I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
DA VERSAILLES ALL’INIZIO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
A1.1
Nell’immediato primo dopoguerra, si delineano in Europa tre orientamenti politici fondamentali.
Il primo vedeva trionfare la logica puramente nazionale, che soprattutto per i grandi Imperi coloniali mondiali (Gran Bretagna e Francia) significava il conseguimento di una posizione di sicurezza con un nuovo equilibrio europeo, realizzato attraverso una logica puramente punitiva nei confronti degli Stati sconfitti.
Il secondo aspirava a realizzare un ordine internazionale del tutto inedito, dove la convivenza degli Stati del mondo fosse garantita da un consesso mondiale, la “Società delle Nazioni”, capace di sostituirsi al sistema politico-diplomatico uscito dalla pace della Westfalia nel 1648 (e fallito nel 1914). Fautore di questa linea era il presidente americano W.Wilson, ideologo della democrazia mondiale.
Il terzo si rivolgeva invece a una rivoluzione mondiale, che portando il proletariato industriale al governo degli Stati “borghesi” distruggesse alle radici il militarismo capitalista. L’ordine mondiale prefigurato da Lenin e che partiva dalla Russia comunista prevedeva tuttavia una sorta di “preludio” rappresentato dal dominio incondizionato del partito bolscevico.
A1.2
I Trattati nei quali si delineò il primo dei suddetti orientamenti furono:
Vennero cancellati gli Imperi centrali e quello Ottomano. La Francia e la Gran Bretagna si divisero le colonie tedesche e l’intera area medio-orientale ottomana. E imposero alla Germania le cosiddette “riparazioni”, addossando a questa nazione l’intera colpevolezza della guerra: si trattava di astronomiche clausole finanziarie, che avrebbero reso la Germania un paese semischiavo.
La carta geografica dell’Europa fu ricostruita sulla base del principio di nazionalità, che vide nascere i nuovi Stati sovrani di Jugoslavia, Cecoslovacchia, Polonia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania. Tuttavia ognuno di questi Stati rinchiudeva forti o fortissime minoranze etniche.
A1.3
La Gran Bretagna aveva una preoccupazione esclusiva, quella di salvare il suo immenso Impero coloniale, scosso dai movimenti indipendentisti. Perciò considerava gli USA come il partner ideale per un condominio mondiale. Sennonché gli USA al loro vittorioso intervento militare in Europa non fecero seguire una nuova responsabilità politica. Con i presidenti repubblicani Harding, Coolidge, Hoover (1921-1933) si chiusero nell’isolazionismo politico e razzista, considerarono i loro ex-alleati esclusivamente dal punto di vista dei crediti finanziari erogati, non ratificarono né il Trattato di Versailles né la “Società delle Nazioni”, a cui non presero parte. Perciò né Gran Bretagna né USA, nonostante l’orizzonte mondiale dei loro interessi, dettero vita a un nuovo ordine internazionale.
A1.4
D’altra parte nella Russia di Lenin la rivoluzione mondiale bolscevica non avvenne, ma fu sostituita da un nuovo tipo di Stato, che corrispondeva al predominio di un solo Partito e di una sola ideologia, la quale considerava ogni dissenso come un atto di ostilità “assoluta” e poteva decidere sia la deportazione che la soppressione in massa dei suoi “nemici”.
Esperimenti rivoluzionari avvennero nel 1919 in Germania (a Berlino in gennaio e in Baviera ad aprile), in Ungheria nel marzo e in Italia (nel biennio “rosso”) ma fallirono.
D’altra parte il tentativo, effettuato da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia di appoggiare i russi antibolscevichi dal ‘18 al ‘20 nel corso della guerra civile non ebbero alcun successo.
Alla fine l’Unione Sovietica venne riconosciuta dagli altri Stati “borghesi” (ultimi gli USA nel 1933) e a sua volta mantenne rapporti elastici con essi, benché il suo radicale esperimento politico continuasse a rappresentare una sfida permanente verso il resto del mondo, potendo suscitare negli altri popoli una grande suggestione oppure un grande orrore.
A1.5
Ma c’era un quarto fattore in gioco, oltre ai tre che abbiamo incontrato. La guerra mondiale aveva determinato una profonda trasformazione sia negli individui che nelle classi sociali. Riguardo agli individui, la mobilitazione totale e l’esperienza di sterminio collettivo avevano cambiato umanamente le popolazioni. Riguardo alle società, nelle nazioni sconfitte erano state quasi interamente distrutte le élites storiche, e si era aperto un problematico vuoto di mediazione con le masse popolari; in tutte le nazioni le vecchie classi dirigenti liberali ormai lasciavano il posto ai reduci di trincea, agli agitatori politici, ai sindacalisti, ai giornalisti di battaglia.
A1.6
Questo spiega l’aggressività e instabilità politica degli Stati europei all’indomani della guerra. L’equilibrio europeo dopo la pace di Versailles non ci fu e l’Europa si divise in due campi distinti. Da una parte c’erano gli Stati “haves”, cioè soddisfatti, che difendevano il diktat di Versailles come qualcosa di intangibile: Francia (in testa), Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Romania. Nell’altro campo c’erano i “have not” o insoddisfatti: Germania, Austria, Ungheria, Bulgaria, Italia, Giappone.
E poi c’era l’Unione Sovietica “out cast” o proscritta, attorno alla quale era stato imposto un “cordone sanitario”.
E’ significativo che l’Italia e il Giappone facessero parte, benché vincitrici della guerra, del gruppo degli sconfitti.
A1.7
L’Italia fu la più delusa e revisionista delle potenze vincitrici. Con l’accordo di Rapallo del gennaio ’24 aveva finalmente ottenuto la città di Fiume (non concessa nell’analogo accordo di Rapallo firmato da Giolitti nel ’20), ma era stata esclusa dalla spartizione anglo-francese dell’Impero ottomano.
La nuova Polonia era diventata subito uno Stato multinazionale dominato dai polacchi, ma composto da numerose minoranze discriminate (tedeschi, ebrei, ruteni, lituani, bielorussi) e mosso da ambizioni di espansione imperialista.
In Cecoslovacchia prevaleva la nazionalità ceca, e sia i cechi che gli slovacchi (cioè gli slavi) dominavano rispettivamente su tre milioni di tedeschi e su un milione di ungheresi.
La Jugoslavia era un regno serbo dominante su almeno altre cinque diverse nazionalità (croati, sloveni, montenegrini, bosniaci, albanesi).
Anche la Romania era una specie di impero multinazionale in cui la maggioranza dominava su popolazioni ungheresi, bulgare, sassoni, ebraiche.
Su questa situazione di instabilità, dovuta alla mancanza di un ordine internazionale e dunque sostenuta quasi esclusivamente dalla forza dei singoli Stati, si abbatté all’inizio degli anni ‘30 la grave recessione economica che si era manifestata negli Stati Uniti nel 1929. Tutti ne furono colpiti, ma più di tutti la Germania e l’Italia.
L’Unione Sovietica ne fu esente, perché Stalin aveva chiuso la “patria del comunismo” in un sistema indipendente dalle altre economie, teso a realizzare il primo “piano quinquennale” e la collettivizzazione delle terre agricole. Solo in Ucraina questo sforzo costò allora la morte di 7 milioni di persone, fra esodi forzati di popolazioni, eccidio dei kulaki, carestia e fame.
Ma negli Stati d’Europa e in USA le disastrose conseguenze sociali spinsero i governi a chiudere i propri paesi entro barriere economiche protettive con soluzioni autarchiche, cioè di protezionismo spinto. La Gran Bretagna sganciò la sterlina dall’oro (il Gold Standard!) con effetti inflazionistici nel resto d’Europa, e considerò il proprio sistema coloniale come un mercato interno.
Questa situazione, nella prima metà degli anni 30, mise pesantemente in luce la crisi dell’ordine internazionale, le tensioni sociali interne e la potenziale conflittualità esistente tra gli Stati.
A1.9
Il confronto post-bellico fra le “grandi potenze” vincitrici (haves) e quelle “revisioniste” (have not)
intorno agli anni Trenta aveva creato tre zone geografiche di tensione nel mondo.
La prima era in Asia orientale, dove il Giappone cercava di revocare la decisione impostagli dagli USA nella Conferenza di Washington del 1921-22 di rinunciare a ogni interesse egemonico sulla Cina. Nel 1931 il Giappone aveva strappato alla Cina la regione della Manciuria.
La seconda era nel Mediterraneo, dove l’Italia fascista richiedeva una maggior influenza, essendo stata emarginata in quest’area da Francia e Gran Bretagna nel corso dei Trattati di pace del 1919.
La terza era nell’Europa centrale, dove la Germania hitleriana avanzava una posizione egemone, sostituendosi al distrutto Impero asburgico.
A1.10
La decisa politica revisionista del nuovo cancelliere tedesco Hitler (1933) nella torbida situazione internazionale ebbe una libertà che fino a quel momento per la Germania era stata del tutto impossibile.
