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LA PROGETTAZIONE AZIENDALE
gli elementi di base della progettazione organizzativa
Ogni attività umana organizzata fa nascere due esigenze fondamentali:
L‟organizzazione può essere definita come il complesso delle modalità secondo le quali viene effettuata la divisione del lavoro in compiti distinti e quindi viene realizzato il coordinamento tra tali compiti.
Come dovrebbe essere progettata tale organizzazione?
Secondo Mintzberg le variabili o gli elementi dell‟organizzazione debbono essere scelti in modo da
raggiungere un‟armonia o una coerenza interna e nel contempo anche una coerenza di fondo con la
situazione dell‟azienda. Ciò porta alla conclusione che sia i parametri della progettazione organizzativa sia i fattori situazionali dovrebbero essere combinati per creare quelle che noi chiamiamo configurazioni. Se in teoria tali configurazioni sono illimitate, nella pratica, per progettare un‟organizzazione, basta considerarne solo alcune.
I CINQUE MECCANISMI DI COORDINAMENTO DEL LAVORO CHE È STATO DIVISO
standardizzazione: il coordinamento viene raggiunto ex ante a tavolino. Si può intervenire su:
Via via che l‟attività diviene più complessa, il metodo di coordinamento sembra passare dall‟adattamento reciproco agli altri metodi, per poi ritornare all‟adattamento reciproco.
Fino agli anni ‟50 due scuole hanno dominato la letteratura relativa ai meccanismi di coordinamento:
Ma con l‟interpretazione degli studi effettuati presso la Western Electric a Hawthorne, pubblicata nel ‟39, si capì l‟importanza che, accanto ai rapporti di lavoro ufficiali e standardizzati costruiti attorno a uno stretto sistema di autorità formale, aveva la presenza di un‟organizzazione informale basata sull‟adattamento reciproco.
Questo portò alla costituzione negli anni ‟50-‟60 di una terza corrente, denominata “relazioni umane” che cercava di dimostrare come fondarsi sull‟organizzazione formale poteva essere dannoso per la salute psicologica dei lavoratori.
Nell‟ultimo decennio si è capito che formale e informale sono interconnessi e spesso indistinguibili.
LE CINQUE PARTI DELL’ORGANIZZAZIONE
Le organizzazioni sono strutturate per controllare e dirigere sistemi di flussi e per precisare le interrelazioni fra le diverse parti. Tali flussi e interrelazioni sono difficilmente di tipo lineare.
Questi svolgono quattro funzioni principali:
Rappresenta il cuore di ogni organizzazione e al suo interno vige la standardizzazione massima.
Svolge 3 funzioni:
Fra i manager del vertice strategico l‟adattamento reciproco è il meccanismo privilegiato di coordinamento.
I compiti di un manager della linea intermedia sono:
Comprende analisti che adattano e modificano l‟organizzazione per far fronte ai cambiamenti ambientali e analisti che controllano e regolarizzano l‟attività dell‟organizzazione.
Gli analisti con funzioni di controllo realizzano tre tipi di standardizzazione:
In un‟organizzazione molto articolata la tecnostruttura opera a tutti i livelli. All‟interno della tecnostruttura vige l‟adattamento reciproco.
IL FUNZIONAMENTO DELL’ORGANIZZAZIONE
anche se non rappresenta le relazioni informali, l‟organigramma costituisce una rappresentazione accurata della divisione del lavoro, mostrando in modo immediato quali posizioni esistono nell‟organizzazione, le modalità di raggruppamento di queste posizioni in unità, come l‟autorità formale fluisce fra esse.
Schema delle parti da cui è costituita un‟azienda.
– la progettazione delle posizioni individuali -
Progettare implica discrezionalità, cioè capacità di modificare un sistema. Nel caso dell‟organizzazione, progettare implica manovrare quelle leve che influenzano la divisione del lavoro e i meccanismi di coordinamento, modificando quindi le modalità di funzionamento dell‟organizzazione.
Esistono nove parametri di progettazione che possono essere suddivisi in quattro ampi raggruppamenti:
Riguardo il primo punto entrano in gioco tre parametri di progettazione:
LA SPECIALIZZAZIONE DELLE MANSIONI
Le mansioni possono essere specializzate lungo due dimensioni:
La prima dimensione è detta specializzazione orizzontale delle mansioni e il suo contrario
La seconda dimensione è chiamata specializzazione verticale delle mansioni e il suo contrario
La specializzazione orizzontale delle mansioni
La specializzazione delle mansioni di tipo orizzontale, che rappresenta la forma prevalente del lavoro, costituisce una componente di ogni attività organizzata. Le organizzazioni infatti dividono il lavoro o, in altri termini, specializzano le mansioni per aumentare la produttività. Secondo Smith, la divisione del lavoro provoca tale aumento della produttività per tre motivi:
Tali fattori convergono nella ripetitività che è il fattore chiave che lega specializzazione a produttività.
La specializzazione verticale delle mansioni separa l‟esecuzione dalla direzione del lavoro. Le organizzazioni specializzano le mansioni nella dimensione verticale nella convinzione che per determinare le modalità di svolgimento del lavoro sia richiesta una diversa prospettiva.
La specializzazione delle mansioni provoca direttamente alcuni problemi in particolare di comunicazione e di coordinamento. Inoltre un‟eccessiva specializzazione può portare a effetti negativi sui sentimenti e sulla motivazione del lavoratore verso il proprio lavoro (alienazione).
Nell‟allargamento orizzontale delle mansioni, il lavoratore svolge un‟ampia varietà di compiti connessi con l‟ottenimento di prodotti e servizi, il suo lavoro diviene più variato.
Quando una mansione viene allargata verticalmente, o “arricchita”, il lavoratore non solo svolge più compiti, ma esercita anche un maggiore controllo su di essi.
Le mansioni possono essere troppo ampie o troppo limitate. Di conseguenza il successo di qualunque intervento di riprogettazione delle mansioni dipende chiaramente dalle mansioni che sono in gioco e dal loro grado di specializzazione.
L‟allargamento delle mansioni è conveniente nella misura in cui i benefici derivanti dal disporre di lavoratori più motivati su una particolare mansione superano le perdite che derivano da una specializzazione sub ottimale dal punto di vista tecnico.
Ci sono delle relazioni tra la specializzazione delle mansioni e la collocazione di tali mansioni nell‟organizzazione.
Per quanto riguarda il nucleo operativo dobbiamo attenderci di trovare le mansioni più specializzate, particolarmente nella dimensione orizzontale. Per quanto attiene alla dimensione verticale, invece, ci si deve attendere una maggiore variabilità.
Le mansioni complesse, specializzate orizzontalmente ma non verticalmente, sono generalmente indicate come professionali.
Ogni unità dello staff di supporto ha una funzione specializzata da svolgere. Di conseguenza le mansioni di questa parte dell‟organizzazione sono molto specializzate orizzontalmente. Il loro grado di specializzazione verticale dipende dal grado di complessità o professionalità.
Quanto agli analisti della tecnostruttura, essi sono professionisti in quanto il loro lavoro richiede competenze considerevoli. Di conseguenza le loro mansioni sono solitamente specializzate orizzontalmente ma non verticalmente. Tuttavia coloro i quali applicano come routine i sistemi di standardizzazione tendono a essere meno qualificati e quindi a occupare mansioni specializzate in entrambe le dimensioni.
I manager a tutti i livelli svolgono un insieme di ruoli interpersonali, informativi e decisionali. Se quindi il loro lavoro è specializzato orizzontalmente in questo senso, in un senso più profondo nessuna vera mansione manageriale è specializzata lungo la dimensione orizzontale. Le mansioni manageriali sono le meno specializzate nell‟organizzazione. Per quanto riguarda la specializzazione verticale, essa differisce a seconda del livello gerarchico. Più ci si avvicina al vertice e maggiore sarà la discrezionalità.
LA FORMALIZZAZIONE DEL COMPORTAMENTO
La formalizzazione del comportamento rappresenta il modo attraverso il quale l‟organizzazione elimina la discrezionalità dei suoi membri, essenzialmente standardizzando i processi di lavoro.
Il comportamento può essere standardizzato in tre modi fondamentali:
A prescindere dal mezzo di formalizzazione impiegato l‟effetto sulla persona che svolge il lavoro è lo stesso: il suo comportamento viene regolamentato. Il potere su come svolgere il lavoro passa da chi lo esegue alla persona che definisce le specificazioni, spesso un analista della tecnostruttura. Di conseguenza la formalizzazione determina una specializzazione verticale delle mansioni. È evidente che la formalizzazione si collega alla specializzazione orizzontale: le mansioni non qualificate o più limitate sono quelle più semplici e più ripetitive, di conseguenza quelle più associabili con gradi elevati di formalizzazione.
Il comportamento viene formalizzato per ridurne la variabilità, cioè per prevederlo e controllarlo. I motivi di questa scelta sono:
Le organizzazioni che per raggiungere il coordinamento si fondano sulla formalizzazione del comportamento vengono generalmente denominate burocrazie.
Tale termine è stato oggetto delle trattazioni di Weber, il quale lo descriveva combinando alcuni concetti come: divisione del lavoro, specializzazione, formalizzazione del comportamento, gerarchia di autorità, catena di comando, comunicazioni regolate, standardizzazione dei processi di lavoro e delle capacità.
Possiamo definire un‟organizzazione come burocratica quando al suo interno il comportamento è predeterminato o prevedibile, ovvero standardizzato. Definiamo invece come organiche quelle organizzazioni caratterizzate dall‟assenza di standardizzazione.
Più è stabile e ripetitiva, più l‟attività è programmata e più burocratica è quella parte di organizzazione che la svolge. Di conseguenza esistono considerevoli differenze nella formalizzazione del comportamento e nella burocratizzazione fra le diverse parti di un‟unica organizzazione.
La formalizzazione è maggiormente diffusa nel nucleo operativo.
I manager della linea intermedia più vicini al nucleo operativo tendono a essere quelli più influenzati dalle condizioni presenti in quella parte dell‟organizzazione, mentre i manager più lontani tendono a operare nelle condizioni più organiche.
Al vertice strategico l‟attività è la meno programmabile e di conseguenza si trovano solitamente condizioni molto organiche.
Nello staff di supporto ci si può attendere di trovare un‟ampia gamma di soluzioni in relazione all‟attività svolta e alle condizioni di confine affrontate.
Nella tecnostruttura le unità più vicine al nucleo operativo tendono ad avere molte regole e procedure di lavoro piuttosto formalizzate. Altre adottano invece organizzazioni relativamente organiche.
LA FORMAZIONE E L’INDOTTRINAMENTO
La formazione individua il processo attraverso il quale le capacità e le conoscenze connesse alla mansione vengono insegnate, mentre l‟indottrinamento individua il processo attraverso il quale vengono acquisite le norme organizzative. Entrambi i processi portano all‟interiorizzazione dei modelli di comportamento accettati e cioè standardizzati.
Per alcune mansioni le esigenze di conoscenze e capacità non trovano riscontro in una conoscenza formalizzata e di conseguenza debbono essere apprese durante lo svolgimento del lavoro. Un siffatto lavoro viene definito mestiere. Per contro quando un corpo di conoscenze è stato formalizzato e le capacità richieste sono state specificate la persona può essere formata e addestrata prima di iniziare il lavoro. Questo tipo di attività viene denominato professionale.
La formazione è un parametro chiave di progettazione in tutte le attività che definiamo professionali per quanto riguarda il meccanismo di coordinamento che abbiamo definito nel primo capitolo come standardizzazione delle capacità.
La socializzazione descrive il processo attraverso il quale un nuovo membro apprende il sistema di valori, le norme e i modelli di comportamento richiesti dalla società, organizzazione o gruppo nel quale è entrato.
Col termine indottrinamento indichiamo il parametro di progettazione attraverso il quale l‟organizzazione socializza formalmente i suoi membri a proprio vantaggio.
Larga parte della socializzazione è legata alla cultura dell‟organizzazione specifica e di conseguenza l‟indottrinamento dipende in larga misura dall‟organizzazione stessa.
Buona parte di questa attività interna di indottrinamento avviene prima che la persona inizi a lavorare per assicurarsi che sia sufficientemente socializzata da comportarsi nel modo desiderato. I programmi di formazione contengono generalmente una buona dose di indottrinamento.
L‟indottrinamento ex ante è solitamente integrato da programmi successivi destinati a rinforzare la lealtà dei dipendenti verso l‟organizzazione. Tali programmi sono particolarmente importanti per lavoratori che si trovano a lavorare lontani dall‟organizzazione.
La formazione è particolarmente importante dove le mansioni sono complesse e richiedono capacità elevate ma specificate, si tratta delle mansioni professionali. L‟indottrinamento è invece importante quando le mansioni sono variabili o lontane e quando la cultura e l‟ideologia dell‟organizzazione richiedono una forte lealtà verso di essa.
Nelle aziende note come professionali gran parte delle attività del nucleo operativo richiedono capacità complesse e sofisticate, e quindi tali organizzazioni ricorrono molto alla formazione come parametro di progettazione. Queste aziende utilizzano in modo molto ampio all‟interno del nucleo operativo anche l‟indottrinamento poiché gli operatori svolgono mansioni variabili o operano in località lontane.
La formazione e l‟indottrinamento sono utilizzate anche in modo ampio in parecchie unità di staff.
Larga parte delle attività tecnocratiche implicano capacità e conoscenze complesse che possono essere formalmente apprese. Quanto agli analisti, hanno delicate responsabilità di controllo e l‟indottrinamento assume notevole importanza.
Analogamente molte mansioni riscontrabili nello staff di supporto sono di natura professionale e richiedono un‟ampia formazione.
Per quanto attiene ai manager (linea intermedia e vertice strategico) la formazione non assume molto rilievo, mentre un ruolo più importante è assunto dall‟indottrinamento, poiché i custodi dell‟ideologia organizzativa sono proprio i manager.
– la progettazione della macrostruttura -
È attraverso il processo di raggruppamento in unità che viene introdotto il sistema della gerarchia. L‟organigramma è la rappresentazione grafica di questa gerarchia.
Il raggruppamento può essere visto come un processo di aggregazioni successive: le posizioni individuali vengono raggruppate in aggregazioni di primo grado; queste aggregazioni vengono a loro volta raggruppate in aggregazioni di grado superiore e così di seguito fino a quando tutta l‟organizzazione è contenuta nell‟aggregazione di ultimo grado.
Date le esigenze dell‟azienda nel suo complesso (obiettivi, missioni, sistema tecnico per raggiungerli) il progettista individua tutti i compiti che devono essere svolti: si tratta di una procedura “discendente” (top-down), dalle esigenze generali alle attività/compiti elementari. Il progettista combina successivamente questi compiti in posizioni, in relazione al grado di specializzazione desiderato, e determina sia la misura nella quale ogni posizione dovrebbe essere formalizzata, sia il tipo di formalizzazione e indottrinamento richiesti.
La fase successiva consiste nella costruzione della macrostruttura determinando in primo luogo quali tipi e quante posizioni dovrebbero essere raggruppati nelle unità di primo grado e, successivamente, quali tipi e quante unità dovrebbero essere raggruppati nelle unità di grado superiore fino a che la costruzione della gerarchia è completata. Questa fase corrisponde naturalmente a una procedura di tipo ascendente (bottom-up), dai compiti specifici alla gerarchia complessiva.
Infine si procede al completamento della macrostruttura e all‟allocazione del potere decisionale. Questa descritta è la procedura di progettazione in teoria, in pratica chi la esegue utilizza molte scorciatoie.
Quando cambiano gli obiettivi e le missioni, la riprogettazione strutturale segue uno svolgimento top-down; quando invece a cambiare è il sistema tecnico del nucleo operativo, la riprogettazione segue uno svolgimento bottom-up.
Il raggruppamento delle posizioni e delle unità rappresenta un modo fondamentale per coordinare il lavoro dell‟organizzazione. Esso infatti:
Tuttavia in seguito al raggruppamento possono sorgere anche delle problematiche nel coordinamento tra le unità. Infatti:
Le basi più comunemente usate sono sei:
Tali basi sono tuttavia riconducibili a due:
Il raggruppamento in base al tempo rientra in entrambe le categorie.
