati/forniti dall’azienda committente.
Il decentramento produttivo può essere:
Il decentramento economico può essere a sua volta: sostanziale e cioè tra imprese autonome.
E ancora può essere formale quanto l’impresa decentrante esercita un controllo economico sull’azienda sub committente.
Il decentramento economico formale può a sua volta essere:
Un ulteriore classificazione che può essere fatta relativamente al decentramento produttivo è quella tra :
In bilancio gli indicatori probatori di un decentramento produttivo sono:
Motivi del decentramento:
Il modello dualistico del mercato del lavoro:
In Italia negli anni ’70 il mercato del lavoro era diviso in due segmenti:
Segmento primario ( costituito da lavoratori delle grandi imprese che sottostavano a migliori condizioni di lavoro ).
Il costo del lavoro nella grande impresa è maggiore di quello delle piccole imprese, inteso in termini di CLUP ( costo del lavoro per unità di prodotto ) ossia costo del lavoro/quantità prodotte.
Le attività che vengono decentrate sono quelle cosiddette Labour Intensive.
L’impresa deve posizionare la propria capacità produttiva a un livello minimo di domanda e decentrare quando la domanda aumenta.
La stagionalità grava sui sub-fornitori, sono loro che non operano sempre in piena efficienza, per cui l’unica soluzione sarebbe quella di operare per più committenti. Gli effetti della stagionalità possono essere mitigati utilizzando delle strategie d’internazionalizzione ( es.vendere all’estero ).
ADAM SMITH: sostiene che i processi di specializzazione vadano realizzati con riferimento al singolo lavoratore, quindi dentro la fabbrica.
STIEGLER: sostiene che le economie di specializzaione vadano considerate a livello dell’impresa nel suo complesso ( specializzazione per attività ).
L’incremento della domanda determina un incremento della produzione, a cui segue un incremento dell’ATC.
Tale incremento ( nel grafico ) è dovuto all’attività che minimizza i costi in Q1. Fra le soluzioni vi è una scelta di MAKE or BUY, ossia si esternalizza l’atticità C.
Così facendo si evita un incremento dell’ATC, dato che per le imprese esterne ATC è Cc; per noi invece l’ATC dell’attività C sarà maggiore di Cc ( per garantire profitto ai Sub fornitori ) ma inferiore a Ca. Conseguendo quindi delle economie di specializzazione di tipo Stigleriano.
Decentramento produttivo negli anni ’80.
Anni dell’incertezza nel prevedere la domanda, data la varietà e la variabilità del mercato.
Nasce il concetto di flessibilità produttiva, ossia la capacità dell’impresa di adattarsi rapidamente alle nuove opportunità senza sostenere costi eccessivi.
Per guadagnare in flessibilità si adottò il decentramento produttivo. La flessibilità in questo caso è limitata all’impresa finale della filiera, ma non vi è per i sub fornitori.
Al giorno d’oggi si è arrivati a un modello d’impresa deverticalizzata, in cui si gestiscono relazioni con sub fornitori, si centralizza la funzione commerciale, un modello di terziarizzazione in sostanza.
La cultura ormai oggi diffusa del decentramento produttivo ha comunque portato ad un automatismo cognitivo che ne ha determinato l’applicazione anche quando non risulta necessario.
Il decentramento produttivo non è compatibile con l’innovazione di prodotto, in cui invece risulta necessario internalizzare determinate attività per sperimentare, creare delle reti d’impresa.
Differenziazione: L’azienda, pur restando nel medesimo business, produce una pluralità di prodotti aventi caratteristiche diverse, ma rientrano comunque nella stessa categoria di beni.
Esempio: nel calzaturiero le scarpe da tennis, trekking, pantofole ecc...
Diversificazione: L’azienda non opera nello stesso business e produce dei beni appartenenti a settori diversi.
TASSONOMIA DELLA DIVERSIFICAZIONE PRODUTTIVA
Tassonomia della Federal Trade Commission :
1)Diversificazione nei prodotti correlati - nella tecnologia.
- nella domanda.
2)Diversificazione nei mercati geografici.
3)Diversificazione conglomerale.
Tassonomia della Penrose:
Viene introdotta negli anni ’60 negli USA, sulla scia del mito costituito dalle grandi imprese multinazionali diversificate e conglomerate. Imprese in grado di condizionare l’autorità pubblica e i consumatori.