Il nuovo Reich nazionalsocialista, uscito trionfante dalla lunga e sanguinosa lotta con il DKP (il partito comunista tedesco, che gli era concorrente e rivale nella contestazione della socialdemocrazia di Weimar e del diktat di Versailles), aveva iniziato a violare le decisioni dei vincitori della Guerra mondiale.
Le stesse ragioni che avevano consentito a Hitler di diventare cancelliere della Germania, e cioè il precipitare della situazione economica e sociale, ora ad un tempo forzavano e favorivano la sua politica internazionale di revisione del Trattato.
A1.11
Ma con l’avvento di Hitler fu soprattutto Stalin a cercare di uscire dall’isolamento politico, firmando trattati di non aggressione e accordi con gli Stati confinanti nemici (Polonia, Stati baltici) o conflittuali per motivi territoriali (Cecoslovacchia, Romania). L’URSS entrò anche nella “Società delle Nazioni” e si alleò con la Francia del “fronte popolare”. Era chiaro che Stalin vedeva nella nuova politica tedesca un fattore di pericolo per l’esperimento comunista, ma altresì un attivismo destinato a rimettere in discussione le basi europee di Versailles. Stalin aveva l’ambizione di riconquistare i vecchi confini dell’Impero zarista e anzi di riprenderne la politica espansionista verso occidente.
A1.12
Il regime fascista in Italia, ormai consolidato, dopo la crisi del ’29 accentuò la tendenza a considerare la propria linea politica come alternativa sia all’esperimento sovietico che al capitalismo liberale e con la persuasione d’essere il modello di un nuovo ordine internazionale. Tuttavia la posizione internazionale di Mussolini, attraverso l’azione diplomatica di D.Grandi, fu piuttosto quella di un mediatore, poiché nutriva l’ambizione di far esercitare all’Italia un peso decisivo nel fragile equilibrio europeo. Nel 1934 Mussolini si oppose minaccioso al proposito di unione austro-tedesca seguito all’uccisione del cancelliere austriaco Dollfuss. Nel 1935 ospitò a Stresa una conferenza assieme a Francia e Gran Bretagna in cui venne confermato in sostanza l’ordine territoriale di Versailles per isolare il revisionismo tedesco.
A1.13
Furono tuttavia due avvenimenti bellici a ridare a Hitler la possibilità di riprendere il suo programma revisionista ed espansionista: la guerra italiana d’Etiopia e la guerra civile spagnola.
Mussolini aveva deciso di riprendere il vecchio progetto coloniale di Crispi, nel quadro di un interventismo destinato a rafforzare il regime e dare maggiori sbocchi all’Italia.
Il Fascismo aveva trasformato la vittoriosa mobilitazione nazionale della guerra mondiale in una mobilitazione popolare permanente, che conservava i simboli e i valori epici ed eroici diffusi negli eserciti sui campi di battaglia e fra le stesse popolazioni che partecipavano allo sforzo bellico. Ciò che distingueva il Fascismo dai sistemi liberali era proprio il mantenimento di questo carattere di mobilitazione militare, che nelle democrazie liberali era stata in maggiore o minore misura abbandonata.
Nell’ottobre del 1935 Mussolini iniziava la campagna d’Etiopia destinata a concludersi nel maggio del ’36. Ma i governi europei indussero la “Società delle Nazioni” (dalla quale l’Italia uscì per protesta) a colpire l’Italia con sanzioni economiche che ebbero l’effetto di “compattare” la popolazione italiana col Fascismo e di avvicinare la Germania all’Italia. In quella circostanza Hitler rioccupò la regione tedesca della Renania.
A1.14
Nel luglio del 1936 iniziò in Spagna una guerra civile che fu lo sbocco di un conflitto cominciato alcuni anni prima, quando nel 1931 era stata proclamata la repubblica, dopo l’abdicazione di Alfonso XIII di Borbone. In essa si affrontavano le sinistre, costituite da socialisti, comunisti e anarchici, e il movimento fascista della “Falange” alleato con i monarchici e alcuni comandanti dell’esercito, fra cui il generale Franco che aveva dato il via al “pronunciamento” militare contro il governo repubblicano.
Ma alla radice dello scontro erano da una parte la Spagna cattolica e tradizionalista, dall’altra quella anticlericale e riformista o rivoluzionaria. La guerra civile si protrasse fino al 1939 con il trionfo dei “nazionalisti” di Franco e causò un milione di morti. Al conflitto presero parte l’Italia e la Germania dalla parte di Franco, l’URSS dalla parte del governo repubblicano, sempre più egemonizzato dal Partito comunista spagnolo. Invece le democrazie europee si limitarono a svolgere soltanto e invano delle mediazioni diplomatiche.
A1.15
Col profilarsi del successo militare del generale Franco, Hitler, ormai reinserito nel gioco politico internazionale grazie all’assistenza militare tedesca in Spagna, mandò a effetto l’Anschluss, l’annessione dell’Austria alla Germania. Iniziava cioè ad attuare un caposaldo della sua visione politica, la decisione di ereditare la posizione del defunto Impero austro-ungarico. Subito dopo visitò Mussolini a Roma come un alleato.
Hitler aveva esposto in toni profetici nel “Mein Kampf” un programma radicalmente revisionista, che restituendo alla Germania ciò che le era stato predato doveva costituire l’avvio di un nuovo ordine europeo. L’ordine a cui pensava Hitler avrebbe ruotato attorno alla supremazia razziale tedesca e la Germania avrebbe esteso i suoi confini a oriente, nelle terre slave dei polacchi e dei russi. Era chiaro pertanto che Hitler annunciava una resa dei conti finale con la potenza comunista sovietica. Peraltro, egli considerava la Gran Bretagna come partner ideale della Germania, perché il dominio coloniale inglese confermava il disegno di una supremazia della razza bianca.
A1.16
L’antiebraismo che era specifico dell’ideologia nazista andava perciò a sostenere le tesi della superiorità razziale diffuse fin dalla metà del 1800 nel mondo anglo-sassone e negli USA. Ma il razzismo nazista aveva chiaramente una natura diversa da quello colonialista e imperialista degli anglo-sassoni, perché si rivolgeva contro un “nemico assoluto” esattamente come la rivoluzione bolscevica.
E’ un fatto che Hitler addossasse agli ebrei la sconfitta tedesca e la volontà di “corrompere” la purezza razziale della Germania con gli ideali internazionalisti propri sia del bolscevismo che del mondo finanziario occidentale.
Prima il bolscevismo, successivamente il nazismo erano dunque portatori di un’ideologia basata sulla guerra civile definitiva dell’intera umanità. E’ facile constatare la derivazione del concetto di “nemico”, sostenuto nelle tesi hitleriane, dall’ideologia e dalla prassi del bolscevismo sovietico, in una sorta di contrapposizione di uguali e contrari.
A1.17
Nell’estate 1937 ebbe inizio la guerra cino-giapponese che portò l’esercito nipponico a occupare l’intera parte centro-settentrionale della Cina. Il governo nazionalista cinese di Chiang Kai-shek, con cui ora cooperavano anche le forze comuniste di Mao Zedong, precedentemente nemiche, venne sostenuto militarmente da USA e Gran Bretagna, e dall’Unione Sovietica.
Gli avvenimenti asiatici portarono due conseguenze.
Cominciò a prendere forma una “grande area” di interesse politico mondiale costituita dal triangolo giapponese, italiano e tedesco.
Il presidente americano F.D.Roosvelt (discorso della “quarantena” tenuto a Chicago il 5 ottobre 1937) annunciò il passaggio dall’isolazionismo politico-militare all’interventismo e decise l’avvicinamento economico alla Gran Bretagna. La clausola “cash and carry” alla legge sulla neutralità statunitense è del 1937. Roosvelt era stato eletto nel 1933 con un programma economico “protezionista” (New Deal).
Nell’estate del 1939 un gruppo di fisici emigrati dalla Germania perché ebrei aveva chiesto al governo americano di finanziare la costruzione della “bomba atomica”. La richiesta fu redatta da A.Einstein.
Nel luglio 1939 gli USA ruppero il trattato commerciale col Giappone in vigore dal 1911.
A1.18
L’annessione dell’Austria alla Germania avvenne nel marzo 1938. Seguì la richiesta di annessione dei Sudeti tedeschi che erano assegnati alla Cecoslovacchia. La Gran Bretagna di Baldwin e Chamberlain era orientata all’appeasement e considerò favorevolmente le ragioni di tre milioni di tedeschi.
La mediazione di Mussolini a Monaco, dove si riunirono quattro capi di Stato europei, compì il miracolo di “salvare la pace”. Ma il convegno di Monaco del settembre 1938 che decideva di restituire la regione dei Sudeti alla Germania, implicitamente ammetteva che il Trattato di Versailles era stato ingiusto. Si era aperto dunque un varco, anzi una falla, attraverso cui Hitler ora poteva avanzare altre denunce.
