Riassunto libro lineamenti di diritto privato romano di Matteo Marrone

Riassunto libro lineamenti di diritto privato romano di Matteo Marrone

 

 

 

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Riassunto libro lineamenti di diritto privato romano di Matteo Marrone

LINEAMENTI DI DIRITTO PRIVATO
(di Matteo Marrone)

CAPITOLO 1: il diritto romano e le sue fonti

Varie definizioni di diritto:

  • Diritto: 2 diverse concezioni → normativa: diritto = regola, norma

          → istituzionale: diritto = ordinamento giuridico

  • Diritto oggettivo: norma agendi (es. diritto romano, diritto privato)
  • Diritto soggettivo: facultas agendi (aspetto attivo della posizione giuridica del soggetto; la pretesa di un soggetto è garantita dal diritto oggettivo, cui corrisponde il dovere di soddisfare quella pretesa.
  • Posizioni soggettive attive:
        • Potestà o diritto potestativo: il titolare esercita un potere su altri soggetti indipendentemente dalla loro volontà
        • Facoltà: sono le possibilità  riconosciute e garantite al soggetto in virtù di un diritto soggettivo
  • Posizioni soggettive passive:
        • Obbligo: il dovere di fare o non fare in relazione al diritto soggettivo altrui
        • Soggezione: situazione in cui un soggetto deve sottostare ad altrui potestà
        • Onere: è il sacrificio che il diritto soggettivo addossa ad un individuo affinché possa conseguire un risultato
  • Diritto Romano: diritto di quella collettività politica organizzata che fece capo all’antica Roma; dura per oltre 1300 anni:
        • Origine: Roma VII secolo a.C., 745 a.C.
        • Termine: morte di Giustiniano 565 d.C. (Corpus iuris civils)
        • Il diritto romano è tra i diritti dell’antichità classica l’unico che fu scientificamente elaborato e solo Roma ebbe veri “giureconsulti” (giuristi, esperti di diritto)
        • È la matrice di molti sistemi privatistici di molti paesi mondiali e del nostro Diritto Privato, il vigente Codice Civile.
  • IUS: corrisponde alla comune parola “diritto”.
        • Uso termine: diritto oggettivo (ius civile, ius gentium); diritto soggettivo ( ius utendi); significato di “potestà”.
        • Anticamente: indicato come il “luogo del giudizio”
        • Età postclassica: indicava globalmente la giurisprudenza classica.
        • Significato più usato: situazione giuridica soggettiva di un rapporto giuridico:
            • Attiva: diritto soggettivo
            • Passiva: corrispondente obbligo.
  • Diritto Privato: diritto che regola i rapporti tra individui (ius privatum)
  • Diritto Pubblico: regola l’organizzazione e il funzionamento della collettività e degli interessi pubblici (ius publicum)
  • Periodi della storia del diritto romano:

        • Età arcaica
        • Età preclassica
        • Età classica
        • Età postclassica
        • Età giustinianea

  • ETÀ ARCAICA:
  • Periodo: da 754 a.C. a metà del III secolo a.C.
  • Regime costituzionale: prima monarchico (rex, senato, assemblee popolari), poi repubblicano (senato, magistratura, assemblee popolari), espansione di Roma, potenza militare e grandi attività commerciali
  • Caratteri IUS: il diritto romano è un diritto povero di strutture, formalistico per una società rurale , è un diritto vero e proprio per i soli cittadini romani
  • MORES: il diritto dell’età arcaica era basato sulla consuetudine: il diritto era fondato sui mores che erano i costumi giuridici dei MAIORES ( antichi romani)
  • LEGES: provvedimenti normativi; erano 3 tipi:

a.   Legge delle XII Tavole: lex data, scritte su tavole di bronzo distrutte nell’incendio di Roma nel 387 a.C.
b.  Leges rogatae: proposte dal magistrato che “rogava”(interrogava) il popolo in assemblea. L’assemblea poteva:
i.          Approvare la proposta: il testo veniva rettificato dal Senato e prendeva il nome di “LEX + nome magistrato proponente”.
ii.         Rifiutare la proposta: no LEX
c.   Mores: fonte principale del diritto romano

  • Pontefici: avevano la conoscenza e l’interpretazione del diritto; erano i primi giuristi romani; atmosfera di segretezza.
  • Il diritto dell’età arcaica si qualifica:
    • Prima: ius Quiritium
    • Dopo: ius civile
  • Ius Quiritium: “diritto dei quirini”, una delle prime collettività romane. Venivano riconosciute le posizioni giuridiche soggettive assolute, cioè posizioni di potere su cose o persone. Tale potere si è espresso nel tempo come:
    • Prima: ex iure quiritium (questa cosa è mia)
    • Poi: dominium (dominio)
    • Successivamente: proprietas (proprietà)
  • Ius civile: riguarda solo i cives (cittadini) romani; le fonti erano: mores, leges e interpretatio pontificale; comprende lo ius Quiritium, ma è più ampio; vennero riconosciute nuove posizioni giuridiche: le obbligazioni. L’obbligatorietà che ha il debitore verso il creditore è espressa con il verbo “oportere”.

ETÀ PRECLASSICA:

  • Periodo: III secolo a.C. a 27 a.C.: apice e crisi della repubblica. Ha inizio con le guerre puniche (264 a.C.). Roma si estende.
  • Caratteri IUS: riconoscimento e tutela dei nuovi negozi giuridici per esigenze di commercio; tali negozi erano utilizzati anche dai non cittadini (peregrini) ; il diritto  dell’età preclassica perde la povertà della struttura tipi dell’età arcaica.
  • FONTI: mores, leges, plebisciti (deliberazione presa dall’assemblea della plebe), leges rogatae. 
  • Pontefici: persero il monopolio della conoscenza e interpretazione del diritto. Maggiore ruolo del pretore e della giurisprudenza laica.
  • Giurisprudenza: i pareri espressi dai giuristi erano considerati ius, o meglio fonte del ius civile. Giurista oggi: privato che interpreta una norma, ma la sua opinione non è vincolante. I primi giuristi furono i pontefici; poi vennero i laici con attività consultiva, insegnamento e opere giuridiche (vocabolario tecnico). Giuristi più noti: Giunio Bruto, Publio Mucio, Manio Manilio (“fondarono” lo ius civile). Nell’età preclassica si affianca allo ius civile e si contrappone il “diritto onorario”.
  • Ius civile: maggiore importanza allo ius civile: tutela giudiziaria ed efficacia giudiziaria a nuovi negozi giuridici compiuti dai cittadini romani e dai peregrini. Il giudice doveva valutare la bona fides: il giudice chiamato a decidere su una lite insorta tra le parti doveva valutare secondo la buona fede i doveri del debitore.
  • Ius gentium: erano i negozi giuridici compiuti dai cittadini romani e dai peregrini. Era parte integrante del ius civile.
  • Ius Honorarium: diritto risultante dall’attività creativa di alcuni organi giurisdizionali (pretori urbani e peregrini, edili curuli, governatori delle province, magistrati con carica annuale).
    • Pretore urbano: (367 a.C.) magistrato cum imperio; compiti: dicere ius
    • Pretore peregrino: (242 a.C.) istituito più tardi per aumento traffici commerciali; compito: dicere ius tra cittadini romani e stranieri (peregrini)  o tra stranieri. Pari dignità pretore urbano.
    • Edili curuli: magistrato incaricato della cura dei templi e degli edifici pubblici. Magistrati sine imperio; compito: cura annonae e poteri di vigilanza sui mercati e relativa giurisdizione.
    • Governatori provinciali: attività giurisdizionale delle province dei territori di Roma.
    • Magistrati: attività edittale. Editto: ordinanza emanata da una pubblica autorità.

Quindi ius honorarium = ius pretorio: da pretore urbano che emanava un editto con durata di 1 anno (come la sua carica) con un programma che indicava le promesse di strumenti giudiziari e i provvedimenti che avrebbe emanato. I pretori successivi confermavano l’editto del precedente pretore, creando gradualmente un nucleo edittale che si trasmetteva: fu l’edictum tralaticium.

ETÀ CLASSICA

  • Periodo:. Dalla fine della repubblica romana e all’avvento del principato di Ottaviano Augusto (27 a.C.) inizia l’età classica. Termina con l’abdicazione di Diocleziano (305 d.C.). Aspetto costituzionale: no repubblicano e no monarchico, sopravvivono formalmente organi repubblicani cui si contrappongono princeps e i suoi funzionari. Espansione di Roma e società romana.
  • FONTI:
  • aumento delle fonti: senatoconsulti  e costituzioni imperiali
  • estinzione attività legislativa del popolo
  • il pretore perde il carattere innovativo del ius
  • Editto perpetuo: 130 d.C., Salvio Giuliano, su incarico d’Adriano, fa il testo definitivo dell’editto pretorio → editto perpetuo
  • Giurisprudenza: i giureconsulti raggiungo il più alto grado di importanza; l’età classica fu caratterizzata da 2 tipi di scuole (sectae) di giuristi:
  • Sabiniani: capostipite Ateio Capitone, ma il nome fu preso da Masurio Sabino.
  • Proculiani: capostipite Marco Antistio Labeone, giureconsulto; la scuola prese il nome dal successore di Labeone, Procuro.

ETÀ POSTCLASSICA

  • Periodo:. Dal 312, con l’ascesa di Costantino si parla di età postclassica.
  • Aspetto costituzionale: non più un principato, ma un impero suddiviso in 2 parti:

a.   pars occidentis:con capitale Roma: a capo 1 imperatore
b.  pars orientis: con capitale Bisanzio, divenuta Costantinopoli: a capo 1 imperatore
Per motivi interni ed esterni:

  • fine impero romano d’Occidente: Romolo Augusto sconfitto dal re ostrogoto Odoacre. L’impero d’occidente non sarà più ricostruito.
  • sopravvivenza impero romano d’Oriente: Giustiniano imperatore d’oriente.
  • Diritto: il diritto privato è in decadenza; l’unica fonte del diritto è l’imperatore. Lo studio del diritto sopravvive : “Codice Teodosiano”, era una compilazione delle costituzioni imperiali da Costantino a Teodosio II. Dal V secolo maggiore impulso agli studi giuridici che nel VI secolo Giustiniano poté adottare la compilazione della giurisprudenza classica e delle costituzioni imperiali che oggi porta il nome di “Corpus iuris civils” : le differenze tra ius civile e ius honorarium furono diminuite.

FONTI DI COGNIZIONE DEL DIRITTO ROMANO

  • Corpus Iuris Civilis:
    • Principale fonte di cognizione del diritto romano
    • La denominazione indica: iura (giurisprudenza classica) + leges (costituzioni imperiali di Giustiniano)
    • È diviso in 4 parti:
  • Institutiones: divisa in 4 libri; sono la parte più breve e semplice  della compilazione; sono scritte in forma di discorso diretto; hanno funzione didattica.
  • Digesta: divisa in 50 libri; è la parte di maggior pregio e grandezza del Corpus Iuris. È un’antologia giuridica.
  • Codex: diviso in 12 libri ; contiene le costituzioni di diritto privato di Giustiniano
  • Novellae: sono le costituzioni di Giustiniano raccolte dopo la sua morte.
  • Fonti di cognizione pregiustinianee:
    • Istituzioni di Gaio: scoperte a Verona nel 1816 e sono formate da 4 libri (cose, persone, azioni)
    • Codice Teodosiano: fatte nel 438 da Teodosiano II; diviso in 16 libri; conteneva le costituzioni imperiali ordinate per materia da Costantino a Teodosio II.

 

 

 

LINEAMENTI DI DIRITTO PRIVATO
(di Matteo Marrone)

CAPITOLO 2: il processo

PROCESSO PRIVATO E DIRITTO SOSTANZIALE

  • Processo privato: complesso delle attività volte all’accertamento e alla realizzazione di diritti soggettivi o posizioni giuridiche soggettive attive. Procedimento:
    • Il singolo soggetto privato dà l’impulso per l’accertamento ed interviene un organo pubblico, l’organo giudiziario.
  • Diritto sostanziale: norme primarie che regolano i rapporti tra uomini nella vita associata.
  • Azione: potere di promuovere in giudizio per far valere le proprie ragioni. Il titolare di quella pretesa ha il potere di dare avvio ad un processo per far valere le sue ragioni. Questo strumento si chiama Azione, actio. Ad ogni azione corrisponde un diritto soggettivo. Le actiones erano tipiche.
  • Tipi di processo nell’evoluzione giuridica romana:

A )          Le legis actiones dell’età arcaica
B )          Il processo formulare
C )          Le cognitiones extra ordinem dell’età classica
D )         Il processo postclassico e giustinianeo.

 

LE LEGIS ACTIONES

  • Caratteristiche:
    • Unico processo privato utilizzato dai cittadini romani nell’età arcaica
    • In verità erano 5 riti processuali tra loro diversi ma per caratteristiche comuni:
      • Dichiarative: sacramenti, per iudicis arbitrive postulationem, per condictionem.

→ Accertamento di situazioni giuridiche incerte o controverse

  • Esecutive: per manus iniectionem , per pignioris capionem.

→ Realizzazione di posizioni giuridiche certe.

  • Caratteristiche comuni:
  • La denominazione: legis actio
  • Solo per i cittadini romani
  • Oralità
  • Rigido formalismo (si esigeva la pronunzia di certe parole: certa verba)
  • La presenza di ambedue i litiganti
  • Partecipazione del magistrato con iuris dictio (responso). Questo ruolo fu sostituito in seguito dal pretore.
  • Procedimento:
          • Il pretore aveva il potere di emanare alcuni provvedimenti
          • I due contendenti dovevano essere presenti davanti al pretore e doveva essere cura dell’attore assicurare la presenza dell’avversario
          • Chiamata in giudizio “in ius vocatio”: atto privato nel quale una parte ingiungeva all’altra di seguirla dinanzi al magistrato. Non era possibile sottrarsi alla chiamata in giudizio: l’altra parte era autorizzata ad usare la forza per trascinarlo in giudizio.
        • Le legis actiones dichiarative avevano il procedimento suddiviso in 2 fasi:

1.   In iure: aveva luogo davanti al magistrato; venivano fissati i termini giuridici della lite. In questa fase i contendenti potevano invocare dei testimoni. Il pretore alla fine nominava un giudice (iudicem dabat) perché le parti potessero procedere alla fase apud iudicem.
2.   Apud iudicem: tale fase si svolgeva davanti al giudice, spesso un privato cittadino, come giudice (iudex) o arbitro (arbiter), il quale raccoglieva prove e emanava la sentenza.

        • Le legis actiones più antiche furono:

1.   legis actio sacramenti: dichiarativa
2.   legis actio manus iniectionem: esecutiva

LA LEGIS ACTIO SACRAMENTI

  • Legis dichiarativa utilizzata con largo impiego perché considerata generale. Poteva essere:
      • Legis actio sacramenti in rem: era impiegata per il riconoscimento e la tutela delle posizioni giuridiche soggettive assolute, dette “vindicationes”. Con tale legis, il proprietario perseguiva la cosa che affermava appartenergli.
        • Procedimento:

Fase in iure
1.   era necessaria la presenza di entrambi i contendenti dinanzi al magistrato giusdicente (in iure)
2.   doveva essere presente anche la cosa della controversia
3.   una parte che aveva preso l’iniziativa della lite con in mano una bacchetta (festuca) affermava solennemente che gli apparteneva
4.   l’altra parte compiva gli stessi gesti.
5.   alla vendicatio di una parte seguiva la controvendicatio dell’altra
6.   il pretore interveniva ordinava ai litiganti di depositare la cosa (mittite ambo rem).
7.   i 2 contendenti obbedivano, ma si dovevano sfidare al sacramentum: scommessa di pagare all’erario
8.   prestato il sacramentum, il pretore emanava un provvedimento (vindicias dicebat) con il quale assegnava il possesso provvisorio della cosa controversa a quella delle parti in lite che assicurasse l’intervento di garanti (praedes) ritenuti più idonei. Questi garanti in caso di perdita della parte alla quale il magistrato aveva assegnato il possesso provvisorio della cosa, avrebbero garantito la restituzione della cosa avversario insieme con i frutti maturati durante il processo. 
Fase apud iudicem

  • entrambe le parti dimostrano che la cosa gli appartiene
  • il giudice raccolte le prove doveva pronunziare su quali dei due sacramenta fosse:

a.   iustum (conforme a ius): è il sacramentum di chi fosse risultato essere proprietario della cosa
b.  iniustum (non conforme a ius): è il sacramentum dell’altro contendente
c.   il soccombente – perdente avrebbe pagato all’erario l’importo del sacramentum.

      • Legis actio sacramenti in personam:
        • Con tale legis si agiva per la tutela di posizioni giuridiche soggettive relative, in particolare i crediti.
        • Procedimento:

Fase in iure

  • il creditore insoddisfatto agisce contro il debitore affermando (in iure) ciò che gli doveva
  • il debitore poteva:

a.   ammettere: confessio in iure, con conseguente interruzione del processo
b.  negare: le parti si sfidavano reciprocamente al sacramentum (stesso procedimento del sacramentum)

  • nel caso in cui il debitore persisteva con l’inadempimento, il creditore avrebbe esercitato la legis actio per manus iniectionem.

LA LEGIS ACTIO MANUS INIECTIONEM

    • Tale legis aveva carattere esecutivo
    • Con essa si agiva per la realizzazione di posizioni giuridiche soggettive per le quali una legge vi avesse fatto espressamente rinvio.
    • Poteva essere attuata per l’esecuzione di un giudicato (secondo le XII Tavole di Gaio)
    • Manus iniectio iudicati: il creditore che aveva a suo favore una sentenza (iudicatum) poteva dare esecuzione contro l’avversario ritenuto debitore di una somma di denaro. Con manus iniectio si procedeva sempre quando il debitore (iudicatus) dopo 30 gg dalla sentenza non avesse ancora pagato.
    • Iudicatus: era il confessus, colui che aveva ammesso il proprio debito (confessus pro iudicato est).
    • Con la manus iniectio si procedeva anche in situazioni riconosciute certe a priori:
        • Manus iniectio pro iudicato
        • Manus iniectio pura
  • Procedimento:
        • davanti al magistrato dovevano presentarsi creditore e debitore
        • il ruolo attivo inizialmente era del presunto creditore
        • Il creditore pronunciava, adottando un formulario rigidamente predeterminato (certa verba) , indicando l’importo e dichiarava la manum inicere, afferrando il debitore.
        • Il debitore poteva indicare un vindex (garante, difensore), grazie al quale:
            • Lo avrebbe sottratto dalla manum iniectio
            • Poteva negare il debito.
        • Se il debitore non avesse dichiarato nessun vindex, o nessun vindex venuto in suo favore, il pretore pronunziava:
            • L’addictio del debitore in favore del creditore
            • Il creditore avrebbe potuto trascinare presso di sé l’addictus e tenerlo in catene per 60 gg.

LE ALTRE LEGIS ACTIONES

  • Legis actiones per pignoris capionem: esecutiva, no presenza magistrato e avversario, il creditore con pronunzia certa verba e prendeva in pegno le cose appartenenti al debitore
  • Legis actiones per iudicis arbitrive postulationem: dichiarativa, per crediti nascenti da stipulatio e per divisione di eredità e per divisione di beni comuni
  • Legis actiones per condictionem: dichiarativa, per crediti aventi ad oggetto:

a.   una determinata forma di denaro (certa pecunia)
b.  cose determinate diverse dal denaro (certa res)

  • IL PROCESSO FORMULARE

Nel processo per legis actiones sono tutelate le situazioni giuridiche riconosciute:

      • dallo ius civile
      • erano ammessi solo i cittadini romani

Con l’intensificarsi delle relazioni commerciali tra romani e stranieri, vi era l’esigenza di strutture processuali diverse. La figura del pretore urbano consentiva ed imponeva agli interessati di litigare per formulas, cioè nasce il “processo formulare” che si realizza in forza dei poteri del pretore (iuris dictio e imperium).
Dinanzi al pretore urbano si poté litigare:

    • per legis actiones
    • per formulas

Ma un solo pretore non bastò e venne istituito un secondo pretore, il praetor peregrinus (242 a.C.), con il compito di dicere ius tra:

    • cittadini romani e stranieri
    • anche solo tra stranieri.

Abolizione delle legis actiones:

  • Le legis actiones andarono sempre più a manifestarsi inadeguate, e quindi soppresse
  • Il processo formulare andò a sostituire le legis actiones
  • Il processo formulare divenne il “processo privato ordinario” per tutta l’età classica.
  • Il processo formulare fu applicato a Roma, in tutto il territorio italico e buona parte delle province.

I caratteri del processo formulare:

  • Il processo formulare aveva carattere unitario: aveva un solo procedimento per qualsiasi actiones.
  • Per ciascuna actiones era previsto nell’editto una diversa formula.
  • Il procedimento, aperto ai cittadini romani e non, era diviso in 2 fasi:
        • In iure
        • Apud iudicem.
  • Le due fasi con funzioni analoghe al processo per legis actiones, ma con una differenza:
        • Nel processo per legis actiones, le parti erano ammesse ad esprimere le loro ragioni solo nella fase apud iudicem
        • Nel processo formulare, sia nella fase in iure sia nella fase apud iudicem.
  • Introduzione della scrittura nel processo formulare.

     La chiamata in giudizio (ius vocatio):

  • Per assicurare la presenza dell’avversario si provvedeva con il ius vocatio.
  • Era un atto privato
  • Compiuto dall’attore il quale invitava l’altra parte a seguirlo dinanzi al magistrato
  • Nel processo formulare, se il vocatus si rifiutava di seguirlo in giudizio, l’attore non poteva far ricorso all’uso della forza, ma era infatti compito del pretore esercitare la coazione indiretta contro il vocatus che non avesse seguito l’attore.
  • Più avanti venne usato il vadimonium, che fece decadere in ius vocatio.
  • Nel vadimonium era lo stesso convenuto a promettere all’avversario di comparire dinanzi al magistrato nel giorno concordato.

     La fase in iure:

  • Venivano fissati i termini giuridici della lite
  • Presenza attore, convenuto e magistrato iuris dictio.
  • Il magistrato con la datio actiones approvava il testo della formula (detta anche iudicium – azione giudiziaria, causa, processo) concordata tra le parti e concedeva l’azione richiesta.
  • La FORMULA: era un breve documento scritto dove c’era
        • il nome del giudice
        • la futura sentenza
        • termini della controversia determinanti per la decisione
  • I magistrati giusdicente erano:
        • Pretore urbano
        • Pretore peregrino
        • Edile curule
        • Governatori provinciali
        • Tutti coloro che esercitavano giurisdizione sulla base dell’editto (maggiore importanza, l’editto del pretore urbano)
  • Dinanzi al pretore le parti manifestavano le proprie ragioni
  • L’attore indicava all’avversario la formula dell’azione che intendeva promuovere facendo riferimento all’albo pretorio (editio actionis) che riproduceva l’editto, dove erano indicati i diversi modelli delle formule. 
  • Faceva seguito la postulatio actionis che era rivolta al pretore, nella quale l’attore chiedeva che si procedesse con l’azione indicata. (l’attore indicava la sue pretese)
  • Se il convenuto non ammetteva: dibattito informale tra le parti con la partecipazione del pretore.

01 )     Denegatio actionis: quando il pretore ritenesse infondata o iniqua la pretesa dell’attore. In questo caso la parte attrice rimaneva impregiudicata perché la denegatio non era una sentenza.
02 )     La formula e la datio actionis: spesso però il pretore dava l’azione; con la datio actionis dava il via al procedimento.
03 )     La litis contestatio: una volta che il pretore fosse stato d’accordo sul testo della formula compiva la datio actionis: la iudicium dabat, dava cioè l’azione richiesta autorizzando il procedimento sulla base della formula.
a.   L’attore recitava il contenuto: iudicium dictabat
b.  Il convenuto accettava: iudicium accipiebat
c.   Erano tutti degli atti volontari che costituivano la litis contestatio:
i. Dare iudicium del pretore
ii.    Dictare iudicium dell’attore
iii.   Accipere iudicium del convenuto
d.  La litis contestatio:
i. Presupposto indispensabile per dare un giudizio di merito ad una questione controversa
ii.    Aveva effetto preclusivo: non poteva essere ripetuta
iii.   Aveva effetto conservativo: qualunque evento successivo non l’avrebbe pregiudicata
04 )     L’indefensio: quando il convenuto assumeva un atteggiamento passivo di non collaborazione all’istituzione della lite (indefensio), il pretore minacciava sanzioni diverse.
La litis contestatio chiude la fase in iure.

