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EMPATIA, PROSOCIALITA’ E APPRENDIMENTO NELLE SCUOLE “SENZA ZAINO”
Ersilia Menesini e Annalaura Nocentini
Dipartimento di Psicologia – Università degli Studi di Firenze
Abbiamo condotto assieme ad alcuni colleghi del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Firenze (Pinto, Menesini , Accorti Gamannossi, Nocentini, 2010) una ricerca sulla valutazione delle scuole Senza Zaino in Toscana nell’anno scolastico 2008-2009. Il nostro interesse era quello di capire i risultati di questo percorso, approfondendo i processi psicologici sottostanti. Il progetto Senza Zaino, nato da idee e proposte di insegnanti e dirigenti, con un’affermazione crescente in Toscana e in altre parti del paese , ci incuriosiva. Ci siamo chieste cioè che tipo di processi è in grado di attivare sul piano psicologico? In che misura si differenzia dai modelli tradizionali e che tipo di beneficio ne hanno gli alunni? Ci sono veramente differenze nel grado di autonomia dei bambini? Nel clima relazionale tra gli insegnanti e gli alunni e tra compagni? E infine in che misura questi processi possono influenzare il rendimento e lo sviluppo degli alunni?
Hanno partecipato alla ricerca 576 bambini di classe III (285 maschi e 291 femmine), di cui 281 bambini (142 maschi e 139 femmine) appartenenti al gruppo delle classi SZ (gruppo sperimentale) e 295 bambini (143 maschi e 152 femmine) appartenenti ad un gruppo comparabile che non sta svolgendo il programma “Senza Zaino” (gruppo di controllo). Sono stati inoltre coinvolti 50 insegnanti e 10 presidi; nel complesso 10 Circoli didattici di diverse aree della Toscana hanno preso parte allo studio.
Le misure adottate erano molteplici e comprendevano prove oggettive sul rendimento, le valutazioni di metà e fine anno scolastico, indicatori sul comportamento dei bambini , prosociale, empatico e aggressivo, stimato da diversi informatori (insegnanti , il bambino stesso e i compagni ).
L’ EMPATIA A SCUOLA
Il termine empatia deriva dal greco “en pathos” letteralmente sentire dentro. Nel linguaggio quotidiano questo termine è spesso sinonimo di sensibilità , comprensione, altruismo.
Sin dai primi mesi di vita i bambini si dimostrano capaci di provare una qualche forma di empatia, sono cioè capaci di sintonizzarsi sulla tonalità affettiva delle persone con cui sono in relazione.
Dal punto di vista psicologico l’empatia è un processo complesso , a cui concorrono sia componenti
cognitive (le abilità di riconoscimento e comprensione delle emozioni) sia componenti emotive, costituite dalla capacità di condividere l’emozione dell’altro.
Oggi la letteratura concorda sulla natura multidimensionale dell’empatia che viene definita come “la capacità di capire e condividere ciò che gli altri provano” (Albiero e Matricardi, 2006). Quindi nell’empatia possiamo rintracciare tre processi psicologici importanti: il riconoscimento delle emozioni, la capacità di assumere la prospettiva dell’altro e la condivisione emotiva.
A scuola l’empatia può costituire un potente collante sociale e un meccanismo di comprensione reciproca tra adulti e bambini e tra bambini. Possiamo cioè rintracciare l’empatia nelle relazioni adulto-bambino e nelle relazioni tra compagni.
L’EMPATIA DELL’INSEGNANTE
Per l’insegnante la dimensione empatica è molto importante. Si tratta infatti di capire l’alunno e i suoi bisogni formativi. Ma bisogna anche amare i propri alunni o la comprensione è un processo più professionale e distaccato? Che cosa significa empatia dell’insegnante? Come possiamo organizzare una didattica empatica?