Nel marzo del 1939 Hitler ordinò l’occupazione del territorio cecoslovacco inserendosi nelle tensioni fra cechi e slovacchi. La Boemia diventò un “protettorato” del Reich tedesco e la Slovacchia uno Stato indipendente ma satellite.
Nell’estate del 1939 stipulò un patto militare (“patto d’acciaio”) con l’Italia, ma Mussolini si esonerò da obblighi di intervento militare.
A1.19
La Polonia era uno Stato dalle tinte fortemente nazionaliste, con una legislazione antiebraica non dissimile da quella tedesca, retto da un regime autoritario militare fondato dall’eroe della guerra anticomunista, il generale Pildsuski.
Inoltre la Polonia, che aveva firmato un patto di non aggressione con Hitler nel 1934 in funzione antisovietica, aveva profittato dello smembramento della Cecoslovacchia dopo Monaco per annettersi con un ultimatum la regione di Teschen.
La richiesta tedesca di riavere la città di Danzica e di attraversare con un’autostrada e una ferrovia il “corridoio” polacco, per collegare la Prussia orientale al Reich, venne respinta. Nella richiesta di Hitler c’era anche la proposta di inserire la Polonia in un sistema di Stati gravitanti intorno alla Germania. Il 31 marzo 1939 la Gran Bretagna, abbandonando la politica dell’appeasement, firmò con la Polonia assieme alla Francia una “garanzia” volta a sbarrare la strategia di Hitler.
A1.20
La risposta alla dichiarazione britannica (e francese) a garanzia dell’integrità della Polonia fu il patto di non-aggressione tedesco-sovietico del 23 agosto 1939, che in pratica fu una suddivisione di zone di occupazione e di influenza sull’intera area dell’Europa nord-orientale.
La sfera di interesse tedesca comprendeva la Polonia fino al fiume Vistola e la Lituania (poi occupata dai russi). Quella di interesse sovietico comprendeva la Polonia orientale, la Finlandia l’Estonia e la Lettonia, e infine la Bessarabia romena. E’ significativo che queste due sfere d’influenza costituissero nel loro insieme l’obiettivo di una strategia più vasta per entrambi gli Stati, profilando una futura resa dei conti.
Per il momento Hitler con la copertura sovietica, il cui scopo era di dissuadere i britannici dall’intervenire in favore dello Stato polacco, poteva spingere le cose al limite.
A sua volta Stalin aveva fatto definitivamente uscire l’URSS da un isolamento quasi ventennale e dalla minaccia permanente di una coalizione delle potenze “capitaliste” contro il suo terrificante e pericoloso esperimento collettivista, e poteva così agire con la copertura del suo “straordinario” alleato. Non solo: ma aveva ottenuto lo scopo di dividere il campo nemico “capitalista” in un prossimo scontro mortale.
A1.21
Il primo settembre 1939 Hitler avanzò in Polonia con una guerra-lampo che portò alla capitolazione polacca il 28 settembre. Il 3 settembre Gran Bretagna e Francia dichiararono guerra alla Germania. Il 17 settembre l’Armata sovietica iniziò ad occupare le regioni della Polonia orientale iniziando la deportazione di un milione e mezzo di polacchi. In questa cornice avvenne anche il massacro di undicimila ufficiali polacchi a Katin.
L’appello “di pace” rivolto da Hitler ai britannici e ai francesi il 6 ottobre per un compromesso che riconoscesse la spartizione della Polonia fra Germania e URSS cadde nel vuoto.
La Germania annesse non solo le regioni ex-tedesche di Prussia occidentale, Posnania e Alta Slesia, ma anche territori polacchi, mentre la parte centrale della Polonia (con Varsavia) fu dichiarata “Governatorato generale”. L’intera classe dirigente polacca venne annientata, ed ebbe inizio la deportazione delle minoranze di origine ebraica in grandi ghetti, intorno a Varsavia e Lodz.
A1.22
Era cioè incominciata una guerra caratterizzata da “idee assolute” in relazione ai propri nemici, sia combattenti sia di natura “ideologica”. La Prima guerra mondiale “totale” aveva determinato una trasformazione spirituale, e ora quella che si annunciava era una guerra d’annientamento, che non avrebbe esitato a ricorrere all’espulsione, alla deportazione in massa, e allo sterminio di popolazioni sia con i sistemi di concentramento che con i bombardamenti aerei delle città.
SEGUIRANNO
A2. LA SECONDA GUERRA MONDIALE
A3. LA POLITICA MONDIALE DEI DUE BLOCCHI
B1. STALIN E IL COMUNISMO SOVIETICO
Entrato nel Partito operaio socialdemocratico russo, il giovane Stalin si era schierato con la frazione dell'"Iskra", guidata da Lenin.
Nel 1901 venne eletto membro del comitato socialdemocratico clandestino a Tbilisi e successivamente dirigente dell'intero Caucaso. Arrestato nell'aprile 1902 e deportato in Siberia, fuggì dopo qualche mese. Dopo la rottura del partito tra bolscevichi e menscevichi si schierò con i primi. Durante la rivoluzione del 1905 non ebbe un ruolo importante, ma organizzò rapine ed espropri per raccogliere denaro per il partito. Partecipò ai congressi bolscevichi di Stoccolma (1906) e Londra (1907) e divenne leader del partito a Baku. Più volte arrestato e deportato, riuscì sempre a fuggire. Nel 1912 entrò a far parte del comitato centrale del partito bolscevico e l'anno successivo divenne direttore della "Pravda".
Si recò poi in Austria dove scrisse la sua unica opera di rilievo teorico, Il marxismo e la questione nazionale, a favore dell'autodeterminazione dei popoli oppressi. Tornato in Russia, fu arrestato ed esiliato in Siberia dove rimase fino allo scoppio della rivoluzione nel febbraio 1917. Tra il febbraio e l'ottobre fu nuovamente condirettore della "Pravda" ed ebbe una posizione rilevante nell'organizzazione del VI congresso del partito. Durante l'insurrezione di ottobre non ebbe alcun ruolo militare. Nel primo governo bolscevico ricoprì la carica di commissario alle nazionalità, che tenne per cinque anni. Durante la guerra civile organizzò la difesa di Tsaritsyn e fu commissario politico della cavalleria di Budënnij. Alla fine della guerra civile favorì l'invasione della Georgia. Nel 1919 fu nominato commissario all'Ispettorato operaio e contadino, un organismo di controllo e supervisione della nuova amministrazione statale sovietica. Nel 1922 venne eletto segretario generale del Pcus, una carica organizzativa che permetteva di controllare l'intero apparato del partito e, attraverso di esso, del governo. Durante la malattia di Lenin formò un "triumvirato" con Zinov'ev e Kamenev per contrastare Lev Trockij col quale era già entrato in contrasto durante la guerra civile.
Trockij era un uomo politico russo. Attivo antizarista fin dall'adolescenza fu deportato in Siberia (1899). Nel 1902 riuscì a fuggire in Inghilterra dove divenne collaboratore della rivista marxista "Iskrà" (La scintilla) diretta da Lenin. Al congresso del Partito socialdemocratico russo a Londra nel 1903 si schierò con i menscevichi. Tornato in Russia nel 1905 partecipò alla rivoluzione presiedendo l'effimero soviet di Pietroburgo e fu nuovamente arrestato e deportato in Siberia, da dove riuscì ancora una volta a fuggire, rifugiandosi prima in Europa occidentale, poi negli Usa. Rimpatriato nel 1917, aderì al Partito bolscevico, svolgendo un ruolo di primo piano nella rivoluzione d'ottobre. Dotato di eccezionali qualità di organizzatore, fu nominato commissario del popolo alla Guerra; creò l'Armata rossa, che sotto la sua guida vinse la guerra civile (1918-1921). Ancor prima della morte di Lenin (1924), entrò in contrasto politico e ideologico con Stalin, contro la cui concezione del socialismo in un solo paese sostenne la teoria della rivoluzione permanente, elaborata tempo addietro e resa pubblica nel 1922 nella sua raccolta di saggi 1905. Progressivamente emarginato, dopo la morte di Lenin (1924) peggiorò la sua posizione con la pubblicazione delle Lezioni d'ottobre, tentativo di analisi della storia del partito che offrì ai suoi avversari un ulteriore motivo per attaccarlo, poiché metteva in discussione la pretesa della trojka (Stalin, Kamenev, Zinov'ev) di essere gli autentici eredi del leader scomparso. Nel 1925 i suoi oppositori lo obbligarono ad abbandonare la carica di commissario del popolo. Nel 1926, dopo il passaggio all'opposizione di Kamenev e Zinov'ev, propose al Comitato centrale una piattaforma alternativa alla linea staliniana. Sconfitto, nel 1927 fu espulso dal partito, nel 1928 confinato ad Alma Ata e nel 1929 esiliato. Dall'estero continuò a difendere il vecchio bolscevismo, sostenendo l'avvenuta degenerazione della rivoluzione nel libro La rivoluzione tradita e creando una Quarta internazionale fieramente antistalinista (1938). Condannato a morte in contumacia ai processi di Mosca (1936), dopo lunghe peregrinazioni si stabilì nel 1937 a Città del Messico dove fu assassinato da agenti di Stalin. Tra il 1925 e il 1927 sconfisse l'opposizione di Trockij cui si erano uniti Zinov'ev e Kamenev, espellendoli dal partito. Nel 1928-1929 fu la volta del gruppo guidato da Bucharin, Tomskij, Rikov.