     La fase apud iudicem:

  • Avveniva davanti al giudice che aveva deciso la controversia.
  • Il giudice non era un pretore ma un cittadino privato, infatti, era scelto dalle parti in comune accordo con il magistrato.
  • Il nome di tale giudice compariva all’apertura della formula: “Titius iudex esto” (Tizio sia giudice)
  • Il giudice poteva essere :
        • una persona singola (iudex unus)
        • organi collegiali  (recuperatores) : erano 3 al max; giudicavano nei giudizi di libertà e alcuni delitti più gravi (rapina e iniuria – offesa, ingiuria)
  • Nel processo formulare valeva il principio indicato nelle XII Tavole: se una parte era assente oltre mezzogiorno del giorno fissato per l’udienza apud iudicem, il giudice avrebbe dovuto decidere in favore nella parte presente. Se erano presenti entrambi le parti, il procedimento si svolgeva senza alcun formalismo.
  • Ciascuna parte esponeva le proprie ragioni:
        • L’attore l’onere di provare la propria pretesa
        • Il convenuto negare la pretesa.
        • I 2 contendenti dovevano dimostrare l’inconsistenza delle prove avversarie.
  • La fase apud iudicem si concludeva con la sentenza  era definitiva:
        • Condanna del convenuto: era sempre espressa in denaro e dava luogo alla obligatio iudicati.
        • Assoluzione del convenuto

Le parti “ordinarie” della formula:

  • la formula era divisa in più partes:
    • 1 Nomina del giudice (iudicis nominatio: Titius iudex esto)
    • 4 ordinarie:
        • intentio: non poteva mancare, era la pretesa vantata dall’attore; caratterizzava la formula, indicava la natura e consentiva di stabilire il tipo d’azione.  L’intentio poteva essere certa o incerta:
            • certa: quando la pretesa era determinata
            • incerta: negli altri casi
        • demonstratio: indicava la causa, la fonte e i fatti che avevano dato vita alla pretesa; non tutte le formule avevano demonstratio e cioè non erano espresse; iniziava con la parola “quod” (poiché); era collocata prima dell’intentio.
        • condemnatio: invitava il giudice a condannare il convenuto, se sussistevano le condizioni nella stessa formula indicate, oppure ad assolverlo. Perché la condanna pecuniaria non superasse certe limiti, la condemnatio era integrata da una taxatio.
        • adiudicatio: era prevista solo nelle formule di azioni provvisorie ( actio communi dividundo) o azioni per il regolamento di confini (actio finium regundorum) e autorizzavano il giudice ad “aggiudicare” ai partecipanti alla comunione o ai confini.

La praescriptio (titolo, intestazione, preambolo):

  • Poteva figurare nella formula
  • Era scritta prima della iudicis nominatio, con cui la formula vera e propria iniziava: da qui la denominazione. Era un rimedio che giovava l’attore.

L’exceptio (eccezione, clausola):

  • Era un rimedio a favore del convenuto
  • Nella formula era inserita:
        • Prima della condemnatio
        • Dopo l’intentio.
  • Era una condizione negativa della condanna. Il giudice avrebbe dovuto:
        • Condannare il convenuto solo se le circostanze dedotte nell’exceptio non risultassero vere.
        • Assolvere il convenuto
  • Era richiesta dal convenuto stesso
  • Era inserita nella formula a richiesta del convenuto
  • L’exceptio era un rimedio pretorio, cioè un mezzo d’attuazione dell’equità pretoria volta a correggere lo ius civile.
  • Era diversa dalla denegatio actionis.
  • L’attore, dopo l’exceptio, poteva porre una replecatio, che se fondata avrebbe dato la possibilità al giudice di non tener conto dell’exceptio.

Classificazioni delle azioni:

  • Le actiones era classificabili in categorie:
        • Azioni civili e azioni onorarie (spesso azioni pretorie):
            • Azioni civili: fondate sullo ius civile
            • Azioni onorarie: fondate sul diritto onorario.
            • L’appartenenza a quale tipo di categoria si stabiliva dall’intentio della formula, a seconda che essa la pretesa attrice apparisse o non fondata sullo ius civile.
            • Erano fondate sullo ius civile:
              • Appartenenti allo ex iure Quiritium
              • Spettanti ad uno ius
              • Obbligazioni a carico del convenuto espressa col verbo oportere.
            • Ogni altra pretesa era diritto onorario.
            • Il pretore:
  • Riproduceva nell’editto i modelli delle formule-tipo, sia civili che pretorie:
    • Le azioni civili: erano fondate nello ius civile e bastasse che l’editto le contemplasse
    • Le azioni pretorie: avevano fondamento in apposite clausole contenute nello stesso editto.
  • In sintesi: ogni azione pretoria presupponeva una promessa edittale.
            • IUDICIA BONAE FIDEI
  • Iudicia bonae fidei era tra le azioni civili.
  • Era un’azione in personam, nella cui intentio c’era scritto “oportere ex fide bona”(che esprimeva l’obbligazione del convenuto), in modo che il giudice fosse invitato  a stabilire secondo i criteri di buona fede.
            • AZIONI PRETORIE

a.   Le azioni pretorie erano dei rimedi per riparare delle lacune dello ius civile. Potevano essere:
i.         Utiles (facevano rif. a ius civile)
ii.        Con trasposizione di oggetti (facevano rif. a ius civile)
iii.       In factum (no riferimento: ius Quiritium, a ius, oportere)

Actiones in rem e actiones in personam:

  • Actio in rem: la pretesa attrice era nell’intentio ed era erga omnes. Il giudice doveva accertare il potere assoluto dell’attore sulla cosa della controversia. Ciò è un diritto verso una cosa => riguardava i diritti reali

Nell’intentio: figurava solo il nome dell’attore
Nella condemnatio: figurava il nome dell’attore e del convenuto

  • Actio in personam: la pretesa dell’attore (creditore) era verso un soggetto determinato  (debitore), il quale era tenuto ad un certo comportamento.

La pretesa dell’attore ha carattere relativo e non assoluto, infatti il nome del convenuto e dell’attore erano scritti sia nell’intentio che nella condemnatio.
Si parla di diritti verso una persona => diritti relativi
Entrambe le azioni avevano diverso regime processuale e diversi regimi degli effetti preclusivi della litis contestatio.
Le azioni arbitrarie:

  • Le azioni arbitrarie erano azioni la cui formula conteneva una particolare clausola: la clausola restitutoria o arbitraria.
  • Con questa clausola il giudice, dopo aver verificato l’intentio, prima di procedere alla condanna pecuniaria avrebbe dovuto invitare il convenuto a restituire oppure a condannarlo solo in caso di mancata restituzione.
  • Nel caso in cui il convenuto su invito del giudice non avesse restituito, a stabilire l’importo della condanna pecuniaria sarebbe stato l’attore sotto giuramento. Solitamente l’attore avrebbe giurato una somma molto più elevata di quella del mercato.
  •  La clausola restitutoria valeva solo nei casi in cui la pretesa dell’attore non fosse in denaro (diritti reali).

Azioni penali e azioni reipersecutorie:

  • Tali azioni riguardano il diritto privato.
  • Azioni penali:

o   Erano azioni in personam
o   Poenam persequimur: il privato vittima dell’illecito perseguiva l’autore dell’illecito con una pena che aveva funzione punitiva.
o   La pena poteva essere:
   Pecuniaria: era percepita dalla stessa vittima
   Corporale: veniva inflitta dalla vittima, e non ai suoi eredi; si comulava contro più responsabili, era civile o pretoria.

  • Azioni reipersecutorie:

o   Rem persequirum: si perseguiva la res, intesa come ogni interesse patrimoniale che si considerava leso.
o   La funzione era risarcitoria.
o   Le azioni reali erano tutte reipersecutorie, le azioni in personam no.
Col passare del tempo le azioni penali tendevano ad unirsi sempre di più alle azioni reipersecutorie, facendo in modo che nascessero azioni “miste”: il diritto penale da diritto privato entra a far parte del diritto pubblico.

  • Nascono poi un tipo particolare di azioni penali: actiones noxalis:

o   Erano delle azioni penali che si esercitavano per gli illeciti commessi da soggetti a potestà:
   Schiavi
   Filis familias.
o   La formula era data come noxalis  contro l’avente potestà, dominus o pater familias.

Actio iudicati:

  • Era un actio iudicati, un actio in personam, che serviva per l’esecuzione della sentenza.
  • Aveva 2 presupposti:

   Condanna espressa in denaro
   Il fatto che il debitore non avesse adempiuto al pagamento entro 30gg.

  •   L’atteggiamento del convenuto che si fosse opposto negando i presupposti dell’azione costituiva la condanna al doppio in caso di contestazione infondata.

Procedure esecutive contro il iudicatus:

  • L’esecuzione contro il iudicatus poteva essere:

o   Personale: quando, nel caso di mancato pagamento, l’attore poteva tenere nelle proprie carceri il convenuto finché non avesse estinto il debito o col denaro o con il lavoro.
o   Patrimoniale: si parla di bonorum venditio.

  • Era l’alternativa introdotta dal pretore all’esecuzione personale e avveniva così:

o   Missino in bona: il pretore immetteva il creditore nel possesso dei beni del debitore, funzione di custodia e conservazione
o   Proscriptio: con cui si dava notizia della procedura a tutti gli altri creditori, in modo di dar loro l’opportunità di intervenire. Se il debitore, trascorsi 30 gg dalla proscriptio senza che il creditore fosse stato soddisfatto, diventa infamis.
o   Nomina di curator bonorum: nominato dal pretore per gestire provvisoriamente il patrimonio del debitore.
o   Nomina di magister bonorum: nominato dai creditori per preparare la vendita all’asta dello stesso patrimonio e stabilire anche delle condizioni.
o   Bonorum venditio: la vendita veniva fatta quando venivano approvate le condizioni. Vinceva la gara e quindi acquistava in blocco in tutto chi offriva di pagare la più alta percentuale dei debiti: l’acquirente era detto bonorum emptor.

Procedure esecutive in assenza di giudicato:

  • L’actio iudicati presupponeva un precedente iudicatum.
  • Si poteva in ogni caso dare luogo a procedure esecutive senza avere una precedente sentenza di condanna.

 Cessio bonorum e bonorum distractio :

  • Erano procedure molto severe sia l’esecuzione personale sia quella patrimoniale.
  • Esistevano delle eccezioni:

o   Al debitore insolvente, la cui insolvenza giuridica non era ugualmente imputabile l’insolvenza morale, si consentì la cessio bonorum, cioè la cessione volontaria di tutto il patrimonio ai creditori: era una procedura concorsuale nella quale veniva venduta all’asta e acquistati dei beni da un bonorum emptor, ma non una proscriptio e infamia.
o   L’esecuzione personale e l’infamia si risparmiarono in virtù di una disposizione dell’editto a taluni incapaci. In questi casi, il pretore nominava un curator bonorum, il quale provvedeva a soddisfare i creditori con il ricavato della vendita dei cespiti patrimoniali ereditari. Si parlava di bonorum distractio.

I rimedi pretori:

  • Nell’ambito del processo formulare, il pretore apprestava dei rimedi propri, che erano:

        • Denegatio actionis
        • Exceptio
        • Actiones utiles
        • Azioni con trasposizione di soggetti
        • Actiones in factum

Altri rimedi pretori furono:

  • Gli interdicta:
  • Interdire: impedire, proibire.
  • Interdicta: erano ordini pretori che vietavano determinati comportamenti.
  • Gli interdicta erano emessi su domanda di un privato e contro un altro privato.
  • Erano  di 3 tipi:

o   Prohibitoria (che vietavano)
o   Restitutoria (che ordinavano di restituire)
o   Exhibitoria (che ordinavano di esibire)

  • Gli interdicta erano tipici ed erano previsti nell’editto per singoli tipi, infatti ogni caso diverso era precisato.
  • La in integrum restitutio:
  • È considerata tra i rimedi pretori come corrigendi iuris civilis gratia.
  • Era il ripristino della situazione giuridica precedente all’evento.
  • Nel processo: era il pretore a decidere nel contraddittorio tra le parti la sussistenza o no delle ragioni per la concessione della restitutio.

 

  • Le cautiones, o stipulationes praetoriae:
  • Erano rimedi pretori ai quali si ricorreva quando mancava un obbligo giuridico al compimento di una certa prestazione e il pretore riteneva invece giusto che quell’obbligo ci fosse.
  • Le missiones in possessionem:
  • Erano disposte dal pretore con decretum.
  • In forza della missio l’interessato era autorizzato ad immettersi in possessionem di un bene o di un patrimonio.
  • Questi rimedi pretori si davano solo se erano previsti nell’editto.

 

La scomparsa del processo formulare:

  • Per tutto il corso dell’età classica, il processo formulare fu il procedimento ordinario per le liti tra privati.
  • Fu abolito con l’avvento dei figli di Costantino, Costanzo e Costante.  (342), ma subentrerò il concorso delle cognitiones extra ordinem.
  • LE COGNITIONES EXTRA ORDINEM :
  • Il primo caso si ha quando Augusto diede riconoscimento giuridico ai fedecommessi e stabilì la competenza dei consoli per le controversie…
  • Organi competenti a giudicare extra ordinem:

o   nelle province, i governatori
o   a Roma, magistrati dell’ordine costituzionale repubblicano e funzionari nominati e dipendenti dal principe

  • Avvio di una prassi: il Principe (princeps) interviene nei giudizi privati
  • Differenze da prima:

o   Chiamata in giudizio, intervento di un organo pubblico, il convenuto che non si presentava era considerato “contumace” (assente)
o   Non più divisione in iure e apud iudicem, il giudizio si svolgeva davanti ad un organo pubblico che aveva il potere di emanare la sentenza
o   No litis contestatio
o   Assenza di formalismo, la difesa del convenuto era detta “praescriptio” , che corrispondeva in sostanza all’exceptio formulare
o   La condanna poteva essere in denaro: quindi nel caso concreto il giudice che aveva emesso la sentenza poteva anche imporre l’esecuzione forzosa.

  • I PROCESSI POSTCLASSICO E GIUSTINIANEO:
  • Il processo si unifica
  • Gli organi delle circoscrizioni territoriali sono anche organi giurisdizionali
  • Al vertice c’è l’imperatore che decide in ultima istanza
  • Il procedimento si irrigidisce: no potere discrezionale dei giudici
  • Dalla fine del IV secolo, la legislazione imperiale proibisce le carceri private, ma l’esecuzione personale per debiti non scompare.
  • Scompare la figura del pretore e non c’è più distinzione tra azioni civili e azioni pretorie.

 

LINEAMENTI DI DIRITTO PRIVATO
(di Matteo Marrone)

CAPITOLO 3: Gli atti negoziali

Fatti, atti e negozi giuridici.

  • Fatto giuridico: qualsiasi evento volontario o non che incide sulla realtà giuridica dando luogo a:

o   Nascita situazione giuridiche nuove
o   Modifica o estinzione di situazioni giuridiche esistenti
È in sostanza ogni evento produttivo d’effetti giuridici.

  • Fatto giuridico involontario: che si verificano indipendentemente dalla volontà dell’uomo.
  • Fatto giuridico volontario: sono azioni umane volontarie.
  • I fatti giuridici si dicono atti giuridici.
  • Gli atti giuridici possono essere:

o   Atti leciti: consentiti dall’ordinamento; la categoria più importante è quella dei NEGOZI GIURIDICI. Sono volontari.
o   Atti illeciti: vietati dall’ordinamento, ma anche questi fatti giuridici sono volontari (obbligazioni)

  •  Negozi giuridici: manifestazioni di volontà da parte dei privati dirette al conseguimento di risultati definibili in termini di:

o   acquisto
o   perdita
o   modificazione

Negozi giuridici.

  • Sono atti leciti, consentiti dall’ordinamento giuridico e gli effetti che gli sono collegati sono gli stessi voluti dall’autore o autori dell’atto.
  • Tipicità: nelle fonti romane è assente l’idea del negozio giuridico, ma molti atti e comportamenti volontari rientrano nello schema di “negozio giuridico”.
  • Elementi: il negozio giuridico ha una struttura divisa in:
        • Elementi essenziali: essentialia negotii; sono gli elementi strutturali fondamentali del negozio giuridico. È esenziale la manifestazione della volontà; i soggetti devono avere la capacità di agire (capacità intellettuale) e essere legittimati a compiere il negozio.
        • Elementi naturali: naturalia negotii; sono in sostanza gli effetti del negozio giuridico pur nel silenzio delle parti.
        • Elementi accidentali: accidentalia negotii; sono delle clausole non essenziali, che le parti possono, se vogliono, inserire nel negozio. In particolare, sono elementi accidentali: condizione, termine, modus.
  • Invalidità e inefficacia: il negozio si dice:
        • Invalido: uno dei suoi elementi ha un difetto intrinseco
        • Inefficace: non produce effetti veri e propri
        • Il negozio invalido è anche inefficace, ma il negozio inefficace può essere valido.
        • Dottrina moderna: distingue 2 specie di invalidità:

   Nullità: quando il negozio per difetto di uno dei suoi elementi essenziali o per altro grave motivo, non produce i suoi effetti (nasce morto)
   Annullabilità: quando il negozio presenta vizi “meno gravi”(nasce vivo ma malato). Con l’annullamento, il negozio non produce più i suoi effetti, diventa inefficace e l’inefficacia è retroattiva.

        • Dottrina romana: nelle fonti romane il concetto il concetto di nullità è previsto, ma non quello di annullabilità. Nel diritto romano la nullità e l’invalidità sono considerati identici.
  • Classificazioni:
  • Forma
    • Formali: la volontà deve essere manifestata in una forma determinata. La forma prescritta è l’elemento essenziale di tale negozio.
    • Non formali: la volontà può essere manifestata in qualsiasi forma.
  • Causa
    • Causali: la causa determina la struttura del negozio; la causa è l’elemento essenziale del negozio.
    • Astratti: la causa non emerge dalla struttura del negozio. Gli effetti del negozio sono indipendenti dalla causa del negozio.
  • Manifestazione volontà
    • Unilaterali: a manifestare la volontà deriva da una sola parte (testamento)
    • Bilaterali: convergono manifestazioni di volontà tra 2 parti (contratti)
    • Plurilaterali:  convergono manifestazioni di 3 o più parti (societas)
  • Le parti: ogni parte rappresenta un centro di interessi
    • Persona singola
    • Più persone: portatrici di interessi identici
  • Titolo:
    • A titolo oneroso: ciascuna parte consegue un vantaggio dietro corrispettivo (compravendita)
    • A titolo gratuito: una parte consegue un vantaggio senza corrispettivo (comodato)
  • Quando si producono gli effetti :
    • inter vivos: producono effetti solo se il soggetto o soggetti sono in vita
    • mortis causa: producono effetti solo dopo la morte dell’autore del negozio
  • Tipi di effetti:
    • Reali: trasferimento della proprietà o costituzione o estinzione di diritti reali
    • Obbligatori: nascita o estinzione d’obbligazioni
  • Forme della manifestazione della volontà: ogni negozio giuridico 1 o più manifestazioni di volontà, ma deve essere manifestata. Ci sono 2 tipi di forme di manifestazione:
  • negozi formali
  • negozi non formali
  • Negozi formali: erano come gli atti giudiziari (legis actiones), perché le formalità erano fondamentalmente orali, richiedendo l’uso di parole stabilite (certa verba).
            • La mancipatio: vendita, alienazione; era un negozio dello ius Quiritium e quindi solo utilizzabile dai cittadini romani. Era uno dei “gesta per aes et libram”: erano atti che si compivano con il rame o con il bronzo (aes) e con la bilancia (libra). Erano presenti al negozio, come testimoni, 5 cittadini romani puberi (adolescente) e di un libripens (pesatore ufficiale, che teneva la bilancia per la formalità della vendita) che reggeva la bilancia e pesava i metalli.

Le parti erano:

              • Il mancipante, mancipio dans: perdita del potere su cose o persone
              • mancipio accipiens : acquisto del potere su cose o persone.

La mancipatio era impiegata per:

  • il trasferimento della proprietà sulle res mancipi (beni acquistati)
  •  acquisto manus di una donna (mano)
  • ecc…

Esempio di mancipatio: mancipazione di uno schiavo
Le parti:
   il mancipante
   l schiavo
   5 cittadini
   il pesatore ufficiale
   il mancipio accipiens
Procedimento:

  • il mancipio accipiens teneva lo schiavo e diceva “ dico che quest’uomo è mio ex iure Quiritium e sia a me acquistato in forza di questo metallo e di questa bilancia”.
  • contestualmente, il mancipio accipiens poneva sulla bilancia il rame o il bronzo
  • il libripens provvedeva a pesare il metallo
  • il mancipio accipiens consegnava il metallo al mancipio dans.
  • con il mancipatio, il mancipio accipiens acquista sul servo lo stesso potere di proprietà che aveva prima il mancipante.

   La in iure cessio: cessione; era un negozio dello ius civile, fruibile solo dai cittadini romani.
Procedimento: si compiva davanti ad un magistrato o pretore; le parti erano il cedente (chi cede un diritto) e il cessionario (il destinatario di una cessione).
Esempio della cessione di uno schiavo:

  • Il cedente intendeva trasferire al cessionario la proprietà dello schiavo
  • Il cessionario tenendo lo schiavo pronunciava la formula “questo uomo è mio ex iure Quiritium
  • Il pretore interrogava il cedente, e in caso di consenso, pronunciava l’addictio del servo in favore del cessionario.
  • La in iure cessio scomparve in età post-classica.
  • la stipulatio: stipulazione, contratto; negozio formale bilaterale con effetti obbligatori.

Le parti erano:

    • lo stipulante (stipulator): chi fa con un altro un atto contrattuale
    • il promittente (promissor): chi si obbliga verso terzi con una promessa unilaterale.

Procedimento: lo stipulante chiedeva al promittente se manteneva l’impegno di un determinato comportamento.
Nasceva così a carico del promittente, divenuto debitore, e in favore del stipulate, divenuto creditore, un’obbligazione che era sanzionata iure civili ed avente ad oggetto la prestazione promessa.

  • Altre forme negoziali: i negozi non formali sono:
  • la traditio: consegna, resa; negozio bilaterale riconosciuto a Roma per il trasferimento del possesso e della proprietà.
  • contratti consensuali: a Roma, furono la compravendita, locazione, società, mandato e i patti.
  • Divergenza tra manifestazione e volontà: poteva accadere che una persona manifestasse una volontà che non aveva, e perciò determinava una divergenza tra volontà e manifestazione.

Bisogna distinguere tra negozi solenni dello ius civile ed altri negozi:

  • Negozi solenni: il compimento delle formalità richieste era considerato necessario per la validità dell’atto.
  • Contratti consensuali e negozi non formali: la mancanza di volontà comportava la nullità dei contratti, il negozio sarebbe stato non produttivo di effetti giuridici.

Eccezioni:                                 

  • Dichiarazioni fatte per scherzo o in ambito teatrale non venivano considerate
  • Riserva mentale: era il caso in cui qualcuno dichiarava ciò che non voleva
  • Simulazione: era il caso in cui c’era la consapevolezza di entrambe le parti di non volere il negozio. La simulazione portava alla nullità del negozio perché non vi era una manifestazione della volontà.

Casi di divergenze:

  • ERRORE: quando la divergenza tra dichiarato e voluto non è consapevole.  L’errore è una svista, un fraintendimento, a volte anche di lingua. Si distingue in:

i. Errore ostativo (o nella dichiarazione): era un errore che escludeva la volontà
ii.         Errore-vizio: non escludeva la volontà
iii.        Errore di diritto: è l’errore che dipende da ignoranza o fraintendimento di norme e d’istituti giuridici. In questo caso il negozio è valido.
iv.        Errore su elementi di fatto: nullità del negozio anche se doveva essere al contempo scusabile (errore non grossolano) ed essenziale (errore che investe il negozio nei suoi aspetti fondamentali).

  • DOLO: la parola dolo assume significati diversi nel linguaggio giuridico:

1.   esprime l’idea della volontarietà di un comportamento e delle relative conseguenze per altri pregiudizievoli (svantaggiosi)
2.   il dolo si contrappone alla colpa
3.   comportamento iniquo
4.   significato dolo negoziale: macchinazione volta a trarre in inganno un'altra persona facendo si che questa compia un negozio per lei svantaggioso che diversamente non avrebbe voluto e compiuto, oppure avrebbe compiuto a condizioni diverse.  Nel dolo si guarda chi induce in errore e non chi cade in errore.
Nell’antica tradizione giuridica, il dolo poteva non essere rilevante, ma dall’età preclassica, lo era.
Quando si parla di dolo negoziale si parla di “dolus malus”, e non di “dolus bonus”:
dolus bonus: sono le furberie tollerate dal costume, che vengono usate per trattare i propri affari. Non viene preso in considerazione dal diritto.
dolus malus: è la vera e propria macchinazione per trarre altri in inganno.
In origine, in iure civili, il negozio viziato da dolo era valido ed efficace.
Ci furono successive deroghe, in particolare nel campo dei negozi che davano luogo a giudizi di buona fede: dolo e buona fede si escludono a vicenda.
Nel I secolo a.C. il pretore introdusse nell’editto la clausola che prometteva l’exceptio doli (mali): era uno strumento per invalidare i negozi dai quali nascevano azioni che non erano in buona fede.
L’exceptio doli aveva una doppia valenza:
exceptio doli praeteriti: se il raggiro era avvenuto prima del giudizio
exceptio doli praesentis: se il raggiro si commetteva al momento dell’azione e non era un inganno ma un semplice comportamento iniquo.
Nel caso in cui la vittima del dolo avesse dato esecuzione al negozio, soccorreva l’actio de dolo:

  • fu introdotta per iniziativa del giurista Aquilio Gallo (tra il 70 e 60 a.C.)
  • era utilizzato dalla vittima verso l’autore del dolo: l’importo della pena corrisponde al danno subito dall’attore.
  • L’azione del dolo poteva essere esercitata contro l’autore del dolo, non contro i suoi eredi e l’azione non poteva essere fatta oltre l’anno dalla commissione del dolo.
  • Il negozio già eseguito non veniva invalidato, ma l’ingannato poteva con l’actio de dolo ottenere la condanna dell’autore del dolo a una pena corrispondente alla stima del danno subito.

 

  • METUS:
  • è un altro vizio della volontà
  • è il timore generato da altrui violenza(vis = forza, violenza)
  • è la minaccia di provocare un male se il minacciato non compie un certo negozio: è una violenza morale, la c.d. vis compulsava o vis animo illata.
  • la minaccia di un male genera timore (metus = timore, paura)
  • il metus è una minaccia grave, in quanto la vittima, dovendo scegliere tra la minaccia e il compimento del negozio, sceglie quest’ultimo. La minaccia comunque doveva essere seria ed ingiusta
  • in principio, il negozio estorto (ottenuto con violenza) compiuto per metus era iure civili valido ed efficace.
  • ma nel I secolo a.C. il pretore contemplò nel suo editto l’exceptio quod metus causa, o exceptio modus, in virtù della quale la persona convenuta per l’adempimento di un negozio estorto con la violenza avrebbe ottenuto l’assoluzione.
  • CAUSA
  • È la ragione d’essere oggettiva del negozio.
  • Ogni negozio è compiuto dal suo autore per una causa: la causa è la funzione che si intende realizzare attraverso gli effetti che il negozio andrà a produrre.
  • Esempi:
        • la causa negoziale sarà lo scambio di cosa contro prezzo nella compravendita
        • la realizzazione di un prestito nel mutuo
  • la causa determina la struttura del mutuo: rappresenta l’elemento costitutivo: in questi casi si parla di “negozi causali”.
  • Negozi astratti: la causa non è espressa;  tali negozi potranno essere compiuto per cause esterne diverse.
  • In principio per i negozi astratti, erano e restavano validi pure se la causa mancasse o fosse illecita, poi, con l’età preclassica, si ammise il ricorso:
    • alla “condictio” : rimedio civilistico per la restituzione di quanto già prestato

oppure

    • all’”exceptio” : rimedio pretorio per l’annullamento degli effetti che derivavano dal negozio astratto.
  • CONDICTIO:
    • fu la versione formulare della legis actio per condictionem

2.   con essa si perseguivano crediti per cui l’attore pretendeva sussistere a carico dell’altra parte un obbligo di dare, con il verbo oportere.
3.   si trattava di un’azione civile, in personam
4.   la condictio presupponeva che l’attore avesse in precedenza trasferito al convenuto la proprietà di una res.
5.   il convenuto soccombente aveva l’obbligo di trasferire all’attore la proprietà:
   della stessa cosa ricevuta: se si trattava di una cosa individuata nella specie
   equivalente: tantundem, se si trattava di denaro o di altre cose fungibili.
6.   La condictio era impiegata anche come rimedio contro il difetto di causa nei negozi astratti di trasferimento. Esempio:
   Se una persona avesse trasferito la proprietà di qualcosa nell’erronea convinzione di esservi obbligato (solutio indebiti) , il falso creditore sarebbe stato perseguibile con la condictio (condictio indebiti), e avrebbe dovuto restituire o la stessa cosa o tantundem.

  • Gli elementi accidentali nel negozio giuridico: è possibile aggiungere ai negozi giuridici delle clausole diverse a seconda che si voglia modificare o integrare gli effetti negoziali.tali clausole sono espressamente incluse dalle parti nel negozio. Le più comuni sono:

a.   Condizione:
i. È una clausola che indica un evento futuro ed incerto, da cui dipendono gli effetti del negozio
ii.    Indica sia la causa che l’evento in sé
iii.   Erano di 2 tipi:
1.   sospensive: sospendono gli effetti del negozio (il negozio non produce effetti fino al verificarsi dell’evento)
2.   risolutive: risolvono gli effetti del negozio (il negozio produce i suoi effetti, ma cessano automaticamente con il verificarsi dell’evento)
iv.   actus legitimi: erano dei negozi che non prevedevano l’aggiunta di condizioni. Nel caso venivano inserite, comportava l’invalidità del negozio. Tali negozi erano:


1.   la mancipatio
2.   la in iure cessio
3.   l’acceptilatio
4.   la manumissio vindicta


erano tutti i negozi che si compivano mediante la pronunzia di certa
verba ( e perciò detti legitimi)
v.    condicio iuris: gli effetti di taluni atti erano subordinati al verificarsi di certi eventi
vi.   condiciones in praesens vel in praeteritum conlatae: facevano dipendere gli effetti da eventi attuali o passati: no futuri o incerti.
vii.  Condizioni impossibili: l’evento poteva essere materialmente o giuridicamente impossibile. Se accadeva ciò, il negozio era invalido, perché non avrebbe mai potuto produrre i suoi effetti.
viii. Condizioni illecite: il negozio era nullo se la condizione era illecita (contra legem, turpis, contra bonos mores)
ix.   Condizioni positive e negative, potestative, casuali e miste:
1.   positive: gli effetti sono subordinati al verificarsi dell’evento
2.   negative : gli effetti sono subordinati al non verificarsi dell’evento
3.   potestative: sono quelle condizioni che dipendono da un atto volontario di una persona interessata
4.   casuali: le condizioni si avverano o dal caso o dalla volontà di terzi
5.   miste: le condizioni si avverano da una persona interessata, dal caso o dalla volontà di terzi.
x.    Condicio pendet, deficit, exstitit:
1.   condicio pendet: è la condizione pendente: non si è verificata la condizione ed è incerto se si verificherà. Il negozio è valido ma non si sa quando si produrranno gli effetti.
2.   condicio deficit:  la condizione viene a mancare: il negozio non avrà mai effetti.
3.   condicio exstitit: la condizione si è verificata: il negozio comincerà a produrre i suoi effetti
xi.   condizioni risolutive: si fecero ricorso raramente, era eccezioni.

b.  Termine:
i. elemento accidentale del negozio giuridico;
ii.    riguarda un evento futuro, ma è certo che esso si verificherà e dalla quale dipendono gli effetti del negozio.
iii.   riguarda sia la clausola che l’evento in sé.
iv.   dies: era la parola romana per indicare il termine; poteva essere una data o un evento certo.

c.   Modus (onere):
i. Imposizione al destinatario di un atto di liberalità di adottare un comportamento ed era volontario.
ii.    Il negozio modale è immediatamente efficace ed efficace rimane a prescindere dall’adempimento del modus.

  • Imputazione degli atti negoziali :
  • gli effetti del negozio sono imputati solitamente in via diretta ed esclusiva alle parti facenti parte il negozio.
  • Il nuntius: messaggero; è un semplice portavoce  il quale riferisce quanto è stato invitato a riferire.  Non dichiara la propria volontà ma quella dell’autore del negozio. A Roma non potevano essere compiuti tramite nuntius negozi formali e solenni. Si a contratti consensuali.
  • La rappresentanza organica:

a.   Sono delle persone fisiche che concludono negozi come organi di quelle collettività riconosciute come soggetti giuridici.
b.  Questi rappresentanti legali esprimono una propria volontà, ma gli effetti ricadono direttamente in capo all’ente.

  • rappresentanza :

a.   un soggetto giuridicamente capace, detto “rappresentante”, conclude un negozio in nome  per conto di un terzo soggetto, detto “rappresentato”, con effetti in via immediata in capo al rappresentato.
b.  La rappresentanza può essere:
i. Volontaria: quando i poteri del rappresentante sono conferiti dal rappresentato con un suo atto volontario
ii.         Legale: negli altri casi, es. nel caso del tutore
c.   Rappresentanza indiretta: concludere un negozio per conto altrui ma in nome proprio. Gli effetti si imputano al dichiarante, ma sarà dovere di costui trasferire al terzo per conto del quale ha concluso il negozio i diritti e gli obblighi acquisiti dal negozio.

 

LINEAMENTI DI DIRITTO PRIVATO
(di Matteo Marrone)

CAPITOLO 4: le Cose

  • Le res: ha significati molteplici, entità materiale, porzione limitata del mondo, esterno, beni in generale. Classificazioni:
      • res corporales : termini utilizzati dai giuristi romani per indicare le entità materiali, intendendo proprio le res quae tangi possunt [le cose che si possono toccare]. Solo le cose corporales erano suscettibili di possesso.
      • res incorporales: si contrappongono alle res corporales, in quanto sono res quae tangi non possunt [che non si possono toccare]. I giureconsulti utilizzarono questa espressione per indicare: eredità, usufrutto…
      • cose in commercio: erano oggetto di proprietà privata, di rapporti giuridici patrimoniali.
      • cose fuori commercio: non erano oggetto di proprietà privata. Erano fuori dal commercio:

o   le res divini iuris[le cose di diritto divino]: in particolare erano:
   res sacrae: altari, templi, santuari
   res religiosae: luoghi utilizzati per la sepoltura
   res sanctae: le porte e le  mura della città.
o   le res humani iuris: si contrapponevano alle res divini; [era il diritto umano] ; potevano essere:
   pubbliche: res publicae: appartenevano allo Stato – populus Romanus - , erano fuori commercio se erano destinate all’uso pubblico (strade, piazze, teatri,…) oppure in commercio se lo stato ricavava un reddito o un’utilità.
   private: res privatae, erano in commercio.

      • res mancipi: erano i fondi su suolo italico (terreni, edifici), gli schiavi, gli animali e le servitù rustiche. Erano le cose di maggior pregio, e per il loro trasferimento di proprietà si chiese il rito del mancipatio e successivamente in iure cessio.
      • res nec mancipi: erano tutte le altre. Il trasferimento di proprietà dei res nec mancipi era sufficiente la traditio.

→ Le classificazioni delle res mancipi e res nec mancipi furono soppresse da Giustiniano

      • beni mobili: sono gli animali e gli oggetti trasportabili e quindi amovibili (mobili); nel diritto romano, anche gli schiavi.
      • beni immobili: è il suolo insieme a ciò che vi è all’interno stabilmente

→ Le classificazioni dei beni mobili e immobili acquisirono un gran significato, a riguardo del passaggio di proprietà, in età postclassica perché vi era l’obbligatorietà della scrittura per le donazioni e le vendite immobiliari.

      • beni fungibili: sono le cose che si rivelano in rapporto a peso, numero, misura, sono cose alle quali è rappresentabile un equivalente (tantundem);
      • beni infungibili: che non è sostituibile con altra cosa, è fine a se stessa nella sua individualità.
      • cose di genere: sono in sostanza le cose fungibili; riguarda l’appartenenza ad una categoria (genus): es. un pallone.
      • cose di specie: sono le cose infungibili; si fa riferimento a cose perfettamente individuate: es. il pallone di Tizio.
      • cose consumabili: suscettibili di una sola consumazione perché si consumano per il semplice fatto che vengono usate (ipso usu consumuntur) [es. gli alimenti]
      • cose inconsumabili: consentono un uso continuato [es. il terreno, un edificio].
      • cose divisibili: suscettibili di essere materialmente divise senza perire e apprezzare giudizio economico
      • cose indivisibili: il contrario delle cose divisibili
      • cose semplici: una unità naturale [es. schiavo, pietra]
      • cose composte: costituite da cose semplici congiunte tra loro artificialmente [es. edificio, nave, armadio]
      • cose collettive: costituite da cose semplici non congiunte ma considerate unitariamente [es. un gregge, la biblioteca]
      • i frutti:

o   i Romani  consideravano i frutti i frutti naturali delle piante e degli animali.
o   Punto di vista del diritto: erano frutti quando venivano separati dalla cosa madre, perché prima della separazione erano considerati partes e non erano giuridicamente autonomi.
o   Erano considerati frutti le attività lavorative dei servi (operae servorum)

  • I diritti reali:

   Sono i diritti soggettivi su una cosa, hanno carattere assoluto e sono quindi opponibili contro terzi (erga omnes)
   I terzi devono avere un comportamento negativo verso un diritto reale su cosa altrui, nel senso che devono astenersi da azioni che possano essere in contrasto con quel diritto.
   Diritto di credito: è un diritto patrimoniale relativo tra 2 parti:
i. 1 o più creditori
ii.    1 o più debitori
iii.   la parte debitrice è tenuta in favore dell’altra all’adempimento di una prestazione che consiste in un comportamento positivo.
   Diritto di proprietà:
i. Diritto reale per eccellenza
ii.    Tale diritto attribuisce al proprietario un potere generale e illimitato al godimento e alla disposizione del bene che ne è oggetto.
   Diritti reali su cosa altrui [iura in re aliena]:
i. Quando su una stesa cosa possono gravare e coesistere altri diritti reali
ii.    Sono i diritti reali di godimento e di garanzia

  • LA PROPRIETA’

o   Diritto soggettivo di natura reale per questo al proprietario, chè è titolare, si riconosce sulla cosa che n’è oggetto una signoria generale.
o   La proprietà ha dei limiti:
   limitazioni legali: limitazioni imposte dall’ordinamento giuridico
   limitazioni volontarie: ad opera del proprietario, attraverso la concessione di diritti reali limitati di godimento (servitù, usufrutto,…)
   una volta estinti tali limiti, la facoltà di godimento del proprietario ritornano a espandersi fino alla pienezza della cosa.
o   Il diritto di proprietà non si perde di per sé, ma solo se si verifica un fatto che ne determini l’estinzione (es. vendita della cosa).
o   Di norma il proprietario è anche il possessore della cosa, ma può non essere il possessore e restare proprietario.
o   La proprietà non si perde per un non uso (è un diritto imprescrittibile)

  • La proprietà e le proprietà del diritto romano:

o   Il concetto di proprietà e del suo uso ci deriva a partire dalla fine dell’età arcaica, in quanto vi era l’idea del “possesso come stato di fatto non suscettibile “e dell’appartenenza (questa cosa è mia). Da ciò si pose la base per il concetto di proprietà.
o   Alla fine dell’età repubblicana compare un’espressione più incisiva per indicare la proprietà romana: dominium ex iure Quiritium. Dominus s’indicò il proprietario.
o   L’uso di proprietas e proprietarius avviene nell’età classica.
o   La nuova terminologia non comportò l’abbandono della vecchia: si continuò ad esprimere la proprietà in termini d’appartenenza anche nel Corpus iuris giustinianeo.

  • Il dominium ex iure Quiritium:

o   Era solo per i cittadini romani
o   Ad oggetto potevano esserci le res corporalis, che potevano essere sia mancipi sia nec mancipi, sia mobili sia immobili.

  • Le origini della proprietà privata immobiliare a Roma:

   Alla formazione della città di Roma, le terre appartenevano alla collettività ed erano adibite al pascolo; non riconoscevano insomma la proprietà privata sui beni immobili.
   Le terre erano le ager publicus.
   Queste terre venivano lasciate in buona parte in godimento esclusivo a provati.
   Nel periodo dell’età regio alcune ager publicus venivano assegnate a carattere definitivo, divenendo tali beni propri dei privati ex iure Quiritium.
   Per l’assegnazione delle ager publicus si procedeva mediante limitatio, che era un rito con connotazioni sacrali e che si compiva con l’intervento di un magistrato e di un agrimensore (gromaticus):
   Si tracciavo sul suolo parallele e perpendicolari per determinare i confini e venivano lasciati 5 piedi attorno ad ogni appezzamento perché non poteva essere usucapito. Tale spazio era chiamato limes o iter limitare.

  • La rappresentazione del dominium ex iure Quiritium come potere assoluto e limitato:

   Il dominium ex iure Quiritium poteva avere come oggetto sia un bene mobile sia un bene immobile.
   Per quanto riguarda i contenuti, il dominium era rappresentato come un potere assoluto e illimitato: da qui l’idea della proprietà [ius utendi et abutendi re sua – diritto di usare ed abusare della propria cosa ].
   La proprietà civile immobiliare era esente dai tributi (solo con Diocleziano nel 292).
   Il dominio quiritario sugli immobili si estendeva illimitatamente sia in altezza sia in profondità: “Sino alle stelle e sino agli inferi” [usque ad sidera, usque ad inferos].
   Come la limitatio tra fondi contigui, anche in casi di edifici (aedes) contigui appartenenti a proprietari diversi, era necessario uno spazio chiamato ambitus di 5 piedi di larghezza, e neanche questo non poteva essere acquistato per usucapione.
   In età repubblicana, il rito della limitatio incominciò a scomparire.

  • Limitazioni legali:

   C’era la possibilità di interferenze reciproche tra immobili appartenenti a proprietari diversi, di cui alcune di esse dovevano essere tollerate. (fumi, acqua,…)
   Le limitazioni legali riguardano la proprietà (vedere più avanti).

  • I modi di acquisto:

   dominium ex iure Quiritium  si acquistava in relazione al tipo di cittadino:
   romano
   oppure peregrino(non cittadino romano)
   furono qualificati come:
   ius civile
   ius gentium
   i modi di acquisto possono essere:
   a titolo originario: prescindono da ogni relazione tra chi acquista e il precedente proprietario, perché possono avere ad oggetto una cosa di nessuno o una cosa altrui. (occupazione, accensione, specificazione).
   A titolo originario, il diritto di proprietà si determina sulla base dell’acquisto in se.
   a titolo derivativo: il modo di acquisto dipende dalla trasmissione che ne fa il titolare, cioè c’è una concessione tra chi trasmette (dell’autore auctor – dante causa) e chi acquista (avente causa). (mancipatio, in iure cessio, traditio, legato per vindicationes, adiudicatio, pagamento della litis aestimatio)
   usucapione: né a titolo originario, né a titolo derivativo
   A titolo derivativo, il diritto di proprietà viene acquistato così come era presso il precedente proprietario.
   Nessuno può trasferire ad altri più di quanto egli stesso non abbia [nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse haberet].

  • Occupazione: occupatio
  • Era un modo di acquisto originario della proprietà
  • Consisteva nella presa di possesso di cose che non appartenevano a nessuno (res nullius) ed erano:

   Animali selvatici
   Cose trovate sulla riva del mare
   Le cose che i privati avevano sottratto al nemico in stato di guerra
   L’isola emersa dal mare
   L’isola formatasi nel letto di un fiume
   Le cose abbandonate (res derelictae) perché res nec mancipi (delle res mancipi il proprietario manteneva il dominio finché un eventuale occupante ne fosse divenuto egli stesso proprietario per usucapione)
   Tesoro. Denaro e preziosi seppelliti in un fonda da epoca tanto remota da non determinare una data: tale tesoro spettava prima al proprietario del fondo, ma l’imperatore Adriano, se rinvenuto da persona diversa dal proprietario del fondo, il tesoro spettasse per metà al dominus fundi (proprietario del fondo) e per l’altra metà a chi l’avesse scoperto.

  • Accessione: accessio
  • Quando una cosa corporale (detta cosa principale) subisce un incremento per l’aggiunta di un’altra cosa, (detta cosa accessoria) appartenente a diverso proprietario
  • Unione organica: unione di cose di qualità diversa ma che si ha un’unione organica: la cosa accessoria diventa un tutt’uno con la cosa principale. (semina propria in terreno altrui)
  • Incrementi fluviali:

   l’alveo abbandonato (letto di un fiume abbandonato – alveus derelictus)
   isola affiorata in un fiume (insula in flumine nata),
   ecc…

  • La inaedificatio: costruzione di un edificio con materiale appartenente a persona diversa del proprietario del suolo che diventava automaticamente proprietario anche dell’edificio.
  • Specificazione:
    • Modo di acquisto a titolo originario della proprietà
    • Si intende la trasformazione di una cosa altrui (aliena) sino a farne altra cosa che nel comune apprezzamento appare nuova (es. uva in vino)
  • Età classica: teoria di chi avrebbe ottenuto la proprietà per specificazione:

   Specificazione reversibile: il dominus materiae ne manteneva la proprietà (vaso ricavato da una massa d’argento)
   Specificazione non reversibile: lo specificatore acquistava la proprietà res nova (uva trasformata in vino)
   La mancipatio e la in iure cessio:
   La mancipio e in iure cessio trasferivano la proprietà civile sulle res mancipi (avevano quindi effetti reali) ma comportavano anche il passaggio di possesso solo quando si trattava di beni mobili. Per i beni immobili, si esigeva che l’alienante ne facesse ulteriormente traditio. Erano dei modi di acquisto derivativo.
   Traditio: consegna
   Era un negozio bilaterale che si compiva con la consegna di una cosa mobile o immobile e trasferiva comunque il possesso. Modo di acquisto derivativo.
   Riguardava soltanto le res corporales perché trasferiva solo il possesso
   Quando erano oggetto le res nec mancipi, la traditio trasferiva anche la proprietà: aveva quindi effetti reali.
   La consegna:
   Era considerata traditio ogni comportamento che facesse conseguire all’accipiens la disponibilità della cosa, anche se non era una materiale consegna.
   La traditio poteva essere:
o   symbolica : es. la consegna delle merci contenute nel magazzino che si ritiene compiuta mediante consegna delle chiavi dello stesso magazzino
o   longa manu: es. si ritiene valida la consegna del fondo con l’indicazione dei confini dall’alienante all’acquirente
o   brevi manu: es.  si realizza quando l’acquirente teneva già la cosa che l’alienante gli trasmetteva
   la traditio riguardava solo i casi in cui chi riceveva la consegna acquistava il possesso; quindi no:
o   custodia o deposito
o   locazione
   La volontà nella traditio:
   Con la traditio di res nec mancipi il dominus trasferiva al contempo proprietà e possesso
   Per il passaggio di possesso era necessaria la concorde volontà di tradens e accipiens di fare acquistare all’accipiens una posizione indipendente in ordine alla cosa che veniva consegnata.
   La iusta causa traditionis:
   Era la ragione per la quale si procedeva alla traditio, e che giustificava l’acquisto della proprietà.
   La iusta causa poteva essere:
o   causa vendendi: il venditore consegnava la cosa venduta al compratore
o   causa donandi: il donante che consegna la cosa donante al donatario
o   causa solvendi: il creditore che adempiva un’obbligazione di dare
   Legato per vindicationes:
   era un modo di acquisto derivativo
   era un atto mortis causa
   era una disposizione testamentaria con la quale il testatore attribuiva direttamente una cosa propria ad un terzo, detto legatario.
   Una volta morto il testatore e il testamento divenuto efficace, il legatario acquisiva la proprietà civile di quel bene.
   L’adiudicatio: assegnazione
   Pronuncia del giudice formulare che traeva fondamento nella della formula pure essa detta adiudicatio e che riguardava i giudizi divisori e per il regolamento di confini.
   Il giudice assegnava con l’adiudicatio a ciascuna parte una o più res (o porzioni) dell’oggetto della divisione.
   La litis aestimatio:
   Una condanna pronunciata dal giudice formulare doveva essere espressa in denaro
   L’importo della condanna pecuniaria (litis aestimatio) corrispondeva al valore della cosa rivendicata.
   Con l’offerta di pagare la litis, il convenuto manteneva il possesso della cosa rivendicata e se era nec mancipi anche la proprietà .
   Usucapione: usucapio
   Oggi detta prescrizione acquisitiva
   Fondamento nelle XII Tavole
   Comportava l’acquisto del dominium ex iure  Quiritium
   Era riservata ai cittadini romani
   I requisititi dell’usucapione erano:
   res habilis : erano usucapibili tutte le cose suscettibili di dominium ex iure Quiritium. Non erano res habilis le res furtivae (cose rubate) e le res vi possessae (impossessate con la violenza) anche in buona fede.
   titulus o iusta causa: era la ragione che stava alla base dell’acquisto del possesso per giustificare l’acquisto della proprietà per possesso continuato per il tempo stabilito. Il titolo più comune era titulus pro emptore: tale titolo era posseduto dal compratore quando il venditore avesse trasmesso il possesso della cosa venduta ma non la proprietà.
   fides : con l’età repubblicana si richiese anche la buona fede (bona fides): il possessore doveva essere convinto di non recare danni con il proprio possesso ad altri. La buona fede doveva sussistere al tempo dell’acquisto del possesso.
   possessio : il possesso era solo di colui che teneva la cosa come propria  (animus domini)
   tempus : l’usucapione si compiva:
o   2 anni immobili
o   1 anno altre cose
o   possederla in modo continuo ed interrotto
o   età preclassica: alla morte del possessore il tempus usucapionis continuava con l’erede: iniziava quindi dal defunto e terminava con l’erede.
   L’usucapio pro herede:
   Chi ha possesso una o più cose ereditate purché appartenente ad eredità giacente, trascorso 1 anno acquista l’eredità nel suo complesso, anche in difetto di titolo e in mala fede.

  • La difesa della proprietà quiritaria:

   La rei vindicatio:

  • La rei vindicatio era la rivendica, ed era utilizzata per la difesa del dominium ex iure Quiritium.
  • La rei vindicatio si rivolgeva contro il possessore non proprietario e tendeva  far conseguire al proprietario il possesso.
  • Il pretore attribuiva all’una o all’altra parte il possesso della cosa controversa durante il processo, e su ognuna di esse gravava l’onere di fornire la prova dell’appartenenza a se della cosa stessa.

   L’onere della prova: onus probandi

  • A carico dell’attore
  • Difficile provare la proprietà soprattutto in acquisto a titolo derivativo, ma bastava l’usucapione perché l’attore dimostrasse di aver posseduto la cosa.

   Spese:
   Sono a carico dell’attore prima della restituzione a patto che fossero necessarie ed utili
   Legittimazione passiva:
   La rivendica era diretta contro il possessore
   Furti e danni:
   Il convenuto per l’assoluzione doveva restituire i frutti percepiti e risarcire i danni arrecati
   Usucapione del bene rivendicato:
   Il possessore che ha usucapito dopo la litis contestatio deve trasferire all’attore la proprietà.
   Litis aestimatio:
   Il convenuto che non avesse restituito la cosa rivendicata sarebbe stato condannato a pagarne il valore
   Le azioni negatorie:
   Date al proprietario possessore contro chi esercitasse illegittimamente servitù o usufrutto
   L’actio aquae pluviae arcendae:
   Era l’azione data al proprietario di un fondo rustico contro il vicino il cui fondo fosse stato alterato dallo scorrere naturale delle acque piovane. Si tratta di un actio in personam ed ha la clausola restitutoria: il convenuto era invitato dal giudice a restituire le cose in ripristino.
   La legis actio e la cautio per il danno temuto:
   danno temuto: è cioè un fondato timore che un edificio potesse cadendo recare danni al fondo vicino. Per questo timore venne utilizzato una delle 5 legis actiones (non si sa quale) ma venne preso soppressa dalla cautio damni infecti.
   La cautio damni infecti era una promessa fatta dal proprietario del fondo da cui si temeva il danno al proprietario del fondo minacciato che, in caso si verificasse il danno, l’avrebbe risarcito.
   L’operis novi nuntiatio:
   Era un ricorso effettuato dall’interessato nel caso in cui sul fondo del vicino erano in corso opere di costruzione o di demolizione che si ritenevano lesive di un proprio diritto (es. servitù di passaggio).
   In caso d’operis l’intimato doveva sospendere l’opera.
   Gli effetti sospensivi dell’operis novi nuntiatio cessavano dopo 1 anno.
   L’interdictum quod vi aut clam:
   Il proprietario del fondo avrebbe ottenuto la rimozione della costruzione che taluno avesse realizzata vi (nonostante il suo divieto) o clam (clandestinamente) sul fondo dello stesso attore.
   L’actio finium regundorum:
   Si ristabilivano i confini tra due fondi rustici modificati da forze naturali o altro.

  • L’azione Publiciana:

   Era un’azione che, il pretore Publicio la propose nel suo editto, tutelava i possessori in bona fede e cum iusta causa di una cosa suscettibile d’essere usucapita.
   L’azione era in rem e con causa arbitraria e come nella rivendica ad essa si ritiene passivamente legittimato il possessore attuale.

  • La proprietà pretoria:

   tutela relativa: il possessore ad usucapionem legittimato dall’azione Publiciana, godendo di tale tutela, prevaleva di fronte ai terzi, ma non contro il proprietario civile
   tutela giudiziaria assoluta: il possessore ad usucapionem era legittimato anche contro il proprietario civile. Il diritto del proprietario civile fu qualificato come “nudum ius Quiritium”, mentre il possessore ad usucapionem teneva la cosa in bonis. Gli studiosi moderni la chiamano “proprietà pretoria”, ma nel linguaggio dei classici, “proprietà bonitaria”.

  • La proprietà provinciale:
  • Le terre romane erano organizzate in province e furono lasciate nelle disponibilità dei privati che le tenevano già ma gravati da imposta (stipendium o tributum) :
  • Dominium populus romanus: proprietà delle province senatorie
  • Dominium dell’imperatore: proprietà delle province imperiali
  • I privati su queste terre avevano un potere qualificato come possessio.
  • Tale possessio era qualificata come quella del dominium ex iure Quiritium sui fondi italici perché:

   Era trasmissibile mortis causa e con atti inter vivos
   Era tutelata con un’actio in rem.

  • Modi d’acquisto: i fondi provinciali rientravano tra le res nec mancipi e si trasmettevano tramite traditio. Non si acquistavano tramite usucapione.
  • La proprietà nel diritto postclassico e giustinianeo:

   Età postclassica: nella cultura giuridica nasce il fenomeno della volgarizzazione dei concetti giuridici nel settore dei diritti reali. Ciò perché:
   Venuto meno la figura del pretore come organo giurisdizionale
   Abolite le formule
   Distinzione meno netta tra proprietà e possesso
   Età giustinianea: con Giustiniano si tornò alla concezione classica:
   Distinzione più netta tra proprietà e possesso e altre posizioni giuridiche reali.
   Trasferimento:
   modi di acquisto:
   scomparsa in iure cessio e mancipio
   viene meno la distinzione tra negozi astratti di trasferimento e le relative causae
   furono considerati cause e atti causali di trasferimento: la vendita e la donazione.
   Con Giustiniano: no mancipatio, ma traditio.
   Usucapione e la longi temporis praescriptio:
   Costantino istituì una longissimi temporis praescriptio per 40 anni opponibile dal possessore di un immobile.
   Giustiniano ne ridusse il termine a 30 anni e distinse:
   Usucapione: beni mobili (3 anni)
   Longi temporis praescriptio: beni immobili (10-20 anni)
   Rivendica:
   Rimane l’azione fondamentale per la difesa della proprietà (rei vindicatio)

  • Il consortiumercto non cito”: Come una comproprietà: si traduceva con “dominio non diviso”; si costituiva:

   Automaticamente: morte del pater familias tra le heredes sui
   Tra estranei: mediante il ricorso a una legis actio.
   Questo “consorzio” era caratterizzato da:
   Ciascun consorte avrebbe potuto senza il concorso di altri consorti a gestire / fruire /alienare e disporne per l’intero ma con effetti verso tutti gli appartenenti al consortium.
   Era in sostanza una “proprietà plurima integrale”: ogni partecipante alla comunione era considerato proprietario dell’intero.

  • La communio di proprietà:

   Altro tipo di comproprietà: era la comunione dei beni che poteva essere:
   Volontaria: costituita per volontà degli stessi comproprietari
   Incidentale: prescinde dalla volontà dei partecipanti alla communio (communio incidens)
   Diverge dalla consortium perché:
   Ciascun partecipante (socius) era titolare di una quota del bene; era una frazione del diritto di proprietà (pars pro indiviso) e non dell’intero bene.
   Ogni socius poteva alienare/usufrutto/pegno senza il consenso degli altri comproprietari solo la propria quota e nulla di più.
   Ogni socius partecipava alle spese nella misura della propria quota e di conseguenza anche i frutti e i danni provocati a terzi erano rapportati.
   Ius prohibendi: diritto di proibire; in caso di innovazione della cosa comune spettava a ciascun dei contitolari il diritto di veto (ius prohibendi)
   Ius adcrescendi: diritto di accrescimento; tale diritto comportava che se un socius avesse rinunziato alla sua quota, questa si sarebbe accresciuta agli altri soci: a ciascuno in proporzione del suo diritto sulla cosa comune.
   Manumissio del servo comune: liberazione dello schiavo. Non rende libero il servo ma dà luogo all’accrescimento in favore di altri comproprietari: lo schiavo avrebbe acquistato la libertà solo se tutti i comproprietari avessero compiuto l’atto di affrancazione (liberazione)
   L’actio communi dividundo: era il rimedio per la divisione dei beni comuni.

  • Le servitù prediali:
  • Tra i vari diritti soggettivi, il diritto romano conobbe “diritti reali limitati su cosa altrui”: tra questi, il diritto di godimento chiamato servitù prediale.
  • Nelle servitù prediali, il proprietario di un fondo può esigere dal proprietario di un fondo vicino un comportamento determinato di tolleranza o omissione (pati- tollerare-  o non facere)
  • Le servitù prediali riguardano soltanto i beni immobili:

   Fondi rustici
   Fondi urbani.

  • Le servitù prediali spettano al proprietario” in quanto tale” di un fondo
  • Nelle servitù prediali ad essere obbligato è il proprietario “in quanto tale” di un fondo vicino.
  • La servitù segue i due fondi sia sul lato attivo sia su quello passivo.
  • I 2 fondi, dominante e servente, devono appartenere a proprietari diversi.
  • Utilitas: come nella citata definizione codicistica: “un peso sopra un altro fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario”; la servitù deve essere utile al fondo dominante e i terreni se non contigui almeno vicini.
  • Servitus in facendo consistere nequit: la servitù non può consistere in un fare, ma di tollerare e di non facere.
  • Servitù positive e negative:

o   Positive: è il comportamento attivo del proprietario del fondo dominante (pati per fondo servente)
o   Negative: no attività del fondo servente e quindi il non facere di tale fondo.

  • Indivisibilità: le servitù non sono divisibili
  • Origini: dopo la legge delle Dodici Tavole
  • Servitù rustiche e urbane:

o   Servitù rustiche: appartenenti ai fondi rustici [iura praediorum rusticorum]
o   Servitù urbane: appartenenti ai fondi urbani [iure praediorum urbanorum]

  • Fondi italici e fondi provinciali: si dissero servitù solo i servizi tra fondi relativi a fondi italici essendo di dominium ex iure Quiritium. Nell’età postclassica avvenne l’estensione anche ai fondi provinciali.
  • Costituzione: le servitù si costituivano mediante negozi con effetti reali:

o   Con mancipatio: le servitù rustiche che erano res mancipi
o   Con in iure cessio: tutte quante, rustiche e urbane.
o   Pactio e stipulatio: per la costituzione della servitù nei fondi provinciali
o   Exceptio servitutis: quando il proprietario di due fondi nell’alienarne uno mediante mancipatio, d’accordo con l’altro costituiva tra essi servitù.
o   Adiudicatio: rientra tra i poteri del giudice stabilire servitù tra i fondi che con la divisione venivano assegnati a comproprietari o coeredi diversi.
o   Legato per vindicationem: legatario proprietario di un fondo

  • Estinzione: le servitù si estinguevano per:

o   Confusione: i due fondi appartenevano allo stesso proprietario
o   Rinuncia
o   Non usus: mancato esercizio continuato per 2 anni.

  • Tutela giudiziaria: a difesa della servitù c’era la vindicatio servitutis: sarà detta nell’età classica l’”actio confessoria”.
  • Usufrutto: usus fructus
  • L’USUFRUTTO è la posizione giuridica soggettiva che i Romani consideravano come un “diritto reale limitato di godimento su cosa altrui”.
  • In sostanza era ed è: un diritto soggettivo reale di usare e percepire i frutti di una cosa altrui senza alternarne la destinazione economica.
  • Il titolare del diritto reale è detto usufruttuario
  • Il proprietario della cosa gravata è detto nudo proprietario
  • Origini:

   l’usufrutto era un diritto per esigenze legate alla diffusione dei matrimoni sine manu, cioè la donna non entrava a far parte della familia del marito.
   Ma nacque 2 problemi: in caso di morte del pater familias
o   Da una parte: la moglie sui iuris cadeva nell’indigenza (in povertà)
o   Dall’altra: se il marito l’avesse istituita erede, i beni da lei acquistati ex testamento dal marito alla di lei morte sarebbero andati alla famiglia della moglie e non ai figli.
   Soluzione: per assicurare il patrimonio ai figli e e assicurare al contempo una dignitosa vita alla vedova, a partire dalla metà del II secolo a.C. si diffuse la prassi di “legare alla moglie l’usus fructus di determinati beni” in modo tale che la vedova ne godesse durante la vita e la proprietà restasse ai figli che venivano istituiti eredi.

  • L’usufrutto come servitù personale:

   Con Giustiniano l’usufrutto insieme all’usus fu qualificato “servitus
   Alle servitù prediali inerenti ai fondi si contrapposero le servitù personali: usufrutto e uso.
   Nelle servitù prediali: un fondo era assoggettato ad altro fondo
   Nell’usufrutto e uso: un bene mobile o immobile era assoggettato a una persona.

  • Oggetto:

   oggetto dell’usufrutto poteva essere:
o   cose mobili o immobili
o   mancipi o nec mancipi
o   inconsumabili e fruttifere
o    res corporales
o   il testatore poteva legare l’usufrutto a tutti i propri beni (omnibus bonorum)

  • Uso, godimento e manutenzione:

   L’usufruttuario poteva usare la cosa gravata da usufrutto (res fructuaria) e percepirne i frutti
   I frutti diventavano di proprietà dell’usufruttuario dal momento dell’effettiva percezione (perceptio)
   L’usufruttuario doveva a sue spese curare la manutenzione ordinaria della cosa, e che non perisse o si deteriorasse. E non poteva mutare la destinazione della cosa.

  • La cautio fructuaria:

   La cautio fructuaria era una stipulatio pretoria nella quale l’usufruttuario prometteva al nudo proprietario sia la restituzione del bene una volta estinto l’usufrutto, sia un uso della cosa con criteri del bonus vir –buon padre - (arbitratu boni viri)

  • Carattere personale:

   L’usufrutto aveva carattere personale: era inalienabile (invendibile) e intrasmissibile agli eredi.
   L’usufruttuario poteva cederne l’esercizio, ma sarebbe rimasto l’usufruttuario e direttamente responsabile verso il nudo proprietario e l’usufrutto si sarebbe estinto con la sua morte.
   L’usufrutto aveva durata limitata nel tempo essendo destinato ad estinguersi con la morte dell’usufruttuario.
   Se erano costituite da persone giuridiche, si ritenne estinto l’usufrutto non oltre 100 anni dopo la sua costituzione.

  • Modi di costituzione dell’usufrutto:

   L’usufrutto si poteva costituire tramite:
o   Legato per vindicationem
o    In iure cessio
o    Adiudicatio
o    Deductio
o    Pactio et stipulatio
o   Longi temporis praescriptio

  • Modi di estinzione dell’usufrutto :

   L’usufrutto si estingueva per morte dell’usufruttuario
   Ma poteva estinguersi anche prima della morte dell’usufruttuario:
o   Con l’avveramento della condizione risolutiva
o   Scadenza del termine finale contemplato nell’atto costitutivo.
o   Per perimento della cosa
o   È stata mutata la destinazione economica (mutatio rei)
o   Per rinuncia
o   Per consolidazione: quando il proprietario acquistava l’usufrutto o quando l’usufruttuario acquistava la proprietà
o   Per il non usus: 1 anno beni mobili, 2 anni beni immobili

  • Tutela giudiziaria:

   A difesa dell’usufruttuario impedito dell’esercizio del suo diritto stava la vindicatio usus fructus, che era un’azione con struttura simile a quella della vindicatio di servitù.

  • Il quasi usufrutto:
  • un senatoconsulto riconobbe come possibili oggetti di usufrutto tutte le cose che a quel patrimonio appartenessero e quindi:

   denaro
   altre cose consumabili
delle cose consumabili il legatario avrebbe acquistato la proprietà.

  • Questo si chiama: quasi usufrutto.
  • L’usus:
  • L’usus è un altro diritto reale di godimento su cose altrui.
  • Riguardava da prima per le cose infruttifere, ma ben presto anche alle altre
  • Il titolare, l’usuario, avrebbe avuto il diritto di usare direttamente e personalmente  la cosa, ma non percepirne i frutti.
  • Es.: usuario di animali: utilizzarne l’attività lavorativa ma non i suoi frutti

       usuario di un edificio: avrebbe potuto abitarvi solamente….

  • A differenza dell’usufrutto, l’usus non era divisibile: ma più usuari avrebbero esercitato indivisamente (non pro quota) e sull’intero bene.
  • I modi di acquisto, di estinzione e tutela giudiziaria erano uguali a quelli dell’usufrutto.
  • Usufrutto e usus erano qualificati come servitù personali.
  • Il diritto di superficie:
  • Superficies: tutto ciò che stava organicamente sopra il suolo: il proprietario di un terreno non poteva essere o non essere anche il proprietario della superficie.
  • Il caso più comune era quello della costruzione su suolo altrui (inaedificatio – costruire sopra)
  • Nulla impediva che lo stesso dominus (proprietario) potesse dare in locazione o vendere la superficie, ma in questi casi sorgeva solo un diritto di credito di godimento dell’edificio già esistente o costruito dal “superficiario”.
  • Aumentarono i casi di locazione o vendita delle superfici, tanto che portarono il pretore ad intervenire in età classica con un’azione reale in factum, che può essere configurata come un diritto reale limitato di godimento su cosa altrui.
  • Il corrispettivo annuale fisso o canone che era tenuto non necessariamente il superficiario era chiamato “solarium”.
  • Era trasmissibile per mortis causa e inter vivos.
  • Gli agri vectigales:
  • Le terre pubbliche che erano date in concessione ai privati erano dette agri vectigales, dal nome vectigal (imposta, tassa), che era il canone periodico che i concessionari erano tenuti a pagare come corrispettivo.
  • I concessionari furono chiamati “possessores” ed erano tutelati con interdicta.
  • Le concessioni erano a termine: 5 anni quelle censorie; 100 anni le altre
  • Le concessioni erano revocabili (annullabili) per mancato pagamento del canone.
  • Il pretore riconobbe tramite azione reale (in factum) per il recupero del possesso: si parlò di ius in agro vectigali.
  • Era trasmissibile per mortis causa e inter vivos.

 

  • L’enfiteusi:
  • In età postclassica, vennero meno le concessioni di agri vectigales, ma si svilupparono altri tipi di concessioni di terre pubbliche:

   Ius perpetuum
   Ius emphyteutitcum

  • Tali concessioni vennero unificate da Zenone, che le dichiarò “enfiteusi”. La materia fu ripresa da Giustiniano.
  • L’enfiteuta, era tenuto a migliorare il fondo e obbligato a pagare un canone annuo, avrebbe potuto vendere il fondo enfiteutico ma avrebbe dovuto a parità di condizioni preferire il concedente. Il concedente, che lasciava alienare il fondo a terzi, gli era dovuto il 2% del prezzo o del valore del fondo.
  • Estinzione dell’enfiteusi:

   mancato pagamento del canone o dell’imposta fondiaria per oltre 3 anni.
   Per alienazione del fondo a terzi, senza soddisfare gli adempimenti verso il concedente
   Per confusione, cioè per la riunione nella stessa persona di di proprietario e concedente.

  • È un diritto reale di godimento su cosa altrui.
  • Pegno e ipoteca:

   Noi classifichiamo pegno e ipoteca tra i diritti reali di garanzia, che attribuiscono al creditore il diritto di rivalersi su cosa altrui in caso di inadempimento. Bisogna distinguere:

  • Datio pignoris: era il pegno manuale: era cioè la consegna di una cosa al creditore in modo che la tenesse finché il credito non fosse soddisfatto.
  • Conventio pignoris: era un accordo/patto tra creditore e proprietario di una cosa (solitamente il debitore) con cui i due si accordavano che nel caso in cui il debitore fosse inadempiente, il creditore ne avrebbe preso possesso e l’avrebbe tenuta fino all’estinzione del debito.

   Tutela giudiziaria:
   Con la datio pignoris e conventio pignoris, il creditore pignotìratizio acquistava sulla cosa il possesso
   Il pretore intervenne in materia: nella metà del I secolo a.C. era previsto nell’editto il possesso del creditore pignoratizio contro il conduttore dio fondi rustici che non avesse pagato la mercede (retribuzione) convenuta.
   Interdictum de migrando: proibitorio ; spettante al conduttore di immobili urbani (inquilinus) contro il locatore che gli impedisse di portare via dall’alloggio le cose ivi immesse:
   Pegno e ipoteca:
   Pegno: pignus [parola di derivazione greca]
   Ipoteca: hypotheca.
   Actio hypothecaria per indicare l’azione Serviana
   Legittimazione:
   Il pegno che aveva ad oggetto cose corporali, era validamente costituito da chi avesse la cosa in bonis (proprietario quiritario e proprietario pretorio)
   I poteri del creditore pignoratizio:
   Il creditore pignoratizio, una volta possessore della cosa pignorata, avrebbe avuto solo il possesso ma non il godimento e il semplice uso.
   In caso di uso: avrebbe commesso un furto
   Il creditore tratteneva la cosa finché il debito non si fosse estinto.
   Il patto commissorio e il ius vendendi:
   Patto commissorio: in caso di inadempimento del debitore, il creditore avrebbe acquistato la proprietà del bene pignorato. Costantino lo vietò.
   Patto ius vendendi: si dava la facoltà al creditore di vendere la cosa, soddisfarsi col ricavato e restituire al debitore quanto eventualmente sopravanzato. Era il più praticato e a fine età classica si ritenne tacitamente stabilito in ogni dazione (consegna) e convenzione di pegno.
   In caso di vendita della cosa pignorata, il terzo, cui la res fosse stata venduta, avrebbe acquistato:
o   La proprietà quirinaria delle res nec mancipi
o   Il possesso ad usucapionem
o   La proprietà pretoria in caso di res mancipi
   Pluralità di creditori ipotecari:
   Conventio pignoris o hypotheca
   Non comportava il passaggio immediato del possesso al creditore
   La stessa cosa poteva essere convenuta in pegno (ipoteca) a più creditori, in tempi diversi e per obbligazioni diverse
   Si stabiliva tra i creditori un elenco di precedenze in base al principio “prior in tempore potior in iure” [precedente nel tempo, maggiore nel diritto].
   Estinzione:
   Il pegno si estingueva con:
o   l’estinzione del debito
o   per effetto dell’adempimento
o   per perimento della cosa che ne era oggetto
o   per confusione
o   per vendita
o   per inadempimento
o   rinuncia del creditore

  • Il possesso:

 

  • La genesi:

   Le terre pubbliche (ager publicus) erano lasciate in principio ai privati, poi con speciali concessioni ad opera dei cessionari dietro corrispettivo, diventarono ager vectigales.
o   I cessionari erano chiamati “ possessores
o   Il potere dei cessionari sulle terre era chiamato “possessio
o   L’esercizio di tale potere era chiamato “possidere
   Fine età arcaica: il pretore cominciò a proteggere i possessores di agri publici  contro molestie e ben presto anche a tutti coloro che erano creditori pignoratizi, usus per usucapionem, ecc… tutti questi ottennero la tutela giudiziaria e furono qualificati in modo generico possessores.

  • Gli interdetti possessori:

   I soggetti ai quali si riconosce la possessio erano tutelati mediante interdicta.
   Gli interdetti possessori potevano essere volti a:
o   Conservare il possesso (retinendae possessionis):
o   Recupero del possesso (reciperandae possessionis).
   L’interdictum uti possidetis:
o   Il più antico
o   Riguardava gli immobili e serviva a far cessare turbative e molestie
o   Doveva essere attuato entro l’anno da queste
o   Prevaleva quello dei due litiganti che possedeva la cosa in modo non violento (vi), non clandestino (clam), non precario (precario dans) rispetto all’avversario; costui insomma possedeva l’immobile senza vizi.
o   Il precario era un comodato nel quale non era stabilito il termine di scadenza, e prevedeva che il bene dato in godimento possa essere richiesto in restituzione in qualsiasi momento dal concedente (chi dà in affitto un fondo).
   L’interdictum utrubi:
o   Si applicava a schiavi, animali, e altre cose mobili
o   Prevaleva non tanto il possessore attuale (come nell’interdictum uti possidetis) ma chi tra i 2 litiganti che aveva posseduto la cosa per maggior tempo durante l’ultimo anno.
   L’interdictum unde vi:
o   Riguardava solo i beni immobili
o   Si dava entro l’anno alla persona che avesse subito spoglio violento del possesso ed era volto al recupero del possesso perduto.
o   Era restitutorio.
   L’interdictum de vi armata:
o   Era restitutorio e senza limiti di tempo
o   Spettava alla vittima di uno spoglio violento contro chi lo spoglio avesse commesso avvalendosi di una banda armata.

  • Possesso e proprietà:

   Tra i possessori legittimati all’esercizio degli interdetti a difesa del possesso vi furono coloro che tenevano la cosa uti domini, come se fossero proprietari.
   Il possessore uti dominus era protetto con gli interdetti possessori:
   Sia che fosse effettivamente proprietario della cosa posseduta sia che no
   Era protetto contro terzi sia contro lo stesso proprietario se fosse stato lui a violare con spoglio o turbative il suo possesso.

  • Possessio ad usucapionem e possessio ad interdicta:
  • Il possesso dava luogo anche ad un altro significato: l’usucapione
  • L’usucapione:

   Non riguardava tutti i possessori, ma solo i possessori uti domini, cioè coloro che tenevano la cosa come propria, con animus domini
   I possessori uti domini, col decorso del tempo, se non proprietari, lo sarebbero diventati per effetto dell’usucapione. Si parla a riguardo di “possesso ad usucapionem” (chi cura e chi trascura i propri affari).
   La tutela possessoria interdettale è chiamata “possesso ad interdicta” (mantenimento ordine sociale).
   I possessori uti domini: possedevano sia ad interdicta sia ad usucapionem
   Gli altri possessori (concessionari agri publici, precaristi, creditori pignoratizi, sequestratari) avevano solo la possessio ad interdicta.
   La possessio ad usucapionem era tutelata con l’azione Publiciana e viene detta nelle fonti possessio civilis.
   Alla possessio civilis si contrappone la “possessio naturalis” che riguardava i detentori cui non si riconosceva una possessio qualificata (né ad interdicta, né ad usucapionem)
o   Corpus possessionis e animus possidenti:
   I giuristi romani individuarono nel possesso:
   Un corpus possessionis: si riconosce a chi aveva: 1) un contatto materiale con la cosa; 2) n’avesse l’effettiva disponibilità; 3) avesse il controllo. erano ad esempio: creditori pignoratizi, sequestratari, …
   Un animus possidenti: intesa come intenzione di tenere la cosa per sé, nel proprio interesse, proprio nomine. Erano ad esempio: chi teneva la cosa uti domini (proprietari)

  • Acquisto, conservazione e perdita del possesso:

o   Acquisto: il possesso di una res si acquistava dal momento in cui una persona, con l’animus possidenti, aveva la possibilità di disporne (quindi anche il corpus). Si poteva acquistare tramite traditio.
o   Conservazione: finché, la disponibilità di disporne (corpus), perdurava senza smettere l’animus.
o   Perdita: quando veniva meno la possibilità di disporne della cosa (corpus) e l’animus possidenti, o anche soltanto l’una o l’altra.
o   Interversione del possesso: “nemo sibi ipse causam possessionis mutare potest” [nessuno può mutare a se stesso la causa del possesso] : in altre parole, chi ha iniziato a tenere la cosa in forza di un titolo, di una causa, non può pretendere di possederla ad altro titolo per avere mutato da sé il proprio animus. Ciò significa che non ha effetto di “interversione” del possesso (non può cambiare la detenzione in possesso).

  • L’oggetto del possesso:
  • Il possesso di una cosa composta non comporta possesso anche delle singole partes che la compongono.
  • Il possesso riguardava le res corporales, e non le res incorporale: si possedeva la res e non l’eventuale ius (usufrutto o servitù) sulla stessa res.
  • Il diritto di proprietà non fu concepito come ius:

   Il diritto di proprietà si identificava con la cosa che ne era oggetto
   Chi teneva la cosa come propria (uti dominus), possedeva direttamente la cosa stessa.

  • La quasi possessio:

   Chi esercitava usufrutto o servitù non furono ritenuti possessori : non possedevano la cosa perché il possesso restava al nudo proprietario ( in caso di usufrutto) e al proprietario del fondo servente ( per quanto riguarda la servitù). Tali erano chiamati “quasi possessio”.

LINEAMENTI DI DIRITTO PRIVATO
(di Matteo Marrone)

CAPITOLO 5: le obbligazioni

  • Il concetto d’obligatio:

   Obligatio= obbligazione: vincolo per cui un soggetto, detto debitore, è tenuto ad un determinato comportamento nei confronti di un altro soggetto, detto creditore.
   Il comportamento cui è tenuto il debitore e che il creditore può pretendere è la “prestazione”.
   Il dovere giuridico del debitore è il debito.
   Il diritto soggettivo del creditore è il credito.
   Possono esserci più debitori o più creditori.
   Il diritto di credito del creditore è un diritto relativo (non assoluto come il diritto reale) perché sono obbligate 1 o più persone determinate ed individuate. Sono anche determinate le persone del creditore o creditori.
   L’azione che si dà al creditore/i contro debitore/i è un actio in personam.
   La prestazione del debitore consiste spesso in un comportamento positivo.
   Il debitore inadempiente, se l’adempimento è a lui imputabile, cade in “responsabilità”.

  • Genesi e storia dell’obligatio:
  • Nacque a Roma nell’ambito degli atti leciti, ma assunse rilievo con gli atti illeciti.
  • Atti illeciti:

   Agli inizi, la vendetta fu l’unica azione ammessa contro taluni comportamenti ritenuti lesivi.
   L’offensore doveva essere punito.
   La poena (pena, punizione, vendetta) era corporale (nei casi più gravi il colpevole poteva essere ucciso) ed era inflitta dal pater familias del gruppo familiare offeso.
   L’offeso poteva rifiutare la vendetta se l’offensore offrisse di pagare una “composizione pecuniaria” (un accordo pecuniario il cui importo doveva seguire certi criteri). Ciò divenne in seguito un obbligo per l’offeso accettare la composizione pecuniaria.
   Si evitava così la pena corporale.
   La somma di denaro che l’offeso riscuoteva al posto della pena corporale fu detta anch’essa poena.
   Si trattava di un riscatto, in sostanza di un onere.
   L’idea dell’obbligazione nacque però dagli atti leciti.

  • Il nexum: impegno, obbligazione del debitore

   Era un atto gestum per aes et libram, cioè era un atto che si compiva con l’intervento di 5 testimoni romani puberi e di un libripens con la bilancia.
   Riguardava i prestiti di denaro o metallo usato come merce di scambio.
   Il creditore e il debitore dovevano essere presenti:
o   Il creditore: con parole solenni affermava il suo potere sull’altra parte
o   Il debitore: diventato nexus, pur restando persona libera e non serva, era assoggettato al creditore, il quale:
   lo teneva presso di sé
   esercitava su di lui materiale coercizione
   poteva sottoporlo a punizioni corporali
   lo utilizzava per attività lavorative
tutto ciò finché il nexus non avesse scontato con il suo lavoro o col pagamento il debito
o   il nexum fu abolito nel 326 a.C.

  • Praedes e vades:  garante e ?

   Sono le figure di garante più antiche
   Praedes: si ricorreva nella legis actio sacramenti in rem, per garantire che la parte cui il pretore avesse assegnato provvisoriamente il possesso della cosa controversa la restituisse all’avversario insieme ai frutti in caso di soccombenza (cedere).
   Vades: si faceva ricorso nelle legis actiones, per garantire la ricomparsa in giudizio della parte convenuta quando l’udienza era rinviata ad altro giorno.
   Praedes e vades nei rapporti privati scomparvero nell’età preclassica.

  • Lo sponsio: promessa solenne, obbligazione

   È il negozio più antico
   È la struttura dell’obligatio classica
   Il prototipo della stipulatio
   Tutelata dalle XII Tavole
   Vi partecipano un interrogante e un promittente:
o   Il promittente restava vincolato alla promessa ed era responsabile in caso di mancato adempimento.

  • L’ulteriore evoluzione:

   La struttura dello sponsio si estese anche ad altri rapporti leciti, che al riguardo si parlò d’obligatio.
   Nell’età repubblicana il fenomeno interessò anche gli atti illeciti, quindi:
o   La pena pecuniaria, sorta come riscatto per liberare l’offensore dall’assoggettamento, fu configurata come una prestazione, alla quale era tenuto l’autore dell’illecito (debitore) in favore della vittima (creditore).
o   Il creditore pretendere il pagamento dal debitore della prestazione.
   A partire dagli inizi del principato, il termine obligatio venne impiegato in relazione a rapporti che avevano la loro causa in atti illeciti (quelli leciti erano già considerati)
   Agli inizi, con le legis actio per manus iniectionem: il responsabile era esposto al rischio dell’assoggettamento personale al potere del creditore;
   Poi, venute meno le legis actiones: rimase l’esecuzione personale, ma il creditore avrebbe potuto procedere a esecuzione patrimoniale
   Con l’andare del tempo: all’esecuzione personale si dovette far ricorso solo contro i debitori del tutto privi di mezzi patrimoniali.
   Termine obligatio: ob + ligatio (legatura, fasciatura), antico vincolo materiale
   Solvere: sciogliere
   Solutio: scioglimento

  • Obbligazioni civili e onorarie:
  • Per indicare il vincolo giuridico che nasceva dalla sponsio si parlò subito di oportere, facendo riferimento alla necessità per l’obbligato di adempiere alla prestazione.
  • A differenza di altri diritti reali, il punto di vista non fu quello dell’attore che affermasse per sé un proprio diritto, ma quello del convenuto-debitore gravato da un obbligo nei confronti dell’avversario-creditore.
  • E neppure l’oportere era qualificato ex iure Quiritium.
  • Da età preclassica il pretore andò concedendo azioni in factum.
  • La qualifica di obligatio fu in un primo tempo riservata ai rapporti sottostanti alle azioni in personam in ius.
  • Per i rapporti di diritto pretorio o onorario sottostanti ad azioni in factum si disse semplicemente che la parte obbligata era tenuta in virtù di un’azione: si parlò di actione teneri.
  • Obbligazioni naturali:
  • A ogni obligatio corrispondeva un’actio in personam
  • Ma i classici parlarono do obligationes facendo anche riferimento a rapporti non sanzionati da azioni: li qualificarono come obligationes naturales.
  • Le obbligazioni vere e proprie per contrapporle a quelle naturali furono dette “civili” perché sanzionate da actiones.
  • Nell’età classica si fecero rientrare nelle obbligazioni naturali le obbligazioni assunte dal pupillo senza l’auctoritas del tutore.
  • Nelle obligationes naturales c’è l’esistenza di doveri morali  e sociali degni di essere presi in considerazione dall’ordinamento giuridico, e con riguardo a questi che ancora oggi si discorre di obbligazioni naturali. (art. 2034 cod. civ. )

 

  • I possibili contenuti della prestazione:
  • La prestazione poteva avere ad oggetto:
    • Un dare: il contenuto della prestazione doveva essere il trasferimento della proprietà o costituzione di altro diritto reale. Quindi il creditore doveva acquietare la proprietà. Il debitore sarebbe stato inadempiente se se avesse compiuto l’atto senza essere proprietario della cosa. Ai fini dell’adempimento dell’obbligazione di dare, il creditore doveva avere sia la proprietà che il possesso del bene.
    • Un facere: ogni comportamento diverso del dare; vi rientra il non facere.
  • I requisiti della prestazione:
  • Carattere patrimoniale:
    • La prestazione doveva essere suscettibile di valutazione in denaro, cioè a carattere patrimoniale.
    • Il principio della patrimonialità della prestazione naque nel processo formulare nel quale la condanna non poteva non essere espressa in denaro.
    • In una stipulazione penale (stipulatio poenae), nella stipulatio si prometteva una certa somma di denaro, appunto poena, per l’eventualità che la prestazione non venisse effettuata nel tempo convenuto.
  • La promessa del fatto altrui:
    • Fu negata l’efficacia ai contratti in favore di terzi
    • Invalidità di assunzione di un impegno che un terzo estraneo al negozio tenesse un determinato comportamento
  • Possibilità:
    • La prestazione doveva essere possibile (impossibilium nulla obligatio est)
    • Era nullo il negozio nel quale la prestazione cui era dovuto il debitore era impossibile: sia impossibilità sopravvenuta sia impossibilità iniziale.
    • La prestazione poteva essere impossibile:
      • Materialmente (es. consegnare un edificio già distrutto da incendio)
      • Giuridicamente (es. trasferire la proprietà di un uomo libero, oppure trasferire al creditore la proprietà di cosa già sua)
  • Liceità:
    • La prestazione doveva essere lecita, pena nullità.
    • Era illecita la prestazione contro il buon costume.
  • Determinabilità:
    • La prestazione poteva essere determinata o determinabile.
  • Ab heredis persona obligatio incidere non potest:
    • Antica regola: un’obbligazione non può avere inizio dalla persona dell’erede.
    • Era nullo il negozio che fosse stato strutturato in maniera che la relativa obligatio nascesse direttamente in capo all’erede di una delle due parti. (sia dal lato attivo sia dal lato passivo)
    • Es.: era nulla la stipulatio per la quale il promittente assumesse l’impegno di adempiere all’erede dello stipulante o dopo la sua morte. In questi casi, i giuristi classici, fecero ricorso alla figura dell’adstipulator (v. più avanti)
    • Alla fine Giustiniano abolì l’antica regola.

 

  • Le obbligazioni indivisibili:
  • La prestazione può essere:
    • Frazionabile: obbligazioni divisibili. Erano obbligazioni di dare
    • Non frazionabile: obbligazioni indivisibili. Erano obbligazioni di facere.
  • Obbligazioni di dare erano divisibili quando la prestazione aveva ad oggetto:
    • Una somma di denaro
    • Altre cose fungibili
    • Una cosa individuata nella specie
    • Anche una cosa di per sé indivisibile (es. una quota di un coerede)
  • Obbligazioni di dare erano indivisibili solo quando avevano ad oggetto:
    • Servitù
    • Diritto reale di usus
  • Le obbligazioni indivisibili non potevano essere adempiute parzialmente: infatti si applicò a tali obbligazioni, quando la prestazione era dovuta a più persone o da più persone ( più eredi, più creditori, più debitori), il regime delle obbligazioni solidali elettive (v. più avanti).
  • Le obbligazioni alternative:
  • Ad ogni obligatio corrispondeva solitamente 1 sola prestazione.
  • Le obbligazioni alternative erano obbligazioni con due o più prestazioni, in cui il debitore era liberato con l’adempimento di una.
  • La scelta (electio) tra le due prestazioni spettava di regola al debitore. Se invece era espressamente scritto nell’atto costitutivo dell’obbligazione spettava al creditore.
  • Con l’impossibilità sopravvenuta di una delle prestazioni, di regola l’obbligazione alternativa cessava di essere tale e diveniva unica, e il debitore era tenuto ad adempiere alla prestazione ancora possibile.
  • Le obbligazioni generiche:
        • La prestazione poteva avere ad oggetto:
          • Obbligazioni generiche: quando erano cose individuali per l’appartenenza ad una categoria, o genus (un fondo, un servo)
          • Obbligazioni specifiche: quando erano cose determinate, individuate nella specie (il servo Tizio)
        • Le obbligazioni specifiche non davano luogo a particolari problemi, mentre le generiche si.
  • La responsabilità contrattuale:
        • Responsabilità contrattuale: il debitore che non adempie la prestazione, se l’adempimento è a lui imputabile, cade in responsabilità.
        • Impossibilità sopravvenuta della prestazione:
          • l’inadempimento della prestazione poteva dipendere dall’impossibilità sopravvenuta della stessa prestazione.
          • il debitore ne era responsabile se l’impossibilità fosse stata a lui imputabile
          • i criteri per stabilire se era imputabile o meno al debitore si andarono stabilendo in via di interpretazione ad opera della giurisprudenza .
        • il factum debitoris: nelle obbligazioni di dare cose determinate, il debitore rispondeva dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione se essa fosse stata conseguente ad un suo comportamento positivo e cosciente (factum debitoris) non importa se voluto o no.
        • La custodia: quando il debitore teneva a proprio vantaggio una cosa altrui che avrebbe dovuto poi restituire (es. il contratto di comodato) il debitore rispondeva per “custodia”. Era una responsabilità nella quale il debitore era liberato solo se:
          • La cosa periva
          • La prestazione diveniva impossibile: per caso fortuito o forza maggiore
          • Per eventi non controllabili dal debitore (forze naturali)
          • L’oggetto dovuto fosse stato rubato
        • Il dolo: contratto di deposito: il depositario non rispondeva per custodia ma per dolo. Non era inganno e neppure un comportamento iniquo. Per dolo si intendeva la volontarietà del comportamento dannoso da esso provocato. Per esempio nel caso del depositario, commetteva dolo se avesse volontariamente provocato il perimento della cosa depositata.
        • Il dolo e la colpa:
          • Colpa: comportamento negligente o imprudente
          • Nell’età postclassica si andò a sviluppare nel diritto della compilazione delle gradazioni diverse alla culpa:
            • Culpa lata: è la colpa grave nella quale incorre il debitore, e per quanto riguarda gli effetti, viene equiparata al dolo.
            • Culpa levis: consiste nel non adoperare la diligentia propria dell’uomo medio (bonus pater familias). Viene anche detta culpa in abstracto.
            • Culpa in concreto: è la colpa di chi non cure le cose altrui come proprie, della quale si rimprovera il debitore quando non impiega la diligenza nelle cose proprie.
          • In età classica avviene un ulteriore processo evolutivo: alla colpa vengono assimilati i criteri del factum debitoris e della custodia. In sostanza si perviene ad un regime ancorato su dolo e colpa: è il regime del nostro diritto moderno.
        • Esonero, limitazione e aggravamento della responsabilità:
          • Ai criteri di imputazione dell’inadempimento si poteva derogare (violare) con patto contrario: sarebbe stato possibile per esempio estendere alla forza maggiore la responsabilità di ogni debitore.
          • Sarebbe stato nullo il patto che esonerasse il debitore in caso di dolo.
        • Il periculum:
          • Periculum: è il rischio che dipende da un evento pregiudizievole e non imputabile a nessuno.
          • Nel caso di perimento della cosa (res) la regola era che esso fosse a carico del proprietario (res perit domino)
          • Ma in presenza di rapporti obbligatori il periculum era solitamente a carico del creditore, non importa se proprietario o non della cosa perita.
        • La perpetuatio obligationis:
          • Nel caso in cui al debitore fosse stata imputata l’impossibilità sopravvenuta della prestazione e fosse quindi ritenuto responsabile, contro di lui il creditore avrebbe potuto esercitare l’azione propria del rapporto tra le parti come se la prestazione fosse stata ancora possibile. Per giustificare tale soluzione, i giuristi adottarono la “perpetuatio obligationiscioè l’obbligazione si continua fino all’estinguersi divenuta impossibile per causa imputabile al debitore.
  • La mora:
  • Moraritardo colpevole nell’adempimento della prestazione. Poteva essere:
    • Mora del debitore: mora solvendi
    • Mora del creditore: mora accipiendi
        • La mora del debitore:
          • Il debitore cadeva in mora quando non adempiva al proprio debito.
          • Si diffuse la prassi di invitare il debitore ad adempiere. Si parlò di interpellatio.
          • Dall’età classica questa prassi divenne regola giuridica: il debitore sarebbe caduto in mora dal momento dell’interpellatio.
          • La posizione del debitore in mora era la più gravosa rispetto a quella di ogni altro debitore: il debitore moroso era infatti responsabile per l’impossibilità sopravvenuta della prestazione qualunque ne fosse stata la causa.
          • Il periculum sarebbe stato a carico del debitore.
          • Eccezione alla regola: il debitore moroso sarebbe stato liberato se avesse provato che eseguita tempestivamente la prestazione la cosa sarebbe perita ugualmente. Regola usata ancora nel nostro cod civ.
          • Il debitore moroso avrebbe dovuto corrispondere al creditore:
            • I frutti: della cosa dovuta dal momento in cui fosse caduto in mora
            • Gli interessi moratori: in caso di debiti pecuniari da liquidare ad opera del giudice.
          • Fine della mora: quando il debitore avesse “scontato” offrendo di eseguire la prestazione.
        • La mora del creditore:
          • Il creditore cadeva in mora se rifiutava la prestazione che il debitore gli offriva.
          • Con la mora del creditore, il debitore sarebbe stato responsabile solo del dolo. Ma se queste perivano perché il creditore non le accettava, il debitore era liberato
          • In caso si obbligazioni pecuniarie: non potevano perire
          • Se il debitore avesse avuto cura di depositare in luogo pubblico la pecunia dopo averla absignata (?) sarebbe cessato il corso degli interessi.
          • Con Diocleziano: il debitore, nelle stesse condizioni, sarebbe stato liberato dal suo debito.
          • Fine della mora: quando il creditore manifestasse concretamente la disponibilità a ricevere la prestazione.

 

  • Le fonti delle obbligazioni:
      • I giuristi romani qualificarono le fonti delle obbligazioni in categorie:
        • Se derivavano da contratto: contractus

→ per contratti si intesero gli atti leciti con effetti obbligatori.

        • Se derivavano da delitto: delictum o maleficium

→ per delitti si intesero gli atti illeciti sanzionati da azioni penali.

      • Ma nelle fonti il termine contratto assume un significato diverso: sono contratti non tutti gli atti leciti obbligatori ma solo i negozi giuridici bilaterali nei quali vi è un accordo tra le parti volto a far nascere un’obbligazione.
  • I contratti:
      • Tipicità: i contratti erano tipici perché erano tipiche le azioni che le sanzionavano:
        • Erano a numero chiuso
        • Ognuno con proprio regime giuridico
        • Ognuno con actio o actiones proprie
        • Ovviamente c’erano delle eccezioni
      • Effetti obbligatori: i contratti del diritto romano aveva solamente effetti obbligatori e soltanto quelli. Gli effetti reali furono riconosciuti ad altri negozi giuridici bilaterali come mancipatio, in iure cessio, traditio che non furono mai qualificati contractus.
      • Contratti unilaterali e bilaterali: i negozi giuridici si distinguono in
        • Contratti unilaterali: le obbligazioni sorgono a carico di una sola parte (stipulatio e mutuo)
        • Contratti bilaterali: le obbligazioni sorgono a carico di entrambe le parti (compravendita e locazione)
        • Contratti bilaterali imperfetti: ad essere obbligata è in ogni caso una sola parte, ma eventualmente può nascere l’obbligazione a carico dell’altra (deposito, comodato)
        • Caso a sé: la societas.
      • Contratti consensuali:
        • consensu contrahitur obligatio
        • il consenso manifestato era necessario e sufficiente
        • esempi: compravendita, locazione, società, mandato
      • Contratti reali:
        • re contrahitur obligatio
        • gli effetti obbligatori si producevano con la consegna della cosa (res)
        • il consenso non poteva mancare ma non era sufficiente
        • esempi: mutuo, pegno, deposito, comodato, fiducia
        • possono essere accostati i contratti innominati.
      • Contratti verbali e letterali:

 

Contratto verbale

Contratto letterale

verbis contrahitur obligatio

litteris contrahitur obligatio

Contratto per eccellenza : stipulatio

Contratto per eccellenza: nomina transscripticia

L’obbligazione nasceva con la pronuncia di parole determinate (certa verba)

L’obbligazione nasceva con la materiale registrazione per iscritto di certe operazioni contabili.

Il consenso: tramite certa verba

Il consenso: mediante scriptura

  • Il mutuo:
  • Il mutuo è quel contratto reale unilaterale in forza del quale un soggetto, mutuante, che dà una cosa fungibile (olio, frumento, sementi,..) o una somma di denaro ad un altro soggetto, mutuatario, perché questo si impegni a restituire al mutuante altrettanto dello stesso genere.
  • Era un negozio causale che realizzava un prestito di consumo.
  • Con la consegna (traditio) il mutuatario acquistava la proprietà del denaro o delle altre cose che gli venivano consegnate (che erano res nec mancipi): si trattava di un datio.
  • L’obbligazione nasceva soltanto a carico del mutuatario, che avrebbe dovuto restituire l’equivalente di quanto ricevuto e perciò compiere egli stesso una datio-traditio.
  • Tutto ciò che il mutuatario avesse ricevuto in prestito ne avrebbe potuto disporne liberamente e il rischio ( periculum) sarebbe stato a suo carico (res perit domino)
  • La Datio è il trasferimento della proprietà delle cose fungibili
  • Per la restituzione, per cui le parti pattuivano un termine, il creditore mutuante avrebbe agito con la condictio: era l’azione per la restituzione del “dato”. Se aveva ad oggetto:
    • Una somma di denaro: actio certae creditae pecuniae
    • Cose fungibili: condictio certae rei
  • La condictio:
    • Era un’azione in personam e in ius
    • La formula: era astratta, nell’intentio c’era un dare oportere a carico del convenuto .
    • Era un istituto dello ius civile
    • Era riconosciuto e tutelato anche nei confronti dei peregrini (ius gentium)
    • Il debitore era tenuto a restituire l’equivalente di quanto ricevuto, nulla di più. Non era tenuto al pagamento degli interessi (usurae). Se voluti si faceva ricorso ad un distinto contratto, la stipulatio, o meglio, la stipulatio usurarum.
    • Età repubblicana: stabilirono un limite massimo degli interessi, pena la nullità: si arriva così al fenus unciarium (fenus = tasso d’interesse) delle XII Tavole che era pari a 1/12 (uncia) del capitale per ogni mese (100% su base annua), ma successivamente con leggi successive si arriva a tassi minori.
    • Fine età repubblicana: venne fissato il tasso massimo al 12%, corrispondenti al 1% mensile (usurae centesimae).
    • Giustiniano lo ridusse al 6% annuo.
    • Fu vietato l’anatocismo (usurae usurarum): il patto per cui gli interessi non pagasti avrebbero prodotto altri interessi.
    • Fenus nauticum: era un prestito marittimo utilizzato nel diritto romano e dalla prassi commerciale mediterranea di varie città greche. Erano somme di denaro date in prestito per operazioni commerciali d’oltre mare con tassi d’interesse elevati, anche oltre i limiti legali.

 

  • Il deposito:
  • Contratto reale bilaterale imperfetto
  • Era il contratto per cui una parte, il deponente, consegnava all’altra, il depositario, una o più cose mobili, con l’intesa che
          • il depositario la custodisse gratuitamente
          • il deponente doveva ricevere a semplice richiesta la restituzione
  • Con la consegna, il depositario acquistava la detenzione della cosa depositata.
  • Il depositario non avrebbe potuto usarla: avrebbe commesso furtum usus (furto)
  • Il depositario rispondeva solo per dolo al deterioramento e perimento della cosa
  • Il deponente era tenuto a rimborsare al depositario eventuali spese che questi avesse erogato su quanto depositato
  • Il risarcimento dei danni, che lo schiavo o un animale ad esempio avessero provocato, era a carico del deponente: ecco la qualifica di “contratto imperfetto
  • Il contratto di deposito era gratuito e l’accordo per un compenso avrebbe snaturato il rapporto facendolo rientrare nella locatio operis
  • Il sequestro: particolare tipo di deposito secondo i classici. Veniva utilizzato quando vi era una controversia tra due o più persone riguardante l’appartenenza della cosa e queste preferivano affidarla ad un terzo, il sequestratario (sequester), perché la custodisse e con l’intesa che l’avrebbe restituita a quello tra i deponenti che ne fosse stato riconosciuto proprietario. Quindi doveva essere riconosciuto uno dei due il dominus. Differenza dal deposito: il sequestratario acquistava la possessio ad interdicta. Contro il sequestratore che non voleva restituire la cosa vi era l’actio sequestrataria. Per spese e danni, il sequestratario aveva la stessa tutela del depositario.
  • Il deposito irregolare: l’affidamento ad altri di denaro contante (pecunia numerata) era considerato deposito, nel quale l’accipiente (accipiens),il ricevente, divenutone proprietario, avrebbe potuto mescolare come il proprio ed utilizzare e a richiesta avrebbe dovuto restituire l’equivalente. Ha molte somiglianze con il mutuo, ma la differenza è che:
            • Il mutuo era un prestito di consumo sollecitato dal mutuatario, esempio:
              • mutuante: banca
              • mutuatario: il cittadino

≡► la banca consegna al cittadino

            • Il deposito irregolare l’iniziativa era del deponente che desiderava che il suo denaro venisse custodito, esempio:
              • Deponente: cittadino
              • Depositario: banca

≡► il cittadino consegna alla banca, i ruoli sono invertiti.
Il deposito irregolare del diritto romano corrisponde all’odierno “deposito bancario”.

  • Il comodato:
  • Contratto reale bilaterale imperfetto:
      • Una parte, il comodante, consegna all’altra, il comodatario, una o più cose mobili, con l’impegno del comodatario di restituire la stessa cosa.
      • Il comodatario acquisisce solo la detenzione della cosa e non la proprietà.
      • Il comodatario poteva usare la cosa comodata senza rendere per l’uso alcun compenso. In caso di compenso il rapporto sarebbe rientrato nella locatio rei.
      • Per perimento e deterioramento della cosa comodata rispondeva il comodatario.
      • Al comodatario erano dovuti rimborsi per eventuali spese erogate sulla cosa e il risarcimento per eventuali danni che la cosa avesse provocato.

 

  • Il pegno:
      • Diritto reali di garanzia: è quel rapporto obbligatorio che per effetto della datio pignoris si istituisce tra chi dà la cosa in pegno (oppignorante), che era solitamente il debitore, e il creditore che la riceve.
      • I ruoli delle parti:
        • Il creditore pignoratizio: riceve la cosa in pegno ma assume la veste di debitore perché estinto il debito sarà tenuto alla restituzione della res pignorata.
        • Il debitore pignoratizio: assume il ruolo di creditore perché estinto il debito potrà pretendere la restituzione della cosa.
      • In sostanza è un contratto reale bilaterale imperfetto: l’oppignorante a garanzia di un debito consegna al creditore una cosa con l’intesa che estinto il debito la stessa cosa venga restituita.
      • Il creditore pignoratizio acquista il possesso ma non può utilizzarla. Per perimento e deterioramento risponde per custodia. Rimborso spese e risarcimento eventuali danni.
  • La fiducia:
  • La tutela processuale di deposito, comodato e pegno risale all’età repubblicana.
  • In precedenza si faceva ricorso alla fiducia: una parte, il fiduciante, trasferiva all’altra, il fiduciario, la proprietà di una cosa, solitamente res mancipi, mediante mancipio o in iure cessio che verificate determinate  condizioni la stessa cosa sarebbe stata ritrasferita in proprietà al fiduciante.
  • La fiducia poteva essere:
      • Cum creditore: il passaggio di proprietà era a garanzia di un credito del fiduciario (la causa era quindi la stessa del pegno) che sarebbe stato dopo l’avvenuta estinzione del debito che il creditore-fiduciario avrebbe dovuto ritrasferire al fiduciante la proprietà della res fiduciae data.
      • Cum amico: la causa poteva essere la custodia (come nel deposito): il fiduciario avrebbe pertanto ritrasferito la proprietà all’altra parte a semplice richiesta.
  • Una volta riconosciuti pegno deposito e comodato, la fiducia continuò a trovare applicazione, ma scomparve i età postclassica insieme a mancipatio e in iure cessio.
  • La fiducia non è mai stata classificata come uno dei contratti reali.

 

I CONTRATTI VERBALI

  • La stipulatio:
  • La stipulatio fu uno dei contratti verbali che ebbe un ruolo importante nella dottrina e nella prassi del diritto privato romano.
  • L’ampia gamma di possibili applicazioni della stipulatio dipese anche dal fatto che era un contratto tipico nella forma ma non nei contenuti.
  • La stipulatio:
      • Contratto verbale
      • Il consenso doveva essere espresso verbis (certa verba?)
      • Secondo uno schema di interrogazione dello stipulante e congrua risposta del promittente
      • Il promittente assumeva l’impegno di compiere la prestazione indicata dall’interrogante.
Stipulante

Promittente

Promittis mihi dari centum?
(prometti di darmi cento)

Promitto

(prometto)

      • Era un contratto astratto e unilaterale perché l’obbligazione nasceva solo a carico del promittente.
      • La forma: la risposta alla domanda doveva essere data con lo stesso verbo usato nella domanda, esempio:
        • Spondes? Spondeo
        • Promittis? Promitto
      • Presenza di entrambe le parti perché la risposta doveva essere data in un tempo molto breve: unitas actus.(atto unico)
      • Il prototipo della stipulatio fu la sponsio (con il verbo spondere – promettere – spondes? Spondeo), ed è nella sponsio (promessa solenne) che va individuata l’antica fonte di obligatio.
      • La sponsio era riservata ai cives e dava luogo a effetti dello ius civile.
      • La stipulatio era invece un negozio dello ius civile solo per gli effetti, ma per la fruibilità era ius gentium, in quanto potevano accedere anche i non cittadini (peregrini)
      • L’adiectus solutionis causa: (aggiunto ai fini dell’adempimento)
        • I soggetti della stipulatio erano:
          • Interrogante e Promittente (doveva adempiere allo stipulante-interrogante)
        • L’interrogazione poteva essere formulata che l’altro promettesse di adempiere o allo stipulante o a un terzo. Il terzo sarebbe stato un adiectus solutionis causa. Ma il promittente, nel caso in cui nell’interrogazione la promessa era di adempiere o allo stipulante o al terzo, avrebbe potuto adempiere indifferentemente o allo stipulante o all’adiectus.
      • L’adstipulator:
        • Era un secondo interrogante che avendone avuto incarico dal primo vi si affiancava rivolgendo pure lui al promittente l’invito a compiere in suo favore (idem mihi dari spondes? – prometti di darmi la stessa cosa?) la stessa prestazione già promessa all’altro.
        • Con la risposta positiva del promittente si dava luogo così a 2 stipulationes, con uguale oggetto e due distinti creditori
        • Il promittente era liberato con una prestazione soltanto: in favore di uno o dell’altro creditore.
      • L’adpromissor:
        • Al promittente si affiancavano uno o più adpromissores, che promettevano di prestare quanto già promesso allo stipulante da altro promittente.
        • Nascevano più stipulationes, con uguale oggetto e più debitori
      • L’actio ex stipulatu:
        • Era l’azione dello stipulante contro il debitore inadempiente.
      • Dotis dictio e promissio iurata liberti:
        • Erano dei contratti verbali
        • A differenza della stipulatio, dove la pronunzia di verba doveva essere fatta da una e dall’altra parte, questi due tipi di contratti si compivano con verba pronunziata dalla sola parte che si obbligava.
        • Erano dei contratti unilaterali.
        • La dotis dictio non trova più riscontro nel diritto giustinianeo.

 

  • I contratti letterali:
      • Nei contratti letterali l’obbligazione nasceva litteris – sulla carta - ( per il fatto in sé della scriptura) che presupponeva già da prima il consenso delle parti.
      • Il solo contratto letterale che riguardò i cittadini romani fu il nomen transscripticium.
      • L’operazione contabile eseguita dal pater familias nel codex accepti et expensi (libro della contabilità domestica) poteva essere:
        • transscriptio a re in personam: il pater familia già creditore di una somma di denaro d’accordo con il proprio debitore registrava sul codex accepti la somma come se l’avesse incassata, mentre, nel codex expensi, registrava la stessa somma come se l’avesse data a mutuo allo stesso debitore. Si estingueva il credito nascente da altro titolo e si costituiva una obligatio litteris perché sarebbe stato più facile provare l’esistenza del debito e del contratto. Esempio:

Pater familias: Caio


CODEX CAIO
ACCEPTI

EXPENSI

Data 23/02/2007
500,00 incassato da Tizio

Data 23/02/2007
500,00 mutuo a Tizio

        • transscriptio a persona in personam: il pater familia, dietro delega del proprio debitore e d’intesa con un terzo indicato dallo stesso debitore, segnava sul  codex accepti la somma come se l’avesse incassata, e registrava nel codex expensi la stessa somma come se l’avesse data a mutuo a un terzo.  Si estingueva il debito verso l’uno e nasceva, litteris, un’obbligazione a carico dell’altro. Esempio:

Pater familias: Caio


CODEX CAIO
ACCEPTI

EXPENSI

Data 23/02/2007
500,00 incassato da Tizio

Data 23/02/2007
500,00 mutuo a Mario

      • A fini probatori, nel codex accepti et expensi del/dei debitore/i dovevano essere registrate le operazioni contabili contrarie e simmetriche rispetto a quelle del creditore che eseguiva nel proprio codex.
      • Verso la fine del III secolo non vennero più usati i nomina trasscripticia.

 

  • La compravendita:
      • Nell’età arcaica la compravendita si realizzava con la mancipatio, cioè lo scambio immediato di cosa contro prezzo.
      • Dall’età classica la compravendita nel diritto privato romano (emptio venditio) può essere definita come un contratto consensuale in cui:
        •  una parte, il venditore (venditor) si obbliga a far conseguire all’altra, il compratore (emptor), il pacifico godimento di una cosa (merx),
        • mentre il compratore si obbliga a pagare al venditore un corrispettivo in denaro (pretium) nella misura convenuta.
        • Erano obbligate entrambi le parti: per questo è qualificato come contratto bilaterale.
      • Era fruibile sia dai cittadini che dai peregrini, ed era ius gentium.

 

      • Il consenso:
        • Il consenso doveva essere manifestato
        • Solo per esigenze probatorie che si usò redigere per iscritto un documento (instrumentum) che attestasse l’accordo concluso e le condizioni di vendita. In età postclassica tale strumento divenne obbligatorio in caso di vendita di immobili.
        • Era possibile fare ricorso ad una caparra (arrha) cioè una somma di denaro col solo valore di conferma del consenso prestato.
      • L’oggetto:
        • L’oggetto della vendita era detto merx.
        • Spesso erano cose corporali: res mancipi, res  nec mancipi, mobili, immobili
        • Ma la vendita poteva avere ad oggetto anche: eredità, superficie, ius in actio vectigales, enfiteusi, servitù, usufrutto, crediti.
        • Era ammessa anche la vendita di cose future

 

      • Il prezzo:
        • Il prezzo doveva essere espresso in denaro contante (pecunia numerata)
        • La misura del prezzo era quella liberamente concordata tra le parti.
        • Diocleziano stabilì per la prima volta che il prezzo doveva corrispondere al valore della cosa venduta. Infatti, se il prezzo fosse stato inferiore alla ½ del valore reale della cosa:
          • Il venditore avrebbe potuto rescindere dalla vendita
          • Oltre alla restituzione della cosa dietro rimborso del prezzo pagato al compratore.
      • L’obbligazione del compratore:
        • Il compratore era tenuto a pagare il prezzo con monete e fare conseguire al venditore la proprietà di queste.
        • Il compratore doveva anche gli interessi moratori se avesse ritardato il pagamento.
        • In caso di inadempimento del compratore, il venditore avrebbe esercitato l’actio venditi.

 

      • L’obbligazione del venditore:
        • Il venditore era tenuto a far conseguire al compratore il pacifico godimento della merx.
        • In caso di inadempimento del venditore, il compratore avrebbe esercitato l’actio empti.
        • Se la merce non consegnata allo stesso momento della vendita e periva, il venditore rispondeva per custodia.
        • In caso che la cosa perisse accidentalmente o per forza maggiore, il compratore sarebbe stato ugualmente tenuto a pagare il prezzo.
      • L’evizione:
        • Una responsabilità del venditore poteva sorgere se il compratore subiva evizione ( un terzo che rivendicasse con successo presso il compratore la cosa venduta)
      • Vizi occulti:
        • Sono i vizi o difetti materiali della cosa (nel caso dello schiavo, alcuni vizi morali) non manifestati al compratore all’atto della vendita
        • Il venditore che avesse ammesso con stipulatio che la cosa venduta possedeva certe qualità o era esente da certi vizi, il compratore si sarebbe potuto avvalere dell’actio ex stipulatio se le cose dichiarate risultassero false.
        • Negli editti di edili curuli e magistrati in ambito dei mercati fecero obbligo ai venditori di schiavi (mancipia) e di animali (iumenta – animale da tiro o da soma, es cavallo, bue - ) esposti in vendita di dichiarare in modo anticipato al compratore i vizi degli schiavi o degli animali in vendita. In caso in cui il venditore avesse taciuto i vizi, il compratore poteva avvalersi dell’actio redhibitoria con la quale il compratore avrebbe riavuto il prezzo dietro restituzione del servo o dell’animale.
      • Patti aggiunti:
        • Il regime della vendita poteva essere integrato o modificato mediante patti aggiunti.
        • I patti a cui si fecero maggiore ricorso furono:
          • Il patto commissorio: a favore del venditore;
          • L’in diem addictio: a favore del venditore;
          • Il pactum displicentiae: a favore del compratore;
        • Tali patti prevedevano che al verificarsi di una certa condizione la vendita non doveva considerarsi avvenuta:
          • Il patto commissorio: la condizione era che il compratore non pagasse il prezzo entro il termine convenuto;
          • L’in diem addictio: la condizione era che il venditore entro un certo termine ricevesse una migliore offerta;
          • Il pactum displicentiae: la condizione era che nel termine convenuto il compratore dichiarasse di non aver trovato la cosa di suo gradimento;

 

  • La locazione :
  • La locazione, locatio conductio, era un contratto consensuale bilaterale con l’esplicita previsione di un corrispettivo, la mercede (merces), in cui una parte, il locatore (locator), si impegna a mettere a disposizione dell’altra, per un periodo di tempo limitato e con uno scopo preciso, una cosa mobile o immobile, e all’altra parte, il conduttore (conductor), si impegna a prenderla in consegna, per poi restituirla una volta scaduto il termine convenuto o raggiunto lo scopo previsto.
  • Le parti erano sanzionate da:
    • Actiones locati (in favore del locatore)
    • Actiones conducti (in favore del conduttore)

 

  • Tipi di locatio:
    • Locatio rei:
      • corrisponde alla locazione del nostro codice civile (art. 1521)
      • poteva avere ad oggetto cose mobili o immobili
      • il locatore assumeva l’obbligo di consegnare la cosa e di assicurare al conduttore il godimento
      • il conduttore assumeva l’obbligo di pagare la mercede in denaro alle scadenze stabilite, di mantenere la cosa nelle condizioni in cui gli era stata consegnata e di restituirla alla scadenza.
      • Il conduttore acquistava la detenzione e non il possesso ed era responsabile per custodia nel caso di perimento e deterioramento della cosa locata.
      • Per il mancato godimento della cosa da caso fortuito o forza maggiore:
        • Il locatore non era responsabile
        • Il conduttore sarebbe stato liberato dall’obbligo di pagare la mercede.
    • Locatio operis:
      • poteva avere ad oggetto cose mobili o immobili
      • il locatore si obbligava a consegnare una cosa
      • il conduttore si obbligava ad esercitare autonomamente ma nell’interesse del locatore una certa attività in moda tale da raggiungere il risultato convenuto, per poi restituirla al locatore
      • ad esempio: il locatore consegnava al conduttore una cosa; il conduttore doveva assumersi l’impegno di consegnarla, trasportarla, custodirla, ecc… oppure il conduttore orefice assumeva l’impegno di ricavare anelli dall’oro del locatore, ecc..
      • la mercede comunque era dovuta al locatore
      • il conduttore avrebbe acquistato detenzione e non possesso
      • il conduttore sarebbe stato responsabile per custodia se la cosa periva o si deteriorava
      • per cattiva esecuzione dell’opera, il conduttore rispondeva per imperitia, equiparata alla culpa, tranne che per impossibilità sopravvenuta dipendente da caso fortuito o forza maggiore il conduttore sarebbe stato liberato.
      • La lex Rhodia de iactu: era un regime speciale della locatio operis che riguardava le merci trasportate per mare. Nel caso in cui per difficoltà di navigazione si era costretti a gettare in mare parte delle merci locate per il trasporto, tale legge indicava che il rischio sarebbe stato diviso proporzionalmente tra tutti i locatori delle merci che erano state imbarcate sulla stessa nave.
    • Locatio operarum:
      • Un uomo libero assumeva l’impegno di mettere la propria attività lavorativa (operae) alle dipendenze di un altro soggetto, il quale si obbligava a pagare come corrispettivo una certa mercede.
      • Il lavoratore era il locatore e il datore di lavoro era il conduttore
      • Il periculum era a carico del datore di lavoro, che avrebbe dovuto pagare la mercede anche se il lavoratore non avesse prestato le opere per cause a lui non imputabili.
      • È più o meno il nostro contratto di lavoro subordinato

 

  • La società :
  • La società (societas) era un contratto consensuale bilaterale o plurilaterale, per cui 2 o più persone, detti socii, decidevano di mettere in comune beni e attività di lavoro al fine di conseguire un lucro per tutti previa divisione di profitti e perdite.
  • Era un contratto iuris gentium perché tutelato anche nei confronti dei non cittadini.
  • Il grado di responsabilità del socio per inadempimento era diverso a seconda delle situazioni e circostanze: dolo, colpa e custodia. Ma il criterio generale è sempre stata la culpa in concreto.
  • La forma più antica di società è stata la “societas omnium bonorum”, dove i soci convenivano di mettere in comune i loro beni, presenti e futuri.
  • Scioglimento società:
    • Reciproco dissenso
    • Se uno dei soci voleva recedere dal contratto
    • Esaurimento dello scopo
    • Impossibilità di raggiungere lo scopo
    • Per morte di un socio
    • Per capitis deminutio di uno dei soci (diminuzione di capitale)
    • Se uno dei soci avesse subito una procedura esecutiva per insolvenza.
  • I profitti e le rendite andavano divisi in parti uguali se nulla era convenuto in proposito.
  • Era valido un patto: per cui un socio partecipasse agli utili e non alle perdite
  • Era nullo un patto: per cui solo un determinato socio partecipava alle sole perdite (c.d. societas leonina – famosa favola di Federo)
  • Il mandato :
  • Contratto consensuale bilaterale imperfetto: una parte, il mandante,  conferisce un incarico ad un’altra, il mandatario, che si impegna ad eseguirlo.
  • Al mandatario non era dovuto nessun compenso
  • Il mandato  poteva essere solo nell’interesse del mandante (mandatum mea gratia) o anche nell’interesse di terzi (mandatum aliena gratia)
  • Il mandatario era obbligato ad eseguire fedelmente l’incarico e trasferire al mandante beni, diritti e crediti acquistati in relazione all’incarico espletato.
  • Contro il mandatario si dava l’actio mandati directa.
  • Il mandante era obbligato ad rimborsare al mandatario le spese e risarcire i danni occorsi e i debiti del mandatario assunti nell’espletamento dell’incarico.
  • Contro il mandante si dava l’actio mandati contraria.
  • Il mandatario rispondeva solo per dolo in caso di inadempimento o cattiva esecuzione del mandato.
  • Le azioni mandati spettavano anche contro e a favore dei peregrini.
  • Estinzione mandato:
      • Revoca del mandante
      • Rinunzia del mandatario
      • Per morte di una delle due parti
      • Reciproco dissenso
      • Termine dell’incarico

 

  • I contratti innominati:
  • Prima età classica: si riconobbe valore obbligatorio a certe convenzioni atipiche, non identificabili con un nome, ma che vennero qualificate “negotia”: ciascuna parte era obbligata o di un dare o di un facere.

Do ut des

Do ut facias

Facio ut des

Facio ut facias

Io do affinché tu dia

Io do affinché tu faccia

Io faccio affinché tu dia

Io faccio affinché tu faccia

Il “dare” è inteso nel senso di trasferire la proprietà: si compie una prestazione in vista di un’altra prestazione.

  • Età classica avanzata: le convenzioni divennero vere e proprie fonti di obligationes, le stesse convenzioni poterono essere qualificate contractus. Giustiniano chiamò tali convenzioni “contratti innominati”: oggi noi li chiamiamo contratti unilaterali, perché ad obbligarsi è una sola parte, la stessa che riceve la “prestazione”.
  • I patti:
  • I patti (pacta) erano convenzioni, accordi, in qualsiasi forma manifestata che non rientravano nello schema di alcun contratto tipico.
  • Dapprima, ai patti non venne riconosciuto alcune effetto, ma nell’ultima età repubblicana, ebbe ampia portata nell’editto pretorio de pactis, con cui il pretore promise che avrebbe tutelato i patti che dovevano essere concordati senza dolo e non contrari a leggi. I patti non davono luogo ad obbligazioni
  • I patti aggiunti:
    • Ebbero veri e propri effetti obbligatori
    • Furono considerati parte integrante del contratto, del quale avrebbero potuto modificare e integrare il contenuto tipico.
  • Compromissum:
    • Con Giustiniano si diede efficacia obbligatoria al patto (extragiudiziario) con cui 2 parti convenivano di rimettere all’arbitrato di un terzo la decisione di una controversia tra loro. Ciascuna parte prometteva all’altra una pena pecuniaria se non si fosse poi adeguata alla pronunzia dell’arbitro. Questo è il compromissum.

 

  • Gli atti leciti non contrattuali:
  • Gli atti illeciti non contrattuali si distinguono in:
    • La negotiorum gestio: era la gestione di affari altrui. Aveva effetti obbligatori ed era senza mandato, intrapresa con la convinzione che si trattasse appunto di affari altrui non rilevando se poi l’esito fosse stato utile o meno.
    • La tutela, la communio incidens, la coeredità:
      • Tutela: cessata la tutela, il tutore dell’impubere doveva rendere conto all’ex pupillo della gestione tutelare e l’ex pupillo era obbligato a rimborsare all’ex tutore le spese e a sollevarlo dai debiti e oneri assunti per la gestione. Le rispettive obbligazioni erano sanzionate:
        • Contro il tutore: actio tutelae directa
        • Contro il pupillo: actio tutelae contraria.
      • Per gestione della cosa o eredità comune: nascita di diritti e doveri reciproci tra comproprietari ed eredi: al pareggio dei conti si provvedeva in sede di divisione o tra comproprietari o tra coeredi.
    • I legati obbligatori e i fedecommessi: i legati per damnationem e sine modo davano luogo ad obbligazioni tra erede e legatario. L’obbligazione a carico dell’erede nasceva una volta che morto il testatore il testamento avesse acquistato efficacia:
      • legato per damnationem: il testatore mediante l’uso di certa verba obbligava l’erede di compiere una prestazione di dare o di facere in favore del legato.
      • legato sine modo: il testatore mediante l’uso di certa verba obbligava l’erede di non facere in modo tale da consentire al legatario di prendere con sé una cosa o ereditaria o personale dell’erede.

Ai legati possono essere accostati i fedecommessi. Giustiniano equiparò legati e fedecommessi.

  • I delitti:
  • Obligationes derivavano pure dai delicta, o maleficia, che erano gli atti illeciti.
  • I delitti vennero identificati come comportamenti determinati che l’ordinamento per distinguerli dall’inadempimento delle obbligazioni, chiamarono “atti illeciti extracontrattuali”. 
  • L’obligatio derivava dai delicta ed era rappresentata da un vincolo giuridico tra offensore e offeso per cui l’uno era tenuto verso l’altro al pagamento di una pena pecuniaria perseguibile con un’azione penale nell’ambito del processo privato.
  • Le fonti giuridiche tendono a riservare la qualifica di delicta agli illeciti civili. Tant’è che Gaio, nel dire delicta come fonti di obbligazioni, vi annoverò appunto solo illeciti civili: furto, rapina, damnum iniuria datum e iniuria.
  • Il dolo era il criterio generale per l’imputabilità del delitto al suo autore, cioè il delitto si imputava al suo autore se commesso col proposito di provocare all’offeso il pregiudizio.
  •  Ma spesso il dolo era implicito nel comportamento dell’offensore. Si arrivò a parlare di colpa e non di dolo, imputando così il danneggiamento anche a chi l’avesse provocato per negligenza e imprudenza.
  • A fronte dei delicta c’erano i crimina: erano dei comportamenti più direttamente lesivi degli interessi della comunità; andarono assumendo una connotazione propria e qualificati crimina e sanzionati con pene anche molto più gravi – dalla pena capitale alla multa – repressi nell’ambito di iudicia publica (giustizia pubblica).

 

  • Il furto:
    • Tra i delicta il furto è uno dei più antichi.
    • Antica nozione: ogni comportamento doloso che provocasse ad altri una perdita o anche solo uno svantaggio relativamente ad una cosa, mobile o immobile.
    • Nozione originaria che coincide con quella moderna: sottrazione illecita di una cosa mobile altrui
    • I genera furtorum:
      • Per furto manifesto si intende il furto commesso dal ladro e catturato dal derubato sul fatto
    • Sanzioni:
      • XII Tavole: il fur manifestus (l’autore di furtum manifestum) poteva essere fustigato e poi sarebbe divenuto servo del derubato (addictus) dal magistrato al derubato.
      • Se il furto commesso di notte o se il ladro avesse tentato di difendersi con le armi, il derubato, invocato la testimonianza dei vicini (endoploratio), avrebbe potuto ucciderlo.
      • Molto presto queste misure non furono più adottate, e furono sostituite con l’actio furti manifesti, azione penale pretoria mediante la quale il derubato perseguiva il quadruplo del valore della cosa rubata.
      • Per il furtum nec manifestum già le XII Tavole avevano stabilito una pena pecuniaria per il doppio del valore della cosa rubata. Tale pena fu mantenuta dal pretore e perseguita con la penale actio furti nec manifesti.
      • Si nell’actio furtum manifesti che nec manifesti, il derubato era legittimato se dimostrava che aveva un interesse giuridicamente apprezzabile che la cosa non venisse rubata: era solitamente il proprietario.
  • La rapina:
    • Bona vi rapta (furto)
    • L’actio vi bonorum raptorum era l’azione volta contro la rapina , che era la sottrazione di cosa altrui commessa con violenza.
    • L’azione era penale e infamante: la pena era al quadruplo del valore della cosa sottratta entro l’anno e al semplice valore di essa (simplum – semplice) dopo l’anno.