Per scegliere le basi di raggruppamento delle posizioni e delle unità organizzative vengono utilizzati quattro criteri:
La progettazione di ogni macrostruttura deriva alla fine da un compromesso fra i fattori “oggettivi” rappresentati dall‟interdipendenza nel flusso di lavoro, dall‟interdipendenza di processo e dalle interdipendenze di scala, da un lato, e i fattori “soggettivi” rappresentati dalle personalità e dai bisogni sociali dall‟altro.
Il raggruppamento per funzione è basato sui mezzi (conoscenze, capacità, processi di lavoro o funzioni di lavoro) utilizzati per ottenere prodotti e servizi e ha
come pregi:
Come difetti:
Tale raggruppamento si applica in ambienti competitivi e tecnologici stabili, caratterizzati da bassa incertezza e che non richiedono interazioni continue tra le funzioni per adattarsi ai cambiamenti, oppure in imprese medio-piccole con bassa diversificazione dei prodotti.
Il raggruppamento per mercato è basato sui fini, sul mercato servito (prodotti e servizi che offre, clienti a cui li fornisce, località dove li fornisce) e ha
Come pregi:
Come difetti:
Tale raggruppamento si applica per le grandi imprese multi prodotto in mercati turbolenti.
È utile distinguere il raggruppamento di primo ordine, cioè delle posizioni individuali in unità, dai raggruppamenti di ordine più elevato, cioè il raggruppamento delle unità in unità di ordine superiore.
Il primo riguarda il raggruppamento di operatori, analisti e membri dello staff di supporto che vengono raggruppati in unità omogenee, mentre il secondo riguarda il raggruppamento di manager al fine di creare la gerarchia formale.
Nel nucleo operativo le posizioni possono essere raggruppate su base funzionale o di mercato in relazione principalmente all‟importanza relativa delle interdipendenze di processo e di scala, da un lato, e di quelle legate al flusso di lavoro, dall‟altro. Spesso nei nuclei operativi formati da professionisti le due basi di raggruppamento coesistono, comunque in generale quella più diffusa è quella funzionale.
A partire da questo livello, il raggruppamento riunisce i manager di line dando vita alla struttura direzionale della linea intermedia. L‟utilizzo del mercato come base di raggruppamento è più
frequente ai livelli più elevati della linea intermedia piuttosto che a quelli più bassi, in particolare nelle aziende di grandi dimensioni.
Al vertice strategico vi è un solo raggruppamento che comprende tutta l‟organizzazione: tutte le sue funzioni e i suoi mercati.
Il personale di staff, della tecnostruttura e dello staff di supporto, tende a essere raggruppato in unità omogenee in relazione alla funzione svolta nell‟organizzazione.
Il secondo problema fondamentale nella progettazione della macrostruttura riguarda la determinazione di quale dovrebbe essere la dimensione di ogni unità o gruppo di lavoro.
Il problema della dimensione può essere riformulato anche nel modo seguente: quante persone dovrebbero dipendere da ciascun manager (ampiezza del controllo dei manager), e quale forma dovrebbe avere la macrostruttura: stretta (verticalizzata) con poche unità e ampiezze del controllo limitate o larga (piatta) con unità di grandi dimensioni ed elevate ampiezze del controllo?
Il problema non è di semplice soluzione, e la focalizzazione sul controllo è sbagliata.
Il controllo, e cioè la supervisione diretta, rappresenta infatti solo uno dei molti fattori che intervengono sulla decisione sul numero delle posizioni che debbono essere riunite per formare un‟unità organizzativa o sul numero di unità che debbono essere raggruppate per formare unità di ordine superiore, in entrambi i casi alle dipendenze di un unico manager. Di conseguenza in luogo di “ampiezza del controllo” è meglio parlare di dimensione delle unità organizzative.
I meccanismi di coordinamento influenzano fortemente la dimensione delle unità organizzative.
Nel nucleo operativo ci si può attendere di trovare le unità di dimensione più elevata poiché qui si fa molto ricorso alla standardizzazione.
La gerarchia manageriale si presenta con una struttura a cono, anche se non regolare, coi lati sempre più ripidi, perché le decisioni, man mano che si risale la gerarchia, divengono più complesse e quindi si ricorre sempre più all‟adattamento reciproco.
Nelle organizzazioni con una forte proliferazione di unità tecnocratiche e di unità dello staff di supporto, le unità organizzative della linea intermedia sono di dimensioni piuttosto limitate.
– I collegamenti laterali –
Oltre alla definizione delle posizioni individuali di lavoro e la costruzione della macrostruttura, la progettazione organizzativa va completata con collegamenti di tipo laterale contrapposti a quelli di tipo verticale.
Esistono due gruppi principali di collegamenti laterali:
SISTEMI DI PIANIFICAZIONE E CONTROLLO
I piani specificano (standardizzano) gli output in termini di quantità, qualità, costo, tempi e caratteristiche particolari. I budget sono piani che specificano il costo degli output rispetto a un determinato periodo di tempo; i programmi sono piani che fissano la struttura temporale degli output; gli obiettivi sono piani che precisano le quantità di output rispetto a determinati periodi di tempo; i piani operativi sono piani che fissano una varietà di standard, generalmente le quantità e il costo degli output.
Tipicamente i sistemi di pianificazione come quelli di reporting sono progettati nella tecnostruttura.
Si possono distinguere poi due tipi diversi di sistemi di pianificazione e controllo:
Si propone di regolare i risultati complessivi di una determinata unità organizzativa.
I sistemi di controllo della performance si sovrappongono alle basi di raggruppamento della struttura: il sistema di pianificazione infatti fissa per ogni unità gli standard di output e il sistema di controllo valuta se tali standard sono stati raggiunti o meno. In secondo luogo il controllo della performance riguarda i risultati complessivi relativi a un determinato periodo di tempo e non decisioni o azioni specifiche in momenti specifici nel tempo. Di conseguenza il controllo della performance influenza l‟assunzione delle decisioni e lo svolgimento delle azioni solo indirettamente, fissando obiettivi generali che il decision maker deve tenere presenti quando assume decisioni specifiche.
Es. un piano di performance può prevedere che nel mese di giugno la produzione dovrà essere incrementata del 20%, ma non può prevedere che nel mese di settembre il prodotto x dovrà essere modificato nel colore.
Il ricorso ai sistemi di controllo della performance è particolarmente intenso dove le interdipendenze fra le unità organizzative sono principalmente di carattere generico e cioè dove le unità sono raggruppate sulla base del mercato. Ciò perché nelle strutture fondate sul mercato ogni unità ha propri output distinti, di conseguenza attraverso il controllo della performance viene regolato il comportamento generale mentre le unità possono operare in modo autonomo la pianificazione delle azioni.
In assenza di un sistema di controllo della performance un manager può non essere in grado di rilevare i problemi che si presentano finché non è troppo tardi.
Il sistema di controllo della performance si collega a due finalità: la valutazione e la motivazione. Da un lato può infatti essere utilizzato semplicemente per segnalare quando la performance di una unità si è deteriorata affinché i livelli superiori possano intervenire e intraprendere misure correttive, dall‟altro lato può essere utilizzato per promuovere performance più elevate.
La dimensione motivazionale comporta però alcuni problemi legati per esempio al fatto che il responsabile dell‟unità organizzativa ha un forte interesse a mantenere bassi questi obiettivi o a distorcere le informazioni relative al raggiungimento di questi obiettivi facendo credere che gli standard siano stati raggiunti anche se ciò non è vero.
Nelle strutture funzionali esiste un‟interdipendenza tra le unità, relativa al flusso di lavoro, che implica che ad ogni singola unità non sono facilmente sovrapponibili obiettivi distinti. I sistemi di controllo della performance non possono far fronte all‟interdipendenza che intercorre tra le unità funzionali e quindi vanno trovati altri mezzi. È in questo caso che le aziende fanno ricorso alla pianificazione dell‟azione.
Innanzitutto, a differenza del controllo della performance, la pianificazione dell‟azione non rispetta necessariamente l‟autonomia delle unità organizzative né si sovrappone al sistema di raggruppamento. Alcune delle azioni proposte possono essere assunte all‟interno di singole unità, ma altre possono attraversare i confini delle unità.
In secondo luogo, imponendo specifiche decisioni, la pianificazione dell‟azione non si configura con una vera e propria forma di standardizzazione degli output, ma si pone tra questa e la standardizzazione dei processi di lavoro.
La pianificazione dell‟azione rappresenta il mezzo attraverso il quale nelle aziende tipicamente strutturate su base funzionale le decisioni e le azioni non di routine (i cambiamenti) di tutta
l‟azienda vengono progettate come un sistema integrato. Ciò viene realizzato ex ante, stabilendo chi farà cosa, quando e dove.
Il controllo della performance e la pianificazione dell‟azione sono due sistemi gerarchici distinti con alcuni collegamenti trasversali tra essi.
Il controllo della performance è rappresentato come un sistema nel quale gli obiettivi generali al vertice danno luogo a sottobiettivi, budget e altri standard di output che a loro volta vengono articolati in sottobiettivi, budget e standard più dettagliati finché si manifestano alla base della struttura sotto forma di piani operativi. Il risultato finale è rappresentato dalle azioni organizzative ma la connessione fra i piani e le azioni è solo indiretta. Il sistema di funzionamento del controllo della performance è una miscela tra flussi top-down e flussi bottom-up.
Il sistema di pianificazione dell’azione inizia con la pianificazione strategica nella quale l‟azienda valuta in modo sistematico i suoi punti di forza di debolezza rispetto alle tendenze dell‟ambiente e, successivamente, formula un insieme esplicito e integrato di strategie che intende seguire in futuro.
Queste strategie vengono successivamente sviluppate in programmi e cioè in progetti specifici che a loro volta vengono dettagliati e tempificati e, alla fine, emerge un insieme di specificazioni operative particolari che evocano direttamente azioni specifiche. Tale sistema funziona secondo una logica top-down.
A tutti i livelli della gerarchia si riscontrano varie forme sia di pianificazione dell‟azione che di controllo della performance.
È importante sottolineare che in generale più le responsabilità di una unità organizzativa sono globali, maggiore è la propensione a controllarne la performance complessiva piuttosto che le azioni specifiche.
Spesso la supervisione diretta e le tre forme di standardizzazione possono lasciare importanti interdipendenze non regolate, il che rende necessario il ricorso all‟adattamento reciproco.
Recentemente le aziende hanno così sviluppato diversi meccanismi per favorire i rapporti fra le persone, meccanismi che possono essere incorporati nell‟organizzazione formale.
Riducendo a quattro tipi fondamentali il continuum dei meccanismi di collegamento configurato da Galbraith avremo:
Il potere formale del manager integratore investe sempre alcuni aspetti dei processi decisionali che attraversano i dipartimenti coinvolti, ma per definizione non comprende mai un‟autorità formale sulle persone appartenenti a tali dipartimenti. Il successo di questa figura si basa su grandi doti di persuasione e di negoziazione e sulla capacità di creare un clima di fiducia da parte di tutti i gruppi senza lasciarsi assorbire in nessuno di questi.
Nella struttura a matrice più manager di line sono egualmente e congiuntamente responsabili delle stesse decisioni e sono quindi obbligati ad appianare direttamente tra di loro le differenze che sorgono. Si crea così un equilibrio di potere che costituisce il tratto distintivo di questa struttura rispetto agli altri meccanismi e alle modalità di trattamento delle interdipendenze residue.
Si possono distinguere due tipi di strutture a matrice:
una struttura permanente, quando le interdipendenze sono più o meno stabili e di conseguenza la stessa caratteristica si estende alle unità e alle persone che vi operano;
una struttura temporanea, adatta al lavoro di progetto, quando le interdipendenze, le unità fondate sul mercato e le persone che vi operano si modificano frequentemente.
La struttura a matrice presenta però alcuni problemi:
I meccanismi di collegamento possono essere impiegati con qualunque base di raggruppamento, poiché essi cercano di superare le limitazioni derivanti dal ricorso ad una sola base di raggruppamento. Questi meccanismi vengono sovrapposti più frequentemente sui raggruppamenti funzionali per introdurre un orientamento verso i mercati.
Quanto alla dimensione delle unità organizzative, i meccanismi di collegamento sono mezzi per incoraggiare l‟adattamento reciproco attraverso comunicazione informali e, tal comunicazioni richiedono gruppi di lavoro faccia a faccia di piccola dimensione. Di conseguenza possiamo dire che tanto maggiore è l‟utilizzo dei meccanismi di collegamento tanto minore sarà la dimensione media delle unità organizzative.
Se invece della dimensione delle unità si considera il numero di manager si può rilevare che alcuni meccanismi di collegamento e in particolare la struttura a matrice danno luogo a una proliferazione di manager.
Quanto alla progettazione delle posizioni individuali, ci si deve attendere che i meccanismi di collegamento vengano utilizzati quando non è possibile standardizzare i comportamenti ed è necessario ricorrere all‟adattamento reciproco per coordinare il lavoro. Questo significa che nelle organizzazioni burocratiche c‟è una minore necessità di comunicazioni informali il che significa che i meccanismi di collegamento caratterizzano principalmente le organizzazioni di tipo organico.
I meccanismi di coordinamento vengono generalmente utilizzati quando l‟attività è, a un tempo:
Quanto alla relazione fra meccanismi di collegamento e sistemi di pianificazione e controllo, queste due forme di rapporti laterali, almeno in una certa misura, si escludono reciprocamente. Quando non è possibile far fronte alle interdipendenze attraverso la progettazione delle posizioni individuali e della macrostruttura, l‟azienda deve ricorrere alla standardizzazione degli output o ai meccanismi per l‟adattamento reciproco.
I meccanismi di collegamento sembrano adattarsi meglio all‟attività svolta ai livelli intermedi della struttura, coinvolgendo molti manager di line come pure specialisti di staff.
Nel nucleo operativo il lavoro è coordinato principalmente attraverso la standardizzazione, mentre la supervisione diretta rappresenta il meccanismo integrativo di coordinamento. Tuttavia quando il nucleo operativo è formato da professionisti e le interdipendenze esistenti li obbligano a lavorare in gruppi l‟adattamento reciproco diviene il meccanismo principale di coordinamento e le task forces e le strutture a matrice temporanee divengono i parametri chiave di progettazione.
Anche al vertice strategico vengono utilizzati in una qualche misura i meccanismi di collegamento: comitati formati da manager del vertice strategico; task forces composte da manager della linea intermedia, manager del vertice strategico e personale di staff appartenente ai livelli più elevati; posizioni di collegamento per facilitare i rapporti fra il vertice strategico e le altre parti dell‟organizzazione.
– il decentramento verticale e orizzontale -
Quando tutto il potere di assumere decisioni risiede in un unico punto dell‟organizzazione parliamo di struttura accentrata; nella misura in cui tale potere è diffuso fra molte persone, parliamo di struttura decentrata.
Le relazioni fra i parametri di progettazione sono reciproche e non sequenziali. I parametri di progettazione costituiscono un sistema integrato nel quale ciascuno è collegato a tutti gli altri: se un parametro cambi, anche tutti gli altri devono essere modificati.
L‟accentramento è il modo più vincolante per coordinare l‟assunzione delle decisioni: tutte le decisioni vengono prese da una sola persona e successivamente implementate attraverso la supervisione diretta.
D‟altra parte un‟azienda adotta una struttura decentrata semplicemente perché tutte le decisioni non possono essere assunte da un solo centro. Talvolta le informazioni necessarie non possono semplicemente essere trasmesse a quel centro forse perché sono troppo qualitative e quindi difficili da comunicare.
Talvolta invece le informazioni possono essere trasmesse ma l‟unico centro decisionale non le può comprendere.
L‟errore più comune che viene forse commesso nella progettazione organizzativa consiste nell‟accentramento delle decisioni nonostante i limiti appena descritti.