Stalin nel 1924 espose la teoria del "socialismo in un paese solo" che segnò l'abbandono dell'internazionalismo a favore di un nazionalismo che crebbe negli anni.
Nel 1928 con il primo dei cinque Piani Quinquennali dette il via all'industrializzazione forzata dell'Urss e alla collettivizzazione forzata delle campagne, mezzo scelto dal gruppo dirigente staliniano nel 1929 per risolvere la crisi degli approvvigionamenti cerealicoli sorta negli ultimi anni della Nep. Scopo della collettivizzazione era la creazione di grandi unità produttive nella campagna, al posto della miriade di piccole fattorie contadine, in modo da consentire il controllo diretto dello stato sulla produzione agricola, spezzando la resistenza del mondo rurale alla forsennata politica di industrializzazione forzata dello stalinismo. Preludio alla collettivizzazione furono le "misure straordinarie" imposte da Stalin all'inizio del 1928 per requisire il grano. Il successo ottenuto dalle requisizioni ebbe un ruolo determinante nella decisione, presa nel novembre del 1929 dal Politbjuro, di procedere alla "collettivizzazione totale" delle campagne, che segnò la definitiva sconfitta dell'opposizione di destra (Bucharin).
La collettivizzazione forzata venne messa in atto, per ondate successive, tra il 1930 e il 1934. Feroce guerra condotta dallo stato contro i contadini con l'uso di misure coercitive e repressive, la collettivizzazione ebbe costi spaventosi.
Nel dicembre 1929 Stalin annunciò la liquidazione dei kulaki come classe. Per milioni di contadini (i kulaki, contadini ricchi, erano invece solo una sparuta minoranza) cominciò una spaventosa odissea. Scacciati dalle loro case, privati di tutti gli averi, furono costretti a entrare nelle fattorie collettive (kolchoz) con miserevoli paghe in natura; i più agiati vennero condannati alla deportazione. Stipati nei carri bestiame, molti morirono di fame e di stenti durante il viaggio. Si calcola che i contadini colpiti dal provvedimento siano stati tra i cinque e i dieci milioni, un terzo dei quali trovò subito la morte. Rivolte endemiche scoppiarono nelle campagne (nel solo 1929 ne vennero soffocate con le armi milletrecento). Terrorizzati, i contadini macellavano il bestiame, con grave danno per il patrimonio zootecnico del paese (nel 1940 era pari a quello del 1916, anno di guerra). Interi villaggi venivano abbandonati: per legare alla terra i contadini, alla fine del 1932 venne ristabilito il sistema dei passaporti interni. La conseguenza più spaventosa della collettivizzazione fu la fame che devastò, nell'inverno 1932-1933, le campagne dell'Ucraina, del Caucaso settentrionale, del Kazachistan e di altre regioni. Le vittime della fame furono, secondo stime ancora approssimative, tra i 4 e i 7,7 milioni. Con la collettivizzazione lo stato riuscì a organizzare l'estorsione del grano, ma non la produzione che, anzi, diminuì fino al 1937. Per far fronte alla situazione, il governo fu costretto, nel 1935, a concedere ai contadini piccoli appezzamenti di terra che, nonostante le tecniche primitive di conduzione agraria, contribuirono in modo sostanziale al sostentamento alimentare del paese (nel 1938, pur occupando solo il 3,9 per cento delle aree coltivate, fornivano il 45 per cento della produzione agricola totale). Condotta in nome della modernità, la collettivizzazione finì per riprodurre, in questo modo, l'arcaismo del mondo rurale tradizionale.
LO STATALISMO.
Questo programma fu svolto rafforzando a dismisura l'unico strumento che i bolscevichi avevano a disposizione: lo stato. Il partito, che si diffuse con lo stato, cambiò fisionomia: si trasformò da gruppo dirigente politico in classe di amministratori economici. Si assistette, di conseguenza, a un riorientamento del sistema di valori mascherato da un'apparente continuità ideologica. La dittatura autoritaria dai tratti illuministi tracciata da Lenin, che si proponeva, attraverso adeguate politiche economiche e di educazione, di conquistare il consenso di larghi strati sociali al nuovo regime, diminuendo il divario esistente tra lo stato e la società, cedette il posto a una dittatura autocratica, fondata sull'esaltazione dello stato leviatano e sullo schiacciamento totale della società. Anche se non mancarono elementi di continuità tra Lenin e Stalin, questo cambiamento dei fini del potere rappresentò un momento di rottura di primaria importanza. L'intervento massiccio dello stato in tutti i settori fu favorito dal fatto che la società degli anni venti era debolmente strutturata, poiché la rivoluzione e la guerra civile avevano spazzato via quei nuclei di "società civile" che si erano costituiti negli ultimi decenni dello zarismo. Questo spiega, almeno in parte, le ragioni di una mancata resistenza organizzata al regime staliniano, che mosse una vera e propria guerra a tutti gli strati della società. Gli anni trenta furono anni di spaventosi sconvolgimenti sociali. La collettivizzazione e l'industrializzazione forzata frantumarono violentemente il tessuto sociale preesistente. Vennero distrutte identità collettive secolari, mentre la società si atomizzava. La Russia si popolò di nomadi e vagabondi, contadini e operai fuggiti da villaggi e città alla ricerca di condizioni di vita almeno sopportabili. Per far fronte alla crisi sociale permanente vennero rafforzati a dismisura gli apparati repressivi dello stato. Con il ristabilimento dell'odioso sistema zarista dei passaporti interni e della propiska (permesso di residenza dato dalla polizia), nel 1932 i contadini vennero di nuovo legati alla terra e gli operai alle fabbriche, mentre il paese si riempiva di campi di concentramento. Si allargava in tutto l’immenso territorio siberiano il Gulag. La mobilità sociale altissima provocò un colossale rimescolamento. Interi strati sociali vennero scaraventati dai vertici al fondo della piramide, mentre altri emergevano, prima di essere a loro volta travolti.
UNA SOCIETÁ GERARCHIZZATA.
Il Partito comunista dell'Unione sovietica, partito unico, fu il principale canale di promozione sociale: la fedeltà all'ideologia era la conditio sine qua non per cambiare la propria posizione. Nacque una nuova struttura sociale fortemente gerarchizzata. I contadini, discriminati dalla legislazione, tornarono in pratica alla condizione del servaggio, abolito da Alessandro II nel 1861; gli operai persero tutti i privilegi di cui avevano goduto negli anni venti e vennero posti alla mercé assoluta dei dirigenti industriali, mentre l'allargarsi del ventaglio salariale e la diffusione del cottimo creavano disparità crescenti. L'impegno diretto dello stato nella produzione provocò la crescita a dismisura dell'apparato burocratico. La cristallizzazione del sistema gerarchico portò con sé un ritorno a valori tradizionali (la famiglia, per esempio) destinati a inculcare nelle masse la disciplina, il conformismo e il rispetto per l'autorità. Si costituì una nuova ideologia tesa a recuperare i valori del nazionalismo imperiale russo inserendoli in un contesto dominato dal culto di Stalin. Il disorientamento di interi strati sociali brutalmente sradicati fornì il terreno propizio per la nascita di una sorta di religione statale con i suoi nuovi riti (parate-processioni, idolatria dei capi e delle loro immagini, uso di vocaboli di origine religiosa) che si nutrì, trasfigurandole, delle antiche credenze del mondo contadino: il culto di Stalin, dio-padre-padrone onnipotente, fu accompagnato dalla caccia spietata ai "nemici del popolo", moderna versione della demonologia rurale intrisa di paganesimo, che attribuiva alle "oscure forze del male" la responsabilità di tutte le disgrazie. Nel paese regnava un arbitrio totale.
LO STATO DI POLIZIA.
