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IL SETTECENTO
I LIMITI
Il settecento è il periodo di tempo che va dall’ultimo quarto del 17° secolo alla fine del terzo del 18°. Come data iniziale si può considerare la fondazione dell’Arcadia nel 1690 a Roma; come data di chiusura del periodo abbiamo quella della soppressione della Crusca 1783 e quella dell’invasione francese 1796 guidata da Napoleone.
Altre date importanti:
EVENTI POLITICI
Nei primi decenni l’Italia è coinvolta in numerose vicende belliche; dalla pace di Aquisgrana all’invasione francese si ha un periodo di pace:
LA CENTRALITÀ DEL RUOLO DELLA FRANCIA
All’inizio del ‘700 lo Stato francese è quello più antico e solido di tutta Europa. La Francia vive un ruolo centrale contrastato in parte da Inghilterra e Spagna; è un territorio unito e diverso dall’Italia, soprattutto per il fatto che possiede una dinastia regnante che non cambia:
È inoltre una grande potenza coloniale (con la propria politica di assolutismo e centralità del potere), in modo particolare nei nuovi territori dell’Oceania e in America.
È In questo periodo che la Francia inizia ad occuparsi della propria “immagine”, elemento fondamentale per presentarsi agli occhi del mondo. Viene elaborata la cosiddetta “etichetta di corte”, cioè l’insieme delle regole e comportamenti da tenere a corte. Ci si circonda dei migliori cuochi, architetti e musicisti.
Il sovrano volle dare una forte impronta caratterizzata da un’ immagine “splendente” ad una nuova città: Versailles. Questa diverrà il modello da seguire per tutte le altre regge.
Il modello francese si diffuse rapidamente in tutta Europa e diversi furono i sovrani che lo replicarono: un esempio tipico consiste nella Reggia di Caserta, voluta dal sovrano austriaco.
Il francese diventa lingua europea e mantiene questa posizione per un secolo e mezzo; sono francesi i più grandi musicisti e scrittori di teatro, come ad esempio Molière.
Si ricordano inoltre:
Il francese assume questo ruolo predominante soprattutto per il fatto di essere una lingua molto chiara nell’esposizione, a differenza di altre lingue, come il tedesco, che presenta invece una costruzione sintattica molto complessa. L’italiano ha il vantaggio di avere una struttura della frase libera, di essere versatile, ed è per questo motivo che ottiene il primato nella poesia e nella musica. La chiarezza è però propria del francese.
VITA SOCIALE E CULTURALE
LA LINGUA PARLATA E LA LINGUA SCRITTA
In che misura e in che modo si parlava l’italiano fuori dalla Toscana?
DISCUSSIONI SULLA NORMA LINGUISTICA
Due correnti di pensiero: una a favore dello “scriver toscano” (il toscano trecentesco, quello del Boccaccio che era codificato nel Vocabolario della Crusca), ed una a sfavore.
A favore i rigoristi seguaci dell’Arcadia. A netto sfavore abbiamo gli Illuministi italiani che si domandavano il perché bisognasse rivolgersi a scrittori così remoti.
LATINO E ITALIANO
L’italiano continua a guadagnare terreno sul Latino, ma quest’ultimo, ha ancora posizioni fortissime. In molti campi delle scienze parecchie opere fondamentali sono in latino, anche le opere teoriche del diritto. Nella Chiesa l’uso del Latino è di regola, anche se iniziano ad esserci voci per la richiesta della messa volgare.
Nelle università l’insegnamento è in Latino (nel 1764 però si ebbe un insegnante di economia che insegnava in italiano).
RAPPORTI CON ALTRE CULTURE E LINGUE EUROPEE
I FATTI GRAMMATICALI E LESSICALI
Ricordiamo che le oscillazioni nello scritto erano tantissime. Le principali differenze erano nel raddoppio delle consonanti (“accademia” – “academia”) e nell’uso di differenti vocali (“delicato” – “dilicato”; “miscuglio” – “mescuglio”).
Questo a causa delle forti differenze dialettali.
CONSISTENZA DEL LESSICO
DIALETTISMI E REGIONALISMI
Si sa bene che la lingua dell’alta lirica e della prosa più elevata era ormai da secoli consolidata e senza aspetti di carattere dialettale. Nello scritto meno nobile, però, ci sono ancora molti affioramenti spontanei dialettali, in quanto, in italiano, alcuni termini non esistevano o non erano sufficientemente conosciuti. Lentamente i vocaboli nazionali, guadagnano però terreno su quelli locali.
I LATINISMI
Non sono da considerarsi pochi se si pensa alle correnti antitradizionaliste. Vi si ricorre soprattutto nel campo delle scienze e nel campo della poesia neoclassica (ne adopera molti il Parini). Nelle scienze l’affluenza di latinismi e grecismi sono dovute alla sempre crescente esigenza terminologica.
I FRANCESISMI
L’ondata di francesismi nel ‘700 è ancora più ampia di quella del ‘600 (dovuta all’egemonia francese) e tocca tutti i campi della vita e della lingua: nella moda, nella casa e nell’arredamento, nella vita militare, nella navigazione, nelle arti, mestieri e industrie, nel teatro, nella musica, nel ballo, nei giochi di carte. Ad esempio “caffè” che identifica una “bevanda” in italiano, assume il significato di “luogo di ritrovo” in francese; in italiano diviene poi “bottega del caffè”. Vi sono poi adattamenti dell’italiano al francese di alcune locuzioni (espressioni), che si affermano particolarmente in questo periodo:
Nel ‘500 in Italia il romanzo caratterizza soprattutto le opere in versi (Tasso e Ariosto). È solo dal 1700 che si parla di romanzo come racconto in prosa, genere che avrà una larghissima diffusione. Il primo scrittore a servirsi dell’aggettivo “romanzesco” è Goldoni.