Viene sempre più enfatizzandosi la figura del manager ( la proprietà si separa dalla direzione ).
La diversificazione conglomerale arriva in Europa a metà degli anni ’70.
I motivi che spingono alla diversificazione conglomerale sono diversi:
Negli anni ’70 questa strategia viene abbandonata.
Negli anni’90 vi è però una riscoperta di tale strategia grazie al processo di privatizzazione. Lo Stato vende le proprie imprese ad imprenditori affermati e quest’ultimi attuano una diversificazione di tipo conglomerale ( si pensi a Benetton che ha acquistato Autostrade, Autogrill…Si pensi a Charles Bronson titolare della Virgin che ha creato compagnie aeree, telefoniche, ferroviarie, imprese per la produzione di bibite gassate ).
Le imprese che diversificano assumono la configurazione di holdings.
PERIODO FINE ’70-‘80
Motivi per cui le imprese abbandonarono la diversificazione conglomerale.
Le imprese non ebbero più le capacità, i mezzi, per coordinare l’organizzazione delle imprese.
Aumenta la complessità gestionale a un livello tale da determinare anche un aumento del rischio d’impresa. Non si riesce più a controllare/coordinare l’attività dei vari managers delle varie aziende e dei vari mercati. Vi è una certa difficoltà a raccogliere informazioni approfondite relativamente ai vari settori.
Nel breve periodo è conveniente diversificare se si privatizzano imprese pubbliche monopoliste.
Se vi è liberalizzazione dei settori, l’ex monopolista pubblico ha costi molto elevati rispetto all’entrante e si riesce quindi ad essere competitivi.
E’ inoltre conveniente se vi l’acquisizione da parte di grosse compagnie, di compagnie più piccole.
La crisi della diversificazione produttiva è evidente in Giappone, la cui economia era fondata sulle grandi imprese Keiretsu.
LA DIVERSIFICAZIONE PRODUTTIVA CORRELATA
HAYEK: la difesa di un mercato in declino può essere attivata non con la scelta di un attività nuova, quanto con un nuovo prodotto che sia funzionalmente correlato alle ragioni che hanno portato al calo delle vendite e della profittabilità del primo. Quest’affermazione trova il suo fondamento nel fatto che nonostante cambino le preferenze relative al prodotto, non variano i bisogni.
ES.per quanto riguarda la musica, si è passati dal disco in vinile al compact disk ma non è mutato il bisogno di ascoltare musica.
Ogni impresa ha attraversato una storia unica e ha sviluppato un proprio percorso evolutivo fatto di rapporti tra mercati, tecnologie, prodotti.
La diversificazione correlata può essere attuata sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta.
.f ( x1, x2 )<f ( x, 0)+ f ( 0, x ) funzione delle Economy of Scope
Questa funzione sta ad indicare che la produzione di due beni comporta dei costi inferiori se questi vengono prodotti nella medesima impresa, piuttosto che se venissero prodotti disgiuntamente da due diverse imprese.
Costi medi di produzione congiunta < Costi medi di produzione disgiunta
La diversificazione correlata dal lato della domanda ha diverse facce :
La diversificazione correlata dal lato della domanda, determinanti:
L’effetto della diversificazione correlata si produce, dal lato dell’offerta, nell’ambito del c/economico dal lato dei costi.
Viceversa, l’effetto della diversificazione correlata dal lato della domanda si produce dal lato dei ricavi.
A partire dagli anni ’80 le aziende d’abbigliamento hanno adottato delle strategie di total look, ossia si è offerto al consumatore un portafoglio prodotti sempre più ampio; ciò ha finito per avere degli effetti positivi in termini di ricavi e costi legati alla fama della propria griffe.
Con la diversificazione correlata l’azienda riesce a produrre più beni nello stesso stabilimento. Dal lato della tecnologia, questo tipo di diversificazione è quella più semplice da attuare.
Diverso è invece il discorso della diversificazione dal lato della domanda e del marketing, ciò perché la creazione del portafoglio prodotti richiede delle tecnologie , competenze radicalmente diverse.
Si tratta quindi d’imprese fortemente deverticalizzate, che attuano processi di decentramento produttivo.
La diversificazione conglomerale non funzione, quella correlata sì.
Fonte: http://daxo.altervista.org/appunti/ec.egest.delleimprese/Appunti%20di%20economia%20e%20gestione%20delle%20imprese.doc
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