La potente polizia segreta (Nkvd), sottoposta direttamente a Stalin, aveva diritto di vita e di morte sugli abitanti del paese dei soviet. Dopo l'assassinio, probabilmente ordito da Stalin alla fine del 1934, di Kirov, prestigioso dirigente del partito di Leningrado e rappresentante della nuova tecnocrazia che si era creata durante il primo piano quinquennale, la macchina repressiva si volse contro le elite politiche. Iniziava il grande Terrore. Tra il 1936 e il 1938, nei processi di Mosca, venne sterminata la vecchia guardia bolscevica; sotto la scure della polizia politica cadde anche l'Armata rossa, che fu gravemente scompaginata dalle purghe, come dimostrò la facilità dell'avanzata nazista al momento dell'aggressione nel 1941. Alla fine degli anni trenta Stalin era ormai padrone assoluto del paese. Capriccioso despota autocratico, fece distruggere anche lo stesso gruppo dirigente a lui fedele che aveva patrocinato la "grande svolta". Si riprodusse un modello di potere che aveva le sue origini nella Russia antica e che istituzionalizzava la nuova struttura gerarchica della società: l'autocrate creava una elite dirigente priva di una legittimazione autonoma (funzionale o legata alla proprietà) e quindi alle sue assolute dipendenze; questa disponeva, in cambio, dello stesso potere assoluto nei confronti dei suoi sottoposti. Solo con la destalinizzazione degli anni cinquanta e l'istituzionalizzazione dei meccanismi del potere, le nuove elite acquistarono una legittimità propria. Dopo la vittoria contro il nazismo il regime staliniano conobbe un ulteriore inasprimento.
Già sul finire del conflitto intere popolazioni, accusate di collaborazionismo, erano state deportate.
Il Gulag era la direzione centrale statale dei campi di lavoro dell'Urss. Universo concentrazionario sovietico, vero e proprio "stato nello stato" sotto il diretto controllo della polizia segreta (Nkvd) assunse, durante lo stalinismo, dimensioni enormi. I primi campi (lager) di rieducazione e lavoro furono creati nel 1918; nel 1923, nelle isole di Solovki, venne organizzato il primo campo per prigionieri politici, dove vennero internati ufficiali bianchi, esponenti dell'intelligencija e rappresentanti dei partiti prerivoluzionari. Alla fine degli anni venti, con lo scatenarsi delle repressioni staliniane, il Gulag crebbe a dismisura: tra il 1928 e il 1940 esistevano almeno 162 lager, in cui vennero internati, secondo stime approssimative, tra i 10 e i 20 milioni di prigionieri, di cui molti perirono per via delle drammatiche condizioni di vita e di lavoro. Il Gulag permise lo sfruttamento sistematico della manodopera coatta per l'' industrializzazione forzata. Alcune delle maggiori opere di quegli anni vennero realizzate con l'uso del lavoro forzato dei detenuti (canale del mar Bianco, Mosca-Volga; valorizzazione dei giacimenti auriferi della Kolyma; costruzione di ferrovie, strade ed edifici, come l'università di Mosca). La Nkvd aveva fabbriche e persino laboratori di ricerca, dove furono messi a lavorare ingegneri e specialisti arrestati tra il 1928 e il 1931 (A.N. Tupolev, padre dell'aeronautica sovietica, vi disegnò i suoi primi aerei).
La Grande Purga
Fra il 1936 e il-1939 una spietata repressione di massa che colpì l'Urss nella seconda metà degli anni trenta, ispirata da Stalin e attuata dalla polizia politica. Il predominio politico che Stalin si era costruito negli anni venti consisteva in un primato nell'ambito di una direzione collegiale. Dopo alcuni anni di sanguinose epurazioni il dittatore georgiano emerse come padrone assoluto dello stato e arbitro delle sue leggi, riducendo a mere funzioni celebrative l'apparato di governo e di partito. L'assassinio di Kirov (dicembre 1934), atto d'inizio del Terrore, permise di ampliare i poteri della polizia politica (Nkvd) e di varare una legislazione d'emergenza che fu il supporto dei grandi processi pubblici contro i vecchi capi bolscevichi. A partire dal 1936 organizzò le grandi epurazioni attraverso cui eliminò completamente la vecchia guardia bolscevica. Era un’applicazione della lotta di classe all'interno del Partito comunista teorizzata da Stalin. In Urss portarono all'espulsione di centinaia di migliaia di militanti comunisti e spesso furono l'anticamera della loro eliminazione fisica. Dette sempre maggiori poteri alla polizia politica, creando un sistema dittatoriale e imprigionando milioni di persone nel Gulag.
La repressione non risparmiò alcun settore della vita del paese, precipitando la società sovietica in un'atmosfera di delazione e paura. Milioni di persone e intere popolazioni furono deportate, incalcolabile fu il numero delle vittime di questo olocausto sovietico. Nel 1939 Stalin dichiarò conclusa la grande purga.
La Guerra fredda.
Nel 1946, con l'imposizione del realismo socialista legata al nome di Zdanov, una nuova ondata repressiva si abbatté sul mondo culturale e sulla burocrazia statale, mentre prendeva l'avvio una persecuzione degli ebrei. Solo la morte del tiranno (1953) impedì lo scatenarsi di un nuovo terrore. Nel dopoguerra, con la spartizione del mondo in sfere d'influenza, lo stalinismo fu imposto anche nei paesi dell'Europa orientale. I risultati dello stalinismo furono paradossali. La modernizzazione del paese fece dell'Urss la seconda potenza mondiale ma gli squilibri strutturali dell'economia (dominio dell'industria pesante, stagnazione dell'agricoltura) ne condannarono lo sviluppo successivo; il perdurare di forme arcaiche di produzione, fondate sull'uso del lavoro coatto (il Gulag, le aziende statali in agricoltura), impedirono il costituirsi di una moderna cultura del lavoro basata sulla valorizzazione della qualità e della produttività. Il dominio del terrore rese la società apatica, distruggendo ogni spirito imprenditoriale; l'acculturazione di massa, avvenuta in condizioni di mancanza totale di libertà, danneggiò gravemente il potenziale intellettuale del paese; le repressioni indiscriminate impedirono il costituirsi di una società articolata, capace di limitare lo strapotere dello stato.
Effetti del conflitto: non furono solo le carneficine, la distruzione di vite umane, lo sconvolgimento dei confini degli Stati.
Con urgenza si pose il problema dei reduci e del loro reinserimento.
Il reinserimento dei reduci nel mondo del lavoro è difficile: chi aveva svolto funzioni di comando mal si adattava al lavoro subordinato. Gli ex combattenti si raggruppano in cooperative di lavoro che diventano veri e propri gruppi di pressione.
Altro aspetto importante: la massificazione della politica:
Aspirazioni a un “ordine nuovo” erano comuni alla maggioranza degli Europei.
Conseguenze economiche:
In Italia, il movimento operaio negli anni 1919-20 fu protagonista di una impetuosa avanzata politica:
In Francia e Inghilterra le classi dirigenti riuscirono a contenere le pressioni del mondo operaio.
In Germania, Austria e Ungheria si ebbero veri e propri tentativi rivoluzionari.
In Russia la rivoluzione d’ottobre da un lato aveva creato un grande entusiasmo tra le avanguardie rivoluzionarie di Europa; dall’altro aveva accentuato la frattura fra le avanguardie e il mondo operaio , legato ai partiti socialdemocratici e ai grandi sindacati. Tale contrasto fu sancito dalla Internazionale Comunista (III Internazionale) e con la fondazione in tutta Europa di partiti ispirati al modello bolscevico.
In Italia
I Partiti
Finita la guerra il PSI era schierato su posizioni apertamente rivoluzionarie ma così: si precludeva un rapporto di collaborazione con le forze democratico-borghesi, spaventate dall’idea della dittatura proletaria; si feriva il patriottismo della borghesia; si fornivano argomenti all’oltranzismo nazionalista che difendeva i valori della vittoria.
La “vittoria mutilata” e l’impresa di Fiume
L’Italia era uscita rafforzata dalla guerra: aveva raggiunto i “sospirati confini territoriali”.
Alla Conferenza di Versailles la delegazione italiana alla guida del Presidente Orlando e del Ministro degli Esteri Sonnino manifestò un atteggiamento ambiguo nel dover decidere se rimanere ancorata ai canoni delle vecchie diplomazie e pretendere il rispetto del Patto di Londra oppure (perseguendo l’amicizia con la Jugoslavia) rinunciare ai vantaggi territoriali in Dalmazia secondo la “politica della nazionalità”.
Orlando e Sonnino chiesero, oltre a quanto previsto nel Patto di Londra, l’annessione di Fiume. Si oppose Wilson che scavalca la delegazione inviando un messaggio al popolo italiano. La delegazione abbandona Versailles e al ritorno in Italia è accolta da manifestazioni patriottiche. Dopo un mese la delegazione è di nuovo a Parigi senza ottenere alcun risultato. Questo insuccesso segna la fine del Governo Orlando (dimissioni giugno ’19). Nuovo governo presieduto da Nitti. L’opinione pubblica mostra risentimento verso gli alleati. Gabriele D’Annunzio parla di “vittoria mutilata” per dire che gli alleati avevano defraudato l’Italia dei frutti della vittoria. La manifestazione più clamorosa: settembre 1919 alcuni reparti militari sotto la guida di D’Annunzio occupano Fiume. Proclamazione della repubblica del Carnaro. In 15 mesi l’occupazione rende possibile l’annessione di Fiume all’Italia. (esperienza politica in cui per la prima volta sono sperimentate nuove formule come i rituali collettivi (adunate coreografiche con dialoghi tra leader e la folla) che avranno largo seguito nel decennio successivo.