 

  • Il danneggiamento :
    • Damnum iniuria datum
    • Bisogna prendere in considerazione la lex Aquilia (cosiddetta de damno).
    • Tale lex era articolata in 3 capitoli (capita):
      • Primo: uccisione iniuria di schiavi e pecudes (quadrupedi da gregge o ornamento, oggi sono i capi di bestiame)
        • Pena: nel maggior valore che gli schiavi o animali avessero avuto durante l’anno precedente all’uccisione.
      • Secondo: riguardava l’adstipulator il quale in frode allo stipulante avesse estinto il credito mediante acceptilatio.
        • Pena: importo del credito estinto.
        • Cadde in desuetudine
      • Terzo: ferimento di schiavi e pecudes, al ferimento e all’uccisione di animali non pecudes, alla distruzione o danneggiamento di cose appartenenti ad altrui.
        • Pena: nel maggior valore degli schiavi, animali e cose inanimate nei 30 giorni precedenti l’evento dannoso.
    • L’azione contro l’autore del danno era l’actio legis Aquiliae: ad essa era legittimato il proprietario delle cose perite o danneggiate.
    • Il pretore estese tale tutela a non proprietari: usufruttuari, possessori di buona fede,…

 

  • L’iniuria :
    • La legge delle XII Tavole stabiliva per il membrum raptum (lesione fisica con perdita definitiva della funzionalità di un organo) la pena del taglione (talio: occhio per occhio, dente per dente): l’autore però si poteva sottrarre concordando con la vittima un conciliazione pecuniaria. Al tempo delle XII Tavole, la pecunia si basava sugli “assi”: 10 assi erano il valore di una pecora; 100 assi quello di un bue.
    • Ma con l’avvenuta svalutazione monetaria in età preclassica, il pretore istituì per la persecuzione degli atti dolosi e ingiusti di violenza fisica alle persone, tutti qualificati iniuriae, l’actio iniuriarum aestimatoria.
    • Per i successivi interventi pretori con l’actio iniuriarum le offese morali andarono sotto la comune denominazione di iniuria (da ciò il nostro termine “ingiuria”che è l’odierna offesa ).
    • La pena era pecuniaria e di volta in volta stabilita dai recuperatores ( erano dei giudici che stabilivano la pecunia) secondo l’entità dell’offesa.
    • L’actio iniuriarum era trasmissibile agli eredi sia sul lato attivo che sul lato passivo: ma morto l’offeso prima di averla esercitata, l’azione non sarebbe stata attuata dagli eredi.
  • Altri illeciti extracontrattuali:
    • Il diritto romano riconobbe molti altri delicta, o comunque illeciti extracontrattuali, ad esempio: actiones de dolo, quod metus causa, …
    • L’actio de pauperie:
      • contemplata nella legge delle XII Tavole e mantenuta nel Corpus iuris;
      • faceva riferimento ai danni prodotti da animali, in particolare da pecudes.
      • L’azione si dava contro il proprietario delle bestie, il quale poteva scegliere se risarcire il danno o di dare l’animale al danneggiato.

 

  • Estinzione delle obbligazioni:
  • L’adempimento (solutio):
    • L’adempimento della prestazione non era sempre sufficiente in età arcaica a estinguere l’obbligazione.
    • Nell’età preclassica la solutio divenne il modo più usato per l’estinzione delle obbligazioni.
    • Con la solutio l’obbligazione si estingueva ipso iure.
    • A compierla era quasi sempre il debitore: poteva effettuarla anche un terzo ad eccezione delle cose di facere.
    • Di regola, la solutio doveva essere fatta al creditore: ma si poteva adempiere per rappresentanza.
    • La prestazione doveva essere adempiuta per l’intero, salvo che il creditore non accettasse un adempimento parziale.
    • Datio in solutum:
      • Il debitore doveva eseguire esattamente la prestazione dovuta.
      • Avrebbe potuto compiere un’altra prestazione solo dietro consenso del creditore. Ciò era chiamato datio in solutum (dazione in pagamento)
    • La prestazione andava adempiuta nei tempi indicati nell’atto costituivo:
      • Alla scadenza del termine
      • Avveramento della condizione
      • In difetto di indicazioni, la prestazione era dovuta immediatamente.
    • Il luogo dell’adempimento era quello risultante dall’atto costitutivo, dalle circostanze, dal tipo di prestazione. In caso che non vi sia nessuna indicazione del luogo, la prestazione andava eseguita al domicilio del debitore.

 

  • La remissione del debito:
    • Oggi: è l’atto con il quale il creditore rinuncia ad esigere il proprio credito
    • Per il diritto romano erano:
      • La solutio per aes et libram: Il rito si svolgeva così:
        • Dinanzi a 5 cittadini romani puberi e un libripens, anch’egli civil Romanus e pubere, che reggeva la bilancia, presente il creditore, il debitore dichiarava solennemente seguendo un rigido schema di un preciso formulario, di liberare se stesso dal potere del creditore e contemporaneamente gettava sulla bilancia il metallo (rame e bronzo) dovuto, e il libripens provvedeva alla pesatura.
        • Con l’introduzione della moneta coniata il debitore, pronunziata la stessa formula, percuoteva la bilancia con una moneta, e immediatamente dopo consegnava egli stesso in modo simbolico al creditore.
        • La solutio per aes et libram era necessaria per:
          • la liberazione dei debitori dal potere dei creditori
          • lo scioglimento del vincolo a carico del condannato in un giudizio privato
          • l’estinzione delle obbligazioni pecuniarie da legato per damnationem
        • La solutio per aes et libram era una atto a formalismo interno e cadde in desuetudine e scomparve sin dalla prima età postclassica.
      • L’acceptilatio:
        • era una atto a formalismo interno, un atto simmetrico e contrario rispetto alla stipulatio
        • la stipulatio si costituiva verbis, mentre l’acceptilatio si estingueva verbis.
        • Si estinguevano mediante acceptilatio solo quelle nascenti da stipulatio e dalle altre nate verbis.
        • Tale atto ebbe larga applicazione e fu mantenuto nel Corpus iuris.
      • Il pactum de non petendo:
        • Il creditore poteva rinunciare il debito impegnandosi con semplice patto a non prendere l’adempimento della prestazione: pactum de non petendo.
  • La transazione:
    • La transazione (transactio) presupponeva una lite in corso, o anche un incertezza sui diritti e doveri tra due parti, sicché queste, per mettere fine alla lite pattuivano reciproche attribuzioni e rinunce.

 

  • La novazione:
    • Oggi: per novazione si intende la sostituzione di una obbligazione con un’altra: la prima si estingue e al suo posto sorge la nuova obbligazione.
    • Diritto romano: la novazione (novatio) si verificava per effetto di una stipulatio, che avendo ad oggetto la stessa prestazione (idem debitum), facesse riferimento al rapporto obbligatorio che con essa si volva estinguere. Per effetto della novazione:
      • la prima obbligazione si estingueva ipso iure
      • si estinguevano le garanzie personali e reali
      • si interrompeva il corso di eventuali interessi
    • I classici sottolinearono la necessità dell’idem debitum perché per manifestare l’effetto novatio abbisognava:
      • aliquid novi: la nuova obbligazione doveva avere qualcosa di nuovo rispetto a quella vecchia
      • animus novandi: l’intenzione delle parti era di procedere a novazione.
    • La novazione poteva essere
      • oggettiva :se riguardava la causa, le condizioni, termini,ecc..
      • soggettiva: se riguardava la persona del creditore o del debitore.
    • La stipulatio Aquiliana:
      • Era un caso di novazione oggettiva particolare che in un’unica stipulatio si deduceva in maniera generica il corrispettivo pecuniario di ogni debito o comunque obbligo del promittente verso lo stipulante, in modo che compiuta la stipulatio, il promittente era tenuto verso lo stipulante solo in virtù della stipulatio.
    • La delegatio promittendi:
      • Nella novazione soggettiva l’elemento novo riguardava:
        • La persona del creditore
        • oppure
        • La persona del debitore
      • Ad ogni novazione soggettiva faceva sempre seguito una delegatio, che era una autorizzazione unilaterale. Tale delegatio era chiamata “delegatio promittendi” che poteva essere:
        • Delegatio promittendi attiva: il creditore, il delegante, invitava il proprio debitore, il delegato, a promettere con stipulatio a un terzo, il delegatario, quel che il debitore stesso doveva al delegante:

ESEMPIO

DELEGANTE: Tizio (creditore)
DELEGATO: Caio (debitore)
DELEGATARIO: Mario (terzo)

Delegatio promittendi attiva:
Caio deve 100 a Tizio
Con delegatio:
Caio promette con stipulatio di dare 100 a Mario
→ 1 nuovo creditore

Delegatio promittendi passiva:
Caio deve 100 a Tizio
Con delegatio:
Mario promette di dare 100 a Tizio
→ 1 nuovo debitore

 Si estingueva per novazione l’obbligazione tra delegante e delegato e se ne costituiva una nuova con lo stesso oggetto tra delegato e delegatario.
          • Mutava la persona del creditore.
        • Delegatio promittendi passiva: il debitore, il delegato, invita il terzo, il delegatario, a promettere al creditore, il delegante, ciò che egli stesso (delegato) doveva al creditore:
          • Si estingueva per novazione l’obbligazione tra delegante e delegatario e se ne costituiva una nuova con lo stesso oggetto tra delegatario e delegante.
          • Mutava la persona del debitore.
  • La compensazione:
    • Per compensazione si intende: se il creditore è anche debitore del proprio debitore, crediti e debiti reciproci si estinguono nella misura in cui si concorrono.
    • Esempi:
      • se Tizio deve 100 a Caio, ma Caio deve 100 a Tizio, si estinguono le due obbligazioni
      • se Tizio deve 100 a Caio, ma Caio deve 50 a Tizio, si estingue il debito di Caio, ma sussiste la differenza di Tizio di 50.
    • Oggi la compensazione si divide tra:
      • Compensazione legale: l’estinzione ha luogo automaticamente
      • Compensazione giudiziale: l’estinzione si verifica per effetto della sentenza del giudice.
    • La compensazione legale era sconosciuta nel diritto romano, era dapprima esclusa anche quella giudiziaria. Ma dall’ultima età repubblicana si fece rientrare tra i poteri del giudice la facoltà di tenere conto dei controcrediti del convenuto nell’eventualità di procedere a compensazione giudiziale e se necessario condannarlo al pagamento della differenza. Con Giustiniano il diritto romano riconobbe la compensazione legale.

 

  • Il concursus causarum:
    • Ci si riferisce all’ipotesi del creditore di una cosa determinata il quale, dopo che l’obbligazione è sorta, acquista la stessa cosa ad altro titolo, per altra via.
    • Per essere valido entrambe le causae dovevano essere lucrative (vantaggiose, convenienti), e non onerose (costose).
    • Esempi:
      • Se Tizio legatario per damnationem di una certa res acquista da terzo la stessa cosa per donazione, l’obbligazione da legato si estingue: le due cause sono lucrative.
      • Se Tizio legatario per damnationem di una certa res acquista per compravendita la stessa cosa, l’obbligazione non si estingue perché la compravendita è un’obbligazione onerosa.
  • Altri fatti giuridici estintivi delle obbligazioni:
    • Le obbligazioni si estinguevano per altre cause:
  • Per confusione (confusio): quando si riunivano nella stessa persona le figure del creditore e del debitore
  • Per impossibilità sopravvenuta della prestazione non imputabile al debitore
  • Per morte di una parte
  • I contratti consensuali se non avevano avuto inizio si scioglievano per reciproco dissenso
  • Decorso del tempo: Teodosio II istituì che dopo 30 anni ogni obbligazione si sarebbe estinta.

 

  • La cessione dei crediti:
    • Solo la successione universale era riconosciuta a Roma come successione, mentre la possibilità giuridica delle successioni di crediti e trasferimento di debiti da un soggetto all’altro non erano riconosciute.
    • Con il delegatio promittendi attiva cambiava la persona del creditore ma non aveva luogo una vera cessione perché il cessionario non subentrava nell’identica posizione del cedente.
    • La prassi e la giurisprudenza addottorano un altro sistema:
      • Il cedente avrebbe nominato cognitor o procurator ad litem il cessionario, che avrebbe potuto così agire in giudizio contro il debitore con la stessa azione della quale era titolare il cedente. Il cessionario avrebbe trattenuto quanto ricavato. Si chiamò poi procurator in rem suam
      • In età postclassica viene meno la figura del cognitor e si adottò la figura del procurator in rem suam.
  • Il trasferimento di debiti:
    • Il trasferimento di debiti avveniva attraverso:
      • Per delegatio promittendi passiva
      • Il debitore nominava il terzo cognitor o procurator ad litem
      • Con transscriptio a personam in personam

 

  • Le obbligazioni parziarie:
    • Si dicono parziarie le obbligazioni con pluralità di creditori o debitori in cui:
      •  ogni creditore abbia il diritto di pretendere
      • o ciascun debitore il diritto di prestare

una parte soltanto all’oggetto della prestazione.

    • È possibile ripartire tra più creditori e più debitori, in parti uguali o disuguali.
  • Le obbligazioni solidali:
    • Sono solidali le obbligazioni in cui, più creditori hanno diritto o più debitori sono tenuti alla stessa prestazione, ciascun creditore può esigere o ciascun debitore deve adempiere l’intero.
    • Possono essere:
      • Obbligazioni solidali attive: con pluralità di creditori
      • Obbligazioni solidali passive: con pluralità di debitori

 

  • Le garanzie personali delle obbligazioni:
    • Garanzie reali: attribuiscono al creditore il diritto di rivalersi su una cosa altrui in caso di inadempimento
    • Garanzie personali: si realizzano con l’intervento di un terzo (garante) che assume di adempiere alla stessa obbligazione del debitore principale.
    • Stipulazioni di garanzia:
  • la più antica garanzia personale delle obbligazioni è la sponsio (garanzia obbligazione), il prototipo della stipulatio. Si compiva con verbis (parola) ed era idonea a garantire soltanto obligationes contratte verbis. La sponsio era riservata ai cives Romani. Una lex Publilia stabilì che contro il debitore che entro 6 mesi non gli avesse rimborsato quanto pagato al creditore, lo sponsor avrebbe potuto procedere direttamente con la legis actio per manus iniectionem pro iudicato. Successivamente abolita la legis actio poté agire con l’actio defensi.
  • successivamente alla sponsio c’era la fidepromissio: era una vera e propria stipulatio. Per essa si esigeva il verbo fidepromittere: fidepromittis? fidepromitto (garantire, farsi garante). Regime simile sponsio: ma era fruibile sia dai cives che dai peregrini.
  • verso la fine della Repubblica fu riconosciuta la fideiussione (fideiussio). Era una stipulatio accessibile dei cives e peregrini.
    • Lo sviluppo postclassico:
      • Età postclassica: scomparsa sponsio e fidepromissio, e le norme e principi non comuni alla fideiussione.

LINEAMENTI DI DIRITTO PRIVATO
(di Matteo Marrone)

CAPITOLO 6: le donazioni

  • La donazione: concetto ed evoluzione:
  • In principio, per il diritto romano, non era un negozio autonomo, ma una possibile causa di negozi giuridici astratti
  • La donazione aveva ogni volta effetti diversi a seconda del negozio impiegato, es.:

   Aveva effetti reali quando il donante trasferiva la proprietà.
▬►donazioni in dando
   Aveva effetti obbligatori quando il donante con stipulatio prometteva una prestazione
▬► donazioni in obligando
   Aveva effetti estintivi quando il donante faceva acceptilatio del proprio credito o in altro modo rimetteva al debitore il suo debito
▬► donazioni in liberando

  • La lex Cincia:
  • Del 204 a.C., era chiamata “de donis et muneribus”(donato).
  • Tale lex proibì le donazioni al di sopra di un certo limite (ultra modum – oltre una cera misura): era un limite che non si conosce la quantificazione ma si sa che era basso.
  • Dal divieto furono esclusi i parenti entro il 6° grado e alcuni affini detti “personae exceptae”(eccezione di persone).
  • Era una lex imperfecta:

   Vietava le donazioni ultra modum tra estranei
   Ma non stabiliva l’invalidità di quelle effettuate contro il divieto
   Non prevedeva sanzioni contro i trasgressori
   Ma alla fine provvide il pretore proponendo nell’editto l’exceptio legis Cinciae (clausola, eccezione della legge Cinciae): era solo un mezzo di difesa che giovava solo al donante solo se, in caso di donazioni in dando o in obligando, alla donazione il donante non avesse dato esecuzione.
   In età classica, la lex Cincia, venne interpretata in modo restrittivo: infatti i cancellieri imperiali affermarono che “ con la morte del donante sarebbero venute meno le limitazioni stabilite dalla legge (morte Cincia removetur)
    Ecco che si dissero perfectae le donazioni irrevocabili, imperfectae le altre.

  • La  riforma di Costantino e la legislazione di Giustiniano:
  • Sotto Costantino, la donazione acquista la sua autonomia di negozio causale, venendo ad essere qualificata contractus. Per essa si esige la forma scritta, la consegna della cosa in presenza dei vicini e la registrazione presso un ufficio pubblico. Una volta adempiute tali formalità viene considerata perfecta e come tale irrevocabile, in difetto è invalida.
  • Con Giustiniano, che torna a legiferare in materia, è richiesta la traditio per il passaggio della proprietà e si riconosce efficacia anche alle donazioni obbligatorie, pur se realizzate con semplice patto anziché col ricorso alla stipulatio.

 

4.  Le donazioni tra coniugi.

  • Nei decenni successivi all’emanazione della lex Cincia si affermò il principio - probabilmente attribuito ai mores - che vietava le donazioni tra coniugi, da mettere in relazione alla diffusione dei matrimoni sine manu; in essi, non appartenendo marito e moglie alla stessa familia, una donazione avrebbe comportato spostamenti patrimoniali da una famiglia all’altra, con grave pregiudizio per gli equilibri patrimoniali delle grandi famiglie che giocavano un ruolo politico a Roma.
  • Vennero compreso nel divieto qualsiasi atto che comportasse impoverimento di un coniuge e arricchimento dell’altro. Il divieto era sanzionato con la nullità dell’atto compiuto in violazione di esso. Dal divieto furono esclusi i doni di modico valore, le donazioni mortis causa e quella compiuta in vista del divorzio, le ultime due perché destinate ad avere effetti definitivi dopo lo scioglimento del matrimonio.
  • Nulla vietava che il coniuge donante disponesse per testamento di quanto dovuto in vita all’altro coniuge, da questa prassi, che ebbe notevole diffusione, prese spunto l’oratio Antonini del 206, con cui si stabilì la conferma delle donazioni tra coniugi non revocate in vita dal donante, per le quali lo stesso donate avesse mostrato in vita di non mutare volontà.

5.  La donatio mortis causa.
   Nella prassi romana accadeva che taluno, ritenendosi in imminente pericolo di vita per ragioni di salute o accingendosi ad affrontare gravi rischi, donasse ad altri una cosa propria trasferendogli la proprietà. La causa donandi si combinava con la causa mortis, pertanto si parlò di donazione mortis causa e in proposito si affermò il principio per cui il donante avrebbe potuto pretendere con la condictio il ritrasferimento di quanto donato una volta guarito o sopravvissuto al pericolo.
   Un regime giuridico uguale si adottò per l’ipotesi di donazione reale anche se qualificata mortis causa, effettuata anche solo nella previsione che il donante morisse prima del donatario, premorto il quale il donante avrebbe potuto chiedere la ripetizione dei beni contro gli eredi.
   Esistono anche testimonianze di donatio mortis causa realizzata con l’aggiunta di una condizione sospensiva, per cui la proprietà sarebbe passata al donatario purché non premorto dal momento della morte del donante.
   La donatio mortis causa consentiva di raggiungere un risultato analogo a quello dei legati, comportando per il beneficiario un acquisto a titolo particolare; da ciò la graduale estensione del regime dei legati, cui fu parificata sotto Giustiniano.

 

 

 

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(di Matteo Marrone)

CAPITOLO 7: le successioni mortis causa

  • Il fenomeno della successione:
  • Successio in locum, successio in ius, successio, “successione, eredità”: passaggio di situazioni giuridiche soggettive da un soggetto all’altro.
  • La successione può riguardare:

   Situazioni giuridiche attive: diritti soggettivi
   Situazioni giuridiche passive: doveri giuridici
   In particolare: proprietà, crediti e debiti

  • Dante causa: chi trasmette
  • Successore o avente causa: è la persona alla quale si trasmette (acquistava a titolo derivativo)
  • La successione può essere:

   A titolo universale: in universum ius; se il successore subentra per l’intero o per una quota di posizioni giuridiche (trasmissibili) che faceva capo ad altri.
   A titolo particolare: in singular res;  se il successore subentra per l’intero o per una quota al posto di altra persona in singole e determinate posizioni giuridiche soggettive.