L’esperienza scolastica sia per gli alunni che per i docenti è principalmente un’esperienza relazionale. Bronfenbrenner (1979) in particolare parla della diade basata sull’attività comune tra insegnante e alunno. Il tipo di attività che viene condotta assieme qualifica e sostiene lo sviluppo del bambino.
Per l’insegnante l’attività molare è spesso costituita dai percorsi di insegnamento e apprendimento. E’ la qualità di questi percorsi che qualifica sia la relazione diadica, sia gli apprendimenti.
Una vera didattica empatica sta ad indicare che l’insegnante è in grado di capire quali sono i bisogni del bambino, inserendosi affinchè la proposta sia di stimolo e di arricchimento per il suo sviluppo.
L’insegnante empatico come affermano Bonino e Reffieuna (1999) è capace di sentire dentro i problemi cognitivi del bambino e di comprendere come sta funzionando … In questo sta uno dei significati più profondi dell’aiuto supplementare che il docente può dare…”
Un concetto qui richiamato è sicuramente quello di zona di sviluppo prossimale (Vygotskij, 1960) che prevede forme di apprendimento partecipate in cui l’adulto è capace di capire il livello cognitivo del bambino e di attivare sollecitazioni e stimoli che possano promuovere il suo livello potenziale di sviluppo.
La didattica empatica funziona sia a livello cognitivo come conoscenza del livello di apprendimento a cui il bambino è giunto sia a livello emotivo come comprensione del sentire dell’alunno. Le due componenti sono spesso intrecciate e un insegnante capace di responsabilizzare i bambini e di creare un clima positivo nella classe riesce a perseguire sia obiettivi di benessere emotivo che obiettivi di apprendimento.
Se è vero che l’empatia si colloca lungo un continuum, un insegnante può essere empatico a due livelli: con modalità più mediate di comprensione della mente del bambino e dei suoi bisogni formativi e con modalità più contagiose di costruzione del clima in classe.
Se è vero che grazie all’imitazione e alla funzione di specchio i bambini possono essere influenzati dal clima emotivo della classe e della scuola, a volte anche solo un sorriso e il piacere di stare in classe dell’insegnante possono essere semplici modi per definire il tono della relazione e il clima del gruppo. Come riportato in Menesini (2011), si evidenziano alcune importanti aree per potenziare l’empatia a scuola: dal capire i silenzi del bambino, alla conoscenza dello sviluppo, alla capacità di potenziare i periodi sensibili degli alunni.
NELLE SCUOLE SENZA ZAINO RITROVIAMO QUESTI PERCORSI?
Nella ricerca con le scuole SZ abbiamo utilizzato una misura di empatia dell’insegnante valutata dai bambini. In particolare all’interno di uno strumento per la misura della qualità della relazione con l’insegnante si sono rintracciati due sentimenti opposti: la percezione di vicinanza e la percezione di rifiuto ed ostilità.
La prima può essere assunta come un indicatore di empatia, ascolto e sensibilità dell’insegnante verso gli alunni. Possiamo quindi chiederci se l’esperienza di ascolto e di empatia degli insegnanti che stanno attuando il percorso Senza Zaino abbia dei benefici per gli alunni e in quali ambiti dello sviluppo.
Sul piano relazionale le scuole “Senza Zaino” sono orientate verso la costruzione di un clima di aiuto, comprensione e ascolto tra alunni e insegnante che sembra in grado di promuovere un percorso protettivo di potenziamento dell’autostima e del senso di competenza ed efficacia che il bambino sente a scuola. In fondo una relazione empatica e di comprensione con l’insegnante crea quella base di fiducia, di responsabilità e autonomia che consente maggiore impegno e motivazione nel percorso di apprendimento.
Dal punto di vista socio-emozionale la relazione insegnante-alunno nelle classi SZ viene sostenuta da una struttura organizzativa che prevede spazi e tempi affinché le interazioni tra insegnanti e allievi possano avvenire anche al di fuori del contesto formale in classe e possano concorrere ad un clima generale che faciliti l’ascolto, il confronto, il dialogo e l’apertura (Bombi & Scittarelli, 1998).
In particolare i risultati dello nostra indagine mettono in luce come la vicinanza con l’insegnante predica, in modo più significativo nel gruppo di studenti del progetto Senza Zaino, sia la valutazione di sé degli alunni (autostima), che la loro competenza scolastica (vedi Figura 2 e Figura 3). Infatti nel caso della valutazione di sé la varianza spiegata è del 6% per le scuole senza zaino e del 2% per quelle di controllo, mentre è più simile tra i due campioni nel caso della valutazione della competenza scolastica (rispettivamente 4% e 3%). Questo significa che una positiva relazione con l’insegnante, processo a cui punta il modello Senza Zaino, risulta costituire un importante fattore capace di influenzare positivamente la valutazione che l’alunno ha di sé e della propria competenza scolastica.
EFFETTI INDIRETTI DELL’EMPATIA DEGLI INSEGNANTI
Il potenziamento delle competenze socio-relazionali non ha effetti significativi solo in relazione alle dimensioni socio-emotive dello sviluppo ma presenta associazioni significative anche con il rendimento e la qualità degli apprendimenti. Ipotizziamo infatti che la qualità della relazione con l’insegnante, definita a partire dalla vicinanza e dall’insoddisfazione, predica il rendimento scolastico attraverso l’effetto che ha sul potenziamento dell’autonomia e della responsabilizzazione degli alunni. In altri termini, la vicinanza dell’insegnante influenza l’autonomia dei bambini e questa a sua volta influenza il rendimento. Questo processo caratterizza il modello Senza Zaino, in cui l’esperienza di venire ascoltati e coinvolti dall’insegnante accresce attivamente l’autonomia dei singoli alunni e questo conduce ad un migliore rendimento scolastico complessivo. Infatti, secondo il modello della responsabilità, il ruolo dell’insegnante è volto prevalentemente a creare le condizioni per l’autonomia e la partecipazione, interpretando un ruolo non di protagonista, ma di regista e facilitatore; queste condizioni a loro volta promuovono un livello di apprendimento migliore negli alunni.
Come possiamo vedere dalla Figura 4 questo processo risulta più significativo nelle scuole SZ – dove il rendimento finale risulta più spiegato da questo processo indiretto rispetto al gruppo di controllo (60% rispetto al 57%).
L’EMPATIA DEGLI ALUNNI
EMPATIA, SVILUPPO MORALE E PROSOCIALITA’
L’empatia per Hoffman (2000) è lo scintilla della preoccupazione umana per l’altro. Il collante che rende possibile la vita sociale. Secondo questo autore il senso di responsabilità morale è legato alla capacità di provare empatia per l’altro. Il vero senso etico e morale non può essere disgiunto dal capire la sofferenza e il disagio dell’altro.
Hoffman (2000), propone un modello dell’empatia a tre dimensioni. In aggiunta alle tradizionali componenti cognitiva e affettiva, infatti, l’autore ritiene che nell’esperienza empatica intervenga anche una componente motivazionale, cioè la spinta a mettere in atto un comportamento di aiuto.
Hoffman parte dal concetto di “spettatore innocente”, cioè di una persona che si trovi a osservare un’altra in pericolo, o che prova dolore o sofferenza. Il senso di colpa che sarebbe suscitato
nell’osservatore dalla sua “inazione” lo sprona ad agire aiutando l’altro.
I meccanismi alla base dell’azione prosociale sono due. Il primo è una vera e propria preoccupazione empaticaper l’altro in cui l’osservatore, condividendo lo stato emotivo negativo dell’altra persona, sarebbe spinto ad agire in maniera prosociale al fine di alleviarne la sofferenza (Hoffman, 2000).
Il secondo meccanismo sarebbe, invece, caratterizzato da una motivazione egoistica, in quanto osservare la sofferenza dell’altro determinerebbe nell’osservatore un forte stato d’ansia (distress empatico). Tale condizione può in alcuni casi spingere ad aiutare, in altri può bloccare l’azione perché la risonanza emotiva è troppo forte per il soggetto stesso.
EMPATIA, PROSOCIALITÀ E RENDIMENTO SCOLASTICO
In questa area cerniera tra sviluppo sociale e sviluppo cognitivo, molti autori evidenziano la relazione tra empatia, prosocialità e apprendimenti. Molte ricerche hanno evidenziato la correlazione positiva tra prosocialità e rendimento scolastico sia in bambini di età scolare, sia in adolescenti di scuola secondaria. Le esperienze con i pari sono determinanti nel sostenere l’atteggiamento del bambino verso la scuola, inoltre l’accettazione da parte dei compagni rende più probabile l’adattamento a scuola e la motivazione allo studio. Alcune ricerche hanno evidenziato come questa relazione tra abilità sociali e apprendimento sia significativa anche tenendo sotto controllo il livello cognitivo del soggetto (Caprara e Bonino, 2006). Nel complesso tutto ciò avvalora l’ipotesi che l’apprendimento sia un processo sociale come afferma Vygotskij (1960). Avere successo a scuola implica la capacità di rispondere alle richieste di compagni e degli insegnanti non solo sul piano cognitivo , linguistico e matematico, ma anche sul piano relazionale, affettivo ed emotivo. Per questo lavorare sull’empatia, sulla prosocialità e sulle competenze sociali significa anche promuovere un migliore adattamento del bambino a scuola ed in ultima analisi un migliore rendimento scolastico.
LA CAPACITÀ DI COLLABORARE IN CLASSE
Abbiamo cercato di approfondire anche questa relazione nelle scuole Senza Zaino, chiedendoci se si registri una maggiore competenza sociale nel classi SZ (comportamenti prosociali, collaborazione, empatia) e se questi aspetti abbiano un effetto sugli apprendimenti.
Nel Figura 6 vediamo come, sebbene in entrambi i gruppi la capacità degli alunni di collaborare mostri un aumento significativo nel tempo, il campione Senza Zaino abbia punteggi più elevati del gruppo di Controllo sia al T1 che al T2.
Nella figura 7 vediamo come il modello Senza Zaino risulti significativamente più efficace nel potenziare la capacità degli alunni di provare empatia rispetto ad un modello di scuola più tradizionale. In questo caso possiamo notare come i punti di partenza siano diversi nei due gruppi, segno che SZ è partito con alunni la cui capacità empatica era inizialmente meno elevata: nonostante ciò il livello raggiunto alla fine dell’anno scolastico risulta essere più alto di quello delle scuole tradizionali. Il miglioramento tra l’inizio e la fine dell’anno scolastico mette in luce l’efficacia di questo modello in relazione alla sfera emotiva ed affettiva.
Infine nella figura 8 si nota come il modello Senza Zaino risulti significativamente più efficace in relazione al potenziamento nel tempo della capacità degli alunni di comportarsi in modo prosociale. In questo caso è possibile notare come nei due gruppi sia un diverso andamento nel tempo: mentre nel modello delle scuole tradizionali i comportamenti prosociali diminuiscono tra l’inizio e la fine dell’anno scolastico, nelle scuole Senza Zaino tali comportamenti aumentano nel tempo. Anche questo dato evidenzia come la cura degli aspetti emotivi, sociali e relazionali possa creare nella classe un clima più cooperativo, sostenendo e rafforzando l’attitudine dei bambini verso altruismo e la generosità nei confronti dei compagni. Nel caso delle classi di controllo la diminuzione dei comportamenti prosociali potrebbe derivare da una percezione di maggiore conflittualità e disagi nella classe sia da parte dei compagni sia da parte dell’insegnante.
In relazione alle possibili influenze tra comportamento prosociale e rendimento abbiamo trovato che che la prosocialità, promuovendo una maggiore comprensione degli apprendimenti, promuove anche un miglior rendimento scolastico. Un processo analogo viene ipotizzato anche per quanto riguarda la collaborazione tra bambini. Questo significa che ci aspettiamo che una maggiore prosocialità e collaborazione con gli altri bambini, possa potenziare i processi di comprensione, e questi a loro volta influiscano in modo positivo sul rendimento scolastico, in particolar modo negli studenti appartenenti alle scuole Senza Zaino. Tale meccanismo risulta essere più evidente nel gruppo Senza Zaino (nel primo grafico della figura 9 l’effetto indiretto è .11 per SZ rispetto a .05 del controllo; nel secondo .10 rispetto a .04) . Questo ci permette di dire che l’effetto della prosocialità sulle prove di comprensione e l’influenza che quest’ultime hanno sul rendimento sono maggiori nel gruppo delle classi Senza Zaino rispetto alle classi tradizionali.
Anche per quanto riguarda la collaborazione si evidenziano gli stessi risultati, ossia un effetto diretto e indiretto maggiore nel gruppo sperimentale rispetto al controllo. L’effetto della collaborazione sulla capacità di comprensione e l’influenza di quest’ultima sul rendimento scolastico hanno un peso maggiore nel Gruppo Senza Zaino rispetto al controllo.
Nel complesso dunque è possibile evidenziare il processo virtuoso che le scuole aderenti al modello Senza Zaino sembrano promuovere. La promozione di un clima positivo e prosociale nella classe può avere un peso sui processi di comprensione e questi a loro volta possono promuovere il rendimento e il successo scolastico dei bambini. Quindi curare le relazioni tra bambini, la prosocialità e la collaborazione non sono obiettivi sganciati dagli apprendimenti ma soprattutto nelle scuole SZ concorrono significativamente a potenziare gli apprendimenti.
Nel complesso tutto ciò avvalora l’ipotesi che l’apprendimento sia un processo sociale come afferma Vygotskij (1960). Avere successo a scuola implica la capacità di capire e rispondere alle richieste dei compagni e degli insegnanti non solo sul piano cognitivo , linguistico e matematico, ma anche sul piano relazionale, affettivo ed emotivo. Per questo lavorare sull’empatia, sulla prosocialità e sulle competenze sociali come prospettato dal percorso delle scuole Senza Zaino significa anche promuovere un migliore adattamento del bambino a scuola ed in ultima analisi il successo scolastico.
Bibliografia
Albiero P., Matricardi G. (2006), Che cos’è l’empatia, Carocci, Roma.
Bonino S., Reffieuna A. (1999) Psicologia dello sviluppo e scuola elementare. Firenze: Giunti
Bonino S., Lo Coco A., Tani F. (1998) . Empatia i processi di condivisione delle emozioni. Firenze: Giunti.
Bronfenbrenner U. (1979) The ecology of Human development. Experiments by nature and design. Cambridge, MA: Harvard University Press (tr.it. Ecologia dello sviluppo umano, Bologna: Il Mulino, 1986).
Caprara G. V., Bonino S. (2006) Il comportamento prosociale. Aspetti individuali, familiari e sociali. Trento: Erickson.
Hoffman M.L. (2000), Empathy and Moral Development, Cambridge
University Press, New York. Tr.it. (2008) Empatia e sviluppo morale. Bologna: Il Mulino.
Menesini E. (2011). L’empatia a scuola. Rivista di istruzione n. 4. , pp.???
Pinto G., Menesini E., Accorti Gamannossi B., Nocentini A. (2010). Valutare il progetto Senza zaino. Report sui dati. Manoscritto non pubblicato . Dipartimento di Psicologia – UNIFI.
Vygotskij L. S. (1960) Lezioni di psicologia. Roma: Editori riuniti, 1986.
Fonte: http://www.iscomar.it/file/empatiaprosocialitapprendimento-1.doc
Sito web da visitare: http://www.iscomar.it/
Autore del testo: sopra indicati nel documento di origine
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