Le agitazioni sociali e le elezioni del 1919
In Bassa Padania, dove prevaleva il bracciantato c’erano le leghe rosse (di ispirazione socialista, puntavano alla socializzazione della terra) e leghe bianche (di ispirazione cattolica, puntavano ad una migliore compartecipazione e sviluppo della piccola proprietà contadina). Pur lottando il più delle volte per analoghi obiettivi, si differenziano nell’obiettivo generale e di lungo periodo. Ne scaturivano lotte frammentarie che dimostravano la scarsa capacità di collegamento a livello nazionale.
L’ingiunzione ai partiti aderenti ad assumere la denominazione di “Partito Comunista”
L’espulsione degli elementi “riformisti e centristi”
I massimalisti rifiutarono di accettare tali ingiunzioni perché le ritenevano lesive dell’autonomia del partito e perché sapevano che espellendo i riformisti il Psi si sarebbe indebolito.
Al Congresso di Livorno del Psi (gennaio 1921) i riformisti non furono espulsi ma anzi fu una minoranza di sinistra ad abbandonare il Psi per fondare il PCI partito comunista d’Italia.
Il fascismo agrario e le elezioni del 1921
Tutto ciò veniva sistematicamente distrutto e violentato.
Il successo travolgente dell’offensiva squadrista è dovuto a:
Elezioni del 15 maggio 1921.
Le elezioni furono volute da Giolitti contro il parere di Filippo Meda (al Tesoro, guidava la delegazione del PPI), dopo aver influenzato il Re. La campagna fu condotta da Giolitti e Corradini (Sottosegretario agli Interni) contro i socialisti e contro i popolari, che non avevano accettato di far parte dei blocchi
Favoriscono l’ingresso dei fascisti nei “blocchi nazionali” (liste di coalizione in cui esponenti di vari gruppi, conservatori-liberali-democratici, si unirono per impedire una nuova affermazione dei partiti di massa.)
I Fascisti così ottengono una legittimazione da parte della classe dirigente ma pochi seggi (35); I socialisti scendono dal 32% al 25% (122 seggi), i comunisti 5% (16 seggi), i Popolari consolidano il loro gruppo da 100 a 107 seggi, i Liberal-democratici migliorano le loro posizioni (275 seggi) ma non tanto da avere il controllo del Parlamento.
La più grande novità fu l’ingresso dei 35 deputati fascisti capeggiati da Mussolini.
Crisi dello Stato liberale
B3. IL FASCISMO
La marcia su Roma
Avuto il controllo della piazza e sbaragliato il movimento operaio, il fascismo si pone il problema della conquista dello Stato. Mussolini giocò su due tavoli:
Prende vita così il progetto della Marcia su Roma: mobilitazione generale di tutte le forze fasciste con l’obiettivo della conquista del potere centrale. Inizia il 27 ottobre.
La Marcia su Roma colpisce lo Stato nel pieno disfacimento dei suoi poteri:
La crisi è risolta in modo ambiguo. Era una rivoluzione o no?
Il sistema liberale aveva ricevuto un colpo mortale.
Verso lo Stato autoritario
Assunta la guida del governo, Mussolini cerca subito di alternare una linea morbida (promesse di normalizzazione moderata) ed una linea più dura (minacce di una seconda ondata rivoluzionaria).
Usa il tono ricattatorio al momento della fiducia (fa riferimento all’ “aula sorda e grigia”)
Due provvedimenti evidenziano l’incompatibilità con i principi dello Stato liberale:
- Dicembre ’22 viene istituito il Gran Consiglio del Fascismo con il compito di indicare le linee della politica fascista e di servire da raccordo tra partito e governo.
- Viene anche istituita la Milizia Volontaria per la sicurezza nazionale (gennaio ’23), corpo armato di partito per proteggere gli sviluppi della rivoluzione: dà uno sbocco agli squadristi.
Infatti non cessano le violenze illegali contro gli oppositori anzi si sommano con la repressione legale condotta dalla Magistratura, dagli organi di polizia (sequestro di giornali, scioglimento di amministrazioni comunali, arresti preventivi di militanti). Le vittime sono soprattutto comunisti, i sindacati non fascisti perdono progressivamente consistenza, i salari si riducono, gli scioperi sono sospesi.
La politica liberista veicolata dal Ministro delle Finanze De Stefani si basa su:
Un altro sostegno a Mussolini proviene dalla Chiesa cattolica:
la grande riforma scolastica che è varata nel ’23 dall’allora ministro dell’istruzione, il filosofo Giovanni Gentile: prevede l’istituzione dei Licei, gli esami di stato al termine di ogni ciclo di studi, l’insegnamento della religione alle elementari.
Mussolini ha il problema di rafforzare la propria maggioranza parlamentare facendo crescere il fascismo.
Il Fascismo diventa nel giro di tre anni la più importante forza politica italiana.
La rapida ascesa è frutto della rottura degli equilibri tradizionali che la guerra aveva prodotto:
Delitto Matteotti e l’Aventino
Mussolini, premuto dall’ala più intransigente del partito, contrattacca:
Il Fascismo si avvia ad attuare la dittatura non solo di fatto, ma anche stravolgendo i con- notati giuridici dello Stato liberale.
Inoltre si estendeva la possibilità del governo di usare il Decreto Legislativo su semplice delega o di ricorrere al decreto legge per necessità con conversione legge entro 2 anni. Di fatto il controllo parlamentare non aveva più significato. Tanto più che l’assenza degli aventiniani facilitava l’opera legislativa dell’esecutivo e del fascismo. I parlamentari dell’Aventino vennero dichiarati decaduti con un provvedimento illegittimo sul piano costituzionale (che colpiva anche i deputati comunisti che non avevano partecipato all’Aventino).
Lo Stato liberale ottocentesco è finito.
Il regime fascista fino all’entrata in guerra
Il Fascismo non fu propriamente uno Stato totalitario, ma autoritario: doveva venire a patti con la Chiesa; e al di sopra di Mussolini c’era il re.
Il partito va dilatando sempre più le sue funzioni:
Resta aperto il problema con la Chiesa, per il peso che essa ricopre nella società. Mussolini voleva risolvere lo storico contrasto tra Stato e Chiesa e per questo avvia delle trattative con il Vaticano nell’estate del 1926.
delle Forze armate, la scelta dei senatori, il diritto di nomina e revoca del Capo del Governo.
Il regime e il Paese
Osservando l’Italia del ventennio fascista l’impressione è quella di un paese largamente fascistizzato. Colpisce l’abbondanza del materiale di propaganda che invadeva tutta la vita quotidiana: ritratti del duce esposti ovunque, scritte fasciste sugli edifici, copertine dei libri e cartoline con l’emblema del “fascio littorio” (insegna del potere dei magistrati dell’antica Roma che divenne simbolo del regime), folle mobilitate in occasione di ricorrenze fasciste, discorsi del duce trasmessi alla radio, scolari impegnati in formazione militare (vestiti in camicia nera con fucili di legno), gli adulti che in divisa fascista si riunivano agli ordini dei fasci locali per celebrare i riti, i gerarchi che si esibivano negli stadi in esercizi ginnici.
Che rapporto esisteva tra realtà e propaganda?
Lo sviluppo della società italiana andava di pari passo a quello degli altri Stati europei?
Attenzione particolare al mondo della cultura, della scuola, delle comunicazioni di massa:
Fascismo e Economia
Il Fascismo e la grande crisi. Lo “Stato imprenditore”.
Effetti in Italia della crisi del ’29: recessione, riduzione del commercio estero, crisi dell’agricoltura, tagli dei salari, disoccupazione da 300.000 a 1.300.000 nel 1933.
La risposta del regime alla crisi si attua su 2 direttrici:
Intorno alla metà degli anni ’30 l’Italia era uscita dalla crisi peggiore e Mussolini pensò di lanciarsi nella politica dispendiosa delle imprese militari.
L’imperialismo fascista e l’impresa etiopica
L’Italia antifascista
Apogeo e declino del regime fascista
La vittoriosa campagna in Etiopia fu per il fascismo l’apogeo del successo e della popolarità.
B4. IL NAZIONALSOCIALISMO
4 - IL NAZISMO
Dopo l’armistizio la Germania si trova in una situazione rivoluzionaria (pesanti clausole inflitte dai vincitori alla Germania nei trattati di Versailles): disponeva di soldati armati, il governo era esercitato da un Consiglio dei Commissari del Popolo presieduto dal socialdemocratico Ebert, composto da socialisti. Nella città i padroni sono i consigli degli operai e dei soldati armati. Mancava una mobilitazione delle masse rurali, resisteva una classe dirigente che non era stata spazzava via come era accaduto in Russia. I socialdemocratici, con una grande tradizione di lotte alle spalle, erano collegati ai sindacati, ma contrari ad una rivoluzione di tipo sovietico.