I grandi romanzieri sono però di matrice inglese: Jonathan Swift (Dublino, 1667 - 1745) considerato il massimo scrittore di lingua inglese del suo tempo ed uno dei più grandi satirici mai esistiti; l’opera più famosa: “I viaggi di Gulliver”.
Samuel Richardson (autore di romanzi epistolari), Henry Fielding, Walter Scott (scozzese, scrisse un romanzo storico che influenzò Manzoni).
Il primo romanzo gotico nasce a Londra nel 1764 in 3 copie; l’autore di quest’opera è Horace Walpole con “Il castello di Otranto”, tradotto in italiano e francese. Il castello di Otranto è considerato oggi il primo grande romanzo gotico e capostipite di questo genere che molto successo ebbe nel Settecento e nell'Ottocento. Una serie di romanzi gotici furono scritti da Ann Radcliffe (1764-1823), autrice grazie alla quale si afferma questo genere letterario. Da tener presente che quasi tutti questi romanzi erano ambientati in Italia.
ALTRI FORESTIERISMI
Molti dall’Inghilterra, dai paesi tedeschi per la mineralogia, dalle lingue slave il concetto di “vampiro” (forse influenzato dal francese) e in più vocaboli orientali e americani.
ITALIANISMI IN ALTRE LINGUE
La cultura Italiana continua ad essere presente nella cultura Europea. Alcuni si riferiscono alla vita sociale, altri all’arte, altri alla musica. In quest’ultimo campo, basti pensare che buona parte degli strumenti musicali erano conosciuti con nomi italiani (pianoforte, mandolino ecc.). Altri termini da ricordare sono:
IL PRIMO OTTOCENTO
I LIMITI
L’anno 1796 con l’invasione francese segna l’inizio di questo nuovo periodo storico. La data del 1861 (proclamazione del Regno d’Italia) è il limite.
Date intermedie importanti:
EVENTI POLITICI
Dopo l’invasione Francese 1796 si ha un consolidamento della potenza stessa in tutta Italia. Malgrado questa dipendenza, gli Italiani cominciano a godere dei benefici dell’uguaglianza civile e a ritenere possibile l’avvento di un’Italia libera e indipendente.
La caduta di Napoleone (1815) porta poi al ristabilirsi di quasi tutti gli antichi staterelli. Grandi speranze si hanno nel ’48 e ’49: funzionano i parlamenti, si costituiscono partiti politici, il Piemonte è il centro dell’azione indipendentista. Nel ’59 i Franco-Piemontesi contro l’Austria annettono la Lombardia e poi la Toscana e l’Emilia.
Garibaldi (1860) congiunge al regno di Vittorio Emanuele II il Regno delle due Sicilie e dopo poco le Marche e l’Umbria. Il 14 Marzo 1861 si proclama il Regno d’Italia con capitale Roma.
VITA CULTURALE E SOCIALE
PRINCIPALI TENDENZE DEL MUTAMENTO LINGUISTICO
Illuminismo e francesismo avevano fortemente inciso la lingua italiana quotidiana. Ben presto, però, la generale incuria stilistica e il dilagare delle voci francesi portano i letterati a una reazione: essi riaffermano l’importanza del “bello scrivere”. Nel 1816 inizia la polemica sul Romanticismo. I Romantici rinnegano sia il principio d’imitazione sia i francesismi e vogliono una letteratura che esprima un italiano giovane e fresco. Essi aspirano a creare unità tra lingua parlata e scritta, a dar vita a una lingua e una cultura nazionale non disgiunte dall’unità sociale. Il Romanticismo nasce inoltre grazie all’ampliamento degli orizzonti editoriali di cui abbiamo parlato in precedenza: scopo principale è quello di avvicinare il popolo alla letteratura.
Ma mentre il numero di quelli che miravano ad un’unità territoriale cresceva ogni giorno, ben pochi erano quelli che miravano ad un’unità sociale e linguistica. Di fatto, verso il 1860, i 4/5 degli italiani erano ancora analfabeti.
LA LINGUA PARLATA
L’italiano è ancora essenzialmente lingua scritta e fuori dall’Italia centrale, poco parlata. Per farsi capire dal popolo, non si poteva far altro che parlare in dialetto. Nel Settentrione e nel Meridione c’era ancora molto da fare perché l’italiano divenisse lingua parlata. A questo riguardo esistono due testimonianze:
Nuovi campi di attività sono l’economia ed il commercio, che favoriscono viaggi e spostamenti nelle varie province: gli scrittori di questa disciplina mirano ad un linguaggio concreto, preciso ed accessibile: la “lingua mercantile”.
IL LINGUAGGIO DELLA PROSA
La prosa che vuole rivolgersi al grande pubblico, ha trovato un genere di successo nel romanzo. La lingua della prosa è capace di innovarsi, mentre quella della poesia resta legata a schemi precisi, è conservatrice e tradizionalista.
Per la loro scelta linguistica, “una lingua di popolo”, si affermano due poeti:
Le correnti di pensiero che si delineano sono 3:
PURISMO
I puristi sono molto rigidi e rimarcano solo l’aura semplicità del ‘300 al contrario dei classicisti che tendono più alle rotondità linguistiche del ‘500. I principali esponenti puristi sono Antonio Cesari (veronese) e Puoti (napoletano).