Le persone ai livelli inferiori della gerarchia che possiedono le conoscenze necessarie debbono rinviare la decisione ai livelli più elevati che non sono a contatto con la realtà della situazione.
Infatti, il decentramento viene adottato perché permette invece all‟azienda di rispondere prontamente alle condizioni locali.
Il decentramento viene infine adottato per la sua capacità di motivare. Le persone creative e intelligenti richiedono molta libertà di azione e l‟azienda può attrarle e conservarle, utilizzandone anche l‟iniziativa, solo se attribuisce loro un considerevole potere decisionale.
Occorre guardare sempre con sospetto all‟impiego senza qualificazioni dei termini accentramento e decentramento.
Accentramento e decentramento non possono essere considerati come fenomeni assoluti, ma piuttosto come due poli di un continuum. Inoltre molta della confusione sembra derivare dall‟impiego di uno stesso termine per indicare concetti diversi.
diffusione del potere formale in senso discendente lungo la gerarchia dell‟autorità di line
viene denominata decentramento verticale.
L‟ultima accezione non ha alcun rapporto col potere sulle decisioni e non verrà quindi considerato in questa sede.
Comunque, non necessariamente il potere su tutte le decisioni viene assegnato, nel processo di diffusione, a uno stesso punto della struttura. Questa circostanza dà luogo ad altri due tipi di decentramento:
nel decentramento selettivo, il potere relativo a tipi diversi di decisioni si colloca in punti
diversi dell‟organizzazione (es: decisioni finanziarie al vertice strategico, decisioni di marketing nelle unità di supporto, etc..);
il decentramento parallelo si riferisce all‟assegnazione, nel processo di diffusione, a uno stesso punto dell‟organizzazione del potere relativo a molti tipi di decisioni (es: decisioni finanziarie, di marketing, etc assunte dai responsabili divisionali della linea intermedia).
È necessario uno schema per comprendere che cosa significhi in effetti esercitare un controllo sul processo decisionale.
Ciò che conta non è il controllo sulle decisioni di per sé, ma in definitiva il controllo su quello che un‟azienda effettivamente svolge (le azioni), e il controllo delle azioni non avviene soltanto attraverso atti di scelta. Il potere su una qualunque fase del processo decisionale rappresenta un certo potere sul processo nel suo complesso.
Paterson descrive il processo decisionale attraverso un complesso di fasi:
Il potere di un individuo dipende quindi dal suo controllo su queste varie fasi. Il suo potere è massimo, e il processo decisionale massimamente accentrato, quando egli controlla tutte le fasi. Quanto in queste fasi intervengono altre persone, l‟individuo in questione perde potere e il processo viene decentrato.
Un processo decisionale è massimamente decentrato quando il decision maker controlla soltanto la fase della scelta, il minimo che egli possa fare per poter ancora essere denominato decision maker: egli perde potere a favore di coloro che raccolgono le informazioni e che lo consigliano, che si collocano ai lati della gerarchia; a favore di chi autorizza la scelta, che occupa i livelli superiori della gerarchia; e a favore di chi esegue la scelta, che occupa i livelli inferiori della gerarchia.
Il decentramento verticale riguarda la delega del potere decisionale lungo la gerarchia di autorità, dal vertice strategico alla linea intermedia. In questo caso l‟accento è sul potere formale (operare le scelte ed autorizzarle) in contrapposizione al potere informale che si collega con le fasi di consiglio e di esecuzione.
Il decentramento verticale solleva tre problemi di progettazione organizzativa:
Al diagramma di base si sovrappongono quattro costellazioni di lavoro: una di finanza al vertice e, in senso discendente, una di produzione, una di marketing e infine una di ricerca e sviluppo.
Pertanto il decentramento verticale selettivo è associato con costellazioni di lavoro la cui base di raggruppamento è di tipo funzionale. Il questo caso il decentramento è orizzontale oltre che verticale in quanto tre delle quattro costellazioni comprendono gruppi di staff di diversi livelli gerarchici.
Il decentramento selettivo determina però importanti interdipendenze, il che solleva il problema del coordinamento e del controllo. In una qualche misura può essere utilizzata la supervisione diretta, anche se un eccessivo ricorso a questa forma di coordinamento equivale a riaccentrare i processi decisionali, annullando i vantaggi del decentramento selettivo.
Ciò accade anche se si ricorre alla standardizzazione dei processi di lavoro o degli output poiché tale standardizzazione trasferisce il potere sui processi decisionali dalle costellazioni alla tecnostruttura, dando luogo a un accentramento orizzontale invece che a un decentramento verticale. Di conseguenza l‟organizzazione selettivamente decentrata nella dimensione verticale ricorre per coordinare le decisioni al reciproco adattamento.
La situazione cambia molto nel caso del decentramento parallelo nella dimensione verticale. Questo decentramento elimina le interdipendenze fra le decisioni in quanto il potere per le diverse decisioni funzionali è raggruppato ad un unico livello della gerarchia, in unità raggruppate sulla base del mercato. Questa struttura è detta “divisionale”: ogni unità (o divisione) è indipendente dalle altre e ha il potere necessario per assumere le decisioni che riguardano i suoi prodotti, servizi o aree geografiche. In altri termini il decentramento parallelo verticale è il solo modo per attribuire alle unità fondate sul mercato il potere necessario per operare in un modo quasi autonomo. Naturalmente tale decentramento verticale è sempre necessariamente in una qualche misura selettivo, cioè un qualche potere decisionale viene sempre mantenuto dal vertice.
Al vertice strategico spetta il compito di controllare il comportamento delle unità fondate sul mercato senza limitarne troppo l‟autonomia. Per tale controllo si possono usare tre meccanismi di coordinamento: la supervisione diretta, la standardizzazione delle capacità e quella degli output.
Comunque il decentramento parallelo verticale (a unità fondate sul mercato) è regolato principalmente attraverso il sistema di controllo della performance. Alle unità vengono assegnati standard di performance e finché li soddisfano viene conservata la loro autonomia.
I termini “divisionalizzazione” e “decentramento” sono stati spesso usati come sinonimi sin dagli anni Venti. La divisionalizzazione comporta però decentramento? No! La divisionalizzazione comporta infatti l‟attribuzione di un considerevole potere decisionale a poche persone, i responsabili delle unità fondate sul mercato solitamente al vertice della linea intermedia, ma niente di più. Cioè, la divisionalizzazione rappresenta una forma molto limitata di decentramento verticale.
Il decentramento orizzontale descrive lo spostamento di potere dai manager di line ai manager di staff, agli analisti, agli specialisti dello staff di supporto e agli operatori.
Quando parliamo di decentramento orizzontale, innanzitutto esaminando il trasferimento di potere all‟esterno della struttura di line, entriamo nel campo del potere informale, in particolare del controllo sulla raccolta delle informazioni, sulla fornitura di consigli ai manager di line e sull‟esecuzione delle loro scelte, in contrapposizione al potere legato all‟effettuazione e all‟autorizzazione di tali scelte. In secondo luogo, esaminando il decentramento orizzontale, abbandoniamo l‟ipotesi che il potere formale sia detenuto necessariamente dalla struttura di line, in prima istanza dal vertice strategico; il potere formale infatti può risiedere altrove.
Il decentramento orizzontale è configurabile come un continuum nel quale si possono individuare
quattro stadi e precisamente:
Approfondiamo questi stadi:
Chi cede potere agli analisti? Coloro il cui lavoro viene standardizzato.
Si può arrivare a due conclusioni. Innanzitutto, il passaggio di potere agli analisti rappresenta una forma soltanto limitata di decentramento orizzontale. Infatti solo alcuni non manager, e cioè chi progetta i sistemi tecnocratici, ottengono un qualche potere informale a spese dei molti operatori e degli altri soggetti i cui comportamenti e output vengono standardizzati.
In secondo luogo, questo tipo di decentramento orizzontale limitato comporta in effetti un accentramento nella dimensione verticale, riducendo il potere dei manager di line di livello inferiore rispetto a quelli di livello superiore. In altri termini le organizzazioni che si fondano a fini di coordinamento sulla standardizzazione tecnocratica sono intrinsecamente piuttosto accentrate, in particolare nella dimensione verticale ma in una certa misura anche orizzontalmente.
Gli esperti non consigliano semplicemente ma partecipano attivamente all‟assunzione delle decisioni.
La dipendenza dell‟organizzazione dagli esperti e la loro collocazione nell‟ambito della struttura determinano la quantità di potere di cui gli esperti vengono a disporre;
La democrazia organizzativa può funzionare nelle associazioni volontarie, ma i tentativi di realizzarla in aziende più convenzionali sembrano provocare soltanto un maggiore accentramento.
Sembrano dunque emergere cinque tipi distinti di decentramento verticale e orizzontale che possono essere collocati su un unico continuum definito a un estremo dall‟accentramento in entrambe le dimensioni e all‟altro estremo dal decentramento in entrambe le dimensioni.
Accentramento verticale e orizzontale. Questo tipo è definito dall‟accentramento del potere decisionale nelle mani di una sola persona, il manager al vertice della linea gerarchica e cioè il direttore generale.
Il direttore generale conserva il potere sia formale che informale, assumendo da solo tutte le
decisioni importanti e coordinandone l‟esecuzione attraverso la supervisione diretta;
Decentramento orizzontale limitato (selettivo). Questo tipo di decentramento caratterizza le organizzazioni burocratiche con compiti non qualificati che si fondano, a fini di coordinamento, sulla standardizzazione dei processi di lavoro.
La standardizzazione diminuisce l‟importanza della supervisione diretta come meccanismo di coordinamento, riducendo di conseguenza anche il potere dei manager della linea intermedia, particolarmente di quelli ai livelli più bassi. La struttura è quindi accentrata verticalmente: il potere formale si concentra ai livelli superiori della gerarchia, in particolare al vertice strategico.
Dato il loro ruolo nella formalizzazione del comportamento, gli analisti conquistano un qualche potere informale, il che comporta un limitato decentramento orizzontale. Poiché gli analisti sono pochi rispetto agli altri non manager e poiché il loro intervento riduce il potere degli altri non manager, in particolare degli operatori, quello appena rilevato si configura come un decentramento orizzontale molto limitato e in ogni caso selettivo poiché gli analisti sono coinvolti soltanto nelle decisioni concernenti la formalizzazione del lavoro;
Decentramento verticale limitato (parallelo). In questo tipo di decentramento riscontriamo le organizzazioni che sono suddivise in unità fondate sul mercato o divisioni, ai cui responsabili è delegato (in parallelo) gran parte del potere formale sulle decisioni riguardanti i mercati loro assegnati. Poiché tale potere non deve necessariamente essere delegato a livelli ancora inferiori nella gerarchia di autorità, tale decentramento verticale è intrinsecamente limitato. Analogamente poiché i responsabili divisionali non debbono necessariamente condividere il loro potere con personale di staff o operatori, la struttura è accentrata nella dimensione orizzontale. naturalmente il vertice strategico conserva il potere formale ultimo sulle divisioni.
Decentramento selettivo orizzontale e verticale. In questo tipo di decentramento si combinano le caratteristiche del decentramento selettivo nelle due dimensioni. Nella dimensione verticale il potere su diversi tipi di decisioni viene delegato a costellazioni di lavoro a vari livelli della gerarchia; nella dimensione orizzontale queste costellazioni operano un uso selettivo degli esperti di staff, in base al contenuto tecnico delle decisioni che debbono assumere.
Il coordinamento all‟interno e fra costellazioni viene realizzato principalmente attraverso
l‟adattamento reciproco;
Decentramento verticale e orizzontale. In questo tipo di decentramento il potere decisionale si concentra in larga misura nel nucleo operativo poiché è formato da professionisti, la cui attività è coordinata prevalentemente attraverso la standardizzazione delle capacità. L‟organizzazione è molto decentrata, da un lato, verticalmente, poiché il potere si colloca alla base della gerarchia e, dall‟altro, orizzontalmente, poiché il potere è detenuto da un numero elevato di non manager, e cioè dagli operatori.
– I fattori contingenti-
Esiste una serie di fattori situazionali o contingenti, e cioè di stati o condizioni organizzative che sono associati con l‟utilizzo di determinati parametri di progettazione. Questi fattori si possono ricondurre a quattro gruppi:
L‟età e la dimensione dell‟azienda;
Il sistema tecnico che impiega nel nucleo operativo;
Vari aspetti dell‟ambiente (stabilità, complessità, diversità, ostilità); Alcune relazioni di potere.
Da alcuni studi si può arrivare a due conclusioni importanti e diverse intorno all‟efficacia organizzativa. La prima è riconducibile all‟ipotesi di congruenza: una progettazione organizzativa
efficace richiede un‟accurata congruenza tra fattori situazionali e parametri di progettazione. Cioè l‟azienda di successo progetta la sua organizzazione in modo tale che corrisponda alla situazione.
La seconda conclusione si rifà all‟ipotesi di configurazione: un‟efficace progettazione organizzativa richiede una coerenza interna fra i parametri di progettazione. L‟azienda di successo sviluppa una configurazione logica dei parametri di configurazione.
Tali ipotesi si possono fondere in una sola: l‟ipotesi di configurazione allargata. Secondo questa ipotesi, una progettazione organizzativa efficace richiede una coerenza fra il complesso dei parametri di progettazione e il complesso dei fattori contingenti.
I fattori situazionali influenzano i parametri di progettazione attraverso un insieme di variabili definite intermedie: tali variabili riguardano l‟attività che è svolta dall‟azienda, definita attraverso le seguenti caratteristiche:
I molti riscontri empirici disponibili sugli effetti che l‟età e la dimensione esercitano sull‟organizzazione possono essere sintetizzati in cinque ipotesi:
Secondo Stinchcombe le forze dello sviluppo economico e tecnologico hanno portato all‟affermazione di nuove industrie con caratteristiche strutturali diverse e allo sviluppo di aziende di dimensioni sempre più grandi; tutti questi cambiamenti, d‟altra parte, hanno dato luogo a soluzioni organizzative sempre più elaborate e complesse;
I risultati delle ultime due ipotesi suggeriscono che le aziende di grandi dimensioni sono più regolate attraverso norme e procedure e utilizzano maggiormente e comunicazioni formali.
La tecnologia rappresenta chiaramente un fattore importante nella progettazione organizzativa.
La tecnologia è un concetto molto ampio che è stato utilizzato in molti contesti. Per indicare il suo significato più ampio, e cioè sostanzialmente la base di conoscenza dell‟azienda, impiegheremo il termine complessità. In questa sede ci concentriamo invece su un‟accezione più ristretta di tecnologia, e cioè sugli strumenti e sui mezzi utilizzati nel nucleo operativo per trasformare gli input in output e che indichiamo col termine sistema tecnico dell‟azienda.
Di unità e piccola serie (su commessa);
Di grande serie e di massa (molte parti standard); Di processo.
Questi sistemi si collegano anche agli stadi o epoche: mentre la produzione di unità è in buona parte
precedente, la produzione di grande serie è in larga misura connessa con la rivoluzione industriale e la produzione di processo, infine, rappresenta sostanzialmente un fenomeno del XX secolo.
La Woodward ha notato che passando dalla produzione di unità a quella di grande serie e a quella di processo:
Le imprese che producevano unità su ordinazione non potevano puntare con la propria attività operativa alla standardizzazione o alla formalizzazione e, di conseguenza, l‟organizzazione era di tipo organico. Il coordinamento avveniva o attraverso l‟adattamento reciproco fra gli operatori stessi, o tramite la supervisione diretta da parte dei capi di prima linea.
L‟ampiezza del controllo in corrispondenza del primo livello di supervisione era limitata, mentre più sviluppata era in corrispondenza della linea intermedia. Riguardo l‟alta direzione, l‟ampiezza del controllo era bassa poiché essa si rivolgeva prevalentemente ai contatti coi clienti.
La produzione di unità seguiva un‟organizzazione fondata intorno alle capacità del personale del nucleo operativo.
Queste caratteristiche implicano uno scarso sviluppo della struttura direzionale.
L‟organizzazione delle imprese di grande serie era determinata dalla natura standard del rispettivo sistema tecnico: la produzione standardizzata di grande serie portava a un comportamento formalizzato, con tutte le conseguenti caratteristiche della burocrazia classica.
L‟attività operativa era di routine, non qualificata e molto formalizzata, richiedendo quindi una scarsa supervisione diretta e dando luogo a un‟elevata ampiezza del controllo dei capi di prima linea. La struttura direzionale comprendeva una tecnostruttura molto sviluppata per formalizzare il lavoro.
Esistevano tre fonti principali di conflitto:
fra il sistema tecnico e il sistema sociale del nucleo operativo;
fra l‟orientamento a breve termine dei manager di livello inferiore e l‟orientamento a lungo termine del vertice;
tra line e staff nella struttura direzionale.
La produzione di processo si ha quando il sistema tecnico diviene così regolante da avvicinarsi allo stadio dell‟automazione. Con l‟automazione si verifica una drastica riduzione nel numero di operatori non qualificati legati direttamente al ritmo di produzione. Essa provoca infatti nel nucleo operativo la sostituzione di lavoratori non qualificati legati direttamente al sistema tecnico con lavoratori qualificati che invece debbono garantire la manutenzione del sistema tecnico stesso e nei livelli intermedi della struttura la sostituzione di manager e di addetti alla tecnostruttura che controllano il lavoro di altri con tecnici dello staff di supporto che controllano il proprio lavoro.
Questi cambiamenti annullano molti dei conflitti riscontrati nelle imprese di grande serie.
È difficile distinguere fra line e staff poiché è estremamente difficile distinguere fra la responsabilità di decidere e la responsabilità di consigliare.
L‟ampiezza del controllo dei capi di primo livello è limitata, ai livelli intermedi è bassa. Al vertice strategico è diffusa la tendenza a ricorrere a una direzione per comitati piuttosto che a un management fondato su decisori indipendenti. L‟ampiezza del controllo è molto elevata a questo livello grazie alla capacità degli specialisti dei livelli inferiori di assumere le decisioni chiave.
Per concludere si può dire che l‟automazione colloca l‟organizzazione in uno stadio “postburocratico”: il grado di regolazione del sistema tecnico è totale, ma investe macchine e non persone, e il sistema sociale non deve essere controllato mediante regole; emerge così un‟organizzazione di tipo organico che ricorre per conseguire il coordinamento all‟adattamento reciproco fra gli esperti, favorito dall‟utilizzo di meccanismi di collegamento.
Alla luce di questi risultati, possiamo illustrare le tre ipotesi fondamentali sulla relazione fra organizzazione e sistema tecnico:
e più l‟organizzazione del nucleo operativo è burocratica. Quando il grado di regolazione del sistema tecnico aumenta, e cioè dà luogo a compiti semplici e specializzati che eliminano la discrezionalità per coloro che utilizzano un tale sistema, l‟attività operativa diviene più di routine e più prevedibile e, quindi, può essere più facilmente specializzata e formalizzata.
Il controllo diviene più impersonale poiché gli analisti che progettano il flusso di lavoro sottraggono in misura crescente potere sia ai lavoratori non qualificati che realizzano tale flusso sia ai manager che dirigono tali lavoratori. Tutte queste relazioni sono chiaramente rilevabili nelle imprese con produzione di grande serie.
Nelle imprese con una produzione di processo il grado di regolazione del sistema tecnico era pressoché totale e l‟organizzazione di queste imprese era di tipo organico. Tale caratterizzazione riguardava però la struttura direzionale dove si riscontra la presenza di persone. Il nucleo operativo era in un certo senso perfettamente burocratico;
struttura per la parte che non riguarda l‟attività operativa: in particolare più ampio e più professionale è lo staff di supporto, maggiore è il decentramento selettivo (a tale staff) e più
elevato è l‟utilizzo dei meccanismi di collegamento (per coordinare l‟attività di tale staff). Ci si deve quindi attendere che le aziende con sistemi tecnici sofisticati abbiano una percentuale elevata di addetti allo staff di supporto, ricorrano in misura elevata ai meccanismi di collegamento in corrispondenza dei livelli intermedi, creino a tali livelli unità di piccole dimensioni e operino un decentramento selettivo, e cioè attribuiscano allo staff di supporto il potere di assumere le decisioni tecniche.
Si riscontra l‟assenza di una struttura di staff articolata nelle imprese con produzione di unità, il sistema tecnico generalmente meno sofisticato, e della presenza di tutte le caratteristiche sopra richiamate nelle imprese con una produzione di processo, il sistema tecnico generalmente più sofisticato;
Ogni azienda opera anche in un contesto del quale deve tener conto in sede di progettazione dell‟organizzazione.
Consideriamo ora i fattori situazionali relativi a questo contesto, prendendo in esame, innanzitutto, le caratteristiche dell‟ambiente generale e, successivamente, gli aspetti specifici del sistema di potere che l‟azienda deve fronteggiare.
Cosa significa ambiente? L‟ambiente comprende sostanzialmente tutto ciò che è esterno all‟azienda, ponendo attenzione soprattutto su quattro dimensioni:
l‟ottenimento dei suoi semplici prodotti utilizza una conoscenza semplice all‟ambiente dell‟ente spaziale che deve utilizzare le conoscenze proprie di molti fra i campi scientifici più avanzati per produrre i suoi output estremamente complessi.
La diversità dei mercati può derivare dall‟ampia gamma dei clienti serviti, dei prodotti e servizi forniti o delle aree geografiche nelle quali gli output sono venduti.
Ad essere importante non è l‟ambiente di per se stesso ma la capacità dell‟azienda di prevederlo, di comprenderlo, di comprenderlo, di affrontare la sua diversità e di dare risposte rapide. Inoltre anche se è conveniente trattare l‟ambiente di un‟azienda come uniforme, in realtà ogni azienda affronta molti ambienti.
Si possono formulare cinque ipotesi sulle influenze che l’ambiente esercita sull’organizzazione:
Le condizioni di dinamicità esercitano sull‟organizzazione un‟influenza maggiore delle condizioni di stabilità;
l‟organizzazione in unità fondate sul mercato. L‟ipotesi in esame indica che se può individuare mercati chiaramente differenti, l‟azienda è indotta ad articolare ai livelli elevati la sua struttura in unità fondate sul mercato, attribuendo loro il controllo su un‟ampia gamma di decisioni riguardanti i mercati a esse assegnati. In termini più semplici, la diversificazione provoca la divisionalizzazione.
improvvisa di un cliente chiave) a essere minacciata è la sua stessa sopravvivenza. La necessità di rispondere rapidamente e in modo integrato determina il ricorso al leader.
Dall‟incrocio delle ipotesi precedenti si può ricavare la matrice seguente:
|
Stabile |
Dinamico |
Complesso |
Decentrata Burocratica |
Decentrata Organica |
Semplice |
Accentrata Burocratica |
Accentrata Organica |
Nella progettazione organizzativa intervengono anche fattori legati al potere, in particolare la presenza di un controllo esterno sull‟azienda, i bisogni personali dei suoi vari membri, il potere delle norme sociali, espresso dalla moda del momento e incorporato nella cultura all‟interno della quale l‟azienda opera.
Queste constatazioni sembrano abbastanza logiche. I due mezzi più efficaci per controllare dall‟esterno un‟azienda sono i seguenti:
ritenere chi detiene il massimo potere decisionale, il direttore generale, responsabile delle attività dell‟azienda;
imporre standard chiaramente definiti, sotto forma di regole e di norme.
La prima soluzione provoca un accentramento dell‟organizzazione, la seconda ne determina la formalizzazione.
Il controllo esterno, inoltre, obbliga l‟azienda a considerare con particolare attenzione le proprie azioni: dovendo giustificare il proprio comportamento a soggetti esterni, essa tende a formalizzarlo. Il controllo esterno spinge anche verso una burocratizzazione dell‟organizzazione, poiché comporta una richiesta di razionalizzazione più accentuata di quanto accade normalmente.
sofisticato e un ambiente complesso, richiedono un decentramento del potere. Tuttavia, nella misura in cui i manager di line e in particolare quelli di livello più elevato ricercano il potere, l‟organizzazione può caratterizzarsi per un eccessivo accentramento; in altri termini, l‟accentramento di potere al vertice è superiore a quanto sarebbe richiesto dai fattori dell‟età, della dimensione, del sistema tecnico e dell‟ambiente.
– Le configurazioni organizzative
I meccanismi di coordinamento, i parametri di progettazione organizzativa e i fattori situazionali sembrano tutti suddividersi in gruppi naturali, o configurazioni.
Le configurazioni delineabili sono cinque. In ogni configurazione è dominante un solo e differente meccanismo di coordinamento, una diversa parte dell‟organizzazione svolge il ruolo più importante e viene utilizzato un diverso tipo di decentramento.
Possiamo spiegare questa corrispondenza considerando che l‟organizzazione sia spinta in cinque direzioni diverse, ognuna riconducibile a una delle sue parti: la maggior parte delle aziende è soggetta e sperimenta tutte queste spinte ma, nella misura in cui le condizioni ne rendono prevalente
e dominante una, l‟azienda è indotta ad adottare un‟organizzazione corrispondente a una delle configurazioni.
Es: impresa cinematografica
L‟accentuazione delle caratteristiche di ciascuna configurazione risponde a motivi di chiarezza e non vuole sostenere che tutte le aziende corrispondono esattamente a un‟unica configurazione. Ogni configurazione rappresenta una combinazione teoricamente coerente di fattori situazionali e di parametri organizzativi.
Considerate congiuntamente le cinque configurazioni descrivono i confini di un pentagono all‟interno del quale ricadono tutte le aziende reali.
– la struttura semplice -
Tipicamente nella struttura semplice la tecnostruttura è assente o molto limitata, vi sono pochi addetti allo staff di supporto, non vi è una rigida divisione del lavoro, la differenziazione fra le unità organizzative è minima, la gerarchia manageriale è poco sviluppata, la formalizzazione del comportamento è limitata e vi è un ricorso minimo alla pianificazione, alla formazione e ai meccanismi di collegamento. La struttura semplice è, soprattutto, organica. Essa evita infatti il ricorso a tutte le soluzioni formali proprie di un‟organizzazione e minimizza la dipendenza dagli specialisti di staff.
Nella struttura semplice, il coordinamento è assicurato in larga misura dalla supervisione diretta: in modo più specifico, il potere su tutte le decisioni importanti tende a essere accentrato nelle mani di chi occupa la posizione di vertice. Di conseguenza, il vertice strategico costituisce la parte più importante dell‟organizzazione e, invero, la struttura semplice spesso comprende soltanto un vertice strategico costituito da una sola persona e un nucleo operativo organizzato in modo organico.
Quando esiste il raggruppamento in unità, esso è prevalentemente di tipo funzionale, dove il coordinamento fra le unità è assicurato dal direttore generale. Analogamente, le comunicazioni si sviluppano in modo informale e si svolgono prevalentemente fra il direttore generale e tutti gli altri membri dell‟organizzazione.
Anche il flusso di lavoro tende ad essere flessibile e le mansioni del nucleo operativo sono relativamente poco specializzate e intercambiabili.
Anche il processo decisionale è flessibile e l‟accentramento del potere consente una rapida risposta. La formulazione della strategia è responsabilità esclusiva del direttore generale.
L‟ambiente della struttura semplice tende a essere a un tempo semplice e dinamico. Un ambiente semplice può essere compreso e padroneggiato da una sola persona, permettendo così a una tale persona il controllo delle decisioni. Un ambiente dinamico comporta un‟organizzazione di tipo organico: l‟impossibilità di prevedere le caratteristiche future dell‟ambiente non consente di realizzare il coordinamento attraverso la standardizzazione.
Il sistema tecnico delle strutture semplici non è sofisticato.
Solitamente ad adottare strutture semplici sono le nuove aziende poiché non hanno avuto il tempo di creare le proprie strutture direzionali e sono obbligate a fondarsi per il proprio funzionamento sulla leadership.
Molte aziende di piccola dimensione, tuttavia, conservano questo tipo di struttura anche dopo aver superato questo stadio iniziale.
Alcune aziende sono così piccole che per il coordinamento possono fondarsi, quasi in assenza della supervisione diretta da parte dei capi, sul reciproco adattamento: tali aziende rappresentano un ibrido che chiameremo la struttura semplicissima.
L’organizzazione sintetica, definita così da Thompson, è un‟altra variante della struttura semplice, l‟organizzazione per le crisi, che si manifesta quando un‟ostilità molto elevata obbliga un‟azienda ad accentrare il potere per dare una risposta rapida e coordinata.
I bisogni di potere danno vita a un‟altra variante che possiamo denominare organizzazione autocratica: un direttore generale che accumula il potere ed evita la formalizzazione del comportamento considerandola una violazione del suo diritto di comandare per decreto adotta una struttura semplice. Quando invece il potere è conferito dai seguaci del leader, si parla di organizzazione carismatica.
Le società meno industrializzate sembrano più inclini a fondare le soluzioni organizzative su forti leader, che realizzano il coordinamento attraverso la supervisione diretta.
Un altro fattore che favorisce l‟adozione della struttura semplice è costituito dalla coincidenza tra proprietà e controllo.
L‟impresa che fornisce la migliore illustrazione della struttura semplice, poiché ne combina quasi tutte le caratteristiche è l‟impresa imprenditoriale.
Nella struttura semplice, le decisioni concernenti la strategia e le attività operative sono accentrate nelle mani del direttore generale. Tale accentramento, da un lato, garantisce che la risposta strategica rifletta una completa conoscenza del nucleo operativo e ne favorisce anche la flessibilità e l‟adattabilità, ma, dall‟altro, provoca confusione fra problemi strategici e problemi operativi.
La struttura semplice rappresenta anche la configurazione più rischiosa, poiché dipende strettamente dalla salute e dalle particolarità di un‟unica persona.
Un vantaggio peculiare della struttura semplice è costituito dal senso della missione da parte del leader. Questo fa sì che i dipendenti si identifichino con maggior forza nell‟azienda. Altri però percepiscono questo fattore come troppo vincolante in quanto non sentono di lavorare per un‟attività stimolante ma di essere al servizio di qualcuno.
La struttura semplice non è di moda in quanto viene sempre più descritta come paternalistica e talvolta autocratica e accusata di distribuire il potere organizzativo in modo non appropriato.
L‟apogeo lo ebbe nell‟epoca delle grandi concentrazioni americane della fine del secolo scorso, quando potenti imprenditori controllavano personalmente immensi imperi. Da allora, nonostante talvolta sia usata, ha conosciuto un declino costante.
– la burocrazia meccanica -
La burocrazia meccanica è quell‟organizzazione accuratamente definita e messa a punto per funzionare come una macchina integrata e regolata.
I parametri organizzativi della burocrazia meccanica sono:
I compiti operativi sono semplici e ripetitivi, richiedendo generalmente una capacità minima e un limitato addestramento. Ciò porta ad una profonda divisione del lavoro e a porre l‟accento sulla standardizzazione dei processi di lavoro a fini di coordinamento. Di conseguenza, la formalizzazione del comportamento emerge come il parametro chiave di progettazione organizzativa.
La standardizzazione fa fronte alla maggior parte delle esigenze di coordinamento, quindi nel nucleo operativo possono essere create unità operative di dimensioni molto grandi.
La linea intermedia è molto sviluppata e profondamente differenziata in unità funzionali. I manager della linea intermedia devono svolgere tre compiti principali:
Le unità organizzative al di sopra del nucleo operativo tendono a essere di dimensioni piuttosto piccole e la struttura direzionale nel suo complesso tende ad assumere una forma verticalizzata.
Anche la tecnostruttura è la parte fondamentale della struttura burocratica meccanica e deve essere molto articolata in quanto il coordinamento si basa principalmente sulla standardizzazione. Nonostante la mancanza di autorità formale, gli analisti della tecnostruttura dispongono di un potere informale considerevole, ottenuto in larga parte a spese degli operatori e dei capi di prima linea che, in assenza di standardizzazione dovrebbero controllare direttamente gli operatori.
Le regole e le norme permeano tutta l‟organizzazione, a tutti i livelli si ricorre a comunicazioni formali, il processo decisionale tende a svilupparsi seguendo la gerarchia formale d‟autorità. Nella burocrazia meccanica a tutti i livelli gerarchici il comportamento è relativamente più formalizzato che nelle altre configurazioni.
Esiste una rigida divisione del lavoro che caratterizza la burocrazia meccanica nel suo complesso. In generale, la burocrazia meccanica è quella, fra le cinque configurazioni, che accentua maggiormente la divisione del lavoro e la differenziazione delle unità organizzative in tutte le loro forme: verticale, orizzontale, line/staff, funzionale, gerarchica e di status.
Una mentalità di controllo pervade questo tipo di struttura, dal vertice alla base. L‟ossessione verso il controllo riflette due circostanze fondamentali dell‟organizzazione che stiamo esaminando. Innanzi tutto si cerca di eliminare ogni possibile incertezza di modo che la macchina burocratica possa funzionare regolarmente, senza interruzioni.
Secondo, la burocrazia meccanica è un‟organizzazione dominata dai conflitti: i sistemi di controllo sono quindi necessari per regolare tali conflitti.
I manager del vertice strategico sono in larga misura coinvolti nella messa a punto della macchina burocratica. Il ruolo del vertice strategico non si esaurisce nel miglioramento della performance. Mantenere unita l‟organizzazione nonostante i conflitti assorbe gran parte dell‟energia dell‟alta direzione.
Nella burocrazia meccanica tendono a essere impiegati soltanto i meccanismi di collegamento meno pregnanti (ruoli di collegamento e forse comitati), ma non quelli più pregnanti (organizzazione a matrice). Questi ultimi infatti distruggerebbero la gerarchia d‟autorità e infrangerebbero il principio dell‟unità del comando, fondamentali per questa configurazione. In queste condizioni emerge l‟esigenza di una rilevante supervisione diretta da parte dell‟alta direzione.
Questo porta alla conclusione che nella burocrazia meccanica i manager del vertice strategico detengono un considerevole potere, sia formale che informale. A condividere col vertice strategico un qualche potere informale sono soltanto gli analisti della tecnostruttura, a motivo del ruolo che svolgono nella standardizzazione del lavoro di tutti gli altri.
Possiamo dire quindi che la burocrazia meccanica è accentrata nella dimensione verticale e limitatamente decentrata nella dimensione orizzontale.
In questa configurazione la strategia deriva dal vertice strategico.
Tutte le informazioni rilevanti sono inviate al vertice strategico, dove vengono combinate per dare vita ad una strategia integrata che viene quindi trasmessa, in senso discendente, lungo la linea gerarchica per l‟implementazione, venendo quindi elaborata e articolata dapprima in programmi e successivamente in piani d‟azione.
Il flusso di lavoro della burocrazia meccanica è altamente razionalizzato e i compiti sono semplici e ripetitivi. Attività con queste caratteristiche si riscontrano soprattutto in ambienti stabili e semplici. La burocrazia meccanica, inoltre, si riscontra tipicamente nelle aziende mature, di dimensione sufficientemente grande da avere il volume di attività operativa richiesto per la ripetitività e la
standardizzazione e sufficientemente “vecchie” da essere state in grado di scegliere e di introdurre gli standard.
Le burocrazie meccaniche tendono anche a essere identificate con sistemi tecnici ad alto grado di
regolazione: tali sistemi, infatti, routinizzano l‟attività e ne permettono quindi la formalizzazione. L‟azienda può ricorrere in ampia misura alla meccanizzazione e ai computer perché l‟attività è standardizzata, ma rimane una burocrazia meccanica finchè meccanizzazione e computer non sostituiscono una forza lavoro costituita prevalentemente da operatori non qualificati.
Le imprese di produzione di grande serie sono forse le burocrazie meccaniche più note. Naturalmente, però, la burocrazia meccanica non è una configurazione limitata solo alle grandi aziende, o industriali, o private. Alcune imprese industriali di piccole dimensioni adottano questa configurazione poiché la loro attività operativa è semplice e ripetitiva. Alcune imprese di servizi (burocrazie di colletti bianchi) utilizzano la burocrazia meccanica per lo stesso motivo, anche se le loro attività non sono integrate in catene.
Esistono alcune varianti della burocrazia meccanica:
Quando un insieme integrato di compiti semplici e ripetitivi deve essere realizzato in modo preciso e continuo da esseri umani, la burocrazia meccanica è l‟organizzazione più efficiente, invero l‟unica concepibile. Questi stessi vantaggi della burocrazia meccanica rappresentano però anche i suoi svantaggi.
Trattare le persone come mezzi piuttosto che come individui distrugge il significato del lavoro stesso. Le aziende hanno pagato un prezzo molto elevato per questo atteggiamento sotto forma dei diversi tipi di resistenza da parte dei lavoratori (scioperi, assenteismo, bassa qualità…).
Il tempo inoltre non lavora a favore della burocrazia meccanica: i livelli crescenti di scolarità aumentano le aspettative verso il lavoro e cioè esaltano il bisogno di autorealizzazione a spese del bisogno di sicurezza. Di conseguenza le persone esprimono una resistenza sempre maggiore verso le burocrazie meccaniche.
Le diverse buropatologie si rinforzano reciprocamente, dado vita a circoli viziosi: la sostituzione dei fini coi mezzi, il cattivo trattamento dei clienti, le varie manifestazioni dell‟alienazione dei lavoratori, tutto ciò porta ad accentuare i controlli sul comportamento. Poiché questa è stata però la causa prima delle buropatologie, ne deriva un‟accentuazione dei problemi, il che porta all‟imposizione di ulteriori controlli, e così via.
La conclusione scoraggiante è che ai problemi umani causati dalla burocrazia meccanica nel nucleo operativo non sembrano esserci soluzioni.
Esiste un conflitto inconciliabile tra sistema umano e sistema tecnico.
Sono dovuti all‟elevata differenziazione funzionale necessaria per realizzare il controllo richiesto.
Finchè l‟ambiente rimane perfetta mentente stabile, la burocrazia meccanica non incontra grandi difficoltà di adattamento. Nessuna organizzazione si trova però ad operare in questa situazione. Quando questi problemi si manifestano con frequenza il vertice strategico della burocrazia meccanica sperimenta rapidamente situazioni e fenomeni di sovraccarico. Il problema principale è legato alla necessità, in queste situazioni, di assumere decisioni rapidamente, senza poter contare su informazioni su quei settori dove i problemi si manifestano.
Di qui due importanti problemi:
– La burocrazia professionale –
Le organizzazioni possono essere burocratiche senza essere accentrate: la loro attività operativa è stabile, portando a un comportamento predicibile, in effetti standardizzato, ma è anche complessa, e deve quindi essere controllata direttamente dagli operatori che la svolgono.
Di conseguenza, l‟organizzazione deve ricorrere a quel meccanismo di coordinamento che permette nello stesso tempo la standardizzazione e il decentramento, e cioè alla standardizzazione delle capacità. Ne deriva una configurazione organizzativa denominata burocrazia professionale, frequentemente adottata nelle università, negli ospedali, nelle imprese artigiane di produzione, il cui funzionamento si fonda sulle capacità e sulle conoscenze dei professionisti del nucleo operativo.
L’attività del nucleo operativo
Per conseguire il coordinamento la burocrazia professionale si fonda sulla standardizzazione delle capacità e sui connessi parametri di progettazione organizzativa: formazione e indottrinamento. Il nucleo operativo, infatti, è costituito da specialisti adeguatamente formati e indottrinati – professionisti – ai quali viene attribuito un considerevole controllo sul proprio lavoro.
Controllo sul proprio lavoro significa che i professionisti operano in modo relativamente indipendente dai propri colleghi, ma in stretto contatto coi clienti che servono.
La formazione iniziale ha luogo durante un certo numero di anni presso un‟università o un istituto particolare, prosegue poi sul posto di lavoro dove vengono applicate le conoscenze formali e viene perfezionato l‟utilizzo delle capacità. Questa formazione completa anche il processo di indottrinamento, che era cominciato durante la prima fase, quella dell‟insegnamento formale. La formazione prosegue poi prosegue con l‟aggiornamento continuo.
Come nella burocrazia meccanica, anche nella burocrazia professionale il coordinamento viene raggiunto attraverso standard che predeterminano ciò che deve esser fatto.
I due tipi di burocrazia differeiscono però per quanto attiene all‟origine della standardizzazione: mentre la burocrazia meccanica elabora essa stessa i propri standard – nella burocrazia professionale gli standard si formano largamente all‟esterno dell‟organizzazione, nelle associazioni indipendenti di cui fanno parte sia i membri del nucleo operativo sia i loro colleghi appartenenti ad altre burocrazie professionali.
Di conseguenza, mentre la burocrazia meccanica si fonda sull‟autorità di natura gerarchica – il potere della posizione – la burocrazia professionale pone l‟accento sull‟autorità di natura professionale – il potere della competenza.
Per comprendere le modalità di funzionamento della burocrazia professionale nel nucleo operativo è utile immaginarla come un repertorio di programmi standard – in effetti l‟insieme delle capacità che i professionisti sono pronti a utilizzare – che sono applicati a situazioni predeterminate (contingenze), anch‟esse standardizzate.
Sotto questo profilo, il professionista ha due compiti principali:
La classificazione semplifica enormemente i problemi.
È questo processo di classificazione che consente alla burocrazia professionale di definire, attraverso una scomposizione, i suoi vari compiti operativi e di assegnarli a singoli professionisti relativamente autonomi. Ciascun professionista, invece di dedicare una grande attenzione al coordinamento del suo lavoro con quello dei colleghi, si concentra sul perfezionamento delle sue capacità. Ciò non significa che l‟incertezza possa essere completamente rimossa, ma solo che si cerca di contenere l‟incertezza residua all‟interno delle mansioni dei singoli professionisti. Questo modo di gestire l‟incertezza è uno dei motivi che spiegano perché i professionisti abbiano bisogno di una considerevole discrezionalità.
Poiché i clienti vengono classificati in termini degli specialisti funzionali di cui hanno bisogno, la struttura della burocrazia professionale diviene a un tempo sia funzionale sia fondata sul mercato.
Il nucleo operativo è la parte fondamentale della burocrazia professionale. La sola altra parte che è molto sviluppata è lo staff di supporto che è principalmente al servizio del nucleo operativo. Poiché la necessità di pianificare e di formalizzare l‟attività dei professionisti è molto limitata, anche la necessità di una tecnostruttura è bassa a esclusione degli staff di supporto non professionali.
Analogamente, anche la linea intermedia nella burocrazia professionale è poco sviluppata. Data la scarsa necessità da parte degli operatori della supervisione diretta o dell‟adattamento reciproco, le unità del nucleo operativo possono essere di grandi dimensioni, con una conseguente scarsa consistenza di capi di prima linea o di livello superiore.
La burocrazia professionale è dunque un‟organizzazione molto decentrata, sia verticalmente che orizzontalmente.
Larga parte del potere sull‟attività operativa è detenuto infatti dalla base dell‟organizzazione, dai professionisti del nucleo operativo.
Il potere del professionista deriva non solo dalla complessità della sua attività, che ne impedisce la supervisione da parte di manager o la standardizzazione da parte di analisti, ma anche dall‟elevata domanda che tipicamente viene fatta dei suoi servizi. Quest‟ultima circostanza favorisce la mobilità del professionista, permettendogli di richiedere una forte autonomia nel proprio lavoro.
La burocrazia professionale è un‟organizzazione molto democratica, quanto meno per i professionisti del nucleo operativo.
I professionisti non solo controllano il proprio lavoro, ma ricercano e chiedono anche il controllo collettivo delle decisioni amministrative e direzionali che li riguardano.
Il controllo di queste decisioni implica il controllo della linea intermedia e i professionisti lo esercitano garantendosi che le posizioni di questa parte dell‟organizzazione siano occupate da specialisti appartenenti alla professione.
Dato il potere dei professionisti del nucleo operativo, le burocrazie professionali sono spesso denominate organizzazioni “collegiali”.
Il personale di supporto, spesso più numeroso dei professionisti ma a cui è assegnato prevalentemente lo svolgimento dell‟attività non professionale, non trova la democrazia essendo invece soggetto all‟oligarchia dei professionisti. È molto probabile infatti che le unità di supporto siano dirette in modo molto stretto dal vertice.
Nella burocrazia professionale emergono quindi frequentemente due gerarchie direzionali parallele: una democratica e di tipo bottom-up per i professionisti e un‟altra simile alla burocrazia meccanica e di tipo top-down per lo staff di supporto.
Queste due gerarchie parallele sono tenute molto distinte e indipendenti l‟una dall‟altra.
Il professionista manager può non essere in grado di controllare direttamente i professionisti, ma svolge un insieme di ruoli che gli conferiscono un considerevole potere indiretto.
Il professionista manager dedica molto tempo alla gestione delle varianze che si manifestano
nell‟organizzazione. Raramente però il manager può imporre una soluzione ai professionisti o alle unità implicate in un conflitto ma, piuttosto, deve promuovere incontri e negoziare una soluzione che sia a vantaggio dei clienti. Frequentemente problemi di coordinamento sorgono anche fra le due gerarchie parallele e speso spetta ai professionisti manager risolverli.
I professionisti manager svolgono ruoli importanti ai confini dell‟organizzazione, fra i professionisti
interni e i soggetti esterni (pubblica amministrazione, associazioni di clienti…). Da un lato ci si aspetta che i manager difendano e proteggano l‟autonomia dei professionisti “isolandoli” rispetto alle pressioni esterne; dall‟altro ci si aspetta che tali manager inducano i soggetti esterni ad appoggiare, moralmente e finanziariamente, l‟organizzazione.
Paradossalmente il professionista viene a dipendere dal manager efficace. Infatti nella burocrazia professionale il potere passa a quei professionisti che desiderano impegnarsi nell‟attività amministrativa invece che nel lavoro professionale, in particolare a coloro che la svolgono in maniera efficace. Il professionista manager conserva però il suo potere soltanto finchè i professionisti valutano che egli persegua e difenda i loro interessi in modo efficace.
I manager singolarmente detengono un potere maggiore rispetto ai singoli professionisti, anche se un tale potere può essere facilmente sopraffatto dal potere collettivo dei professionisti.
Poiché gli output sono difficili da misurare non è facile raggiungere un consenso sugli obiettivi. Di conseguenza, la strategia intesa come un‟unica struttura integrata di decisioni comuni a tutta l‟organizzazione perde nella burocrazia professionale gran parte del suo significato.
Data l‟autonomia di ogni professionista è logico pensare in termini di una strategia personale per ogni professionista. I professionisti, tuttavia, non operano queste scelte in modo casuale poiché sono vincolati in misura significativa dagli standard e dalle capacità professionali che hanno appreso. In altri termini, le associazioni professionali e gli istituti di formazione esterni alla burocrazia professionale giocano un ruolo importante nel determinare la strategia che i professionisti perseguono.
Di conseguenza, tutte le aziende che operano nell‟ambito di una certa professione presentano strategie che sono in larga misura simili e imposte loro dall‟esterno. Queste strategie, che riguardano quali clienti servire e come, vengono trasmesse e fatte interiorizzare ai professionisti durante il periodo di formazione formale e vengono successivamente modificate via via che emergono nuovi bisogni e che nuovi metodi sviluppati per rispondervi vengono riconosciuti e accettati dalle associazioni professionali. Il controllo esterno della strategia può essere anche molto diretto.
Possiamo quindi dire che le strategie della burocrazia professionale corrispondono in larga misura a quelle dei singoli professionisti che ne sono membri come pure a quelle delle associazioni professionali esterne. Tale coincidenza, però, non è completa poiché nell‟ambito di ogni professione ogni azienda gode di gradi di libertà che le consentono di adattare le strategie di base a quelli che sono i propri bisogni e interessi specifici.
Le strategie specifiche della burocrazia professionale rappresentano l‟effetto cumulato nel tempo
dei progetti, o delle “iniziative” strategiche, che i membri sono riusciti a far accettare e a far intraprendere.
Ogni bravo manager ha una propria visione dell‟organizzazione e cerca di modificarne le strategie per renderla più efficace. Ciò si traduce in una serie di iniziative strategiche che il manager stesso desidera che siano intraprese, ma nella burocrazia professionale che in teoria è un‟organizzazione bottom-up il manager non può imporle ai professionisti del nucleo operativo. Egli deve invece fondarsi sul proprio potere informale e utilizzarlo in modo sottile.
“La burocrazia professionale è la configurazione nella quale il nucleo operativo è dominato dagli specialisti che utilizzano procedure difficili da apprendere ma ben definite. Ciò comporta un ambiente che sia a un tempo complesso e stabile: abbastanza complesso da richiedere l‟impiego di procedure difficili che possono essere apprese soltanto nell‟ambito di ampi programmi formali di formazione e nel contempo abbastanza stabile da permettere che queste capacità siano ben definite, in effetti standardizzate.”
Di conseguenza, l‟ambiente rappresenta il fattore situazionale chiave nell‟utilizzo della burocrazia professionale.
Nella burocrazia professionale sono i dipendenti specialisti a portare con loro gli standard nell‟organizzazione per cui il tempo di avviamento necessario è molto limitato.
Il sistema tecnico è un importante fattore situazionale della burocrazia professionale soltanto per le caratteristiche che non presenta: non ha un alto grado di regolazione, non è sofisticato, non è automatico.
Il sistema tecnico non può avere un alto grado di regolazione e certamente non può essere molto automatico. I professionisti, infatti, si oppongono alla razionalizzazione delle proprie capacità, e cioè alla loro scomposizione e trasformazione in fasi di lavoro di semplice esecuzione; una tale razionalizzazione consentirebbe un‟azione di programmazione da parte della tecnostruttura, distruggerebbe le basi su cui si fonda l‟autonomia dei professionisti e spingerebbe l‟organizzazione verso la configurazione della burocrazia meccanica.
Il sistema tecnico non può neppure essere sofisticato.
Nella forma pura di burocrazia professionale, la tecnologia dell‟azienda, e cioè la sua base di
conoscenze, è sofisticata mentre il sistema tecnico, è cioè l‟insieme degli strumenti utilizzati per applicare tale base di conoscenze, non lo è.
L‟esempio principale di burocrazia professionale è rappresentato dalle aziende di servizi alle persone (scuole, società di consulenza..) nella misura in cui si concentrano non sulla ricerca innovativa di soluzioni a problemi nuovi, ma sull‟applicazione di programmi standard a problemi ben definiti.
Le burocrazie professionali si riscontrano anche nella produzione industriale, particolarmente dove l‟ambiente richiede un‟attività che sia complessa ma stabile e dove il sistema tecnico non è sofisticato né caratterizzato da un alto grado di regolazione: l‟impresa artigianale.
I mercati della burocrazia professionale sono spesso diversificati. Come è stato osservato in precedenza, queste configurazioni riuniscono spesso gruppi di professionisti di specialità diverse che servono clienti differenti. Nelle burocrazie professionali la base di raggruppamento fondata sul mercato si dimostra quindi equivalente a quella funzionale.
Talvolta i mercati delle burocrazie professionali sono diversificati sotto il profilo geografico, portando alla variante che chiamiamo burocrazia professionale dispersa, nella quale è forte il problema di conservare la lealtà all‟organizzazione.
Un ibrido è la burocrazia professionale semplice che si verifica quando professionisti con una specializzazione e una formazione elevate che impiegano capacità standard sono guidati, come nella struttura semplice, da un leader forte e talvolta anche autocratico, ad esempio l‟orchestra sinfonica. Bisogna dire inoltre che la burocrazia professionale è un‟organizzazione molto di moda.
La burocrazia professionale è l‟unica fra le cinque configurazioni che risponde a due dei bisogni
principali dell‟uomo moderno: è democratica, poiché attribuisce potere direttamente ai suoi
membri (quanto meno ai professionisti), e consente loro un‟ampia autonomia, liberandoli anche dalla necessità di coordinarsi coi colleghi e quindi da tutte le pressioni e i giochi politici che una tale necessità comporta. I professionisti tendono a caratterizzarsi così come persone responsabili e altamente motivate, impegnate nel loro lavoro e versi i clienti che servono. A differenza della burocrazia meccanica che le crea, la burocrazia professionale elimina le barriere fra l‟operatore e il clienti permettendo l‟instaurarsi di un rapporto personale.
L‟autonomia permette inoltre ai professionisti di perfezionare, liberi da ogni interferenza, le proprie capacità. Di conseguenza, il cliente della burocrazia professionale trae soddisfazione sapendo che il professionista che lo serve può rifarsi a una vasta quantità di esperienze e di capacità, le applicherà seguendo una procedura perfezionata e non una sperimentale ed è probabilmente molto motivato nell‟eseguire una tale procedura.
Queste stesse caratteristiche di democrazia e di autonomia determinano anche i principali problemi di questa configurazione: non esiste alcun controllo del lavoro se si esclude quello esercitato dalla professione stessa e non è possibile intervenire per correggere quelle deficienze che i professionisti stessi decidono di non considerare. Quelli che i professionisti tendono a non considerare sono gli importanti problemi di coordinamento, di discrezionalità e di innovazione che si manifestano nelle burocrazie professionali.
Nel nucleo operativo della burocrazia professionale l‟efficacia del coordinamento si fonda solo sul ricorso alla standardizzazione delle capacità: la supervisione diretta e il reciproco adattamento incontrano opposizione in quanto vengono considerati violazioni dirette dell‟autonomia professionale, mentre la standardizzazione dei processi di lavoro e degli output non è efficace data la natura complessa dei compiti e la scarsa definizione degli output. La standardizzazione delle capacità è però un meccanismo di coordinamento piuttosto blando, incapace di far fronte a molte delle necessità che sorgono nella burocrazia professionale.
Innanzi tutto vi è la necessità di realizzare il coordinamento fra i professionisti e lo staff di supporto. Il professionista risolve in modo semplice il problema dando degli ordini, ma questa soluzione fa confluire sull‟addetto allo staff di supporto due sistemi di potere che spingono in direzioni diverse: il potere verticale dell‟autorità di line e il potere orizzontale della competenza professionale.
Forse ancora più gravi sono i problemi di coordinamento fra i professionisti stessi. Le burocrazie professionali sono infatti insiemi di individui che si riuniscono per utilizzare risorse e servizi di supporto comuni e che per tutti gli altri aspetti desiderano invece poter lavorare da soli. Finchè il processo di classificazione opera in modo efficace, questa indipendenza è possibile ma tale processo
non è mai così perfetto da impedire che alcuni clienti cadano negli interstizi fra due programmi standard.
Il processo di classificazione rappresenta in effetti la causa di larga parte dei conflitti che si manifestano nella burocrazia professionale.
Implicita nella progettazione della burocrazia professionale è l‟ipotesi che il processo di classificazione porti a contenere tutta l‟incertezza nelle mansioni dei singoli professionisti, tutta la discrezionalità è nelle mani dei singoli professionisti. Comunque per la burocrazia professionale non è facile risolvere i problemi derivanti da professionisti che sono incompetenti o poco coscienziosi. Il cliente è così esposto a una sorta di roulette russa.
L‟ovvia soluzione al problema discrezionalità, e cioè la censura da parte delle associazioni professionali, viene raramente usata proprio per questo motivo, e cioè per la difficoltà di misurare gli output.
La discrezionalità permette ad alcuni professionisti di ignorare non solo i bisogni dei clienti ma
anche quelli dell‟azienda.
Come la burocrazia meccanica, la burocrazia professionale è un‟organizzazione rigida, molto adatta a realizzare i suoi output standard ma poco adatta a produrne di nuovi.
Nella burocrazia professionale i problemi nuovi sono costretti nelle classificazioni o categorie vecchie.
Il potere di realizzare cambiamenti è diffuso in questa configurazione: tutti, non solo pochi manager o i rappresentanti dei professionisti, debbono concordare e accettare il cambiamento. Di conseguenza, il cambiamento si verifica lentamente e con difficoltà, dopo molti intrighi politici e manovre accorte da parte dei professionisti-imprenditori e dei manager-imprenditori.
Finché l‟ambiente rimane stabile, la burocrazia professionale non dà luogo a problemi; un ambiente dinamico obbliga però al cambiamento e ciò richiede un‟altra configurazione.
– la soluzione divisionale –
La soluzione divisionale rappresenta non tanto un‟organizzazione integrata quanto piuttosto un complesso di entità quasi-autonome riunite da una struttura direzionale centrale. Tali entità sono costituite da unità organizzative della linea intermedia, generalmente denominate divisioni e da una amministrazione centrale, la direzione, il flusso del potere è top-down.
È particolarmente utilizzata nel settore privato delle economie industrializzate ma si riscontra anche in altri settori.
A differenza delle altre quattro configurazioni, la soluzione divisionale non rappresenta un‟organizzazione completa, dal vertice al nucleo operativo, quanto piuttosto un‟organizzazione “sovrapposta” ad altre organizzazioni; in altri termini, ogni divisione ha una propria organizzazione. Tuttavia la divisionalizzazione influisce sul tipo di organizzazione delle divisioni, nel senso che le divisioni sono spinte verso la configurazione della burocrazia meccanica. D‟altra parte la soluzione divisionale si incentra sui rapporti organizzativi fra la direzione generale e le divisioni, e cioè fra il vertice strategico e la parte superiore della linea intermedia, mentre ciò che accade al di fuori di questi rapporti viene assunto come irrilevante.
Nella soluzione divisionale le divisioni vengono create in relazione ai mercati serviti e a esse viene attribuito il controllo sulle funzioni operative necessarie per servire tali mercati. (raggruppamento in base al mercato).
Questa dispersione delle funzioni operative minimizza l‟interdipendenza fra le divisioni che, di conseguenza, possono operare come entità quasi-autonome con una scarsa necessità di
coordinamento interdivisionale. Ciò a sua volta rende possibile che l‟ampiezza del controllo della direzione centrale possa essere relativamente elevata.
La soluzione esaminata porta naturalmente a un marcato decentramento da parte della direzione centrale, tuttavia il decentramento richiesto dalla soluzione divisionale è molto circoscritto e cioè esso non va necessariamente oltre la delega da parte dei pochi manager della direzione centrale ai manager, solo di poco più numerosi, che dirigono le divisioni. In altri termini, la soluzione divisionale implica un decentramento verticale limitato (parallelo).
In effetti la struttura divisionale si presenta in natura come piuttosto accentrata: i responsabili divisionali possono conservare la maggior parte del potere, impedendo un ulteriore decentramento verticale o quello orizzontale.
Fra il vertice strategico e le divisioni è necessaria una qualche forma di controllo o di coordinamento. In generale, la direzione centrale lascia alle divisioni un‟autonomia quasi completa
nell‟assunzione delle decisioni relative ai prodotti-mercati assegnati e controlla successivamente i risultati di queste decisioni.
Di conseguenza, nella soluzione decisionale, da un lato, il principale meccanismo di coordinamento
costituito dalla standardizzazione degli output, e dall‟altro, un parametro chiave di progettazione organizzativa diviene il sistema di controllo della performance.
Il successo della configurazione che stiamo esaminando dipende dalla competenza dei responsabili divisionali ai quali viene delegato molto potere decisionale. È per questo che nella soluzione divisionale la linea intermedia rappresenta la parte fondamentale dell‟organizzazione. Da questa caratteristica discende però che uno dei compiti principali della direzione centrale è quello di formare e addestrare nel miglior modo possibile i responsabili divisionali, in effetti di standardizzarne le capacità manageriali. In modo analogo, si ricorre all‟indottrinamento per assicurarsi che i responsabili divisionali perseguano gli obiettivi più generali della direzione centrale piuttosto che quelli più settoriali delle loro divisioni.
La struttura divisionale presenta una situazione paradossale perché deve al contempo garantire: Il controllo della direzione centrale
Tale paradosso viene risolto esercitando una verifica a posteriori della performance divisionale. Ciò richiede che ogni divisione deve essere trattata come un unico sistema integrato con un unico e coerente insieme di obiettivi (l‟interdipendenza interna alla singola divisione è molto forte) e che gli obbiettivi delle divisioni debbono prestarsi alle valutazioni quantitative del controllo della performance.
Il responsabile divisionale, al quale la direzione centrale delega il potere, deve essere in grado di imporre gli indici di performance alla sua divisione trattandola come un sistema regolato e top- down.
La pianificazione dell‟azione, a sua volta, impone standard di decisione e di comportamento ancora più specifici, traducendosi in una spinta verso la formalizzazione dell‟organizzazione delle divisioni.
Di conseguenza, la soluzione divisionale spinge le divisioni verso un tipo di organizzazione più accentrata e più formalizzata di quanto non accadrebbe se fossero invece aziende indipendenti.
Possiamo quindi concludere che la divisionalizzazione spinge le divisioni verso la configurazione della burocrazia meccanica. Solo nella burocrazia meccanica, infatti, la divisionalizzazione non richiede cambiamenti fondamentali di organizzazione.
Rispetto alla burocrazia meccanica o, più precisamente, a un‟unica burocrazia meccanica per tutti i mercati, la soluzione divisionale attraverso la creazione di molte burocrazie meccaniche più piccole e più focalizzate riduce l‟accentramento complessivo dell‟organizzazione.
“Una caratteristica fondamentale della soluzione divisionale è la rigida divisione del lavoro fra la direzione centrale e le divisioni. Le comunicazioni fra divisioni e direzione centrale sono limitate e molto formali, limitate in buona sostanza alla trasmissione verso le divisioni degli standard di performance e alla trasmissione dei risultati conseguiti verso la direzione centrale. Questa comunicazione è integrata da rapporti personali fra i manager dei due livelli, rapporti però che sono accuratamente circoscritti: una conoscenza troppo dettagliata potrebbe infatti stimolare la direzione centrale a intervenire nelle decisioni delle divisioni vanificando l‟obiettivo di fondo della divisionalizzazione e cioè l‟autonomia divisionale.”
La diversità dei mercati rappresenta il fattore situazionale che maggiormente spinge le aziende
verso l‟adozione della soluzione divisionale. Questa soluzione consente di gestire in modo accentrato il portafoglio strategico, focalizzando nel contempo su ogni componente di tale portafoglio l‟attenzione e l‟azione di una unità organizzativa.
È valida anche la relazione opposta, e cioè che la divisionalizzazione promuove e favorisce la diversificazione. La divisionalizzazione, infatti, rende molto facile per la direzione centrale la variazione, tramite un aumento del numero delle divisioni e promuovendo la formazione di un flusso stabile di general manager che cercano sempre nuove e più grandi divisioni da dirigere.
Utilizziamo il termine burocrazia a copia carbone per indicare l‟ibrido di soluzione divisionale e di burocrazia meccanica, l‟organizzazione che emerge cioè quando vengono create identiche divisioni regionali e vengono centralizzate a livello di direzione centrale alcune funzioni critiche. Ogni divisione è una ripetizione di tutte le altre, svolgendo le stesse attività negli stessi modi ed essendo diversa soltanto per la localizzazione. La burocrazia a copia carbone è diffusa soprattutto nel settore dei servizi, ma anche nel settore industriale, dove un ambiente semplice e stabile e prodotti standard spingono verso la burocrazia meccanica, mentre la combinazione di mercati dispersi e di costi elevati di trasporto o di prodotti deperibili spinge a duplicare gli stabilimenti in regioni diverse. Anche l‟impresa multinazionale di grandissime dimensioni con linee di prodotti identiche nei vari mercati nazionali tende ad assumere i caratteri della burocrazia a copia carbone.
Il sistema tecnico (e in particolare le economie di scala) esercita un ruolo non trascurabile: la divisionalizzazione, infatti, è possibile solo quando il sistema tecnico può essere efficientemente suddiviso e separato in parti, una per ogni divisione.
Quando a essere diversificate sono le linee di prodotti piuttosto che le aree geografiche, la suddivisione del sistema tecnico avviene senza difficoltà, a prescindere dall‟entità delle economie di scala: linee di prodotti differenti richiedono infatti sistemi tecnici diversi. Fra economie di scala e divisionalizzazione intercorre un‟altra relazione, ancora più importante anche se indiretta; le imprese che debbono investire ingenti capitali in sistemi tecnici con costi fissi molto elevati tendono innanzi tutto a non diversificare e di conseguenza a non divisionalizzare.
“Mentre il posizionamento delle altre configurazioni avviene principalmente in base alle dimensioni generali dell‟ambiente costituite dalla stabilità e dalla complessità, la soluzione divisionale si collega invece con un‟altra e più ristretta dimensione dell‟ambiente e cioè con la diversità dei mercati, in particolare con la diversità dei prodotti, e ciò ne riduce il campo di applicazione.
La soluzione divisionale richiede ambienti che non siano né molto complessi né molto dinamici, in effetti gli stessi ambienti che favoriscono la burocrazia meccanica.
Quando viene effettuato il tentativo di imporre la divisionalizzazione a unità operanti i altri tipi di ambiente, ambienti complessi o dinamici dove gli output non possono essere misurati attraverso il controllo della performance, ne risulta solitamente una organizzazione ibrida”. Se la direzione centrale accentua la supervisione diretta delle divisioni attraverso contatti più frequenti con i loro manager si ha un ibrido che chiamiamo soluzione divisionale personalizzata. Se il controllo delle divisioni viene perseguito principalmente nominando solo manager di cui la direzione centrale ha piena fiducia si ha la soluzione divisionale socializzata.
La pressione concorrenziale rappresenta un‟altra determinante ambientale della soluzione divisionale. L‟assenza di pressioni concorrenziali, infatti, può ritardare l‟adozione della soluzione divisionale nonostante la diversificazione della produzione.
All‟aumentare della dimensione le imprese sono portate a diversificare la produzione e successivamente a divisionalizzarsi. Un motivo importante è rappresentato dal desiderio di protezione: la divisionalizzazione ripartisce i rischi.
Le grandi imprese, con la sola eccezione di quelle che rimangono in un solo settore a motivo dei sistemi tecnici con costi fissi molto elevati, non solo richiedono la divisionalizzazione ma hanno potuto raggiungere la loro grande dimensione solo a motivo della divisionalizzazione.
Molte imprese sono diventate così grandi e così diversificate che la semplice soluzione divisionale è diventata insufficiente portandole a utilizzare una variante che definiamo soluzione divisionale multipla, nella quale le divisioni sono controllate da divisioni.
Come la dimensione, anche l‟età è collegata con la soluzione divisionale: se nelle grandi imprese la diversificazione può scaturire dall‟esaurimento delle possibilità di espansione nei vecchi mercati, nelle imprese “vecchie” i manager talvolta si stancano dei mercati tradizionali e cercano la “distrazione” nella diversificazione. In altri casi, il trascorrere del tempo si accompagna all‟ingresso di nuovi concorrenti nelle vecchie nicchie di mercato obbligando il management a cercarne di nuove con un potenziale migliore.
La soluzione divisionale, tuttavia, non rappresenta necessariamente uno stadio di sviluppo successivo ad altre configurazioni.
I fattori situazionali legati al potere svolgono un ruolo anche nella soluzione divisionale.
Per l‟alta direzione, la soluzione divisionale è di gran lunga l‟organizzazione più efficace per aumentare il potere dell‟impresa nel suo complesso poiché consente di aggiungere nuove unità organizzative (divisioni) con facilità e con un minimo di problemi. All‟interno l‟alta direzione deve condividere il maggiore potere che ha acquisito con i responsabili divisionali.
La moda, infine, rappresenta un fattore non trascurabile nella popolarità della soluzione divisionale.
Questa soluzione è diventata sempre più popolare anche nella pubblica amministrazione.
La transizione delle imprese dall‟organizzazione funzionale alla soluzione divisionale è stata ampiamente studiata.
“Nello stadio iniziale la grande impresa ottiene tutti i suoi prodotti attraverso un solo ciclo produttivo operando quindi in modo integrato e conservando un‟organizzazione funzionale pura, una burocrazia meccanica o anche un‟adhocrazia. Quando comincia a vendere alcuni prodotti intermedi dei suoi processi produttivi, l‟impresa compie il primo passo verso la divisionalizzazione: si tratta dello stadio dell‟impresa integrata con sotto-prodotti. Ulteriori spostamenti nella stessa direzione, al punto in cui i sotto-prodotti diventano più importanti dei prodotti finiti, mentre esiste però un tema centrale nella strategia prodotto-mercato accentuano il carattere della divisionalizzazione: si tratta dello stadio dell‟impresa con prodotti correlati. Infine la completa frantumazione del ciclo produttivo, al punto in cui fra i diversi prodotti non esiste alcuna relazione, porta all‟impresa conglomerata e all‟adozione dell‟organizzazione divisionale pura.
Alcune imprese possono percorrere tutti questi stadi nella sequenza descritta, ma altre imprese si arrestano a uno di questi stadi a causa di sistemi tecnici con costi fissi molto elevati, di attività che si fondano su una sola materia prima, o perché la loro strategia si fonda su una base tecnologica comune o su uno specifico posizionamento prodotto-mercato.”
Descrive il caso dell‟organizzazione funzionale pura utilizzata dalle imprese le cui attività di produzione costituiscono un ciclo integrato e in cui solo l‟output finale è venduto ai clienti. Le strette interdipendenze che esistono fra le varie attività rendono impossibile per tali imprese l‟utilizzo della soluzione divisionale e cioè l‟attribuzione di autonomia a unità che svolgono una delle fasi del ciclo. Queste imprese trattano tipicamente una sola linea di prodotti.
Quando l‟impresa integrata cerca mercati più ampi può scegliere di diversificare le linee di prodotti finiti, e spostarsi completamente verso l‟organizzazione divisionale pura, o, come alternativa meno rischiosa, può incominciare a immettere sul mercato i propri prodotti intermedi. L‟adozione di questa alternativa provoca alcune piccole interruzioni nel ciclo produttivo, il che a sua volta richiede a livello di organizzazione una certa divisionalizzazione.
In questo stadio, a ogni unità organizzativa può essere concessa una qualche autonomia per vendere i rispettivi sotto-prodotti, anche se la maggior parte degli output continua ad avere un impiego interno, da parte dell‟anello successivo del ciclo.
La direzione centrale conserva un controllo considerevole non solo sulla formulazione della strategica ma anche su alcuni aspetti della gestione operativa. In modo particolare, per regolare le interdipendenze fra le divisioni, la direzione centrale utilizza la pianificazione dell‟azione.
Alcune imprese continuano a diversificare i mercati dei sotto-prodotti finchè le vendite sul mercato esterno superano o diventano più importanti delle vendite “interne” e cioè dei trasferimenti interni alle altre divisioni dell‟impresa. L‟impresa passa così allo stadio dei prodotti correlati.
Per riflettere questa maggiore indipendenza delle divisioni è necessaria una forma più accentuata di divisionalizzazione.
Tipicamente ciò che tiene unite le divisioni di queste imprese è un qualche elemento comune ai loro prodotti, una tecnologia, il posizionamento dei prodotti, i clienti.
La pianificazione a livello di direzione centrale deve essere meno vincolante rispetto allo stadio precedente, più rivolta alla misurazione della performance che alla prescrizione di azioni, mentre gran parte del controllo sulle strategie relative ai prodotti-mercati specifici deve essere attribuita alle divisioni. Le interdipendenze che permangono fra le divisioni spingono la direzione centrale a conservare funzioni che sono comuni alle divisioni, per esempio la ricerca e sviluppo nel caso di una tecnologia di base comune.
Via via che l‟impresa con prodotti correlati si espande in nuovi mercati o acquista altre imprese con un‟attenzione sempre minore verso un tema strategico centrale, essa muove verso lo stadio conglomerale e adotta un‟organizzazione divisionale pura. Ogni divisione serve i propri mercati, trattando linee di prodotti non correlate con quelle delle altre divisioni.
Fra le divisioni non vi sono interdipendenze significative, a eccezione della condivisione di risorse. Di conseguenza, il sistema di pianificazione e controllo della direzione centrale diviene semplicemente un mezzo per regolare la performance, soprattutto economica, delle divisioni mentre anche il personale della direzione centrale si riduce molto.
– l’adhocrazia –
Nessuna delle configurazioni fin qui esaminate è in grado di realizzare innovazioni complesse e non marginali: la struttura semplice può realizzare innovazioni ma solo di natura relativamente semplice, mentre tanto la burocrazia meccanica quanto la burocrazia professionale sono progettate per perfezionare i programmi standard e non per inventarne di nuovi. Infine, la soluzione divisionale a motivo dell‟orientamento sul controllo attraverso la standardizzazione degli output non incoraggia l‟innovazione.
L‟innovazione complessa o sofisticata richiede una configurazione che sia capace di fondere esperti appartenenti a discipline differenti in armonici gruppi di progetto ad hoc. Utilizzando il termine reso popolare da Toffler si tratta delle adhocrazie.
L‟adhocrazia rappresenta un‟organizzazione molto organica con una scarsa formalizzazione del
comportamento; un‟elevata specializzazione orizzontale delle mansioni fondata su una formazione di tipo formale; la tendenza a raggruppare gli specialisti in unità funzionali per motivi di aggregazione professionale ma a utilizzarli in piccoli gruppi di progetto fondati sul mercato; il ricorso ai meccanismi di collegamento per favorire il reciproco adattamento, che è il meccanismo
principale di coordinamento all‟interno dei gruppi e fra i gruppi; e un decentramento selettivo a e all‟interno dei gruppi che sono collocati in vari punti dell‟organizzazione e che implicano combinazioni diverse di manager di line, di staff, e di esperti appartenenti al nucleo operativo.
Poiché innovare significa rompere con gli schemi esistenti e consolidati, l‟organizzazione innovativa non può ricorrere per il coordinamento ad alcuna forma di standardizzazione.
L‟adhocrazia è la configurazione che rispetta di meno i principi classici dell‟organizzazione, in
particolare l‟unità del comando. In questa configurazione, i processi informativi e decisionali si sviluppano in modo flessibile e informale per promuovere l‟innovazione il che comporta, se necessario, l‟aggiornamento della linea d‟autorità.
L‟adhocrazia deve utilizzare e dare potere agli esperti, professionisti le cui conoscenze e capacità sono state ampiamente sviluppate in programmi di formazione. Tuttavia, essa non può fondarsi sulle capacità standardizzate di questi esperti per raggiungere il coordinamento poiché ciò porterebbe alla standardizzazione invece che all‟innovazione ma, piuttosto, deve utilizzare le conoscenze e le capacità esistenti semplicemente come basi sulle quali elaborarne di nuove.
Lo sviluppo di nuove conoscenze e capacità richiede inoltre la combinazione in forme diverse delle conoscenze e delle capacità esistenti.
Di conseguenza l‟adhocrazia deve rompere i confini delle specializzazioni e delle differenziazioni convenzionali. Infatti nell‟adhocrazia i diversi specialisti debbono combinarsi in gruppi multidisciplinari costituiti intorno a specifici progetti di innovazione.
Com‟è possibile? La soluzione è ovvia: l‟adhocrazia tende a utilizzare contemporaneamente in una organizzazione a matrice le basi di raggruppamento funzionale e di mercato. Gli esperti sono raggruppati in unità funzionali per motivi di aggregazione professionale (assunzione, comunicazioni professionali, etc) ma sono utilizzati in gruppi di progetto per svolgere l‟attività fondamentale di innovazione.
Come viene realizzato il coordinamento all‟interno e fra questi gruppi di progetto?
Il coordinamento deve essere assicurato da coloro che hanno le conoscenze, dagli esperti che svolgono effettivamente il lavoro di progetto il che rinvia all‟adattamento reciproco.
Nell‟adhocrazia vi sono molti manager, soprattutto manager di progetto. Questi ultimi sono particolarmente numerosi poiché i gruppi di progetto debbono essere piccoli per favorire il reciproco adattamento fra i loro membri e ogni gruppo deve avere un leader o un manager. Ne risulta un‟ampiezza del controllo limitata, che riflette solo la piccola dimensione delle unità di lavoro. La maggior parte dei manager non dirige nel senso abituale del termine, ma negozia, coordina l‟attività fra i diversi gruppi e fra i gruppi e le unità funzionali.
Utilizzando specialisti con un‟elevata formazione, l‟adhocrazia è decentrata. Infatti gli esperti sono presenti in tutta l‟organizzazione, di conseguenza il potere è diffuso in modo più uniforme in tutte le parti dell‟organizzazione. Nell‟adhocrazia il decentramento è selettivo nella dimensione sia orizzontale che verticale: il potere decisionale è distribuito fra i manager e i non manager a tutti i livelli della gerarchia in relazione alla natura delle diverse decisioni che debbono essere assunte;
nell‟adhocrazia quindi nessuno monopolizza il potere di innovare.
Innova e risolve i problemi direttamente a favore dei suoi clienti. I gruppi multidisciplinari di esperti spesso lavorano su contratto (agenzia pubblicitaria, società di consulenza).
Una caratteristica essenziale dell‟adhocrazia operativa è che l‟attività direzionale e l‟attività operativa tendono a fondersi in un unico sforzo. I altri termini nel lavoro di progetto ad hoc è difficile differenziare la pianificazione e la progettazione del loro dalla sua esecuzione poiché entrambe richiedono le stesse capacità specialistiche su una base di progetto per progetto. Di conseguenza l‟adhocrazia operativa non può preoccuparsi di distinguere i livelli intermedi dal nucleo operativo.
Mentre l‟adhocrazia operativa intraprende i progetti per servire i suoi clienti, l‟adhocrazia amministrativa realizza i progetti per servire se stessa.
Inoltre, in netto contrasto con l‟adhocrazia operativa, quella amministrativa opera una rigida distinzione fra la componente direzionale e il nucleo operativo: il nucleo operativo è separato e
isolato dal resto dell‟organizzazione di modo che la componente direzionale può essere organizzata
come un‟adhocrazia.
Questa separazione e questo isolamento possono avvenire in tre modi:
In entrambi i tipi di adhocrazie la relazione fra nucleo operativo e componente direzionale è diversa da quella riscontrabile in tutte le altre configurazioni.
In entrambi i casi i manager diventano membri effettivi dei gruppi di progetto con la responsabilità specifica di realizzare il coordinamento. In questo ruolo, però, essi agiscono più come colleghi che come capi, derivando la loro influenza dalla competenza e dalle capacità interpersonali piuttosto che dalla posizione formale.
Anche la distinzione tra line e staff sfuma. Non ha infatti più significato distinguere coloro che hanno il potere formale di decidere da coloro che hanno solo il diritto informale di consigliare: nell‟adhocrazia il potere decisionale spetta a chi ha la competenza a prescindere dalla posizione.
Lo staff di supporto svolge un ruolo di primaria importanza nell‟adhocrazia.
In entrambi i casi lo staff di supporto non è generalmente differenziato in modo netto dalle altre parti dell‟organizzazione come accade invece nelle configurazioni di tipo burocratico dove il suo intervento avviene solo su richiesta. Piuttosto, i membri dello staff di supporto, insieme con i manager di line e gli operatori nel caso dell‟adhocrazia operativa, formano un pool di esperti da cui viene prelevato il personale per i gruppi di progetto.
Poiché per il coordinamento non si ricorre alla standardizzazione, nell‟adhocrazia la necessità di una tecnostruttura che elabori i sistemi di regolazione è molto limitata.
Per concludere, la componente direzionale dell‟adhocrazia appare come un insieme organico di
manager di line e di esperti di staff (e dei membri del nucleo operativo nell‟adhocrazia operativa) che lavorano insieme in una rete di rapporti sempre mutevoli su una base di progetti ad hoc.
Nell‟adhocrazia il controllo del processo di formulazione della strategia non è chiaramente
attribuibile al vertice strategico o a una qualunque altra parte dell‟organizzazione.
Inoltre il processo è più correttamente concepibile in termini di formazione della strategia, poiché in questa configurazione la strategia più che essere formulata consapevolmente dalle persone si forma implicitamente attraverso le singole decisioni che esse assumono. Nell‟adhocrazia, la dicotomia formulazione/implementazione nel processo strategico perde il suo significato: nell‟adhocrazia infatti le strategie si sviluppano, cioè prendono forma, attraverso l‟assunzione di decisioni specifiche all‟interno e intorno ai progetti, decisioni che sarebbero normalmente considerate come implementazione. Infatti, quando l‟obiettivo centrale di un‟azienda è l‟innovazione, i risultati dei suoi sforzi non possono essere prestabiliti e, di conseguenza, non è possibile specificare una strategia completa a preventivo, prima che tali decisioni vengano assunte.
Quando la strategia si stabilizza, la configurazione cessa di essere un‟adhocrazia. Ora se la strategia evolve continuamente in base ai progetti che vengono svolti, è corretto affermare che la formazione della strategia è controllata da chiunque decida quali progetti vengono svolti e come.
Nell‟adhocrazia, i manager del vertice strategico possono anche non dedicare molto tempo alla formulazione di strategie esplicite, ma debbono certamente dedicarne una grande quantità alle lotte che seguono alle scelte strategiche, e alla gestione delle molte varianze che si manifestano in questa configurazione molto fluida. L‟adhocrazia combina soluzioni di lavoro organiche con il potere fondato sulla competenza: insieme queste condizioni generano aggressività e conflitto. Il vertice
strategico deve incanalare tale aggressività verso finalità produttive. Di conseguenza, i manager debbono essere esperti in relazioni umane.
Il vertice strategico deve anche dedicare molto tempo al controllo dei progetti. Il lavoro innovativo di progetto è notoriamente difficile da controllare.
Di conseguenza è necessario un controllo personale e accurato dei progetti per assicurarsi che vengano completati rispettando le specifiche, il programma e i costi preventivati o, più esattamente, che non vengano completati con un ritardo eccessivo o con una variazione in aumento dei costi troppo elevata.
Il ruolo più importante del vertice strategico dell‟adhocrazia è però quello di collegamento con
l‟ambiente esterno.
L‟adhocrazia operativa vive di progetto in progetto e scompare se non ne trova più.
L’ambiente di base
Le condizioni dell‟ambiente rappresentano i fattori situazionali più importanti dell‟adhocrazia.
L‟adhocrazia è chiaramente posizionata in un ambiente che è sia dinamico che complesso.
Un ambiente dinamico richiede un‟organizzazione di tipo organico e un ambiente complesso richiede una struttura decentrata, e l‟adhocrazia è la sola configurazione che sia a un tempo organica e relativamente decentrata. In effetti, essendo imprevedibile, l‟attività innovativa è associata con un ambiente dinamico mentre il fatto che l‟innovazione debba essere sofisticata significa che è difficile da comprendere, in altri termini che è associata con un ambiente complesso.
L‟eterogeneità dell‟ambiente spinge l‟azienda a operare un decentramento selettivo a costellazioni di lavoro differenziate, in altri termini a configurarsi come un‟adhocrazia amministrativa.
Alcune aziende sono spinte verso l‟adhocrazia a causa delle condizioni dinamiche che derivano da cambiamenti molto frequenti dei prodotti. Es. impresa industriale che produce solo prodotti speciali su commessa, imprese di piccola dimensione ad alta tecnologia…
Un altro fattore situazionale dell‟adhocrazia è la giovane età, dal momento che non si tratta di una configurazione molto stabile. Infatti è difficile che un‟organizzazione ne conservi le caratteristiche per lunghi periodi di tempo.
Col passare del tempo tutti i tipi di forze spingono l‟adhocrazia verso la burocratizzazione.
L‟adhocrazia è quindi collegata alla giovane età, cioè ai primi stadi di sviluppo dell‟organizzazione.
In determinati casi il sistema tecnico rappresenta un altro fattore situazionale importante della configurazione che stiamo esaminando. Mentre le adhocrazie operative tendono ad avere un sistema tecnico semplice e a basso grado di regolazione, per le adhocrazie amministrative si verifica spesso la situazione opposta. Molte aziende infatti utilizzano l‟adhocrazia amministrativa poiché i loro sistemi sono sofisticati e talvolta anche automatici.
La moda è decisamente un fattore situazionale del‟adhocrazia.
Se la struttura semplice e la burocrazia meccanica sono state le configurazioni di ieri, e la
burocrazia professionale e la soluzione divisionale quelle di oggi, l‟adhocrazia è chiaramente la configurazione di domani: si tratta dell‟organizzazione adatta per una popolazione con livelli di scolarità e di specializzazione crescenti, ma che deve nel contempo adottare un approccio sistemico e cioè considerare il mondo come un insieme integrato di parti e non come un insieme di parti sostanzialmente indipendenti; è l‟organizzazione adatta per ambienti che sono complessi e che richiedono l‟innovazione, e per sistemi tecnici che diventano più sofisticati e altamente automatizzati; si tratta ancora della sola organizzazione utilizzabile da coloro che credono che le aziende debbano diventare più democratiche e meno burocratiche.
Tuttavia l‟adhocrazia non è la configurazione ideale per tutte le aziende. Il suo posto sembra essere definito dai nuovi settori della nostra epoca, sostanzialmente tutti i settori che si sono sviluppati dopo la seconda guerra mondiale.
Lo studio dei problemi connessi con l‟adhocrazia è stato molto limitato vista la sua giovinezza. Comunque alcuni problemi sono emersi, e tre in particolare sono da considerare:
Anche i membri entusiasti delle adhocrazie manifestano periodicamente la stessa scarsa tolleranza per la sua fluidità, confusione e ambiguità.
A causa della contemporanea presenza di ambiguità e interdipendenza l‟adhocrazia si caratterizza come la configurazione più politicizzata e cioè altamente supportava del forte finchè rimane forte e così crudele col debole.
Nell‟adhocrazia il conflitto e l‟aggressività sono elementi necessari e il management deve indirizzarli verso scopi costruttivi;
Le basi di questa inefficienza risiedono innanzitutto negli elevati costi di comunicazione: in questa configurazione le persone instaurano fra di loro molte comunicazioni interpersonali, poiché è in questo modo che le diverse conoscenze si combinano per sviluppare nuove idee. Questo modo di procedere richiede però molto tempo per arrivare ad una decisione, poiché nell‟adhocrazia tutti intervengono. Tuttavia gli alti costi per pervenire ad una decisione sono parzialmente recuperati nella sua esecuzione: una vasta partecipazione all‟assunzione delle decisioni assicura un ampio supporto verso le decisioni prese.
Un‟ulteriore causa di inefficienza è costituita dal mancato bilanciamento dei carichi di lavoro. È infatti quasi impossibile saturare in modo regolare e completo il tempo di lavoro del personale che opera in un‟organizzazione di progetto.
La transizione dall‟adhocrazia operativa alla burocrazia, anche se facile, non è sempre appropriata: l‟azienda è stata creata per la soluzione creativa dei problemi e non per
l‟applicazione indiscriminata di standard. Gli output standard della burocrazia non sono sufficienti quando le condizioni richiedono la creatività dell‟adhocrazia.
L‟adhocrazia amministrativa incorre in difficoltà più gravi quando cede alle pressioni verso la burocratizzazione: distruggendo la capacità di innovare può alla fine distruggere l‟azienda stessa.
Le multinazionali le cui linee di prodotto sono interdipendenti e che affrontano un ambiente caratterizzato da complessità e dinamismo crescenti saranno spinte verso l‟ibrido dell‟adhocrazia divisionale;
Nelle piccole imprese ad alta tecnologia si ha l‟ibrido adhocrazia imprenditoriale;
Quando il prodotto varia continuamente a causa della competitività dei mercati e della rapida obsolescenza dei prodotti si ha un‟adhocrazia competitiva, fondata su tempi di risposta rapidissimi determinati da una perfetta conoscenza dei mercati.
– oltre le cinque configurazioni –
In un certo senso le configurazioni non esistono affatto; dopo tutto esse sono soltanto parole e disegni sulla carta e non la realtà in se stessa. Le organizzazioni reali sono di gran lunga più complesse di ciascuna di queste configurazioni: le configurazioni rappresentano una teoria e ogni teoria necessariamente semplifica e quindi distorce la realtà.
Questa riflessione non deve tuttavia portare al rifiuto delle configurazioni. Nella nostra mente infatti costruiamo semplificazioni significative –teorie, modelli, concetti - che ci permettono di classificare i dati e le esperienze. La scelta si pone quindi tra teorie alternative.
La scelta delle teorie avviene normalmente in base a due criteri: da un lato, l‟accuratezza e la precisione della descrizione, e cioè la misura nella quale riflette la realtà, e, dall‟altro, la facilità di comprensione. Le teorie più utili sono semplici nella formulazione e molto utili nell‟applicazione.
Di conseguenza, le configurazioni esistono, nella mente.
Per rinforzare questo carattere della teoria delle configurazioni ne esaminiamo alcune possibili applicazioni considerando le cinque configurazioni come:
STRUTTURA SEMPLICE
(primo stadio di molte aziende)
SOLUZIONE DIVISIONALE
ADHOCRAZIA
Le configurazioni rappresentano un insieme di cinque forze che spingono le organizzazioni in cinque direzioni diverse.
Le spinte sono le seguenti:
Sostanzialmente ogni azienda sperimenta tutte queste spinte.
Quando una spinta è dominante, l‟organizzazione che ne deriva si avvicina abbastanza strettamente a uno dei tipi puri di configurazione. Quando sono operanti due o più spinte di intensità sostanzialmente simile, è logico attendersi che si affermi un ibrido delle configurazioni. Quando infine a una spinta dominante se ne sostituisce un‟altra anch‟essa dominante, l‟organizzazione viene a trovarsi in uno stadio di transizione.
In questa seconda applicazione della teoria, l‟insieme di configurazioni viene considerato come una tipologia di tipi puri dove ogni tipo rappresenta la descrizione di un tipo fondamentale di organizzazione e della sua situazione.
Molte aziende, essendo dominate da una delle cinque spinte, tendono ad assumere un‟organizzazione molto simile a una delle configurazioni: nessuna organizzazione coincide perfettamente con una certa configurazione, ma alcune vi si avvicinano notevolmente.
Perseguendo l‟armonia nella propria organizzazione, l‟azienda è spesso spinta verso una delle configurazioni. Pur potendo sperimentare spinte verso configurazioni diverse, l‟azienda spesso manifesta la tendenza a operare una scelta fra tali spinte: è infatti meglio essere coerenti e selettivi piuttosto che completi e senza caratterizzazione.
Di conseguenza aziende diverse operanti nello stesso settore adottano talvolta configurazioni diverse in relazione alla spinta alla quale decidono di rispondere.
In questa terza applicazione della teoria, l‟insieme delle cinque configurazioni viene utilizzato come base per descrivere gli ibridi organizzativi.
Alcuni ibridi che abbiamo incontrato nel nostro esame sembrano essere disfunzionali, indicatori cioè di aziende che non sanno decidere e che desiderando il meglio di più di un mondo finiscono con l‟avere il peggio di molti mondi.
Altri ibridi però sembrano perfettamente logici, indicatori della necessità di rispondere contemporaneamente a più di una forza rilevante.
Fin qui abbiamo parlato di ibridi intesi come una combinazione nell‟ambito di una organizzazione di caratteristiche proprie di configurazioni diverse. Esiste tuttavia anche un altro tipo di ibrido e cioè
quello corrispondente all‟utilizzo di configurazioni diverse in parti diverse dell‟organizzazione; in questo caso la coerenza viene raggiunta a livello di parte e non dell‟organizzazione nel suo complesso.
Il sistema di configurazioni può essere utilizzato anche per comprendere come e perché le aziende
effettuano transizioni da una configurazione a un‟altra.
Emergono due modelli principali, entrambi legati agli stadi nello sviluppo organizzativo delle aziende. Il primo si applica alle aziende che incominciano la loro attività operando in ambienti semplici e si sviluppa sul lato sinistro del pentagono a partire dal vertice.
Il secondo modello di transizione si applica alle aziende che iniziano la loro attività in un ambiente complesso; questo modello si sviluppa a partire dal vertice inferiore destro del pentagono risalendo poi verso sinistra.
Si può osservare che le transizioni organizzative spesso seguono con ritardo l‟instaurarsi delle nuove condizioni che le rendono necessarie.
Una sesta configurazione si è delineata durante la trattazione di questo libro, parliamo della
La configurazione missionaria ha uno specifico meccanismo principale di coordinamento – la socializzazione, o in altri termini la standardizzazione delle norme – un corrispondente parametro principale di progettazione organizzativa – e cioè l‟indottrinamento – e una sesta parte
fondamentale dell‟organizzazione – e cioè l‟ideologia.
L‟ideologia è intesa come il sistema di convinzioni intorno all‟azienda stessa e non come un sistema di convinzioni relative alla società che la circonda. Essa rappresenta una sesta importante forza che agisce su ogni azienda generando un senso di missione e cioè una spinta a evangelizzare a vantaggio dell‟azienda.
La configurazione missionaria è una forma di burocrazia poiché fonda il coordinamento sulla standardizzazione delle norme, quindi è anche rigida e poco adattiva: la missione deve essere distintiva e profonda ma né la missione né l‟insieme di norme che l‟accompagnano possono essere cambiati.
Sotto altri punti di vista, però, la configurazione missionaria differisce profondamente dalle altre forme di burocrazia e, in particolare, il suo grado di strutturazione è molto basso.
Una volta che i nuovi membri siano stati adeguatamente socializzati e indottrinati, generando la loro assoluta lealtà, essi possono svolgere il loro lavoro senza che sia necessario ricorrere a tutte le altre modalità di controllo delle burocrazie tradizionali.
In verità la lealtà sopra richiamata può essere conservata solo avendo un‟eguale fiducia in tutti i membri il che implica che non venga fatto ricorso a tali controlli ma richiede anche una missione semplice e un sistema tecnico semplice.
Da questi aspetti fondamentali derivano di fatto tutte le altre caratteristiche della configurazione missionaria pura: una scarsissima divisione del lavoro con una rotazione invece che una
specializzazione delle mansioni, una distinzione minima o nulla fra manager e operatori i fra line e staff.
a struttura raggiunge la forma più pura di decentramento poiché non esiste alcun gruppo privilegiato; di conseguenza la configurazione missionaria è quella che più si avvicina all‟ideale democratico anche se la creazione dell‟ideologia richiede come condizione antecedente la presenza di una forte leadership carismatica e di una struttura semplice. Il raggruppamento si basa sul mercato, e cioè sulla missione, e dà luogo alla creazione di unità relativamente piccole, autonome se si esclude il fatto che condividono una comune ideologia. Quindi il contatto personale rappresenta il solo modo per conservare la forte ideologia.
La configurazione missionaria pura si segnala per l‟assenza delle altre.
Qualcosa di molto vicino alla configurazione missionaria pura è riscontrabile nelle associazioni volontarie con forti sistemi di credenze e di valori; i movimenti e le sette ideologiche religiose, i partiti politici rivoluzionari, i gruppi come gli Alcolisti anonimi etc..
Si tratta di una configurazione importante nella ricerca di soluzioni organizzative efficaci che sembra destinata a diventarlo sempre più.
Un‟efficace organizzazione dovrebbe prevedere la possibilità di allontanarsi dalle soluzioni standard con la creazione di una nuova configurazione, combinando in modo originale i parametri di progettazione e i fattori situazionali, sempre rispettandone la coerenza.
Fonte: http://www.guzzardi.it/Materiale_Didattico/Materiale_MAPC_file/MAPC/Riassunto%20Minzberg.pdf
Sito web da visitare: http://www.guzzardi.it/
Autore del testo: F.Lo Piparo
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