Berlino diventa centro dell’estrema sinistra.
Viene a crearsi una convergenza tra i capi socialdemocratici della SpD, gli esponenti della vecchia classe dirigente e i capi dell’esercito per impedire uno sbocco rivoluzionario e servire lealmente le istituzioni repubblicane. Ne seguì uno scontro con la Lega di Spartaco (nucleo originario del partito comunista tedesco: Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg), che puntava alla costituzione di Consigli, visti come cellule della nuova democrazia socialista. Gli spartachisti erano in netta minoranza. Ma l’iniziativa popolare li spinse verso lo scontro: il 5 gennaio 1919 una manifestazione di berlinesi per protestare contro la destituzione di un esponente di sinistra da capo della polizia della capitale. Fu durissima la reazione del governo socialdemocratico. Gli spartachisti ne approfittano per diffondere un comunicato in cui si incita a rovesciare il governo. Il governo reagì con durezza: senza poter contare su un esercito, arruolò squadre di volontari per la repressione (i freikorps) composte da soldati smobilitati e inquadrate da ufficiali dal forte sentimento nazionalista e conservatore.
L’insurrezione è schiacciata nel sangue: muoiono i leader del movimento spartachista R.Luxemburg e Karl Liebknecht.
19 gennaio 1919 dopo aver sedato la rivolta, viene eletta l’Assemblea Costituente (maggioranza, non assoluta, di socialdemocratici). Viene fatto un accordo con i borghesi, i cattolici del centro e con i partiti di matrice liberale. Ebert viene eletto Presidente della Repubblica e promuove la formazione di un governo di coalizione a direzione socialdemocratica. Viene varata la Costituzione della Repubblica di Weimar, una costituzione democratica che manteneva la struttura federale, promuove il suffragio universale maschile e femminile, la nomina del Presidente eletto dal popolo, la responsabilità del Governo di fronte al Parlamento.
Nonostante i drammatici travagli che ne avevano segnato la nascita, la Repubblica di Weimar rappresentò nell’Europa degli anni ’20 un modello di democrazia parlamentare aperta e avanzata (centro culturale vivace).
Nonostante la Costituente e la Costituzione (varata agosto 1919), ai primi di marzo sorgono nuovi disordini e tentativi insurrezionali a Berlino (tentativo dei comunisti di proclamare la Repubblica dei Consigli che fu stroncata alla fine di aprile). Alcuni pericoli venivano anche dalla destra, da quei militari smobilitati dei Freikorps che parlavano di “pugnalata alla schiena” da parte di chi aveva concluso l’armistizio (secondo loro infatti l’esercito tedesco avrebbe vinto se non fosse stato tradito da una parte del Paese). Questo clima penalizza i socialdemocratici alle elezioni del 1920: sconfitti cedono la guida al Centro cristiano.
Costituzione di Weimar: modello di democrazia parlamentare aperta collegato al clima di grande libertà; ma molti fattori insidiavano la vita democratica come la frammentazione dei gruppi politici, l’assenza di una forza egemone.
Situazione dei partiti:
Il sistema non riusciva a coinvolgere la media e piccola borghesia; inoltre la repubblica era legata all’immagine della sconfitta ed al problema delle riparazioni.
Riparazioni: nella primavera 1921 una commissione interalleata aveva stabilito l’entità: 132 miliardi di marchi da pagare in 42 rate annuali; cioè per quasi mezzo secolo la Germania doveva privarsi di ¼ del prodotto nazionale.
All’annuncio delle riparazioni si scatena un’ondata di proteste: si mette in luce il Partito Nazional Socialista di Hitler che scatena un’offensiva terroristica contro la classe dirigente repubblicana.
Nel 1921 fu ucciso in un attentato il Ministro delle Finanze Mathias Erzberger (esponente del partito del Centro cattolico) che aveva firmato l’armistizio per conto del governo provvisorio.
Nel 1922 fu ucciso Walter Rathenau (industriale esponente del partito democratico) Ministro degli esteri che cercava un accordo con le potenze vincitrici.
I governi di coalizione tra il 1921 e 1923 si impegnarono a pagare le rate delle riparazioni. Per evitare un aggravamento delle tasse o tagli sulla spesa pubblica, furono costretti a stampare carta moneta: risultato fu che in pochi mesi il valore del marco precipitò mettendo in moto un rapido processo d’inflazione con relativa difficoltà a pagare i debiti.
Crisi della Ruhr:
nel gennaio 1923 Francia e Belgio occupavano il bacino della Ruhr, la zona più ricca e industrializzata della Germania. L’azione aveva lo scopo di controllare i pagamenti delle riparazioni: impossibilitato a reagire militarmente, il governo tedesco incoraggiava la resistenza passiva della popolazione (abbandono delle fabbriche e non collaborazione con gli occupanti). Nel Paese sale la febbre nazionalistica: i Freikorps organizzano attentati e sabotaggi contro i francobelgi: seguono fucilazioni e arresti di massa).
L’occupazione della Ruhr è il tracollo del Paese: l’inflazione è fuori controllo.
Luglio 1923: 1 dollaro corrisponde a 5 milioni di marchi, a settembre a 200 miliardi, a novembre a 4000 miliardi. Un kg di farina giunse a costare 400 miliardi. Chi possedeva risparmi o titoli di Stato li perse, le retribuzioni venivano pagate giornalmente. Avvantaggiati solo coloro che possedevano beni reali come agricoltori, industriali, commercianti oltre a coloro che avevano contratto debiti.
E’ un duro prezzo per la collettività e per le istituzioni repubblicane.
Agosto 1923 si forma un governo di coalizione presieduto da Gustav Stresemann, leader del partito tedesco popolare:
Attua una politica rigorosamente deflazionistica per un ritorno alla normalità; cerca accordi sulle riparazioni con i vincitori.
1924 Piano Dawes: il piano si basava sul principio che la Germania avrebbe potuto fare fronte ai suoi impegni solo se avesse visto funzionare al meglio la sua macchina produttiva; prevedeva dunque che l’entità delle rate da pagare fosse graduata nel tempo e che la finanza internazionale – in particolare quella Usa - sovvenzionasse lo stato tedesco con una serie di prestiti a lunga scadenza.
Grazie al Piano Dawes la Germania rientra in possesso della Ruhr e si ha una ripresa economica.
La crisi della Ruhr lascia il segno:
elezioni del maggio 1924 con affermazione delle parti estreme (comunisti e tedesco-nazionale) e calo dei partiti democratici;
Marzo 1925 il candidato dei partiti democratici è battuto dal vecchio maresciallo Hindenburg, simbolo del passato imperiale.
Negli anni successivi grazie alla ripresa economica la situazione politica si andò stabilizzando:
Crisi del 1929:
La crisi della Repubblica di Weimar e l’avvento del nazismo:
1923 Hitler era semisconosciuto, a capo di un piccolo partito.
1933 riceve l’incarico di formare il governo.
Fino al 1929 il Partito Nazista rimase minoritario (fuori dalla legalità repubblicana, usava violenza, aveva una robusta organizzazione armata). Dopo il fallimentare tentativo di Monaco Hitler tentò di fare come Mussolini in Italia: dare al partito un volto più rispettabile, mettere da parte le rivendicazioni anticapitalistiche, assicurarsi il sostegno finanziario dei grandi industriali.
Ma non rinuncia al nucleo del programma nazista:
I suoi progetti Hitler li scrisse nel libro “Mein Kampf” (la mia battaglia), scritto in carcere e pubblicato nel ’25: diventò il testo sacro del nazismo.
Al centro del programma hitleriano c’era:
Inizialmente questo programma radicale incontrò pochi consensi ma con lo scoppio della grande crisi del 1929 la maggioranza dei tedeschi, ormai ridotta alla fame, perse ogni fiducia nella Repubblica: Hitler offriva la prospettiva esaltante della riconquista del primato della Germania e dava l’opportunità – a chi entrava nel partito nazista - di far parte di un gruppo di “eletti”.
La fine della Repubblica di Weimar comincia nel settembre 1930 quando il cancelliere Brüning convocò nuove elezioni nella speranza di uscirne con una maggioranza rafforzata: il partito nazista invece ottenne il 18,3% di consenso. Crescono parallelamente le forze antisistema, di destra e di sinistra: alle elezioni i comunisti guadagnarono posizioni a danno dei socialdemocratici, rimanendo il primo partito del Paese. Così il Governo di Brüning continuo a reggere per altri 2 anni grazie all’appoggio del Spd e soprattutto grazie al Presidente Hindeburg che si avvalse dei poteri straordinari concessi dalla costituzione nei momenti di emergenza.
Nel 1932 la crisi raggiunse il culmine: la produzione industriale cala del 50% rispetto al ’28, la disoccupazione si allarga a 6 milioni di persone (la metà delle famiglie tedesche). I nazisti aumentano gli iscritti; durante l’estate gli scontri tra nazisti e comunisti provocano 150 morti.