CLASSICISMO
Il Classicismo Ottocentesco mira a una lingua molto decorosa che si scosti dalle “bassezze del moderno idioma”. Si ricollega, piuttosto, alla lingua dei nobili autori del ‘300 e del ‘500 mentre il ‘700 è considerato una vergogna. Per il lessico si attengono a parole appartenenti alla tradizione nobile, senza quindi forestierismi e neologismi. Principale esponente Vincenzo Monti. L’opera di puristi e classicisti ha comunque avuto un’indubbia influenza sull’italiano come antidoto contro eccessi di forestierismi.
ROMANTICISMO
In Italia il Romanticismo nasce nel 1816 in ritardo rispetto a Inghilterra e Germania già presente nel 1780. Questo nuovo movimento culturale è fondamentale per il rinnovamento della letteratura e della lingua. Il Romanticismo si rivolge ad un pubblico ampio e per questo si afferma soprattutto nel TEATRO (primi tentativi fatti da Goldoni con il teatro dialettale veneziano e da Alfieri, con il teatro tragico). Anche il Manzoni penserà prima al teatro con “Il Conte di Carmagnola”.
A tutt’altri principi si ispirano i Romantici: naturalezza, spontaneità, essere contemporanei. La loro tendenza è quella di ravvivare la lingua scritta accostandola a quella parlata. Poiché una lingua parlata diffusa largamente non c’era, ciò volle dire:
Mentre i più procedevano a tentoni, il Manzoni scelse in questa confusione, il fiorentino vivo delle classi colte.
La lotta fra Classicisti e Puristi contro i Romantici durò a lungo e segnò tutta quanta la prosa con ambedue le influenze.
IL LINGUAGGIO DELLA POESIA
I classicisti e i puristi, nella poesia, facevano valere una tradizione di quasi 5 secoli, utilizzando un lessico ricco di vocaboli arcaici e latinizzanti. I romantici, invece, con il loro parlar moderno, urtarono contro gravissime difficoltà in quanto l’utilizzo di voci tradizionali e voci moderne insieme stonava per la sua discordanza.
DISCUSSIONI SULLA LINGUA
Tre episodi principali:
Il Cesari era convinto che dal generale inquinamento della lingua era possibile salvarsi solo tornando alla lingua dei trecentisti. Diceva che chi studiava a fondo la lingua del ‘300 aveva modo di dire tutto ciò che voleva. Egli prese il più grande vocabolario italiano elaborato dall’Accademia della Crusca di Firenze (pubblicato per la prima volta nel 1690 e ripubblicato negli anni successivi ogni qualvolta si introducevano termini nuovi), allo scopo di separare nella lingua la parte migliore. Lo aumenta di circa 30.000 voci derivate dai classici e viene pubblicato tra il 1806 e il 1811 in 7 volumi. Questi termini aggiunti in pratica non hanno alcuna utilità in quanto non sono altro che semplici doppioni.
Più vasto respiro portava Vincenzo Monti (considerato la maggiore autorità poetica vivente). Di particolare importanza il suo libro “Proposta di alcune aggiunte e correzioni al Vocabolario della Crusca”. Le critiche verso la Crusca si basavano principalmente sul fatto che aveva ingiustamente trascurato il linguaggio scientifico. Il Monti propose inoltre di estrarre dal vocabolario tutti i termini arcaici e farne un glossario a sé. La “proposta” ebbe larghissima eco e per lo più suscitò consensi, ma rimase bloccata causa la morte del Monti.
Di importanza capitale per l’annosa questione della lingua fu l’intervento di Alessandro Manzoni (1785-1873), rappresentante del Romanticismo. Ideale è per il Manzoni, una letteratura popolare con interessi sociali. Di fatti, la grande innovazione fu quella di trasformare il problema della lingua, da problema per letterati a questione sociale. Il genere che meglio si presta a raggiungere questi scopi è il ROMANZO ed in particolare, il romanzo storico.
Secondo il Manzoni l’ignoranza quasi generale aveva posto una tale distanza tra la lingua scritta e quella parlata tale da togliere la possibilità di erudire la moltitudine. Nelle sue ricerche, però, s’accorse che c’era una concordanza molto forte fra i modi fiorentini colti e i vari dialetti italiani, in particolare con il milanese.
Il Manzoni comincia nel 1821 a lavorare sul genere del romanzo, cercando appunto di mantenere la lingua scritta il più possibile vicino al parlato. Tra il 1821 e il 1823 avvia la prima stesura di “Fermo e Lucia”, romanzo molto vicino al genere gotico. Nel 1827 fece un viaggio a Firenze e per lui fu una vera rivelazione: prima pubblicazione dei Promessi Sposi. Egli mirò innanzitutto a eliminare quelle espressioni della tradizione letteraria che non avevano riscontro nel fiorentino colto. L’edizione definitiva dei Promessi Sposi avvenne poi tra il 1840 e il 1842. Non sempre il Manzoni riuscì ad adeguarsi all’uso fiorentino in modo perfetto ma il romanzo raggiunse ugualmente lo scopo di accostare lo scritto al parlato.
Solo nel 1846 il Manzoni si decise ad esporre ufficialmente il suo parere sulla lingua e afferma in pubblico che la lingua italiana è in Firenze come il latino era in Roma.
RAPPORTI CON ALTRE LINGUE
L’influenza del francese sull’italiano, già potentissima nel ‘700, diventa nel primo decennio dell’’800 strabocchevole a causa di Napoleone e agli effetti dell’occupazione militare, tanto che nel 1809 l’uso dell’italiano e del francese erano equiparati. Infinitamente più scarsa la conoscenza del tedesco nonostante la presenza del dominio austriaco. La conoscenza del latino e del greco continuava a essere larghissima tra le persone colte.
CONSISTENZA DEL LESSICO E NEOLOGISMI
Alcune voci francesi entrarono brevemente nell’uso e poi sparirono, mentre altre, come il nome delle misure, restarono in modo consolidato. L’influenza fu comunque forte sia nella terminologia comune che in quella burocratica e nelle istituzioni pubbliche anche se la restaurazione ristabilì, in parte, le antiche terminologie:
VOCI POPOLARI MODERNE
La lingua letteraria è incline ad accogliere soprattutto dopo il diffondersi del Romanticismo, voci attinte dalla lingua parlata. Voci dei dialetti e delle lingue regionali emergono largamente nell’uso pratico. Affiorano nell’uso amministrativo voci lombarde. Il Foscolo nelle lettere ai familiari scrive in veneto. Bisogna però distinguere nelle opere letterarie i dialettismi sfuggiti da quelli voluti.
VOCI LETTERARIE ED ARCAICHE
Nella poesia si ricorse sempre alle tradizione e perciò ai latinismi. Anche nella prosa si hanno potenti filoni di arcaismo. E’ notevole l’uso che fa delle parole antiche il Leopardi anche nel linguaggio di giornalisti appaiono vocaboli arcaici.
LATINISMI
Abbonda la poesia dei classicisti, ma anche nei poeti romantici non mancano. Nel Gioberti latinismi e grecismi pullulano; vera inondazione nel diritto, nella politica, nell’amministrazione.
FRANCESISMI
Nella lingua meno elevata essi abbondano per le cose militari, per la terminologia della casa, per la cucina, per il giardinaggio, per l’abbigliamento, per il teatro, per le arti, per l’ambito astratto. Trasmissione attraverso il francese di vocaboli stranieri, specie inglesi e orientali.
ALTRI FORESTIERISMI
Numerosi anglicismi e anglolatinismi, meno germanismi.
ITALIANISMI IN ALTRE LINGUE
Influenza italiana scarsa. Italianismi in Francia per la musica.
IL SECONDO OTTOCENTO: MEZZO SECOLO DI UNITÁ
LIMITI
1861-1915
Il 1861 è la data della proclamazione del Regno d’Italia.
La I guerra mondiale segna in Italia la fine del Risorgimento.
EVENTI POLITICI
Il primo decennio del Regno è caratterizzato da una forte aspirazione a ricongiungere Venezia e Roma al nuovo Stato. Infatti verranno annesse rispettivamente nel 1866 e 1870. Dal 1865 Firenze diventa capitale per cinque anni, tappa breve ma importante soprattutto per la questione della lingua. Questa data segna tra l’altro il 6° CENTENARIO della nascita di Dante, primo teorico dell’unità politica e linguistica.
Nel 1870 la capitale sarà una volta e per tutte Roma e ciò chiuderà il ciclo del potere temporale del Papa (ricordiamo che nei primi anni di unità dal 1861 al 1865 la capitale era TORINO). Il governo è tenuto fino al 1876 dalla destra, poi passa alla sinistra anche se, in alcuni casi, si tratta più di un cambiamento di uomini più che un cambiamento di programmi. Depretis inaugura una politica che fu detta del Trasformismo: prassi di governo fondata sulla ricerca di una maggioranza mediante accordi con gruppi politici eterogenei e talvolta, con singoli esponenti di un partiti avverso, allo scopo di impedire il formarsi di una vera e propria opposizione. . Allargamenti del suffragio grazie a Giolitti portano a una partecipazione più ampia da parte delle classi meno abbienti alla vita pubblica.
Nasce l’Irredentismo (esaltazione e difesa dei valori nazionali in reazione alla presenza straniera), mentre più tardi, nascerà con scopi espansivi il Nazionalismo (ideologia ispirata all’esaltazione del concetto di nazione, che si risolve nell’autoritaria affermazione di valori che vanno al di là delle normali esigenze politiche o sociali). L’Italia persegue anche imprese coloniali in Libia e Abissinia.
L’EMIGRAZIONE è un fenomeno importante soprattutto negli anni di maggiore difficoltà economiche. E’ rivolta verso stati come Usa, Argentina, Germania e Belgio; a volte è temporanea, mentre altre volte, definitiva.
VITA SOCIALE E CULTURALE
L’unità politica porta ad un intensa circolazione di idee, di cose, di parole. Dal 1870 Roma assume un importanza sempre maggiore nella vita nazionale ma le altre grandi città, in particolare Milano, continuano ad influire sulle regioni ad esse legate.
La distanza fra classi sociali è ancora forte, ma lentamente le classi contadine ed operaie prendono coscienza della loro condizione anche se si servono ancora dei dialetti e sono ancora scarsamente pratiche delle lingua nazionale.
Notevoli ma non ancora sufficienti sono i progressi dell’istruzione elementare divenuta obbligatoria dai 6 ai 9 anni (Legge Coppino, 1877).