  • La successione può aver luogo:

   Inter vivos: in dipendenza di un negozio tra vivi
   Mortis causa: in dipendenza alla morte del titolare dei diritti e doveri che passano al successore (a causa di morte)

  • Oggi: la sola successione universale è solo quella a causa di morte.
  • Ma nel diritto romano successioni universali potevano accadere anche inter vivos.
  • La successione universale mortis causa secondo lo ius civile. Concetti e principi fondamentali:
  • Nello ius civile, i successori mortis causa a titolo universale erano gli “eredi” (heredes).
  • Hereditas: era il complesso di situazioni giuridiche soggettive che facevano capo al defunto (dante causa) e che passavano agli eredi.
  • L’acquisto dell’hereditas da parte degli eredi presupponeva la “delazione ereditaria” (era la chiamata all’eredità) che coincideva con la morte del dante causa. 
  • La delazione poteva essere:

   Testamentaria: in forza di un testamento valido ed efficace (ex testamento)
   Legittima: direttamente in forza di legge (ex lege): è la successione ab intestato (letteralmente, successione intestata; intestatus era chi non aveva fatto testamento)
o   Una volta deferita l’eredità, il chiamato diventava heres automaticamente o a volte per accettazione (aditio – azione per entrare in possesso di una eredità)
o   Una volta acquistata la qualità di erede non era possibile né perderla né cederla.
o   Intrasmissibilità della delazione ereditaria: se il chiamato all’eredità moriva prima di aver accettato, i loro eredi non avrebbero potuto a loro volta accettare e acquistare l’eredità. La regola subì in età postclassica cambianti per ragioni di equità.  Successivamente Giustiniano introdusse la transmissio Iustinianea, riconoscendo agli eredi del chiamato di acquistare in vece sua l’eredità.
o   Capacità di trasmettere e acquistare di ereditando ed eredi:
   Principio generale: sia l’ereditando che gli eredi dovevano essere in possesso di capacità giuridica; dovevano essere persone libere, cittadine romane e sui iuris.
   Successione ad intestato: la capacità giuridica in capo:
   all’ereditando doveva sussistere al tempo della morte
   agli heredes doveva sussistere al tempo della delazione e dell’accettazione
   Successione testamentaria: era la capacità testamenti factio:
   Capacità di fare testamento (testamenti factio attiva); si richiedeva anche la capacità di agire.
   Capacità di acquistare in forza del testamento (testamenti factio passiva)
   Gli eredi potevano anche essere:
   Eredi schiavi
   Filii familias altrui
   Gli incapaci non erano chiamati all’eredità né testamentaria né ab intestato.
   In caso vi era un erede incapace, veniva chiamato al suo posto il substitutus (secondo erede o sostituto?). La quota dell’incapace andava ad accrescere l’eredità degli altri eredi.
   Se il testatore era in difetto di testamenti factio attiva il testamento era nullo.
o   Capacitas e legislazione caducaria (abrogare):
   Leges Iulia de maritandis ordinibus e Papia Poppaea: parlarono di capacitas (diritto ad ereditare) e di capere con riguardo ai caelibes (celibi) e agli orbi  disponendo un regime tutto proprio per quanto riguarda i beni ereditati:
   Caelibes: i non coniugati in età matrimoniale
   Orbi: coniugati senza figli
   Ad entrambi si negò la capacità di acquistare per testamento.
   La capacitas doveva esserci alla morte del testatore: ma per i caelibes avrebbero potuto conseguirla nei 100 giorni successivi.
   Tutto ciò che non era acquistato dai “non capaces” si accresceva in favore dei coeredi che fossero ascendenti o discendenti del testatore.
   Se mancavo i discendenti o gli ascendenti del testatore, il testamento diventava caducum (la metà dell’eredità che perdevano gli sposati senza prole); in assenza, all’aerarium populi Romani. In età classica l’erario fu sostituito dal fisco.
   212-217 d.C.: l’imperatore Antonio Caracalla modificò le leggi augustee per incrementare il patrimonio pubblico. La quota vacante caducum doveva essere devoluta al fisco come anche altri privilegi degli eredi.
   Durante il Basso Impero (avvento del Cristianesimo) le legis Iulia e Papia furono abrogate e tornò in vigore lo ius antiquum (diritto antico, il regime precedente alle leggi augustee).

o   Indegnità a succedere:
   Sia il senatoconsulti che le costituzioni imperiali andarono sanzionando con l’indegnità di chi si ritenessero indigni (non meritevoli) di subentrare al defunto iure ereditario, sia ab intestato sia ex testamento.
   Gli indegni non furono ritenuti incapaci di acquistare iure ereditario ma ciò che acquistavano a questo titolo veniva rivendicato extra ordinem dall’aerarium populi Romani e, dall’età classica avanza, dal fisco.
   Gli indegni:
   Una volta divenuti heredes restavano tali ma non poteva esercitare le azioni ereditarie perché erano negate dal pretore
   Erano:
o   L’uccisore dell’ereditando
o   Chi avesse impedito all’ereditando di testare
o   Chi impugnasse il testamento come falso
o   I rei d’adulterio (colpevole di tradimento)…
o   L’acquisto dell’eredità:
   GLI EREDI NECESSARI:
   Heredes necessariii
   Sui e schiavi manomessi nel testamento dal dominus come eredi
   Erano necessari perché automaticamente e necessariamente divenivano eredi con la morte dell’ereditando
   I sui erano i familiari immediatamente soggetti alla potestas dell’ereditando al tempo della sua morte; erano in sostanza: filii e filiae familia e donne in manus.
   Tali familiari avevano qualifica di sui sia nella successione legittima sia in quella testamentaria.
   Ad avere heres sui avrebbe potuto essere solo un ereditando maschio.
   Una volta divenuti eredi subentravano si nell’attivo che nel passivo:
o   Se il passivo > dell’attivo: rischiavano gravi conseguenze esecutive
o   Dall’ultima repubblica: il pretore concesse agli eredi il beneficium abstinendi perché essi potessero evitare la proscriptio. A volte infatti l’ereditando metteva nel testamento un proprio schiavo rendendolo erede, diventando così servo heres necessarius.
   GLI EREDI VOLONTARI:
   I non sui dell’ereditando erano eredi volontari, detti anche heredes extranei.
   Diventavano eredi con l’accettazione o con l”adizione”(atto con cui l’erede dichiara di accettare un’eredità) – aditio – la quale poteva avere luogo :
o   Mediante cretio (accettazione dell’eredità)
o   Mediante pro herede gestio
   La cretio: era un atto formale che si effettuava con la pronunzia di parole determinate che esprimevano la volontà di accettare l’eredità.
   La pro herede gestio: era un’accettazione tacita dell’eredità che consisteva in comportamenti che mostravano senza possibilità di equivoci la volontà di accettare: erano atti di gestione del patrimonio del defunto (es. esigere crediti, pagare debiti ereditari)
   Sparì la cretio e rimase solo la pro herede gestio.
   La fusione dei patrimoni: i rimedi
o   Con la successione, il patrimonio ereditato si univa al patrimonio dell’erede/i.
o   Quando, però, l’ hereditas era damnosa (il passivo ereditario superava l’attivo) gli eredi volontari si sottraevano dall’adizione. In questo modo i creditori ereditari non avrebbero potuto agire sul patrimonio del defunto. I classici trovarono delle soluzioni:

o   L ’hereditas:

  • Secondo lo ius civile era l’oggetto della successione universale mortis causa.
  • I giuristi romani la qualificarono hereditas universitas: complesso unitariamente considerato
  • di corpora : beni di proprietà
  • e iura: crediti  e debiti
  • I romani concepirono l ’hereditas come ius avente ad oggetto la stessa universitas e di sé spettante a quanti avessero la qualità di heres.
  • L ’hereditas comprendeva situazioni soggettive trasmissibili che facevano capo al defunto al tempo della sua morte.
  • Non entravano a far parte dell’ hereditas ma si estinguevano con la morte del titolare le potestà familiari, tutela e curatela.
  • La potestà sui servi si trasmetteva insieme col dominium su di essi.

o   L’ hereditas petitio:

  • L’azione per la tutela dell’ hereditas era la vindicatio hereditatis, detta anche hereditas petitio.

o   La coeredità:

  • Comunione di eredità
  • Ha il regime giuridico simile a quello della comunione di proprietà: ogni erede era titolare di una quota ideale con diritti e doveri analoghi a quelli del comproprietario sul bene comune.
  • Ius adcrescendi: diritto di accrescimento; 1 o più contitolari in proporzione alla propria quota in alcuni casi acquistavano automaticamente la quota di un altro contitolare. L’accrescimento accadeva quando uno dei chiamati all’eredità per incapacità/rinunzia / altro non divenisse coerede. Era un procedimento automatico.
  • Divisione dell’eredità:
  • Erano esclusi debiti e crediti ereditari: perché si imputavano direttamente ai coeredi in proporzione alla loro quota.
  • Le obbligazioni:
  • Se divisibili: attive o passive, seguivano il regime delle obbligazioni parziarie
  • Se indivisibili: regime delle obbligazioni solidali elettive
  • L’azione propria per la divisione dell’eredità era “l’actio familiae erciscundae”. procedura:
  • Il giudice (arbiter) procedeva alla distribuzione dei fonti di reddito (cespiti) ereditari in più lotti, tanti quante le quote ereditarie, e poi mediante adiudicatio li aggiudicava ai partecipanti alla divisione, trasferendo effetti della proprietà ed altri diritti reali.

 

  • La successione universale mortis causa secondo il diritto pretorio. La bonorum possessio:
  • Ultima età repubblicana: si sviluppò a Roma un sistema di successione universale mortis causa pretorio, che si attuava mediante la concessione della bonorum possessio.
  • Tale sistema pretorio non era opposto a quello dello ius civile, ma era volto a correggerlo, ad agevolare l’applicazione o a integrarlo, dipendeva dalle situazioni.
  • La genesi:
  • Le origini risalgono al dicere vindicias, con cui il magistrato nella legis actio sacramenti in rem assegnava ad una delle due parti il possesso provvisorio della cosa in contestazione.
  • Anche nell’età preclassica, stessa prassi, con eccezione che il pretore vi provvedeva solo quando sorgeva la questione quale delle due parti fosse effettivamente nel possesso dell’eredità. ecco allora che il pretore in questi casi interveniva con l’assegnazione della “bonorum possessio” in favore della persona che riteneva più probabile erede o dava maggiori garanzie per la restituzione in caso di soccombenza.
  • Nella tarda età repubblicana, andò perdendo la sua originaria valenza: negli editti dei pretori vennero indicati quali erano i soggetti e il preciso ordine avrebbero dato la bonorum possessio.
  • Lo stato giuridico dei bonorum possessores:
  • Distinzione tra bonorum possessio ed erede:
  • Bonorum possessio: era il successore universale iure praetorio
  • Erede: successore universale secondo lo ius civile.
  • Heredes e bonorum possessores:
  • La bonorum possessio era spesso concessa anche a soggetti che erano al contempo eredi iure civili. Tali soggetti avrebbero avuto convenienza a conseguire la doppia qualifica di “heredes” e di “bonorum possessores” perché si sarebbero avvalsi all’occorrenza anche dei rimedi giudiziari di per sé spettanti ai bonorum possessores. In questo caso la bonorum possessio sarebbe stata “adiudivandi iuris civilis gratia
  • Ma la bonorum possessio poteva essere data ai soggetti che non erano eredi perché:
    • A volte in assenza di eredi civili
    • Altre volte a preferenza di essi

Il caso: supponendo che il bonorum possessor avesse preso possesso dell’eredità e non avendo contemporaneamente la qualifica di erede, quale sarebbe stato l’esito del giudizio se egli fosse stato convenuto  con la petizione di eredità da un erede a sua volta privo di qualifica di bonorum possessor? Nel conflitto, chi prevaleva l’ heres o il bonorum possessor?

      • In un primo tempo: tali questioni furono risolte sempre in favore dell’erede civile
      • Poi, si distinse caso per caso apparendo ingiusto che l’erede prevalesse comunque sul bonorum possessor.
      • Successivamente, in favore del bonorum possessor.
      • La giurisprudenza usò distinguere:
        • Bonorum possessor cum re: in caso di conflitto il bonorum possessor prevaleva sull’erede civile
        • Bonorum possessor sine re: in caso di conflitto l’erede civile prevaleva sul bonorum possessor
  • Delazione: denuncia, accusa
  • Anche per il diritto pretorio, la delazione era
      • Testamentaria: bonorum possessio secundum tabulas (secondo il testamento)
      • Ab intestato: bonorum possessio sine tabulas (senza il testamento)
      • bonorum possessio contra tabulas (contro il testamento)
  • con un’apposita clausola edittale, la edictum successorium, la chiamata dei successibili (persona avente diritto ad una successione) aveva luogo secondo criteri diversi da quelli dello ius civile:
        • i successibili erano chiamati per categoria come nello ius civile, ma la delazione nel bonorum possessio era limitata nel tempo
        • agli appartenenti a ciascuna categoria era assegnato un termine per essere ammessi alla bonorum
        • se l’avessero fatto decorrere inutilmente l’istanza sarebbe stata loro vietata e alla bonorum sarebbero stati chiamati agli appartenenti alla categoria successiva.
  • La collazione: collatio (paragone, comparazione, riscontro)
  • Ebbe origine nella bonorum possessio e si distinse in due specie:
      • Collatio bonorum: erano chiamati in primo luogo i liberi (sia sui che figli emancipati); il pretore si preoccupò della disparità di trattamento che si sarebbe potuta creare tra i sui e figli emancipati. Morto il padre, gli acquisti di sui rientrano nella massa ereditaria e sarebbero stati divisi tra sui ed emancipati, ma gli acquisti degli emancipati no. Il pretore addossò ai figli emancipati l’onere di procedere a collatio bonorum in modo che del loro patrimonio personale se n’avvantaggiassero anche i sui che avevano conseguito la bonorum possessio.
      • Collatio dotis: era anche di origine pretoria, riguardava la figlia cui il padre avesse costituito dote e alla quale in caso di scioglimento del matrimonio sarebbero stati di norma restituiti i beni dotali. La dote consiste in una o più cose o diritti che la moglie, suo padre o un terzo conferivano in vista o in occasione del matrimonio al marito. Viene prevista la dote perché il matrimonio ha funzione sociale, e aveva quindi tutta una serie di utilità. Quindi sarebbe andato tutto alla figlia. Ma il pretore stabilì l’onere della collatio dotis a carico della figlia , garantendo parità di trattamenti tra fratelli e sorelle.
      • Durante il periodo postclassico e giustinianeo confluirono in un unico istituto: la collatio descendentium.
  • Il fedecommesso universale:
  • Dava luogo a successione mortis causa anche il fedecommesso universale
  • Il fedecommesso: antico istituto del diritto successorio che faceva obbligo all’erede di conservare e trasmettere tutta l’eredità  o parte di essa al successivo erede.
  • La successione universale ab intestato:
  • In difetto di testamento valido ed efficace si apriva la successione ab intestato.
  • Regola: Il momento della delazione ab intestato era lo stesso della morte dell’ereditando.
  • Eccezione: se nella successione civile il testamento valido non diventava efficace per mancata accettazione degli eredi volontari, gli eredi ab intestato erano chiamati all’eredità al momento della certezza che non sarebbero venuti alla successione gli eredi testamentari. Analogamente nella successione pretoria:  i successibili pretori ab intestato erano chiamati alla bonorum possessio secondo testamento e si dava la possibilità di delazioni successive.
  • La successione universale ab intestato secondoil ius civile:
  • Alla successione universale ab intestato (in assenza quindi di testamento) erano chiamati nell’ordine, secondo la legge delle XII Tavole,:
  • i sui: le persone libere che al tempo della morte dell’ereditando erano assoggettate alla sua potestas o manus, le stesse che in conseguenza della sua morte avrebbero cessato di essere alieni sui per diventare sui iuris, quindi erano:
    • figli in potestate (maschi e femmine)
    • figli nati da iusta nuptiae (matrimonio) e adottivi
    • la moglie purché in manu del marito
    • i nipoti figli del figlio premorto
    • postumi sui (non ancora nati ma concepiti al tempo della morte del pater familias).

Ad ogni sui spettava una quota. Solo un ereditando di sesso maschile avrebbe potuto avere sui heredes: alla successione ab intestato delle donne erano chiamati direttamente gli agnati.

  • gli agnati: persone libere discendenti in linea maschile da un capostipite comune di sesso maschile. Erano in sostanza parenti in linea secondaria e maschile. Tali persone erano chiamate alla successione ab intestato senza limiti di grado. Le donne non oltre il 2° grado. Se c’erano più agnati dello stesso grado, venivano alla successione per quote uguali. Gli agnati erano eredi volontari.
  • i gentiles: erano gli appartenenti alla stessa gens ( stirpe, razza) dell’ereditando. Erano anche loro eredi volontari. I gentili erano chiamati all’eredità solo in mancanza di agnati.
  • La successione universale ab intestato secondo il diritto pretorio:
  • Con il graduale indebolirsi della società romana arcaica, il sistema della successione ab intestato del ius civile apparve iniquo e lacunoso. A correggere il sistema provvide il regime pretorio della bonorum possessio sine tabulis, alla quale erano chiamati:
  • i liberi: era la classe rappresentata dai sui, dai figli emancipati e dai figli dati in adozione. Se premorti, dai loro discendenti.
  • i legitimi: sui, agnati, gentiles, patrono e parens manumissor.
  • i cognati: era costituita dai parenti di sangue, non oltre il 6° grado.
  • vir et uxor: erano chiamati reciprocamente marito e moglie.
  • Il sistema pretorio presupponeva il sistema civilistico e lo integrava e lo correggeva.
  • Il senatoconsulti Tertulliano e Orfiziano:
  • Tali senatoconsulti migliorarono la reciproca posizione successoria tra madre e figli. Poiché, i senatoconsulti erano fonte di ius civile, madre e figli sarebbero divenuti “eredi”, e come tali ammessi pure alla bonorum possessio ab intestato nella classe dei legitimi.
  • L’eredità vacante:
  • Quando nessun erede acquistava l’eredità, i creditori del defunto avevano via libera per procedere ad esecuzione patrimoniale. Nell’ipotesi in cui non si fosse fatto avanti nessun creditore ereditario, la lex Iulia, stabilì che l’eredità vacante andasse all’erario (successivamente al fisco con Caracalla)
  • Il testamento:
  • La chiamata all’eredità o alla bonorum possessio poteva avere luogo in forza di testamento, e la delazione testamentaria prevaleva di norma su quella ab intestato.
  • Il testamento era:
  • Atto unilaterale
  • Mortis causa
  • Personalissimo
  • Revocabile sino all’ultimo istante di vita
  • Era un atto con il quale un soggetto (il testatore) disponeva delle proprie sostanze per il tempo dopo la sua morte
  • Poteva contenere più negozi: istituzioni di erede, legati, manomissioni,…
  • L’istituzione dell’erede (heredis institutio) non poteva mancare pena nullità del contratto.
  • Testamentum: deriva da testes, testimoni, infatti tra le formalità richieste vi era la presenza di testimoni.
  • Il testamento civile:
    • testamentum calatis comitiis fu il primo testamento riconosciuto Era un atto formale che si compiva oralmente dinanzi ai comitia curiata.
    • Successivamente, vi fu il testamentum in procinctu: per esigenze militari
    • Questi 2 testamenti caddero in desuetudine e la giurisprudenza pontificale fece ricorso a due nuove soluzioni:
      •  
      • mancipatio familiae : era un negozio fiduciario con cui il testatore trasferiva il proprio patrimonio (familia intesa in senso patrimoniale) a persona di fiducia, il familiae emptor. In seno alla mancipatio, il mancipio dans affidava al mancipatio emptor l’incarico di trasferire, subito dopo la morte dello stesso mancipio dans, i singoli cespiti alle persone da lui indicate.
      • testamentum per aes et libram: la prima giurisprudenza laica trasformò la mancipatio familiae in testamentum per aes et libram (o testamento librale). Si trattava di un mancipatio familiae ma il mancipatio emptor recitava una formula contenente il vero scopo dell’atto, mentre il testatore pronunciava le sue ultime volontà con un preciso formulario. La pronuncia orale del testatore era detta nuncupatio. Ma ben presto la nuncupatio venne adottata solo per enunciare le volontà del testatore, mentre per indicare le disposizioni e le persone che ne sarebbero state destinatarie si faceva rinvio a ciò che era scritto di suo pugno nelle tavolette cerate (tabulae ceraeque). Il testamento per aes et libram poteva essere compiuto tutto oralmente.
  • Il testamento pretorio:
  • L’editto pretorio prevedeva una bonorum possessio secundum tabulus: per essa il pretore esigeva un documento scritto, chiuso e sigillato con il contrassegno (signum) di 7 testimoni: era il testamento pretorio.
  • Numero dei testimoni: il testamento pretorio richiamava il testamento per aes et libram perché: 5 testimoni + 1 libripens + 1 familiae emptor.
  • Il testatore chiudeva il tabulae facendo apporre all’esterno le firme dei 7 testimoni, in modo tale che tale testamento sarebbe stato valido in iure civili e in iure praetorio.
  • In età postclassica il testamento civile fu  assimilato a quello pretorio.
  • Il testamento: invalidità e revoca
  • Invalidità:
  • Inosservanza delle formalità
  • Incapacità del testatore
  • Vizio di forma dell’istituzione dell’erede
  • Incapacità degli eredi istituiti
  • Invalidità dopo la perfezione: sopravvenuta incapacità del testatore o degli eredi istituiti, sopravvenienza di un figlio, revoca.
  • Sopravvenienza di figli: il testamento perdeva validità per il venire all’improvviso di un figlio dopo il perfezionamento del testamento; ciò accadeva anche per il sopraggiungere di un postumo (successivo alla morte).
  • Revoca: il testamento era revocabile; nello iure civile, era revocato solo per effetto di un nuovo testamento. Il testamento per aes et libram sarebbe stato valido anche se il testatore avesse rotto i sigilli del tabulae ceraeque cancellando tutto o in parte il contenuto, persino se avesse distrutto il testamento. Pure in iure pretorio un nuovo testamento avrebbe revocato il precedente, ma il pretore considerò la scrittura e le garanzie essenziali perché una volta che il testatore avesse distrutto il documento o i sigilli avrebbe dato la bonorum possessio sine tabulis ai successibili pretori ab intestato.
  • La istituzione di erede:
  • L’istituzione dell’erede poteva essere contenuta soltanto nel testamento (heredis institutio).
  • Fu qualificata dai giuristi “caput et fundamentum totius testamenti”[inizio e fondamento di tutto il testamento]
  • Caput: perché il testamento doveva iniziare con la heredis institutio, ma tale regole perse valore con Giustiniano
  • Fundamentum: perché nessun testamento era valido senza l’istituzione di un erede
  • L’istituzione dell’erede doveva essere fatta in modo esplicito con la qualifica di heres e con il verbo essere “Titius heres est”[tizio è l’erede]. Tale forma fu abolita da Costanzo che dispose che la forma poteva essere qualunque purché il testatore dichiarava in modo inequivocabile l’erede.
  • L’istituzione dell’erede poteva essere:
  • Cum modo
  • Cum libertate
  • Cum cretione
  • Poteva essere istituite eredi 1 o + persone:
  • Unico erede: erede per intero (ex asse)
  • Più eredi: eredi per una quota espressa in dodicesimi (unciae).
  • Heredis institutio ex certa re: l’istituzione di erede ex certa re significava attribuire ad un erede un singolo bene determinato. Ma sarebbe stato nullo. Dall’età classica si adottò tale sistema per i casi di più eredi per tenere maggior conto della volontà del testatore.

 

  • La sostituzione volgare: substitutio vulgaris
  • Era un’istituzione di erede sotto condizione sospensiva che il primo istituito fosse
  • premorto allo stesso testatore
  • non avesse accettato l’eredità
  • la sua istituzione senza effetti
  • il chiamato all’eredità in subordine rispetto al primo istituito si disse “sostituto” (substitutus)
  • La sostituzione pupillare: substitutio pupillaris
  • Tale sostituzione presupponeva che Il testatore doveva istituire erede un discendente soggetto alla sua immediata potestas.
  • Tale sostituzione consisteva nell’istituzione di un erede al pupillo qualora questi fosse morto ancora impubere (che non ha ancora raggiunto l’adolescenza) e quindi nell’impossibilità di fare testamento.
  • In sostanza, il testatore nominava un erede al proprio discendente facendo in sostanza testamento al suo posto. Era un eccezione al principio del testamento “atto personalissimo”.
  • I legati:
  • Il testamento oltre a contenere l’istituzione di erede poteva contenere disposizioni a titolo particolare: tra esse i legati.
  • Attraverso i legati, il testatore attribuiva alle persone indicate “i legatari” singoli beni o diritti sottraendoli dagli eredi. Tale diritto fu riconosciuto dalla giurisprudenza pontificale.
  • I quattuor genera legatorum: i giuristi romani individuarono 4 tipi di legati:
  • Legato per vindicationem: doveva essere disposto con le parole “do lego” + indicazione dell’ oggetto + destinatario. Aveva effetti reali e doveva avere ad oggetto i beni propri del testatore.
  • Legato per damnationem: doveva essere disposto con le parole “heres meus damnas esto” + persona del legatario + oggetto. Il testatore faceva in tal modo carico all’erede di fare o di dare una prestazione alla persona indicata. Potevano essere cose del testatore, dell’erede o di terzi.
  • Legato sinendi modo: era disposto con parole “heres meus damnas- obbligato -  esto”integrata con l’imposizione all’erede di consentire che il legatario esempio prendesse possesso di una cosa determinata. Questo doveva appartenere o al testatore o all’erede.
  • Legato per praeceptionem: era disposto con parole “praecipito” (far cadere) preceduto dal nome del legatario e dall’oggetto. Poteva essere disposto in favore di un erede e solo cose del testatore.
  • Il senatoconsulto Neroniano, le riforme postclassiche e l’unificazione dei tipi di legato:
  •  Con troppi tipi di legato e di conseguenza forme e regimi giuridici diversi, il senato consulto di Nerone adottò in larga scala il legato per damnationem perché aveva più applicazioni. Ma la vera unificazione avvenne con Giustiniano che:
  • riconobbe gli effetti obbligatori ai legati
  • riconoscimento degli effetti reali
  • riconoscimento doppia tutela: reale e obbligatoria.
  • I legatari e gli onerati:
  • La testamenti factio passiva si esigeva sugli eredi istituiti e sui legatari. L’onere dei legatari gravava sugli eredi, non oltre però l’attivo ereditario. Più eredi istituiti: il testatore avrebbe potuto porre il legato a carico di:
  • 1 solo
  • alcuni di essi
  • I legatari: il momento dell’acquisto
  • I legati avevano effetti dal momento in cui l’erede onerato acquistava l’eredità e quindi al momento della morte del testatore (erede necessario) o al momento dell’accettazione dell’eredità (erede volontario).
  • Morte del testatore: dies cedens
  • I legatari: invalidità, inefficacia e revoca
  • Invalidità:
  • Regula Catoniana: il legato invalido al tempo della realizzazione del testamento restava invalido pure se prima della morte del testatore la causa d’invalidità fosse cessata.
  • Revoca: il legato era soggetto a revoca dal testatore; la revoca aveva luogo con la evoca stessa del testamento; dall’età classica, la revoca del legato poteva avvenire anche successivamente al perfezionamento del testamento.
  • Altre possibili disposizioni testamentarie:
  • Il testamento poteva contenere:
  • Manumissio testamento: manumissioni, il testatore dava la libertà ad un proprio servo.
  • Tutoris datio: il testatore nominava il tutore di un proprio discendente (eventuale o adottivo) immediatamente soggetto alla sua potestas.
  • I fedecommessi:
  • Il testatore poteva raccomandare informalmente all’erede di compiere una prestazione determinata in favore della persona indicata nel testamento.
  • Il fedecommesso non doveva essere disposto in forma imperativa; poteva essere disposto nel testamento, nel codicillo, oralmente, con un cenno di assenso, in forma espressa o tacita
  • Fedecommessi di libertà: mediante fedecommesso poteva essere disposta la libertà di un servo
  • Fedecommessi particolari: erano fedecommessi che avevano come possibili oggetti oltre che la libertà anche prestazioni analoghe a quelle dei legati
  • Fedecommessi universali: si faceva carico all’erede di trasmettere ad altri dopo averla acquistata l’intera eredità o una quota di essa.
  • I codicilli:
  • Al testamento si affiancarono i codicilli, anch’essi a contenere disposizioni mortis causa.
  • Era un documento scritto che a differenza del testamento non richiedeva la sua perfezione.
  • Potevano essere:
  • Codicilli confermati: il testamento ne faceva riferimento
  • Codicilli non confermati: non era fatto riferimento a nessun testamento.

 

Fonte: http://studiando.altervista.org/UNIVERITY/1anno/ISITUZIONI%20DIRITTO%20ROMANO/RIASSUNTO%20MARRONE.doc

Sito web da visitare: http://studiando.altervista.org

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