Due crisi di governo e tre consultazioni elettorali a pochi mesi di distanza confermarono l’impossibilità di formare una maggioranza “costituzionale”.
Marzo 1932 Hindenburg è candidato alla presidenza della repubblica : i partiti democratici sostengono la sua candidatura contro quella di Hitler. Viene eletto Hindenburg anche se Hitler ottiene un buon consenso (13 milioni, 37%). Hindenburg una volta eletto cede alle pressioni dei militari e della grande industria, congeda Brüning e cerca una soluzione alla crisi prendendo atto dello spostamento a destra dell’asse politico. A guidare il governo sono chiamati uomini della destra conservatrice, privi di una propria base parlamentare: fallimento.
Elezioni del luglio 1932 : non si ottiene una maggioranza stabile e i nazisti salgono al 33%. Hindeburg si convince che è impossibile governare senza il loro appoggio: gennaio 1933 viene proposto a Hitler la guida di un governo in cui sono rappresentate le più importanti componenti di destra (nazisti 3 su 11): pensano così di ingabbiare Hitler (come pensava di fare la destra italiana con Mussolini).
Consolidamento del potere di Hitler:
ad Hitler bastarono pochi mesi per imporre un potere assoluto.
Incendio al Reichstag, il parlamento nazionale, 27 febbraio 1933 una settimana prima delle elezioni. Viene arrestato un comunista olandese, uno squilibrato mentale indicato come l’autore dell’incendio. La vicenda fornisce al governo il pretesto per mettere in atto un’imponente azione di polizia contro i comunisti (sono messi fuori legge, arrestati, privati della libertà di stampa e di riunione). Le elezioni di marzo ’33, che dovevano portare al trionfo nazista, mancano l’obiettivo: il partito di Hitler non raggiunge le maggioranza assoluta ma il 44% che unito alle altre forze di destra aveva un’ampia base parlamentare. Ma Hitler vuole abolire il Parlamento. Il Parlamento nazionale con una legge suicida il 23 marzo conferisce pieni poteri al governo (può legiferare e cambiare la costituzione): votano contro solo i socialdemocratici.
Nel giugno 1933 la Spd fu sciolta, così il partito operaio più forte d’Europa viene annientato. Ma anche il partito tedesco nazionale si autoscioglie su pressione nazista. Stessa sorte per il Partito cattolico. Hitler nel luglio 1933 vara una legge secondo cui il Partito Nazionalsocialista era l’unico consentito in Germania.
Hitler ha ancora 2 ostacoli da risolvere:
Hitler risolve così: contro le SA forma un’altra milizia le SS (squadre di difesa). Il colpo contro le SA viene preparato “nella notte dei lunghi coltelli” (30 giugno 1934) in cui le SS , arrestato e poi ucciso Röhm, misero in atto un massacro che colpì oltre ai membri delle SA anche altri elementi sgraditi.
Agosto 1934 muore Hindenburg, Hitler grazie ad una legge emanata dal suo governo, ricopre la carica di Cancelliere e Capo di Stato. L’esercito ha l’obbligo di giurare fedeltà a Hitler (conseguenze saranno chiare nel ’38 quando Hitler assumerà il comando delle FFAA).
NASCE IL TERZO REICH: Terzo dopo il Sacro Romano Impero medievale e quello del 1871. A capo del Reich c’è Hitler, il Führer (il duce).
Punto cardine dell’ideologia nazista è che il capo guida il popolo e ne interpreta le aspirazioni. Un rapporto diretto fra il Capo e il suo popolo tramite il partito unico e i partiti ad esso collegati.
Fronte del lavoro: sostituisce i vecchi sindacati.
Gioventù hitleriana.
L’obiettivo era quello di realizzare una comunità compatta da cui erano esclusi
gli antinazionali (cioè i cittadini di origine straniera e discendenza non ariana), gli ebrei.
Gli ebrei erano una minoranza (circa 500.000): commercianti, liberi professionisti, intellettuali, artisti, alcuni con posizioni altolocate nell’industria e soprattutto nella finanza.
Tutti furono posti al centro della propaganda antisemita: la discriminazione fu sancita dalle Leggi di Norimberga (settembre 1935) con cui si tolse agli ebrei la parità di diritti e fu vietato il matrimonio misto, con crescita dell’emarginazione sociale e delle persecuzioni.
Nel 1938, traendo pretesto dall’omicidio di un diplomatico tedesco a Parigi per mano di un ebreo, i nazisti nella “notte dei cristalli” devastarono le vetrine dei negozi ebrei, sinagoghe distrutte, abitazioni violate. Per gli ebrei diventò impossibile vivere in Germania.
Nel programma di Hitler la persecuzione antiebraica era basata sul principio della difesa della razza che, come già era largamente attuato negli Stati USA al pari del divieto dei matrimoni misti tra bianchi e neri e altre misure razziste (vedi scheda allegata), prevedeva anche la sterilizzazione dei portatori di malattie ereditarie o di pericolosità sociale.
Problema economico delle riparazioni di guerra:
Sull’applicazione del trattato di Versailles molto influì l’assenza degli Usa dalla SdN, per cui venne meno la mediazione di Wilson mentre risorgevano le antiche diffidenze e ostilità di Gran Bretagna e Francia. La somma delle riparazioni addossate alla Germania erano destinate a riparare i danni ai territori devastati dalla guerra e per le pensioni di guerra dei Paesi vincitori.
La somma dovuta rappresentava più del doppio del valore dei metalli preziosi estratti dopo la scoperta dell’America.
Si voleva che in Germania per almeno 2 generazioni si lavorasse di più e si consumasse di meno e non si facesse così la guerra.
Keynes si dimise dalla Commissione che doveva studiare la questione economica: lo espose nel volumetto Le conseguenze economiche della guerra.
Il fatto è che Inghilterra e Francia contavano sulle riparazioni dei tedeschi per risolvere i problemi creati dalla guerra. La Francia aveva perso i crediti esteri e si era indebitata con gli Usa; gli Usa dopo Wilson reclamavano che i prestiti fossero rigorosamente rimborsati; i francesi dovendo rimborsare gli Usa cercavano di scaricare sui tedeschi tutti i problemi finanziari; gli inglesi volevano ristabilire il prestigio della sterlina.
Situazione politica ed altre vicende
L’opposizione politica si sciolse, si autoannientò e non riuscì a dare più segnali.
Rimasero pochissimi nuclei clandestini di comunisti e socialdemocratici. Il Centro cattolico si adattò; la Chiesa di Roma nel luglio ’33 aveva stipulato un Concordato per la libertà di culto e per la non interferenza dello Stato negli affari della Chiesa.
Solo nel 1937 Papa Pio XI promulga un’enciclica contro il nazismo.
Invece la Chiesa protestante e luterana furono ossequienti al potere nazista con un giuramento di fedeltà al Führer.
Come si spiega la debolezza dell’opposizione? Con l’efficienza dell’apparato repressivo e terroristico (polizia ufficiale e quella segreta. Le SS, i campi di concentramento).
Il consenso invece si spiega con i successi nella politica estera , con la cancellazione dei debiti di guerra e con il fatto che il regime riesce a far risorgere l’orgoglio nazionale.
C’è una ripresa produttiva, con lavori pubblici, costruzione di autostrade; l’occupazione torna a crescere a pieno ritmo, si incoraggia l’iniziativa privata, grandi realizzazioni sul paino urbanistico. Nelle aziende l’imprenditore è il capo assoluto. Hitler si mostra abile nel comunicare, grande efficacia oratoria, grande scenografia per le mobilitazioni di massa in cui si dà uno straordinario peso alla “cerimonia”.
L’appello alle masse, la ricerca del consenso su basi ideologiche, le strutture organizzative, l’attivismo propagandistico, confluiscono nel concetto dei regimi quali: comunismo sovietico, fascismo italiano, nazismo tedesco. L’elemento fondamentale comune è il monopartitismo.
Divengono regimi la cui sorte non dipende solo dall’efficienza di apparati di polizia ma dalla capacità di promuovere l’ideologia al fine di raggiungere il consenso di massa. Questa capacità di affermarsi in una società di massa distingue questi regimi dagli antichi regimi dispotici, poiché le nuove dittature esprimono l’esigenza moderna del proselitismo di massa.
C’è un rapporto inestricabile tra coercizione e consenso, che è un aspetto del grande tema della nazionalizzazione delle masse, che è al centro degli studi di George Mosse; come pure la ribellione delle masse, di cui scrisse Ortega y Gasset nel 1936-38. Il tema è connesso alle esperienze simboliche e formali delle grandi mobilitazioni, ma anche delle trasformazioni economiche e sociali, ai processi di industrializzazione e di modernizzazione.
Fonte: http://www.istituto-santanna.it/Pages/LiceoScientifico/APPUNTI_STORIA_2_guerra_m.doc
Sito web da visitare: http://www.istituto-santanna.it/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.
I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve