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In stampa in un libro in onore di Giuseppe Mosconi
Domenico Parisi
Istituto di Psicologia
Consiglio Nazionale delle Ricerche
Che cos’e’ la scienza cognitiva? La scienza cognitiva o, al plurale, le scienze cognitive, non sono qualcosa di sufficientemente ben definito e univoco da rendere superflua una domanda del genere? Ci chiederemmo che cos’e’ la fisica o che cos’e’ la psicologia?
In effetti quello che e’ la scienza cognitiva non e' affatto chiaro. Negli ultimi anni in Italia l’uso dell’espressione "scienza cognitiva" e dell’aggettivo “cognitivo” in espressioni come processi cognitivi, psicologia cognitiva, neuropsicologia cognitiva, scienze e tecnologie, o addirittura tecniche, cognitive, e’ diventato frequente. Sono nati e nascono corsi di laurea, dottorati, centri di ricerca, insegnamenti, che usano queste etichette, si pubblicano libri e articoli che parlano di scienza cognitiva, di processi cognitivi, di psicologia e neuropsicologia cognitiva, ma cio’ non significa affatto che queste espressioni abbiano un significato chiaro e univoco. Anzi certe volte viene si ha l’impressione che il diffondersi di queste espressioni si accompagni a un progressivo diventare piu’ vago e indefinito del loro signiticato. Mi e’ gia’ capitato di analizzare la diversita’ di significati della parola “cognitivo” (Parisi, 1992; Parisi, 1997), che e’ talmente ambigua che la scienza, la quale dovrebbe amare la precisione e l’univocita’ dei concetti, farebbe meglio a non usarla. In questo lavoro mi occupo di “scienza cognitiva” e cerco di mostrare che questa espressione indica due cose molto diverse tra loro. Oggi esistono due scienze cognitive che non sono soltanto diverse tra loro ma addirittura opposte una all’altra. Percio’ se, quando si dice “scienze cognitiva”, non si chiarisce se si intende l’una o l’altra, si rischia di creare ambiguita’ e vaghezza invece che, come vorrebbe la scienza, univocita’ e precisione.
Quando si dice “scienza cognitiva” si intende, al livello minimo, un approccio allo studio del comportamento che abbia le seguenti tre caratteristiche:
Questa definizione minima della scienza cognitiva e’ univoca ma e’ anche talmente vaga da essere poco interessante. Esattamente quali discipline sono coinvolte nella scienza cognitiva e, soprattutto, cosa hanno in comune le diverse discipline che costituiscono la scienza cognitiva, oltre al fatto generico che sono tutte interessate al comportamento? In che modo, e perche’, il computer e’ chiamato in causa dalla scienza cognitiva? Va bene che la scienza cognitiva si oppone al comportamentismo, ma questa e’ una caratterizzazione puramente in negativo. In positivo, come si deve studiare secondo la scienza cognitiva quello che sta in mezzo tra gli stimoli e le risposte?
Appena si cerca di rispondere a queste domande e di arrivare a una caratterizzazione piu’ specifica e quindi piu’ interessante della scienza cognitiva, ci si accorge che di scienze cognitive ce ne sono due, non una, e queste due scienze cognitive sono molto diverse tra loro in quasi tutto. Percio’ quando si cerca di rispondere alla domanda “Che cos’e’ la scienza cognitiva?”, o si da’ una riposta univoca ma generica e poco interessante o si da’ una risposta precisa e piu’ interessante ma questa risposta rivela che l’espressione “scienza cognitiva” e’ ambigua, significa due cose diverse.
Ci sono due scienze cognitive, una scienza cognitiva computazionale e una scienza cognitiva neurale. Tutte e due rispondono ai tre requisiti elencati piu’ sopra (sono interdisciplinari, chiamano in causa il computer, e si oppongono al comportamentismo), ma le due scienze cognitive danno risposte molto diverse alle questioni veramente importanti.
La scienza cognitiva computazionale e’ nata prima, con la “rivoluzione cognitiva” anticomportamentista cominciata negli Stati Uniti alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso. La scienza cognitiva computazionale e’ nata con il computer, nel senso che essa e’ emersa sulla base dell’analogia tra la mente umana e il computer, o meglio, tra la mente e il software del computer. Il cervello e il corpo di un essere umano sono come l’hardware di un computer, la sua mente e’ come il software del computer. Il software di un computer e’ un insieme di simboli e di regole (istruzioni) per manipolare i simboli in modo formale, cioe’ tenendo conto solo della forma dei simboli, non del loro significato. Allo stesso modo la mente umana e’ una insieme di simboli (rappresentazioni simboliche) e di regole per agire su di essi in modo formale. (Quando la scienza cognitiva computazionale si occupa di significati, interpreta anche i significati come altri simboli.) Agire su simboli in modo formale si dice “computare” (o calcolare), per estensione dall’aritmetica e dalla logica formale. Quindi la mente e’ un sistema computazionale, come il computer.
L’analogia tra la mente e il computer ha permesso alla scienza cognitiva computazionale di raggiungere due obbiettivi. Il primo e’ stato quello di poter respingere il comportamentismo senza essere tacciata di scarsa scientificita’. Il comportamentismo restringeva la sua attenzione agli stimoli e alle risposte in nome della scienza, dato che secondo i comportamentisti la scienza richiede che ci si occupi sono di cose direttamente osservabili, misurabili, e accessibili a chiunque. La “mente” non ha questi requisiti e quindi deve essere bandita dalla scienza. L’analogia mente = computer ha permesso alla scienza cognitiva computazionale di rendere di nuovo legittimo occuparsi di “mente” senza perdere di scientificita’. Se la mente e’ come il software del computer, si puo’ studiare la mente con lo stesso rigore, la stessa precisione e la stessa oggettivita’ con cui l’informatica studia il software del computer. Se possiamo attribuire a una macchina cose mentali e non fisiche come rappresentazioni, regole, memorie, elaborazioni delle rappresentazioni, ragionamenti, piani di azione, perche’ non possiamo farlo con gli esseri umani?
Ma l’analogia mente = computer ha permesso alla scienza cognitiva computazionale di raggiungere un secondo obbiettivo, che le stava altrettanto a cuore di quello di andare al di la’ del comportamentismo: tenere la scienza della mente ben separata dalle neuroscienze. Le neuroscienze si occupano del cervello, cioe’ dell’hardware della computer, la psicologia si occupa della mente, cioe’ del software. Allo stesso modo che l’informatica, la scienza del software del computer, e’ concettualmente del tutto indipendente e autonoma dalla fisica, la quale si occupa dell’hardware del computer, cosi’ la psicologia e’ del tutto indipendente e autonoma dalle neuroscienze. Gli psicologi possono stare tranquilli. Nessuna invasione e annessione da parte delle neuroscienze e’ in vista.
Sulla base dell’analogia mente = computer e’ nata la scienza cognitiva computazionale in quanto approccio interdisciplinare. L’analogia ha portato a uno stretto collegamento tra l’informatica e la psicologia. Da un lato gli informatici hanno cercato di dotare il computer di capacita’ e comportamenti tipici della mente umana (il computer riconosce e produce linguaggio parlato, il computer capisce quello che gli diciamo, il computer riconosce oggetti visti, il computer traduce da una lingua all’altra, il computer fa piani e li esegue, il computer controlla un robot che si muove nello spazio fisico reale), ed e’ nata cosi’ l’intelligenza artificiale. Dall’altro gli psicologi hanno cominciato a usare i concetti dell’informatica per analizzare, modellare e spiegare la mente. I modelli degli psicologi sono diventati modelli di elaborazione dell’informazione (information processing), la mente ha cominciato a contenere rappresentazioni e regole (istruzioni) per recuperare queste rappresentazioni da “memorie” e lavorarci sopra, il funzionamento della mente ha cominciato ad essere visto come l’esecuzione di algoritmi.
Poi in quegli stessi anni e’ nata la linguistica generativa ad opera di Chomsky. La linguistica generativa e’ una linguistica formale, nel senso che considera il linguaggio come una capacita’ di combinare simboli (le parole) secondo regole o principi che non tengono conto del significato dei simboli stessi - esattamente come fa il computer con i suoi simboli. In effetti Chomsky non e' stato solo l’inventore della linguistica generativa ma anche uno studioso che ha dato importanti contributi all’informatica con la sua teoria delle grammatiche. Con la linguistica generativa e’ nata anche la psicolinguistica, cioe' uno studio del linguaggio effettuato da psicologi ma che tiene conto dei concetti e dei modelli teorici proposti dai linguisti e, almeno all’inizio, proprio dai linguisti generativi. Gli psicolinguisti tendono ad essere sperimentalisti e nel laboratorio sperimentale si manipolano bene i simboli linguistici ma molto meno bene le condizioni di esperienza che danno ai simboli linguistici i loro significati. Per cui anche gli psicolinguisti sono portati ad occuparsi piu’ dei simboli linguistici che dei loro significati.
Ora sappiamo come la scienza cognitiva computazionale risponde alle nostre domande piu’ specifiche. Alla domanda “quali discipline sono coinvolte nella scienza cognitiva” risponde indicando la psicologia cognitivista che concepisce la mente come sistema di elaborazione dell’informazione, l’informatica, l’intelligenza artificiale, la linguistica formale di Chomsky, la psicolinguistica, e anche quasi tutta la filosofia della mente e del linguaggio. La ragione per cui queste discipline stanno assieme e’ che tutte condividono l’idea che la mente sia, come il computer, un sistema computazionale. Alla domanda “come viene chiamato in causa il computer nella scienza cognitiva” risponde che viene chiamato in causa come modello della mente, qualcosa a cui guardare per capire come e’ fatta e come funziona la mente. Alla domanda “come si studia quello che sta in mezzo tra gli stimoli e le risposte”, la scienza cognitiva computazionale risponde che lo si studia costruendo modelli che sono come gli algoritmi di elaborazione dell’informazione che “girano” nel computer e che, come questi algoritmi, ignorano la macchina fisica che fa loro da supporto materiale.
La scienza cognitiva computazionale e’ stata il paradigma dominante della ricerca sul comportamento fino alla meta’ degli anni ottanta. Poi le basi della scienza cognitiva computazionale hanno cominciato a scricchiolare ed e’ nata una nuova scienza cognitiva, quella neurale.
Negli ultimo 15-20 anni la scienza cognitiva computazionale si e’ indebolita per tre ragioni. La prima e’ che le scienze biologiche e in particolare le neuroscienze progrediscono in modi sempre piu’ rapidi e percio’ diventa sempre meno plausibile studiare la mente ignorando il cervello e piu’ in generale il corpo. E' vero che una volta costruito un modello puramente di “elaborazione dell’informazione” di qualche capacita’ o comportamento, si possono cercare i correlati nel cervello delle strutture, rappresentazioni, meccanismi e processi mentali postulati nel modello. Questo e' quello che cercano di fare molti neuropsicologi. Ma il problema e’ se ha senso prima spiegare il comportamento con modelli mentalistici e poi tradurre questi modelli in termini di un sistema fisico come il cervello, invece di cercare fin dall’inizio spiegazioni in termini di processi in cui cause fisico-chimiche producono effetti fisico-chimici.
La seconda ragione e’ che l’analogia tra mente e computer ha perso molta della sua credibilita’. Siamo sicuri che la mente umana funzioni come un computer? Come e’ allora che non riusciamo a costruire dei computer veramente intelligenti, che capiscano veramente il linguaggio, che sappiano tener conto del contesto in cui avvengono le cose, che sappiano imparare dall’esperienza, che se la cavino anche di fronte a problemi nuovi, che anche quando si guastano non si bloccano ma ugualmente riescono a funzionare e magari recuperano spontaneamente? E se il computer non somiglia alla mente umana, anche la mente umana non somiglia molto a un computer. Diversamente da un computer, la mente umana non e’ solo cognizione, intelletto, capacita’, ma anche motivazioni, cose sentite, influenze del corpo.
La terza ragione che ha portato a un indebolimento della scienza cognitiva computazionale e’ che negli ultimi vent’anni e’ emerso un nuovo approccio allo studio del comportamento, un approccio diametralmente opposto a quello della scienza cognitiva computazionale. Questo nuovo approccio si chiama connessionismo. Come ha detto uno storico e filosofo della scienza, Thomas Kuhn, non basta che un paradigma scientifico mostri difetti e limiti perche' venga abbandonato. E’ necessario anche che emerga un paradigma alternativo che sia altrettanto concretamente usabile del precedente. Questo e' quello che e’ accaduto nello studio del comportamento con il nuovo approccio del connessionismo.
Il connessionismo usa le reti neurali come modelli per analizzare e spiegare il comportamento. Le reti neurali sono modelli teorici strettamente quantitativi direttamente ispirati alla struttura fisica del sistema nervoso e al suo modo di funzionare, e sono modelli simulativi, cioe’ modelli espressi non verbalmente o con formule matematiche ma come programmi per computer. Con il passare del tempo le reti neurali sono diventate un semplice capitolo di un’impresa scientifica piu’ ampia, la Vita Artificiale. Le simulazioni della Vita Artificiale simulano non solo il sistema nervoso dell’organismo ma anche il suo corpo, il suo ambiente fisico e sociale, il suo materiale genetico ereditato, e la popolazione di cui l’organismo come individuo e’ un membro, una popolazione che evolve biologicamente e, nel caso degli esseri umani, anche culturalmente.