La cultura tradizionale verso il 1870 è tutta sconvolta. Si affaccia prepotente il Positivismo: corrente di pensiero che utilizza il metodo scientifico per analizzare ogni fenomeno, compresi quelli sociali culturali e spirituali. Le scienze fisiche e naturali reclamano e acquistano così un posto sempre maggiore nella vita e nella cultura. Le generazioni del primo Novecento reagiranno con una nuova ondata di spiritualismo e idealismo.
La stampa quotidiana e periodica assume sempre più importanza e si affermano le prime testate quotidiane (Corriere della Sera)
Anche l’opera lirica ottiene larghi consensi di popolo soprattutto con le opere di Giuseppe Verdi.
PRINCIPALI TENDENZE DEL MUTAMENTO LINGUISTICO
La nuova partecipazione alla vita sociale di ceti sempre più ampi fa si che l’uso della lingua scritta e parlata estenda man mano il suo ambito.
LA LINGUA PARLATA
Nella Toscana e zone limitrofe la lingua parlata e quella scritta presentano differenze molto piccole. Per il nord e per il sud i dialetti sono ancora ben vivi, ma un numero sempre maggiore di persone si allena a parlare l’italiano.
Questo estendersi dell’uso parlato della lingua italiana è maggiore nelle grandi città e, specialmente a Roma, dove convergono persone da ogni città. Le nuove generazioni, quindi, crescono assorbendo un italiano di colorito romanesco.
IL LINGUAGGIO DELLA PROSA
Carducci dispregia la prosa borghese, mentre Pancrazi ne è a favore poiché si è formato sulla tradizione Manzoniana, sugli stampi regionali e sul naturalismo francese. La prosa della vita media era molto più vicina alla lingua parlata. Il Carducci crea una nuova prosa “alta” con i classici latini e italiani e con spunti di toscanità. Quanto all’influenza Manzoniana molte sono le contestazioni sulla sua teoria e numerosi gli attacchi contro chi l’applicava.
Dopo la parentesi degli Scapigliati (che cantano l’orrido, il macabro, il diabolico), domina dal 1880 al 1900 il verismo. Esso nasce come corrispettivo italiano del naturalismo francese e significa “attenzione alla realtà”. Il “vero” è quello delle situazioni sociali colte negli aspetti più nudi e crudi, degradanti e materiali. Da uno stretto punto di vista della poetica, il verismo sostiene la necessità di una riproduzione obiettiva e integrale della realtà, secondo quel canone di impersonalità e oggettività che è in letteratura l’applicazione del principio scientifico della “non interferenza” dell’autore sugli oggetti osservati. Massimo esponente di questa corrente letteraria è il siciliano Giovanni Verga (opera principale “I malavoglia”), che fa rivivere nei propri romanzi gli ambienti popolari delle città e delle campagne. Certo è che il suo stile pareva al tempo troppo audace, per cui ebbe scarsa influenza.
Sulla piattezza della prosa si leva poi D’Annunzio (decadentista), con il suo ricorso a voci arcaiche, dialettali per confermarsi “l’artefice della parola”. Questa influenza si riscontra maggiormente nel giornalismo.
LINGUAGGIO DELLA POESIA
La fine del 19esimo secolo porta ancor più avanti quella progressiva riduzione della lingua aulica tradizionale (operazione iniziata col Romanticismo).
Il Realismo tende ad introdurre nei versi argomenti quotidiani, domestici e a servirsi di voci dell’uso comune. Nascono perciò irreparabili dissonanze STILISTICHE tra il lessico andante e quello che rimane del lessico aulico.
Molto lessico tradizionale è nel Carducci giovane, poi egli si rinnova con l’arricchimento di latinismi non comuni all’uso poetico dei secoli precedenti (ovvero latinismi che non richiamano la tradizione antica).
Per Pascoli la tradizione aulica è finita, egli preferisce termini vaghi, indeterminati, che conducano il lettore verso mondi ignoti (trae spunto dai decadentisti).
Anche per i Crepuscolari, anticarducciani, antidannunziani, il lessico poetico tradizionale è morto e solo il Gozzano, qualche volta, se ne avvale per descrivere il suo vecchio, piccolo mondo.
Il verso e la prosa perciò si sono riaccostati moltissimo.
Anche il linguaggio del teatro in versi non si scosta molto dalla prosa. Il melodramma però conserva il gusto linguistico tra romantico e classico.
DISCUSSIONI SULLA LINGUA
I primi decenni del nuovo regno sono pieni di dispute vivissime sulla questione della lingua ma la principale manifestazione della tesi del Manzoni si ebbe negli anni di Firenze capitale.
Il milanese Emilio Broglio, nominato Ministro della Pubblica Istruzione e grande ammiratore di Manzoni, pensò di dare una spinta decisiva per la compilazione del vagheggiato “Vocabolario”: si decise di formare una commissione destinata a ricercare e proporre tutti i provvedimenti e i modi per scegliere la buona lingua e la buona pronuncia. Manzoni era il PRESIDENTE della commissione che venne divisa in due sezioni: una milanese e una fiorentina. Nasce quindi nel 1870 (ad opera di Broglio e Gianbattista Giorgini), il primo dizionario col nome di “Nuovo vocabolario della lingua italiana secondo l’uso di Firenze”.
Quando si cominciò a pubblicare l’opera, Graziano Ascoli, colse l’occasione per pronunciarsi intorno alla teoria manzoniana, criticando l’uso del fiorentino vivo: ”L’Italia ha una enorme varietà di centri linguistici quindi perché limitarsi a scegliere un centro e imporlo quando si può usare questa ricchezza”. Manzoni capisce che queste obiezioni potrebbero intaccare il suo sistema, quindi attacca Ascoli dicendo che la sua proposta riguarda una lingua “astratta”.
È sempre in questo periodo che vengono pubblicati due romanzi che segnano un punto enorme a favore della teoria manzoniana: “Cuore” di De Amicis e “Pinocchio” di Collodi; soprattutto De Amicis mantiene la linea di Manzoni eliminando da questo modello alcuni eccessi (scrive ad esempio “cuore” anziché “core”).
Tra il 1877 e il 1891 viene pubblicato un nuovo dizionario, il “Petracchi”, che mantiene il modello fiorentino ma con aggiunta di altri termini.
Né la proposta di Manzoni né quella di Ascoli, saranno comunque risolutive per la questione della lingua.
Benedetto Croce (liberale conservatore) scrisse in un suo saggio che “L’unità linguistica deve andar di pari passo con l’unità politica”, appoggiando così la volontà manzoniana.
RAPPORTI CON LE ALTRE LINGUE
Benché la posizione del francese come lingua internazionale sia un po’ diminuita la sua influenza è ancora presente in Italia.
OSCILLAZIONI NELL’USO
La scarsa compattezza dell’italiano si manifesta ancora in moltissime forme per esempio si hanno alternanze per alcuni termini tra consonanti singole o doppie (“Africa” o “Africa”).
CONSISTENZA DEL LESSICO E NEOLOGISMI
L’ampliamento e la scoperta di nuovi campi scientifici, porta alla diffusione di altrettanti nuovi vocaboli. Alla concezione positivistica ed evolutistica si rifà ad esempio il termine “darwinismo”. La diffusione di questi termini è legata principalmente ai diversi convegni scientifici.
L’Inghilterra soppianta la Francia: INTERNAZIONALISMO del LESSICO.
Molte voci nascono dalla politica:si comincia a parlare di “questione meridionale”, “autogoverno”, “camera del lavoro”.
Le lotte sociali fanno nascere nuove espressioni:
Si formano molti sostantivi al femminile visto l’inizio della loro emancipazione.
Si afferma definitivamente il giornalismo, con conseguente nascita di nuove espressioni:
Mutamenti di significato di varie specie si consolidano nel lessico (es. “fascio”).
Tra il 1860 e il 1865 si hanno nuove parole:
VOCI POPOLARI MODERNE
Grazie all’influenza dell’unione politica, la penetrazione nella lingua scritta e parlata di voci regionali, voci toscane e voci dialettali, è ancora più forte. Dopo il 1870 molte voci dell’uso romano si diffondono, dal Piemonte arrivano alcune parole della vita militare, dalla Lombardia termini gastronomici, dal Veneto nomi di barche, da Napoli specialità gastronomiche.
FRANCESISMI
Si seguita ad adottarne altri: qualcuno si riferisce all’amministrazione, certi alla vita mondana e alla moda. Sono pieni di vocaboli francesi, l’arte culinaria, dolciaria, gli sport, vari rami della tecnica.
ALTRI FORESTIERISMI
Dopo i francesismi abbiamo numerosi anglicismi per termini di politica, di economia, di moda, voci riferite alle città, ai mezzi di comunicazione, alla casa, ai cibi e bevande, termini di marina, di giochi, di sport. Spesso l’inglese fa da tramite di altre lingue, specie quelle esotiche. Un certo numero di germanismi per la filosofia, per l’alpinismo e turismo. Minore l’influenza di altre lingue: qualche nome anche dall’Asia e dall’Oceania.
VOCI ITALIANE IN LINGUE STRANIERE
Non sono numerose e si presentano in modo isolato.
IL NOVECENTO
LIMITI
1915 (scoppio della I Guerra Mondiale) – 1970.
Altre date importanti: 1939-1945 II Guerra Mondiale.
EVENTI POLITICI, VITA SOCIALE E CULTURALE
La I Guerra Mondiale (1915 – 1918) conclusasi vittoriosamente per l’Italia, avvia l’Europa a cambiamenti politici, sociali, economici e culturali.
In Italia la forte spinta delle masse popolari viene ad essere violentemente frenata dal fascismo, alimentato dalla delusione per la “vittoria mutilata”.
La struttura democratica italiana, più fragile che nelle altre democrazie occidentali, viene infranta e, dopo l’assassinio di Matteotti, rapidamente sostituita con uno Stato totalitario. Al tempo della marcia su Roma (1922 data che segna l’inizio del fascismo), i fascisti deputati erano ancora la minoranza; decisive le elezioni del 1929 che furono fatte a lista unica: vennero così eletti solo deputati fascisti. Il Duce assumeva potere assoluto e dittatoriale.
Da un punto di vista culturale nel fascismo rifluiva una serie di movimenti contro il positivismo.
L’esaltazione nazionalistica spingeva il fascismo a risolvere gravi problemi interni (differenza tra nord e sud, differenza di cibo) con provvedimenti di politica esterna mirati per un verso alle conquiste territoriali, per l’altro, ad estendere il fascismo ad altri paesi (nazionalismo e colonialismo).
La poca simpatia del fascismo per le grandi democrazie doveva sfociare naturalmente nell’Asse Roma–Berlino (in cui era previsto che l’Italia facesse fronte compatto con il regime nazista) e successivamente nel Patto Anticomintern Roma–Berlino–Tokio (in opposizione all’Internazionale Comunista) e “finalmente” nell’intervento dell’Italia nella II° Guerra Mondiale (10 Giugno 1940).
Già nelle prime battaglie, tutti i nodi vennero al pettine: si vide lo scarso entusiasmo del popolo italiano e la paurosa superficialità nella preparazione di una così terribile impresa.
Alla data dell’armistizio (8 Settembre 1943), sembrava che tutto ciò che era stato fatto con il Risorgimento fosse andato perduto. Ma ben presto si delineò un movimento di riscossa popolare (Resistenza), che spiega insieme ad altri fattori, l’opera di ricostruzione postbellica rapida e la vasta espansione economica.
Ricordiamo alcuni accaduti del periodo FASCISTA:
Una data molto importante è quella del 1947: nasce la COSTITUZIONE ITALIANA.
Dal 1950 al 1960 decisiva è la grande emigrazione di più di 10.000.000 di italiani dalle campagne alle città. Perciò si ha un rapido avviamento a una diversa organizzazione culturale e una letteratura fortemente impegnata nel sociale.
Il cinema divenne una delle più notevoli espressioni del neorealismo: corrente sviluppatasi nel secondo dopoguerra che si rifà ai principi veristi. Collegare la letteratura con la vita, abbandonare i principi di evasione per dedicarsi ai drammi umani in modo oggettivo, valorizzando le particolarità regionalistiche (in ciò si ricollega maggiormente al verismo). In questo periodo gli scrittori tendono a descrivere in maniera preferenziale ambienti popolari contadini e campagnoli; facendo ciò, usano spesso termini dialettali. La parola “neorealismo” che significa “nuovo gusto per la realtà”, venne usata dapprima nella letteratura e poi per designare una serie di film girati subito dopo la Liberazione (i temi erano di sovente quelli della Resistenza), anch’essi dotati di un caratteristico orientamento verso la realtà popolare e dialettale.
Esplodono i rotocalchi, la stampa femminile, i fumetti, i gialli; tutti a contribuire alla diffusione della lingua comune.
Nel 1954 nasce, sul modello americano, la TV: si affiancherà al cinema parlato e alla radio. L’istruzione elementare si diffonde notevolmente (un disposto costituzionale stabilisce otto anni di scuola obbligatoria) e gli analfabeti sono ora meno del 10%. Nel ’63-’64 diventa gratuita la media inferiore e si riduce l’insegnamento del latino. Con la riforma del 1965 il latino è quasi completamente escluso dalla Messa.
LA LINGUA PARLATA
L’italiano parlato si diffonde largamente grazie a giornali, scuola, radio, tv, pubblicità e si riduce l’uso dei dialetti. Non solo aumentano coloro che parlano italiano, ma si italianizzano i dialetti.
Con la grande emigrazione l’unica possibilità di intendersi fra cittadini era la lingua nazionale, sia pur in versioni più o meno provinciali. I figli di emigrati non parlano il dialetto, al massimo lo capiscono e perciò, in pochi decenni, le grandi città diventano centri di diffusione della lingua nazionale (i matrimoni misti favoriscono questo processo). Ovviamente trattasi di un italiano con notevoli sfumature regionali (soprattutto tra gente del Nord e del Sud), in cui appaiono abitudini fonetiche, elementi grammaticali dialettali malamente adattati e per converso, un grossolano inserimento di termini burocratici e televisivi.
Nel ’63 e ’64 alla media inferiore si fanno esercizi di dizione, il che avrà come conseguenza quella di richiamare seriamente gli insegnanti al loro dovere di conoscere ed insegnare una corretta pronuncia italiana.
In conclusione possiamo dire che la cultura nazionale si è arricchita grazie alle culture locali e alla loro diversità, cosa del tutto particolare nel panorama europeo. La singolarità linguistica dell’Italia rappresenta tuttora un’eccezione in Europa.
IL LINGUAGGIO DELLA PROSA
La prosa letteraria è dominata nel ventennio fra le 2 guerre dalla prosa d’arte dei rondisti raffinatamente colta e astratta. Nello stesso periodo imperversa una prosa politica e giornalistica molto vacua e fragile. La prosa del romanzo segue la prosa borghese dell’ultimo ‘800.
Le opere dal 1930 in poi sono disadorne, scialbe, grigie. Si può affermare che il contrasto con la prosa d’arte si riduce al contrasto tra coloro che mirano alla forma e coloro che mirano al contenuto.
La prosa neorealistica dominerà nell’ultimo dopoguerra offrendo soluzioni di stile assai varie, ma sempre indirizzate al tipo popolare (es. sono Moravia, Pavese, Pratolini). I successi più grandi sono di prosatori che tendono a una lingua comune operando con spessore linguistico notevole: scrittori di ideali linguisticamente popolari, ma che evitano il gergo e il dialetto.
Si fa rilevante la terminologia scientifica, politica, amministrativa e finanziaria: i radio-telegiornali sono il tramite a rendere accessibili al popolo questi temi.
Anche la prosa scientifica si fa sempre più rilevante, grazie all’enorme prestigio raggiunto da molte discipline. Altrettanto massiccia è la diffusione del linguaggio politico, amministrativo e finanziario: sono i giornali-radio e i telegiornali il veicolo attraverso il quale questi linguaggi possono giungere a tutti i livelli della società.
Di seguito i tratti principali del linguaggio giornalistico:
IL LINGUAGGIO DELLA POESIA
Già dall’unità (1861) alla I Guerra Mondiale, il verso e la prosa si sono avvicinati moltissimo. Ora si procede su questa linea tanto rapidamente che scrittori dal gusto linguistico aulico cessano quasi di scrivere in versi.
Importante l’inizio crepuscolare e ironico di Ungaretti: lingua di alta qualità, senza elementi popolari, senza arcaismi, senza “lingua poetica”.
Tutto ciò che si è scritto e composto nell’ultimo trentennio ha mirato sempre più nettamente a una lingua senza lirica.
Esiste comunque una differenza tra prosa e poesia anche in uno scrittore come Pavese: nella prosa vasto uso di regionalismi, nella poesia si usa un lessico più generale e rigorosamente italiano, nell’intenzione di un discorso universale.
Anche se questa sembra la tendenza principale della poesia, in questo mezzo secolo il panorama è tutt’altro che unitario. E’ ancora difficile individuare quale sarà il riflesso durevole nella nuova poesia italiana.
RAPPORTI CON ALTRE LINGUE
Fra le due guerre, la lingua più conosciuta è sempre il francese: teatro, romanzi, novelle, giornali così come la lingua della diplomazia.
Il tedesco è sentito solo a livello universitario per le discipline scientifiche e filologiche (diffusione nel periodo dal 1938 al 1943).
Nel 1918 vengono istituite cattedre universitarie di inglese. Decisivo fu l’esito della II Guerra Mondiale: armate angloamericane nel nostro territorio per circa due anni, rapporti economici, politici, militari strettissimi con gli USA, turismo angloamericano in ripresa. L’inglese predomina ormai largamente. Aumentano in modo modesto anche quelli che conoscono altre lingue come spagnolo, russo, arabo. Lo studio dell’italiano è notevole, in paesi legati all’Italia, come Svizzera, Ungheria, Jugoslavia, Germania e Francia. Ma anche in Spagna, Albania e Grecia.
Sul piano linguistico territoriale si ebbe come conseguenza del risultato della I Guerra Mondiale, un notevole rafforzamento della lingua italiana in tutto il Trentino, a Trieste, in Alto Adige e in altri centri dell’Istria. Dopo la II Guerra Mondiale rientrano in Italia connazionali dalla Libia e dall’Africa orientale e dall’Istria. In Somalia la lingua scritta più diffusa rimane l’italiano, a Malta la lotta contro la lingua italiana viene vinta.
CONSISTENZA DEL LESSICO
Il lessico si è fortemente dilatato in quest’ultimo mezzo secolo secondo linee simili a quelle seguite dalle lingue di cultura:
Fra le due guerre si ha una lunga formazione di parole fasciste: tutto allora doveva assumere un aspetto bellicoso: “squadrista”, “squadrismo”, “arianizzare”, “razzistico”. Alcune parole colorite ebbero diffusione perché pronunciate da Mussolini nei suoi discorsi (“retrogradismo”, “pressappochismo”). Molte parole straniere vennero eliminate sotto il fascismo e sostituite con termini che avranno però vita breve (es. “sport”à “diporto”). Anche nel campo della toponomastica, molti nomi di paesi furono cambiati perché giudicati inadeguati (Castrogiovanni diventa Enna, Monteleone Calabro diventa Vibo Valentia).
FORESTIERISMI
L’influenza inglese e americana già vistasi nei ventenni tra le due guerre ha il sopravvento dopo la II Guerra Mondiale e procede fino a giorni nostri. Dal francese al solito abbiamo termini di moda, dal tedesco durante la II Guerra Mondiale tutti sanno cos’è un “Lager” o parole come “kaputt” o “raus”; dal russo giungono termini connessi alla rivoluzione (“soviet”, “bolscevismo”, “stalinismo”). A ottobre l’ispanismo “embargo” si diffonde durante le sanzioni economiche all’Italia (‘35-‘36). La lotta alle parole straniere ha esito soprattutto nella terminologia dello sport che, dopo il 1930, va italianizzandosi.
VOCI POPOLARI MODERNE
Continua l’afflusso di termini regionali alla lingua comune parlata e scritta. La lingua moderna non è più influenzata dalla letteratura bensì dalla cine – radio – tv, attività nazionali.
Il centro di tale attività è Roma e così si diffondono non solo romaneschismi, ma anche termini e forme di origine meridionale. Spesso queste parole sono espressioni gergali di basso livello, che esprimono gli ambienti di periferia, ma per questo hanno richiamato tanta attenzione neorealista e umoristica cinematografica.
Alcuni regionalismi si diffondono anche attraverso il commercio e l’industria.
Hanno enorme diffusione ma di solito vita breve, espressioni di successo legate a qualche evento celebre; per non dire di casi televisivi in relazione a scenette pubblicitarie specialmente.
Nella narrativa moderna e talora anche nella poesia la presenza di voci dialettali è vastissima per il gusto neorealistico di molti scrittori.
VOCI ITALIANE IN LINGUE STRANIERE
Non sono molte le parole italiane che entrano in lingua straniera, eccetto nelle ex colonie d’Africa. Si diffondono termini come “fascista” e “antifascista”, “pizza”, “espresso”, “vespa e lambretta” e grazie al film di Fellini, “La dolce vita”.
Fonte: http://www.scicom.altervista.org/tecniche%20Espressive%20e%20Composizione%20di%20Testi%20in%20Italiano/Storia_lingua_italiana_700_900.doc
Sito web da visitare: http://www.scicom.altervista.org/
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