Il connessionismo e’ alla base della nuova scienza cognitiva, quella neurale. Alle nostre domande la nuova scienza cognitiva risponde in modo diverso dalla scienza cognitiva computazionale. La scienza cognitiva neurale e’ anch’essa un’impresa interdisciplinare ma il mix di discipline e’ diverso. Invece di psicologia cognitivista, informatica, intelligenza artificiale e linguistica chomskiana, la scienza cognitiva neurale vede la collaborazione di psicologia (non cognitivista), neuroscienze, biologia in genere, e per gli aspetti quantitativi delle reti neurali, anche fisica e matematica. Quello che tiene insieme tutte queste scienze non e’ l’idea che la mente sia come il software del computer ma, al contrario, l’idea che con il comportamento va studiato usando lo stesso quadro di riferimento concettuale delle scienze naturali, le quali spiegano ogni cosa come effetti fisici di cause fisiche e come avente carattere intrinsecamente quantitativo. Per quanto riguarda il posto del computer nella nuova scienza cognitiva neurale, il computer non e’ piu’ un modello della mente ma e’ solo uno strumento pratico per fare le simulazioni. Infine per quanto riguarda il modo di andare al di la’ del comportamentismo, mentre la scienza cognitiva computazionale metteva tra stimoli e risposte una mente fatta di puri simboli, la scienza cognitiva neurale ci mette, semplicemente, il cervello e il resto del corpo.
Il connessionismo stabilisce una relazione molto stretta con le neuroscienze ma questo non vuol dire che con il connessionismo la psicologia si riduca alle neuroscienze. La differenza tra psicologia e neuroscienze e’ che le neuroscienze tendono a studiare il sistema nervoso “dal neurone in giu’” mentre la psicologia lo studia “dal neurone in su”, interpretando il comportamento e la vita mentale come proprieta’ globali di quel sistema complesso che e’ il sistema nervoso. Trattandosi di un sistema complesso, cioe’ di un sistema le cui proprieta’ globali sono determinate dalle molte interazioni locali tra i suoi elementi (i neuroni) ma non sono deducibili o predicibili anche conoscendo alla perfezione gli elementi e le loro interazioni locali, la psicologia usa lo stesso framework concettuale delle neuroscienze ma non e’ riducibile alle neuroscienze. Tuttavia, invece di passare dai dati empirici riguardanti il comportamento ai modelli mentalistici di "elaborazione dell'informazione" del cognitivismo e poi, eventualmente, da questi al cervello, il connessionismo propone di "bypassare" completamente i modelli mentalistici del cognitivismo e di interpretare direttamente di dati empirici del comportamento, e anche quelli della vita soggettiva interiore, in termini di modelli ispirati alla struttura fisica e al funzionamento del sistema nervoso.
Con la nuova scienza cognitiva neurale la “rivoluzione cognitiva” della scienza cognitiva computazionale non appare affatto, in prospettiva, come una rivoluzione ma caso mai come una restaurazione. Alla fine dell’Ottocento c’e’ stata una mezza rivoluzione scientifica nello studio del comportamento rispetto a millenni di filosofia. La psicologia e’ nata come scienza in quanto ha adottato il metodo sperimentale e quantitativo usato gia’ da quasi tre secoli dalle scienze naturali. Tuttavia si e’ trattato di una mezza rivoluzione, metodologica ma non concettuale. Dal punto di vista dei concetti e dei modelli teorici la psicologia e’ rimasta una cosa diversa dalle scienze naturali, non avendo mai accettato nel corso di tutto il Novecento di studiare il comportamento facendo riferimento solo a cause e effetti fisici come fanno le scienze naturali. Con la “rivoluzione cognitiva” questo dualismo concettuale si e’ rafforzato sfruttando il prestigio scientifico e tecnologico del computer, una macchina che in effetti e’ concettualmente dualistica, cioe’ richiede concetti diversi per analizzare il suo hardware e il suo software. La scienza cognitiva neurale completa la rivoluzione scientifica nello studio del comportamento facendo rientrare questo studio nell’ambito delle scienze naturali sia dal punto di vista dei metodi che dei concetti.
La scienza cognitiva neurale e’ molto diversa da quella computazionale da quasi ogni punto di vista. Ad esempio, da’ una lettura diversa della psicologia nel Novecento rispetto a quella implicita nella scienza cognitiva computazionale. Nella seconda meta’ del Novecento il cognitivismo ha rapidamente spazzato via le scuole psicologiche che avevano dominato in Europa nella prima meta’ del Novecento: gestaltisti, Piaget, Freud, Vygotsky. La scienza cognitiva neurale invece scopre molte cose interessanti e importanti in queste scuole. Ad esempio e’ vicina alla visione della mente come sistema dinamico (nel senso della fisica) che caratterizza la psicologia della Gestalt in quanto le reti neurali sono sistemi dinamici, apprezza l’epistemologia genetica di Piaget secondo cui possiamo capire qualcosa solo se ne ricostruiamo la genesi dato che nelle simulazioni della Vita Artificiale tutto emerge per evoluzione, sviluppo e apprendimento, e la sua idea che la mente esiste indipendentemente e prima del linguaggio e dei simboli, vede di buon occhio il primato del “dinamico” (nel senso delle motivazioni) sul “cognitivo” che caratterizza la psicoanalisi dato che la Vita Artificiale, con le sue simulazioni che hanno sempre come sfondo popolazioni di organismi che evolvono biologicamente, vede nelle esigenze della sopravvivenza/riproduzione, e nelle motivazioni che ne risultano, la base del comportamento degli organismi, e concorda con Vygotsky sull’importanza dell’ambiente esterno nello spiegare la mente, un ambiente esterno che nel caso degli esseri umani e’ soprattutto tecnologico, culturale e storico, e che le simulazioni della Vita Artificiale vogliono riprodurre e studiare accanto a quello naturale.
Ma la scienza cognitiva neurale e’ diversa da quella computazionale anche nello spirito generale che la anima e nel quadro di riferimento culturale a cui si ispira. La scienza cognitiva computazionale e’ culturalmente ancora legata alla modernita’, alla razionalita’, al primato dell’intelletto sulle emozioni e della mente sul corpo, a una concezione della realta’ come sistema semplice in cui una causa produce pervedibilmente un effetto, a una visione della scienza come capacita’ di prevedere e di controllare e come sola o massima via di conoscenza della realta’. La scienza cognitiva neurale fa semplicemente le scelte opposte: e’, per quello che valgono questi termini, post-moderna, considera la razionalita’ solo come la “punta dell’iceberg” degli esseri umani, non riconosce alcun primato all’intelletto sulle emozioni e della mente sul corpo, concepisce la realta’ come sistema complesso in cui molte cause producono molti effetti in modi largamente imprevedibili, vede con chiarezza i limiti della capacita’ di prevedere e controllare della scienza e non considera la scienza come l’unica o massima via di conoscenza della realta’.
L’esigenza di chiarire che esistono due scienze cognitive, e non una sola, sussiste specialmente da noi qui in Italia. In Italia gli sviluppi della ricerca di cui abbiamo parlato in questo lavoro arrivano con ritardi che possono essere di decenni. Cosi’ e’ stato con la scienza cognitiva computazionale e cosi’ sembra essere oggi con quella neurale, per cui la scienza cognitiva computazionale puo’ apparire ancora oggi come l’unica scienza cognitiva. Ma anche al livello della ricerca internazionale bisogna tener conto che mentre la scienza cognitiva computazionale ha acquistato molto rapidamente, negli anni sessanta del secolo scorso, un predominio nello studio del comportamento per il prestigio del computer da essa considerato come modello della mente e perche’ dava una nuova legittimazione al tentativo vecchio di millenni di tenere la mente alla larga del cervello, la scienza cognitiva neurale fara’ piu’ fatica ad affermarsi perche’ essa richiede che gli psicologi e gli altri studiosi del comportamento adottino un nuovo e poco familiare metodo di ricerca, la simulazione al computer, e soprattutto perche’ fonde la mente con il cervello.
Parisi, D. Contro “cognitivo”. Sistemi Intelligenti, 1992, 4, 159-165.
Parisi, D. Scienza cognitiva oggi. Giornale Italiano di Psicologia, 1997, 24, 475-492.
Fonte: http://laral.istc.cnr.it/dparisi/domenico/articoli/mosconi.doc
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